Sommario: 1. Il nuovo assetto costituzionale di riferimento. - 2. La esclusiva titolarità statale delle funzioni di tutela.
1. Il nuovo assetto costituzionale di riferimento
L'articolo, come molte altre norme della Parte prima del Codice dedicate a stabilire l'ambito e i criteri di riparto delle attribuzioni fra stato, regioni e gli altri enti territoriali, non trova diretta corrispondenza nelle norme del Testo unico del 1999. Peraltro nel T.U. si può ritrovare più di una norma che può essere richiamata come precedente delle attuali norme della parte prima del Codice, quale in particolare per l'art. 4 in esame l'art. 6, oltre alle altre disposizioni che richiamano per le diverse funzioni di tutela la competenza dello stato o di organi statali.
Al riguardo infatti il T.U. si era limitato a presupporre l'assetto delle competenze derivante dalla normativa precedente e al più aveva recepito o rifuso nel proprio impianto disciplinare le norme del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e dei precedenti provvedimenti di trasferimento e delega di funzioni alle regioni a partire dal d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 3.
Per contro, le norme della Parte prima del Codice, che vanno dall'art. 3 all'art. 8, hanno il dichiarato intento, come conferma la relazione accompagnatoria, di ridisegnare ex novo l'assetto delle competenze in materia di beni culturali alla luce dell'intervenuta riforma costituzionale e dei nuovi criteri di riparto delle funzioni legislative e amministrative stabiliti dagli attuali artt. 117 e 118 Cost., sostituendo in tal modo ogni norma precedente al riguardo.
Ora, del nuovo assetto costituzionale in materia sono noti i tratti caratteristici. La riforma del Titolo V (art. 117, commi 2 e 3) ha ripartito nelle due aree funzionali della tutela e della valorizzazione la materia dei beni culturali e ambientali, attribuendo la prima alla competenza legislativa esclusiva dello stato, la seconda alla competenza legislativa concorrente di stato e regioni.
E adesso il nuovo art. 3 e il nuovo art. 6 del Codice definiscono rispettivamente gli ambiti delle due aree funzionali, in parte riallacciandosi alle definizioni già contenute nell'art. 148 del d.lg. 112/1998 (ora abrogato dall'art. 184 del Codice) alle lett. c) ed e), in parte superandole, così da far rientrare nella tutela il complesso delle attività e delle funzioni dirette a garantire l'individuazione, la conoscenza, la protezione e la conservazione del patrimonio culturale, nonché a regolare e a conformare i diritti e i comportamenti ad esso inerenti: identificando in breve nella tutela non solo tutto ciò che è regolazione e amministrazione giuridica dei beni culturali, ma anche ciò che è intervento operativo di protezione e difesa dei beni stessi (come conferma ora anche la recente sentenza Corte cost. 18 dicembre-13 gennaio 2004, n. 9). Per converso, l'art. 6 fa rientrare nella valorizzazione il complesso delle attività di intervento integrativo e migliorativo ulteriore finalizzate alla fruizione pubblica dei beni: conferendo quindi alla valorizzazione una posizione complementare se non ancillare rispetto alle funzioni di tutela, talché l'art. 6, comma 2, prevede che la valorizzazione possa avvenire solo in forme compatibili con la tutela e comunque tali da non pregiudicare le esigenze della stessa.
Sulla base di questa summa divisio, che supera fra l'altro la tripartizione dell'art. 148 del d.lg. 112 cit. fra tutela, valorizzazione e gestione, il Codice detta poi, da un lato, tutta la disciplina legislativa delle funzioni di tutela nel presupposto della competenza legislativa esclusiva dello stato al riguardo e, dall'altro, i principi fondamentali da osservarsi nella disciplina legislativa della valorizzazione da parte delle regioni in quanto oggetto di competenza legislativa concorrente.
2. La esclusiva titolarità statale delle funzioni di tutela
Entro tale quadro di fondo l'art. 4 in esame e l'art. 5 disciplinano oggi il riparto delle funzioni amministrative in materia di tutela.
Ora è noto che il nuovo art. 118 Cost. ha disposto che le funzioni amministrative non siano più ripartite fra stato e regioni secondo il principio del parallelismo già sancito nel previgente art. 118 in base al quale allo stato e alle regioni spettavano le funzioni amministrative nelle stesse materie in cui avevano competenza legislativa. Il nuovo art. 118 dispone invece che le funzioni amministrative in qualsiasi materia spettino in via primaria ai comuni, salvo quelle funzioni che per assicurarne l'esercizio unitario la legge statale e regionale secondo le rispettive competenze attribuisca alle province, alle città metropolitane, alle regioni e allo stato sulla base dei principi di sussidiarietà, di adeguatezza e differenziazione.
L'attuale art. 118 prefigura quindi un assetto delle funzioni amministrative basato su principi e criteri di riparto distinti e a sé stanti rispetto a quanto stabilito per la competenza legislativa.
In particolare, sulla base dei richiamati principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, anche nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello stato la legge statale può e deve ripartire le funzioni amministrative assicurando che queste siano conferite all'istituzione più prossima ai cittadini compatibilmente con le esigenze di un efficace ed efficiente esercizio delle stesse. Inoltre il conferimento, come risulta sempre dall'art. 118, deve essere disposto a titolo di attribuzione e non di delega.
Si può agevolmente notare invece come l'art. 4 in esame si limiti a statuire che al fine di garantire l'esercizio unitario delle funzioni di tutela, ai sensi dell'art. 118 Cost. cit., tutte le funzioni stesse sono riservate allo stato e per esso all'apposito ministero.
In breve l'art. 4 afferma apoditticamente che tutte le funzioni amministrative necessitano di un esercizio unitario ripristinando di fatto il principio del parallelismo del previgente art. 118, tornando cioè a identificare l'ambito della competenza legislativa e quello della competenza amministrativa e ribadendo la preesistente riserva delle funzioni amministrative in tema di tutela allo stato.
Non solo, ma con dizione del tutto impropria (anche rispetto alle dizioni usate nel decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sul riordinamento dei ministeri, dove all'art. 52 si dice che il ministero "esercita le attribuzioni spettanti allo Stato"), l'articolo attribuisce le funzioni neppure più allo stato, ma al ministero.
Di qui poi la sconcertante previsione che sia il ministero a disporre delle funzioni stesse e che sia il ministero in particolare a conferire l'esercizio di funzioni alle regioni. Il comma 1 dispone infatti, dopo aver previsto che le funzioni sono attribuite al ministero, che sia il ministero a esercitarle direttamente o a conferirne l'esercizio alle regioni per quanto "tramite forme di intesa e coordinamento ai sensi dell'art. 5 commi 3 e 4", quindi pur sempre mediante atti normativi sublegislativi.
Fa solo eccezione a tale previsione generale la clausola espressa di salvaguardia delle funzioni già conferite alle regioni ai sensi dei commi 2 e 6 del medesimo art. 5. La clausola peraltro sembra introdotta quasi al fine di evitare che si pensi che, con le particolari modalità di conferimento dell'esercizio delle funzioni consentite al ministero, questi possa incidere anche sulle funzioni direttamente conferite dalla legge alle regioni.
Salvo quanto si potrà notare a commento dell'art. 5, resta il fatto che sulla base del ricordato disposto dell'art. 118 Cost. non può mai essere un ministero con atti sublegislativi a "conferire" l'esercizio di funzioni amministrative alle regioni o ad altri enti territoriali seppure sulla base di intese o accordi preventivi, ma deve essere la legge. E la legge non deve limitarsi a conferire l'esercizio, ma deve attribuire la titolarità delle funzioni.
Pare quindi di trovarsi almeno in via di principio in presenza di un vero e proprio slittamento di piani nella definizione dei rapporti fra stato e regioni, dal piano legislativo a quello amministrativo: che è d'altronde la naturale conseguenza dell'impropria attribuzione della titolarità delle funzioni al ministero e non allo stato. Il che, si noti, trova anche conferma nella pressoché contemporanea riorganizzazione del ministero disposta con decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 3.
Di integrare e completare l'ambito delle funzioni di tutela spettante al ministero si preoccupa anche il comma 2 che precisa, in tal caso opportunamente, che anche per i beni di appartenenza statale sarà sempre il ministero per i Beni e le Attività culturali a esercitare le funzioni stesse.
In tal caso si intende infatti precisare e chiarire il riparto delle competenze fra il ministero e le altre amministrazioni statali che gestiscono i beni in coerenza con le attribuzioni funzionalmente spettanti al ministero stesso e in ragione della diversità e specificità degli interessi curati dalle altre amministrazioni.
Non si tratta peraltro di disposizione del tutto nuova: essa trova un suo sostanziale precedente nell'art. 29 del T.U. del 1999. E ora ad essa vanno ricollegate le previsioni degli attuali artt. 18 e 24 del Codice al cui commento si rinvia.