I beni culturali d’interesse religioso
I beni archivistici e librari d'interesse religioso
Sommario: 1. Premessa. I beni culturali di interesse religioso. - 2. La tutela dei beni archivistici e librari di interesse religioso nel diritto pattizio. - 3. I beni archivistici e librari nel diritto interno dal T.U. del 1999 al Codice Urbani del 2004. - 4. I beni archivistici e librari di interesse religioso nell'ordinamento regionale. - 5. Brevi note conclusive.
Religious archives and books
This paper discusses the juridical condition of archives and libraries included
in the Cultural heritage in the ownership of religious bodies. The Italian
Code for cultural heritage provides a discipline for the objects that hold
both these characters and functions, cultural and religious: it establishes
that all administrative measures concerning this typology of good must be
agreed between the two competent Authorities, the one responsible of the protection
measures - the Ministry for cultural heritage and activities - and the one
that is responsible within the ecclesiastic structure. The protection and
valorisation of archives and books of cultural interest, then, have been attributed
to the responsibility of the Regions, in Italy. The essay analyses also the
rules that the single Regions have adopted. In accordance with the principle
of the bilateral provision of the discipline every phenomenon that concerns
the religious sphere, between the State or the Regions and the Ecclesiastic
structure have been concluded many agreements, analysed by the essay. Finally,
it explains the role assumed by the Regions in order to make this specific
part of the cultural heritage even more accessible to the public.
1. Premessa. I beni culturali di interesse religioso
Come ben noto l'espressione "beni culturali di interesse religioso" è di recente emersione sul piano normativo e va ritrovata nell'art. 12 n. 1, comma 2, dell'Accordo di modificazione del Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, firmato il 18 febbraio 1984, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 maggio 1985, n. 121 [1]. E' certamente espressione di più ampio respiro rispetto alle voci "bene di ente ecclesiastico" [2] o "cosa sacra" o ancora "patrimonio storico e artistico degli enti religiosi", tutte utilizzate nelle precedenti normative, venendo così a costituire un importante neologismo anche sotto il profilo giuridico. La definizione è stata ripresa per essere trasferita ed opportunamente generalizzata ai beni che rivestono interesse per le religioni diverse da quella cattolica, nell'art. 19 del T.U. adottato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 [3], a cui si deve la sostituzione del precedente riferimento alle "cose destinate al culto", presente nella legge 1 giugno 1939, n. 1089 e successivamente introdotta nell'art. 9 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. (c.d. Codice Urbani) [4].
Nella espressione più risalente di "cose per esigenze di culto", di cui all'art. 8 della citata legge 1089/1939, erano compresi invece, soltanto, beni destinati al culto, così come l'espressione "cose sacre" del diritto canonico erano comprese soltanto le cose, oggetti ed edifici destinati al culto divino, mediante la dedicazioni o la benedizione [5].
La distinzione, invero, non si coglie solo ed unicamente su un piano terminologico e formale, essendo in effetti la categoria dei beni di interesse religioso più ampia di quella composta dai soli beni destinati al culto, come confermato da ultimo anche dall'Intesa sottoscritta il 26 gennaio 2005 dal ministro per i Beni e le Attività culturali e dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana [6], che si applica "ai beni culturali mobili e immobili di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche" e prevede, per i casi in cui sia necessario, espresse disposizioni in merito alle esigenze del culto ed agli edifici adibiti a tale scopo i quali, con tutta evidenza, vengono dunque considerati solo una parte dei beni culturali di interesse religioso.
La locuzione "bene culturale di interesse religioso", non ha, peraltro, trovato una definizione "autentica" sia nel Codice del 2004 sia nelle modifiche integrative apportante dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, ed è, pertanto, da intendersi come nozione ampia e composita che racchiude almeno due tipo di interessi: l'uno, interesse liturgico cultuale che ha valenza soprattutto per la Chiesa; l'altro, l'interesse religioso culturale che ha valore sia per la Chiesa che per lo Stato [7]; tali beni, infatti, che costituiscono per la Chiesa, beni prevalentemente strumentali, sono per lo Stato espressione della cultura religiosa del Paese [8].
Si tratta di una categoria di beni culturali assai ampia e di particolare rilevanza non solo per la loro diffusione sia storica che territoriale ma soprattutto per la specificità che li contraddistingue da altre fattispecie. Per "i beni culturali appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose", secondo quanto dispone il citato art. 9 del Codice Urbani, vengono previsti almeno due profili di specificità e peculiarità della disciplina normativa ad essi applicabile. Viene, anzitutto, riconosciuta la necessità di conciliare l'esercizio delle funzioni di tutela con le esigenze proprie del culto, con conseguente necessità di adottare provvedimenti che siano esito ed espressione di accordo tra le competenti autorità. In secondo luogo, ed in via generale, è sancita l'applicabilità ad essi delle disposizioni contenute nei protocolli d'intesa che disciplinano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica o i rappresentanti delle altre confessioni religiose.
Il Codice ha, dunque, inserito a pieno titolo i beni culturali religiosi nel patrimonio storico e artistico della Nazione, senza specificare il loro regime di appartenenza (art. 1), prevedendo, tuttavia, espressamente (art. 9 cit.) non soltanto una collaborazione tra le regioni, la Chiesa cattolica e le confessioni acattoliche, ma ha anche sancito un obbligo di provvedere a carico del ministero o delle regioni, nell'ambito delle loro rispettive competenze, in accordo con le rispettive autorità in ordine alle esigenze di culto, ove previsto dalla relative intese, tenendo ferme le disposizioni stabilite dalle intese concluse con altre confessioni religiose ed anche dalle leggi emanate sulla base delle intese sottoscritte con le confessioni diverse dalla cattolica (art. 9, 2° comma) [9].
La tutela dei beni culturali di interesse religioso è poi ulteriormente sancita dall'art. 10 lett. d) del Codice secondo il quale sono beni culturali le cose immobili a chiunque appartenenti che rivestono un interesse particolarmente importante quali testimonianze dell'identità e della storia e delle istituzioni, pubbliche, collettive o religiose. In coerenza con tale disposizione possono essere considerati beni di interesse religioso non soltanto gli edifici finalizzati esclusivamente al culto, ma anche tutti quei beni (mobili ed immobili) con fini strumentali e serventi alle esigenze religiose. Tra questi non possono non essere ricompresi anche le biblioteche e gli archivi ecclesiastici che rappresentano una parte rilevante di tale patrimonio ed anzi costituiscono una memoria storica non indifferente anche sotto il profilo non strettamente religioso e che hanno avuto una specifica disciplina anche nell'ordinamento canonico [10].Alla tutela di tali beni si intende dedicare più specifica attenzione in questa sede.
2. La tutela dei beni archivistici e librari di interesse religioso nel diritto pattizio
La tutela dei beni di interesse religioso (ed in particolare delle biblioteche e degli archivi) è stata sottoposta da una sovrapposizione di norme, prevalentemente di carattere pattizio, che richiede un'analisi per sequenza onde consentire di valutare la progressiva evoluzione e rilevanza.
Il Concordato lateranense, sottoscritto tra la Santa Sede e l'Italia l'11 febbraio 1929, pur affrontando l'annosa "questione romana", con la disciplina delle condizioni giuridiche della Chiesa cattolica nell'ordinamento italiano, non prende in considerazione i nodi problematici legati alla tutela ed alla fruizione dei beni culturali delle istituzioni ecclesiastiche. In tale occasione com'è stato evidenziato "oggetto del necessario concordamento non erano le scelte, contenute nei provvedimenti inerenti alla tutela, gestione e, in specie, fruizione da parte della collettività, ma unicamente la previa verifica della compatibilità delle scelte amministrative con le esigenze cultuali" [11]. Né ulteriori previsioni di tutela specifica per i beni librari ed archivistici vengono previsti sia nell'archetipa legislazione nazionale n. 1089/1939, per lo più riferita ai beni di culto ed alle esigenze liturgiche.
Per trovare una prima e diretta attenzione verso i beni librari ed archivistici occorre attendere il già citato Accordo di Palazzo Madama firmato tra la Repubblica italiana e la Santa Sede il 18 febbraio 1984, dopo una lunga e laboriosa trattativa in revisione del precedente Concordato del 1929 [12]. Le nuove disposizioni, in realtà, non danno luogo ad una normazione speciale e non dispongono un regime differenziato per i beni culturali ecclesiastici, ma intendono costituire lo sviluppo del principio costituzionale contenuto nell'art. 9, che riserva alla Repubblica la tutela e la valorizzazione dei beni culturali nel loro insieme, superando, tuttavia, l'atteggiamento di sostanziale separazione fra Stato e Chiesa presente nell'impostazione concordataria precedente [13]. In tal senso, può dirsi, in via generale, che il principio dell'accordo discende dall'incontro, in materia, di due fondamentali esigenze di interesse della collettività, tutelate entrambe su un piano costituzionale: quello alla tutela del patrimonio culturale di cui al citato art. 9 Cost. e quello del rispetto del diritto di culto religioso garantito dall'art. 19 della Costituzione medesima [14].
Deve, pertanto, ritenersi che il principio della collaborazione necessaria tra le suddette autorità deve condurre alla definizione consensuale di modalità di azione finalizzate tanto alla tutela quanto alla valorizzazione di tali beni che siano idonee a salvaguardare, comunque e in modo assoluto, le esigenze di culto, ma non precludano ed anzi (altrettanto necessariamente) consentano alle autorità civili di svolgere, con la collaborazione e l'intesa con quelle religiose, le ordinarie funzioni amministrative di protezione [15].
Il richiamato art. 12, infatti, ha stabilito che "la Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico ed artistico". Tale Accordo, com'è stato sottolineato, viene così a stabilire il principio di collaborazione tra Stato e Chiesa nella materia, che presuppone il superamento dei limiti dell'appartenenza proprietaria ed il riconoscimento della pertinenza culturale della tradizione storica ed artistica cattolica all'"identità nazionale" [16].
Il secondo comma dell'art. 12, ha definito poi le modalità di attuazione del principio di collaborazione prevedendo che "al fine di armonizzare l'applicazione della legge con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione ed il godimento dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche". Tale disposizione innovativa coglie l'esigenza di contemperamento tra i due interessi, quello culturale e quello religioso, nella prospettiva di una collaborazione non solo in funzione meramente conservativa ma di valorizzazione e fruizione collettiva. Allo scopo di verificare l'andamento delle previste forme di collaborazione è stato istituito un "Osservatorio centrale per i beni culturali di interesse religioso di proprietà ecclesiastica" composto pariteticamente da rappresentanti del ministero e ella Cei.
In particolare, per quanto più rileva in questa sede, il terzo comma del citato art. 12 ha disposto che "la conservazione e la consultazione degli archivi e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese fra i competenti organi delle due Parti" [17]. Emerge, in tutta evidenza, in questa circostanza, una concezione attiva e positiva della collaborazione di cui intendono avvalersi le Parti per assicurare la fruizione degli archivi e del ricco patrimonio librario della Chiesa. Il rinvio è dunque ad apposite intese che ne devono definire obiettivi, criteri e procedure della collaborazione [18]. Tali intese vengono a configurare una normazione di tipo pattizio che assume un valore integrativo e, insieme, attuativo delle normativa italiana ed è volta a definire le modalità di collaborazione prevista dall'Accordo [19].
A dare concreta attuazione alle previsioni dell'art. 12 dell'Accordo del 1984 è intervenuta, anzitutto, la già citata Intesa stipulata fra il ministro per i Beni culturali e ambientali e il Presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) il 13 settembre 1996 relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche (ora superata dall'Intesa del 2005) che ha trovato esecuzione, nell'ordinamento italiano, con il d.p.r. 26 settembre 1996, n. 571 e, nell'ordinamento canonico, con il decreto del Presidente della Cei del 29 settembre 1996 [20]. A seguito di tale Intesa è stato creato l'Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici, quale ufficio della Segreteria generale della Cei con compiti di collegamento ed integrazione con tutta la realtà ecclesiale italiana [21]. Interlocutori principali dell'Ufficio sono gli Operatori per i beni culturali ecclesiastici. Va rilevato che ogni Diocesi italiana, sono ben 226, ha proceduto ad individuare un incaricato per i beni culturali ecclesiastici di nomina vescovile che nella sua diocesi è chiamato ad organizzare un servizio particolare attraverso un Ufficio diocesano per l'arte sacra ed i beni culturali ed una apposita Commissione per l'arte sacra ed i beni culturali. Ogni Incaricato diocesano è ovviamente inserito in una regione ecclesiastica. E' stata poi istituita la Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici che è un organismo cui è affidato il compito di riunire periodicamente gli incaricati diocesani della singola regione. La Consulta regionale è presieduta da un vescovo delegato dalla Conferenza episcopale regionale e ha come punto di riferimento l'Incaricato regionale per i beni culturali ecclesiastici. La Consulta nazionale è invece l'organismo che riunisce gli incaricati regionali ed alcuni esperti di settore e svolge un compito di concertazione, di informazione e di sostegno alle varie diocesi. La Consulta nazionale è presieduta da un vescovo delegato dalla Cei e dal Direttore dell'Ufficio nazionale.
Una seconda è più rilevante Intesa è stata sottoscritta tra le stesse Parti il 18 aprile del 2000 proprio in materia di conservazione e consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche delle istituzioni ecclesiastiche ed ha trovato esecuzione in Italia con il d.p.r. 16 maggio 2000, n. 189 e, nell'ordinamento canonico, con il decreto del Presidente della Cei del 10 luglio 2000 [22]. In questa Intesa, a differenza di quella del 1996, sono stati definiti, in modo più puntuale, gli obblighi sostanziali che incombono sulle Parti, le forme della programmazione e gli obiettivi operativi dell'attività comune [23]. L'Intesa è suddivisa in due parti, di cui, la prima (artt. 1-4) riguarda gli "archivi d'interesse storico", la seconda (artt. 5-8) le biblioteche, più una terza parte (artt. 9-10) di disposizioni finali.
Per quanto riguarda gli archivi, si è stabilito, anzitutto, che debbano essere considerati di interesse storico gli archivi in cui siano conservati documenti di data anteriore agli ultimi settant'anni (quello che il Codice definisce di "interesse storico particolarmente importante": art. 10, comma 3, lett. b) per un'analisi più specifica sulla nozione giuridica degli "archivi" v. infra). La precisazione è rilevante in quanto allinea gli archivi di enti ed istituzioni religiose con quelli di privati possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni archivistici [24].
E' inoltre stabilito il principio secondo il quale, per quanto possibile, gli archivi e i documenti di interesse storico debbano rimanere nei luoghi di formazione e di attuale conservazione e che ministero e Cei debbano assicurare, secondo le rispettive competenze, ogni possibile intervento per la sicurezza e contro il degrado degli edifici. Precisazione anch'essa rilevante dato l'elevato numero di enti ed istituzioni ecclesiastiche soppressi dalla Chiesa a seguito della legge 222/1985. In caso di necessità è stata, comunque, prevista la possibilità di deposito presso quelli storici diocesani, con esclusione di quelli degli istituti religiosi, che andranno depositati presso gli archivi della provincia o quelli storici generali rispettivi, purché siti in territorio italiano.
Sono poi stati indicati gli interventi e gli impegni della Chiesa e dello Stato per assicurare la conservazione e la consultazione degli archivi in questione: in primo luogo, è stata prevista l'inventariazione del patrimonio archivistico nonché la individuazione di operazioni ricognitive per l'organizzazione di mostre (fruizione e valorizzazione) del patrimonio; l'adozione di dispositivi di vigilanza e sicurezza; il rispetto della normativa dello Stato che vieta l'alienazione, il trasferimento e l'esportazione dei beni culturali fuori dal territorio nazionale; predisposizione di forme di collaborazione tecnica e finanziaria per inventari, restauri, formazione del personale archivistico; priorità negli interventi da programmare per archivi diocesani e per quelli generalizi e provinciali più rilevanti degli istituti religiosi; ammissione di archivisti ecclesiastici in soprannumero, entro il 10% dei posti, alle Scuole di archivistica statali; vigilanza in collaborazione con le autorità ecclesiastiche sul mercato antiquario; in caso di calamità naturali, predisposizione di interventi per l'accertamento dei danni e per il recupero.
Il comma 2 dell'art. 3 ha stabilito che la Cei trasmetta un elenco degli archivi ecclesiastici di "interesse storico" al ministero, che è tenuto a distribuirlo alle soprintendenze archivistiche competenti; la norma viene altresì ad indicare i criteri che il ministero deve osservare per stabilire la priorità degli interventi. Il comma 5 ha individuato i principi della collaborazione in tema di mostre archivistiche ed il comma 6 degli interventi sugli archivi nelle calamità naturali [25].
La parte II dell'Intesa è relativa alle biblioteche e ricalca in buona sostanza lo schema di impegni e di cooperazione adottato per gli archivi. E' stato stabilito che i beni librari di interesse storico (manoscritti, a stampa o su altri supporti) debbano essere considerati tali se anteriori a cinquant'anni e debbano rimanere nei luoghi di conservazione ed essere inventariati e catalogati sulla base di indirizzi e strumenti omogenei definiti tra ministero e Cei, con riferimento al Servizio bibliotecario nazionale. E' stato inoltre previsto che la collaborazione tra Stato e Chiesa possa realizzarsi attraverso apposite convenzioni finalizzate alla conservazione, valorizzazione e consultazione del patrimonio librario in questione [26]. L'autorità ecclesiastica, oltre a garantire la conservazione e l'apertura alla consultazione delle biblioteche, è chiamata anche ad assicurare l'inventariazione e la catalogazione nonché riproduzione e prestito dei materiali librari [27].
E' stato, inoltre, istituito un gruppo di lavoro permanente e paritetico presso l'Ufficio centrale per i beni librari del ministero (ora Direzione generale per i Beni librari e gli Istituti culturali) che, anche in attuazione degli orientamenti dell'Osservatorio centrale (istituito con d.p.r. 571/1996), è chiamato a coordinare le richieste di intervento in favore delle biblioteche in questione, con individuazione delle priorità e degli strumenti finanziari per la realizzazione degli interventi, con possibilità di formulazione di pareri su inventariazione e catalogazione, tutela del patrimonio e formazione del personale.
Particolare attenzione è riservata dall'Intesa, nel quadro della collaborazione tra Chiesa e Stato, ai beni librari di diocesi, parrocchie ed enti soppressi, da considerare in via prioritaria; alla tutela contro furti e alienazioni abusive, con il divieto di trasferimento ed esportazioni fuori dal territorio nazionale (e, quindi, anche nella Città del Vaticano); alla vigilanza sul mercato antiquario; alla organizzazione di mostre, alla formazione del personale e alla cooperazione in caso di calamità naturali, analogamente a quanto già previsto per gli archivi [28].
A queste due intese si è aggiunta la Convenzione tra la Cei e l'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (Iccd) del ministero sulle modalità di collaborazione per l'inventario e il catalogo dei beni mobili appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche (8 aprile 2002) che sta a dimostrare l'opportunità di "raccordi" tra organi dello Stato ed organi ecclesiastici nel quadro del principio concordatario (art. 12 legge 121/1985) sia degli indirizzi adottati con le singole intese del 1996 e del 2000 [29].
Il 26 gennaio 2005 è stata sottoscritta una nuova Intesa fra il ministro per i Beni e le Attività culturali ed il Presidente della Cei, resa esecutiva con il d.p.r. 4 febbraio 2005, n. 78 [30], che costituisce il punto di arrivo di una trattativa avviata fin dal 2000 con il proposito di adeguare la disciplina dell'Intesa del 1996 all'entrata in vigore del Codice Urbani e alla riforma del Titolo V della Costituzione [31], nonché alla riorganizzazione del ministero per i Beni e le Attività culturali realizzata con il decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 3, e con il d.p.r. 8 giugno 2004, n. 173 [32].
Tale Intesa che è venuta a stabilire i nuovi termini dell'Accordo per la tutela dei beni culturali di interesse religioso, da punto di vista sostanziale riprende l'architettura di quella del 1996, ma presenta alcuni profili innovativi attraverso la definizione dei programmi da sviluppare congiuntamente tra le Parti fondati sui principi di una più stretta collaborazione e programmazione. Norma fondamentale dell'Intesa del 2005, che costituisce un'assoluta novità rispetto a quella del 1996, è l'art. 2, il quale al comma 3, afferma un principio di portata fondamentale e che costituisce il fondamento stesso dell'attività di collaborazione tesa alla salvaguardia, valorizzazione e godimento del bene culturale: l'inventariazione e la catalogazione "costituiscono il fondamento conoscitivo di ogni successivo intervento". E' appena il caso di evidenziare che tale principio assume una rilevanza del tutto particolare per i beni librari ed archivistici che esigono peculiari metodi di rilevazione e schedatura.
L'art. 7, in particolare, ha poi previsto la continuazione dell'attività dell'Osservatorio centrale per i beni culturali di interesse religioso di proprietà ecclesiastica diretta a verificare l'attuazione delle forme di collaborazione previste dall'Intesa, oltre ai problemi di comune interesse. La composizione dell'Osservatorio è su base paritetica con rappresentanti ministeriali, a livello di Segretario generale e rappresentati della Cei. E' presieduto congiuntamente da un rappresentante del ministero e da un vescovo. Le riunioni sono semestrali nonché ogni volta che i presidenti lo ritengano necessario. In base al comma 3 dell'art. 7 alle riunioni possono essere invitati a partecipare rappresentanti di amministrazioni ed enti pubblici e istituzioni ecclesiastiche in relazione alle questioni poste all'ordine del giorno.
Per quanto più rileva, in questa sede, va evidenziato che l'Intesa del 2005 si applica soltanto ai beni culturali mobili e immobili di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche, mentre per la conservazione e la consultazione degli archivi d'interesse storico e delle biblioteche degli enti e istituzioni religiose, si continua a dare applicazione all'Intesa del 2000, anche se alcuni aspetti di tale normativa pattizia sono stati ripresi dalla nuova Intesa [33].
Il 5 dicembre 2006 è stato inoltre firmato un Accordo in materia di descrizione bibliografica e trattamento delle raccolte appartenenti alle biblioteche ecclesiastiche tra la Cei e l'Istituto centrale per il Catalogo unico delle biblioteche italiane (Iccu). Grazie a tale Accordo le oltre mille biblioteche ecclesiastiche italiane possono "dialogare" con il Servizio bibliotecario nazionale, favorendo così la collaborazione, lo scambio di informazioni e la formazione del personale che dovrà corrispondere agli standard qualitativi fissati dal ministero. Appare evidente che questo e gli altri accordi in materia, si inseriscono in un nuovo e positivo percorso di collaborazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica e si inquadrano in più ampio progetto dell'episcopato italiano volto a censire il patrimonio culturale delle diocesi consentendone una più fattiva tutela e valorizzazione [34].
3. I beni archivistici e librari nel diritto interno dal T.U. del 1999 al Codice Urbani del 2004
Con i cambiamenti che si sono illustrati attraverso l'elaborazione di queste Intese di carattere pattizio anche la normativa interna è venuta progressivamente, con crescente consapevolezza, ad individuare ed adeguare i propri strumenti di tutela per i beni di interesse religioso.
Come già anticipato, anzitutto nell'art. 19 del T.U. del 1999, per la prima volta, viene riconosciuta formalmente la categoria dei "beni di interesse religioso", riformulando l'art. 8 della legge 1089/1939, alla luce sia delle intese già sottoscritte fra lo Stato e le confessioni religiosa, sia del ruolo riconosciuto alle regioni. La disposizione risulta particolarmente innovativa rispetto al precedente assetto normativo. In particolare, il comma 1, è venuto a stabilire che "quando si tratti di beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il ministero e, per quanto di competenza, le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con le rispettive autorità " [35]. Inoltre, il comma 2 dello stesso articolo ha previsto che si osservino, altresì, le disposizioni stabilite delle intese concluse a norma dell'art. 12 dell'Accordo di modificazione del Concordato, ovvero dalle leggi emanate sulla base delle intese sottoscritte, a norma dell'art. 8, comma 3, della Costituzione, con le confessioni religiose diverse dalla cattolica. Si tratta, in entrambi i casi, com'è stato avvertito, degli accordi c.d. organizzativi che sono finalizzati a promuovere forme di cooperazione per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso [36] particolarmente utile e rilevante proprio in relazione alla tutela dei beni librari ed archivistici [37].
Non va inoltre dimenticato che nell'art. 41 dell'Accordo (Intervento finanziario dello Stato) è stato previsto che lo Stato possa contribuire alle spese sostenute dai proprietari dei beni culturali (quindi, ovviamente, anche dai proprietari di archivi) per il restauro dei beni (comma 1) o per assicurare la conservazione ed impedirne il deterioramento (comma 2). Il comma 3 ha precisato che le disposizioni dei commi 1 e 2 "si applicano anche agli interventi sugli archivi storici disciplinati dall'art. 40", relativo all'obbligo, per gli enti pubblici, di ordinare e di inventariare i propri archivi, con analoghe prescrizioni per i proprietari, possessori o detentori di archivi privati di notevole interesse storico. Il comma 4 ha poi previsto che i contributi previsti dai commi 1 e 3 possano essere concessi anche ad enti ecclesiastici o ad istituti di culto proprietari, possessori o detentori di archivi che, a giudizio del soprintendente archivistico, rivestano interesse storico. La concessione del contributo è condizionata all'osservanza, da parte del beneficiario, degli obblighi di conservazione e di accesso al pubblico previsti per gli archivi di notevole interesse storico a sensi dell'art. 6 [38].
La nuova disciplina sui beni culturali di interesse religioso, come già evidenziato, è poi stata sostanzialmente riprodotta in modo identico nell'art. 9 del Codice Urbani. L'inserimento dei beni ci carattere religioso nel "patrimonio storico e artistico della Nazione" da proteggere e valorizzare ha ribadito l'opportunità ed anzi l'esigenza di reperire efficaci strumenti di cooperazione e di collaborazione con le autorità confessionali [39]. E' appena il caso di evidenziare il ruolo non secondario che i beni librari ed archivistici rivestono nell'ampio spettro dei beni culturali di interesse religioso.
A questo proposito, non può essere sottaciuto il rilevante contributo che il Codice Urbani ha apportato, non solo sotto il profilo definitorio [40], nell'art. 101, dove, per la prima volta, il legislatore ha inteso dare una precisa nozione sia della "biblioteca" che dell'"archivio" [41] che per troppo lungo tempo non hanno trovato una puntuale disciplina dopo l'astratta ascrizione alla categoria dei beni demaniali nel secondo comma dell'art. 822 del codice civile [42] e che, nel diritto positivo, sono stati genericamente definiti quali universitas rerum [43].
A seguito della novella introdotta dal Codice Urbani per biblioteca si deve intendere (art. 101, comma 2 lett. b) "una struttura permanente che raccoglie e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio" [44]. E' appena il caso di evidenziare il valore ampio e comprensivo di tale definizione che non può certo essere circoscritto alle sole biblioteche pubbliche, oggetto di tutela, ma che ben si attaglia a qualunque altre struttura bibliotecaria, anche di diversa titolarità giuridica, come possono essere le numerose biblioteche di enti ed istituzioni ecclesiastiche (diocesane, seminariali, arcivescovili, capitolari, parrocchiali, abaziali) [45] nonché quelle di ospedali, congregazioni religiose, di fondazioni e opere pie [46].
Parimenti importante la definizione di "archivio" (art. 101, comma 2 lett. c) secondo la quale l'archivio è "una struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva documenti originali di interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca" [47]. Del resto, la funzione di un archivio è proprio quella di conservare la memoria storica di fatti, accadimenti e di persone [48].
Entrambe le due definizioni, come risulta di tutta evidenza, sono accomunate dalla finalità della fruizione onde assicurare "la consultazione per finalità di studio e di ricerca". Tale esigenza che non può non riguardare anche i beni librari ed archivistici di proprietà di enti ed istituzioni ecclesiastiche, trova fondamento e supporto nello stesso concetto di valorizzazione dei beni culturali così com'è stato delineato sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina [49].
Onde rendere sempre più concreti tali obiettivi, nel giugno del 2004 è stato attivato dall'Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici un progetto denominato Cei-AR (Cei Archivi) a favore degli archivi ecclesiastici. L'iniziativa si propone di realizzare il censimento degli archivi ecclesiastici, la schedatura informatizzata dei documenti archivistici e quindi la banca dati diocesana ed una banca dati nazionale, attraverso un software messo a disposizione gratuitamente dall'Ufficio nazionale [50].
Altro importante recente progetto promosso dall'Ufficio nazionale per i beni ecclesiastici è rivolto alla realtà delle biblioteche ecclesiastiche, denominato Cei-BIB (Cei Biblioteche), è stato presentato nel settembre del 2005 ed è divenuto operativo il 5 dicembre 2006 con la firma dell'Accordo fra il Dipartimento per i Beni archivistici e librari del Mibac. Fino ad oggi vi hanno già aderito 41 biblioteche.
Dopo l'entrata in vigore del Codice, proprio per il perseguimento di questi obiettivi di valorizzazione, molte regioni sono intervenute sul tema generale dei beni culturali con frequenti riferimenti, diretti ed indiretti, ai beni librari ed archivistici.
4. I beni archivistici e librari di interesse religioso nell'ordinamento regionale
Quanto mai significativo è divenuto nel corso degli ultimi decenni il ruolo delle regioni sul piano della tutela e soprattutto della valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso [51].
Particolare rilevanza hanno avuto gli interventi normativi regionali a favore dei beni librari già in sede di prima attuazione, ciò in quanto sulla base dell'art. 117 Cost. (vecchio testo) la materia dei beni culturali era limitata ai "musei e biblioteche degli enti locali" anche se il relativo trasferimento di funzioni amministrative, realizzato in occasione del primo e secondo decentramento, era stato fortemente contenuto. Successivamente la legislazione regionale non ha ignorato le particolari esigenze correlate ai beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ecclesiastici già a partire dal d.p.r. 616/1977 [52].
Le riforme Bassanini ed in particolare il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che ha previsto l'istituzione in ogni regione a statuto ordinario di una Commissione per i beni e le attività culturali (art. 154), cui spettano compiti consultivi e di coordinamento, e che ha inserito, tra i tredici membri che la compongono, un componente nominato dalla Conferenza Episcopale regionale, hanno dato ulteriore testimonianza della straordinaria importanza della tutela del patrimonio culturale delle istituzioni ecclesiastiche e della relativa tutela [53]. In questo nuovo contesto si sono fatti più numerosi anche gli interventi regionali a favore dei beni librari ed archivistici [54].
La riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, come ben noto, ha fortemente esaltato il ruolo delle regioni a favore della valorizzazione dei beni culturali non solo di proprietà pubblica ma anche di enti e di istituzioni religiose [55]. Va poi ulteriormente evidenziato che la citata Intesa del 2005 tra Stato italiano e Santa Sede, all'art. 1, comma 2, ha specificatamente disciplinato l'ambito soggettivo di collaborazione, individuando tre distinti livelli: a) a livello centrale, il ministro e secondo le rispettive competenze, i capi del dipartimento o i direttori generali del ministero, il presidente della Cei e le persone da lui eventualmente delegate; b) a livello regionale, i direttori regionali e i Presidenti delle Conferenze episcopali locali o le persone eventualmente delegate dai Presidenti stessi; c) a livello locale, i soprintendenti competenti per territorio e materia e i vescovi diocesani o le persone delegate dai vescovi stessi. Il livello b della collaborazione costituisce la novità più interessante rispetto all'Intesa del 1996. La collaborazione con le autorità regionali è disciplinata inoltre dall'art. 8, il quale sancisce una tipologia di collaborazione distinta rispetto a quella disciplinata dalla lett. b dell'art. 1, comma 2, poiché opera un riferimento diretto alle regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano [56]. L'ambito oggettivo della collaborazione regionale è individuato dal comma 4 dell'art. 1, nella definizione e proposta di programmi annuali e pluriennali di intervento. Molti di questi programmi hanno avuto come oggetto la inventariazione e la schedatura di materiale archivistico e bibliografico.
Le funzioni regionali sono poi state confermate con l'entrata in vigore del Codice Urbani, il quale ha precisato che le regioni esercitano la tutela dei beni librari di proprietà non statale presenti sul proprio territorio e precisamente su: manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonché libri, stampe e incisioni, con relative matrici, che abbiano carattere di rarità e di pregio (artt. 5 e 10 del Codice) [57].
Relativamente ai beni archivistici restano confermate le funzioni statali di vigilanza e di tutela delle Soprintendenze archivistiche relativamente agli archivi pubblici e privati [58].
Va peraltro evidenziato che, dopo la revisione del Concordato nel 1984, per incentivare ed intensificare la collaborazione, sono state sottoscritte alcune Intese tra le regioni e le Conferenze episcopali regionali [59], allo scopo di approntare un sistema coordinato di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico che ha registrato, dopo la riforma costituzionale del 2001 un nuovo sviluppo.
Numerose sono state le intese, i protocolli d'intesa e gli accordi stipulati dopo il 1996 (vanno citati il Protocollo d'intesa tra la regione Lazio e la regione ecclesiastica del Lazio del 25 luglio 2001; la Convenzione tra la regione Campania e la Conferenza episcopale campana del maggio 2002; l'Intesa tra la regione Veneto e la Provincia Ecclesiastica veneta del 15 ottobre 1994 e tra la regione Toscana e la Conferenza Episcopale Toscana del 10 settembre 1993). Successive al Codice, ma precedenti l'Intesa del 2005, sono il Protocollo d'intesa tra la regione Puglia e la Conferenza episcopale pugliese del 31 marzo 2004, volta a "concordare opportune disposizioni per armonizzare gli interventi sul patrimonio storico, artistico e culturale appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche" e l'Intesa tra la regione Toscana e la Conferenza episcopale toscana, per la valorizzazione dei beni culturali appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche, modificativa della precedente Intesa del 1992, firmata il 24 gennaio 2005. Gli obiettivi di collaborazione delle Conferenze episcopali italiane hanno portato a stipulare intese anche con le Direzioni regionali dei beni culturali, emanate in attuazione dell'art. 1, comma 2, lett. b dell'Intesa del 2005 (v. ad esempio l'Accordo tra la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici delle Marche e la Conferenza episcopale marchigiana del 9 giugno 2005; il Protocollo d'Intesa tra la Direzione regionale dei beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna e la Conferenza episcopale regionale dell'Emilia Romagna dell'11 luglio 2005).
Queste forme di cooperazione, che hanno frequentemente interessato anche i beni archivistici e librari, hanno ricevuto avallo proprio dall'Intesa del 1996, che, prendendo atto del ruolo crescente delle regioni, all'art. 8, ha stabilito che "le presenti disposizioni possono costituire base di riferimento per le eventuali intese stipulate, nell'esercizio delle rispettive competenze, tra le regioni e gli enti autonomi territoriali e gli enti ecclesiastici" [60].
Gli obiettivi di valorizzazione per i beni archivistici e librari sono stati segnatamente e prioritariamente caratterizzati da interventi rivolti alla catalogazione ed inventariazione [61]. Tra questi va anzitutto segnalata la sottoscrizione del Protocollo d'intesa Vernola-Meyer del 1983 che ha previsto, per la prima volta, la costituzione di Centri di documentazione regionale [62] e successivamente il più importante Accordo tra il ministro per i Beni e le Attività culturali e le regioni per la catalogazione dei beni culturali di cui all'art. 149, comma 4, lett. e) del d.lg. 112/1998 [63].
In secondo luogo, gli obiettivi di valorizzazione e fruizione sono stati contrassegnati da interventi volti alla conservazione e alla sicurezza dei beni librari ed archivistici di interesse religioso, nonché all'accesso e alla consultazione.
Particolarmente intense si sono rivelate le modalità di collaborazione attivate dalle regioni a statuto speciale, dotate tradizionalmente di più ampie competenze. La regione Sicilia, ad esempio, che dispone, secondo lo Statuto (art. 14 lett. n) della potestà legislativa esclusiva in materia di "conservazione delle antichità e delle opere artistiche", nonché in materia di "musei e biblioteche d'interesse locale e di accademie e istituzioni culturali" (art. 14 lett. r) dello Statuto), si è posta come un diretto interlocutore per le autorità ecclesiastiche, pervenendo alla stipula di una intesa l'11 giugno 1997, che si propone di predisporre le condizioni organizzative e procedurali idonee a favorire l'impegno congiunto delle due Parti per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali di interesse religioso [64]. Altro esempio è costituito dall'Intesa tra la regione Valle d'Aosta e la Diocesi di Aosta del 27 dicembre 1999 per la tutela e conservazione dei beni culturali di interesse religioso tra i quali i ricchi beni archivistici e librari [65]. Ulteriori Intese sono state stipulate tra enti regionali, province autonome di Trento e Bolzano e le autorità ecclesiastiche locali per promuovere la cultura e tutelare il patrimonio storico-artistico comprensivo dei beni librari ed archivistici.
La crescente attenzione verso una più appropriata tutela dei beni archivistici e librari nell'evoluzione del diritto pattizio ha portato, come del resto avviene per le altre fonti sovranazionali, ad una corrispondente attenzione anche nel diritto interno [66]. La rilevante presenza di beni di interesse religioso sul nostro territorio ha fatto sì che anche nei confronti dei beni archivistici e librari, che da troppo tempo hanno rivestito una posizione ancillare e comunque secondaria nel panorama dei beni culturali (religiosi e non), si sia venuto progressivamente a focalizzare l'interesse dei rapporti bilaterali tra Chiese e Stato italiano per una politica integrata di interventi sul doppio fronte sia della tutela che della valorizzazione. I beni archivistici e librari, per loro propria connotazione genetica, più che non altri beni culturali di interesse religioso, esprimono la loro essenziale vocazione alla fruizione ed alla consultazione per consentire loro di adempiere fin in fondo alla loro destinazione. La più recente politica legislativa sia nazionale che regionale, come emerge dalle pagine che precedono, appare, pur non senza difficoltà, rivolta a rendere sempre più accessibili questi particolari beni, nel più ampio obiettivo di promuovere lo sviluppo della cultura nel nostro Paese (art. 6, comma 1 del Codice Urbani) [67].
Note
[1] Sulla rilevanza e tutela dei beni ecclesiastici nel nuovo Concordato: P. Bellini, I beni culturali di proprietà ecclesiastica nel nuovo Concordato, in Dir. eccl., 1984, 265 ss., A. Talamanca, I beni culturali ecclesiastici tra legislazione statale e normativa bilaterale, ivi, 1985, 3 ss., G. Lo Savio, I beni culturali ecclesiastici e il nuovo Concordato. Più difficile la tutela?, in Quaderni di Italia Nostra. La tutela dei beni culturali di appartenenza ecclesiastica. Atti del Convegno di Reggio Emilia,, 27 gennaio 1984, 155 ss., A. Vitale, Beni culturali nel diritto ecclesiastico, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1987, II, 228 ss., T. Mauro, Beni patrimoniali ecclesiastici nel diritto ecclesiastico, ivi, Torino, 1987, II, 255 ss., P.G. Caron, La tutela del patrimonio storico ed artistico nell'articolo 12 del nuovo Concordato, in R. Coppola (a cura di), Il nuovo accordo tra Italia e Santa Sede, Milano, 2007, 703 ss., L. Scalera, Beni culturali e nuovo Concordato, Milano, 1990, 70 ss., L. Guerzoni, Nuovo Concordato e beni culturali: profili politico-culturali della "bozza" di intesa, in Quad. dir. e pol. eccl., 1993, 123 ss., G. Della Torre, I beni culturali ecclesiastici. Appunti per una riflessione, ivi, 1993, 109 ss., S. Lariccia, Tutela dei beni culturali ecclesiastici e nuovi principi in tema di procedimento amministrativo, in AA.VV., La tutela dei beni culturali, Milano, 1993, 24 ss.; AA.VV., La tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti agli enti ecclesiastici. L'art. 12 del nuovo Concordato oltre la prima "bozza" di intesa attuativa, in Quaderni di Italia nostra, 1993, n. 25, 87 ss. ed ivi P. Bellini, Il patrimonio artistico ecclesiastico italiano fra Concordato e intesa d'attuazione; L. Lacroce, Brevi considerazioni sui beni culturali d'interesse religioso, in Il dir. eccl., 1999, I, 1011 ss., da ultimi A. Roccella, I beni culturali ecclesiastici, in Quad. dir. e pol. eccl., 2004, 199 ss.; M. Lugli, I beni culturali, in G. Casuscelli (a cura di), Nozioni di diritto ecclesiastico, Torino, 2006, 183 ss.
[2] Secondo dottrina pregressa P. Fedele, Beni ecclesiastici, in Enc. dir., Milano, 1959, V, 189 ss., beni ecclesiastici sono tutti quei beni materiali o immateriali, immobili o mobili, destinati immediatamente o mediatamente al conseguimento dei fini della Chiesa, cioè destinati al soddisfacimento degli scopi di culto o bisogni religiosi (chiese, arredi) o al sostentamento degli ecclesiastici ed a procurare i mezzi necessari per l'esercizio del culto (fondi rustici, denaro). Essi sono stati distinti in res sacrae (destinati a fini spirituali) e res ecclesiasticae (con destinazione patrimoniale). Su tale distinzione v. già A.C. Jemolo, L'amministrazione ecclesiastica, in V.E. Orlando, Primo Trattato di diritto amministrativo italiano, Milano, 1915, II, 1 ss. Sulla natura e tipologia di tali beni v. anche F. Finocchiaro, I beni di interesse religioso nell'ordinamento italiano, Padova, 1969, passim; P. D'Avach, Patrimonio culturale ecclesiastico, in Enc. dir., Milano, 1982, XXXII, 423 ss., nonché R. Bertolino, Nuova legislazione canonica e beni culturali ecclesiali, in Dir. eccl., 1982, I, 250 ss., v. anche E. Manzon, Luoghi sacri, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1994, IX, 533 ss., con attenzione alle valenze costituzionali: F. Merusi, Beni culturali, esigenze religiose e art. 9 della Costituzione, in Scritti in memoria di. A. Piras, Milano, 1996, 415 ss.
[3] Sulla valenza innovativa dell'espressione contenuta nell'art. 19 del T.U. del 1999 v. G. Giovetti, Brevi considerazioni circa il nuovo statuto giuridico dei beni culturali d'interesse religioso, in Il dir. eccl., 1999, I, 990 ss., A. Chizzoniti, Il testo unico sui beni culturali e le novità di interesse ecclesiastico, in Quad. dir. e pol. eccl., 2000, 445 ss., F. Margotta Broglio, Articolo 19. Beni culturali di interesse ecclesiastico, in M. Cammelli (a cura di), La nuova disciplina dei beni culturali e ambientali, Bologna, 2000, 81 ss., S. Amorosino, I beni culturali di interesse religioso nell'ordinamento amministrativo italiano, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 375 ss., M. Renna, I beni culturali di interesse religioso nel nuovo ordinamento autonomista, in Aedon, n. 2/2003.
[4] Sui contenuti e i significati dell'art. 9 del Codice v., a vario titolo A.G. Chizzoniti, Il nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio: prime considerazioni di interesse ecclesiaticistico, in Quad. dir. e pol. eccl., 2004, 2, 399 ss., tra i commentari, F. Margiotta Broglio, Articolo 9. Beni culturali di interesse religioso, in M. Cammelli (a cura di), IL codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2004, 96 ss., M.T.P. Caputi Jambrenghi, Art. 9. Beni culturali di interesse religioso, in A.M. Angiuli, V. Caputi Jambrenghi (a cura di), Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, Torino, 2005, 57 ss., R. Tamiozzo, Beni culturali di interesse religioso (art. 9), in R. Tamiozzo (a cura di), Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, 2005, 24 ss., P. Piras, I beni culturali di interesse religioso: alcune considerazioni di sintesi, in Aedon, n. 3/2005; V.M. Sessa, Art. 9. Beni culturali di interesse religioso, in G. Leone, A.L. Tarasco, Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, Padova, 2006, 78 ss., N. Gullo, Art. 9. Beni culturali di interesse religioso, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M.A. Sandulli, Milano, 2006, 78 ss., come pure A. Roccella, I beni culturali ecclesiastici, in Quad. dir. e pol. eccl., 2004, 1, 199 ss., tra i manuali: E. Follieri (a cura di), Il diritto dei beni culturali e del paesaggio, Napoli, 2006, 66 ss., W. Cortese, Il patrimonio culturale. Profili normativi, Padova, 2007, 289 ss., A. Crosetti e D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino, 2009, 40 ss.
[5] Né, d'altra parte, va sottaciuto che lo stesso ordinamento civile sembra aver adottato una nozione piuttosto ampia di "attività di culto" in questione, in quanto- ad esempio- l'art. 16 lett. a) della legge 20 maggio 1985, n. 222, dedicata al riconoscimento degli enti ecclesiastici, prevede che "agli effetti delle leggi civili si considerano comunque attività di religione e di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana". Sul punto V.M. Sessa, in AA.VV., Codice dei beni culturali di interesse religioso, a cura di N. Renna, V.M. Sessa, M. Vismara Missiroli, Milano, 2003.
[6] La nuova intesa ha comportato importanti effetti positivi sulla tutela dei beni culturali religiosi: v. per utili commenti: G. Chizzoniti, L'intesa del 26 gennaio 2005 tra ministero per i beni e le attività culturali e la Conferenza episcopale italiana: la tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche tra continuità ed innovazione, in Quad. dir. e pol. eccl., 2005, 191 ss., G. Pastori, I beni culturali di interesse religioso: le disposizioni pattizie e la normazione più recente, ivi, 2005, 191 ss., C. Cardia, Lo spirito della nuova Intesa, in Il patrimonio culturale religioso dopo l'intesa del 26 gennaio 2005, in www.olir.it; A. Roccella, La nuova Intesa con la Conferenza episcopale italiana sui beni culturali di interesse religioso, in Aedon, n. 1/2006.
[7] Così esattamente W. Cortese, Il patrimonio culturale, cit., 290. Sul punto v. E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso, norme statali, norme pattizie e norme confessionali, in Beni culturali. Esigenze unitarie di tutela e pluralità di ordinamenti, a cura di L. Mezzetti, Padova, 1995, 162 ss.
[8] Su questa funzione dei beni di interesse religioso v. diffusamente in dottrina: A. Vitale, Beni culturali nel diritto ecclesiastico, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1987, II, cit.; Id., Corso di diritto ecclesiastico, Milano, 1989, 396 ss., G. Della Torre, I beni culturali ecclesiastici. Appunti per una riflessione, in Quad. dir. e pol. eccl., 1993, 109 ss., C. Bellinati, Beni culturali ecclesiastici, Padova, 1994, 10 ss., G. Feliciani (a cura di), Beni culturali di interesse religioso, Bologna, 1995, 129 ss. ed ivi in particolare F. Merusi, Beni culturali, esigenze religiose e art. 9 della Costituzione, ivi, 21 ss., F. Petroncelli Hubler, Beni culturali II) Diritto ecclesiastico, in Enc. giur. it., Roma, V, 2001; Id., I beni culturali religiosi. Quali prospettive di tutela, Napoli, 2001; S. Amorosino, I beni culturali di interesse religioso, in A. Catalani - S.S. Cattaneo (a cura di), I beni e le attività culturali, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Padova, 2002, 315 ss., M. Ainis e M. Fiorillo, I beni culturali, in Trattato di diritto amministrativo speciale, diretto da S. Cassese, Milano, 2003, II, 1449 ss., M. Renna, I beni culturali di interesse religioso nel nuovo ordinamento autonomista, cit.; nella manualistica recente G. Barberini, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino, 2005, III ediz. aggiorn, 277 ss., G. Della Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino, 2007, III ediz., 275 ss., F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, a cura di A. Bettetini, G. Lo Castro, Bologna, 2007, II ediz, 256 ss., M. Tedeschi, Manuale di diritto ecclesiastico, Torino, 2007, IV ediz., 262 ss.
[9] Al riguardo va segnalato che lo Stato italiano ha sottoscritto intese con i rappresentati delle singole confessioni al fine di operare un comune modus procedendi. Sui contenuti di tali intese in dottrina: G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", Bologna, 1991; Id., Tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nelle intese con le confessioni diverse dalla cattolica, in Feliciani (a cura di), Beni culturali di interesse religioso, cit., 89 ss.; L. Scalera, Alcune riflessioni in tema di tutela dei beni culturali delle confessioni acattoliche, in Dir. eccl., 1996, 249 ss. Va qui ricordata l'Intesa conclusa tra lo Stato italiano e la Tavola Valdese del 21 febbraio 1984 (recepita dalla legge 11 agosto 1984, n. 449) che al suo primo articolo dispone: "I rapporti tra lo Stato e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese sono regolati dalle disposizioni degli articolo che seguono...". Su cui S. Lariccia, L'attuazione dell'art. 8, 3° comma della Costituzione: le intese tra lo Stato italiano e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese, in Dir. eccl., 1984, I, 467 ss. L'art. 17 pone poi le regole per quanto riguarda i beni culturali afferenti al patrimonio storico, morale e materiale delle chiese rappresentate dalla Tavola Valdese, prevedendo forme di collaborazione ai fini della tutela e della valorizzazione dei beni, istituendo, a tal fine, apposite commissioni. Tra i compiti di queste ultime vi è quello di aggiornare l'inventario dei beni culturali (tra cui i beni librari) afferenti al patrimonio della Tavola Valdese. Vi è stata poi l'Intesa sui "beni culturali afferenti il patrimonio storico, morale e materiale delle Comunità rappresentate dalla CELI (art. 24 Chiesa Evangelica Luterana in Italia del 20 aprile 1993 recepita con legge 19 novembre 1995, n. 520: su cui: R. Saracino, L'Intesa con la Chiesa evangelica luterana in Italia, in www.olir.it, agosto 2004) nonché l'Intesa sui "beni afferenti al patrimonio storico e culturale "delle altre confessioni religiose": art. 26, Assemblee di Dio in Italia del 29 dicembre 1986, recepita con legge 22 novembre 1988, n. 517; art. 37, Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno del 29 dicembre 1986 recepita con legge 22 novembre 1988, n. 516 art. 34; art. 18, Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia del 29 marzo 1993 recepita con legge 12 novembre 1995, n. 116; su tale Intesa S. Colombo, I rapporti tra lo Stato e l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia: l'Intesa del 1995, in www.olir.it, dicembre 2003); art. 16 della legge 520 del 1995 con la Chiesa luterana. Non va infine sottaciuta l'Intesa con le Comunità Ebraiche in Italia (UCei) siglata il 27 febbraio 1987 e recepita con legge 8 marzo 1989, n. 101 che, con formula ampia, ha previsto forme di collaborazione volte alla tutela e alla valorizzazione "dei beni afferenti al patrimonio storico, artistico, culturale, ambientale e architettonico, archeologico, archivistico e librario dell'ebraismo italiano" (art. 16, comma 1). Su tale Intesa: D. Tedeschi, Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale dell'ebraismo italiano, in G. Feliciani (a cura di), Beni culturali di interesse religioso, cit., 77 ss.
[10] Il Codice di diritto canonico, promulgato il 25 gennaio 1983, ha disciplinato gli archivi ecclesiastici. Secondo i canoni 486-491 di detto Codice ogni Curia deve avere un archivio (ed un archivista) nel quale sono custoditi "gli strumenti e le scritture che riguardano le questioni spirituali e temporali della diocesi"; oltre l'archivio comune, deve essere istituito un "archivio segreto", nel quale devono essere conservati i documenti riservati. Il Vescovo deve curare, inoltre, l'istituzione di un "archivio storico" ordinato sistematicamente. Anche le parrocchie (canone 535, paragrafo 4 Cod. Dir. can.) devono avere un proprio archivio e devono curare diligentemente la conservazione dei "libri parrocchiali più antichi". Su tali disposizioni: G. Badini, Archivi e Chiesa: lineamenti di archivistica ecclesiastica e religiosa, Bologna, 1989. Il Codice di diritto canonico non ha, purtroppo, disciplinato invece le biblioteche ecclesiastiche che hanno trovato tutele differenziate da parte delle varie diocesi italiane. Per ulteriori indicazioni L. Musselli, I beni culturali nel diritto canonico, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1992, 226 ss., F. Petroncelli Hubler, In tema di tutela degli archivi storici delle confessioni religiose, in Il dir. eccl., 1995, I, 473 ss.
[11] Così Amorosino, I beni culturali di interesse religioso nell'ordinamento amministrativo italiano, cit., 378 ss., nonché Vitale, Beni culturali nel diritto ecclesiastico, cit., 230 ss.
[12] Per ulteriori dati su tale iter pattizio: v. gli scritti contenuti nel volume collettaneo Concordato e Costituzione. gli accordi del 1984 tra Italia e Santa Sede, Bologna, 1985; F. Petroncelli Hubler, Brevi note sulla tutela dei beni culturali nell'accordo di modificazione del Concordato, in R. Coppola (a cura di), Il nuovo concordato tra Italia e Santa Sede, cit., 717 ss., nonché F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, Bologna, 2003, IX, 60 ss., G. Barberini, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino, 2005, 193 ss., A. Talamanca, I beni culturale ecclesiastici, cit., 25 ss., Bellini, I beni culturali di proprietà ecclesiastica nel nuovo Concordato, cit., 265 ss., L. Lacroce, I beni culturali di interesse religioso e l'Intesa sull'art. 12 dell'Accordo del 1984, in Dir. eccl., 1998, 483 ss.
[13] Così Pastori, L'art. 12 dell'Accordo 12 febbraio 1984, in Feliciani (a cura di), Beni culturali di interesse religioso, cit., 30 ss.
[14] Sul diritto al culto nella nostra Costituzione si rinvia ai contributi di: A.C. Jemolo, Le libertà fondamentali garantite dagli artt 8, 19 e 21 della Costituzione, in Dir. eccl., 1952; A. Ravà, Contributo allo studio dei diritti individuali e collettivi di libertà religiosa nella Costituzione italiana, Milano, 1959; G. Lombardi, La libertà religiosa, in Atti del Congresso celebrativo delle leggi amministrative di unificazione, La pubblica sicurezza, Vicenza, 1965, 307 ss., S. Lariccia, La rappresentanza degli interessi religiosi, Milano, 1967; cui adde più recentemente A. Finocchiaro, Art. 19, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1977, 238 ss.
[15] In tal senso Amorosino, I beni culturali di interesse religioso, op. e loc. cit.; nonché Renna, I beni culturali, cit. e Roccella, I beni culturali ecclesiastici, cit.
[16] G. Della Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino, 2002, 252 ss., P. Consorti, L'accordo tra Stato e Chiesa cattolica nella problematica delle fonti: le intese concordatarie, in Riv. trim. dir. pubbl., 1990, 1137 ss.
[17] Sui contenuti importanti di tale Accordo, relativamente agli archivi ecclesiastici: Archivi ecclesiastici e legislazione concordataria dopo il nuovo accordo tra Stato e Chiesa, in Archivi per la storia, Anno II, n. 1, 1989; G. Dammanco (a cura di), Archivi ecclesiastici e legislazione concordataria dopo il nuovo accordo tra Stato e Chiesa, Firenze, 1989.
[18] Sulle valenze dello strumento delle intese pattizie: tra i molti, v. già G. Casuscelliì Concordati, intese e pluralismo confessionale, Milano, 1974, passim; cui adde C. Cardia, Concordato e Intese nel nuovo sistema delle fonti di diritto ecclesiastico, in Pol. del dir., 1987, 541 ss., nonché AA.VV., Nuovi accordi fra Stato e confessioni religiose, Milano, 1987; P. Lillo, Concordato, "accordi" e "intese" tra lo Stato e la Chiesa cattolica, Milano, 1990; N. Colaianni, Confessioni religiose e intese, Bari, 1990; A. Ruggeri, Accordi con le chiese e Costituzione: forme e gradi di "copertura" giuridica, in Dir. eccl., 1992, I, 645 ss., più recentemente N. Colaianni, Intese (Dir. eccl.), in Enc. dir. Aggiorn. Milano, V, 2001; G. Casuscelli e R. Domianello, Intese con le confessioni diverse dalla cattolica, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1993, VIII, 518 ss., sullo specifico C. Cardia, Tutela e valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso tra Stato e Chiesa cattolica, in Feliciani (a cura di), Beni culturali di interesse religioso, cit., 55 ss.
[19] Così Consorti, L'accordo tra Stato e Chiesa cattolica nella problematica delle fonti: le intese concordatarie, cit. 1129 ss., Pastori, L'art. 12 dell'Accordo, cit., 33 ss.
[20] Sulle valenze di questa prima Intesa: A. Gomez De Ajala, Beni culturali d'interesse religioso: rapporti tra la tutela dello Stato e la tutela dell'autorità ecclesiastica, in I beni culturali tra interessi pubblici e privati, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1996, 111 ss., e specialmente R. Coppola, La valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso con speciale riguardo alle modificazioni del Concordato lateranense ed all'Intesa fra il governo e la Cei, in La cultura e i suoi beni giuridici (a cura di V. Caputi Jambrenghi), Milano, 1999, 11 ss., con più diretto riferimento ai beni librari: S. Bordonali, Normativa nazionale e regionale in materia di biblioteche. Verso intese Chiesa-Stato, in Dir. eccl., 1995, I, 614 ss.
[21] L'Ufficio nazionale mette, inoltre, a disposizione delle diocesi servizi di coordinamento, di consulenza, di formazione, assistenza specialistica sui contenuti, sugli aspetti tecnico informatici, attraverso una struttura operativa esterna che agisce in stretto raccordo con l'Ufficio nazionale ed il Servizio informatico della Cei (Sicei), per offrire una risposta organica ed integrata alle esigenze delle varie diocesi.
[22] Su tale Intesa v. A.M. Buzzi, L'Intesa fra il ministro per i beni e le attività culturali e la conferenza episcopale italiana, in Beni e attività culturali, 2001, 115 ss., v. altresì G. Arone di Valentino, Nuovi orientamenti in tema di valorizzazione e tutela delle biblioteche ecclesiastiche, in Il dir. eccl., 2002, I, 597 ss.
[23] Della Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, cit., 254 ss., e soprattutto G. Senin Artin, Brevi annotazioni a proposito dell'Intesa sugli archivi di interesse storico e sulle biblioteche appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche, in Quad. dir. e pol. eccl., 2000, 495 ss.
[24] Così F. Margiotta Broglio, Art. 9 Beni culturali di interesse religioso, cit., 102 ss. Per ulteriori indicazioni di carattere generale G. Boni, Gli archivi della Chiesa cattolica. Profili ecclesiasticisti, Torino, 2005, passim.
[25] Gli archivi ecclesiastici raccolgono anche la memoria storica dell'attività pastorale e cultuale che è stata puntualmente richiamata anche in documenti ufficiali: su La funzione pastorale degli Archivi ecclesiastici, la Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa ha diramato apposita Lettera circolare 2 febbraio 1997, prot. n. 274/92/118, stampata in opuscolo dalla Città del Vaticano, e riportata dal "Notiziario" del ministero per beni e le attività culturali, a cura dell'Ufficio studi, anno XV, nn. 65-67, del gennaio-dicembre, 2001, 82, nota 1.
[26] I moduli delle convenzioni sono ormai assai diffusi nei rapporti tra soggetti pubblici, per questi profili si deve rinviare a specifica dottrina: G. Falcon, Le convenzioni pubblicistiche, Milano, 1984; G. Sanviti, Convenzioni e intese nel diritto pubblico, Milano, 1978; nonché R. Ferrara, Intese, convenzioni e accordi amministrativi, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1993, VIII, 543 ss.
[27] Cfr. Margotta Broglio, Art. 9. Beni culturali di interesse religioso, cit., 104.
[28] Su tutte queste previsioni v. ora l'importante raccolta di studi a cura di A.G. Chizzoniti, Le carte della Chiesa. Archivi e biblioteche nella normativa pattizia, Bologna, 2003, con riferimento anche alle esperienze europee e con specifiche indicazioni sulla normativa regionale in materia.
[29] In proposito Roccella, I beni culturali ecclesiastici, cit., 220 ss.
[30] La struttura del documento è articolata in nove articoli dedicati alla previsione di opportune forme di coordinamento tra Stato e Chiesa cattolica ai fini della valorizzazione e del godimento dei beni culturali di interesse religioso. In particolare, l'art. 1 prevede l'individuazione dei soggetti che dovranno attuare tali forme di collaborazione a tutti i livelli, sia centrale, in cui intervengono secondo le proprie competenze, ministro, Segretario generale e direttori generali, da un lato, presidente Cei ed eventuale delegato, dall'altro, sia regionale, in cui intervengono direttori regionali e presidenti delle Conferenze episcopali regionali ed eventuale delegato, sia locale, in cui intervengono soprintendenti competenti per materia e territorio e vescovi diocesani o persone delegate. L'Intesa precisa anche il concorso, a livello non inferiore della provincia religiosa, degli istituti di vita consacrata, le società di vita apostolica e le loro articolazioni, che siano civilmente riconosciuti, con i soggetti ecclesiastici indicati in riferimento ai beni culturali di interesse religioso, gli archivi e le biblioteche ad essi appartenenti. Sullo spirito e sui contenuti di tale nuova Intesa: C. Cardia, Lo spirito della nuova Intesa, in www.olir.it, novembre 2005; A.G. Chizzoniti, L'Intesa 26 gennaio 2005 tra ministero per i beni e le attività culturali e la Conferenza episcopale italiana: la tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche tra continuità ed innovazione, in Quad. dir. e pol. eccl., 2005, 387 ss., nonché G. Pastori, I beni culturali di interesse religioso: le disposizioni pattizie e la normazione più recente, ivi, 191 ss.
[31] In ordine alle riforme del Titolo V e relativi riflessi sui beni culturali di interesse religioso P. Consorti, Nuovi rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose? Sui riflessi ecclesiastici della riforma del Titolo V Parte seconda della Costituzione, in Quad. dir. e pol. eccl., 2003, 13 ss., Renna, I beni culturali di interesse religioso nel nuovo ordinamento autonomista, cit., 10 ss., N. Assini, G. Cordini, I beni culturali e paesaggistici. Diritto interno, comunitario, comparato e internazionale, Padova, 2006, 79 ss., A. Poggi, La difficile attuazione del Titolo V: il caso dei beni culturali, in www.giustizia-amministrativa.it.
[32] Sulle competenze del nuovo ministero dopo il 1999 v. già G. Corso, Il ministero per i beni e le attività culturali, in A. Pajno e L. Torchia (a cura di), La riforma del Governo, Bologna, 2000, 375 ss., G. Pastori, Il ministero per i beni e le attività culturali, in Aedon, n. 1/1999; G. Sciullo, Ministero per i beni e le attività culturali e riforma dell'organizzazione del governo, ivi, n. 2/1999. Per il nuovo assetto organizzativo del ministero dopo le riforme del 2004: G. Pastori, Le funzioni dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale, in Aedon, n. 1/2004; C. Barbati, Il riordino del ministero nel sistema dei beni culturali. i rapporti con le autonomie territoriali, in Aedon, n. 1/2005; G. Sciullo, Il riordino del ministero nel sistema dei beni culturali. l'organizzazione periferica, in Aedon, n. 1/2005; G. D'Auria, L'organizzazione dei ministeri dopo il nuovo Titolo V (parte seconda) della Costituzione, in Giorn. dir. amm., 2005,(11), 1133 ss.
[33] A. Roccella, La nuova Intesa con la Conferenza episcopale italiana su beni culturali d'interesse religioso, cit.
[34] Come giustamente evidenziato da Margiotta Broglio, Art. 9, cit., spec. 93.
[35] Sul punto R. Tamiozzo, La legislazione dei beni culturali e paesaggistici, Milano, 2004, 84.
[36] Margiotta Broglio, Art. 9, cit., 85; sulla natura e la funzione degli accordi procedimentali v. F. Fracchia, L'accordo sostitutivo, Padova, 1998, 30 ss., P. Portaluri, Potere amministrativo e poteri consensuali, Milano, 1998; G. Manfredi, Accordi e azione amministrativa, Torino, 2001; e soprattutto F. Tigano, Gli accordi procedimentali, Torino, 2002.
[37] Va sottolineato che l'effetto ricognitivo operato dal T.U. del 1999 è stato particolarmente importante proprio per la categoria dei beni archivistici e librari, i quali, per essere disciplinati da normative di settore incentrate rispettivamente sul d.p.r. 30 settembre 1973, n. 1409 gli uni, e su varie norme sparse (a partire dal r.d. 25 novembre 1869, n. 5368), gli altri, difficilmente erano riconducibili alla categoria dei beni culturali, se non per l'eventuale pregio artistico del loro supporto materiale. Sul punto G. Severini, La nozione di bene culturale e le tipologie di beni culturali, in Il Testo unico sui beni culturali e ambientali, a cura di G. Caia, Milano, 2000, 15 ss.
[38] Sulla concessione di tali contributi finanziari v. A. Roccella, Beni culturali di interesse religioso e interventi finanziari pubblici, in Studi in onore di G. Berti, Napoli, 2005, 2041 ss.
[39] Sul punto concordemente M.T.P. Caputi Jambrenghi, Art. 9. Beni culturali di interesse religioso, cit., 61; M.V. Sessa, Art. 9., cit., 83; Tamiozzo, Beni culturali di interesse religioso, cit., 24. La Relazione illustrativa al testo del Codice (pag. 164) ha precisato: "...si è ritenuto di modificare la vigente disposizione dell'art. 19 del T.U. allo scopo di privilegiare, nella regolamentazione dell'uso dei beni medesimi, lo strumento dell'intesa, e ciò sia per quanto riguarda i beni appartenenti alla Chiesa Cattolica (a sensi dell'art. 12 dell'Accordo di modificazione del Concordato lateranense), sia per quanto riguarda i beni delle altre confessioni religiose diverse dalla cattolica, a norma dell'art. 8, comma 3, della Costituzione. Infatti, solo in presenza di una intesa, o di altra forma di accordo preliminare, può essere consentito alle esigenze di culto di influire sulle determinazioni assunte dal ministero in materia di tutela. In mancanza, si può prevedere solamente un obbligo di "sentire" i rappresentanti delle confessioni religiose ogni qual volta l'intervento in funzione di tutela sia suscettibile di incidere sulle esigenze di culto. Si è anche ritenuto di dover introdurre la previsione circa la possibilità che le regioni adottino norme e stipulino intese e accordi con gli enti di culto interessati per la valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso".
[40] Sull'importanza delle definizioni giuridiche v. comunque T. Klitsche dela Grange, Appunti sulle definizioni giuridiche, in Cons. Stato, 1980, II, 1471 ss.
[41] In vero la norma riunisce, modificandole ed integrandole, le disposizioni contenute negli artt. 98 e 99 del T.U. del 1999. Va rilevato che il vecchio testo è proprio arricchito delle nozioni di biblioteca e di archivio. Sull'importanza di tali definizioni inserite nell'art. 101 del Codice tra gli "Istituti e luoghi della cultura", i più noti commentari hanno dedicato, inspiegabilmente, poca o nessuna attenzione: nulla in R. Rotigliano, Art. 101, in Il codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di M. Cammelli), cit., 411; nulla in A. Perini, Art. 101, in Codice dei beni culturali e del paesaggio (a cura di M.A. Sandulli), cit., 689; nulla in A. Fanizza, Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio (a cura di A. Angiuli e V. Caputi Jambrenghi), cit., 263.
[42] Assai scarsa l'attenzione della dottrina giuspubblicistica al c.d. demanio artistico, storico e culturale in genere, salvo il contributo di M. Cantucci, Sulla tutela giuridica delle cose d'interesse artistico e storico, Padova, 1953, 163 ss. La legislazione italiana ha da sempre sottratto al regime comune le "cose d'interesse storico ed artistico", attraverso un regime tipico dei beni demaniali, oggi confermato dall'art. 53 del Codice Urbani relativo al c.d. demanio culturale. L'inserimento da parte del Codice civile del 1942 delle "raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche" nell'elenco dei beni demaniali ha definitivamente risolto solo il regime di appartenenza (sullo scarso interesse dimostrato in dottrina nei confronti di tale categoria di beni demaniali v. già R. Resta, Beni pubblici, in Commentario al Codice civile, a cura di A. Scialoia e G. Branca, Bologna-Roma, 1946, 56 ss., B. Biondi, I beni, in Trattato di diritto civile diretto da F. Vassalli, Torino, 1953, IV, I, 171 ss., come pure A.M. Sandulli, Beni pubblici, in Enc. dir., Milano, 1959, V, 277 ss., S. Cassese, I beni pubblici. Circolazione e tutela, Milano, 1969; 40 ss., G. Palma, I beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici, in Trattato di diritto privato a cura di P. Rescigno, Torino, 1982, 77 ss). In realtà, le biblioteche e gli archivi sono istituti che raggiungono il fine della cultura soltanto per mezzo di un complesso di beni, debitamente ordinati e messi a disposizione della generalità del pubblico e degli studiosi. A questo fine, le due categorie di istituti aggiungono quello, non meno importante, della raccolta e della conservazione dei beni culturali che costituiscono una parte rilevante del c.d. patrimonio culturale della Nazione.
[43] Sia le biblioteche che gli archivi, secondo la definizione codicistica di cui all'art. 816 c.c. (Universalità di mobili), costituiscono delle universitas rerum, cioè una pluralità di cose mobili che conservano la loro distinta identità, ma che sono unificate in vista di una particolare valutazione e funzione fatta dai soggetti che ne dispongono. Essi rientrano propriamente nella teoria delle cose, trattandosi di complessi di cose omogenee che appartengono allo stesso soggetto la cui unificazione è data dalla destinazione ed utilizzazione unitaria derivante dalla funzione comune: per tali indicazioni offerte dalla dottrina civilistica: v. già A. Barbero, Le universalità patrimoniali, Milano, 1936; S. Pugliatti, Riflessioni in tema di "universitates", in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1955, 955 ss., nei manuali A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1988, XXIX ediz., 400 ss., in giurisprudenza v. già Cass, 8 aprile 1948, n. 523, in Giur. it., 1949, I, 1, 127. In particolare le biblioteche e gli archivi costituiscono un esempio tipico di tali universitates rerum in quanto complessi di cose mobili, collegate tra loro da un fine comune e in ordine ad esso ordinate e classificate.
[44] Secondo una dottrina risalente (v. già S. Romano, Principi di diritto amministrativo italiano, Roma, 1912), le biblioteche pubbliche sono state considerate come una unità di cose demaniali. Da tale natura giuridica ne è stato fatto derivare il diritto alla fruizione, quale diritto a pubbliche prestazioni. Più correttamente è da ritenersi che, in quanto la si consideri come un bene, la biblioteca (non dissimilmente dall'archivio) rientri nella categoria del patrimonio indisponibile dell'ente a cui appartiene; mentre è da considerarsi come un pubblico istituto, in quanto il suo uso è destinato alla generalità dei cittadini (c.d. pubblica lettura). A differenza di altri Stati, l'ordinamento italiano ha disciplinato, da tempo, in modo uniforme le pubbliche biblioteche dipendenti dal ministero oggi dei beni e attività culturali. Vanno qui solo richiamato il r.d. 28 ottobre 1885, n. 3464 che aveva provveduto a dare un primo ordinamento uniforme ed un assetto organico alle biblioteche, nel corso degli anni si sono poi rese necessarie modifiche ed integrazioni (r.d. 24 ottobre 1907, n. 733; r.d. 2 maggio 1909, n. 450). Per ulteriori dati F.A. Savagnini, Biblioteca, in Enc. italiana Treccani, Roma, 1929, VI, 964 ss.
[45] Va qui evidenziato che le biblioteche delle grandi Abbazie che sono dichiarate monumenti nazionali (ad es. Montecassino) godono di un regime particolare, grazie alla loro appartenenza allo Stato, sul quale gravano le spese per la conservazione, anche se sono amministrate dalle comunità monastiche che sono soggetti privati. La letteratura giuridica non ha finora dimostrato grande attenzione sulla tutela dei beni librari: v. comunque il contributo di G. Sciullo, La tutela dei beni librari, in Aedon, n. 2/2006; A. Gualdani, Tutela e gestione del patrimonio librario, Padova, 2004.
[46] Sulla pluralità e genesi delle biblioteche italiane notizie storiche si trovano nell'Annuario degli istituti scientifici italiani, diretto da S. Pivano, II, Bologna-Roma, 1920 e in Consiglio Nazionale delle ricerche, Enti culturali italiani, Bologna, 1929, 2 voll. con indicazione di biblioteche ecclesiastiche e religiose; per un primitivo censimento v. ancora il vecchio lavoro di L. Perotti, Dizionario statistico-geografico delle biblioteche italiane, Cremona, 1907, nonché l'Elenco delle biblioteche italiane, a cura dell'Associazione Editoriale Libraria, Milano, 1926.
[47] La più antica definizione di archivio sarebbe in Ulpiano secondo il quale archivio è "locus publicus in quo instrumenta deponendo": v. E. Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Milano, 2005, 486; Id., Legislazione sugli archivi. Storia, normativa, prassi, organizzazione dell'amministrazione archivistica, Bologna, 2004, 2 voll. La prima definizione moderna di archivio in termini giuridici è in E. Sebastiani, Genesi, concetto e natura giuridica degli archivi di Stato in Italia, in Riv. it. scienze giur., Torino, 1904, vol. XXXVII, fasc. I-IV, 10 ss. secondo cui "archivio è una raccolta ordinata di documenti a scopo di amministrazione nel senso più lato esistente o esistito che perciò possono emanare sia da una magistratura sia da un ufficio pubblico o privato", dopo alcuni anni da E. Casanova, Archivistica, Siena, 1928, 199 ss. è stata offerta un'altra definizione in cui è sottolineato il rapporto tra attività ed ente secondo la quale "L'archivio è una raccolta ordinata degli atti di un ente o individuo costituitasi durante lo svolgimento della sua attività e conservata per il conseguimento degli scopi politici, giuridici e culturali di quell'ente o individuo". Il legislatore italiano ha sempre trattato i beni archivistici parallelamente ai beni culturali, ma senza espressamente contemplarli come tali. La legge Bottai del 1939 considerava ed inseriva nella categoria delle cose di interesse artistico e storico "i manoscritti, gli autografi, i carteggi, i documenti notevoli, gli incunaboli nonché i libri, le stampe e le incisioni aventi carattere di rarità e pregio" (art. 1). I beni archivistici, dunque, venivano menzionati esplicitamente, la normativa si limitava tuttavia a comprendere tale tipologie di beni, con un generico carattere di rarità e pregio, rendendo la categoria di difficile percezione e quindi di tutela. Per ragioni unicamente di segretezza e di protezione dei dati, gli Archivi di Stato, da sempre, sono stati sottoposti alla vigilanza del ministero degli Interni in seno al quale era prevista la Direzione generale degli Archivi con le Soprintendenze archivistiche quali uffici decentrati. Solo con la Relazione della Commissione Franceschini negli anni '60 si inizia a riconsiderare la regolamentazione dei beni archivistici ai quali la Commissione dedica quattro dichiarazioni (dalla 50 alla 53) ma è solo con l'emanazione del T.U. del 1999 che i beni archivistici vengono inclusi ufficialmente nella categoria dei beni culturali (Patrimonio storico, artistico, demo-etno-antropologico, archeologico, archivistico, librario Art. 2 comma 1 lett. d). Tale disposizione è stata poi confermata ed ampliata nel successivo Codice Urbani del 2004 che, all'art. 10 comma 2 lett. b), include tra i beni culturali "gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico". Sulla evoluzione della tutela archivistica v. già E. Casanova, Archivi e archivistica, in Enc. italiana Treccani, Roma, 1929, vol. IV, 83 ss., P. Carucci, Beni archivistici, in Enc. it. Treccani, Appendice V, Roma, vol. I, 1983, 341 ss., Id., Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma, 1983; I. Soffietti, Archivi di Stato, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 1987, I, 374 ss., cui adde E. Gustapane, Gli archivi, in Trattato di diritto amministrativo a cura di S. Cassese, Diritto amministrativo speciale, Milano, 2000, tomo II, 931 ss. nonché M.G. Pastura, Gli archivi, in P.G. Ferri e M. Pacini (a cura di), La nuova tutela dei beni culturali e ambientali, Milano, 2001.
[48] Come messo in evidenza da R. Navarrini, Archivi pubblici e privati, in Importanza degli archivi privati per lo studio delle discipline storiche, in Atti convegno, 1995, Piazzale del Brenta, 1996, 13 ss., v. anche L. Casella e R. Navarrini (a cura di), Archivi nobiliari e domestici. Conservazione, metodologie di riordino e prospettive di ricerca storica, Udine, 2000.
[49] Anche recenti pronunce della Corte costituzionale (13 gennaio 2004, n. 9; 20 gennaio 2004, n. 26) hanno sottolineato che "la valorizzazione è diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale"; sull'importanza e l'evoluzione della valorizzazione dei beni culturali in dottrina v. L. Casini, La valorizzazione dei beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, 651 ss., A. Catalani, Il godimento dei beni culturali, in G. Santaniello (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, cit., 164 ss., V. Pepe, C. Pettoruti, Biblioteche, musei, gallerie e pinacoteche, ivi, 335 ss., C. Barbati, Tutela e valorizzazione dei beni culturali dopo la riforma del Titolo V: la separazione delle funzioni, in Giorn. dir. amm., 2004, 145 ss., L. Casini, Valorizzazione e fruizione dei beni culturali, ivi, 2004, 478 ss.
[50] Sono 86 gli archivi diocesani che, allo stato attuale, hanno aderito al progetto Cei-Ar e 23 gli archivi di congregazioni religiose. Cei-Bib permette di operare in rete, senza perdere l'identità delle singole realtà, fornisce strumenti e soluzioni informatiche, facilita l'accesso al servizio bibliotecario nazionale (SBN), da la possibilità di creare e gestire authority files per la ricerca e consultazione integrata dei dati. Questi dati sono tratti da S. Russo, Gli archivi e le biblioteche ecclesiastiche, in Aedon, n. 1/2008. Sulla situazione censitiva degli archivi ecclesiastici v. V. Monachino, E. Boaga, L. Osbat, S. Palese (a cura di), Guida degli archivi diocesani d'Italia, Pubblicazione degli Archivi di Stato, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, I, 1990; II, 1994; III, 1995.
[51] Su cui per profili di carattere generale M.L. Lo Giacco, Le competenze delle regioni in materia ecclesiastica, Bari, 2004, 94 ss.
[52] Alcune leggi regionali contenevano riferimenti ai beni culturali di proprietà ecclesiastica diretti (a titolo indicativo l.r. Toscana 4 dicembre 1980, n. 89) o indiretti (l.r. Liguria 20 dicembre 1978, n. 61. Tali normative avevano assunto importanza rilevante in quanto disponevano finanziamenti per il restauro e/o la conservazione dei beni, tra i quali rientravano anche quelli appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche (v. l.r. Lombardia 21 aprile 1984, n. 22) a volte anche di confessioni diverse dalla cattolica (l.r. Veneto 22 gennaio 1987, n. 3). Per un'analisi dei contenuti della legislazione regionale nel settore dei beni culturali: F. Petroncelli Hubler, Legislazione regionale e tutela dei beni culturali, in Il dir. eccl., 1995, II, 135 ss., G. Giovetti, Il diritto ecclesiastico di produzione regionale, Milano, 1997; G. Tarantini, Normativa regionale e beni di interesse culturali di interesse religioso, in G. Feliciani, Beni culturali di interesse religioso, cit. 113 ss., G. Clemente di San Luca e R. Savoia, Diritto dei beni culturali, Napoli, 2006, 140 ss.
[53] Sugli strumenti di tutela dei beni culturali religiosi dopo il d.lg. 112/1998 v. S. Bordonali, I beni culturali di interesse religioso dopo il d.lg. 112/1998, in Dir. eccl., 2000, I, 3 ss. Sui compiti e le funzioni della Commissione v. G. Corso, Art. 154. Commissione per i beni e le attività culturali, in G. Falcon (a cura di), Lo Stato autonomista, Bologna, 1998, 511 ss., Id., Art. 155. Funzioni della Commissione, ivi, 513 ss. Per la verità, la creazione di organismi, consulte, commissioni miste per la tutela dei beni culturali, nelle quali era prevista la designazione di membri da parte delle autorità ecclesiastiche era già una prassi degli enti locali, a partire dagli anni settanta del secolo scorso (v. l.r. Toscana 31 maggio 1975, n. 61, istitutiva della Consulta regionale toscana dei beni culturali e ambientali, la quale prevedeva la partecipazione di tre membri designati dalla Conferenza episcopale toscana; l.r. Umbria 3 giugno 1975, n. 35, istitutiva della Consulta regionale per la conservazione e l'uso dei beni culturali, che prevedeva la partecipazione di tre rappresentanti della Conferenza episcopale umbra; l.r. Puglia 31 luglio 1979, n. 48, la quale prevedeva la presenza di un rappresentante della conferenza episcopale pugliese nella consulta regionale per i beni culturali.
[54] G. Meale, Legislazione regionale e beni archivistici, in TAR, 1988, II, 195 ss., S. Bordonali, La disciplina regionale dei beni culturali, librari ed archivistici, in Dir. eccl., 1993, I, 834 ss., Id., Beni e attività culturali di interesse religioso, in R. Botta (a cura di), Le competenze nelle materie di interesse ecclesiastico dopo il d.lg. 31 marzo 1998, n. 112, Torino, 2001, 169 ss.
[55] Il potenziamento del ruolo regionale negli obiettivi di valorizzazione dei beni culturali ha portato ad una intensificazione degli strumenti degli accordi e delle intese onde concretizzare la cooperazione e la collaborazione, secondo un modello di programmazione e pianificazione degli interventi. Per questi modelli e sperimentazioni v. N. Aicardi, Recenti sviluppi sulla distinzione tra "tutela" e "valorizzazione" dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni e le attività culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza statale, in Aedon, n. 1/2003; G. Sciullo, Politiche per la tutela e valorizzazione dei beni culturali e ruolo delle regioni, in Aedon, n. 2003/3; L. Zanetti, La valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica, in Aedon, n. 1/2004; con più diretto riferimento ai beni culturali d interesse religioso M. Renna, I beni culturali di interesse religioso nel nuovo ordinamento autonomista, cit.; D. Milani, La tutela degli interessi religiosi delle comunità locali tra riforma della Costituzione e nuovi statuti regionali, in Quad. dir. e pol. eccl., 2005, 201 ss., P. Bilancia, La valorizzazione dei beni culturali. Modelli giuridici di gestione integrata, cit.
[56] Interessante è il richiamo alle autorizzazioni canoniche, poiché le Conferenze episcopali regionali non hanno potestà legislativa nell'ordinamento canonico, per questo motivo, le intese da loro eventualmente concluse con le regioni devono essere sottoposte alla recognitio della Santa Sede, a norma del canone 455, p. 2 del Codice di diritto canonico vigente.
[57] Le regioni, come noto, svolgono nel settore dei beni librari varie funzioni di vigilanza, adottando provvedimenti e atti autorizzativi relativi a: dichiarazione e/o verifica dell'interesse culturale di biblioteche e/o raccolte librarie, restauri ed altri interventi conservativi, scarto di materiale bibliografico, uscita e ingresso nel territorio nazionale di beni librari, vendite e alienazioni di materiale librario, acquisto coattivo, trasferimenti di proprietà o detenzione di raccolte librarie, accertamenti per l'esercizio del diritto di prelazione, controlli su commercio e vendita di materiale librario e/o documentario, prestiti per mostre; su tali funzioni A. Gualdani, Tutela e gestione del patrimonio librario, cit.
[58] Le funzioni delle soprintendenze archivistiche sono state riconfermate dall'art. 31 del d.p.r. 30 dicembre 1975, n. 805 (che ha reiterato il d.p.r. 30 settembre 1963, n. 1409) e che ha precisato i compiti di vigilanza e tutela sugli archivi degli enti pubblici e sugli archivi di interesse storico di cui siano proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, i privati. Su queste attribuzioni Lodolini, Legislazione sugli archivi, cit., vol. I, 30 ss. Resta dunque ovviamente esclusa la vigilanza sugli archivi degli enti ecclesiastici e delle congregazioni religiose. Va tuttavia rilevato che gli archivi di numerosi enti ospedalieri, fondati da enti e/o congregazioni religiose e confessionali, sono passati, per effetto della riforma sanitaria del 1978, alle A.S.L. con conseguente assoggettamento alla vigilanza e tutela delle soprintendenze archivistiche. Sull'argomento P. Carucci, Gli archivi ospedalieri: normativa, censimenti, conservazione, in Studi in memoria di G. Cassandro, Milano, 1980, 109 ss.
[59] Un esame dei contenuti e delle valenze delle varie intese è offerto da G. Feliciani, Le intese regionali. Profili canonistici, in Il patrimonio culturale di interesse religioso dopo l'intesa del 26 gennaio 2005, in www.olir.it; G. Giovetti, Rassegna delle recenti intese regionali in tema di beni culturali di interesse religioso, in Il dir. eccl., 2005, I, 737 ss.
[60] Per questa produzione v. già G. Tarantini, Normativa regionale e beni culturali di interesse religioso, in Feliciani (a cura di), Beni culturali di interesse religioso, cit., 101 ss., G. Giovetti, Il diritto ecclesiastico di produzione regionale, Milano, 1997. Per un'ampia rassegna sulle leggi e sulle intese regionali in materia v. M. Renna, V.M. Sessa, M. Vismara Missiroli, Codice dei beni culturali di interesse religioso, Milano, 2003, 200 ss.
[61] E' appena il caso di sottolineare che inventariazione e catalogazione costituiscono il presupposto necessario di ogni intervento di fruizione, in quanto senza una adeguata conoscenza della consistenza del patrimonio culturale sia librario che archivistico non è possibile elaborare le misure più consone di conservazione e valorizzazione. Un primo esempio di intesa regionale in materia di catalogazione è stato l'Istituto per i beni artistici e culturali attivato dalla regione Emilia Romagna (IBC) fin dal 1974, quale strumento di programmazione regionale e organo di consulenza degli enti locali nel settore dei beni culturali e quindi anche dei beni librari. Dal 1983 è entrato a far parte di tale Istituto anche la Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari che gestisce gli interventi per le biblioteche e gli archivi storici. Per questo progetto v. utilmente A. Emiliani, Una politica dei beni culturali, Torino, 1974, 26 ss.
[62] Il Protocollo firmato il 12 maggio 1983 dall'allora ministro per i beni culturali Nicola Vernola e dall'allora Assessore alla cultura della regione Toscana, Marco Mayer in rappresentanza delle altre regioni.
[63] Sui contenuti e le finalità di tale Accordo e sulle relative metodologie di catalogazione v. F. Negri Arnoldi, Il catalogo dei beni culturali e ambientali: principi e tecniche di indagine, Roma, 1998; N. Gazzeri, La catalogazione dei beni culturali tra competenze del ministero e iniziativa regionale: quadro storico e prospettive di sviluppo, in Aedon, n. 1/1998; nonché V. Sessa, L'Accordo Stato-regioni in materia di catalogazione dei beni culturali, in Aedon, n. 2/2001.
[64] Per questi specifiche intese: F. Trimarchi, Beni culturali e politiche di sviluppo in Sicilia, in F. Trimarchi (a cura di), Beni culturali e politiche di sviluppo in Sicilia. Atti del Convegno. Messina 21 marzo 2003, Milano, 2004, 3 ss., M. Campo, I beni culturali della Chiesa in Sicilia (Sistema integrato per la conservazione, valorizzazione e godimento del patrimonio culturale ecclesiastico), ivi, 89 ss., M. Immordino, Beni culturali e ambiente nelle scelte della regione Sicilia, in Aedon, n. 1/2003.
[65] Su cui F. Vecchi, La legislazione regionale e l'attività pattizia con l'episcopato della Valle d'Aosta in materia di beni culturali "di interesse religioso" d'ambito locale, in Dir. eccl., 2001, 574 ss.
[66] La rilevanza del diritto pattizio sovranazionale è messo in luce dalla più attenta dottrina: tra i molti S. Cassese, Oltre lo Stato, Bari, 2006, 29, 183; J. Luther, Le frontiere dei diritti culturali in Europa, in G. Zagrebelski (a cura di), Diritti e Costituzioni nell'Unione Europea, Bari, 2003; da ultimi F. Francioni, M. Schemin, Cultural human rights, Leiden-Boston, 2008.
[67] Sulla rilevanza della fruizione dei beni culturali messa in evidenza dagli artt. 101 e 102 del Codice Urbani v. A. Catalani, Il godimento dei beni culturali, in G. Santaniello (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Padova, 2002, XXXIII, 335 ss., D. Vaiano, Art. 101 e 102, in G. Trotta, G. Caia, N. Aicardi (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, in Le nuove leggi civili commentate, Padova, 2005, 1452 ss., A. Perini, Artt. 101 e 102, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M.A. Sandulli, cit., 690 ss.