Sommario: 1. Il ruolo. - 2. La struttura.
1.
Il ruolo
Listituzione del nuovo ministero per i Beni e le attività culturali
con il d.lg. 368/1998 si è realizzata al crocevia
di due distinti processi generali di riforma, entrambi impostati dalla legge
delega 59/1997 , di cui anche il d.lg. 368 è attuazione: da un lato,
quello del conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi dallo Stato
alle regioni e agli enti locali nella generalità delle materie di intervento
pubblico; dallaltro, quello del riordino dei ministeri o, più in
generale, del riordino del "centro" in tutte le materie e per tutte
le funzioni residuate alla competenza dello Stato. Listituzione del nuovo
ministero sembra tuttavia rappresentare un episodio di riforma solo formalmente
coordinato con il duplice processo di riforma in cui doveva essere iscritto
e sembra invece costituire una sorta di episodio o di vicenda isolata, a se
stante, sottratto nella sostanza al corso generale delle riforma, peraltro ancora
in via svolgimento.
Non è difficile rendersi conto di ciò guardando da vicino limpianto
e il testo del d.lg. 368/1998.
Da un lato, si guardi innanzitutto a come il decreto si raccorda con il processo
generale di conferimento delle funzioni amministrative impostato dalla l. 59/1997,
e poi proseguito segnatamente con il d.lg.
112/1998, nellindividuare quello che può essere definito il
profilo di ruolo, il ruolo funzionale del ministero.
Secondo gli artt. 11 e 12 della legge delega 59/1997 il riordino dei ministeri
doveva e deve tener conto di tre fondamentali esigenze: lappartenenza
dellItalia allUnione europea, leffettività dei conferimenti
fatti a regioni ed enti locali, i principi stessi dei conferimenti (riconducibili
essenzialmente ai tre principi di sussidiarietà, funzionalità,
responsabilità unitaria dellamministrazione).
Il che comportava e comporta, in particolare, la riduzione e il riaccorpamento
dei ministeri per grandi aree funzionali o per politiche organiche e la loro
connotazione di ruolo, guardando in specie allassetto centrale dei ministeri,
essenzialmente come strutture di governo e non di amministrazione.
Ora, è vero che la
l. 59/1997 , nella sua stesura finale, ha espressamente mantenuto la riserva
allo Stato delle funzioni per la "tutela dei beni culturali e del patrimonio
storico - artistico". Nel medesimo tempo, però, il d.lg. 112/1998,
nel ribadire la riserva posta dalla legge delega, ha in qualche misura cercato
di riconoscere il ruolo concorrente di regioni ed enti locali in tema di valorizzazione
e gestione dei beni culturali e di promozione delle attività culturali,
utilizzando a tal fine anche lespressa previsione della seconda legge
Bassanini, la l.127/1997,
in tema di trasferimento della gestione di musei statali.
Parimenti, anche in materia di spettacolo e sport la ricognizione delle funzioni
espressamente riservate allo Stato, operata con il d.lg. 112/1998, ha implicato
un riconoscimento (e talora una riconferma) del ruolo spettante anche al riguardo
a regioni ed enti locali.
Se si guarda adesso al d.lg. 368 si può notare come esso faccia sì
inizialmente richiamo a quanto previsto dal d.lg. 112/1998. Nel medesimo tempo
esso sembra considerare il nuovo ministero, che risulta dalla trasformazione
del ministero dei Beni culturali e ambientali, come struttura che ha o continua
ad avere un ruolo "totalizzante", in sé conchiuso, per lintero
complesso di materie contemplato.
A ciò non tanto rileva laccorpamento operato in capo al nuovo
ministero fra i due ambiti dei beni e delle attività culturali, che ha
portato a far confluire nella nuova struttura le funzioni del Dipartimento dello
spettacolo e dellUfficio per i rapporti con gli organismi sportivi e Ripartizione
impiantistica sportiva della Presidenza del Consiglio.
La estensione in orizzontale dellambito di riferimento, oltre che coerente
con i richiamati principi della l. 59/1997, era già stata prospettata
in passato nel quadro di una riduzione per comparti organici dei ministeri e
può rappresentare un efficace stimolo per la trasformazione delle politiche
dei beni culturali in politiche pensate anchesse in termini di beni -
attività e non più soltanto di beni - cose (come anche si è
spesso auspicato).
Ciò che invece induce a ritenere che si continui a pensare ad un ruolo
"totalizzante" in sé conchiuso del ministero è il fatto
che si attribuisca (art. 1) "nel quadro delle finalità indicate
dallart. 9 Cost. e dallart. 128 del trattato istitutivo della Comunità
europea" il compito di provvedere "alla tutela, gestione e valorizzazione
dei beni culturali e ambientali e alla promozione delle attività culturali".
Come è agevole notare, al ministero viene riferito lintero arco
delle funzioni nella materia.
Daltronde, il successivo art. 2 si preoccupa di elencare, pur con riferimento
alle "funzioni amministrative statali", un articolato catalogo di
funzioni che coprono sempre lintero arco degli interventi in tema di beni
e attività culturali.
Vero è che già nellart. 1 si dice anche che il ministero
"favorisce la cooperazione con le Regioni e gli enti locali, con le amministrazioni
pubbliche, con i privati e con le organizzazioni di volontariato", ma si
tratta pur sempre di un "favorire la cooperazione" e non di un più
semplice e netto "cooperare".
Lart.1 aggiunge poi ancora che il ministero "opera per la massima
fruizione dei beni culturali e ambientali, per la più ampia promozione
delle attività culturali garantendone il pluralismo e lequilibrato
utilizzo in relazione alle diverse aree territoriali e ai diversi settori".
Si tratta - è vero - di indicazioni di massima che si muovono nel terreno
incerto fra lessere enunciati di finalità da perseguire e lessere
cataloghi di funzioni vere e proprie da esercitare, ma che lasciano anchesse
intendere come la istituzione del ministero sia stata tuttora ancorata a unidea
di ruolo a tutto campo.
Non vi è alla base lidea di un centro di governo nellambito
di un ordinamento pluralistico e di un sistema amministrativo a carattere fortemente
decentralizzato e quindi di un ruolo di disciplina e di indirizzo sia politico
che tecnico (come è il caso dellaltro decreto delegato, il d.lg.
143/1997, istitutivo di un altro ministero in attuazione della legge delega
59, il ministero delle politiche agricole ).
Vi è invece alla base lidea di un ruolo che, se si vuole considerarlo
nella versione migliore non è solo di amministrazione di tutela , ma
anche di amministrazione e intervento attivo per tutta la gamma e i livelli
di funzioni coinvolte, e pur sempre un ruolo di amministrazione.
Si potrebbe dire che la vitalità e il dinamismo ritrovati negli anni
più recenti dal ministero - almeno per singole situazioni esemplari -
vogliano riflettersi nelle disposizioni del d.lg. 368. E il d.lg. n. 368/1998
può considerarsi come manifestazione dellintento di aggiornare
e rivitalizzare il modello del ministero di amministrazione attiva, prescindendo
dal contesto ordinamentale in cui si cala e si dovrebbe calare.
Si pensi in particolare a come nellart. 10 del decreto ci si curi anche
- di per sé opportunamente - che il ministero "ai fini del più
efficace esercizio delle sue funzioni e in particolare per la valorizzazione
dei beni culturali e ambientali possa stipulare accordi con amministrazioni
pubbliche e soggetti privati e costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni
e società".
In questa norma, come in altre del decreto che si potranno richiamare più
avanti, vi è sintetizzata la tradizione e insieme la novità del
ruolo ministeriale a cui guarda il d.lg. 368/1998. Il ministero si apre allutilizzo
di accordi e forme associative. Nel medesimo tempo, ciò costituisce un
significativo indice dellintento di fare del ministero un organismo di
amministrazione, per quanto di amministrazione e intervento attivo, in specie
anche "per la valorizzazione dei beni culturali e ambientali".
Ma se è cosi, ci si potrebbe chiedere perché non si è
ripresa la proposta delle prime Commissioni di riforma in materia: di creare
unapposita azienda o amministrazione autonoma al posto o accanto al ministero,
allorché ci si pose lobiettivo di ammodernare la struttura ministeriale
in una prospettiva di riforma ancora propria di uno Stato unitario e centralizzato.
Si guardi ora al modo in cui il ministero è in sé organizzato
secondo il decreto in esame, confrontandone le scelte con quelle generali in
materia di riorganizzazione interna dei ministeri contenute nella legge 59/1997
e ancor prima nel d.lg. 29/1993 e succ.mod. che essa richiama.
Anche da questo punto di vista, listituzione del ministero sembra discostarsi
dalle indicazioni che da queste norme si possono desumere.
Come è noto, secondo le indicazioni che sono via via emerse dal d.lg.
29 al d.lg.
80/1998 fino alla l. 59/1997, la riorganizzazione interna dei ministeri
dovrebbe assicurare, da un lato, la distinzione fra compiti e responsabilità
di direzione politica spettante al ministro e compiti e responsabilità
di direzione dellamministrazione spettante ai dirigenti e, dallaltro,
la massima integrazione e unitarietà di funzionamento interno di ciascun
ministero, in particolare attraverso "listituzione di dipartimenti
o amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, sulla base
di criteri di omogeneità, di complementarità e di organicità"
(art. 11 lett. g) della l. 59).
Con ciò la legislazione generale di riforma ha inteso superare il tradizionale
modello "a piramide" di organizzazione dei ministeri per sostituirlo
con un modello "a stella", che vede porsi attorno al centro di direzione
politica (il ministro) delle strutture funzionalmente integrate per grandi aree
di intervento dotate di propria autonomia e responsabilità per i compiti
di intervento (in particolare i dipartimenti) e per quelli di disciplina e controllo
tecnico residuati allo Stato (in particolare le agenzie).
Ora ci sarebbe aspettati che di fronte al ruolo "totalizzante",
insieme di governo e di amministrazione, mantenuto al nuovo ministero, tanto
più in considerazione del ruolo di amministrazione non solo di tutela,
ma di intervento attivo ampiamente sottolineato, venisse delineata nel decreto
una struttura "stellare" per uno o più dipartimenti e agenzie.
Il d.lg. 368/1998 sembra invece ancora riprodurre, pur
in maniera aggiornata, muovendosi fra novità e tradizione, il vecchio
modello.
Vero che esso comincia con la distinzione - enunciata allart. 3 - fra
ministro e ministero, riservando al ministro solo i compiti di direzione politico
- amministrativa del ministero, di determinazione degli indirizzi, obiettivi
e programmi e della verifica della rispondenza a questi dei risultati conseguiti.
Il decreto continua poi con lindividuare quali organi assistono il ministro
per lesercizio delle funzioni di indirizzo (e in particolare per la programmazione
triennale degli interventi), nonché quali strutture coadiuvano il ministro
per lesercizio delle funzioni di controllo.
Senonché, nellindividuare le strutture di coadiuzione del ministro,
il decreto introduce in posizione centrale la figura del segretario generale
con un duplice compito: da un lato, di collaborazione diretta con il ministro
e, dallaltro, di coordinamento degli uffici e delle attività del
ministero.
In tal modo, si è prefigurata certamente una struttura di riferimento
unitario per tutta lattività del ministero. Nel medesimo tempo
si è stabilito o ristabilito - come è appena il caso di notare
- un rapporto di stretta continuità e dipendenza fra ministro e ministero,
tipico del modello "a piramide", di cui il Segretario generale viene
a rappresentare il tramite.
Si noti, fra laltro, come si preveda che il Segretario generale sia
incaricato ai sensi dellart. 19, comma 3 del d.lg. 29/1993. Si stabilisce
cioè che rientri fra quella ristretta cerchia di incarichi fiduciari
per cui è prevista la revocabilità al costituirsi di ogni nuovo
governo.
Daltro canto, si noti come al Segretario generale non sia attribuito
solo il compito di assicurare il mantenimento dellunità dellazione
amministrativa e di coordinare gli uffici e le attività del ministero,
ma anche quello di curare "la gestione dei servizi generali dellamministrazione".
Ne scaturisce una figura che, pur connotata come "funzionario politico",
alle dirette dipendenze del ministro, assomma in breve anche la responsabilità
del ministero, dellamministrazione ministeriale sia "ad extra"
che "ad intra" (per dirla con le parole della commissione Piga).
Tutto ciò sembra svuotare quello che il successivo art. 6 afferma in
apertura. Che "il Ministero è organizzato secondo i principi di
distinzione fra direzione politica e gestione amministrativa, di decentramento
e autonomia delle strutture", oltre che "di efficienza e semplificazione
delle procedure".
La figura e i compiti del Segretario generale smentiscono di fatto le enunciazioni
di principio dellart. 6.
Ciò, daltra parte, risulta poi ulteriormente avvalorato dal fatto
che lart. 6 non preveda, almeno in via di principio, la costituzione di
dipartimenti, bensì larticolazione del ministero "in non più
di dieci uffici dirigenziali generali" con competenza nei vari settori
di intervento, nonché in materia di affari generali e personale.
Il numero degli uffici dirigenziali previsti è tale da escludere che
si tratti di strutture dipartimentali. Queste dovrebbero avere infatti ciascuna
un complesso organico di competenze (anche di organizzazione interna) tali da
essere unitariamente responsabili della gestione dei programmi e dei risultati
prefissati.
Ci si ritrova dunque di fronte alla riproposizione dellarticolazione
per direzioni generali, addirittura con un numero di unità organizzative
potenzialmente maggiore dellattuale e con la giustapposizione, rispetto
alle altre, di una direzione generale per gli affari generali e personale. Questa
- si dica per inciso - sembra almeno in parte sovrapporsi o non bene coordinarsi
con le competenze riconosciute al Segretario in tema di gestione dei servizi
generali.
Tutto ciò conferma in primo luogo come venga mantenuta la sostanziale
commistione fra direzione politica e direzione amministrativa e si sia inteso
pensare a un ministero con un ruolo compiuto di amministrazione tipico del modello
a direzioni generali.
Nel medesimo tempo, appare altrettanto evidente che si è finito per
mantenere unelevata frammentazione organizzativa di per sé contraddittoria
con la connotazione del ministero non solo come ministero di tutela, ma di intervento
attivo per la promozione, la valorizzazione e la gestione dei beni e delle attività
culturali. Larticolazione prevista è infatti tale da non consentire
né lintegrazione funzionale né lorganicità
e lunità di responsabilità che lo stesso ruolo del ministero
e il processo di riordino generale dei ministeri innescato dalla legislazione
recente vorrebbero fossero assicurate.
In tal senso il nuovo dellorganizzazione centrale del ministero sembra
concretarsi soprattutto nella figura del Segretario generale, che di per sé
esprime lesigenza di unità e di integrazione funzionale in senso
orizzontale, ma che per la sua connotazione fiduciaria meglio corrisponderebbe
ad un ministero cui fosse affidato solo o prevalentemente un ruolo di governo
(come è il caso del Segretario generale della Presidenza del Consiglio).
La struttura e le funzioni del ministero non si esauriscono invece nella Segreteria
generale, ma si prolungano nelle previste direzioni generali. E in tale contesto
linnovazione costituita dal Segretario generale serve sì ad "assicurare
il mantenimento dellunità dellazione amministrativa",
come dice lart. 5, ma contribuisce anche a riproporre in termini aggiornati
il tradizionale modello dellamministrazione centrale "a piramide"
di cavouriana memoria.
Tutto ciò appare ulteriormente confermato dal fatto
che il riparto delle competenze fra struttura centrale e struttura
periferica attualmente esistente sembra restare inalterato.
Nel d.lg. 368/1998 per ora non si assiste ad un decentramento
di funzioni dal centro ad organi periferici. E anche la bozza
di testo unico della legislazione sui beni culturali da emanarsi
ai sensi della
l. 352/1997 sembra muoversi nel senso di confermare le competenze
secondo il riparto esistente. Mentre, anche se che talvolta
si sostiene il contrario, il ministero ha avuto finora i caratteri
di unorganizzazione considerevolmente accentrata.
Daltronde, anche la prevista istituzione del Sovrintendente regionale,
come organo di coordinamento delle esistenti sovrintendenze e organi periferici
del ministero operanti nella regione, ha il pregio, analogamente al Segretario
generale al centro, di dar luogo a un importante momento di unità funzionale
in sede regionale, senza realizzare tuttavia un maggior decentramento o un minore
rapporto di continuità e di dipendenza dal centro.
Linnovazione organizzativa e lattuazione del modello stellare
restano quindi affidate ad altre previsioni di contorno del decreto, anche se
non trascurabili: alla riorganizzazione e al potenziamento degli organismi e
istituti tecnici centrali di cui allart. 6, comma 4; alla prevista creazione
di sovrintendenze e gestioni autonome di cui all'art. 8 con riguardo in particolare
a musei, biblioteche, archivi e sovrintendenze archivistiche, così come
al già ricordato ricorso ad accordi e forme associative di cui allart.
10.
Ma non andrebbe nemmeno disatteso il fatto che il d.lg. 368/1998 è
pur sempre una normativa legislativa di principio entro cui può utilmente
ancora dispiegarsi il potere organizzativo regolamentare, muovendosi verso un
più compatto assetto delle direzioni generali e una più netta
distinzione delle rispettive sfere di autonomia e di responsabilità,
nonché verso un più ampio decentramento territoriale.