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Le sfide e gli strumenti della valorizzazione

Il sentiero del Brigante. Itinerari turistico-culturali e vincoli paesaggistici tra norme e prassi

di Carmen Vitale [*]

Sommario: Premessa. - 1. Il sentiero del Brigante nelle aree interne della Calabria. - 2. La disciplina giuridica degli itinerari turistico culturali: tra pluralità dei tipi normativi e tentativi di razionalizzazione. - 3. I vincoli paesaggistici per la tutela degli itinerari turistico culturali: “ben conoscere per ben provvedere”. - 4. Itinerari turistico culturali e valorizzazione del territorio (delle aree interne): ancora sull’opportunità dei vincoli paesaggistici.

The Brigante Trail. Cultural tourism routes and landscape constraints between standards and practice
The essay addresses the issue of landscape protection of a cultural tourism route through the measure of declaration of public interest. After recalling the prevailing positions of administrative jurisprudence on the exercise of the ministerial power of constraint, it reconstructs the essential features of the regulation of cultural tourist itineraries, in the light of a recent draft law on the subject, and concludes with some reflections on the issue of the relationship between cultural tourist itineraries and the development of fragile territories and on the appropriateness of the use of the power of constraint (and its limits) in similar cases.

Keywords: cultural routes; cultural heritage; enhancement; landscape protection.

Premessa

Il 18 dicembre 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale [1] il provvedimento con cui la Direzione generale Archeologia belle arti e paesaggio del Segretariato regionale per la Calabria dichiarava di notevole interesse pubblico e dunque da sottoporre a tutela paesaggistica gli immobili e le aree, ricadenti nel perimetro del “Sentiero del Brigante” ai sensi degli artt. 136, 137, 140, 141 del d.lg. n. 42 del 2004.

Il provvedimento citato si inscrive in un procedimento volto alla tutela dell’itinerario e avviato con la candidatura del Sentiero nell’Atlante dei Cammini d’Italia, ad opera della Fai (delegazione di Reggio Calabria) ed all’associazione Gea.

Il progetto di un Atlante digitale dei cammini d’Italia nasceva nel 2016 durante l’anno nazionale dei Cammini (indetto dalla c.d. Direttiva dell’allora Mibact “Cammini” del 16 dicembre 2015), con la funzione di consentire l’aggiornamento costante di percorsi e vie, anche in vista della valorizzazione del paesaggio e della promozione dei territori.

In questo contesto la Direttiva ministeriale [2] definiva i Cammini “itinerari culturali di particolare rilievo europeo e/o nazionale, percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce e sostenibile e che rappresentano una modalità di fruizione del patrimonio naturale e culturale diffuso, nonché un’occasione di valorizzazione degli attrattori naturali, culturali e dei territori interessati”.

Il progetto ha visto coinvolti Stato, regioni, comuni e privati per la valorizzazione dei 6.600 km di cammini in possesso dei criteri individuati dal Comitato [3] (composto da ministero, regioni, province autonome Anci), che avrebbe dovuto valutare le segnalazioni e disporre l’inserimento dei Cammini nell’Atlante.

La prima mappatura ufficiale, presentata il 4 novembre 2017, conteneva oltre 40 cammini e, tra questi, anche il Sentiero del Brigante. Dei 116 sottoposti al vaglio del Comitato Cammini, tuttavia, solo 44 sono stati ritenuti idonei, mentre tra i 72 cammini che sono stati inviati al Comitato, inizialmente non presenti nell’Atlante, due sono di particolare interesse: la Via Appia e la Via Francigena.

L’episodio ed il provvedimento in questione presentano interesse per diverse ragioni. In primo luogo, il provvedimento di tutela paesaggistica qui richiamato si segnala per rappresentare il primo caso di sentiero tutelato come itinerario turistico culturale da parte del ministero della Cultura e si propone l’obiettivo di tutelare gli aspetti naturalistici ed i centri storici, attraverso la previsione di regole comuni per la gestione delle trasformazioni in atto e future.

Si tratta, peraltro, del più ampio intervento di tutela paesaggistica per una Regione (la Calabria) tra le meno vincolate in Italia [4] e che non ha ancora approvato un piano paesaggistico [5].

La seconda ragione riguarda la relazione tra tutela del paesaggio e itinerari turistico culturali. Premessa la correlazione tra valorizzazione del paesaggio e istituzione o realizzazione di itinerari turistico culturali, sottolineata dalla dottrina [6] ed esplicitata dal legislatore [7] (oltre che dal ministero con la richiamata direttiva), ci si chiede qui se gli strumenti che il Codice dei beni culturali prevede a tutela del paesaggio (e nello specifico il vincolo provvedimentale) si rivelino idonei allo scopo della protezione e valorizzazione dei cammini.

Infine, più in generale, la vicenda offre l’occasione per riprendere una questione nota e dibattuta in dottrina [8]: se ed a quali condizioni gli itinerari turistico culturali siano in grado di incidere positivamente sullo sviluppo dei territori [9], specie di quelli più fragili.

1. Il sentiero del Brigante nelle aree interne della Calabria

Il Sentiero del Brigante si sviluppa lungo i crinali delle montagne calabresi, collegando il Parco d’Aspromonte con quello delle Serre. Ripercorre le orme dei briganti per 140 km, attraversando 2 province incrociando 31 comuni e 5 centri storici delle province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, (Fabrizia, Mongiana, Bivongi, Serra San Bruno e Santo Stefano in Aspromonte).

Si tratta di un percorso culturale che si caratterizza per un rilevante interesse naturalistico, grazie alla presenza di foreste, torrenti, ruscelli, cascate, paesaggi alpestri e mediterranei, ma anche di insediamenti rurali, dimore nobiliari, centri abitati, emergenze architettoniche, siti di archeologia industriale [10].

È interessante notare, anche rispetto alle considerazioni che seguono, che l’area interessata dal provvedimento è qualificata come area interna della Regione Calabria, ai fini della Strategia Nazionale per le aree interne (SNAI) [11]. In particolare, i 5 centri storici di Fabrizia, Mongiana, Bivongi e Serra San Bruno e Santo Stefano in Aspromonte appartengono all’area interna Versante Ionico-Serre [12].

In proposito, può ricordarsi come l’azione principale tra quelle previste nell’ambito della Strategia d’area per la SNAI in questi territori preveda la costituzione di un “Biodistretto” [13], con “la finalità di comporre il territorio nelle forme di un Distretto, strumento di governance locale, capace di far emergere i valori della biodiversità e della unicità delle produzioni agricole, finalizzati ad attivare il modello di distretto del cibo, per favorire l’integrazione delle risorse, sostenere e rafforzare le identità locali, caratterizzare e guidare i processi.

Il Distretto si pone quale strumento di governance locale, una sorta di Agenzia per lo sviluppo sostenibile, al fine di perseguire l’integrazione fra le comunità locali e fra i settori produttivi, per disegnare e sostenere reti sul territorio, che si intersechino e consentano con un aumento della complessità dell’azione di rispondere alla complessità degli attuali fenomeni territoriali e socio-economici. Perseguirà, inoltre, la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-culturale e delle risorse ambientali, secondo i principi della sostenibilità, rapportandosi con il sistema turistico del territorio” [14]. Oltre al Biodistretto, la Strategia d’area prevede proprio l’attivazione di percorsi e itinerari per il riposizionamento competitivo delle destinazioni turistiche [15].

L’esempio proposto, tra i numerosi altri disponibili, conferma una chiara correlazione tra itinerari turistico culturali e lo sviluppo dei territori, specie quelli c.d. fragili (infra, par. 4) e la ricorrenza di alcune questioni generali in materia di itinerari turistico culturali (prima tra tutte quella della governance dell’itinerario su cui subito infra).

2. La disciplina degli itinerari turistico culturali: tra pluralità dei tipi normativi e tentativi di razionalizzazione

Prima di considerare le implicazioni che derivano sul piano della disciplina giuridica positiva dal provvedimento di vincolo ministeriale, può essere utile richiamare brevemente cosa sia un itinerario turistico culturale.

Sul punto, occorre partire dalla definizione comparsa in uno dei primi e più interessanti studi sul tema, secondo cui “gli itinerari sono percorsi a tappe (nodi), collegati da segmenti, caratterizzati da uno (o più) tema culturale unificante, che dà il senso all’intero itinerario, il quale si svolge in modo lineare, o talvolta reticolare o a spirale, interessando comunque un territorio più o meno vasto. Il collegamento funzionale dei segmenti e dei nodi al tema e l’avere a riferimento un territorio determinato ne sono, dunque, gli elementi strutturali. La funzione è quella di organizzare e promuovere la diffusione del turismo culturale e l’occupazione giovanile” [16].

La definizione citata esplicita alcuni degli elementi più caratteristici degli itinerari, approfonditi anche in successivi studi specificamente dedicati al tema [17]. Il primo dato riguarda il carattere “territoriale” dell’itinerario (la stretta correlazione con un territorio più o meno vasto), che colloca le questioni relative agli itinerari turistico culturali nel quadro delle politiche territoriali in senso ampio considerate. Il secondo dato deriva dalla natura “funzionale” dell’itinerario (diffusione del turismo culturale, promozione dell’occupazione giovanile), che in qualche modo prevale sulla sua connotazione giuridica.

In altri termini, l’itinerario culturale si riassume nelle funzioni svolte più che nella consistenza in uno o più istituti giuridici determinati. Lo dimostrano quelle leggi regionali che non contengono riferimenti specifici agli itinerari turistico - culturali in quanto tali, ma disciplinano istituti diversi, che, presentano, tuttavia, le stesse finalità (valorizzazione del territorio, messa in rete dei servizi, potenziamento delle infrastrutture attraverso il finanziamento di progetti ad hoc), come nel caso della costituzione dei distretti culturali [18] o degli ecomusei [19].

I molteplici ed eterogenei riferimenti normativi (specie regionali) [20] (le strade del vino, le strade dell’olio, i tratturi, gli ecomusei), conseguenza dell’attribuzione della materia anche alla competenza regionale, (stante la sua funzione di valorizzazione del patrimonio culturale) confermano, inoltre, la pluralità ed eterogeneità delle tipologie riconducibili alla categoria dell’itinerario turistico culturale.

Ancora. L’itinerario culturale, come sopra definito, è in grado di inglobare al proprio interno oggetti diversi: beni culturali ex art. 10 del Codice dei beni culturali, beni paesaggistici ma anche una significativa componente di patrimonio culturale immateriale, derivante dall’insieme delle tradizioni e degli usi e dei saperi (ad esempio relativamente alle produzioni artigianali o eno-gastronomiche).

Per queste ragioni l’istituzione o la realizzazione dell’itinerario presuppongono il necessario coinvolgimento di soggetti pubblici e privati (come mostrano il processo di realizzazione dell’Atlante dei cammini o il caso del Biodistretto delle Serre Calabresi) e dunque la ricerca di adeguati meccanismi di coordinamento o di governance dell’itinerario stesso [21], che rappresenta, come detto, un’altra delle principali questioni legate alla disciplina degli itinerari.

Sul piano normativo, occorre precisare che le disposizioni nazionali e regionali non esauriscono i riferimenti normativi in tema di itinerari turistico culturali, che, anzi, godono di un’attenzione significativa e crescente a livello europeo ed internazionale e sono oggetto di una regolazione multilivello [22].

Al Consiglio d’Europa, in particolare, si deve l’avvio del programma degli itinerari culturali [23] con la Dichiarazione di Santiago de Compostela. Nelle risoluzioni CM/RES (2010)53 e poi CM/RES (2013) 66 può infatti sostanzialmente individuarsi il nucleo duro della disciplina europea degli itinerari.

In base all’APA (Accordo Parziale allargato) [24], siglato dal Consiglio d’Europa e contenuto da ultimo nella seconda delle risoluzioni richiamate, l’itinerario sarebbe “un progetto di cooperazione culturale, educativo, patrimoniale e turistico volto a sviluppare, promuovere un itinerario o una serie di itinerari basati su un cammino storico, un concetto, una persona, un fenomeno culturale di dimensioni transnazionali che presentano rilevanza per la comprensione ed il rispetto dei valori europei comuni”.

La disciplina europea degli itinerari si sottolinea, dunque, essenzialmente per due profili: quello educativo e culturale (orientato alla comprensione ed al rispetto dei valori europei) e quello cooperativo (trattasi di progetto di cooperazione).

A livello internazionale [25] oltre alla Convenzione Unesco, che ammette il riconoscimento degli itinerari tra i beni meritevoli di tutela [26], occorre richiamare la Carta degli itinerari turistico culturali di ICOMOS [27], particolarmente interessante, specie laddove afferma che “il riconoscimento degli itinerari culturali come un nuovo concetto o categoria di patrimonio culturale è in sintonia e non si sovrappone con altre categorie di beni...” [28], inserendosi nel più generale fenomeno dell’espansione della definizione di patrimonio culturale [29], che induce la dottrina a preferire la nozione di “patrimoni culturali” [30].

Come si è avuto modo di osservare [31], insomma, pur non individuando un istituto giuridico unitariamente disciplinato da norme giuridiche, (peraltro non indispensabili alla costituzione dell’itinerario stesso), l’istituzione di itinerari turistico culturali è sempre più frequente nella prassi amministrativa, cui spesso finiscono per agganciarsi norme giuridiche ad hoc o procedimenti amministrativi (come nel caso in esame) secondo un processo bottom up, noto in altri settori del diritto amministrativo (come ad es. quello della gestione dei beni comuni).

In questo senso, occorre dar conto di due recenti disegni di legge (5 agosto 2021) n. 2367 del Senato, Disposizioni per la promozione dei cammini come itinerari culturali. Delega al Governo in materia di cammini [32], assegnato alla Commissione istruzione pubblica e beni culturali il 9 febbraio 2022 e n. 562, approvato dalla Commissione cultura il 7 febbraio 2024, Disposizioni per la promozione dei cammini, come itinerari culturali [33].

I progetti di legge richiamati molto simili nella sostanza presentano diversi profili di interesse Il primo è collegato al tentativo di razionalizzare e semplificare la disciplina in materia, attraverso una serie di norme di principio, utili ad individuare una categoria unitaria di itinerario turistico culturale, la cui definizione è ricavata dalla compresenza di alcuni requisiti [34], sostanzialmente sovrapponibili a quelli previsti per l’inclusione del cammino nei Cammini d’Italia sopra richiamati (v. nota 4) o invece dalla presenza delle note caratteristiche presenti nella normativa europea e regionale [35].

Il secondo elemento è legato al significativo ampliamento delle finalità dell’itinerario [36], che ne evidenziano il carattere strumentale rispetto alla soddisfazione di interessi pubblici primari (tutela del patrimonio culturale, valorizzazione dei borghi, rilancio dell’attività turistica e culturale dei territori). Merita inoltre sottolineare come nel primo dei due disegni di legge fosse opportunamente esplicitata la funzione di supporto degli itinerari turistico culturali alle azioni previste nell’ambito della Strategia nazionale per le aree interne.

Il terzo dato rilevante è quello organizzativo e relativo alla definizione di un articolato modello di governance del sistema cammini. Più in particolare, si prevede l’istituzione di una Cabina di regia nazionale dei Cammini (art. 3), istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con il compito di formulare proposte [37], anche di carattere normativo, ed esercitare poteri di indirizzo, impulso e coordinamento generale sull’attuazione degli interventi concernenti i cammini e di individuazione di standard di sicurezza e qualità per tutti i cammini della rete e la cui composizione [38] riflette l’ampiezza delle questioni e delle competenze connesse alla disciplina degli itinerari.

Nel d.l. n. 2367 era prevista la presenza di un Comitato scientifico (art. 4) [39] (eliminato nel disegno di legge n. 562), cui erano assegnati compiti istruttori e consultivi, mentre è presente in entrambi i testi il Tavolo Permanente costituisce, infine, la sede permanente di consultazione (tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella gestione e manutenzione dei Cammini) [40].

Le disposizioni contenute nei disegni di legge citati si segnalano per l’approccio “promozionale” [41] seguito e per l’attenzione mostrata rispetto al tema degli itinerari come strumento di valorizzazione del patrimonio culturale e sviluppo territoriale. Così come pure è apprezzabile il tentativo di rafforzare il coinvolgimento di Università e Terzo settore e delle imprese nelle attività di manutenzione del patrimonio culturale, di promozione dei Cammini e dell’accoglienza.

Tale aspetto, in particolare, merita di essere sin da ora rimarcato. La questione del ruolo dell’impatto degli itinerari sullo sviluppo dei territori e dunque sul miglioramento del benessere delle comunità di riferimento (su cui infra) non si gioca tanto sul riconoscimento normativo o amministrativo del cammino (a cui di norma le comunità riconoscono una forte valenza identitaria anche in assenza di tale riconoscimento formale), quanto sulla previsione di misure che ne consentano la gestione e la sostenibilità sul lungo periodo (la manutenzione delle reti sentieristiche o delle aree paesaggistiche, la realizzazione di eventi o attività di formazione e promozione, l’effettiva fruizione del patrimonio culturale, la riqualificazione o il riuso di patrimonio pubblico degradato o in abbandono spesso presente).

Tutto questo naturalmente passa per la previsione di misure incentivanti che consentano un più significativo coinvolgimento di alcune specifiche categorie di soggetti (privati non lucrativi), cui può essere affidata la concreta gestione del cammino in partenariato con le amministrazioni interessate.

In questo senso, il panorama degli strumenti giuridici disponibili è oggi ampio e variegato (partenariati speciali [42], convenzioni con il Terzo settore [43], concessioni gratuite di immobili); non altrettanto sufficienti probabilmente le risorse necessarie.

Più in generale rimane inadeguata la consapevolezza da parte delle amministrazioni pubbliche della rilevanza di alcune questioni, oltre alla capacità di applicare correttamente le norme vigenti. Su questo, però, l’attenzione crescente del legislatore e del ministero pare aprire qualche debole spiraglio.

Suscita perplessità, d’altro canto, la netta “centralizzazione” della disciplina dei cammini, (sia con riferimento alla definizione di standard di sicurezza, e fruibilità quanto con riferimento agli aspetti più programmatici [44]), che di fatto rischia di relegare ad un ruolo di meri esecutori le comunità locali, che invece dei cammini rappresentano il “contenuto essenziale”, senza il quale si rischia di creare belle scatole vuote.

3. I vincoli paesaggistici per la tutela degli itinerari turistico-culturali: “ben conoscere per ben provvedere”

Come si è anticipato, con il provvedimento della Direzione regionale Archeologia belle arti e paesaggio per la Calabria si è dichiarata di notevole interesse pubblico l’area ricadente nel perimetro del Sentiero del Brigante, ai sensi degli artt. 136 e ss. del Codice dei beni culturali.

La dichiarazione di notevole interesse pubblico (che consiste, come noto, nell’apposizione di un vincolo attraverso un provvedimento amministrativo [45]) è la più tradizionale modalità di tutela paesaggistica: un vincolo [46] “vestito” [47], che oltre all’individuazione del bene deve disciplinarne l’uso (v. infra).

Nel caso di specie il provvedimento è stato emanato dal ministero della Cultura, su impulso della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della città metropolitana di Reggio Calabria e della provincia di Vibo Valentia, che ha trasmesso alla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Calabria la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree ricadenti nel perimetro del “Sentiero del Brigante, tenuto conto delle osservazioni presentate dal Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente - Direzione Generale nonché al Settore Qtrp - Osservatorio delle trasformazioni e del paesaggio, Politiche territoriali e centro cartografico Regionale della Regione Calabria.

Relativamente al procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico la disciplina codicistica attribuisce alla regione la competenza all’emanazione del provvedimento sulla base della proposta di una commissione cui devono partecipare anche organi statali (artt. 137 e 140 cod. beni culturali, come modificati nel 2008) [48].

Vi è, però, una seconda ipotesi disciplinata dagli artt. 138, comma 3 [49] e 141, che attribuiscono al ministero il potere “concorrente” (non solo sostitutivo) [50] di individuare beni paesaggistici ritenuti meritevoli di tutela, in assenza di una volontà in tal senso esplicitata dalla Regione, come nel caso in questione.

Una prima questione sollevata dal provvedimento in commento è dunque relativa al riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di paesaggio [51] ed al perimetro del potere riconosciuto al ministero.

Sul tema ha avuto modo di esprimersi anche recentemente la Corte costituzionale (sentenza n. 164 del 2021), secondo cui “non vi è... alcunché di straordinario o di eccezionale nella potestà riconosciuta ad un organo statale dall’art. 138, comma 3, cod. beni culturali, posto che essa, invece, è il naturale sviluppo delle attribuzioni dello Stato in tale materia”.

Anzi, in una precedente occasione (sentenza n. 140 del 2015) la Corte aveva sottolineato che “è necessario che restino inequivocabilmente attribuiti allo Stato, ai fini della tutela, la disciplina e l’esercizio unitario delle funzioni destinate alla individuazione dei beni costituenti il patrimonio culturale nonché alla loro protezione e conservazione” [52], anche in un’ottica di preferenza della tutela paesaggistica (Corte cost. n. 367/2007).

Ancora, sempre con la sentenza n. 164 del 2021, la Corte ha precisato, in base alla c.d. “logica incrementale” (sent. n. 367 del 2007), che “la competenza regionale può essere spesa al solo fine di arricchire il catalogo dei beni paesaggistici, in virtù della conoscenza che ne abbia l’autorità più vicina al territorio ove essi sorgono, e non già di alleggerirlo in forza di considerazioni confliggenti con quelle assunte dallo Stato, o comunque mosse dalla volontà di affermare la prevalenza di interessi opposti, facenti capo all’autonomia regionale, come accade nel settore del governo del territorio” [53].

Peraltro, in questa prospettiva è del tutto connaturato alla finalità di conservazione del paesaggio che in linea di principio la dichiarazione di notevole interesse pubblico non si limiti a rilevare il valore paesaggistico di un bene, ma si accompagni a prescrizioni intese a regolamentarne l’uso, fino alla possibilità di vietarlo del tutto, come la Corte costituzionale ha in più occasioni sottolineato (sentenze n. 246 del 2018 e n. 172 del 2018).

Ne deriva che, in linea di principio, la dichiarazione non si sovrappone alla disciplina urbanistica ed edilizia di competenza regionale e locale, ma piuttosto specifica se e in quale misura quest’ultima possa esercitarsi, in forma compatibile con la vocazione alla conservazione del pregio paesaggistico propria dell’immobile o dell’area vincolata.

Secondo il ragionamento della Corte, l’esercizio da parte dello Stato del potere di adottare il decreto in esame corrisponde all’esercizio di un’attribuzione costituzionale declinata dalla legge con l’art. 138, comma 3, cod. beni culturali, che non pregiudica le competenze della Regione in tema di valorizzazione dei beni culturali e di governo del territorio (Corte cost. n. 164/2021).

Ferma restando, insomma, la competenza statale in materia di individuazione dei beni paesaggistici, suscita qualche perplessità l’esercizio del relativo potere con riguardo ad un itinerario turistico culturale, che, per un verso e per propria natura, individua un’area ampia non un bene puntualmente individuato, (per quanto la giurisprudenza abbia sottolineato come l’ampiezza dell’area non costituisca di per sé un sintomo di illegittimità del provvedimento) e, per l’altro, si configura principalmente come strumento di valorizzazione del paesaggio (incrociando in modo significativo le competenze regionali in materia).

Alle stesse conclusioni della Corte è giunto recentemente il Tar Veneto (n. 1280 del 2022) nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area alpina compresa tra il Comelico e la Val d’Ansiei, comuni di Auronzo di Cadore, Danta di Cadore, Santo Stefano di Cadore, San Pietro di Cadore, San Nicolò di Comelico e Comelico Superiore (BL), ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), 138, comma 3.

Ha precisato il Tar che, “fermo restando ‘in astratto’ il potere (non eccezionale né straordinario) del ministero di adottare unilateralmente e autonomamente il decreto di vincolo impugnato per finalità di conservazione del paesaggio, anche in assenza di ragioni d’urgenza, e di dettare prescrizioni d’uso, che possono finanche vietare del tutto l’uso del bene oggetto della dichiarazione d’interesse pubblico - occorre semmai verificare se il potere vincolistico è esercitato dal ministero in modo corretto, all’esito di una congrua istruttoria e sulla base di una chiara e coerente motivazione”.

Il punto, insomma, non è l’astratta attribuzione del potere, ma il suo concreto esercizio (e questa è la seconda questione generale posta dal provvedimento in esame) e cioè, se tale potere sia stato esercitato in modo ragionevole e proporzionato, tenendo conto che esso si presenta caratterizzato da un’amplissima discrezionalità [54] e sostanzialmente privo di limiti esterni (così ancora Corte cost. n. 164 del 2021).

È interessante, a questo punto, provare a verificare se così è avvenuto effettivamente nel caso in esame.

In primo luogo, deve osservarsi che il vincolo riguarda un’area molto ampia (140 km), come detto, la più ampia della regione Calabria. Sul punto, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che di per sé l’ampiezza del vincolo potrebbe non essere motivo di illegittimità del provvedimento adottato, che dovrebbe invece essere verificata specificamente quanto ai presupposti, ai contenuti nonché al corretto esercizio della discrezionalità (Cons. St., sez. VI, n. 118 del 2013, Cons. St. VI, n. 7004 del 2011).

Rispetto alle aree vincolate, è da notare che alcuni dei comuni oggetto di vincolo risultavano in realtà già vincolati, in ragione di una rilevante valenza paesaggistica e ambientale (così ad es. per il comune di Santo Stefano in Aspromonte in provincia di Reggio Calabria), oltre che per la presenza di imponenti opere monumentali (la certosa di Serra San Bruno in provincia di Vibo Valentia) [55].

Rispetto alle prescrizioni d’uso, occorre registrare un’articolata elencazione di attività ammesse [56], sostanzialmente riconducibili alla realizzazione di infrastrutture in grado di migliorare la fruizione dell’area, sia pure attraverso modalità sostenibili e nel rispetto del contesto paesaggistico e “a condizione che ne sia dimostrata l’assoluta necessità ed il preminente interesse per la popolazione residente e che non sia possibile individuare localizzazioni alternative”.

Oltre alle prescrizioni generali e valide per l’intero ambito vincolato sono inoltre dettate specifiche prescrizioni sia per il tracciato del sentiero che per i centri storici (arredi urbani, verde pubblico, coperture, finiture esterne, intonaci ed elementi decorativi), che regolamentano con dettaglio ogni intervento sul territorio (ad.es anche cartellonistica e segnaletica).

Come si sa, la conseguenza dell’apposizione del vincolo è, infatti, che qualunque intervento di modifica dello stato dei luoghi, nell’area considerata esige la previa adozione del provvedimento autorizzatorio di cui all’art. 146 del d.lg. n. 42/2004.

Per questa ragione, è corretto concludere che un potere vincolistico così penetrante, incisivo e pervasivo esercitato dal ministero consistente nell’introduzione di una disciplina paesaggistica d’uso estremamente puntuale e dettagliata, deve innanzitutto poggiare su un’istruttoria accurata, completa, approfondita ed aggiornata (Tar Venezia, sez. II, 08/08/2022, n. 1280) [57].

A questo riguardo, occorre sottolineare nel caso considerato l’assenza di riferimenti nel provvedimento di vincolo relativo al Sentiero del Brigante agli ulteriori studi elaborati per la realizzazione dell’Atlante dei vincoli della regione Calabria e indicati a presupposto di successivi piani paesaggistici (non adottati), a dimostrazione di un coordinamento debole tra ministero e regione.

Ciò, può astrattamente giustificarsi come risposta alla sostanziale inerzia della Regione rispetto all’adozione della pianificazione paesaggistica, che dunque apre varchi molto ampi all’esercizio del potere di vincolo ministeriale e conferma quanto osservato dalla Corte costituzionale in più occasioni, a proposito della competenza statale alla definizione di limiti minimi di tutela sul territorio nazionale (Corte cost. n. 101/2010; n. 12/2009; n. 272/2009).

Non può non registrarsi, tuttavia, un’invasione dell’autonomia regionale (specie in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali), che deriva dalla dettagliata disciplina d’uso del territorio contenuta nel decreto di vincolo [58], che, secondo la dottrina, contribuisce a disegnare una sorta di “neocentralismo ministeriale” [59]], specie con riguardo alle prescrizioni relative ai centri storici [60], notoriamente punto di convergenza di una pluralità discipline, cui spetta il tentativo di comporre interessi pubblici diversi in contesti che possono presentare caratteristiche (dimensionali, di degrado, inquinamento o afflusso turistico estremamente diverse).

4. Itinerari turistico culturali e valorizzazione del territorio (delle aree interne): ancora sull’opportunità dei vincoli paesaggistici

L’ultima questione sulla quale il provvedimento in commento suggerisce qualche riflessione conclusiva è relativa alla correlazione tra spopolamento delle aree interne e tutela degli itinerari culturali attraverso l’apposizione di vincoli paesaggistici.

Occorre chiedersi, in particolare, se la stringente disciplina vincolistica dettata dal provvedimento sia coerente con la necessità di contrastare lo spopolamento delle aree interne, contribuire a creare occupazione e opportunità di sviluppo turistico nell’area interessata, cui, tra l’altro, ambiscono l’istituzione e la gestione di un itinerario turistico culturale.

La dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’itinerario rischia, insomma, di produrre effetti contrari a quelli auspicati. Ben altro senso avrebbe avuto, invece, la considerazione dell’itinerario culturale (nel suo insieme o nei singoli beni che lo compongono) in un piano paesaggistico [61] (non ancora adottato nel caso in esame), che per sua natura si presta ad un’analisi complessiva del territorio, che tenga conto delle sue peculiarità e delle sue fragilità, funzionale a proporne una visione d’insieme e che, oltre a tutelare singoli beni, è astrattamente idoneo a coniugare e contemperare i diversi interessi pubblici coinvolti (la tutela del paesaggio e la sua valorizzazione sostenibile; lo sviluppo del territorio e la garanzia dell’equilibrio, tra uomo paesaggio e ambiente).

Il punto, ci sembra, è verificare in concreto l’opportunità di provvedimenti di vincolo, il cui effetto è la paralisi di diverse forme di utilizzazione del territorio, in sostituzione di interventi per la tutela e la valorizzazione del paesaggio messi in atto attraverso strumenti in grado di contemperarle con interessi pubblici altrettanto rilevanti (piani paesaggistici). A fronte dell’inerzia delle regioni rispetto all’esercizio della funzione di pianificazione paesaggistica l’intervento ministeriale finisce, insomma, per puntellare il paesaggio di vincoli che producono una diffusa paralisi [62] forse non utile allo scopo, in alcuni casi nemmeno della tutela del paesaggio.

L’apposizione di una disciplina vincolistica accompagnata da una disciplina d’uso che lascerebbe in concreto scarsi margini autorizzativi (o quasi) per la creazione di nuove strutture turistiche, o ricettive finirebbe, infatti, per incidere negativamente sulle possibilità di sviluppo economico e sociale delle aree interessate, favorendo ulteriormente il fenomeno dello spopolamento e dunque dell’abbandono dei territori con conseguente degrado del paesaggio, che invece si vorrebbe contrastare, anche attraverso la costituzione dell’itinerario.

Non si discute, naturalmente, della primarietà dell’interesse paesaggistico, né della sua prevalenza (se congruamente motivata) su altri interessi pubblici (come nel complessivo assetto delle competenze Stato-regioni in materia paesaggistica le norme consentono e la Corte avalla) quanto dell’opportunità dell’utilizzo del vincolo provvedimentale, per sua natura probabilmente destinato a singoli beni puntualmente individuati e individuabili dotati di un “notevole” interesse pubblico.

A ben guardare, infatti, la valorizzazione e tutela degli itinerari turistico culturali si inseriscono nelle strategie per l’implementazione e lo sviluppo di nuovi modelli di fruizione e gestione sostenibile in vista dell’integrazione ambientale - paesaggistica, con attività agricole, artigianali e turistico-culturali del sistema Paese, così come indicato nel Piano strategico del turismo 2017-2022 [63].

Anzi, come anticipato, il legislatore esplicitamente afferma la profonda correlazione tra valorizzazione del paesaggio (e realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati), ideazione o realizzazione di itinerari turistico culturali e potenziamento dell’offerta culturale [64], anche con specifico riferimento alle aree interne (v. d.l. citato), che i cammini incrociano in misura significativa [65]. Da qui, l’idea che la tutela e la valorizzazione degli itinerari turistico culturali possano incidere positivamente sullo sviluppo di questi territori [66].

Ciò, del resto, dipende dalla capacità degli itinerari (e degli istituti ad essi affini) di collocarsi al centro di azioni e iniziative miranti allo sviluppo territoriale ed alla costituzione di reti tra soggetti pubblici e privati [67]; non solo dalla prospettiva del potenziamento dell’offerta turistica di questi territori, che, pur qualificandosi come la più evidente forma di valorizzazione territoriale, non è l’unica né si presenta priva di controindicazioni.

L’istituzione e gestione dell’itinerario può contribuire, infatti, alla manutenzione del territorio e dei beni comuni [68], alla valorizzazione del paesaggio (e nella specie della rete sentieristica) e del patrimonio culturale (anche immateriale) e dunque all’attivazione di un circuito virtuoso di promozione del territorio, mediante la riappropriazione dei luoghi da parte delle comunità di riferimento.

Per questi obiettivi, tuttavia, prima (o invece) del vincolo dell’area occorrerebbe dotare l’itinerario di risorse adeguate e soprattutto di un sistema di governance capace di renderlo sostenibile nel tempo, che preveda la definizione di forme di cooperazione tra i diversi attori efficaci e durevoli.

Su questo fronte la direzione è segnata, occorre mettersi in cammino, appunto.

 

Note

[*] Carmen Vitale, ricercatrice di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo dell’Università di Macerata, Via Luigi Bertelli 1, 62100 Macerata, carmen.vitale@unimc.it.

[1] Il provvedimento e gli elaborati grafici e a corredo del provvedimento sono disponibili su https://calabria.cultura.gov.it/ e sul sito web della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia all’indirizzo https://www.sabap-rc.beniculturali.it/.

[2] https://storico.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/feed/pdf/Direttiva%202016-imported-56667.pdf.

[3] Presenza di percorsi lineari e fruibili; presenza di segnaletica orizzontale e verticale ad ogni tappa; percorso fruibile in sicurezza; percentuale di strade asfaltate non superiore al 40%; tappe dotate di servizi di supporto al camminatore; descrizione on line sul sito di riferimento di ogni tappa; servizi di ristorazione e alloggio entro 5 km dal cammino; presenza di un organo di governo del cammino; garanzia di manutenzione e vigilanza del percorso; geo-referenziazione del percorso; sito del cammino costantemente aggiornato.

[4] https://sitap.cultura.gov.it/.

[5] Si v. i dati relativi ai piani approvati al giugno 2021, https://media.beniculturali.it/mibac/files/boards/388a5474724a15af0ace7a40ab3301de/file_pdf/Pianificazione%20paesaggistica%20-%20Quadro%20sinottico%20-%20aggiornamento%20giugno%202021.pdf.

[6] Cfr. L. Casini, Valorizzazione e gestione, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Bologna, 2020, pag. 214.

[7] Cfr. art. 11, comma 3-ter, d.l. n. 83/2014 e art. 6, comma 2, della legge sui piccoli comuni, 6 ottobre 2017, n. 158.

[8] https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2022/01/Snai-Versante-Ionico-Serre-Doc-strategico-22.3.21.pdf.

[9] In tema, A. Sau, Le frontiere del turismo culturale, in Aedon, 2020, 1. Al tema è dedicato il cap. IV, del volume di A. Areddu, Contributo allo studio degli itinerari culturali, Napoli, 2019. Più di recente, B. Accettura, M. Brocca, F.F. Tuccari, Turismo sostenibile e politiche territoriali. Profili giuridici, https://www.ambientediritto.it/dottrina/turismo-sostenibile-e-politiche-territoriali-profili-giuridici/.

[10] Cfr. la Relazione di accompagnamento al provvedimento.

[11] Sul tema per qualche riferimento generale, la Strategia nazionale per le aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, Materiali Uval, 2014, MUVAL_31_Aree_interne.pdf. Sul punto, si v. anche le Linee guida del Mibact per la Strategia nazionale per le aree interne, http://focus.formez.it/sites/all/files/linee_guida_mibact_v05122016.pdf.

[12] https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2022/01/Snai-Versante-Ionico-Serre-Doc-strategico-22.3.21.pdf.

[13] Il processo di formale costituzione pare peraltro non essere ancora concluso, https://www.galserrecalabresi.it/biodistretto-delle-serre/.

[14] https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2022/01/Snai-Versante-Ionico-Serre-Doc-strategico-22.3.21.pdf, pag. 38.

[15] https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2022/01/Snai-Versante-Ionico-Serre-Doc-strategico-22.3.21.pdf, pag. 45.

[16] S. Amorosino, Gli itinerari turistico culturali nell’esperienza amministrativa italiana, in Aedon, 2000, 3.

[17] Il riferimento è, in particolare, alla monografia di A. Areddu, Contributo allo studio degli itinerari culturali, cit., spec. pag. 30 ss.

[18] In tema, si v. G.P. Barbetta, M. Cammelli, S. Della Torre (a cura di), I distretti culturali. Dalla teoria alla pratica, Bologna, 2013.

[19] Si v., in particolare, la l.r. Puglia 6 luglio 2011, n. 15, Istituzione degli ecomusei della Puglia; la l.r. Lombardia, 7 ottobre 2016, n. 25, Politiche culturali della regione Lombardia. Riordino normativo; la l.r. Friuli Venezia Giulia 20 giugno 2006, n. 10, Istituzione degli ecomusei in Friuli Venezia- Giulia. Sul tema degli ecomusei, tra gli altri, V. Caputi Jambreghi, Interventi sul territorio extraurbano. Ecomusei, paesaggi, periferie, in giustamm.it, 2019, 11; F. Fracchia, L. Gili, Ecomusei e aree protette tra sussidiarietà e sviluppo sostenibile, in Diritto al paesaggio e diritto del paesaggio. Atti del Convegno di Lampedusa, 21-23 giugno 2007, (a cura di) W. Cortese, Napoli, Editoriale scientifica, 2008; G. Reina, L’ecomuseo fra territorio e comunità, in Gli ecomusei, Una risorsa per il futuro, (a cura di) Id., Venezia, 2014, 20 ss.

[20] Si. v., tra le altre, l.r. Lombardia, 7 ottobre 2016, n. 25 Politiche regionali in materia culturale. Riordino normativo che all’art. 20, definisce una categoria omnicomprensiva di itinerario turistico culturale. Una definizione generale si trova in l.r. Marche, 9 febbraio 2010, n. 4, Norme in materia di beni e attività culturali, che all’art. 2 indica tra le finalità della valorizzazione l’organizzazione di itinerari culturali e turistici. Più vago il riferimento contenuto nella l.r. Puglia, 25 luglio 2013, n. 17, Disposizioni in materia di beni culturali, a generici “itinerari di visita” (art. 4, comma 1, lett. f). Nella l.r. Abruzzo 3 marzo 2005, n. 19, Norme per la costituzione dei Consorzi di beni culturali e delega di funzioni regionali, si definisce in maniera esaustiva la costituzione dei Consorzi di beni culturali, quali soggetti deputati all’organizzazione di itinerari turistico culturali; l.r. Emilia-Romagna, 7 aprile 2000, n. 23, Disciplina degli itinerari enogastronomici dell’Emilia -Romagna; l.r. Basilicata, 11 agosto 2015, n. 27, Disposizioni in materia di patrimonio culturale finalizzate alla valorizzazione, gestione e fruizione dei beni materiali e immateriali della Regione Basilicata; legge 7 agosto 1997, n. 270, Piano degli interventi di interesse nazionale relativi a percorsi giubilari e pellegrinaggi in località al di fuori del Lazio, emanata in vista del giubileo del 2000; l.r. Molise 5 maggio 2005, n. 19, Promozione, tutela e valorizzazione del patrimonio tratturale e della civiltà della transumanza nella regione Molise.

[21] Così è, ad es., per i Consorzi di beni culturali (l.r. Abruzzo, n. 19/2005), il distretto culturale (art. 21, l.r. Marche 9 febbraio 2010, n. 4), i Comitati promotori per gli itinerari enogastronomici l.r. Emilia-Romagna, n. 23/2000, o ancora il Coordinamento regionale tratturi (per la regione Molise, l.r. n. 19/2005).

[22] In tema, ancora, A. Areddu, Contributo allo studio degli itinerari culturali, cit., spec. pag. 47 ss.

[23] https://www.coe.int/it/web/cultural-routes/about.

[24] https://www.coe.int/it/web/cultural-routes/about-the-epa#:~:text=L’Accordo%20Parziale%20Allargato%20(APA,con%20altri%20paesi%20e%20regioni.

[25] Alcuni riferimenti agli itinerari turistico culturali si trovano nelle Linee Guida UNESCO. Sul tema, A. Areddu, Analisi giuridica degli itinerari culturali, in Aedon, 2020, 1.

[26] In questo contesto si inserisce l’avvio dell’iter da parte del MIC per l’iscrizione dell’Appia Antica nella lista del Patrimonio mondiale, https://www.unesco.it/it/news/il-ministero-della-cultura-avvia-liter-di-candidatura-della-via-appia-antica-per-liscrizione-nella-lista-del-patrimonio-mondiale-dellunesco/.

[27] https://www.icomositalia.com/_files/ugd/57365b_d8d00a05c0da4f5f83d87b5771796fd7.pdf.

[28] Cfr. il Preambolo della Carta.

[29] Sulla nozione di patrimonio culturale, in particolare, L. Casini, Patrimonio culturale, in Enc. dir., I tematici, III, Funzioni amministrative, Milano, 2022, pag. 817 ss.; S. Cassese, I beni culturali dalla tutela alla valorizzazione, Gda, 7, 1998, pag. 673 ss.; A. Lupo, La nozione positiva di patrimonio culturale alla prova del diritto globale, in Aedon, 2019, 2; A. Tarasco, Il patrimonio culturale. Concetto, problemi, confini, Napoli, Editoriale Scientifica, 2019; G. Volpe, Patrimonio al futuro. Un manifesto per i beni culturali ed il paesaggio, Milano, Electa, 2015; G. Morbidelli, A. Bartolini, L’immateriale economico nei beni culturali, Torino, Giappichelli, 2016.

[30] M. Cammelli e G. Piperata, Patrimoni culturali: innovazioni da completare; tensioni da evitare, in Aedon, 2022, 1.

[31] Sia consentito rinviare a C. Vitale, Percorsi di valorizzazione sostenibile del patrimonio culturale e promozione turistica: la disciplina degli itinerari enogastronomici per lo sviluppo dei territori, in Agr. ist. merc., 2018, 3, pag. 51.

[32] https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01313729.pdf.

[33] https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/56673.pdf.

[34] Art. 1, d.l. n. 2367 “Ai fini della presente legge sono considerati “cammini” gli itinerari culturali di particolare rilievo che presentano le seguenti caratteristiche: a) sono fruibili a piedi, in bicicletta, a cavallo o con altre forme di mobilità dolce e sostenibile, comunque con mezzi non motorizzati, ad eccezione dei casi in cui l’utilizzo dei mezzi motorizzati sia necessario per attività di soccorso, di protezione civile, di manutenzione, nonché per attività agro-silvopastorali ovvero sia funzionale alla fruizione del cammino da parte di persone con disabilità; b) sono riconosciuti particolarmente meritevoli di tutela in quanto collegano luoghi accomunati in misura preminente da va lori culturali d’insieme essendo connotati da significativi e documentati fatti o personaggi storici, della cultura, dell’arte, delle scienze, della letteratura, dell’architettura, religiosi o spirituali, da vicende sociali o da tradizioni storico-culturali o enogastronomiche, o dalla presenza di particolari contesti naturali o di strade e tracciati storici”.

[35] Cfr. art. 1, d.l. n. 562 “La Repubblica promuove e valorizza i cammini, anche comprensivi delle vie d’acqua fluviali e marine, quali itinerari di rilievo europeo, nazionale o regionale, percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce e sostenibile, senza l’ausilio di mezzi a motore, articolati in tappe giornaliere, che rappresentano una modalità di fruizione del patrimonio naturale e culturale diffuso, di valorizzazione degli attrattori culturali, storici, artistici, religiosi, linguistici, paesaggistici, enogastronomici e sportivi nonché di sviluppo turistico dei territori interessati. In deroga a quanto previsto al primo periodo, la circolazione motorizzata è consentita per i mezzi indispensabili per consentire l’accessibilità alle persone con disabilità”.

[36] Si spazia dalla tutela e valorizzazione dei monumenti, dei luoghi e dei siti di interesse storico, culturale, religioso e naturalistico interessati, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, per abbracciare le finalità di valorizzazione dei borghi, di rilancio dell’attività culturale nei territori attraversati o limitrofi ai cammini e della connessa attività di accoglienza, a sostegno di una strategia nazionale delle aree interne; tra le finalità di studio sono richiamate anche quelle concernenti aspetti sociali ed enogastronomici, nonché quelli attinenti alla tradizioni ed al patrimonio culturale. Non manca la finalità di promuovere corretti stili di vita e la capacità inclusiva delle attività culturali e turistiche specificamente calibrate per persone diversamente abili o con mobilità ridotta, art. 1 di entrambi i testi.

[37] Relativamente a: interventi finalizzati a sostenere la tutela, la valorizzazione e il recupero delle testimonianze e dei lasciti storici, culturali, religiosi, ambientali e paesaggistici connessi ai cammini; 2) interventi finalizzati a sostenere e coordinare la tutela e valorizzazione dei borghi, dei centri storici, 3) iniziative di promozione e sostegno delle attività artigiane artistico-tradizionali e delle altre attività commerciali riconosciute come espressione dell’identità culturale collettiva ai sensi delle Convenzioni del l’UNESCO; 4) iniziative, anche con il coinvolgimento di università, istituti culturali, associazioni e istituti scolastici presenti sul territorio, volte a favorire la conoscenza e la promozione del patrimonio culturale dei cammini e attività di formazione di operatori turistici, di operatori delle strutture dell’ospitalità, dell’accoglienza; 5) interventi finalizzati a garantire i collegamenti con mezzi di trasporto pubblico; 6) interventi finalizzati a favorire l’interconnessione infrastrutturale dei cammini con le reti sentieristiche e gli itinerari regionali e locali, valorizzando i territori e gli itinerari locali limitrofi ai cammini; 7) interventi a sostegno, anche con appositi finanziamenti, di itinerari con capacità inclusive, con caratteristiche che ne favoriscono la fruizione anche da parte delle famiglie e di persone con disabilità o con mobilità ridotta; 8) interventi volti ad assicurare la sostenibilità ecologica dei cammini; 9) interventi di riqualificazione e riuso di immobili del patrimonio pubblico; 10) l’individuazione degli ambiti prioritari cui indirizzare i finanziamenti de stinati agli interventi e alle iniziative più idonei a migliorare i cammini e a realizzare gli scopi della presente legge; 11) la promozione e l’implementa zione di studi, progetti e modelli organizzativi che favoriscano la valorizzazione dei cammini e la loro fruizione culturale e turistica, con specifico riferimento alla definizione di disciplinari di qualità dei servizi di fruizione e alla costruzione di reti di imprese e di istituzioni per la gestione e la valorizzazione dei cammini. La Cabina di regia, inoltre, effettua la ricognizione periodica e puntuale sullo stato di attuazione degli interventi, anche mediante l’attività di verifica, monitoraggio e controllo svolta dal comitato scientifico; propone un piano nazionale integrato per la manutenzione ordinaria dei cammini; presenta al ministro della Cultura, entro il 31 gennaio di ciascun anno, una re lazione annuale sull’attività svolta. Nella versione attuale del disegno di legge n. 562 la parte relativa al ruolo della Cabina di regia appare snellita, non figurando più un elenco così dettagliato di attività, limitandosi l’art. 3 del d.l. n. 562 ad attribuire alla Cabina di regia queste funzioni: a) definizione degli standard di qualità dei cammini d’Italia; b) definizione delle modalità per la realizzazione, la gestione e l’aggiornamento della banca dati; c) definizione del programma nazionale per lo sviluppo e la promozione dei cammini d’Italia di cui all’articolo 5 e monitoraggio della sua attuazione; d) approvazione di ogni altra proposta o iniziativa utile a favorire lo sviluppo e la promozione dei cammini d’Italia.

[38] Anche la composizione della Cabina di regia risulta snellita nel secondo d.l.

[39] Composto da nove esperti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri della cultura e del turismo, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e le autonomie, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, della transizione eco logica e dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.

[40] Al Tavolo permanente, partecipano i componenti della cabina di regia, rappresentanti degli operatori del settore culturale e di quello turistico, rappresentanti delle associazioni, degli enti del Terzo settore e di altri organismi attivi nel settore, rappresentanti delle istituzioni religiose, rappresentanti di associazioni a tutela dei disabili, nonché esperti, al fine di consentire un approccio comune e integrato in materia di cammini.

[41] In questo senso, si segnala l’art. 7 d.l. n. 562 in tema di campagne promozionali dei cammini. È interessante notare, invece, come nell’ultima versione del disegno di legge non compaiano più alcune disposizioni interessanti inizialmente previste (e poi giudicate potenzialmente in contrasto con la normativa europea) relativamente alle agevolazioni fiscali per enti del terzo settore a cui fosse affidata la gestione dei cammini (art. 8); la decontribuzione per i datori di lavoro, la cui sede di lavoro fosse situata nei comuni attraversati dai cammini (art. 9); la promozione delle opere d’arte di giovani artisti per l’abbellimento dei cammini (art. 6).

[42] Cfr. G. Sciullo, Il partenariato pubblico-privato in tema di patrimonio culturale dopo il Codice dei contratti, in Aedon, 2021, 3; P. Carpentieri, Appalti nel settore dei beni culturali, cit., pag. 1026 s.; L. Casini, Art. 151, in Codice dei contratti pubblici, (a cura di) R. Garofoli, G. Ferrari, Tomo II, Molfetta, 2017, 2280; M. Cammelli, Cooperazione, in C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 308 s.; M. Croce, S. de Nitto, I partenariati per la valorizzazione del patrimonio dismesso, in disuso, in Patrimonio culturale e soggetti privati, (a cura di) A. Moliterni, Napoli, 2019, pag. 169 ss.; F.G. Albisinni, I contratti pubblici concernenti i beni culturali, in Giorn. dir. amm., 2016, 4, pag. 514. Sul tema, recentemente, la delibera dell’ANAC relativamente all’utilizzabilità dello strumento da parte di Comuni con siti UNESCO, https://www.anticorruzione.it/-/delibera-n.-538-del-21-novembre-2023.

[43] A. Fici, L. Gallo, F. Giglioni (a cura di), I rapporti tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 2020, Napoli, 2020; E. Frediani, I rapporti con la pubblica amministrazione alla luce dell’art. 55 del codice del Terzo settore, in Non profit, 2017, 1, pag. 157 ss.; L. Gili., Il Codice del Terzo settore ed i rapporti collaborativi con la P.A., in Urb. e app., 2018, 1, pag. 15 ss.; D. Palazzo, Le attività di interesse generale del terzo settore tra sussidiarietà e valori costituzionali, in Dir. Amm., 2022, 2, pagg. 513-552; S. Pellizzari, La co-progettazione come forma di collaborazione tra p.a. e enti del terzo settore, in Munus, 2019, 2, pag. 545 ss.

[44] Si v. in particolare, l’art. 5, d.l. n. 562 a norma del quale “la Cabina di regia, sentito il tavolo permanente, predispone il programma nazionale per lo sviluppo e la promozione dei cammini d’Italia, di seguito denominato ‘programma’, indicando le priorità degli interventi e definendo la strategia unitaria di promozione e di valorizzazione dei cammini d’Italia a livello nazionale. Il programma ha durata triennale”.

[45] Sulla natura dichiarativa, costitutiva o mista del provvedimento, cfr. S. Amorosino, Introduzione al diritto del paesaggio, Roma, 2010, pag. 90.

[46] Sui vincoli paesaggistici, M. Immordino, Vincolo paesaggistico e regime dei beni, Milano, 1991; A. Bartolini, Art. 140 in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M. Cammelli, Bologna, 2007; N. Aicardi, I vincoli paesaggistici tra Codice e l.r. n. 23/2009, in Ist. fed., 2010, pag. 81 ss.; G. Sciullo, I vincoli paesaggistici “ex lege” origine e “ratio”, in Aedon, 2012, 1; Id., A proposito delle valutazioni di compatibilità rispetto a vincoli storico artistici e paesaggistici, in Aedon, 2018, 2.

[47] Molto dibattuta in dottrina la questione della natura dichiarativa o costitutiva della dichiarazione, cfr. A. Crosetti, L’individuazione dei beni paesaggistici, in A. Crosetti, D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino, 2018, pagg. 216-217. Si è di recente fatta strada l’ipotesi della natura mista dell’atto che ha natura dichiarativa della valenza paesaggistica del bene ed effetto costitutivo del vincolo sul bene, cfr. G. Piperata, Paesaggio, in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 274.

[48] A. Bartolini, Commento agli artt. 136 e 140, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 521 e pag. 536; P. Carpentieri, I decreti correttivi e integrativi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in Urb. e app., 2006, pag. 625 ss.; Id., Salvaguardia dei valori del paesaggio, in Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) G. Leone, A. Tarasco, 2006, pag. 841 ss.; G.F. Cartei, L’individuazione dei beni paesaggistici nel Codice dei beni culturali e del paesaggio: profili esegetici e aspetti problematici, in Il Codice dei beni culturali tra teoria e prassi, (a cura di) V. Piergigli A.L. Maccari, Milano, 2006, pag. 509; P. Marzaro, Il nuovo regime del provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico: dal procedimento alla separazione delle funzioni di tutela dei beni paesaggistici, in Riv. giur. urb., 2009, pag. 131 ss.; A. Quaglia, Commento all’art. 138, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2006, pag. 885 ss.

[49] È fatto salvo il potere del ministero, su proposta motivata del soprintendente, previo parere della regione interessata, che deve essere motivatamente espresso entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all’articolo 136).

[50] Cfr. A. Crosetti, L’individuazione dei beni paesaggistici, cit., pag. 228; G. Piperata, Paesaggio, cit. In giurisprudenza, tra le altre Cons. St., sez. VI, n. 914/2016.

[51] G.F. Cartei, Il paesaggio, in Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale, (a cura di) S. Cassese, Milano, 2002, IV, pag. 2110 ss.; S. Civitarese Matteucci, Il paesaggio nel nuovo Titolo V, Parte II della Costituzione, in Riv. giur. amb., 2003, pag. 253 ss.; P. Carpentieri, La nozione giuridica di paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2004, pag. 363 ss.; N. Olivetti Rason, La natura ed il paesaggio nel diritto costituzionale, in La tutela della natura e del paesaggio, Trattato di diritto dell’ambiente, III, (a cura di) A. Crosetti, pag. 59 ss.; C. Marzuoli, Il paesaggio nel nuovo Codice dei beni culturali, in Aedon, 2008, 3.

[52] Ciò, peraltro, si richiama alla qualità dei beni paesaggistici, come “categoria di beni originariamente di interesse pubblico” (Corte cost. n. 56 del 1968).

[53] Vale solo la pena ricordare, in proposito, che con la nota sent. Tuxiveddu, (Cons. St., VI, 3 marzo 2011, n. 1366) il giudice amministrativo abbia precisato come, alla luce del Codice, le scelte compiute dal piano paesaggistico, prevalessero su qualsiasi altro strumento di pianificazione locale. Sul tema dell’autonomia della tutela del paesaggio rispetto all’urbanistica ed al governo del territorio, si v. P. Urbani, Urbanistica, tutela del paesaggio e interessi differenziati (Nota a Corte cost., 21 dicembre 1985, n. 359), in Le Regioni, 1986, pag. 665 ss.; F. Fracchia, Governo del territorio e ambiente, in S. Civitarese Matteucci, E. Ferrari, P. Urbani, Il governo del territorio (Atti del Convegno AIDU), Milano, 2003, pag. 225 ss.; S. Civitarese Matteucci, Governo del territorio e paesaggio, ivi, pag. 283 ss.

[54] Del grado di discrezionalità che caratterizza i provvedimenti di vincolo con le conseguenze che ne derivano rispetto all’ampiezza del sindacato giurisdizionale si sono a lungo confrontate dottrina (A. Crosetti, Beni culturali e valutazione dell’interesse pubblico (l’influenza del pensiero di A.M. Sandulli), in Aldo M. Sandulli (1915-1984), Attualità del pensiero giuridico del maestro, Id., Milano, 2004, pag. 523 ss.; M. Immordino, Individuazione del bene paesaggistico e valutazione comparativa di interessi, in Riv. giur. urb., 1988, pag. 315 ss.; V. Parisio, Tutela dei valori ambientali, paesaggistico-territoriali e semplificazione con l’azione amministrativa, in Riv. giur. ed., 1991, II, pag. 27 ss.; A. Rota, La tutela dei beni culturali tra tecnica e discrezionalità, Padova, 2002) e giurisprudenza (tra le altre già Cons St., sez. VI, 8 luglio 1998, n. 1053; Con. St. VI, 2 settembre 1998, n. 1179; Cons. St., 8 gennaio 1998, n. 56). Per la giurisprudenza più recente la delimitazione di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico “costituisce tipica espressione di una valutazione di discrezionalità tecnica non sindacabile se non sotto i profili della manifesta illogicità, incongruità, irragionevolezza o arbitrarietà” (Cons. St., sez. VI, n. 914/2016). D’altro canto, come osservato dalla dottrina “accanto ai criteri di discrezionalità tecnica, vengono ad aggiungersi, per effetto dei principi partecipativi del Codice rispetto ai procedimenti di individuazione, anche momenti di discrezionalità amministrativa, volti alla composizione ed al bilanciamento di interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento di dichiarazione” (A. Crosetti, L’individuazione dei beni paesaggistici, cit., pag. 218).

[55] Cfr., su questo, l’Atlante dei vincoli della Regione Calabria, su https://www.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=147. Nello specifico nella Relazione generale introduttiva allo studio relativo alla definizione di un Atlante dei vincoli (prodromico alla definizione dei contenuti della pianificazione paesaggistica regionale non ancora adottata) si fa riferimento alla ricognizione svolta relativa a 69 beni vincolati (pag. 8 ss.).

[56] Realizzazione di infrastrutture a rete purché la posizione, nonché, la disposizione planimetrica del tracciato, rispettino l’assetto morfologico e idrologico dei luoghi e prevedano un corretto inserimento paesaggistico; realizzazione di opere infrastrutturali a rete interrate pubbliche e/o di interesse pubblico, a condizione che siano di dimostrata e assoluta necessità o di preminente interesse per la popolazione residente e non siano localizzabili altrove; realizzazione di reti per la “mobilità dolce” correttamente inserite nel paesaggio;-interventi di messa in sicurezza di cave esistenti, qualora sussistano motivi di compromissione della stabilità dei versanti della cava, ed interventi di recupero e dismissione della stessa;- Interventi di rinaturalizzazione delle cave abbandonate; edificazione, ampliamenti e sopraelevazioni di manufatti di qualsiasi genere che possono solo indirettamente interferire con le visuali del sentiero e comunque esclusivamente nei tratti urbani; gli interventi non devono modificare lo “skyline” e devono essere localizzati in posizioni e quote di limitata percezione visiva;- realizzazione e/o recupero delle sorgenti e/o dei punti acqua e delle aree circostanti con l’utilizzo di metodi e tecniche di ingegneria naturalistica; - realizzazione di segnaletica (segnavia verticali e orizzontali e tabelle esplicative) relativa alla fruizione dolce (a piedi, a cavallo, in bici) con materiali eco-compatibili;- realizzazione di interventi finalizzati a rendere accessibili i sentieri parte di persone con disabilità purché realizzati con materiali eco-compatibili e nel rispetto del contesto paesaggistico; interventi di manutenzione forestale compatibili con i valori paesaggistici.

[57] Si tratta della pronuncia relativa al ricorso contro il decreto del Direttore generale della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio del ministero per i Beni e le Attività culturali e per il turismo del 5 dicembre 2019, n. 1676, recante “Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area alpina compresa tra il Comelico e la Val d’Ansiei, Comuni di Auronzo di Cadore, Danta di Cadore, Santo Stefano di Cadore, San Pietro di Cadore, San Nicolò di Comelico e Comelico Superiore”.

[58] Ciò tanto più se si considera che la locuzione “governo del territorio” indica un campo ben più ampio della sola urbanistica, in quanto ricomprende tutto ciò che attiene all’suo del territorio ed alla realizzazione di impianti e attività (Corte cost., nn. 307/2003 e 196/2004).

[59] A. Crosetti, ibidem.

[60] La questione è illustrata da S. Fantini, Il centro storico come bene paesaggistico a valenza culturale, Relazione al Convegno “I centri storici tra norme e politiche”, Gubbio, 6-7 giugno 2014, in Aedon, 2015. In generale, sul tema, si v. G. Caia, G. Ghetti, La tutela dei centri storici. Discipline giuridiche, Torino, Giappichelli, 1997; P. Carpentieri, Il decoro urbano: il problema degli usi e della conservazione dei centri storici. I beni culturali e la normativa urbanistica, https://www.giustamm.it/static/pdf/d/5009_ART_5009.pdf; G. D’Alessio, I centri storici: aspetti giuridici, Milano, Giuffrè, 1983; S. Fantini, Il centro storico come bene paesaggistico a valenza culturale, in Aedon, 2015, 2; L. Ferrucci [archivio/2015/2/ferrucci.htm], Le potenzialità economiche dei centri storici, in Aedon, ibidem; M. Malo (a cura di), I centri storici come parte del patrimonio culturale, Bologna, Mulino, 2020; F.G. Scoca, D. D’Orsogna, Centri storici, problema irrisolto, in La tutela dei centri storici. Discipline giuridiche, cit.; G. Severini [archivio/2015/2/severini.htm], Centri storici: occorre una legge speciale o politiche speciali?, in Aedon, 2015, 2; A. Simonati, La disciplina regionale dei centri storici: caratteri e tendenze, in Riv. giur. urb., 2015, 2, 295 ss.; C. Videtta, I centri storici al crocevia tra disciplina dei beni culturali, disciplina del paesaggio e urbanistica: profili critici, in Aedon, 2012, 3.

[61] In tema, cfr. A. Areddu, Contributo allo studio degli itinerari culturali, cit., pag. 279. Sui contenuti della pianificazione paesaggistica, M. Pallottino, La pianificazione paesistica secondo il Codice dei beni culturali e del paesaggio, in Riv. Giur. urb., 2004, 3, pag. 525 ss.; P. Urbani, Commento all’art. 135, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 518 ss.; S. Amorosino, Commento agli artt. 143-145, ivi, pag. 551 ss.; A. Angiuli, Commento all’art. 135, in Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 352 ss.; S. Amorosino, I piani paesaggistici, in Il Codice dei beni culturali tra teoria e prassi, cit., pag. 525 ss.; M. Immordino, I piani paesaggistici nella giurisprudenza costituzionale, in Il diritto urbanistico in 50 di giurisprudenza della Corte costituzionale, (a cura di) M.A. Sandulli, M.R. Spasiano, P. Stella Richter, Napoli, 2007, pag. 135 ss.

[62] Cfr. la Mappa dei vincoli, http://www.sitap.beniculturali.it/index.php del Mic.

[63] https://www.ministeroturismo.gov.it/wp-content/uploads/2021/11/Piano-Strategico-del-Turismo-2017-2022.pdf.

[64] In tema sia consentito rinviare a C. Vitale, La valorizzazione del patrimonio culturale delle aree interne. Considerazioni preliminari, in Aedon, 2018, 3. Più in generale sul rapporto tra cultura e sviluppo S. Cassese, L’evoluzione degli istituti della cultura, in Cultura come diritto: radici costituzionali, politiche e servizi, Associazione Civita, 2019, pagg. 7-13; G. Sciullo, I beni culturali quali risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, in Aedon, 2017, 3. Sul tema, G. Piperata, Cultura e sviluppo economico..e di come addomesticare gli scoiattoli, in Aedon, 2018, 3. In ambito europeo si v. la Comunicazione della Commissione, al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Verso un approccio integrato al patrimonio culturale, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52014DC0477&qid=1416225231764&from=IT, che evidenzia come il valore economico del patrimonio culturale sia potenzialmente idoneo a incentivare la coesione e l’integrazione sociale mediante la riqualificazione di zone degradate; Icom & Oecd, Cultura e sviluppo locale: massimizzare l’impatto: una guida per le amministrazioni locali, le comunità e i musei, http://www.oecd.org/cfe/leed/OECD-ICOM-GUIDE-MUSEUMS-IT.pdf. “I beni e le attività culturali sono elementi di sviluppo e di progresso anche sotto il profilo della crescita economica del Paese”, così la Corte dei Conti, Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2015, vol. II, Roma, 2016, pag. 367.

[65] https://camminiditalia.cultura.gov.it/cammini/.

[66] In tema sia consentito rinviare a C. Vitale, La valorizzazione del patrimonio culturale delle aree interne. Considerazioni preliminari, in Aedon, 2018, 3.

[67] A. Areddu, Contributo allo studio degli itinerari culturali, cit., spec. pag. 279 ss.

[68] Si veda, in tal senso, la già citata legge sui piccoli comuni, che, nel quadro delle iniziative finalizzate a garantire lo sviluppo sostenibile e la coesione territoriale, mira a favorire la residenza nei piccoli comuni e la tutela e valorizzazione del loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico, al fine di contrastarne lo spopolamento e di incentivare l’afflusso turistico, oltre che contribuire alle attività di contrasto al dissesto idrogeologico e di manutenzione e tutela dei beni comuni (art. 1). Per un inquadramento generale del tema della gestione dei beni comuni, cfr. G. Arena, Amministrazione e società. Il nuovo cittadino, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, 1, pagg. 43-55; L’Italia dei beni comuni, (a cura di) G. Arena, C. Iaione, Roma, Carocci, 2012; M. Bombardelli (a cura di), Prendersi cura dei beni comuni per uscire dalla crisi, Napoli, Editoriale Scientifica, 2016. Sulla assimilazione tra patrimonio culturale e beni comuni, cfr. E. Fidelbo, Strumenti giuridici di valorizzazione del rapporto tra patrimonio culturale e territorio: il caso dei patti di collaborazione tra amministrazioni locali e cittadini, in Aedon, 2018, 3.

 

 

 



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