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Territorio e patrimonio culturale

I cammini (religiosi), uno strumento di valorizzazione territoriale

di Anna Cicchetti [*]

Sommario: 1. Un percorso che incomincia da lontano. - 2. La riprogettazione dei cammini religiosi attraverso il recupero degli ambienti di vita e di lavoro. - 3. Una proposta di sviluppo territoriale: il cammino quale modulo del circuito nazionale di eccellenza nel contesto del turismo religioso. - 4. Ripensare i cammini per progettare un nuovo modo di fare turismo. Brevi note conclusive.

Il fenomeno dei cammini religiosi rappresenta una realtà sempre più significativa nel panorama turistico e culturale italiano. Questi percorsi, che attraversano il territorio nazionale, costituiscono al contempo testimonianze di fede e bellezze artistiche di interesse sia per il turista religioso sia per il pellegrino o il camminatore, ma rischiano l’abbandono da parte dei residenti, in quanto spesso situate in zone periferiche o in piccoli centri. L’inserimento dei cammini religiosi all’interno dei circuiti nazionali di eccellenza rappresenta un terreno fertile per l'intervento del diritto amministrativo al fine di creare un equilibrio tra sviluppo economico, tutela del patrimonio culturale e rispetto dei valori spirituali. Un'efficace azione amministrativa in questo settore può contribuire non solo alla valorizzazione dei territori attraversati dai cammini, ma anche alla promozione di un turismo sostenibile e inclusivo, capace di innescare la rinascita sociale, economica e culturale dei piccoli borghi. La cooperazione interistituzionale, se programmata, pianificata e concertata è essenziale per superare le frammentazioni territoriali e amministrative che spesso caratterizzano la gestione dei cammini religiosi. Questo richiede la creazione di strumenti e piattaforme di dialogo tra le diverse amministrazioni coinvolte, nonché l'adozione di modelli di governance partecipativa che coinvolgano anche i soggetti privati e le comunità locali.

Parole chiave: turismo; patrimonio culturale; cammini religiosi; governance.

(Religious) paths, a tool for territorial enhancement
Religious walks represent an increasingly significant reality in the Italian tourist and cultural landscape. These routes, which cross the national territory, are testimonies of faith and artistic beauties of interest both for the religious tourist and the pilgrim or walker. Still, they risk abandonment by residents because they are often located in peripheral areas or small towns. Including religious paths within national circuits of excellence represents a fertile ground for administrative law intervention to balance economic development, cultural heritage protection, and respect for spiritual values. Effective administrative action in this sector can contribute to valorizing the territories crossed by the roads and promoting sustainable and inclusive tourism capable of triggering small villages' social, economic, and cultural revival. Interinstitutional cooperation, if planned and concerted, is essential to overcome the territorial and administrative fragmentation that often characterizes the management of religious paths. This aspect requires creating tools and platforms for dialogue between the different administrations involved, as well as the adoption of models of participatory governance that also involve private actors and local communities.

Keywords: tourism; cultural heritage; religious walks; governance.

1. Un percorso che incomincia da lontano

Gli itinerari turistico-culturali [1], che spesso assumono la denominazione più breve di cammini [2], trovano il loro precursore nei pellegrinaggi [3] che, già a partire dal medioevo [4] erano compiuti da una tipologia particolare di viandante - il pellegrino - per motivazioni religiose, volte soprattutto ad ottenere l’indulgenza plenaria dei peccati commessi attraverso un percorso fisico e spirituale di rinnovamento [5].

Nel tempo, i cammini hanno dilatato la loro accezione includendo al loro interno percorsi eterogenei, attraversati dal camminatore per scopi non solo di natura religiosa, ma anche semplicemente naturalistica o culturale, senza tuttavia mai perdere fino in fondo il fascino di costituire una modalità di viaggio in cui l’essere umano si mette alla prova nella fatica fisica e nella ricerca di sé [6].

In tempi molto recenti, è stato il Consiglio d’Europa a lanciare il programma degli itinerari culturali con la dichiarazione di Santiago di Compostela del 1987 [7], sancendo l’importanza e la centralità che la costruzione di percorsi culturali assume nelle politiche europee al fine di sostenere e di implementare in maniera sempre più trasversale i valori fondanti dell’Europa, ovverosia la promozione e la valorizzazione dello scambio e del dialogo interculturale per il conseguimento della diversità culturale [8].

L’identificazione di cosa può rientrare nella definizione di “itinerario culturale” è ampia tanto da comprendere al suo interno strade, circuiti, routes, cammini, sentieri… che sono inseriti nella lista non tanto (o non solo) per una loro caratterizzazione cartografica o geografica specifica né per la loro definizione giuridica, quanto perché costituiscono crocevia di culture diverse e di esperienze umane e di viaggio [9].

Nel nostro ordinamento, queste tematiche hanno poi intercettato l’ulteriore e sempre più impellente necessità di valorizzare il ricco patrimonio culturale [10] e paesaggistico, presente nel nostro Paese.

Tale aspetto ha portato il governo italiano [11]. a rilanciare il tema dei cammini come strumento di conoscenza e promozione del territorio grazie ai tempi di percorrenza dilatati, tipici del turismo lento di cui sono espressione [12] e alle loro particolari modalità di fruizione consistenti nell’uso di forme di mobilità dolce sostenibile

La logica sottesa alle scelte politiche di ormai quasi un decennio fa ha poi acquisito inaspettatamente peso e concretezza negli anni della pandemia da covid-19, in quanto il turismo di prossimità [13] è divenuto in quel periodo un’opportunità pressoché unica di fare vacanza e un modo alternativo di vivere il tempo lavorativo [14], caratterizzato da un isolamento forzato e da una assenza quasi totale di contatti.

In questo contesto, quando la normativa emergenziale ha permesso brevi spostamenti che garantissero un idoneo “distanziamento sociale”, i piccoli borghi, i paesini e i villaggi limitrofi sono divenuti una meta ricercata e ambita [15] e i cammini che si snodavano su di essi, un modo per praticare il movimento e l’attività fisica, assai limitati durante il covid.

Gli effetti della pandemia sulla persona, minata nella sua certezza di poter controllare ogni cosa, hanno messo in crisi anche un modus vivendi che inevitabilmente ha provocato - soprattutto in un primo periodo - ripercussioni sulle abitudini di concepire e di fare la vacanza [16], innescando un cambiamento nel processo di ideazione e di (ri)progettazione di modelli turistici alternativi a quelli più tradizionali e di massa e, pertanto, non più caratterizzati solo dalla spasmodica ricerca del numero delle attività da fare o delle bellezze da visitare, ma volti a mettere al centro l’individuo e a ridare valore all’esperienza del viaggio [17].

Passata la fase emergenziale, i cammini e le modalità di soggiorno che da essi sono derivate hanno incrementato l’appeal generato e, conseguentemente, la domanda [18], segno del crescente bisogno delle persone di prendersi del tempo di qualità per sé per rigenerarsi e ricaricarsi, e il camminare è divenuto un modo efficace per soddisfare mentalmente e fisicamente tale esigenza.

In quest’ottica, pare utile oggi, ripensare in maniera strutturata a questa tipologia di viaggio. I cammini, infatti, possono rappresentare una proposta originale e appropriata alle istanze sopra richiamate di fare e di progettare il turismo intorno alla persona, dove la dimensione della sostenibilità, dell’inclusione e della mobilità lenta divengono i perni attorno ai quali costruire un nuovo modello di prodotto turistico [19].

L’attenzione a queste tematiche e la loro implementazione costituiscono anche le coordinate attraverso le quali orientare le politiche contenute nel Pnrr [20] che, nella missione 1, dedicata tra le altre alla cultura e al turismo, prevede interventi di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorarne la capacità attrattiva, la sicurezza e l’accessibilità [21] e dispone misure di riqualificazione e di sostenibilità ambientale [22] delle strutture e dei servizi turistici, anche tramite l’incentivazione dell’utilizzo delle nuove tecnologie.

È evidente che l’elencazione delle misure indicate dal Piano afferisce a tipologie di servizi e di beni che fisiologicamente connotano i cammini, offrendo di fatto l’occasione per rivederne l’impostazione, anche in chiave normativa, nell’ottica di una loro valorizzazione.

Questo processo, tuttavia, richiede di riqualificare i cammini come strumenti di promozione territoriale e culturale [23] ed esige quali presupposti indefettibili - affinché si trasformino in realtà quelli che sulla carta sono solo principi e previsioni - una imprescindibile consapevolezza della necessità del cambiamento, una visione sistemica degli interventi e la creazione di una governance coraggiosa nell’utilizzo di un approccio scientifico e rigoroso.

Sulla scia di queste premesse, il contributo vuole indagare se da un ripensamento culturale e valoriale del cammino religioso possa passare - attraverso una progettazione concertata e mirata - anche lo sviluppo turistico ed economico dei luoghi coinvolti, stimolando un’analisi sulla possibilità di dare vita a forme di valorizzazione territoriale capaci di coniugare l’impronta identitaria tipica del cammino con quella di promozione turistica, finalità trasversale alle diverse tipologie di prodotti turistici normate all’interno del codice del turismo [24].

La chiave di lettura proposta tende a provocare una riflessione profonda sull’essere umano in quanto tale, sempre più frastagliato nei suoi tanti e variegati bisogni che faticano a convergere ad unità [25]. I tempi frenetici del lavoro mal si conciliano con quelli della vita famigliare e sociale e il tempo della vacanza, necessario contraltare al malessere routinario generato da questa frattura, spesso non è tenuto in debito conto nelle politiche sociali, sanitarie e del lavoro.

Al contrario, la ricerca del silenzio, il camminare, l’attraversare posti pressoché deserti evidenziano un bisogno esistenziale, prima ancora che turistico, che dovrebbe essere intercettato, curato e appagato.

Il camminatore è un ricercatore esigente di senso, mosso dal bisogno di vivere esperienze non di massa e disposto ad accettare anche dei limiti [26] alla fruizione del suo viaggiare, se essi costituiscono intrinseca valorizzazione ed esaltazione di ciò che va cercando.

La visione del viaggio, non come semplice tragitto ed impellenza per arrivare alla destinazione prescelta, ma come elemento caratterizzante e costitutivo dell’esperienza, incide profondamente anche sulla concezione della dimensione temporale. Infatti, per chi cammina il tempo della vacanza coincide con il tempo della fatica - termine antonimo a riposo [27], che invece è associato generalmente all’idea di relax - divenendo il modo - per certi versi l’unico - per interrompere l’inarrestabile e spesso frenetico ritmo della quotidianità.

L’esercizio fisico, la stanchezza, l’affaticamento per mettersi alla prova nel superamento dei propri limiti sono volutamente scelti e preferiti al non fare e divengono per l’individuo occasione per prendere fiato e vivere un periodo in cui recuperare il proprio equilibrio fisico, mentale e psichico, in linea con la nozione di salute tutelata dalla nostra Carta costituzionale [28].

Sotto questo profilo, lo studio si prefigge di indagare se il cammino possa costituire al contempo una risposta adeguata alle esigenze del camminatore [29] e uno strumento efficace per integrare le politiche di sviluppo dei luoghi (siano esse urbanistiche, turistiche, territoriali…) con quelle (sociali, sanitarie, culturali, giovanili…) relative alla persona.

Se sia possibile, in altri termini, pensare o ripensare ai cammini - nel caso di specie a quelli religiosi - come possibili incubatori di sviluppo sociale [30], mettendo a sistema i territori attraversati con le persone che li abitano e li visitano e dove le componenti della sostenibilità, intesa in senso ampio, dell’inclusione e dei valori fondativi dell’Europa sopra richiamati, costituiscano la chiave di volta per qualificare il tempo della vita dei residenti oltre che per concepire nuovi modelli di fare e di vivere il tempo della vacanza.

2. La riprogettazione dei cammini religiosi attraverso il recupero degli ambienti di vita e di lavoro

I cammini, fin dalla loro origine, hanno ricoperto un ruolo di generatori di vita sociale ed economica, oltre a favorire l’incontro e lo scambio tra culture diverse [31].

Tuttavia, la loro funzione non si esaurisce qui, in quanto essi, se adeguatamente disegnati anche sotto il profilo normativo, possono costituire uno strumento di promozione e trasformazione territoriale [32], variabile sulla base della specifica accezione che di volta in volta il cammino assume, fino a divenire motori di sviluppo di tipologie eterogenee di turismo.

Sotto questo profilo, i cammini costituiscono degli itinerari che danno origine a modelli turistici assai diversi tra loro, per ciascuno dei quali è necessario inquadrare i confini e gli elementi caratteristici [33].

Diventa allora fondamentale distinguere il cammino religioso dal cammino culturale o ancora da quello avente finalità naturalistiche o sportive. Se è vero, infatti, che il contenitore può adattarsi ad esigenze diverse, la sua progettazione non può essere uguale per tutte le declinazioni che esso può assumere e il successo o il fallimento dipendono dalla capacità delle istituzioni pubbliche e dei soggetti privati interessati di captare la domanda peculiare del fruitore - il camminatore - e integrarla con le istanze del territorio, dando vita ad un’offerta composita ed integrata, seppure ben articolata e definita.

Pertanto, la creazione di un cammino non è un qualcosa di estemporaneo o di seriale, ma piuttosto il portato di un progetto identitario di sviluppo strategico di un territorio che va riprogrammato e pianificato sulla base di una conoscenza dettagliata dei luoghi messi a sistema, delle finalità che si vogliono raggiungere e di un’analisi accurata del prototipo di turista al quale è rivolto quel prodotto.

La rete dei cammini, capillare e così variegata nella sua configurazione geografica, amministrativa e giuridica, costituisce un terreno fertile per coniugare la necessità di recuperare e porre in risalto valori, culture e tradizioni specifiche con politiche trasversali che tendano ad un approccio sistemico, atto a produrre benefici sui territori, sulle comunità locali e sui visitatori [34].

Questa chiave di lettura la si vuole provare ad applicare, nel caso di specie, ad una determinata tipologia di cammino, (quello religioso), capace di essere attraente per il suo cluster di riferimento - includendovi il pellegrino e il turista religioso - senza rinunciare a fungere da strumento di pianificazione e sviluppo territoriale, anche sotto un profilo turistico, in una logica di unitarietà e di programmazione degli interventi.

Da un punto di vista normativo, il d.m. del 23 giugno 2022 [35], all’art. 1, comma 2, definisce i cammini religiosi quali “itinerari escursionistici a tema religioso o spirituale, percorribili esclusivamente o prevalentemente a piedi o con altre forme di turismo lento e sostenibile, di livello interregionale e regionale” [36].

Pertanto, questa tipologia di circuiti, che possono snodarsi attraverso una o più regioni o fare parte di tracciati europei già riconosciuti, si incentra attorno a temi di interesse religioso o spirituale che fanno da traino allo sviluppo dei territori in cui sono collocati e alle attività produttive in essi presenti, fisiologicamente collegate alla produzione artigianale e alla promozione dei prodotti locali [37].

La ratio che spinge a creare un cammino non si identifica, tuttavia, nella promozione turistica del territorio su cui insiste, che arriva come finalità mediata, bensì nella scelta consapevole di voler intercettare un bisogno umano attinente al sacro e una dimensione di ricerca interiore del senso ultimo delle cose, che spingono il viaggiatore a compiere un percorso di trasformazione personale, in quanto è lì che può trovare la risposta a ciò che cerca [38].

Le caratteristiche intrinseche del cammino religioso vanno rinvenute nelle componenti storiche e culturali e nelle tracce di sacralità che quel territorio esprime che, coniugate alle motivazioni, molto forti e specifiche del camminatore-pellegrino, danno vita ad un prodotto integrato che apporta un impatto turistico misurabile in termini economici.

Come a dire che il camminatore, anzitutto, intraprende un percorso di riscoperta di sé e di (ri)avvicinamento alla fede e, solo indirettamente - cioè, nel momento in cui alloggia, mangia o visita i beni culturali-religiosi presenti nell’itinerario - diventa anche un turista [39].

Questo aspetto rappresenta un elemento essenziale da tenere in considerazione nelle politiche di programmazione e di organizzazione dei cammini, che dovrebbero snodarsi in due steps: il primo volto a verificare la vocazione religiosa di un ambito territoriale e le sue possibilità di fruizione per quello specifico archetipo di viaggiatore, il secondo teso a sondare se dal riconoscimento di quei luoghi come testimonianze di fede possa passare anche il loro rilancio e sviluppo economico-sociale, aspetto su cui si tornerà più diffusamente nel paragrafo successivo.

Il camminatore (religioso) è un viaggiatore consapevole, con una forte motivazione personale di tipo spirituale che ricerca anche nell’ambiente e nel paesaggio circostante una connessione con il trascendente. In ciò condivide lo scopo con il pellegrino [40], che intraprende il viaggio animato dallo stesso bisogno interiore, ma non necessariamente sceglie le medesime modalità per affrontarlo [41].

Il camminatore - identificabile come turista spirituale [42] sui generis - presenta dei caratteri distintivi anche rispetto al turista religioso [43], interessato agli aspetti culturali, seppure attratto dai luoghi sacri e dai valori di cui essi sono estrinsecazione senza, tuttavia, nutrire l’esigenza di vivere un’esperienza di fede durante il suo viaggio.

Pertanto, l’identikit del camminatore religioso, pur condividendo con il pellegrino e il turista [44] profili rilevanti, si caratterizza per la sua specificità: marcata motivazione spirituale - non soltanto religiosa - che lo spinge a compiere un percorso di ricerca personale e interiore, reso più incisivo dal modo in cui viene vissuto, spesso in solitudine e mai in grandi gruppi, a piedi o con forme di mobilità dolce che consentano la contemplazione dell’ambiente naturale e del paesaggio, nell’ottica di intensificare la dimensione esperienziale che sta vivendo.

Una politica di rilancio dei cammini richiede, quindi, l’elaborazione di una proposta attenta ad intercettare le singolari esigenze dei suoi viaggiatori, dal tempo per e nel silenzio - elemento costitutivo ed imprescindibile per consentire un’immersione esperienziale totale e significativa - alle peculiari modalità di progettazione e di fruizione dei percorsi che caratterizzano l’istituto in esame. Al riguardo, la cura e la sicurezza dei luoghi e delle infrastrutture insieme a una ospitalità semplice e familiare, fatta di strutture ricettive che favoriscono l’incontro e lo scambio culturale e valoriale tra le persone, costituiscono elementi irrinunciabili [45]. La tipologia di viaggio e lo stile ricercato portano a prediligere alloggi sobri ed economici - case per ferie, ostelli, conventi - dove diventa più facile incontrare e conoscere altri viandanti o venire a contatto con gli abitanti dei luoghi, per costruire relazioni autentiche o semplicemente fare incontri che riempiono di senso il viaggio.

Il turismo invece, anche quello che può essere definito religioso [46], è mosso da altre leve - la cultura, il desiderio di conoscenza e di studio, l’ambizione dei visitatori ad approfondire gli aspetti storico-artistici dei beni culturali di interesse religioso, l’interesse a ricevere le nozioni e gli strumenti idonei per leggere, comprendere ed interpretare il significato religioso di ciò che scelgono di vedere [47] - e tra i suoi obiettivi non manca lo scopo di lucro. Pertanto, i servizi e le strutture sono selezionati nell’ottica dell’ottimizzazione del tempo, della professionalità e della migliore organizzazione possibile, senza lasciare spazio alla sorpresa o all’imprevisto, in quanto la pianificazione della vacanza è parte essenziale della sua buona riuscita.

Alla luce delle considerazioni svolte, emerge come i luoghi che sono espressione di una forte identità religiosa e spirituale attraggono categorie di fruitori diversi (il camminatore, il pellegrino, il turista-culturale, spirituale…), che spesso rischiano di confondersi l’una nell’altra, pur avendo caratteristiche e pretese differenti.

Ecco che allora diventa importante progettare un modello di cammino che abbia come tratto distintivo rispetto alle altre forme di promozione territoriale, la capacità di coniugare la vocazione religiosa dei territori in cui si snoda con le specifiche esigenze dei suoi visitatori.

Un ulteriore elemento da potenziare, in quanto distintivo dell’istituto in esame, è la creazione di un processo di osmosi tra le popolazioni locali e gli ospiti, fatto di relazioni, di scambi culturali e sociali, dove anche lo stile e gli ambienti di vita e di lavoro raccontati e testimoniati dal residente divengono parte integrante dell’esperienza vissuta dal visitatore.

Il tempo della conoscenza, del racconto, della relazione tra ospitante e ospitato diviene un legame attraverso cui passa la vacanza e prende vita un nuovo modo di fare accoglienza turistica e sociale; un’apertura dell’animo ma anche degli ambiti dove si svolge la quotidianità (il borgo, in cui si dorme, si mangia, ci si conosce), in cui il turista segna il proprio passaggio con il suo soggiorno e il residente restituisce la storia, le tradizioni, la spiritualità, la memoria e la culturalità vivente dei luoghi [48].

In questo contesto, la comunità locale assume un ruolo bidirezionale, in quanto da un lato è chiamata ad aprirsi al forestiero e, dall’altro, a fare rete, a costruire un “sistema” [49], frutto della collaborazione e della sinergia tra abitanti e istituzioni, affinché l’esperienza positiva del viaggio possa dare nuovo slancio a mestieri dimenticati e alle attività economiche legate ai territori coinvolti, passando attraverso il recupero dei luoghi e delle tradizioni locali.

Una declinazione empirica di quanto evidenziato è riscontrabile nella scelta di soluzioni ricettive innovative - come, ad esempio, l’albergo diffuso [50] - che permettono al viaggiatore di inserirsi perfettamente nel contesto culturale e urbano di riferimento, senza che esso venga snaturato e al contempo valorizzano e rispettano l’esperienza che il camminatore ha scelto di vivere, lontano dai grandi centri.

La comunità locale diventa così protagonista di un’ospitalità su misura, costruita attorno all’individuo, meno commerciale, ma qualitativamente alta, perché attenta ai bisogni della persona e capace di accogliere anche un anziano, un fragile o un disabile tramite la predisposizione di tracciati percorribili con carrozzine, accessi pensati ad hoc e attraverso l’eliminazione delle barriere architettoniche [51].

Sotto questo profilo, i giovani residenti possono realmente fare la differenza, implementando forme di turismo dove l’inclusione, il rispetto dell’altro e la salvaguardia dell’ambiente circostante costituiscano i perni di un nuovo modo di fare ospitalità, grazie anche alla conoscenza e all’uso delle nuove tecnologie e dei processi di digitalizzazione che certamente possono contribuire a tenere vivi i territori e a rilanciarne lo sviluppo.

Il cammino verrebbe così a svolgere una funzione sociale, come possibile risposta al disagio giovanile - molto avvertito nelle zone periferiche - creando nuove professionalità ed imprenditorialità, attente ai temi della solidarietà e della sostenibilità ambientale [52] e si configurerebbe come una scelta strategica per ovviare alla problematica, sempre più diffusa, dell’abbandono di paesini e borghi in cui diventa difficile trattenere i già pochi abitanti, tramandando le ancor meno attività produttive e artigianali presenti [53].

Il tema dello spopolamento delle periferie [54] e delle aree rurali [55] - di cui più diffusamente infra - è peraltro al centro del Pnrr, che punta ad un rilancio non solo economico, ma anche sociale e culturale di questi territori attraverso politiche di sviluppo turistico [56] e di rigenerazione culturale [57], che tengano conto del patrimonio esistente, in un’ottica di tutela e valorizzazione [58].

Di qui la necessità di non abbandonare ad uno stato di degrado gli edifici sacri e il patrimonio culturale presente nei circuiti, quanto piuttosto di recuperare il loro valore religioso e artistico [59], mettendoli a sistema in modo da innescare un processo in grado di alimentare la loro sopravvivenza e il loro riuso [60].

Del resto, la realizzazione di percorsi spirituali presuppone la conservazione e la manutenzione di beni culturali religiosi, il restauro di edifici storici, la creazione di progetti culturali che possono contribuire a rilanciare la vita sociale dei luoghi, a stimolare il turismo e a creare posti di lavoro [61].

In particolare, il patrimonio culturale di interesse religioso viene ad essere oggetto di tutela per gli interessi che su di esso insistono ed elemento costitutivo del cammino, contribuendo a dare nuova linfa al tessuto urbano circostante, oltre a rendere possibile la frequentazione di spazi che diversamente rimarrebbero vuoti e incustoditi, trasformandoli in ambienti di ospitalità turistica o facendoli diventare appetibili da un punto di vista abitativo e occupazionale.

Il tema allora si sposta sulla organizzazione e gestione del cammino, aspetti per i quali diviene fondamentale investire sull’implementazione dei modelli di sussidiarietà territoriale [62] e su forme di governance [63] di tipo sartoriale che sappiano stimolare una collaborazione rispettosa ed efficace tra pubblico e privato, elemento chiave per il rilancio delle economie territoriali di riferimento [64].

Il Codice del turismo, nel disciplinare il turismo culturale aveva già individuato nella programmazione negoziale [65] lo strumento idoneo per le finalità perseguite dai circuiti nazionali di eccellenza. Nel caso dei cammini, sarebbe auspicabile allargare l’ambito di operatività a modelli pensati su misura in base al territorio da amministrare, magari grazie alla sottoscrizione di accordi orizzontali, atti a creare forme di sinergia irrinunciabili per il conseguimento degli obiettivi sopra descritti [66].

Il territorio, infatti, costituisce sia un limite sia una risorsa per il rilancio dell’istituto in esame e saperlo progettare e sviluppare in modo sostenibile, anche sotto il profilo economico e sociale oltre che ambientale, significa riuscire a cogliere e contemperare i bisogni degli abitanti con le necessità dei visitatori, così da creare circuiti appetibili dal punto di vista turistico, ma vivibili anche negli ambienti di vita e di lavoro quotidiani [67].

A ciò si aggiunge il fatto che gran parte del patrimonio culturale suscettibile di interesse per il cammino religioso è di proprietà ecclesiale, fattore che implica un coinvolgimento attivo della Chiesa cattolica nella sua salvaguardia e cura. I piccoli centri, inseriti nei cammini, nascondono spesso tesori inestimabili non solo dal punto di vista artistico, ma anche spirituale, divenendo testimonianze di cristianità ed espressioni di sacralità da tutelare, valorizzare e tramandare [68].

La non dispersione di questo immenso e composito patrimonio culturale, costituito da beni su cui insistono interessi laici e religiosi, così come la sua conservazione e manutenzione costituiscono al contempo una priorità per la Chiesa e un’opportunità per le amministrazioni locali di riferimento [69].

Infatti, è innegabile che oggi garantire l’apertura di una pieve o provvedere alla sua manutenzione comporti non solo costi ingenti, ma anche la disponibilità di persone, mezzi e tecnologie sempre più difficili da reperire. Al contempo, abitare luoghi impervi o lontani dai classici percorsi turistici diventa sfidante per chi decide di rimanervi per continuare a far vivere borghi che resterebbero disabitati e di portare avanti tradizioni e mestieri che andrebbero perduti per sempre.

Diventa allora essenziale costruire delle proposte turistiche e di valorizzazione territoriale su questi ambiti che muovano da una collaborazione attiva e concertata tra le istituzioni religiose e civili, a partire dal livello locale fino ad arrivare a quello centrale.

La sottoscrizione di accordi ed intese [70] può contribuire a creare momenti di confronto stabile tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, anche al fine di concorrere ad elaborare politiche di sviluppo territoriale e modelli di governance che siano espressione di entrambe le parti, pur nel rispetto delle reciproche competenze.

Gli interessi “laici” e quelli ecclesiali, potenzialmente divergenti e confliggenti, che insistono sul singolo bene culturale, convergono così in una finalità condivisa, la creazione di un cammino, dando origine ad uno strumento di promozione turistica di un territorio con innegabili effetti a cascata di crescita economica, sociale ed occupazionale.

Infatti, solo attraverso un’offerta composita ed integrata, le comunità locali saranno in grado di promuovere un prodotto turistico competitivo, il cui valore aggiunto deve essere rinvenuto proprio nella sinergia tra territorio e tessuto sociale.

3. Una proposta di sviluppo territoriale: il cammino quale modulo del circuito nazionale di eccellenza nel contesto del turismo religioso

Un ulteriore aspetto che merita di essere approfondito in questa sede è il rapporto che si può venire ad instaurare tra il cammino religioso e i prodotti turistici codificati nell’art. 22 del d.lg. n. 79 del 2011.

Quest’ultimo, delineando i circuiti nazionali di eccellenza, li definisce come “contesti turistici omogenei o rappresentanti realtà analoghe e costituenti eccellenze italiane nonché veri e propri itinerari tematici lungo tutto il territorio nazionale” e affida al Presidente del Consiglio dei ministri o al ministro di volta in volta interessato la creazione di percorsi, prodotti e itinerari tematici omogenei che collegano regioni diverse lungo tutto il territorio nazionale.

La ratio istitutiva del circuito è triplice, in quanto esso è pensato come strumento - ulteriore rispetto, ad esempio, al sistema turistico locale, che presenta una caratterizzazione territoriale più limitata, dovuta anche alle diverse finalità attuative che esprime - di promozione, valorizzazione e fruizione del mercato turistico attraverso il superamento della frammentazione dell’offerta turistica.

In altri termini, il circuito nazionale di eccellenza, di cui gli itinerari culturali e, a cascata, quelli religiosi costituiscono un’accezione specifica, rappresenta un modo per attuare quella politica del turismo [71] già preannunciata, ma poco realizzata, fin dalla seconda legge quadro sul turismo [72].

I circuiti prevedono come elemento centrale ed imprescindibile per la loro realizzazione la tematicità, dettagliata direttamente dalla norma istitutiva. Ed è proprio all’interno di una di esse, quella relativa al turismo religioso, che si può immaginare di istallare un cammino, dando vita ad un inedito schema di sviluppo territoriale.

Grazie alla sua applicazione, infatti, due modalità di promozione del territorio, ciascuna qualificata da peculiari elementi costitutivi e normata ad hoc, concorrono in maniera integrata e a completamento l’una dell’altra per addivenire a soluzioni sempre più trasversali e mirate che tengano conto della tipologia di prodotto che si vuole offrire.

L’attrattività dei luoghi per la forte rappresentazione dei valori che essi esprimono o di cui costituiscono testimonianza di fede funge da leva per la costruzione di un percorso che mantiene le caratteristiche tipiche del cammino, tanto da ottenere come tale il riconoscimento formale, ma che al contempo si inserisce in un circuito più ampio, capace di veicolare un’appetibilità turistica che intrinsecamente il cammino non avrebbe e di intercettare e di assorbire problematiche quali, lo stallo economico, l’abbandono dei piccoli centri, il disagio giovanile, che spesso invece lo connotano [73].

Inserire il cammino in un circuito di eccellenza significa provare ad attuare concretamente il secondo step d’intervento, introdotto nelle pagine precedenti, tramite l’attivazione congiunta di politiche territoriali e turistiche che portino alla creazione di una cabina di regia con funzioni di coordinamento e ad una sede stabile di confronto, programmazione e attuazione di azioni diversificate che tendano, tuttavia, ad una promozione organica ed integrata dei territori coinvolti.

Il cammino presenta una incisiva connotazione identitaria attorno alla quale sviluppare il tema religioso, ma al contempo rischia di rimanere troppo circoscritto e chiuso per realizzare un modello efficiente ed economicamente sostenibile.

Infatti, come evidenziato, il cammino è un “prodotto” di per sé slegato dal contesto turistico e dalle sue logiche, di cui tuttavia ha bisogno per assicurarsi la sopravvivenza, seppure sotto un accurato controllo dei flussi, per impedire che ne sia snaturata l’essenza.

Pertanto, includerlo in un bacino più ampio, quale quello del circuito nazionale avente la medesima - ma anche affine o addirittura divergente, se serve a renderlo più attrattivo seppure per compensazione - tematicità, assume una doppia valenza: metodologica, in quanto apre la strada ad un approccio sinergico di gestione del problema e sostanziale, perché tra gli istituti in esame avviene un processo di contaminazione reciproca da cui possono derivare benefici per entrambi.

Seguendo questa chiave di lettura, il cammino (religioso) verrebbe a configurarsi come una species del più ampio genus “turismo religioso”, di cui all’art. 22, comma 2, lett. e) del d.lg. n. 79 del 2011, contribuendo a dare nuovo slancio alle aree messe a sistema.

La proposta è ambiziosa e si fonda sull’organizzazione del territorio in funzione della sua connotazione identitaria e valoriale che aggregata ad altri elementi, seppure meno qualificanti in termini di tipizzazione, ne ampliano le potenzialità fino a divenire espressioni di eccellenza, con ricadute positive sull’intero circuito.

Del resto, il cammino muove dall’idea di corrispondere alle esigenze religiose del pellegrino, alla ricerca di sé e di esperienze autentiche e trasformative, dove la meta acquisisce più un valore simbolico piuttosto che la fine del percorso o il raggiungimento di un traguardo, [74] conducendo altresì il visitatore alla scoperta di paesaggi, bellezze, saperi, mestieri e persone che insieme concorrono a creare un “posto” da ricercare e attraversare e in cui valga la pena soggiornare.

Il circuito nazionale, invece, è uno strumento di politica turistica, pensato per superare la frammentazione dell’offerta e ottimizzare le risorse disponibili attraverso il coordinamento e la messa a sistema dei diversi attori che compongono la filiera in aree che esprimono delle unicità o delle eccellenze.

Sotto questo profilo l'integrazione del cammino all'interno di un circuito nazionale può apportare valore aggiunto, creando sinergie tra territori e generando opportunità in termini di stimolo e rilancio delle economie locali.

Per il successo dell’archetipo proposto è, tuttavia, decisivo un cambiamento di prospettiva e di mentalità che segna il passaggio da un approccio settoriale e chiuso - dove ogni ambito, dal turismo all’ambiente, dal paesaggio ai beni culturali [75], pianifica e attua i propri interventi - ad un metodo organico e concertato, aperto al contraddittorio e alla più ampia partecipazione dei soggetti - non solo istituzionali - interessati, per i quali la crescita di quello specifico territorio diventa l’obiettivo primario e condiviso nonché l’innesto su cui radicare qualsivoglia azione, turistica, sociale, economica, volta ad ampliarne la portata.

La necessità di comporre la pluralità di interessi coinvolti richiede l’attivazione di una governance multilivello [76], dove le molteplici competenze legislative e amministrative siano declinate in ottemperanza al principio di una leale ed effettiva collaborazione, più volte richiamato dalla Corte costituzionale, anche come criterio di soluzione dei conflitti di attribuzione della competenza legislativa tra Stato e Regioni [77].

Non, quindi, una proliferazione di prodotti e una confusione di ruoli generativa di vuoti di responsabilità, ma la nascita di un progetto territoriale composito e condiviso, di cui il cammino costituisce uno dei possibili moduli di implementazione.

Il circuito, in quest’ottica, diviene moltiplicatore di ricchezza e traino per lo sviluppo del cammino nonché fautore della sua integrazione con gli altri territori, grazie al suo inserimento in un bacino più ampio.

Il cammino, a sua volta, per la sua conformazione naturale e in quanto testimonianza di fede, di storia e di cultura diventa la dimensione ottimale per aggregare un’offerta turistica settoriale e specifica, quale è quella religiosa [78], fornendo la risposta più appropriata alle esigenze del pellegrino-turista senza trascurare quelle della popolazione residente ed intercettando quelle della filiera produttiva che opera in codeste località.

Il risultato diventa un itinerario capace di fornire soluzioni ad alcune criticità sia del cammino [79] (quali il sottosviluppo delle aree rurali o interne, l’abbandono di paesi e borghi, il degrado e l’incuria dei siti archeologici o dei beni culturali) sia del circuito, spesso frammentario e dispersivo nella sua offerta, in quanto frutto di processi aggregativi imposti dall’alto che talvolta faticano a caratterizzarsi sotto il profilo identitario e valoriale.

La sinergia tra circuito e cammino può costituire una spinta anche per la messa a terra delle politiche inerenti alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, previste dal Pnrr [80], che muove proprio dalla rigenerazione dei piccoli centri e dei borghi [81] per trasformare in realtà ciò che ad oggi è ancora soltanto una visione del turismo sostenibile [82].

Infatti, la normativa sui cammini, tipizzando le modalità per la loro fruizione anche in termini definitori e individuandoli come percorsi pedonali o ciclabili raggiungibili con mezzi che alimentano forme di mobilità lenta e green, incentiva un turismo responsabile [83] e rispettoso dell’ambiente circostante, che potrebbe propagare i suoi effetti positivi sull’intero circuito [84].

Dal canto loro, i circuiti si inseriscono in uno specifico segmento del mercato turistico, legato alla sostenibilità e allo slow, in costante crescita negli ultimi decenni, che punta a bilanciare i costi prodotti dai flussi turistici e a contenerne gli effetti dannosi, provocati dal c.d. fenomeno dell’overtourism, tipico delle destinazioni più blasonate [85].

Il modello proposto, pertanto, tende all’affermazione di una idea specifica di destinazione turistica, attenta alla valorizzazione di bellezze situate in località poco conosciute e orientata al recupero di arti, antichi mestieri e forme di artigianato locale oltre che alla promozione e al commercio dei prodotti a km zero. Ciò incide anche sul processo di rinascita culturale dei paesi, che passa attraverso l’incontro della popolazione locale con un visitatore che non sia solamente un bulimico dell’estetica e, quindi un consumatore senza scrupoli di risorse, bensì un ospite consapevole dei luoghi, attento alle loro necessità e, perciò, rispettoso e responsabile nelle relative modalità di fruizione [86]. Un’offerta composita ed integrata capace di mettere a sistema le caratteristiche di due modelli autonomi di promozione e rilancio del territorio che si integrano per ridurre le rispettive criticità e dare vita a un progetto variabile sotto il profilo geografico e modulabile in relazione alle peculiarità da esprimere.

Questo nuovo modello di prodotto turistico necessita, tuttavia, per la sua attuazione di forme flessibili di aggregazione delle risorse e di schemi giuridici adeguati alle finalità che si prefigge di perseguire.

Un aspetto fondamentale al riguardo attiene alla selezione degli strumenti normativi da utilizzare.

Trattando dei circuiti nazionali di eccellenza il codice del turismo rinvia alle forme della programmazione negoziale [87], mentre per i cammini, che presentano un’estensione regionale, è necessario fare riferimento alle relative leggi [88].

L’archetipo di cammino religioso che si installa su un circuito nazionale, costituisce un ibrido e una novità anche dal punto di vista giuridico, per cui richiede di verificare se sia possibile estendere ad esso, per via analogica, l’applicazione degli istituti normativi previsti per l’uno o l’altro modello, come pure di quelli che, seppure non menzionati espressamente, ne condividono le finalità e l’ambito di inquadramento.

Ci si riferisce in via esemplificativa alle diverse forme di associazione tra enti locali previste dal Tuel, come alle svariate modalità di cooperazione pubblico-privato di cui le società miste costituiscono solo una delle possibili esplicazioni.

Al riguardo, si propende per una lettura estensiva della normativa richiamata in risposta al problema posto, in quanto la ratio sottesa agli istituti sopra menzionati - sia quelli indicati sia quelli inespressi - non confligge con quella dell’ipotesi presentata. In altri termini, poiché il cammino religioso diverrebbe un segmento del circuito con cui condivide la tematicità, si ritiene possibile, anzi auspicabile, garantire la più ampia e flessibile applicazione di tutte le forme di collaborazione sia tra soggetti pubblici sia tra pubblico e privato [89], la cui partecipazione andrà stimolata tanto in forma individuale quanto associata [90], ricoprendo un ruolo decisivo per la buona riuscita della proposta che si sta tratteggiando.

Questo aspetto diviene centrale anche nell’individuazione della governance [91] del modello di promozione territoriale in esame, in quanto ogni cammino, così come ogni circuito, presenta un soggetto giuridicamente responsabile della sua gestione, fattore che, se non tenuto in debito conto, può generare confusione di ruoli, sovrapposizioni di competenze e financo conflitti.

Pertanto, il coordinamento tra i diversi attori per il riconoscimento del livello territoriale più appropriato sotto il profilo istituzionale, giuridico e finanziario segna un passaggio fondamentale per il successo dello strumento [92].

4. Ripensare i cammini per progettare un nuovo modo di fare turismo. Brevi note conclusive

Alla luce delle considerazioni svolte, emerge come il cammino attraverso l’attivazione di politiche funzionali e integrate possa costituire un’opportunità per valorizzare un territorio contribuendo alla sua rinascita culturale e sociale e alla creazione di un sistema relazionale e di scambio in cui ospite e comunità si arricchiscono reciprocamente, con riflessi importanti anche di ordine economico.

Dal punto di vista normativo, un nuovo impulso all’istituto dei cammini è arrivato recentemente dall’approvazione in Senato del Ddl [93] “Cammini d’Italia”, definiti come “itinerari di rilievo europeo, nazionale o regionale” e aventi una triplice finalità: consentire al camminatore la fruizione del patrimonio naturale e culturale attraverso specifiche modalità; valorizzare gli attrattori culturali, artistici, storici, religiosi, paesaggistici, enogastronomici, sportivi e linguistici; e, infine, fare da moltiplicatore per lo sviluppo turistico dei territori coinvolti.

Il modello di cammino proposto coniuga le funzioni di tutela, conservazione e preservazione dei luoghi e dei monumenti, delle bellezze e del loro significato con quelle di valorizzazione dei saperi e delle tradizioni, di recupero e studio degli aspetti multiformi (storici, artistici, religiosi, enogastronomici…) dei territori e di conoscenza delle comunità residenti oltre che di promozione ed incentivazione dello sviluppo delle realtà economiche che costituiscono il tessuto imprenditoriale dei piccoli centri, aspetto vitale per continuare ad essere abitati.

I percorsi che assumeranno la dicitura di Cammini d’Italia sono riconosciuti dal ministero del Turismo previa verifica della corrispondenza alle linee guide che dovranno essere emanate con decreto concertato con il ministero della Cultura e nel rispetto degli standard di qualità previsti dalla norma. Il Ddl prevede anche la realizzazione di una banca dati dei Cammini, tenuta presso il ministero del Turismo, che oltre a diffonderne la conoscenza, ne costituisce un riconoscimento formale al momento del suo inserimento.

All’interno della categoria Cammini d’Italia vi rientrano diverse tipologie di itinerari [94], tra cui gli itinerari di rilievo europeo, nazionale e regionale [95].

Il Ddl rappresenta un punto di partenza importante per rilanciare il tema dei cammini e per implementarli nella varietà dei diversi tessuti territoriali.

Il nostro Paese è stato più volte definito un museo a cielo aperto, in quanto pressoché ogni borgo, villaggio, piccolo centro costituiscono esempi di bellezza e coacervo di aspetti culturali, religiosi, storici che insieme, seppure ciascuno nella sua unicità, concorrono a comporre l’immagine dell’Italia.

Tuttavia, queste località rischiano di rimanere sconosciute, in quanto spesso non coinvolte nei tradizionali circuiti di viaggio, anche per la loro non facile accessibilità, fattore che causa l’impoverimento culturale, sociale ed economico di quel contesto con inevitabile abbandono da parte degli abitanti e conseguente stato di degrado.

Larga parte dei territori a rischio, invece, presenta le caratteristiche, fisiche, morfologiche, artistiche e normative per essere inserita nell’elenco dei Cammini, provocando un’inversione di marcia nel loro processo di rinascita culturale, sociale ed economica, accelerata dal possibile inserimento all’interno di un circuito nazionale di eccellenza con tematicità religiosa, nell’ottica di promuovere una reciproca e integrata attrattività.

I cammini religiosi costituiscono un prodotto composito, dove la componente turistica, intesa come fruizione delle bellezze artistiche e naturali si aggrega anzitutto con quella religiosa, poi con quella della sostenibilità, intesa nella sua accezione più ampia [96] e dell’inclusività.

Infatti, il camminatore si sposta a piedi o con mezzi ciclabili, che oltre ad essere spesso gli unici strumenti per raggiungere alcune delle località che concorrono a formare i cammini, costituiscono anche il modo migliore per vivere appieno la dimensione di questa particolare forma di turismo [97].

Del resto, l’obiettivo del cammino non consiste tanto nel raggiungimento della meta, quanto piuttosto nel costruire un percorso che consenta al visitatore di godere e apprezzare le singole tappe, in quanto il viaggio stesso costituisce di per sé lo scopo del soggiorno.

Il cammino, così concepito, diventa occasione di fruizione innovativa anche delle bellezze artistiche e naturali che compongono il patrimonio culturale nostrano [98], che attraverso la creazione di circuiti ad hoc può essere raggiunto e recuperato nelle sue componenti meno conosciute, valorizzando tesori che generalmente restano esclusi dai percorsi turistici più battuti e blasonati.

In quest’ottica, i cammini rispondono, anche a livello normativo, all’esigenza, sempre più impellente, di promuovere zone sconosciute - o quasi - al turista tradizionale, puntando sullo sviluppo di una forma di turismo legato all’ospitalità rurale e di prossimità, in grado di produrre effetti positivi indiretti anche in termini di rilancio economico di quelle località [99].

Il passaggio del camminatore segna un modo nuovo di scoprire il territorio e di relazionarsi ad esso e alla sua comunità di afferenza, che a sua volta percepisce il visitatore come un osservatore attento ed interessato a quel contesto e, conseguentemente più rispettoso, ma al contempo anche più esigente.

La tipologia di approccio sia dell’ospite sia del residente fa scaturire un paradigma di accoglienza particolare e tipico di questa tipologia di viaggio ed è proprio su questo aspetto che dovrebbe puntare la riprogettazione di un modello alternativo di sistema turistico.

Di qui l’importanza di costruire una proposta che muova dalle peculiarità dei territori coinvolti per incontrare le esigenze del prototipo di turista che si ha dinnanzi, il quale sceglie il cammino come tipologia di vacanza, anche per la possibilità di spendere il tempo a disposizione in maniera rallentata [100], così da poter vivere ogni istante in modo pieno e prolungato, senza la necessità di vedere tutto, ma piuttosto di sperimentare molto.

Del resto, il cammino è un tipo di viaggio che non può trovare la sua configurazione nel turismo “mordi e fuggi”, dove lo scopo del turista è quello di raggiungere un elevato numero di “click” delle “cose” viste nel poco tempo a disposizione - quasi che la vacanza fosse un continuum della convulsa routine giornaliera - quanto piuttosto nella accettazione di vedere meno, dato il tempo a disposizione, ma vivendo appieno l’esperienza che si sta facendo.

La dimensione turistica non nasce però con il cammino, ma semmai lo segue. Di fondamentale importanza al riguardo è l’elaborazione di un programma nazionale per lo sviluppo dei cammini, con validità triennale, previsto all’art. 5 del Ddl, indice della volontà del legislatore di pianificare gli interventi, stabilendo quali siano le priorità e definendo una “strategia unitaria di promozione e di valorizzazione dei cammini d’Italia su tutto il territorio nazionale”.

Le azioni delineate sono poi volte non solo e non tanto ad aumentare i flussi turistici in quella determinata zona, che semmai sarà l’effetto delle politiche adottate, bensì a creare occasioni di incontro tra persone con esperienze e vissuti diversi, in modo da contribuire allo scambio culturale tra popoli, finalità originaria, ispiratrice dei cammini d’Europa [101].

Il punto di svolta consiste nel trasformare un’esperienza in un’occasione di progettazione locale del territorio, che si dilata sino ad agganciare un ambito più esteso - il circuito - di cui diviene una articolazione, seppure strutturata autonomamente sia da un punto di vista geografico sia sotto il profilo giuridico e amministrativo. Il cammino e il circuito religioso, all’interno del quale il primo si inserisce, possono dare vita ad un’offerta turistica composita e aggregata capace di creare un sistema economico integrato, con effetti benefici di traino reciproci.

Questo processo mira ad alimentare una nuova concezione di destinazione turistica, che punti sul legame tra il visitatore e il territorio, dove elementi quali la strada, l’ambiente e la popolazione locale, diventano componenti essenziali di sviluppo e fattori attrattivi di per sé [102].

Sotto questo profilo, l’attenzione alla persona - pellegrino e turista da un lato, ma anche residente e lavoratore dall’altro - è parte integrante del modello da creare e richiede l’attivazione di politiche inclusive che tengano conto della fragilità degli individui, dell’accessibilità e della sostenibilità dei luoghi.

Anche il tema dell’incontro acquisisce una dimensione importante non solo in re ipsa, ma in quanto capace di intercettare e promuovere il c.d. turismo sociale [103] che spesso viene dimenticato o non valorizzato e che, invece, può divenire la chiave di volta per avvicinare le persone e mettere a sistema territori e ambienti non sempre facilmente accessibili, ma in grado di generare percorsi virtuosi di accoglienza e inclusività attraverso il coinvolgimento degli abitanti, soprattutto giovani ed anziani che continuerebbero a tenere vivi i territori da un punto di vista sociale, culturale ed economico.

È interessante, poi, ripensare ai cammini come incubatori educativi, in quanto al loro interno si potrebbero progettare spazi stabili per ospitare laboratori, progetti formativi, aperti anche alle scuole, per trasmettere l’identità culturale [104] dei luoghi attraversati e il rispetto della diversità, ideare percorsi virtuali con il supporto della realtà aumentata in cui si creano occasioni di incontro (ad esempio, con i santi che hanno solcato i luoghi che costituiscono quel cammino), per spiegare ai ragazzi l’arte sacra o per metterli in contatto con un tessuto valoriale di cui il cammino è portatore, o, infine, immaginare l’apertura di biblioteche esperienziali o di botteghe dove vengono recuperati i mestieri tipizzanti lo sviluppo di quel segmento di mercato (la lavorazione della ceramica, la creazione di oggetti sacri, la stampa su tela…).

Una visione più ampia della funzione del cammino aiuterebbe anche a connettere il suo sviluppo turistico con le politiche di rigenerazione urbana [105], costruendo paesi vivi e percorsi pensati affinché si riduca il problema dello spopolamento delle zone lontane dai grandi centri e al contempo si creino luoghi a misura d’uomo, favorendo un sistema di coesione sociale dove l’ospite viene accolto dalla comunità dei residenti, rispettato nel suo bisogno di isolamento e solitudine, connaturale alla tipologia di viaggio intrapreso e accompagnato nell’opportunità di sperimentare lo stile, i tempi e le modalità di vita e di lavoro tipiche dei borghi e dei paesini che si snodano lungo i cammini.

Il camminatore e la comunità locale divengono, così, due players insostituibili per il successo del modello che si gioca sulla qualità della loro iterazione, sulla disponibilità a imparare a conoscersi e a rispettarsi reciprocamente e sullo scambio di esperienze di vita capaci di divenire tracce di umanità da ricercare e recuperare.

L’attenzione all’individuo diventa allora il ganglio per provocare un cambio di mentalità necessario per elaborare una idea di sviluppo territoriale che muovendo dal connubio comunità-camminatore giunga alla riqualificazione, anche in chiave turistica, di territori a rischio di spopolamento, di impoverimento economico, sociale e culturale.

Tuttavia, per una buona riuscita dell’ambizioso progetto - peraltro dall’esito per nulla scontato - diventa fondamentale la programmazione degli interventi, la definizione degli obiettivi e, soprattutto, una selezione accurata delle località che presentino le peculiarità e le caratteristiche naturali e valoriali per costruire attorno ad esse questa tipologia di percorso [106].

Al riguardo, il disegno di legge prevede l’istituzione di un tavolo permanente per i cammini d’Italia, presieduto dal ministro del Turismo, che presenta una composizione trasversale, formata dai componenti della cabina di regia, esperti in materia, rappresentanti di associazioni a tutela di persone con disabilità, di università, nonché di enti del Terzo settore e di organismi attivi nel settore culturale e turistico, segno evidente dell’importanza della concertazione tra tutti gli attori coinvolti nella promozione di questo strumento. Il tavolo ha tra le sue finalità il monitoraggio delle problematiche, lo scambio di esperienze e l'elaborazione di proposte normative e amministrative.

Un coinvolgimento e un confronto in forma attiva tra tutti gli attori pubblici e privati [107] che vivono quel territorio, uniti ad una buona pianificazione e programmazione degli interventi da realizzare, oltre che un’attenzione allo sviluppo del progetto e ad una misurazione dei risultati con conseguente, quando necessaria, azione correttiva, sono gli ingredienti indispensabili per rendere attrattivo e appetibile il cammino per il fruitore finale. Sapere intercettare ciò che cerca e cosa si aspetta il camminatore è il risultato di una sinergia e di una capacità di collaborazione tra le parti in gioco che a sua volta è frutto di un lungo processo di educazione, formazione e lavoro partecipativo, dove ciascuna gioca un ruolo fondamentale ed insostituibile e di cui è responsabile.

Un’altra sfida che il modello deve affrontare è il ripensamento della configurazione delle figure professionali che operano in questi contesti.

Al riguardo, è necessario tenere presente che la costruzione e l’organizzazione del cammino religioso all’interno di un circuito nazionale hanno quale obiettivo primario il recupero del territorio sotto il profilo della custodia, della cura e della valorizzazione dei luoghi che lo caratterizzano, intesi nella loro materialità fisica (il borgo, il piccolo centro storico, la singola abbazia), ma anche come luoghi dell’anima e dell’io, dove il mero spostamento cede il passo alla scoperta contemplativa e la qualità del viaggio si misura sugli incontri fatti, sullo scambio interculturale vissuto piuttosto che sul numero di monumenti visitati.

Per queste particolari tipologie di visitatore e di beni - culturali di interesse religioso - è essenziale costruire percorsi ad hoc, illustrati da professionisti competenti e qualificati, che sappiano condurre il camminatore in un itinerario esperienziale, senza rompere i ritmi di vita e di lavoro che quotidianamente la comunità ospite vive in essi.

Sul tema, il Pnrr prevede una riforma organica delle guide turistiche [108], segno evidente che da lì passa uno snodo importante per il rilancio del settore, nell’ottica di un innalzamento della qualità dell’offerta, ma anche della necessità di creare nuove figure professionali che si affianchino a quelle già note e riconosciute a livello normativo.

Infatti, in un contesto caratterizzato da una profonda commistione di aspetti artistici, storici, culturali, simbolici e religiosi, insiti nei beni che connotano questo segmento di mercato turistico, la guida turistica tradizionale rischia di avere una preparazione troppo generica in rapporto agli aspetti teologici, simbolici e iconografici inerenti all’arte sacra.

Di qui la necessità di istituire guide specializzate (la guida turistica per i siti religiosi, l’accompagnatore spirituale…) che auspicabilmente siano frutto di combinazioni di saperi ed espressione di competenze trasversali - che spazino dalla storia dell’arte sacra, all’iconografia, alla liturgia e alla archeologia - e figure professionali di settore (operatore religioso, restauratore di beni culturali di interesse religioso, manager del turismo religioso, agenti di viaggio specializzati…) al fine di trasmettere competenze qualificanti e qualitativamente elevate.

Solo così l’immenso patrimonio culturale di interesse religioso che abita i piccoli borghi e i paesi che concorrono a creare un cammino del tipo analizzato potrà essere raccontato nella sua componente artistica e nel rispetto dell’autentico significato escatologico e sacrale che lo identifica e lo connota, corrispondendo pienamente alle esigenze del pellegrino, mosso dalla ricerca di risposta ad un bisogno intrinseco di conoscenza e di fede.

Un altro aspetto fondamentale per il rilancio dei cammini italiani è quello relativo alle risorse economiche e finanziarie. Al riguardo, recentemente è stato istituito un fondo [109] destinato a finanziare i cammini religiosi in Italia. In particolare, esso è volto “alla valorizzazione degli immobili pubblici presenti sui percorsi dei cammini religiosi, finalizzata all’attivazione, all’interno degli immobili stessi, di servizi per la sosta, la permanenza e lo svago dei visitatori; al miglioramento della fruibilità dei percorsi, in termini di sicurezza e primo soccorso, accessibilità, orientamento, informazione e digitalizzazione dei percorsi e degli accessi, anche mediante il ricorso a tecnologie innovative; alla promozione turistica con l’ausilio di strumenti e canali digitali” [110].

Non mancano, tuttavia, aspetti problematici su cui intervenire e zone d’ombra su cui è necessario fare chiarezza.

In primis, non bisogna dimenticare che i cammini sono espressione di quella identità culturale [111] - che si connota dell’accezione religiosa se riferita a quelli presi in esame in questo lavoro - intesa quale strumento di elevazione della persona, tutelata e promossa come tale anche dalla nostra Carta costituzionale. Diventa allora fondamentale recuperare l’aspetto culturale che il cammino esprime, evitandone la mercificazione e garantendo che lo sviluppo turistico non comprometta l’autenticità e il valore spirituale di questi percorsi.

Su questo terreno si gioca anche la credibilità delle amministrazioni locali che dovranno dare prova del cambio di prospettiva e di passo nell’esecuzione degli interventi coordinando da un lato, le politiche di sviluppo territoriale attraverso i piani di gestione integrata con la conservazione del patrimonio e, dall’altro, assicurandosi che benefici economici derivanti dalla valorizzazione dei cammini siano equamente distribuiti, contribuendo allo sviluppo delle comunità locali, il tutto con un’attenzione particolare all’ambiente circostante in termini di sostenibilità ed accessibilità.

In quest’ottica, garantire la fruizione dei cammini a persone disabili genera una sfida non di poco conto, in cui testare l’effettiva consistenza delle forme di mobilità alternativa e dolce, oltre alla loro adeguatezza ed incisività rispetto agli obiettivi posti, garantendo così un percorso su misura e sviluppando itinerari che consentano di vivere la multidimensionalità dell’esperienza del cammino nell’ottica dell’accoglienza dell’individuo con i suoi bisogni e nel rispetto delle sue singolarità e fragilità.

Decisivo su tale aspetto come pure sulla bontà della rivisitazione di quello che può divenire uno strumento efficace di politica culturale, sociale, territoriale e turistica è il tema della frammentarietà delle competenze più volte richiamata, ma che ora appare in tutta la sua pericolosità se non adeguatamente affrontato. La capacità di individuare una governance e una regia stabile, che siano espressione delle molteplici realtà che definiscono quel cammino, nell’ottica della più ampia partecipazione e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati [112], laici ed ecclesiali, costituirà la cartina tornasole non solo della propensione strategica di sapere armonizzare le scelte e condividere gli obiettivi, ma avrà una valenza importante anche in termini di misurazione dei risultati.

Un ulteriore aspetto che rimane, infine, da implementare è quello relativo alla digitalizzazione dei cammini, utile sia nell’ottica di veicolare in maniera più trasparente ed efficace le informazioni [113] tra i camminatori sia per migliorarne l’esperienza [114].

 

Note

[*] Anna Cicchetti, ricercatrice confermata di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, campus di Rimini, Via Zamboni 22, 40126 Bologna, anna.cicchetti@unibo.it.

[1] Sul tema v. S. Amorosino, Gli itinerari turistico-culturali nell'esperienza amministrativa italiana, in Riv. giur. ed., 2000, 6, pag. 315; M.E. La Torre, Gli itinerari turistico culturali nel quadro normativo: strategia di ecoturismo, in Dir. turismo, 2007, pag. 221 ss.; A. Cicchetti, Tipologie di prodotti turistici. I circuiti nazionali di eccellenza e i sistemi turistici locali, in Amministrazione pubblica e mercato del turismo 2012, (a cura di) M. Gola, A. Zito, A. Cicchetti, pag. 109 ss.; G. Bottino, Turismo e beni culturali, ivi, pag. 195 ss.; M. Gola, Offerta turistica d'eccellenza e organizzazione pubblica: circuiti nazionali e sistemi turistici locali, in L'ordinamento del mercato turistico, (a cura di) S. Cogliani, M. Gola, M.A. Sandulli, Santagata, Torino, 2012, pag. 51 ss.; A. Areddu, Contributo allo studio degli itinerari culturali, in Contributi di diritto amministrativo. Studi e monografie, (diretta da) F.G. Scoca, G. Corso, M. D'Orsogna, L. Giani, M. Immordino, A. Police, M.A. Sandulli, M.R. Spasiano, Napoli, 2019; Id., Analisi giuridica degli itinerari culturali, in Aedon, 2020, 1; C. Vitale, Il sentiero del Brigante. Itinerari turistico-culturali e vincoli paesaggistici tra norme e prassi, in Aedon, 2024, 1.

[2] Il Mibact, con decreto 567 del 16 dicembre 2015, ha definito i cammini come “gli itinerari culturali di particolare rilievo europeo e/o nazionale, percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce sostenibile, e che rappresentano una modalità di fruizione del patrimonio naturale e culturale diffuso, nonché una occasione di valorizzazione degli attrattori naturali, culturali e dei territori interessati. In coerenza con la visione del Consiglio d’Europa, i cammini attraversano una o più regioni, possono far parte di tracciati europei, si organizzano intorno a temi di interesse storico, culturale, artistico, religioso o sociale”.

[3] Cfr. N. Costa, Il turismo religioso: definizioni e caratteristiche, in Annali Italiani del Turismo Internazionale, 1995, vol. 1:2, pagg. 121-168, secondo il quale “pellegrinaggio è una forma di pratica di fede che si svolge ai vari livelli nei santuari, nelle case del pellegrino, nelle abbazie, nei monasteri e nei conventi”.

[4] F. Cardini, Il pellegrinaggio. Una dimensione della vita medievale, Roma, 1996; N. Ohler, Vita pericolosa dei pellegrini nel Medioevo. Sulle tracce degli uomini che viaggiavano nel nome di Dio, Casale Monferrato, 1996.

[5] N. Costa, Il pellegrino e il turista: dalla contrapposizione alla contiguità del ruolo in Turismo religioso, feste, culture istituzioni e vita quotidiana, (a cura di) C. Mazza, Ravenna, 1992, pag. 69 ss.

[6] I. Brianso, Cultural Routes and Religious Heritage: The multiple dynamics of a crossed category in a tourism context, in Tourism Review, 20, 2021; P. Piacentini, I paesi hanno scoperto i Cammini, in ec. cult., 1° marzo 2022; Luoghi dell’anima, anime in cammino: Riflessioni su eredità culturale e turismo religioso, (a cura di) S. Baldin, M. Zago, Milano, 2017; A. Piersanti, Il turismo religioso nei borghi, in Riv. sc. tur., 2014, 2, pag. 77 ss.

[7] Nel 2023 gli itinerari riconosciuti dal Consiglio d’Europa sono 47 con tematicità molto eterogenee, ma tutti volti a creare “un modello di gestione culturale e turistica transnazionale e (a) favori(re) sinergie tra autorità nazionali, regionali e locali e un'ampia gamma di associazioni e attori socioeconomici”, illustrando “la memoria, la storia e il patrimonio europeo e contribu(endo) a interpretare la diversità dell'Europa di oggi”, così in www.coe.int.

[8] Sul tema v. D. Ferri, La Costituzione culturale dell'Unione europea, Padova, 2008; D. D'Orsogna, Diritti culturali per lo sviluppo umano, in Nuove alleanze. Diritto ed economia per la cultura e l'arte, (a cura di) D. D'Orsogna P.L. Sacco, M. Scuderi, in Arte e critica, Suppl. al n. 80-81, 2015, pag. 7 ss.

[9] Sul punto v. anche: I viaggi dell’Anima. Società, Culture, Heritage e Turismo, (a cura di) F. Dallari, A. Trono, E. Zabbini, Bologna, 2006.

[10] L. Casini, Patrimonio culturale, in Enc. dir., I tematici, III, Funzioni amministrative, Milano, 2022, pag. 817 ss.; G. Volpe, Patrimonio al futuro. Un manifesto per i beni culturali ed il paesaggio, Milano, 2015.

[11] Trattasi della direttiva 16 dicembre 2015 dell’allora ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, rubricata “2016 - Anno dei Cammini d’Italia”.

[12] Vedi anche D.H. Olsen, A. Trono, P.R. Fidgeon, Pilgrimage trails and routes: The Journey from the Past to the Present’, in D.H. Olsen, A. Trono, Religious Pilgrimage Routes and Trails: Sustainable Development and Management, Wallingford, 2018, pag. 5.

[13] La reazione alla pandemia da covid-19 ha incentivato, per ragioni di sicurezza, una mobilità limitata, fatta di spostamenti brevi e vicini ai luoghi di vita e di lavoro, alimentando quella forma di turismo, chiamato turismo di prossimità, i cui turisti provengono da zone limitrofe e raggiungibili in poco tempo, privilegiando paesini poco conosciuti e meno affollati rispetto alle grandi città. Il solo potersi spostare di qualche chilometro ha consentito a molte persone, soprattutto anziani e fragili, di contemperare la cura della propria salute con la possibilità di vivere a contatto con la natura e di stare all’aria aperta in un ambiente diverso da quello della propria abitazione. Sul punto, v. S. Mangano, Il turismo di prossimità per (ri)scoprire il territorio italiano in tempi di crisi, Roma, 2022.

[14] La pratica dello smart working ha permesso a molte persone di svolgere la propria attività lavorativa in paesi e città vicine, in campagna o al mare, concedendo di recupere anche l’aspetto relazionale familiare che, vissuto in un contesto diverso da quello della propria abitazione, ha assunto un sapore e un senso di normalità mancante nella dimensione quotidiana in tempo di pandemia.

[15] Cfr. M. Cremaschi, I borghi postmetropolitani tra la pandemia e il digitale, in Ec. cult., 2022, 1, pag. 23 ss.

[16] G.C. Dall’Ara., Perché le persone vanno in vacanza?, Milano, 1990. Per un excursus storico e una lettura economica del fenomeno turistico v. P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti: l'evoluzione del turismo europeo, Bologna, 2001.

[17] Cfr. V. Mini, Turismo lento come risposta alla convivenza con il Covid-19, in Annali del turismo, IX, 2020, pag. 107 ss.

[18] Vedi il rapporto presentato alla Fiera dei Grandi Cammini di Miliano, il 24-25 marzo 2024 “Cammini: la strategia del Ministero del turismo e il Giubileo 2025”.

[19] Sul tema della sostenibilità cfr. M.L. Antonioli, Sostenibilità dello sviluppo e governance ambientale, Torino, 2016; C. Videtta, Cultura e sviluppo sostenibile. Alla ricerca del IV Pilastro, Torino, 2018; S. Bozzato, F.M. Ceschin, G. Ferrara, Del viaggio lento e della mobilità sostenibile. Itinerari, paesaggi, territori, esperienze, Roma, 2017; sul tema dello sviluppo territoriale ex multis v. B. Accettura, Valorizzazione del patrimonio culturale e nuovi modelli per lo sviluppo dei territori, Napoli, 2015; G. Piperata, Cultura, sviluppo economico e... di come addomesticare gli scoiattoli, in Aedon, 2018, 3.

[20] Pnrr dell'Italia (recovery and resilience plan) è stato approvato il 13 luglio 2021 con decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta di decisione della Commissione europea.

[21] Si pensi, ad esempio, agli interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche, senso-percettive, culturali e cognitive nei musei, nei complessi monumentali, nelle aree e nei parchi archeologici nonché negli archivi e nelle biblioteche statali, previsti espressamente dal Piano.

[22] M. Pennasilico, La “sostenibilità ambientale” nella dimensione civil-costituzionale: verso un diritto dello “sviluppo umano ed ecologico”, in Riv. Quadr. dir. Amb, 2020, 3, pag. 4 ss.

[23] V. C. Barbati, Territori e cultura: quale rapporto?, in Aedon, 2011, 2.

[24] Trattasi del d.lg. 23 maggio 2011, n. 79, Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio, il cui Titolo V, rubricato “Tipologie di prodotti turistici e relativi circuiti nazionali di eccellenza”, disciplina i circuiti nazionali di eccellenza e i sistemi turistici locali rispettivamente agli artt. 22 e 23.

[25] G.M. Flick, Elogio del patrimonio - Cultura, arte, paesaggio, Città del Vaticano, 2016.

[26] L’espressione è di V. Calzati, Nuove pratiche turistiche e slow tourism. Il caso della Valnerina in Umbria, Milano, 2016, pag. 12.

[27] La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, all’art. 24 recita: “ogni individuo ha diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore d lavoro e ferie periodiche retribuite”.

[28] Cfr.; S. Nocco, I “Cammini di Sardegna e gli itinerari turistico religiosi e dello Spirito”: un’opportunità di sviluppo per le aree interne della Sardegna?, in RiMe, n. 7/III n.s., dicembre 2020, pag. 217 in cui l’A. sottolinea come “il turista è oggi molto più attento al valore simbolico della destinazione e predilige un approccio esperienziale e un ruolo attivo che, attraverso pratiche polisensoriali, porti a un benessere psicofisico e a un arricchimento delle proprie conoscenze che esalta le componenti immateriali e identitarie nel turismo, fino a divenire ricerca di significato, di una spiritualità intesa come coinvolgimento emotivo, ricerca di autenticità e autorealizzazione, ma anche di benessere inteso come armonia, gioia, conoscenza, longevità e salute”. Al riguarda v. anche la bibliografia richiamata: A. Trono - L. Oliva, Percorsi religiosi tra turismo culturale e strategie di pianificazione sostenibile: ricerca e innovazione, in Annali del turismo, II, 2013, 22 novembre 2020, pagg. 9-34; A. Maddrell, Moving and being moving: More-than-walking and talking on pellegrinage passeggiate in the Manx landscape, in Culture and Religion, 14 (1), 2013, pagg. 63-77; C. Lois González, Rubén, The Camino de Santiago and its contemporary renewal: Pilgrims, tourists and territorial identities, in Culture and Religion, 14:1, 2013, pagg. 8-22; D. La Foresta, La narrazione della memoria, esperienza e partecipazione per lo sviluppo delle destinazioni turistiche, in Turismo, turismi e sviluppo dei territori, (a cura di) M. Musella, D. La Foresta, Torino, 2018, pagg. 1-28.

[29] Il camminatore è un turista esperienziale, alla ricerca di sé e di valori spesso immateriali, attento alla qualità dei servizi offerti e con uno sguardo particolare a ciò che è etico, ambientalmente sostenibile e accessibile. Sul punto v. anche B.J. Pine, J.H. Gilmore, Welcome to the experience economy, Harvard Business Review, 1998, pagg. 97-105, A. Sau, Le frontiere del turismo culturale, in Aedon, 2020, 1, pag. 41 ss.

[30] Cfr. F. Martines, La fruizione tristica dei beni culturali. Luci e ombre, in Patrimonio culturale, modelli organizzativi e sviluppo territoriale, in Atti del convegno di Messina, (a cura di) F. Astone, 14-15 ottobre 2016, Napoli, 2019, pag. 243 ss.

[31] L’espressione è di D. Santiago Iglesias, La protezione e la valorizzazione del Cammino di Santiago nella Comunità autonoma di Galizia, in Aedon, 2008, 3.

[32] T. Bonetti, La rigenerazione urbana nell’ordinamento giuridico italiano: profili ricostruttivi e questioni aperte, in Agenda Re-Cycle. Proposte per reinventare la città, (a cura di) G. Piperata, E. Fontanari, Bologna, 2017, pag. 59 ss.

[33A.G. Chizzoniti, Turismo religioso e valorizzazione del patrimonio culturale religioso, in Aedon, 2023, 3.

[34] Sul punto v. Patrimonio culturale e rischio. Storia, analisi e prevenzione per un patrimonio resiliente, (a cura di) G. De Lucia, Milano, 2023.

[35] Trattasi del decreto del ministero del Turismo “Misure attuative del “Fondo per i cammini religiosi” di cui all’articolo 1, comma 963, della Legge 30 dicembre 2021, n. 234.

[36] Tra i Cammini italiani riconosciuti vi sono: il Cammino di San Francesco di Paola, il Cammino di San Giacomo in Sicilia, il Santuario Madonna del Carmelo Cammino della pace, la Via Romea, il Cammino di San Benedetto, il Cammino di San Bartolomeo, la Via Francigena, il Cammino di San Francesco…

[37] Una delle finalità indicate nell’art. 2, comma 1, lett. b) del d.m. del 23 giugno 2022 è proprio quella di attuare “azioni per il recupero e la valorizzazione degli immobili pubblici presenti sui percorsi dei Cammini religiosi, volte ad arricchire l’offerta degli itinerari con servizi per la sosta, la permanenza, lo svago dei visitatori”.

[38] Basti pensare al cammino di Santiago che, inserito per primo tra gli itinerari culturali riconosciuti dal Consiglio d’Europa, rientra a pieno titolo anche nei cammini religiosi, in quanto espressione di numerose testimonianze di fede e di storia della cristianità nonché di quell’insieme di valori spirituali che spingono il viandante a mettersi in viaggio.

[39] G. Avena, R. Gargano, F. Grasso, Tradizioni religiose mariane. L’offerta turistica per la valorizzazione del patrimonio culturale dei luoghi, in HUMANITIES, Anno VII, 13, giugno 2018.

[40] Cfr. CEI, Commissione Ecclesiale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport, Nota Pastorale sul pellegrinaggio. “Venite, saliamo sul monte del Signore” (Is. 2,3). Il Pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio, in Il regno - documenti, Vol. 43, n. 15 (settembre 1998), pagg. 502-511; G. Scarvaglieri, Il pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio. Aspetti e orientamenti socio-pastorali, Milano, 1999; V. Turner - E. Turner, Il pellegrinaggio, Lecce, 1997.

[41] Il pellegrinaggio è spesso una pratica collettiva, che crea un senso di comunità tra i partecipanti. I pellegrini condividono un obiettivo comune e si sostengono a vicenda lungo il percorso. Spesso i pellegrinaggi sono viaggi promossi dalle diocesi per compiere un’esperienza di Chiesa e la loro organizzazione è affidata a professionisti del settore (es. agenzie di viaggio). Il pellegrinaggio ha generalmente come meta un luogo sacro (una chiesa, un santuario, una moschea…), raggiunto per pregare, ringraziare, chiedere aiuto o una guarigione, compiere riti religiosi, processioni che aiutano a recuperare o rinsaldare la propria identità religiosa e il senso di appartenenza ad una comunità.

[42] Il turismo spirituale, che presenta un’accezione più ampia rispetto al turismo religioso, si contraddistingue per un approccio più personale e di introspezione spirituale e non è necessariamente legato a una religione specifica. Può includere la visita a luoghi sacri, ma l’intento è più orientato alla ricerca di benessere interiore, alla crescita personale e al ritrovamento di un’armonia e di una connessione con il divino, da intendersi in maniera dilatata e meno legato ad una fede istituzionalizzata. Cfr. A.G. Chizzoniti, A. Gianfreda, Il turismo religioso: nuove dimensioni per la valorizzazione del patrimonio culturale, in Aedon, 2020, 2; J.D. Timothy, Sociopolitical and economic implications of religious and spiritual tourism, in The routledge handbook of religious and spiritual tourism, (a cura di) D.H. Olsen and D.J. Timothy, New York, 2022, pag. 301 ss.; G. Rech, Spiritualità e turismo: il caso del Cristo pensante, in Rel. soc., XXXIV, 2019, pag. 97 ss. I dati sul turismo spirituale, che quindi comprende quello religioso, del 2023 (fonte Isnart - Istituto nazionale ricerche sul turismo) hanno registrato circa 3,3 milioni di turisti provenienti dall’estero, di cui il 40% dei flussi generati dall’Europa, in particolare da Germania, Austria e Francia. L’Italia continua a detenere il primato di pellegrini che arrivano soprattutto dall’Abruzzo, Puglia e Marche.

[43] La distinzione tra turista religioso e pellegrino è per la verità molto sfumata. Sul tema cfr. N. Costa, Il giubileo: centro di pellegrinaggio, luogo del turismo religioso e media evento de-territorializzato, in Il viaggio - dal grand tour al turismo post-industriale, Atti del Convegno Internazionale - Roma 5-6 dicembre 1996, Napoli, pag. 230, il quale ritiene che “non vi è discontinuità di ruoli ma continuum tra turismo religioso e pellegrinaggio”; v. anche Id., Il turismo religioso: definizione e caratteristiche, in Annali italiani del turismo internazionale, 1995, 2, pagg. 121-167.Dello stesso avviso è anche A. Chizzoniti, Legislazione regionale e turismo religioso: le attività parrocchiali del tempo libero, del turismo e dell’accoglienza, Milano, 1998, che descrive il turismo religioso come un insieme di “relazioni giuridiche afferenti al fenomeno socio-economico caratterizzato dal viaggio o dalla permanenza in luoghi diversi da quelli di normale residenza quando esso sia motivato da un fine religioso (turismo religioso oggettivo o in senso stretto) o quando, pur mancando una motivazione religiosa, riguardi espressamente soggetti religiosi (turismo religioso soggettivo, o in senso lato)”. Diversamente nel documento dell’Ufficio Nazionale della Cei per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport, Sussidio per un impegno ecclesiale Pastorale del Turismo, dello Sport, del Pellegrinaggio, Milano, 1996, il turismo religioso è concepito come un’attività economico-sociale da organizzare e “promuovere, dove il turista religioso, a differenza del turista e del pellegrino, non ha un’identità teologico-pastorale come tipo particolare di viaggiatore”. Tuttavia, il pellegrinaggio e il turismo religioso presentano elementi in comune tra loro. Si pensi, ad esempio, ai Giubilei che si sono succeduti nel tempo e al prossimo del 2025: essi costituiscono al contempo una forma di pellegrinaggio, in quanto il fedele è chiamato ad intraprendere il viaggio per riscoprire o consolidare la propria fede, ma muovono, altresì, una massa di turisti che scelgono di visitare quei luoghi sacri e le loro bellezze in un determinato arco temporale (quello dell’anno giubilare, appunto), in quanto desiderano partecipare ad un grande evento, per il quale sono disposti a spendere cifre ingenti, causate dall’elevato flusso turistico, senza necessariamente essere mossi da una spinta interiore di fede.

[44] Sull’identità e i diversi normotipi costituiti da turisti e pellegrini si rimanda a C. Zanetti, Pellegrini e turisti religiosi a confronto: analogie e differenze’, in Il Giubileo della Misericordia a nord-est. Pellegrini in cammino per fede e turismo, (a cura di) G. Delli Zotti, O. Urpis, M. Zago, C. Zanetti, Milano, pagg. 77-95.

[45] Sul tema cfr. M.E. La Torre, Premesse generali per uno studio sull'ospitalità fra rapporti di cortesia e autonomia negoziale, in Giust. civ., 2009, 3, pag. 105 ss.

[46] Sul punto cfr. ancora N. Costa, Il giubileo: centro di pellegrinaggio, cit., pag. 240, il quale sottolinea che “il turismo religioso esprime l’interesse razionale per l’identità culturale della Chiesa ma, da solo, non favorisce la conversione, non fa crescere vocazioni o carismi. È un ambito di inculturazione della religione, non una pratica di fede come il pellegrinaggio”; cfr. anche A.G. Chizzoniti, Codice del Turismo Religioso, Milano, 1999.

[47] V. N. Costa, Il giubileo, cit., pag. 239.

[48]  Sul tema dell’abbandono dei borghi e delle possibili prospettive per una loro rinascita o sopravvivenza si v. Borghi Avvenire, Trend e opportunità per arrestare lo spopolamento e investire su scenari futuri, Dossier di Legambiente, maggio 2024, in www.legambiente.it; G. Dall’Ara - F. Morandi, Il Turismo nei Borghi, la normativa, il marketing e i casi di eccellenza, Matelica, 2010.

[49] Cfr. E. Frediani, Percorsi evolutivi della partecipazione civica al tempo del piano nazionale di ripresa e resilienza, in Dir. amm., 2, pag. 301 ss.

[50] L’albergo diffuso è una struttura alberghiera che si sviluppa in diversi edifici situati all’interno di un centro storico o di un piccolo borgo. Sul tema v. C. Vignali, L’albergo diffuso: analisi giuridico economica di una forma non tradizionale di ospitalità, in Turismo. Diritto e diritti, (a cura di) L. Degrassi - V. Franceschelli, Milano, 2010, pagg. 579-626.; F. Morandi - T. Villani, L’Albergo Diffuso come modello di ospitalità originale e di sviluppo sostenibile dei borghi, Firenze, 2015, in http://www.fupress.com/techne; C. Barbi, L’albergo diffuso: a proposito di partenariato pubblico-privato nel settore turistico, in Queste Istituzioni, 2007, 146/147, pag. 33 ss. La definizione di albergo diffuso varia a seconda delle normative regionali di riferimento, essendo il turismo, dopo la Riforma del titolo V della Costituzione, avvenuta con legge cost. n. 3 del 2001, materia di competenza legislativa esclusiva regionale. Esso può essere descritto, tuttavia, n albergo diffuso è una struttura alberghiera che si sviluppa in diversi edifici situati all’interno di un centro storico o di un piccolo borgo.

[51] V. Negri Zamagni, M. Mussoni, G. Benzi, Per un turismo autenticamente umano, Santarcangelo di Romagna, 2001.

[52] In questo contesto, i cammini possono essere inquadrati anche quali modelli attuativi del turismo sociale, definito dalla Convenzione di Montreal del 1996 come fattore di coesione sociale. In particolare, l’art. 8 considera lo sviluppo duraturo e sostenibile come un punto di riferimento al fine di “conciliare lo sviluppo del turismo, la tutela dell'ambiente ed il rispetto dell'identità delle popolazioni locali; offrire nuovi mezzi a regioni spesso abbandonate; sistemare certe zone senza dilapidarne le risorse; generare benefici economici, sociali e culturali per le popolazioni locali”.

[53] Sotto un altro profilo, i cammini, costituiscono un’occasione di rilancio dello sviluppo dei piccoli borghi che si trovano all’interno del loro percorso, in quanto qui il pellegrino può godere dei ritmi rallentati della vita quotidiana e di un ambiente ideale per l’esperienza che cerca. Per un approfondimento della tematica, pur non strettamente inerente al tema dei cammini, v. anche P. Bevilacqua, Collocare i borghi nel loro territorio, in Ec. cult., 2022, 1, pag. 49 ss.

[54] M. Immordino, G. De Giorgi Cezzi, N. Gullo, M. Brocca, Periferie e diritti fondamentali, Napoli, 2020.

[55] Sull’abbandono e lo spopolamento dei borghi cfr. E. Guarnieri, Ripresa e resilienza tra le vie dei borghi storici, in Aedon, 2022, 3; A. Pirri Valentini, Per una qualificazione giuridica dei borghi, in Aedon, 2024, 2.

[56] F. Pollice, Territori del turismo. Una lettura geografica delle politiche del turismo, Milano, 2002.

[57] Sul tema della cultura come strumento di implementazione e potenziamento dei territori cfr. E. Petrilli, La rigenerazione urbana a guida culturale, ovvero come usare la rigenerazione urbana per creare utilità attraverso la cultura, in Ri-conoscere la Rigenerazione. Strumenti giuridici e tecniche urbanistiche, (a cura di) M. Passalacqua, A. Fioritto, S. Rusci, Rimini, 2018, pag. 265 ss.

[58] Sul tema cfr. C. Vitale, Riuso del patrimonio culturale e sviluppo delle aree interne. le norme e le pratiche, in Dir. amm., 3, pag. 875.

[59] Cfr. D. Di Modugno, Gli edifici di culto come beni culturali in Italia. Nuovi scenari per la gestione e il riuso delle chiese cattoliche nel diritto statale, Torino, 2023; V. Ghielmetti, Accoglienza turistica e beni culturali ecclesiastici. Esperienze e modelli di gestione nella realtà ravennate, Ravenna, 2001; C. Mazza, Cattedrali, chiese, abbazie e monasteri nel giro turistico. Quale accoglienza, quale pastorale, Padova, 1995; Id., Turismo religioso. Fede, cultura, istituzioni e vita quotidiana, Ravenna, 1992.

[60] In particolare, cfr. A G. Chizzoniti, A. Gianfreda, Il turismo religioso: nuove dimensioni, cit., pag. 123, dove si sottolinea l’importanza di come un legame biunivoco tra la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale e il turismo religioso costituisca il presupposto innegabile per lo sviluppo di quest’ultimo, trasformandolo in un fenomeno giuridico, economico e sociale.

[61] A. Longhi, Chiese abbandonate, chiese invisibili, chiese resilienti: storie di architetture ecclesiali, tra conoscenza e rigenerazione, in Religioni e società. Rivista di scienze sociali della religione, a. XXXV, 2020, 96, pag. 33 ss.

[62] Cfr. G. Ecchia, E. Tortia, Impresa sociale e sviluppo economico locale, in L'impresa sociale in Italia. Economia e istituzioni dei beni comuni, (a cura di) G. Borzaga, F. Zandonai, Roma, 2009, pag. 212, in cui definiscono la sussidiarietà territoriale come “la valorizzazione delle risorse locali come definite dalle stesse comunità che beneficeranno dei risultati”.

[63] Sul punto cfr. I. Guadagnoli, Riflessioni su un nuovo modello di governance del territorio. il caso di studio del tratto meridionale della via francigena in Italia, in Docugeo, 2020, 2, pag. 121, dove l’autrice sottolinea come un adeguato modello di governance può attraverso l’istituzione di un cammino o di un itinerario garantire “la messa in atto di azioni finalizzate alla valorizzazione e gestione di estese aree coerenti”.

[64] Sul punto cfr. A. Manganaro, Le amministrazioni pubbliche in forma privatistica: fondazioni, associazioni e organizzazioni civiche, in Dir. amm., 2014, 1-2, pag. 45 ss. e specificatamente pag. 51 in cui evidenzia: “Il trasferimento di funzioni e di servizi alle collettività territoriali in forza della sussidiarietà verticale costringe gli enti territoriali a coinvolgere singoli e formazioni sociali nel pensare e realizzare nuove forme di risposte locali ai bisogni del territorio e, conseguentemente, a creare strutture organizzative a geometria variabile con compiti assegnati ad enti pubblici o a questi ultimi in collaborazione con formazioni sociali oppure integralmente attribuiti a formazioni sociali”; v. anche A. Maltoni, Azione amministrativa e sussidiarietà orizzontale nel settore del turismo, in Evoluzione e prospettive della legislazione sul turismo, (a cura di) M. Gola, Rimini, 2002, pag. 59 ss.

[65] Sul tema della programmazione negoziata v. A. Contieri, La programmazione negoziata. La consensualità per lo sviluppo. I principi, Napoli, 2000; A. Crismani, Spunti e riflessioni sul modello consensuale nella gestione dei beni pubblici ambientali, in Riv. giur. ed, 2021, 2, pag. 47 ss.; T. Favaro, Verso la smart city: sviluppo economico e rigenerazione urbana, in Riv. giur. ed., 2020, 2, pag. 87 ss.

[66] Cfr. B. Accettura, Valorizzazione del patrimonio culturale, op. ult. cit.

[67] Sul punto v. C Ventimiglia, Mercato del turismo, globalizzazione, e il fattore amministrativo quale vantaggio competitivo dei territori, in Il patrimonio naturale tra tutela, valorizzazione e fruizione. Il turismo sostenibile, (a cura di) W. Cortese, Atti del Convegno, Ustica, 18-20 giugno 2009, pag. 159 ss.

[68] Cfr. A. Pignatti, l patrimonio culturale d’interesse religioso, Milano, 2017.

[69] Sul punto si veda il Protocollo di Intesa tra la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e la Conferenza Episcopale Italiana, siglata nel 2017.

[70] Le politiche di concertazione in ambito di promozione del turismo religioso, inteso in senso ampio, sono giocate anche tramite la sottoscrizione di accordi e convenzioni a livello regionale. Al riguardo, tra le altre, si segnala quella siglata nel 2016 tra la regione Emilia-Romagna e la Conferenza Episcopale Emilia-Romagna per l’istituzione di un Tavolo permanente di confronto in materia di turismo religioso, avente ad oggetto, per i fini che in questa sede interessano, il monitoraggio delle vie e dei cammini di pellegrinaggio.

[71] M. Renna, La nuova legge quadro sul turismo. Lo Stato ritorna protagonista, in Giorn. dir. amm., 2001, 12, pag. 1195 ss.

[72] Trattasi della legge 135 del 2001, che per la prima volta utilizza la locuzione “politica del turismo”, segno della volontà del legislatore di intervenire in ambito turistico con azioni studiate e definite. Questo aspetto evidenzia l’importanza attribuita al settore, che richiede organicità e sistematicità, anche normative, per realizzare una progettualità efficace ed incisiva. Al riguardo, sia consentito rinviare a A. Cicchetti, L’organizzazione pubblica per la politica del turismo, in Comm. e serv., 2001, 4, pag. 787 ss.

[73] Cfr. C. Vitale, La valorizzazione del patrimonio culturale nelle Aree Interne. Considerazioni preliminari, in Aedon, 2018, 3.

[74] L’espressione è di S. Splendiani, F. Forlani, Il turismo dei cammini per la valorizzazione delle destinazioni italiane. - Modelli, strumenti manageriali e casi di studio, Milano 2023. Ancora, si veda sul punto P. Battilani, Vacanze di pochi, cit., pag. 14 che sottolinea che “non sono più le mete a fare (…) la differenza, ma le esperienze che si possono vivere”.

[75] Sul rapporto tra turismo e beni culturali v. G. Bottino, Turismo e beni culturali, cit., pag. 195 ss.

[76] Cfr. P. Chirulli, Il governo multilivello del patrimonio culturale, in Dir. Amm., 2019, 4, pag. 697 ss.; A. Simonato, Profili giuridici della governance multilivello e politiche di coesione 2021/2027, in federalismi.it, 2017, 21.

[77] La giurisprudenza della Corte costituzionale sul principio di leale collaborazione ha una storia di lungo corso. Si richiama, in particolare, la pronuncia n. 242 del 1997, in cui essa viene definita come “principio guida che deve governare i rapporti tra Stato e Regioni nelle materie ed in relazione alle attività in cui le rispettive competenze concorrono o si intersecano, imponendo un contemperamento dei rispettivi interessi”. Con la riforma del titolo V della Cost., il principio di leale collaborazione ha assunto un’importanza ancora più marcata e n un certo senso costituzionalizzata, se lo si legge con riferimento all’art. 120 della Costituzione.

[78] Per una definizione di turismo religioso v. Nocifora, che lo definisce come “pratica turistica che ha come meta luoghi che hanno una forte connotazione religiosa ma la cui motivazione è eminentemente culturale e/o spirituale, quando non direttamente etnica, o naturalistica, o a carattere etico/ sociale, ma non religiosa in senso stretto”.

[79] A. Sau, La rivitalizzazione dei borghi e dei centri storici minori come strumento per il rilancio delle aree interne, in federalismi.it, 2018, 3.

[80] Sul tema delle misure previste dal Pnrr per il rilancio dei borghi storici, v. P. De Rosa, Fondi PNRR [Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza] e “diritto dei borghi”: analisi delle politiche di rigenerazione dei territori tra interventi legislativi e pratiche locali, in Dir. proc. amm., 2023, 1, pag. 255 ss.; A. Pirozzoli, Le strategie di rilancio dei borghi nel processo di transizione digitale del Pnrr, in www.ambientediritto.it, 2023, 4, pag. 263 ss.

[81] V. G. Piperata, Nuovi scenari e nuove sfide per il governo della cultura, in Aedon, 2022, 2 e M. Caporale, Piuttosto piccoli, abbastanza lontani: alla ricerca di una possibile definizione amministrativa dei borghi, in federalismi.it, 2025, 7, pag. 64 ss.

[82] La WTO definisce il turismo sostenibile come quella forma di turismo che “soddisfa i bisogni dei viaggiatori e delle regioni ospitanti e allo stesso tempo protegge e migliora le opportunità per il futuro”. In dottrina, ex multis, v. F. Leotta, Percorsi di turismo sostenibile, Pisa, 2021.

[83] Tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, il goal 8, target 8.9 prevede che entro il 2030 debbano essere elaborate e attuate politiche volte a promuovere il turismo sostenibile, in modo da creare posti di lavoro e promuovere la cultura e i prodotti locali.

[84] Le infrastrutture legate ai cammini, come gli alloggi, i rifugi e i punti di ristoro, che necessitano sempre più di essere progettate con tecniche sostenibili, materiali ecocompatibili ed energie rinnovabili, per essere coerenti alle finalità dello strumento in esame, costituiscono un altro esempio di attuazione dele politiche green previste dal Piano. In quest’ottica, queste pratiche virtuose possono apportare una forte riduzione dell'impronta ecologica sull'intero sistema turistico che ruota attorno ai cammini.

[85] Si pensi ad esempio a Venezia che per affrontare una tipologia di turismo opposta all’overtourism - ovverosia quella del turismo di massa -, ha recentemente ha istituito il ticket di ingresso a carico dei visitatori che intendono accedere in città, al fine di consentire la sopravvivenza non solo delle bellezze artistiche veneziane, ma anche la resilienza della stessa città. Infatti, il rispetto della capacità di carico turistica consente sia una legittima fruizione del patrimonio culturale sia la doverosa salvaguardia delle abitudini della popolazione residente, contemperando esigenze diverse e talvolta confliggenti di chi visita una località ad elevato flusso turistico e chi la vive. Sul punto sia consentito rinviare a A. Cicchetti, L’imposta di soggiorno: uno strumento per rendere più vivibili le destinazioni turistiche o un mezzo per tassare il turismo?, in Nuove Autonomie, 2022, 3, pag. 823 ss.

[86] Cfr. Turisti responsabili. La guida ai viaggi di turismo responsabile, all’accoglienza di comunità locali e agli agriturismi solidali, (a cura di) M. Acanfora, U. Di Maria, S. Melloni, Piacenza, 2003.

[87] Sul punto v. C. Barbati, Governo del territorio, beni culturali e autonomie: luci e ombre di un rapporto, in Aedon, 2009, 2.

[88] In Italia, generalmente, sono le Regioni ad avere la titolarità sulla realizzazione e sul riconoscimento dei cammini. Tuttavia, esistono cammini interregionali la cui costituzione ed estensione interessa territori appartenenti a più Regioni che collaborano nel loro riconoscimento formale o cammini non certificati, in quanto non presentano legami con le istituzioni. Nel 2016, è stato creato dal Mibact l’Atlante digitale dei cammini. Il governo ha stabilito 11 requisiti da rispettare per poter essere valutati come cammini di rilevanza nazionale ed esservi inseriti. Tra questi vi sono: la fruibilità dei percorsi, la segnaletica orizzontale e/o verticale, la descrizione online della mappa, i servizi di alloggio e di ristorazione entro i cinque chilometri dal cammino, la manutenzione del percorso garantita dagli enti locali, la georeferenziazione e un sito in cui sono raccolte le principali informazioni per i viaggiatori.

[89] Cfr. A. Moliterni, Pubblico e privato nella disciplina del patrimonio culturale: l'assetto del sistema, i problemi, le sfide, in Patrimonio culturale e soggetti privati, (a cura di) A. Moliterni, 2019.

[90] Il tema della partecipazione, che è trasversale in riferimento all’attuazione delle riforme previste dal Pnrr, diventa essenziale nel quadro che si sta delineando. Sulla relazione tra partecipazione e Pnrr cfr. ex multis, L. Torchia, L'amministrazione presa sul serio e l'attuazione del PNRR, in Aipda.it, 1° aprile 2021, pag. 1 ss.; E. Frediani, Percorsi evolutivi della partecipazione civica, cit., e bibliografia ivi citata.

[91] A. Moliterni, Le prospettive del partenariato pubblico-privato nella stagione del PNRR, in Dir. amm., 2022, 2, pag. 441 ss.; G. Sciullo, Il partenariato pubblico-privato in tema di patrimonio culturale dopo il Codice dei contratti, in Aedon, 2021, 3.

[92] Sull’aspetto finanziario e dei suoi controlli, anche in riferimento agli strumenti previsti dal Pnrr, v. M. Benedetti, A. Naldini, Controllare e valutare gli interventi finanziati dall'UE, in Riv. trim. dir. pubbl., 2024, 1, pag. 105 ss.

[93] Trattasi del Ddl n. 562, Disposizioni per la promozione e la valorizzazione dei Cammini d’Italia, approvato dal Senato della Repubblica, il 26 marzo 2024 e attualmente all’esame della Camera dei deputati.

[94] L’art. 1 del Ddl dettaglia i requisiti che questi percorsi debbono avere per rientrare nel suo ambito applicativo. Essi debbono essere “percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce e sostenibile, senza l'ausilio di mezzi a motore, articolati in tappe giornaliere, che rappresentano una modalità di fruizione del patrimonio naturale e culturale diffuso, di valorizzazione degli attrattori culturali, storici, artistici, religiosi, linguistici, paesaggistici, enogastronomici e sportivi nonché di sviluppo turistico dei territori interessati. In deroga a quanto previsto al primo periodo, la circolazione motorizzata è consentita per i mezzi indispensabili per consentire l'accessibilità alle persone con disabilità”.

[95] L’art. 2, comma 2, del Ddl 562 recita: “Sono inseriti nella banca dati, qualora conformi ai criteri individuati dal decreto di cui al successivo comma 4: a) i tratti presenti sul territorio sul territorio italiano dei cammini riconosciuti quali itinerari culturali europei dal Consiglio d'Europa, in attuazione della risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa CM/Res (2013)67, adottata il 18 dicembre 2013, e le loro dirette confluenze viarie di riconosciuto interesse turistico, culturale, locale o regionale; b) i cammini interregionali che interessano il territorio di almeno due regioni, di una regione e di una provincia autonoma ovvero delle province autonome di Trento e di Bolzano; c) i cammini riconosciuti da una regione o da una provincia autonoma quali cammini di interesse regionale o locale; d) i cammini riconosciuti dalle città metropolitane e da Roma Capitale quali cammini di interesse locale”.

[96] Il termine sostenibilità è stato utilizzato per la prima volta nel 1992 dall’ONU in occasione della Conferenza sull’ambiente e con esso si intende la “condizione di un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Recentemente, il riferimento alla sostenibilità ambientale è stato costituzionalizzato aggiungendo ad opera dell'art. 1, comma 1, legge cost. 11 febbraio 2022, n. 1, all’art. 9 della Cost. il comma 3, il quale recita: la Repubblica “(t)utela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni”. Oggi, tuttavia, si tende ad estendere la portata applicativa del principio della sostenibilità anche ad ambiti diversi da quello ambientale, come, ad esempio, quello sociale ed economico, presupposti fondamentali per giungere a realizzare e promuovere anche un turismo che sia sostenibile.

[97] È interessante al riguardo fare un parallelo tra mete di pellegrinaggio religioso, (quali ad esempio Lourdes o Gerusalemme) e luoghi attorno ai quali si costruisce un cammino (ad. es. La Verna-Assisi, per il cammino di san Francesco, o Santiago di Compostela). Il pellegrinaggio mira a raggiungere la destinazione, quale meta del viaggio e punto di inizio del soggiorno, dove ci si reca per omaggiare, pregare, chiedere grazie o ringraziare il Santo venerato. Nel cammino il raggiungimento della destinazione è solo l’ultima tappa del viaggio, in quanto ciò che conta è la fatica, il tragitto, i luoghi che si attraversano, spesso mossi da motivazioni non prettamente religiose, ma di ricerca di se stessi, volontà di ripensarsi e recuperare tempo non per fare qualcosa, ma per viversi e contemplare la natura, il paesaggio, la necessità di immergersi nel silenzio per staccare dalla frenesia e dal rumore della vita ordinaria. Sotto questo profilo, il pellegrinaggio può essere vissuto come un turismo di massa, mentre il cammino, anche se non è del tutto esente dai rischi che derivano da queste modalità, si presta meno ad una siffatta tipologia.

[98] Il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 13, pubblicato in G.U. n. 45 del 24 febbraio 2004 - Supplemento Ordinario n. 28, all’art. 2 definisce il patrimonio culturale come l’insieme dei beni culturali e dei beni paesaggistici, riducendo ad un unicum due fattispecie di beni, disciplinati autonomamente. Sul punto, ex multis, cfr. C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, Bologna, 2020; Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2019; G. Volpe, Manuale di diritto dei beni culturali, Trento, 2013; S. Amorosino, Diritto dei beni culturali e del paesaggio, Padova, 2024.

[99] In quest’ottica, anche a seguito della pandemia, molti territori hanno investito su nuove modalità di valorizzazione e sviluppo puntando all’attivazione di processi virtuosi che tengano conto della componente ambientale ed investendo sul recupero dei valori identitari dei luoghi e del patrimonio culturale esistente e poco - o non più - utilizzato. Sul punto v. R. De Iulio, D. Privitera, A. Ivona, Il ruolo del patrimonio dismesso nello sviluppo del turismo lento di prossimità, in Itinerari per la rigenerazione territoriale tra sviluppi reticolari e sostenibili, (a cura di) L. Spagnoli, Milano, 2022, pag. 400 ss.; v. anche S. Nocco, I cammini di Sardegna, cit., pag. 218, che evidenzia come “Nelle zone rurali e marginali, in particolare, gli itinerari turistici possono generare opportunità imprenditoriali e lavorative, aumentando la reddittività economica, stimolando la rigenerazione sociale, migliorando le condizioni di vita delle comunità rurali”.

[100] S. Nocco, I “Cammini di Sardegna, cit., pag. 216, evidenzia che “La relazione tra turismo e lentezza implica, infatti, una ridefinizione delle pratiche turistiche attuali, sempre più influenzate da un nuovo senso di responsabilità ambientale del turista e dalla ricerca di esperienze autentiche”.

[101] Cfr. Il pellegrinaggio nella formazione dell'Europa. Aspetti culturali e religiosi, (a cura di) M. Maragno, Padova, 1990.

[102] Sul punto cfr. M. Morazzoni, M. Boiocchi, I Cammini Culturali e le Nuove Vie di Turismo Religioso. Il Progetto di Promozione Turistica "Strada Delle Abbazie. Fede Arte e Natura nella Grande Milano", in Alma Tourism, 2013, 7.

[103] Per la definizione di turismo sociale e relative politiche di attuazione cfr. Dichiarazione di Montreal, Per una visione umanistica e sociale del turismo, 1996 e Addendum di Aubagne, Verso un turismo di sviluppo e solidarietà, 2006, in accessibletourism.org.

[104] F. Ferrigni, Il futuro dei territori antichi. Problemi, prospettive e questioni di governance dei paesaggi culturali evolutivi viventi, Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, 2013, pag. 25 ss.

[105G. Piperata, Rigenerazione urbana e patrimonio culturale nell’esperienza amministrativa italiana di ripresa e resilienza, in Aedon, 2024, 1; G. Gardini, Alla ricerca della 'città giusta'. La rigenerazione come metodo di pianificazione urbana, in federalismi.it, 2020, 24; A. Giusti, La rigenerazione urbana tra consolidamento dei paradigmi e nuove contingenze, in Dir. amm., 2021, 2, pag. 439 ss.

[106] A.G. Chizzoniti, Turismo religioso, cit.

[107] V. in senso più ampio sul tema della partecipazione attiva soprattutto in riferimento al ruolo dell’amministrazione e delle parti sociali, G. Sciullo, La Governance del PNRR: profili organizzativi, in Riv. giur. urb., 2021, 4, pag. 716 ss.

[108] La riforma è stata attuata con la legge 13 dicembre, 2023, n. 190, a cui è seguito il decreto legislativo 26 giugno 2024, n. 88 Regolamento recante disposizioni applicative per l'attuazione degli articoli 4, 5, 6, 7, 12 e 14 della legge 13 dicembre 2023, n. 190, recante: «Disciplina della professione di guida turistica», in GU n. 150 del 28-6-2024. La normativa subordina l’esercizio della professione turistica al superamento di un esame di abilitazione nazionale avente ad oggetto lo svolgimento di una prova scritta, una prova orale e una prova tecnico-pratica. Recentemente, il ministero del Turismo ha pubblicato il relativo bendo (https://portale.inpa.gov.it/api/media/2f910140-8c74-47b7-ba1d-26440b45e8cd) che, sebbene si sia già chiuso, può offrire elementi utili per comprendere quali sono i requisiti che configurano il profilo professionale di riferimento.

[109] La legge di bilancio per il 2022 (art. 1, comma 963, legge n. 234 del 2021) ha istituito presso il ministero del Turismo un fondo per i cammini religiosi, con una dotazione di 3 milioni di euro per il 2022, aumentata poi con la legge di bilancio per il 2023, per il rilancio e la promozione turistica dei cammini religiosi e per il recupero e la valorizzazione degli immobili che li caratterizzano. Il d.m. del ministero del Turismo, 22 marzo 2024, “Misure attuative del Fondo per i cammini religiosi di cui all’articolo 1, comma 963, della Legge 30 dicembre 2021, n. 234” in attuazione della legge 30 dicembre 2023, n. 213 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026” ha, infine, previsto un ulteriore incremento del fondo per i cammini religiosi.

[110] Con un ulteriore Avviso del 20 ottobre 2023, sono state definite le modalità attuative di dettaglio delle azioni per lo sviluppo turistico dei cammini inseriti nel Catalogo, attivando contributi volti a finanziare: a) interventi di adeguamento strutturale, funzionale e impiantistico di immobili pubblici, finalizzati all’attivazione, all’interno degli stessi, di uno o più servizi per la fruizione turistica dei cammini religiosi; b) interventi per il miglioramento della fruibilità dei percorsi, in termini di sicurezza e primo soccorso, accessibilità, orientamento, informazione e digitalizzazione dei percorsi e degli accessi; c) interventi per la promozione dei cammini, la promo-commercializzazione turistica e realizzazione di eventi.

[111] A. Papa, Il turismo culturale in Italia: multilevel, governance e promozione dell’identità culturale locale, in federalismi.it, 2007, 4.

[112] G. Manfredi, Il riparto delle competenze in tema di beni culturali e la leale collaborazione, in Ist. fed., 2017, 3, pag. 791 ss.

[113A. Longhi, Patrimonio di interesse religioso: scenari territoriali di conoscenza, interpretazione e pianificazione, in Aedon, 2023, 3.

[114] Interessante al riguardo l’art. 43 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modifiche dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, (in G.U. 16/08/2023, n. 190): che prevede “per la realizzazione di investimenti di digitalizzazione dei cammini giubilari e di una applicazione informatica sul patrimonio sacro di Roma, funzionali all'ospitalità e alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per l'anno 2025 da parte della Santa Sede, che hanno importanti ricadute turistiche per lo Stato italiano e sono funzionali all'accoglienza dei pellegrini, è autorizzata la spesa di 7.630.000 euro per l'anno 2023 che sono assegnati alla Santa Sede”. È previsto al tal fine che sia siglata un’Intesa tra la Santa Sede e il ministero del turismo per l’Italia in cui siano disciplinati gli impegni reciproci nell’ambito delle risorse assegnate, gli interventi e le azioni necessarie.

 

 

 



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