Fondazioni e beni ecclesiastici di interesse culturale
Patrimonio di interesse religioso: scenari territoriali di conoscenza, interpretazione e pianificazione
di Andrea Longhi [*]
Sommario: 1. Premessa. - 2. La consistenza e la distribuzione del patrimonio religioso: fonti e strumenti di conoscenza. - 2.1. BeWeb. - 2.2. Cosa non si trova su BeWeb e i suoi possibili sviluppi. - 2.3. Una mappa di integrazione tra le banche dati e prospettive di interoperabilità. - Bibliografia di riferimento.
Heritage of religious interest: spatial scenarios of knowledge, interpretation and planning
Knowledge of cultural heritage is a social product, which means that it is a project in constant progress, with aims and working methods defined by specific clients in highly articulated socio-cultural contexts, supported by documentation databases that are as extensive and systematic as possible. The essay frames the potential and limits of existing survey sources, useful for planning a territorial knowledge of the heritage of religious interest, owned and managed by a plurality of entities.
Keywords: religious heritage; data-base; regional surveys; ecclesial architecture.
Se il patrimonio culturale e i processi di patrimonializzazione sono prodotti sociali, anche i progetti di conoscenza del patrimonio sono considerabili come prodotti sociali, programmati con obiettivi e metodi di lavoro specifici, definiti dagli enti promotori.
La conoscenza dei processi formativi del patrimonio di interesse religioso consente di inquadrare e periodizzare il quadro complesso di proprietà e competenze: i beni possono infatti appartenere a diversi soggetti ecclesiastici, ma anche a enti pubblici e a privati, singoli o organizzati. Dal punto di vista fruitivo e gestionale, è delicata soprattutto la situazione (peraltro assai frequente) in cui sistemi di beni coerenti - per periodizzazione storico-artistica o per contesto paesaggistico - appartengano o siano gestiti da soggetti diversi. Se dunque la pluralità storica di committenti, mecenati e promotori ha determinato la ricchezza - e talora la ridondanza - del patrimonio religioso, ora la frammentarietà giuridica e manageriale costituisce un serio problema per la promozione di politiche patrimoniali coerenti e lungimiranti, di valorizzazione, ma soprattutto di prevenzione del rischio, conservazione programmata e manutenzione ordinaria.
Il paragrafo qui proposto pone il problema di come possa essere valutata - a scala territoriale - la consistenza dei sistemi di beni di interesse religioso, muovendosi su banche-dati esistenti. Tale delicata operazione è la premessa di ogni successiva azione di valutazione dei rischi naturali e antropici cui il patrimonio è sottoposto, come pure delle auspicate attività di pianificazione di un miglior uso cultuale e culturale del patrimonio stesso, da parte di una pluralità di possibili attori, nel quadro di strategie complessive di governo del territorio, e orientati a favorire il dialogo tra competenze esperte e partecipazione comunitaria.
2. La consistenza e la distribuzione del patrimonio religioso: fonti e strumenti di conoscenza
La pluralità dei soggetti proprietari e gestori determina serie difficoltà nell’organizzare basi-dati digitali di conoscenza unitarie, o almeno strettamente coordinate. L’impresa del catalogo del patrimonio nazionale, intrapresa all’indomani della formazione dello Stato italiano, ha accompagnato la storia del nostro paese, ma l’estensione di categorie e scale del patrimonio, oltre che l’obsolescenza dei supporti, ha finora impedito di pervenire all’esito di un catalogo patrimoniale unico, sotto la regia pubblica.
Peraltro, i processi di patrimonializzazione sono ormai così estesi, capillari e diversificati che probabilmente il concetto stesso di catalogo è esito di un approccio ottocentesco ormai radicalmente messo in discussione, in favore di forme più convincenti di condivisione policentrica della conoscenza sul patrimonio, alle diverse scale, e soprattutto su supporti georeferenziati e dinamici, che consentano anche analisi di distribuzione e qualificazione, oltre che di consistenza.
Inoltre, il patrimonio ecclesiastico è soggetto a norme di inventariazione canoniche e, nel quadro dell’organizzazione ecclesiastica, soggetti diversi possono promuovere campagne di catalogazione e conoscenza (conferenze episcopali e diocesi, ordini religiosi ecc.).
È quindi impegnativo ricostruire organicamente un quadro territoriale e comparativo dei beni di interesse religioso insistenti sul territorio, che consenta di verificare quali siano il ruolo, lo stato di conservazione e il livello di rischio di un bene rispetto ad altri sistemi patrimoniali affini o rispetto al territorio circostante. Tale mappatura dinamica consentirebbe di dimensionare in modo consapevole l’impegno tecnico ed economico di strategie di azione, nonché le priorità di intervento su un bene piuttosto che un altro. Al momento, l’incrocio “artigianale” o semi-automatico tra i cataloghi e le banche dati principali open access e “georiferite” è l’unico strumento per definire il quadro territoriale e paesaggistico dell’intero patrimonio di interesse religioso di una determinata area.
Figura 1. Insiemi di conoscenze di banche dati Cei e Vir.
Andranno considerate quindi le banche dati di origine sia ecclesiastica, sia statale e di altri soggetti pubblici, integrate da tutti i possibili dati sistematici desumibili da altre fonti. In prima analisi:
- le iniziative ecclesiastiche di censimento del patrimonio culturale ecclesiastico (beni mobili, archivi, biblioteche, architetture e istituzioni culturali): in particolare per l’architettura valgono l’”elenco chiese” (prima inventariazione) e il “censimento delle chiese delle diocesi italiane” (catalogo approfondito) promossi dalla Cei, che offrono schede costruite secondo il modello Iccd; si noti che le iniziative catalografiche riguardano, finora, il tema delle chiese, e non del patrimonio immobiliare in senso lato, tema su cui tuttavia sono in corso sperimentazioni, non solo per i beni di interesse culturale;
- le iniziative ministeriali, in particolare “Vincoli in rete” (Vir), cui sono collegati tanto i dati di catalogo (in ampia parte ancora cartaceo, tuttavia), quanto i dati sui provvedimenti di tutela e su altre informazioni presenti in altre banche dati; progressivamente lo Stato italiano sta intraprendendo iniziative di interoperabilità tra le sue diverse banche dati (in particolare catalogo.beniculturali.it).
Non devono tuttavia essere trascurate o ignorate:
- l’esperienza della “carta del rischio”, i cui principi teorici sono fondati nel dibattito degli anni Settanta su manutenzione e prevenzione, e che costituisce il quadro di riferimento per il tema;
- le iniziative di catalogazione intraprese dalle Regioni e dagli enti locali, a partire dagli anni Settanta, nel quadro dell’attuazione delle deleghe relative all’urbanistica e alla valorizzazione dei beni culturali;
- i dati sul patrimonio architettonico e paesaggistico registrati negli strumenti di governo del territorio, che vanno solitamente ben oltre la concezione vincolistica ministeriale e una lettura monumentale, e che possono individuare il patrimonio diffuso e gli aspetti paesaggistici, relazionali e identitari, riferiti anche a manufatti privi di interesse artistico; il quadro conoscitivo può essere sviluppato solo a livello locale, nel contesto delle norme regionali per il governo del territorio e la valorizzazione del patrimonio culturale.
2.1. BeWeb
Da più di venti anni la Cei promuove campagne di inventariazione e di catalogo del patrimonio culturale, in tutte le sue declinazioni. Una recente pubblicazione offre un quadro della storia del progetto e dei suoi sviluppi, e il portale BeWeb (https://beweb.chiesacattolica.it) è ormai un riferimento ineludibile per ogni operatore patrimoniale.
Tabella 1. Progetti di inventariazione del patrimonio culturale ecclesiastico |
|||
Inizio progetto |
Acronimo |
Oggetto della schedatura |
Beni schedati |
1996 |
CEI OA |
Beni storici e artistici |
4.135.476 |
2003 |
CEI A |
Beni architettonici |
66.426 |
2004 |
CEI AR |
Beni archivistici |
204.808 |
2006 |
CEI BIB |
Beni librari |
7.156.609 |
2011 |
CEI ANAGRAFE |
Anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici |
1.918 |
2018 |
CEI F |
Patrimonio fotografico |
in progress |
2018 |
Schedatura organi a canne e strumenti musicali |
in progress |
|
2020 | Patrimonio intangibile | in progress |
|
|
CEI AF | Banca dati Autority Files, Persona/Ente/Famiglia che a vario titolo hanno relazioni con i beni descritti, trasversale a tutti i progetti
|
L’elenco chiese copre ormai circa 67.000 edifici, di cui più di 30.000 dotati di scheda catalografica A (http://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/). A titolo di raffronto quantitativo, ricordiamo che le parrocchie italiane sono circa 25.500 (https://www.chiesacattolica.it/annuario-cei/regioni-diocesi-e-parrocchie/), ossia un numero prossimo ai 22.621 centri storici censiti dall’Iccd.
Tabella 2. Beni presenti in Elenco chiese e nel Censimento chiese nelle diverse regioni ecclesiastiche. Dati aggiornati al 29 agosto 2020 (da De Lucia 2021) |
||||||
Regione ecclesiastica | N. tot. |
Elenco chiese |
Censimento chiese |
|||
Abruzzo Molise |
2.793 |
1.215 |
1.578 |
56% |
||
Basilicata |
1.006 |
201 |
805 |
79% |
||
Calabria |
2.460 |
1.778 |
682 |
27% |
||
Campania |
4.340 |
1.522 |
2.818 |
64% |
||
Emilia-Romagna |
4.594 |
1.667 |
2.927 |
63% |
||
Lazio |
2.923 |
2.106 |
817 |
27% |
||
Liguria |
3.248 |
2.483 |
765 |
22% |
||
Lombardia |
7.824 |
3.476 |
4.348 |
54% |
||
Marche |
2.623 |
1.076 |
1.547 |
58% |
||
Piemonte |
10.320 |
6.846 |
3.474 |
33% |
||
Puglia |
2.411 |
1.199 |
1.212 |
50% |
||
Sardegna |
1.740 |
1.211 |
529 |
29% |
||
Sicilia |
4.322 |
3.023 |
1.299 |
29% |
||
Toscana |
4.995 |
2.044 |
2.951 |
58% |
||
Triveneto |
7.854 |
4.551 |
3.303 |
46% |
||
Umbria |
2.492 |
1.491 |
1.001 |
40% |
||
Totali |
65.945 |
35.889 |
30.056 |
45% |
||
2.2. Cosa non si trova su BeWeb e i suoi possibili sviluppi
Le iniziative di catalogazione ecclesiastica sono nate per esigenze di controllo patrimoniale dei beni (emergenza esportazioni illecite, definizione del quadro delle proprietà immobiliari ecc.), ma sono ora un potenziale supporto per politiche attive tanto nell’ambito della valorizzazione culturale (il portale propone itinerari tematici, approfondimenti ecc.) quanto negli ambiti della prevenzione dei rischi e della corretta cura manutentiva dei beni.
Questa seconda chiave di lettura non era, tuttavia, considerata negli obiettivi iniziali con cui era stata progettata - pur con grande lungimiranza - la scheda A, piuttosto indirizzata verso questioni ecclesiali e liturgiche di chiese considerate attive e abitate da comunità, e non verso i temi emergenti del patrimonio in disuso e della valutazione dei rischi. Inoltre, le schede A sono state compilate secondo una pluralità di sensibilità e formazioni diverse, che tendono solitamente a privilegiare una lettura “stilistica” del manufatto per la sua rilevanza “artistica” o “religiosa”, e non l’assetto strutturale, i materiali e il contesto ambientale- paesaggistico.
Possono tuttavia essere sviluppate fin da subito analisi territoriali e contestuali sulle decine di migliaia di schede esistenti (cercando, tra le righe dei campi già compilati, le informazioni utili su vulnerabilità e pericoli, ma anche sulle tecniche costruttive e o sui tipi strutturali più ricorrenti, in modo da poter preventivare campagne diagnostiche e manutentive mirate), ma sono in corso sperimentazioni per associare alle schede A altre informazioni sul contesto territoriale, sui pericoli ambientali, sullo stato di conservazione e - in modo dinamico - sulle azioni di conservazione, affinché la scheda diventi una sorta di “libretto di fabbricato”, o repository di documentazione, aperto al contesto.
Infine, ogni scheda e ogni catalogo hanno il limite che - in assenza di aggiornamenti - rischiano di diventare una fotografia istantanea presto datata, che registra stati di fatto obsoleti, ormai superati o da opere di restauro non documentate dalla scheda, o da esiti fatali alla conservazione dell’edificio. In ogni tipo di catalogo la sfida dell’aggiornamento e della relativa governance è il tema che l’ente gestore del catalogo stesso deve assumere come prioritario.
Un secondo limite intrinseco alla natura di BeWeb è dato dalla competenza giurisdizionale del soggetto promotore, finanziatore e gestore della banca dati: la Cei dà infatti priorità ai beni di cui sono proprietari o gestori gli enti ecclesiastici dipendenti dall’autorità vescovile (diocesi e parrocchie soprattutto), mentre non ha competenza diretta su beni di enti religiosi (istituti di vita consacrata e società di vita apostolica) o privati (confraternite ecc.) e pubblici (comuni ecc.). In talune aree del paese è stato tuttavia possibile, grazie a risorse esterne, procedere a schedare beni di interesse religioso di soggetti diversi (in “elenco” o in “catalogo”), ed è possibile proporre progetti di catalogazione relativi a proprietà non ecclesiastiche (previo coordinamento, ovviamente, con l’ente proprietario).
2.3. Una mappa di integrazione tra le banche dati e prospettive di interoperabilità
Ogni archivio nasce secondo gli obiettivi e le intenzioni di uno specifico committente, e ogni dato accumulato porta nel suo Dna conoscitivo tale imprinting di “committenza”. Immaginare una banca-dati unica e valida per ogni obiettivo sarebbe non solo velleitario, ma anche criticamente scorretto. È tuttavia necessario intraprendere ogni azione possibile per favorire la relazione tra le banche dati, in modo che ogni soggetto possa curare gli aspetti pertinenti la sua mission, ma al tempo stesso mettere a disposizione i propri dati, sempre aggiornati, a chi consulta anche altre piattaforme patrimoniali.
Al momento, si possono comunque consigliare e guidare gli operatori attraverso consultazioni mirate e sempre più approfondite sui territori in cui intendono agire con le proprie progettualità, con le seguenti avvertenze:
- in BeWeb [aree 1, 2, 3, 4 della Figura 1] sono certamente ormai individuate tutte le chiese di pertinenza dell’autorità vescovile (parrocchie e chiese sussidiarie di proprietà parrocchiale), mentre non è garantita la presenza (lasciata all’iniziativa delle singole diocesi) delle chiese di confraternite e altri soggetti ecclesiastici, o di proprietari pubblici e privati: una verifica locale è necessaria per capire il quadro di aggiornamento e avanzamento;
- la semplice presenza in elenco [3 e 4] o la compilazione di schede approfondite [1 e 2] è lasciata all’autonoma scelta di ogni diocesi, in funzione della sensibilità verso il tema, della competenza degli operatori pastorali e delle risorse economiche messe a disposizione da soggetti diversi;
- una lettura geolocalizzata del patrimonio ecclesiastico su BeWeb può restituire immagini lacunose nelle zone in cui - per ragioni geostoriche e geopolitiche - la proprietà ecclesiastica è debole, ossia soprattutto nei centri storici urbani e nelle aree fortemente colpite da processi di secolarizzazione sette-ottocentesca, ossia soppressioni, espropri, nazionalizzazioni o vendita a privati;
- in generale su Vir sono meglio documentati gli edifici di proprietà pubblica, andando così a integrare (soprattutto per gli aspetti demaniali e comunali) i dati di BeWeb con una componente patrimoniale ulteriore [5 in diagramma]; per effettuare ricerche in Vir, tuttavia, non è intuitivo selezionare le categorie relative al patrimonio di interesse religioso, che devono essere analizzate per interrogazioni separate (ad esempio: abbazia, basilica, cattedrale, chiesa, chiostro, collegiata, cappella ecc., a seconda del lessico utilizzato dallo schedatore);
- secondo campioni effettuati a scala locale, l’area di sovrapposizione tra BeWeb e Vir [1 e 3] è significativa, ma di volta in volta va verificata in modo puntuale la presenza in uno solo o in entrambi gli elenchi, prestando anche attenzione a medesimi edifici denominati in modi diversi, o viceversa edifici diversi ma con medesima dedicazione;
- manca ancora, tuttavia, una fetta di patrimonio religioso, che sfugge ai cataloghi sia della Chiesa sia dello Stato [6]: si tratta soprattutto dei beni di comunità religiose non soggette all’autorità del vescovo (poco propense a condividere i dati relativi al proprio patrimonio) o dei beni religiosi privati, ma di non evidente valore monumentale; per questi beni servono ricognizioni locali, eventuali banche dati specialistiche o regionali, e soprattutto lo spoglio degli strumenti di governo del territorio, che - a seconda della legge regionale di riferimento e a seconda della competenza del pianificatore - devono comunque offrire un quadro completo non solo dei beni vincolati, ma anche di quelli di interesse patrimoniale di rilevanza locale.
F. Capanni (a cura di), Dio non abita più qui? Dismissioni di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici./Doesn’t God dwell here anymore? Decommissioning places of worship and integrated management of ecclesiastical heritage, Artemide, Roma, 2019.
A. Longhi, Chiese abbandonate, chiese invisibili, chiese resilienti: storie di architetture ecclesiali, tra conoscenza e rigenerazione, in Religioni e società. Rivista di scienze sociali della religione, a. XXXV, 96 (gennaio-aprile 2020), pagg. 33-40.
E. F. Cobián (a cura di), Architectural Actions on the Religious Heritage after Vatican II, Cambridge Scholars Publishing, Newcastle Upon Tyne (UK), 2020, pagg. 313-326.
BeWeB 2020. Vent’anni del portale, a cura dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, Gangemi, Roma, 2020.
J. Benedetti (a cura di), Comunità e progettazione, Gangemi, Roma, 2021.
La casa comune/Common house. Nuovi scenari per patrimoni monastici dismessi, numero monografico di, volume 12, n. 6, 2021, (a cura di) Luigi Bartolomei e Sofia Nannini, https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/12352.
G. De Lucia, Patrimonio ecclesiastico, rischio e pianificazione: un approccio a scala vasta alla cura e alla prevenzione, in IN_BO. Ricerche e progetti per il territorio, la città e l’architettura, vol. 12, n. 6, 2021, pagg. 120-135, https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/11215.
A. Longhi, Decommissioning and Reuse of Liturgical Architectures: Historical Processes and Temporal Dimensions, in The Oxford Handbook of Religious Space, (a cura di) Jeanne Halgren Kilde, Oxford University Press, New York, 2022, pagg. 85-99, https://doi.org/10.1093/oxfordhb/9780190874988.013.22.
A. Longhi, Dare un nome ai valori del patrimonio culturale di interesse religioso, in Il valore del patrimonio. Studi per Giulio Mondini, (a cura di) M. Bottero e C. Devoti, All’Insegna del Giglio, Firenze 2022 (Heredium 3), pagg. 181-188, https://www.insegnadelgiglio.it/prodotto/il-valore-del-patrimonio/.
O. Niglio (a cura di), Regenerating Cultural Religious Heritage: Intercultural Dialogue on Places of Religion and Rituals, Springer, Singapore, 2022, https://link.springer.com/book/10.1007/978-981-19-3470-4.
A. Longhi, G. De Lucia, L. Mondino, Centri storici, struttura storica del territorio e beni culturali: il sistema del patrimonio di interesse religioso, in Urbanistica Informazioni, 306, anno L, novembre-dicembre 2022, pagg. 608-611, http://urbanisticainformazioni.it/IMG/pdf/ui306si_sessione_12.pdf.
G. De Lucia (a cura di), Patrimonio culturale e rischio. Storia, analisi e prevenzione per un patrimonio resiliente, CittàStudi Edizioni, Milano, 2023, http://www.cittastudi.it/catalogo/architettura/patrimonio-culturale-e-rischio-3846.
D. Dimodugno, Gli edifici di culto come beni culturali in Italia. Nuovi scenari per la gestione e il riuso delle chiese cattoliche tra diritto canonico e diritto statale, Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza 29/2023), Università degli Studi di Torino, Torino, 2023.
A. Longhi, Resilient churches for resilient communities: The guidelines on the reuse of decommissioned ecclesiastical heritage by the Pontifical Council for Culture (2018), in The Bloomsbury Handbook of Religion and Heritage in Contemporary Europe, (a cura) di T.H. Weir e L. Wijnia, Bloomsbury, London, 2023, https://www.bloomsbury.com/uk/bloomsbury-handbook-of-religion-and-heritage-in-contemporary-europe-9781350251380/.
Note
[*] Andrea Longhi, professore ordinario di Storia dell’architettura e vicedirettore del Dipartimento Interateneo Scienze Progetto e Politiche del Territorio (DIST), Politecnico di Torino, Corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino, andrea.longhi@polito.it.