Il “valore” del patrimonio culturale e la sua gestione
Il sistema dei Parchi Archeologici della Sicilia ed il Parco Archeologico di Pantelleria [*]
Sommario: 1. L'eredità culturale dei parchi archeologici di Sicilia dopo la "Convenzione di Faro". - 2. La disciplina regionale siciliana sui parchi archeologici. - 3. Le vicende del Parco archeologico di Pantelleria. - 4. Brevi conclusioni.
The system of Sicilia's archeological parks and the Pantelleria Archaeological Park
The study illustrates the Sicilian regional regulation in the field of archaeological parks in the light of the special regulatory and administrative autonomy of the Region, but also of the more general provisions of the Code of cultural heritage on the subject. Specific attention is then paid to the events that have characterized the Pantelleria Archaeological Park, located on the border of Europe, and to the prospects for protection and enhancement.
Keywords: Sicilia's System of Archeological Parks; Pantelleria Archaeological Park; Cultural Heritage; Faro Convention.
"Il passato si può toccare... è esattamente quello che fa l'archeologo quando scava"
L. Nigro, Gerico. La rivoluzione della preistoria, Marsala, 2019, 7
1. L'eredità culturale dei parchi archeologici di Sicilia dopo la "Convenzione di Faro"
Il 2019 è stato un anno triste e, nel contempo, positivo per la tutela e valorizzazione dell'archeologia siciliana.
Triste per la tragica scomparsa del Prof. Sebastiano Tusa, studioso di archeologia terrestre e subacquea di fama internazionale ed assessore regionale ai beni culturali ed all'identità siciliana, vittima nel drammatico incidente aereo del 10 marzo scorso ad Addis Abeba, in viaggio per una missione scientifica per l'Unesco e che queste considerazioni vogliono ricordare.
Positivo, poiché, proprio per suo merito ed a quasi venti anni dall'entrata in vigore della l.r. 3 novembre 2000, n.20 - che può considerarsi la prima completa disciplina regionale in materia di siti archeologici e certamente antesignana della normativa statale sopravvenuta - si è finalmente completata l'istituzione dei parchi archeologici siciliani [1], finalizzati alla salvaguardia, alla gestione, alla difesa del patrimonio archeologico regionale ed a consentirne migliori condizioni di fruibilità a scopi scientifici, sociali, economici e turistici, che assumono cosi la fisionomia di un vero e proprio sistema regionale (art. 20, primo comma).
La disciplina dei parchi archeologici regionali si radica sulle competenze (legislativa ed amministrativa) conferite dallo Statuto e dalle norme di attuazione statutaria alla Regione siciliana, la cui applicazione ha consentito di definire il lungo percorso attuativo del sistema regionale parchi archeologici [2].
Tale sistema regionale si compone di quattordici strutture amministrative decentrate (servizi) dell'Assessorato ai beni culturali e l'identità siciliana, in luogo delle ventuno originariamente programmate [3]. Mentre soltanto il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento ha natura di ente pubblico regionale, anche se giova ricordare che l'"Area archeologica di Agrigento" è, altresì, sito iscritto nella "Lista del Patrimonio Universale dell'Umanitą" (WHL) dell'Unesco [4].
La regione Siciliana ha, quanto ai beni culturali, competenza legislativa esclusiva in materia di "conservazione delle antichità e delle opere artistiche", in materia di "musei e biblioteche di interesse locale" e di "accademie e istituzioni culturali" (art. 14, lett. r) mentre con riguardo ai beni ambientali ha competenza esclusiva (art. 14, lett. n) in materia di "tutela del paesaggio", nonché potestà legislativa esclusiva e concorrente in quasi tutte le materie sulle quali incide la tutela ambientale.
Alla stregua di tale quadro regolativo: "la regione esercita in queste materie anche quelle funzioni di 'tutela' oggi riservate dal nuovo art. 117 allo Stato" a norma del quale (lett. s) è attribuita allo Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali [5].
Tali competenze, che lo Statuto siciliano all'art. 14 attribuisce alla regione, vale la pena precisare di ampiezza tale che non è dato riscontrarne di analoghe nelle altre Regioni, la Sicilia ha potuto esercitarle solo a partire dal 1975, con l'emanazione delle norme di attuazione dello Statuto in materia di "biblioteche e accademie" (decreto n. 635) e in materia di "paesaggio, antichità, musei, e belle arti" (decreto n. 637).
Con le norme di attuazione sono state trasferite alla regione (con alcune eccezioni) tutti i poteri che le leggi del 1939, la n. 1089 e la n. 1497, attribuivano all'amministrazione dello Stato con la sola eccezione della competenza per il rilascio del nulla osta in materia di licenze di esportazione, rimasta in capo all'amministrazione statale, e i poteri sostitutivi del ministero nell'esercizio del diritto di prelazione o nella facoltà di acquisto, in caso di rinuncia all'esercizio di detti diritti da parte dell'amministrazione regionale [6].
La l.r. 1 agosto 1977, n. 80 [7], nell'individuare, all'art. 1, le finalità della disciplina ("valorizzare il patrimonio storico-culturale dell'Isola e di sviluppare la più ampia fruizione dei beni culturali e ambientali e di ogni altro bene che possa costituire testimonianza di civiltà, provvede alla loro tutela e promuove le più idonee attività sociali e culturali"), offre una considerazione unitaria del patrimonio culturale e paesaggistico dell'Isola, accogliendo così una nozione ampia di bene culturale, come "bene avente valore di civiltà", con la conseguenza di considerare beni culturali assoggettati alla normativa di tutela e di valorizzazione dalla stessa dettata anche i beni-attività e i beni dell'arte contemporanea [8].
Sotto questo punto di vista la legge regionale anticipa, quindi, i contenuti delle riforme succedutesi nel tempo al livello statale. A partire dal profilo organizzativo, la normativa richiamata, infatti, presenta elementi innovativi rispetto alla stessa legislazione statale, avendo previsto, molto tempo prima delle recenti modificazioni organizzative ministeriali [9], quali strutture periferiche dell'assessorato competente, le soprintendenze uniche [10].
Ed è in tale contesto ordinamentale che nel 2000 viene approvata dal Parlamento siciliano la normativa sull'organizzazione dei parchi archeologici in Sicilia. La legge offre un quadro regolativo articolato sopratutto con riguardo al Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento (artt. 1-19) ed una più sintetica disciplina relativa ai parchi archeologici (artt. 20-23). In particolare, questa seconda parte della legge, offre una disciplina che, come si avrà modo di osservare, se per un verso costituisce un quadro di riferimento regolativo, per altro risulta non privo di carenze ed incongruenze.
La normativa regionale si pone in diretta correlazione con la "Costituzione culturale" che trova il proprio riferimento oltre che all'art.9, agli artt. 33, 34, 117 e 118 [11], nonché con la "Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico", c.d. Convenzione de La Valletta, del 16 gennaio 1992 [12], nonostante la stessa non fosse stata ancora ratificata (adempimento che il Parlamento statale ha definito, con paradossale ritardo, soltanto dopo ventitré anni con la legge 29 aprile 2015, n. 57 [13]), anche sotto tale profilo anticipando il legislatore statale.
Giova ricordare, per una compiuta ricostruzione della fattispecie in esame, che la normativa regionale del 2000 offre invero una più articolata e puntuale disciplina ai parchi archeologici a quella già introdotta dall'art. 107 della l.r. 1 settembre 1993, n. 25 (recante norme per la "istituzione di un sistema di parchi archeologici della regione Siciliana per la tutela, la valorizzazione e l'uso sociale delle aree archeologiche di interesse primario") [14]; disciplina che è rimasta priva di attuazione ed è stata poi abrogata dall'art. 24 della l.r. n. 20 del 2000 nella quale sono state in parte trasfuse alcune delle disposizioni normative [15].
Il sistema dei parchi archeologici di Sicilia va adesso declinato pienamente nel più ampio scenario delineato dalla Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società (c.d. "Convenzione di Faro") [16] - essendone appena intervenuta la ratifica da parte del Parlamento [17], nonostante sia stata sottoscritta dall'Italia il 27 febbraio 2013 [18] - che giunge ad una nozione estesa di "patrimonio comune dell'Europa" [19], proiettata verso una "cultura transeuropea del ricordo" [20]. E tale ratifica, per non restare un atto formale, non può che imporre un ripensamento della legislazione statale e regionale siciliana in materia di protezione e valorizzazione del patrimonio culturale.
Si tratta di una prospettiva che integra e raffina il percorso sin qui seguito e che consente di configurare la rete dei parchi archeologici come un sistema integrato dell'eredità culturale siciliana e che apre una pagina nuova della quale andrà delineato più puntualmente il contenuto.
Tornando alla disciplina del Codice dei beni culturali e dei beni paesaggistici (d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.) per la declinazione del concetto di "patrimonio culturale" occorre far riferimento all'art. 2, giusta il quale esso è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici, in attuazione di quanto sancito dall'art. 9 Cost.: "sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà" (secondo comma).
Come ricordato, la riforma del 2004 è intervenuta in esito ad un lungo percorso iniziato per lo Stato unitario ai primi del '900 con la legge 12 giugno 1902, n. 185 ("Conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichità ed arte") che introduceva la prima disciplina organica "nazionale" con la quale si imponeva l'iscrizione nel "Catalogo Unico" nazionale (opere artistiche e storiche dello Stato) per i monumenti e delle opere di interesse storico, artistico e archeologico e quali di questi beni, per il loro singolare valore, non fossero alienabili ai privati, fissando l'obbligo per i proprietari dei beni inseriti in Catalogo di comunicare qualunque atto di vendita o di mutamento del loro possesso, in quanto a parità di condizioni il Governo doveva poter esercitare la prelazione. La restrizione imposta alle esportazioni di tali beni era tuttavia circoscritta alle opere di altissimo pregio [21].
La legge del 1902 porta il nome del ministro trapanese della pubblica istruzione che la concepì: l'on. Nunzio Nasi [22], che ne presentò il testo alla Camera il 23 marzo 1902. Il disegno di legge nasceva da una proposta presentata al Senato il 4 dicembre 1900 dal suo predecessore, anch'egli siciliano, l'agrigentino Nicolò Gallo [23], ed in questo senso, proprio per la provenienza dei Ministri proponenti da luoghi assai ricchi di beni archeologici, non può non rilevarsi un'innegabile corrispondenza tra iniziativa politica e sensibilità culturale.
In tale contesto giova ricordare che il codice dei beni culturali in materia di archeologia ha innovato solo in misura circoscritta rispetto alle previsioni della legge n. 1089 del 1939 ("legge Bottai") [24], peraltro mantenendo in vigore, seppure a titolo transitorio e per quanto non richiamato da leggi successive, il r.d. 30 gennaio 1913, n. 363 [25].
In particolare all'art. 101, primo comma, lett. e) del citato codice viene data la definizione di "parco archeologico" quale ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, "attrezzato come museo all'aperto" [26], che il Codice inserisce tra gli istituti e i luoghi di cultura, distinguendolo dall' "area archeologica", che consiste più specificamente in "un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica" (lett. d) [27].
Non può sfuggire che la prospettiva della valorizzazione del grande patrimonio archeologico del Paese [28], con il chiaro obiettivo di superare la mera tutela del giacimento culturale e proiettarlo verso la più ampia fruizione [29] e la ricerca scientifica, abbia assunto progressivamente una dimensione globale.
Che la gestione del patrimonio archeologico: sia dei beni [30], che dei "siti archeologici" - siccome definiti dal codice dei beni culturali secondo le disposizioni appena ricordate - che dei "depositi archeologici" o "siti archeologici sepolti", entità non definite giuridicamente [31], la cui cura è affidata alla disciplina del procedimento per la verifica preventiva dell'interesse archeologico delle aree prescelte per la localizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico giusta l'art. 25 del d.lg. n. 50 del 2016 e s.m.i. in attuazione dell'art. 28, co. 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio [32] ed al c.d. "rischio archeologico" [33], assuma infatti una sempre più rilevante regolazione multilivello, è conclusione ormai ampiamente condivisa [34].
È, tuttavia, soltanto nel 2012 che si giunge all'elaborazione da parte del ministero dei Beni culturali delle "Linee guida per la costituzione e la valorizzazione dei parchi archeologici" con il d.m. 18 aprile 2012 [35], attuate nella regione Siciliana con d.a. beni culturali del 26 gennaio 2016, n. 3 [36].
2. La disciplina regionale siciliana sui parchi archeologici
La legge regionale richiamata, che come ricordato risale al 2000, ha provveduto ad istituire direttamente il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento ed il relativo ente di gestione [37], rinviando, per l'individuazione delle aree archeologiche costituenti il sistema dei parchi archeologici della regione Siciliana a successivi provvedimenti amministrativi [38]. Invero tale individuazione era stata tempestivamente definita già nel 2001 [39], tuttavia solo dal 2010 si sono avviati gli iter per le perimetrazioni, il coinvolgimento dei comuni interessati e si sono, in taluni casi, preposti i dirigenti alle nascenti strutture amministrative [40].
In termini generali giova ricordare che è la stessa disciplina regionale che provvede a fornire una definizione di "zona archeologica" (costituita dall'area su cui insistono beni appartenenti al patrimonio archeologico, e che è riserva integrale a tutela dei beni medesimi, nonché dell'ambiente naturale nel suo insieme) e di "patrimonio archeologico" (costituito dai monumenti, dagli insiemi architettonici, dalle emergenze d'interesse archeologico e dai siti archeologici), anticipando per alcuni versi la legislazione statale [41].
Giusta l'art. 20 della citata l.r. 3 novembre 2000, n. 20, la disciplina contenuta nel decreto istitutivo del parco archeologico allegato costituisce poi integrazione e, qualora in contrasto, variante agli strumenti urbanistici vigenti nel territorio interessato (settimo comma) [42].
In particolare tale disciplina prevede che la perimetrazione suddivida il territorio interessato in area archeologica (zona A), area di rispetto (zona B) ed eventuale area di interesse paesaggistico (zona C) e che il decreto istitutivo contenga anche un "regolamento" - che, per le aree nel parco individuate, indichi un'idea di sviluppo declinata attraverso modalità d'uso, vincoli e divieti [43].
In altre parole, trova nella normativa regionale un ancoraggio quell'idea di parco archeologico, che solo dopo più di un decennio sarà declinata, quale "ambito territoriale caratterizzato da importanti testimonianze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, culturali, paesaggistici ed ambientali, oggetto di valorizzazione...sulla base di un progetto scientifico e gestionale" [44].
Invero il riferimento alla natura regolamentare della fonte delle prescrizioni pone taluni problemi sul piano sistematico. Per un verso, infatti, l'esercizio del potere regolamentare nella regione Siciliana è disciplinato dall'art. 12, ult. co., dello Statuto e postula la piena titolarità in capo al Governo per l'adozione di tali atti di normazione secondaria.
È infatti il Presidente che ne provvede all'emanazione, in forza di legge, previa delibera della Giunta regionale e sulla scorta del preventivo parere del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana [45]. Tale atto è poi sottoposto al controllo della Corte dei conti, siccome previsto dall'art. 2, comma 1, lett. a), n. 1), del d.lg. 6 maggio 1948, n. 655, come sostituito dall'art. 2 del d.lg. 18 giugno 1999, n. 200, alla stregua del quale la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, esercita, tra l'altro il controllo di legittimità sui regolamenti emanati dal governo regionale [46].
In altre parole, il potere regolamentare sarebbe conferito dal legislatore regionale nella disciplina in argomento all'Assessore ai beni culturali in modo non conforme alle previsioni dello Statuto, con evidenti refluenze sul piano della effettività del principio di legalità e della tutela situazioni giuridiche soggettive dei privati.
Sotto tale secondo profilo, avendo le previsioni di detta disciplina applicativa effetti prescrittivi e conformanti della proprietà privata deve ritenersi che l'intendimento del legislatore sia rivolto all'emanazione di un atto di normazione secondaria e non meramente amministrativo, seppure di valenza generale. Diversamente appare evidente che l'applicazione della disciplina siccome descritta potrebbe dar luogo a contenziosi dagli indubbi profili di incertezza.
Nella fattispecie in esame appare invero pacifico, al di là del nomen attribuito dal legislatore all'atto regolativo dell'Assessore regionale ai beni culturali, che più di regolamento (del quale difettano i presupposti) si tratti di provvedimento amministrativo generale.
Ai sensi del medesimo art. 20 (ottavo comma) al Parco, quale la struttura amministrativa (servizio) dell'Assessorato, è attribuita autonomia scientifica e di ricerca, organizzativa, amministrativa e finanziaria, mentre la gestione è affidata ad un direttore e ad un comitato tecnico-scientifico rappresentativo degli enti territoriali coinvolti (artt. 22 e 23 della normativa in commento) [47].
Tale profilo rende l'amministrazione dei beni culturali in questo settore policentrica, integrando l'articolazione provinciale delle sovrintendenze. Infatti, l'autonomia amministrativa riconosciuta ai Parchi ne rende più flessibile la gestione, calibrata alle caratteristiche ed alle esigenze peculiari della tutela, ma sopratutto della valorizzazione.
Anche se, sotto il profilo organizzativo - ed in (parziale) sintonia con quanto già realizzato a livello statale con le recenti misure di riassetto del ministero dei Beni e delle Attività culturali ed il riconoscimento di maggiore autonomia a nuovi musei e parchi archeologici [48], in corrispondenza alla conferita autonomia organizzativa e finanziaria sembra più acconcio prospettare che i parchi archeologici siciliani, che in taluni casi gestiscono ingenti risorse patrimoniali e finanziarie, siano dotati di un organo amministrativo collegiale che affianchi il direttore nelle decisioni più rilevanti, e, sopratutto, dell'organo di revisione contabile, ciò al fine di assicurare gli ordinari controlli già all'interno della struttura organizzativa [49].
Ed in questo senso l'esperienza del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, la cui crescita esponenziale dei visitatori [50], ma anche di iniziative culturali e turistiche di valorizzazione e di protezione del paesaggio [51], hanno assunto connotati di rilievo a livello europeo, appare emblematica e trainante per l'intero sistema regionale.
Proprio sulla scorta di questa esperienza-pilota e dei risultati da essa raggiunti sono emerse talune incongruenze organizzative del sistema dei parchi regionali che ne hanno imposto il ridisegno, con l'obiettivo di assicurarne l'efficienza amministrativa, incrementarne la fruizione, rafforzarne le attività di valorizzazione.
Ma ci si è presto accorti che il riassetto strutturale dei parchi archeologici non può riguardare solo la fase applicativa della normativa del 2000, ma deve considerare anche le stesse previsioni normative che necessitano di talune modifiche con l'obiettivo di meglio declinare un modello organizzativo capace di conseguire i risultati auspicati.
In questa prospettiva si orienta il disegno di legge proposto nel novembre scorso dall'Assessorato ai beni culturali che prevede la modifica dell'organizzazione e dell'autonomia finanziaria [52] dei parchi, ridefinendo altresì le modalità di approvazione dei bilanci, la composizione e i compiti del Consiglio del Parco (che deriva dalla trasformazione del Comitato tecnico-scientifico, ed affianca il direttore nella gestione amministrativa) la sottoposizione degli atti alle valutazioni obbligatorie dell'organo di controllo e, più in generale l'introduzione di aggiornamenti e correttivi normativi per ammodernare l'organizzazione e l'attività dei parchi archeologici siciliani [53].
Il completamento dell'attuazione del modello delineato dal legislatore quasi venti anni fa, pur se abbisognevole di taluni interventi manutentivi che si sino accennati, chiude una fase alla quale dovrà seguire quella dell'adeguamento organizzativo e funzionale quando il legislatore avrà concluso la modifica del quadro normativo di riferimento.
3. Le vicende del Parco archeologico di Pantelleria
Per quanto riguarda il Parco di Pantelleria va preliminarmente osservato che per esigenze di razionalizzazione organizzativa (riduzione delle strutture) e di equilibrio economico-finanziario, dopo la sua ricomprensione nel sistema regionale dei parchi archeologici [54] esso è confluito, sulla base del parere del Consiglio regionale dei beni culturali [55], nella più ampia struttura amministrativa del "Parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria" [56].
Il Parco della seconda Isola dell'arcipelago siciliano, se per un verso ha perduto autonomia organizzativa con la realizzata confluenza, si è rafforzato sul piano della sostenibilità finanziaria avuto riguardo al più ampio contesto nel quale risulta adesso inserito.
Si tratta quindi di un "Parco integrato" che aggrega il preesistente "Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa" [57], con quello di Pantelleria dotato, per chiare scelte amministrative antecedenti (individuazione dei siti, perimetrazione e zonizzazione), di una propria autonoma configurazione, peraltro connotata, a differenza del primo, da siti tipologicamente diversi e che si collocano in un spettro diacronico che copre oltre 2500 anni.
Come appare evidente anche per i parchi archeologici-strutture periferiche dell'Assessorato regionale ai beni culturali ed all'identità siciliana (ai quali, come precisato, va aggiunto il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, come ricordato l'unico ad avere assunto la natura giuridica di ente pubblico [58]), si può ricorrere alla distinzione tra parchi a "perimetrazione unitaria" o a "rete", ossia composti di più aree non contigue territorialmente, ma storicamente dotate di una loro, ma anche a quella tra parchi mono-centrici, e relativi ad un solo sito (ad esempio "Parco Archeologico di Segesta" o il "Parco Archeologico di Gela") e poli-centrici, che per ragioni di economicità e sinergia integrano più siti o più sistemi di siti (come per l'appunto Parco archeologico in esame, ma anche il "Parco Archeologico di Naxos e Taormina").
Un'ulteriore distinzione - va ricordato - è operata dal sistema regionale dei parchi: quella tra Parchi archeologici in senso stretto (nei quali risultano assolutamente preminenti le esigenze di tutela e valorizzazione archeologica) e quelli che coniugano valori archeologici e paesaggistici [59], con uno spettro più ampio di tutele (oltre al ricordato Parco di Agrigento, il "Parco Archeologico e Paesaggistico di Catania e della Valle dell'Aci").
Il Parco archeologico, a Pantelleria, raccoglie i siti e le testimonianze di una straordinaria sedimentazione storica, culturale ed archeologica che consente, in termini diacronici, di ripercorrere l'evoluzione delle civiltà del Mediterraneo - "il mare più antico della storia" [60] - ed assume chiaramente la configurazione di un parco "a rete".
Esso infatti si compone del comprensorio archeologico di Mursia, con il villaggio dell'età del Bronzo e la necropoli dei Sesi [61], il sito dell'Acropoli di Santa Teresa e San Marco [62], del villaggio di Scauri scalo [63] e del tempio di Venere nei pressi del lago, oltre al piccolo museo del Castello [64]. E poi i relitti navali di Gadir e Scauri ed i percorsi subacquei [65] tra i reperti realizzati con un impiego innovativo dei fondi europei per lo sviluppo regionale, tutti siti nei quali e per i quali ha offerto il proprio determinate apporto scientifico il Prof. Tusa [66]. Con le sue iniziative di scavo e perspezione [67], nei siti terresti e subacquei, avviate già dai primi anni '90, l'Isola è così, progressivamente, divenuta campo di ricerca di studiosi ed Università di diverse parti del mondo [68].
Al riguardo occorre ricordare che le attività di perimetrazione e zonizzazione del Parco archeologico furono avviate già nel 2010 [69], quando la struttura amministrativa inizia a muovere i primi passi [70], e trasmesse al comune di Pantelleria per gli adempimenti previsti al comma 4 dell'art. 20, legge regionale 3 novembre 2000, n. 20 [71].
Purtroppo nel 2013 [72] giunge inaspettatamente l'esclusione del Parco di Pantelleria dal sistema regionale nell'ambito di una complessiva rimodulazione. Questa singolare decisione si basava sulla più che opinabile valutazione della Soprintendenza di Trapani che, mutando il proprio orientamento, riteneva: "difficoltosa la perimetrazione e la zonizzazione del Parco. Le aree archeologiche di Pantelleria... difficilmente potrebbero essere assimilate agli altri parchi archeologici regionali" [73].
Nel 2018 il Prof. Tusa, facendo prevalere uno spiccato senso del dovere verso le istituzioni sulla passione per gli studi [74] decide di offrire "contributi di azione e di pensiero incisivi e decisivi" [75] ed assume l'incarico di assessore i beni culturali e l'identità siciliana individuando sin da subito quale priorità quella di completare il sistema regionale dei parchi archeologici ed il 14 agosto 2018 provvede all'istituzione del Parco archeologico di Pantelleria [76].
Va peraltro ricordato che l'Isola di Pantelleria concentra un sistema di tutele parallele e concorrenti [77] del tutto peculiare per il territorio siciliano e tra i più rilevanti di quello nazionale che si integrano con quelle del Parco archeologico ed, ovviamente con le previsioni del vigente piano regolatore comunale [78]:
1) in primo luogo, il Piano territoriale paesistico dell'isola [79], il primo ad essere approvato in Sicilia;
2) vanno poi ricordati i siti con Codice Natura 2000: il Sito di Importanza Comunitaria Isola di Pantelleria: Montagna Grande e Monte Gibele (ITA010019), il Sito di Importanza Comunitaria Isola di Pantelleria - Area costiera, Falesie e Bagno dell'Acqua (ITA010020) e la Zona di Protezione Speciale Isola di Pantelleria ed area marina circostante (ITA010030), che riguardano gran parte del territorio isolano [80];
3) le perimetrazioni e zonizzazioni del Parco nazionale "Isola di Pantelleria" [81], ai sensi della legge 29 novembre 2007, n. 222 (art. 26, co. 4-septies) che ha coperto un'area più vasta ed articolata di quella prima ricompresa nella Riserva naturale orientata regionale di Pantelleria [82];
4) si aggiunga poi che il 26 novembre 2014 l'Unesco ha inserito "La pratica agricola tradizionale della coltivazione della "vite ad alberello" di Pantelleria" nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità (ICH) [83] con le conseguenti componenti di salvaguardia del territorio e di conservazione e tutela ambientale sottese alle motivazioni di tale determinazione;
5) è invece ancora in corso di istituzione l'Area marina protetta Isola di Pantelleria [84], nonostante il procedimento relativo sia stato avviato quasi venti anni orsono [85].
È di tutta evidenza che la presenza di molteplici livelli di tutela determini talune sovrapposizioni che un'urgente azione di coordinamento dovrebbe consentire di superare e comporre le divergenze tra pianificazione generale e pianificazioni settoriali, tra interessi preminenti, dominanti ed interessi "emergenti" [86], ma anche consentire un'applicazione fluida del complessivo impianto regolativo.
Non è questa la sede per una puntuale ricostruzione della complessa e sempre attuale questione, tuttavia sembra utile accennarvi proprio con riferimento alla compresenza tra diverse forme di regolazione territoriale in presenza di un parco archeologico.
Un esempio emblematico può rilevarsi con riguardo al prelievo di materiali di interesse "paleontologico ed archeologico ad eccezione di quello eseguito, per fini di ricerca e di studio". A tal proposito, per un verso, l'art. 7 del "regolamento" del Parco archeologico determina un divieto assoluto se tale prelievo non è effettuato da parte del personale dello stesso o da soggetti all'uopo autorizzati o con il medesimo Parco convenzionati (Università ed istituti di ricerca), mentre l'art. 3, lett. d) delle norme che disciplinano la tutela del Parco nazionale "Isola di Pantelleria" prevedono l'autorizzazione da parte dello stesso. È di tutta evidenza la discrasia tra le due disposizioni. In particolare quest'ultima appare invero poco acconcia in presenza di una struttura amministrativa preposta qual è il Parco archeologico, a fortiori per le aree ricomprese nella perimetrazione di quest'ultimo.
Più che parallele e concorrenti le tutele dei diversi strumenti pianificatori e regolativi sembrano in questo caso sovrapporsi per un difetto di coordinamento che, invero, appare per certi versi inevitabile in ragione della stratificazione temporale della formazione dei vincoli, delle diverse autorità amministrative competenti all'applicazione.
Si tratta di un'evidente antinomia frutto del difetto di coordinamento dei provvedimenti istituivi dei parchi e che, in prima attuazione, va risolta evidentemente in favore dell'organismo amministrativo preposto alla cura specifica della tutela archeologica.
Sicché anche al fine di semplificarne l'applicazione nei confronti di cittadini ed imprese - altrimenti condannati a "peregrinare" tra uffici ed autorizzazioni ed a confrontarsi con deprecabili "conflitti di competenza" - sembra opportuno prospettarne l'esigenza di coordinamento attraverso un confronto concomitante tra le autorità amministrative preposte all'applicazione da affidare ad un apposito organo che le coinvolga positivamente [87].
Il felice titolo del libro di Lorenzo Casini - "Ereditare il futuro" [88] - credo che sia l'efficace sintesi concettuale della responsabilità che deve animare coloro che guardano alla moderna gestione del patrimonio culturale ed intendano superare i dilemmi ed, in taluni casi, le contraddizioni. E questo futuro, a Pantelleria ed in Sicilia, occorre continuare a declinare con i progetti, la visione, la capacità divulgativa e la passione scientifica di Sebastiano Tusa, guardando alle grandi potenzialità dell'archeologia siciliana, e non solo per l'enorme patrimonio di siti, reperti e di aree di scavo, ma anche per la capacità di organizzarli quali attrattori culturali [89] con le conseguenti opportunità di crescita economica e sociale del territori.
Comune, Ente Parco nazionale, Parco archeologico, Sovrintendenza ai beni culturali di Trapani, Sovrintendenza del mare [90], insieme agli assessorati regionali ai beni culturali ed al territorio ed ambiente e, quando sorgerà, l'ente gestore della riserva marina con il ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare sono chiamati ad un'integrazione di attività che - scevra da ormai recessive forme di "gelosia" [91], o meglio, di predominio - risulta imprescindibile per tutelare e valorizzare appieno il patrimonio culturale, paesaggistico, agricolo e naturale, sia all'interno (dove è prevista la presenza dei relativi rappresentanti) che all'esterno degli organi di enti e strutture amministrative, inverando il principio declinato dall'art. 9 Cost. che attribuisce il compito di promuovere lo sviluppo della cultura alla Repubblica [92], ma con il pieno coinvolgimento dei cittadini attivi di cui all'art. 118, quarto comma [93], anche per sostenerne la divulgazione nell'opinione pubblica [94].
Ma analoghe considerazioni, sebbene con un livello inferiore di complessità e di funzioni e soggetti coinvolti, possono svolgersi per altre aree archeologiche nella prospettiva dell'integrazione e dell'armonizzazione dei livelli di tutela e valorizzazione [95].
Affinché "toccare il passato", in senso fisico e metafisico, non sia fortunata prerogativa degli archeologi, come ricorda la citazione iniziale del Prof. Nigro, ma divenga esperienza culturale di tanti e soprattutto per le prossime generazioni le politiche in materia di archeologica del Paese debbono cambiare ed in questo l'esperienza della Sicilia, che di questo patrimonio nazionale, ma al contempo internazionale ed intergenerazionale, è la principale detentrice, può costituire un utile riferimento.
Note
[*] Questo lavoro è dedicato alla memoria del Prof. Sebastiano Tusa. Con l'illustre archeologo ho condiviso la passione per Pantelleria e per la Sicilia, il lavoro (é stato uno dei migliori dirigenti quando assunsi la guida dell'Assessorato dei beni culturali nel 2010), l'impegno per istituzioni culturali quali la Fondazione Whitaker ed in particolare per gli scavi a Mozia, per poi sviluppare una proficua collaborazione da colleghi nel Governo regionale dalla primavera del 2018 sino al drammatico incidente del 10 marzo 2019.
[1] Il Presidente della regione, che ha assunto ad interim l'Assessorato, ha infatti emanato l'11 aprile 2019 i decreti per l'istituzione delle ultime otto strutture: Gela; Catania e Valle dell'Aci; Isole Eolie; Tindari; Himera, Solunto e Monte Iato; Kamarina e Cava D'Ispica; Siracusa, Eloro e Villa del Tellaro; Lilibeo. Previsto, inoltre, l'accorpamento di Morgantina e Villa Romana del Casale e di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria. I decreti sono consultabili nella G.U.R.S. del 14 giugno 2019, n. 28.
Il progetto dei Parchi, fra gli obiettivi prioritari del governo regionale, era stato ideato e curato dall'assessore Sebastiano Tusa, il quale aveva già istituito con proprio decreto, oltre al Parco di Selinunte, quello di Pantelleria ed il Parco archeologico della Villa Romana del Casale e di quello di Leontinoi indicando, dopo averne individuato in una prima fase ventuno, con il d.a. 13 settembre 2018, n. 29, la necessità di taluni accorpamenti per scongiurare che alcuni dei siti archeologici subissero difficoltà economico-finanziarie a causa di esigue entrate dovute a un minore afflusso di visitatori.
[2] Sulle competenze della regione Siciliana in materia di beni culturali v. per tutti M. Immordino, Beni culturali e ambiente nelle scelte della regione Sicilia, in Aedon, 2003, 1 e W. Cortese, Il patrimonio culturale: profili normativi, Padova, 2007, pag. 86 ss.
[3] L'elenco delle aree archeologiche che costituiscono il Sistema dei Parchi archeologici siciliani di cui alla l.r. 3 novembre 2000, n. 20 giusta il d.a. 25 marzo 2019, n. 13, oltre al menzionato Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, è adesso il seguente:
1) provincia di Caltanissetta: - a) Parco Archeologico di Gela;
2) provincia di Catania: - b)Parco Archeologico e Paesaggistico di Catania e della Valle dell'Aci;
3) provincia di Enna: - c) Parco Archeologico di Morgantina e della Villa Romana del Casale;
4) provincia di Messina: - d) Parco Archeologico delle Isole Eolie; - e) Parco Archeologico di Naxos e Taormina; - f) Parco Archeologico di Tindari;
5) provincia di Palermo: g) Parco Archeologico di Himera, Solunto e Monte Iato;
6) provincia di Ragusa: h) Parco Archeologico di Kamarina e Cava d'Ispica;
7) provincia di Siracusa: - i) Parco Archeologico di Siracusa, Eloro e Villa del Tellaro; - L) Parco Archeologico di Leontinoi;
8) provincia di Trapani: - m) Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria; - n) Parco Archeologico di Segesta, - o) Parco Archeologico di Lilibeo.
[4] La zona archeologica di Agrigento è stata inserita dall'Unesco nella Lista del Patrimonio dell'Umanità nel novembre del 1997 (http://unescosicilia.it/wp/project/area-archeologica-di-agrigento-valle-dei-templi), e quindi anteriormente all'intervento legislativo della regione, anche se va ricordata l'iniziativa legislativa assunta anche a livello statale alla Camera dei deputati (Atto Camera-X Leg, n. 6322del 22 gennaio 1992, "Istituzione dell'Ente parco archeologico della valle dei templi di Agrigento", primo firmatario on. A. Macaluso).
La regione Siciliana - nel cui territorio si registra oggi la più altra concentrazione di siti Unesco del Paese - ha altresì istituito con l'art. 64, primo comma, l.r. 26 marzo 2002, n. 2, una Fondazione denominata "Patrimonio Unesco" con la finalitą di divulgare e promuovere nell'ambito dell'educazione, della scienza, della cultura e dell'istruzione, lo sviluppo sostenibile, la valorizzazione dell'ambiente, dei beni culturali, del paesaggio, del patrimonio artistico e monumentale della Sicilia.
In merito sia consentito rinviare al mio contributo Tutela e valorizzazione integrata del patrimonio culturale dei siti Unesco. Il caso del sito seriale "Palermo arabo-normanna e le Cattedrali di Cefalù e Monreale", in Aedon, 2018, 1.
[5] Per una disamina della giurisprudenza costituzionale in materia, che ha offerto un contributo assai rilevante a demarcare puntualmente i confini delle competenze statale e regionali, si vedano, tra i lavori più recenti, P. Scarlatti, Beni culturali e riparto di competenze tra Stato e Regioni nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, in le Regioni, 2018, 4, pag. 645 ss. e A. Mitrotti, Il riparto di competenze in materia di beni culturali alla luce del felice coniugio tra redditività del patrimonio culturale e diritto di accesso ai beni culturali, in Rivista AIC, 2018, 4.
[6] In merito, anche per più puntuali riferimenti in dottrina, sia consentito rinviare al mio lavoro Redimibile Sicilia. L'autonomia dissipata e le opportunità dell'insularità, Sovaria Mannelli, 2017, pag. 199 ss.
[7] Recante "Norme per la tutela, la valorizzazione e l'uso sociale dei beni culturali ed ambientali nel territorio della regione Siciliana".
[8] Sulla nozione di bene culturale si veda per tutti A. Bartolini, Il bene culturale e le sue plurime concezioni, relazione al Convegno Annuale Aipda 2018 "Arte, cultura e ricerca scientifica. Costituzione e Amministrazione", Reggio Calabria 4-6 ottobre 2018, in Annuario Aipda 2018, Napoli, 2019, 37 ss.
[9] Sull'istituzione delle Soprintendenze uniche "Archeologia, Belle arti e Paesaggio" e dalla fusione delle omonime direzioni generali del ministero C. Carmosino, Il completamento della riforma organizzativa del Mibact: i nuovi istituti autonomi e il rafforzamento dei poli museali, in Aedon, 2016, 1; G. Sciullo, Direzione generale "unica" e soprintendenze "uniche", ibidem, oltre che I beni culturali quale risorsa collettiva da tutelare, una spesa, un investimento, ibidem, 2017, 3.
Le soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio (c.d. Soprintendenze "uniche") sono state costituite giusta il d.m. Mibact 23 gennaio 2016, recante "Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208", mediante la "fusione e accorpamento, su tutto il territorio nazionale" delle soprintendenze archeologia e delle soprintendenze belle arti e paesaggio (art. 1, co. 2, d.m.) che risultavano rispettivamente in numero di diciassette e trentuno, alle quali si aggiungeva la "soprintendenza unica Archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell'Aquila", che ha svolta la funzione di esperienza pilota in tal senso.
L'obiettivo era quello di realizzare una struttura più completa in termini di esperienze e più solida sul piano organizzativo cui "affidare l'obbiettivo, grazie alla integrazione interna di profili e saperi, di affrontare il versante più impegnativo, quello della tutela nella sua completezza e della relazione tra beni culturali e paesaggio", così M. Cammelli, Problemi, soluzioni, riforme, in Aedon, 2016, 2.
[10] Sul dibattito sorto intorno all'accorpamento delle Soprintendenze ai veda A. Bondini, Riforme e Mibac: alcune note in tema di archeologia, in Aedon, 2019, 1, l'esperienza siciliana evidenza peraltro quanto non colgano nel segno le critiche di chi ritiene che la concentrazione nelle Soprintendenze uniche possa arrecare pregiudizio all'archeologia.
[11] Sul punto si veda per tutti F. Rimoli, Profili costituzionali della tutela del patrimonio culturale, in Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela, (a cura di) E. Battelli, B. Cortese, A. Gemma, A. Massaro, Roma, 2017, pag. 91 ss. per il quale la "Costituzione culturale" "è altresì un prisma complesso, che ben esprime la funzione sistemica della cultura, intesa nelle sue molte forme, come fattore essenziale di integrazione politica e sociale entro il paradigma della democrazia pluralista".
[12] Consultabile in https://rm.coe.int/168007bd45. La Convenzione firmata nel 1992 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa, č stata sottoscritta da 46 Paesi, dei quali 42 hanno proceduto alla ratifica, ed ha quale obiettivo quello di proteggere il patrimonio archeologico "in quanto fonte della memoria collettiva europea e strumento di studio storico e scientifico".
La Convenzione della Valletta è stata elaborata partendo dal convincimento che siano stati raggiunti in gran parte gli obiettivi delle disposizioni della precedente Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, stipulata a Londra il 6 maggio 1969 (e ratificata dall'Italia con legge n. 202/1973), ma anche dall'avvertita necessità di completare tali disposizioni, adattandole alle nuove realtà storiche e sociali e con il fine di stabilire nuovi obiettivi e fornire nuove linee normative riguardo al tema della protezione del patrimonio archeologico.
[13] Recante "Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico".
Sulla convenzione si vedano, tra gli altri, P.J. O'Keefe, The European Convention on the Protection of the Archaeological Heritage, in Antiquity, 1993, pag. 406 ss.; G.Trotzig, The New European Convention on the Protection of the Archaeological Heritage, ivi, pagg. 414-415; M.P. Guermandi, K. Salas Rossenbach (Ed.), Twenty years after Malta: preventive archaeology in Europe and in Italy, Bologna, 2013, http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/I/libri/pdf/twenty_years_after_malta_26_09_2013web.pdf.
Sullo stato di firme e ratifiche della Convenzione si veda https://www.coe.int/en/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/199/signatures.
[14] Art. 107 "- 1. In attuazione delle finalità dell'articolo 1 della Legge regionale 1 agosto 1977, n. 80, la regione Siciliana istituisce un sistema di parchi archeologici per la salvaguardia, la gestione, la conservazione e la difesa del patrimonio archeologico regionale, al fine di consentire migliori condizioni di fruibilità, lettura e godimento, nell'ambito dello sviluppo dell'economia e di un corretto assetto dei territori interessati, per l'uso sociale e pubblico dei beni stessi, nonché per scopi scientifici e turistici.
2. Costituiscono patrimonio archeologico tutte le emergenze monumentali d'interesse archeologico che hanno rilevante valore storico scientifico, estetico e sociale. In particolare possono essere istituite in parchi archeologici quelle aree territoriali che presentano rilevante interesse generale a motivo delle loro caratteristiche morfologiche, paleontologiche, storiche, culturali e monumentali, per provvedere alla conservazione delle stesse ai fini scientifici, culturali, economico sociali, turistici e della educazione e ricreazione del cittadino.
3. Le soprintendenze per i beni culturali ed ambientali, territorialmente competenti propongono, nell'ambito della loro programmazione annuale e sulla base delle motivazioni di cui ai commi precedenti, l'istituzione di parchi archeologici, sentito il parere del consiglio locale per i beni culturali ed ambientali. L'istituzione dei parchi archeologici avviene con decreto dell'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, previo parere del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali, nonché della commissione legislativa "cultura, formazione e lavoro", e della commissione legislativa "territorio ed ambiente", dell'assemblea regionale Siciliana.
4. L'area nella quale i monumenti e le emergenza archeologiche sono inseriti insieme ad una zona di rispetto circostante che verra' definita secondo criteri e valutazioni desunte dalla particolare situazione morfologica e dalla situazione contingente di turbamento causato da eventuale intensa antropizzazione limitrofa, costituisce il parco archeologico.
5. Tale perimetrazione e' proposta dalla soprintendenza per i beni culturali ed ambientali competente per territorio, sentito il parere del consiglio locale per i beni culturali ed ambientali, ed e' sottoposta all'approvazione dell'Assessorato competente che dovrà sentire il parere del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali.
6. La soprintendenza per i beni culturali ed ambientali competente per territorio deve, inoltre, indicare e perimetrare una zona di controllo dell'area del parco archeologico, dove siano prescritte distanze e misure, nonché tutte le altre eventuali regole dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità del parco archeologico stesso, che sia danneggiata la luce e la prospettiva delle emergenze monumentali ed archeologiche in virt delle quali il parco archeologico e' stato creato e che vengano alterate le condizioni di ambiente e decoro.
7. L'esercizio dei poteri di cui al comma 6 costituisce integrazione e, qualora in contrasto, variante agli strumenti urbanistici viventi nel territorio interessato.
8. L'area del parco archeologico, cosi' definita ai sensi del presente articolo e' acquisita al demanio regionale in base al dispositivo di cui all'articolo 21 della Legge regionale 1 agosto 1977, n. 80.
9. Alla gestione ed amministrazione dei parchi archeologici provvede l'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione attraverso le soprintendenze per i beni culturali ed ambientali competenti per territorio. Il soprintendente per i beni culturali ed ambientali competente per territorio propone all'approvazione dell'Assessorato la dotazione di personale necessaria alla gestione ed alla vigilanza del parco archeologico, in relazione alle esigenze scientifiche di conservazione e manutenzione, nonché di educazione e godimento da parte del pubblico.
10. L'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione e' autorizzato ad immettere nella pianta organica dell'amministrazione, con le procedure previste in materia dalla normativa vigente il personale che dovesse rendersi necessario reclutare per coprire eventuali carenze derivanti dall'applicazione del comma 9.
11. L'incarico di direttore del parco archeologico viene conferito dall'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, sentita la conferenza di cui all'articolo 15 della Legge regionale 7 novembre 1980, n. 116, previa deliberazione della Giunta regionale, ad un dirigente tecnico in servizio presso l'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione. Tale incarico ha durata quinquennale e può essere rinnovato. Il dirigente tecnico con incarico di direttore del parco archeologico esercita le seguenti funzioni:
A) direzione, impulso e coordinamento dell'attività del parco;
B) coordinamento ed organizzazione dei servizi assegnati e periodica relazione al soprintendente;
C) adozione dei provvedimenti sugli affari di competenza del parco archeologico o attribuitigli per delega dal soprintendente e firma degli atti finali;
D) coordinamento e conduzione della ricerca scientifica".
[15] La disciplina a regionale si collegava ad altre previsioni che già si riferivano ai parchi archeologici come l'art. 15, lett. e), della l.r. 78 del 1976, che ha introdotto un divieto assoluto di edificare nella fascia di rispetto di 200 metri dai confini dei parchi archeologici e l'articolo 25 della l.r. n. 37 del 1985 ed al successivo d.p. Reg. 13 giugno 1991, che recavano menzione del Parco archeologico di Agrigento successivamente istituito sulla base della l.r. n. 20 del 2000.
[16] Sulla quale si vedano C. Carmosino, La Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, in Aedon, 2013, 1, A. D'Alessandro, La Convenzione di Faro e il nuovo Action Plan del Consiglio d'Europa per la promozione dei processi partecipativi. I casi di Marsiglia e Venezia, in Citizens of Europe. Culture e diritti, (a cura di) L. Zagato, M. Vecco, Venezia, 2015, pag. 77 ss.; M. Giampieretti, Quali strumenti giuridici statali e regionali per le comunità patrimoniali?, ivi, pag. 335 ss.; P. Carpentieri, La Convenzione di Faro sul valore dell'eredità culturale per la società (da un punto di vista logico), in www.federalismi.it, 2017 e, più recentemente, A. Gualdani, I beni culturali immateriali: una categoria in cerca di autonomia, in Aedon, 2019, 1 e L. Pavan-Woolfe, S. Pinton (a cura di), Il valore del patrimonio culturale per la società e le comunità. La Convenzione del Consiglio d'Europa tra teoria e prassi, Bologna, 2019.
[17] I disegni di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Faro in materia di patrimonio culturale - Atti Senato-XVIII Leg., (n. 257) Sen. Marcucci ed altri (n. 702) Sen. Montevecchi ed altri entrambe intitolati "Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la societą, fatta a Faro il 27 ottobre 2005", dopo essere approdati in Aula al Senato per la votazione il 27 febbraio 2019, sono stati nuovamente sottoposti all'esame della Commissione Esteri per approfondimenti, e sono stati approvati.
[18] La "Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'ereditą culturale per la societą" del Consiglio d'Europa, è stata presentata il 27 ottobre 2005 nella città portoghese di Faro e sottoscritta dall'Italia nel 2013 è consultabile in http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2016/01/Convenzione-di-Faro.pdf, laddove si precisa che termine "cultural heritage" e' stato volutamente tradotto come eredità culturale, per evitare confusioni o sovrapposizioni con la definizione di patrimonio culturale di cui all'art.2 del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42. E proprio tale profilo ha motivato la questione sospensiva posta a base della ritrasmissione in Commissione affari esteri del Senato, deliberata ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, che ha sospeso la discussione dei disegni di legge nn. 257 e 702 dall'Aula il 27 febbraio 2019 cfr. Atti Senato-Resoconto stenografico, Seduta del 27 febbraio 2019, 55-56. Relativamente alla Convenzione si veda anche L'Explanatory Report to the Council of Europe Framework Convention on the Value of Cultural Heritage for Society, in https://rm.coe.int/CoERMPublicCommonSearchServices/DisplayDCTMContent?documentId=09000016800d3814.
[19] Ai sensi dell'articolo 3 della convenzione, esso consiste in: "a) tutte le forme di patrimonio culturale che costituiscono, nel loro insieme, una fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione e creatività; e b) gli ideali, i principi e i valori, derivati dall'esperienza ottenuta grazie al progresso e nei conflitti passati, che promuovono lo sviluppo di una società pacifica e stabile, fondata sul rispetto dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto".
In tal guisa, come opportunamente sottolineato, il patrimonio comune europeo si compone di due dimensioni: da un lato, quella più propriamente culturale, costituita da tutte le manifestazioni che ricordano gli avvenimenti che hanno segnato la storia europea; dall'altro, una dimensione intellettuale, costituita dall'insieme condiviso dei valori sociali e degli ideali europei, frutto della travagliata storia dell'Europa, cosi ancora C. Carmosino, La Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, cit., pag. 3.
[20] In tal senso Parlamento Europeo, DG Politiche interne, Ricerca per la commissione CULT L'identitą europea, 2017, 30 e ss. (http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2017/585921/IPOL_STU(2017)585921_IT.pdf).
[21] Per una completa ricostruzione della legislazione anteriore al codice v. per tutti S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in Id., L'amministrazione dello Stato, Milano, 1976, pag. 160 ss.
[22] Nunzio Nasi (Trapani il 3 aprile 1850- Erice il 17 settembre 1935), avvocato e docente universitario, fu sindaco di Trapani, più volte deputato e Ministro, in particolare Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Zanardelli dal febbraio 1901 al novembre 1903).
Sulla legge e la sua formazione si veda per tutti A. Ragusa, Alle origini dello Stato contemporaneo. Politiche di gestione dei beni culturali e ambientali tra Ottocento e Novecento, Milano, 2011, pag. 120 ss., mentre sulla controversa figura del politico trapanese si veda, da ultimo, A. Blando, Corti e lunghi circuiti politici. Il caso Nunzio Nasi, in Meridiana, 2017, pag. 171 ss.
[23] Nicolò Gallo (Agrigento, 10 agosto 1849-Roma, il 7 marzo 1907), fu autorevole giurista, più volte deputato, ministro, rivestì anche la carica di Vicepresidente e, per pochi giorni, anche quella di Presidente della Camera.
[24] In merito si vedano per tutti L. Malnati, M.G. Fichera, S. Martone, La tutela del patrimonio archeologico italiano: i limiti dell'attuale normativa e nuove proposte di integrazione al Codice, in Aedon, 2015, 3.
[25] Regolamento per l'esecuzione delle leggi 20 giugno 1909, n. 364, e 23 giugno 1912, n. 688, relative alle antichità e belle arti.
[26] Sul tema I. Tricomi, Sub art. 101, in Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) G. Leone, A.L. Tarasco, Padova, 2006, pag. 659 ss. e, da ultimo, C. Feliziani, Parchi archeologici e attività di pianificazione. Riflessioni a partire dal caso di Urbs Salvia, intervento al Convegno Annuale Aipda 2018 "Arte, cultura e ricerca scientifica. Costituzione e Amministrazione", Reggio Calabria 4-6 ottobre 2018, in Riv. giur. dell'edilizia, 2019, 3, pag. 213 ss.
Si vedano altresì, però alcune considerazioni metagiuridiche, le relazioni di G. Carbonara, Archeologia, architettura e restauro: problemi di conservazione e presentazione; G. Sassatelli, Archeologia tra ricerca, formazione e tutela; S. Gelichi e L. Malnati, La pianificazione territoriale: archeologia preventiva sul territorio e nelle città, L. Malnati, La situazione dell'archeologia tra 2016 e 2017 al Convegno. "L'archeologia in Italia: la sfida con la realtà", Bologna, 1 dicembre 2015, pubblicate in Aedon, 2017, ma già Id., La verifica preventiva dell'interesse archeologico, ivi, 2005, 3.
Sembra al riguardo acconcio ricordare che il termine parco archeologico compare per la prima volta nel 1990, nella circolare del ministero dei Beni Culturali del 15 novembre 1990, n.12059 nella quale viene definito: "area protetta, nella quale, per la consistenza di presenze monumentali, può individuarsi e definirsi uno spazio di particolare valenza, attrezzato come museo all'aperto".
Mentre il d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352", all'art. 99 prevedeva nel contesto della disciplina della Apertura al pubblico di musei, monumenti, aree e parchi archeologici, archivi e biblioteche" (l. 23 luglio 1980, n. 502, art. 1, sost. dalla legge 27 giugno 1985, n. 332, art. 1; d.p.r. 5 luglio 1995, n. 417, art. 27; d.m. 11 dicembre 1997, n. 507, art. 5, co. 1) la definizione di museo ("struttura comunque denominata organizzata per la conservazione, la valorizzazione e la fruizione pubblica di raccolte di beni culturali"), di area archeologica ("sito su cui insistono i resti di un insieme edilizio originariamente concluso per funzione e destinazione d'uso complessiva") e di parco archeologico ("ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all'aperto in modo da facilitarne la lettura attraverso itinerari ragionati e sussidi didattici").
[27] In generale sugli Istituti e luoghi di cultura v. per tutti C. Barbati, Organizzazione e servizi, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Bologna, 2020, pag. 107 ss., spec. pag. 127.
[28] La scienza archeologica é, come noto, articolata in molteplici partizioni scientifiche, la preistorica, la classica, la cristiana, la medievale sulle quali si veda da ultimo D. Manacorda, A proposito dei 40 anni di "Archeologia medievale" in Italia, in Reti Medievali Rivista, 18, 1 2017, pag. 3 ss.
[29] Sui variegati profili del concetto di valorizzazione si veda da ultimo S. Gardini, La valorizzazione integrata dei beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2016, pag. 416 ss. L. Casini, Valorizzazione e gestione, in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 107 ss., spec. 191 ss. e, più recentemente, B. Accettura, Politiche di valorizzazione e funzione sociale dei beni culturali. Pratiche di cittadinanza attiva, in Federalismi, 2019, 16 e G. Albisinni, Nuovi paradigmi e nuovi attori in tema di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, fra Costituzione e processi di liberalizzazione; F.. Morollo, Valorizzazione del patrimonio culturale: sussidiarietà orizzontale e prospettive di "democrazia diretta" per lo sviluppo dei territori, in DPCE online, 2019, 2; C. Vitale, La valorizzazione del patrimonio culturale nelle Aree Interne. Considerazioni preliminari, in Aedon, 2018, 3.
[30] La dottrina riconduce i beni archeologici alla categoria che, una copiosa letteratura pluridisciplinare contribuisce non senza incertezze a definire, dei beni comuni. In merito si vedano, per restare tra il diritto privato e quello pubblico, nell'impianto dottrina: i contributi di L. Nivarra, Alcune riflessioni sul rapporto fra pubblico e comune, in Oltre il privato e il pubblico. Per un diritto dei beni comuni, (a cura di) M.R. Marella, Verona, 2012, pag. 71 ss. e più recentemente Id., I beni comuni: dalla fruizione alla gestione, in Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela, cit., pag. 155 ss.; L. D'Andrea, I beni comuni nella prospettiva costituzionale: note introduttive, in RivistaAic, 2015, 3; Id., I beni comuni nella giurisprudenza sovrannazionale, in AA.VV., Scritti in onore di Gaetano Silvestri, Torino, 2016, pag. 733 ss. S. Staiano, "Beni comuni" categoria ideologicamente estenuata, in Dir. soc., 2016, pag. 415 ss.; F. Cortese, Che cosa sono i beni comuni, in Prendersi cura dei beni comuni per uscire dalla crisi, (a cura di) M. Bombardelli, Trento, 2016, pag. 37 ss.; M.T.P. Caputi Jambrenghi, Note minime su beni comuni e funzione amministrativa, in Giustamm.it, 2017, 3 e P. Chirulli, I beni comuni, tra diritti fondamentali, usi collettivi e doveri di solidarietà, in Studi in onore di Carlo Rossano, Napoli, 2013, pag. 601 ss. Ed infatti secondo l'A. si pone "un problema di qualità, oltre che di quantità della fruizione, problema ben noto, ad esempio, in materia di beni culturali e archeologici, laddove la particolare fragilità di alcune opere o complessi di opere richiede necessariamente non solo una programmazione numerica dell'accesso ma la previsione di particolari condizioni di fruizione".
[31] Così L. Malnati, M.G. Fichera, S. Martone, op. ult. cit., pag. 5.
[32] Su tale peculiare disciplina, a compendio della quale v. altresì la Circolare del Mibact n. 1 del 2016 recante "Disciplina del procedimento di cui all'articolo 28, comma 4, del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ed agli articoli 95 e 96 del Decreto Legislativo 14 aprile 2006, n. 163, per la verifica preventiva dell'interesse archeologico", consultabile in http://www.archeobologna.beniculturali.it/archeologia_preventiva/Circ_01_2016.pdf, v. per tutti L. Perfetti, sub artt. 95 e 96, in Id. (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Milano, 2013, pag. 1269 ss.; A. Sau, La disciplina dei contratti pubblici relativi ai beni culturali tra esigenze di semplificazione e profili di specialità, in Aedon, 2017, 1, mentre con riguardo a quanto disposto dell'art. 28, co. 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio v. A. Roccella, sub Art. 28, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M. Cammelli, Bologna, 2007, pag. 169 ss., A.L. Tarasco, Misure cautelari e preventive (art. 28), in Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2011, pag. 302 ss., A. Fantin, L'archeologia preventiva nella normativa recente, in Il capitale culturale, VII-2013, pag. 153 ss.
Appare opportuno sottolineare che il d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con mod, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 recante: "Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici" ha introdotto un regime speciale temporaneo per la verifica preventiva dell'interesse archeologico delle aree prescelte per la localizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico stabilendo che "fino al 31 dicembre 2020, possono essere oggetto di riserva anche gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, con conseguente estensione dell'ambito di applicazione dell'accordo bonario di cui all'articolo 205 del medesimo decreto legislativo" (art. 1, decimo comma).
[33] L'art. 29, co. 1 e 2, più volte modificato, del codice dei beni culturali, prevede, come noto, che la conservazione del patrimonio culturale sia assicurata attraverso una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro, intendendo per prevenzione "il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto".
In generale si v. P. Güll, Archeologia preventiva. Il codice appalti e la gestione del rischio archeologico, Palermo, 2015; Id., Dalla "bonifica archeologica" alla gestione del rischio. Nuove sfide per la ricerca e la tutela, in Il capitale culturale, 2016, 14, pag. 1055 ss.; S.Gelichi e L. Malnati, La pianificazione territoriale: archeologia preventiva sul territorio e nelle città, op. ult. cit.
[34] Si vedano per tutti L. Casini, Ereditare il futuro. Dilemmi sul patrimonio culturale, Bologna, 2016, pag. 70 ss.; ma già Id., La globalizzazione dei beni culturali, Bologna 2010; M. Cammelli, L'ordinamento dei beni culturali tra continuità e innovazione, in Aedon, 2017, 3, pag. 6 e, più recentemente, P. Chirulli, Il governo multilivello del patrimonio culturale, relazione al Convegno Annuale Aipda 2018, in Annuario Aipda 2018, cit., 61 ss.
[35] Consultabile nel sito del ministero http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2016/01/Decreto-Ministeriale-del-18-aprile-2012.pdf, che individua obiettivi di qualità nonché requisiti minimi per l'adozione del sistema di accreditamento per i parchi archeologici, sulla quale si veda F. Ghedini, Parchi archeologici e sviluppo del territorio, in LANX (http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index), 2014, 19, pag. 194 ss.
Secondo la Commissione che ha contributo alla redazione delle stesse: "la definizione 'archeologico' è stata interpretata in relazione non tanto alla cronologia dei resti quanto alle metodologie (proprie dell'indagine archeologica) attraverso le quali tali resti vengono individuati, indagati, interpretati e valorizzati. Dopo aver passato in rassegna le definizioni relative alle aree/siti archeologici e le normative regionali relative ai Parchi archeologici, si è ritenuto di proporre una aggiornata definizione, che desse maggior evidenza agli aspetti della ricerca, secondo la quale 'un Parco archeologico è un ambito territoriale caratterizzato da importanti testimonianze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, culturali, paesaggistici ed ambientali, oggetto di valorizzazione ai sensi degli artt. 6 e 111 del d. lgs. 42/2004, sulla base di un progetto scientifico e gestionale'. Ne consegue che la presenza di consistenti resti archeologici e di valori storici, paesaggistici e ambientali, è condizione necessaria ma non sufficiente: per la realizzazione di un Parco archeologico è indispensabile l'elaborazione di uno specifico progetto, che sia espressione e sintesi di aspetti settoriali diversi, tutti omogeneamente concorrenti alla piena valorizzazione del bene culturale".
[36] V. http://www.francocrisafi.it/web_secondario/leggi%20regionali%202016/decreto%20asse%20bb%20cc%2026%2001%2016.pdf, che in attuazione del "Sistema regionale di accreditamento, di monitoraggio e valutazione dei luoghi della cultura" da applicarsi a musei, parchi e aree archeologiche singolarmente considerati e a reti e o sistemi territoriali e/o tematici di beni culturali del territorio della regione, ha individuato i requisiti minimi per i musei, le aree/parchi archeologici e le reti e i sistemi di beni culturali relativamente a ciascuno degli otto ambiti individuati dal d.m. 10 maggio 2001 necessari per valutare la gestione dei luoghi della cultura in termini di efficienza ed efficacia, nonché di qualità dei servizi di fruizione e valorizzazione erogati. Per quanto riguarda i parchi archeologici si veda l'alleato "Manuale per le aree ed i parchi archeologici".
[37] Con propria organizzazione costituita dal Consiglio del Parco, dal Direttore e dal Collegio dei revisori. Sul Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento si veda A. Varrica, Siti archeologici e management pubblico in Sicilia. L'esperienza del parco Valle dei Templi, Milano, 2010.
[38] In attuazione delle richiamate previsioni di legge, con decreto dell'11 luglio 2001 dell'Assessore per i Beni Culturali sono state quindi individuate in Sicilia 16 aree archeologiche che costituiscono il sistema dei parchi archeologici regionali siciliani; intervento questo che, anticipando di sedici anni la c.d. riforma "Franceschini" del Ministero, individuava la possibilità di istituire altrettanti Istituti dotati di piena "autonomia scientifica e di ricerca, organizzativa, amministrativa e finanziaria".
Le successive vicende attuative della 1.r. 20 del 2000 hanno visto l'affermazione di questo modello organizzativo, che nel caso del Parco di Agrigento si è tradotto in un esempio virtuoso nel panorama nazionale dei parchi e dei musei, sia sotto il profilo della costante crescita sia in termini di qualità dei servizi e di richiamo turistico di un'area vasta. Esempio virtuoso anche in ambito internazionale, considerato che nel 2017 le presenze dei visitatori del Parco sono incrementate di circa il 30% rispetto all'anno precedente e che nel 2018 è stato premiato dall'Unione Europea come primo Parco archeologico d'Europa.
Questo indubbio successo è dovuto a diversi fattori, ma certamente è stato determinato in primo luogo dall'autonomia di gestione dell'ente che consente al Parco di utilizzare in proprio per la valorizzazione del territorio archeologico le cospicue entrate che derivano dagli introiti dei biglietti di ingresso al Parco.
Mentre l'istituzione del Parco di Agrigento è avvenuta ope legis, l'effettiva istituzione dei parchi facenti parte del "sistema" (Titolo II) è stato circondato dall'articolato della stessa legge 20/2000 da un insieme di cautele e precauzioni che, insieme a un andamento quantomeno irrazionale delle varie amministrazioni succedutesi nel tempo, ha reso il percorso attuativo complesso e labirintico. Di fatto, dei parchi previsti all'interno del sistema la formale istituzione è intervenuta, sino agli interventi del 2019 solo per il Parco di Naxos (2007) e per quello di Selinunte (2013).
[39] Tale individuazione era stata definita giusta il d.a. 11 luglio 2001, n. 6263 dell'Assessore per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, sulla scorta del parere favorevole del Consiglio regionale dei beni culturali e ambientali aveva espresso il proprio parere favorevole, ai sensi del co. 2, art. 20 della citata l.r. 3 novembre 2000, n. 20.
[40] In tal senso sono stati istituti i "servizi Parchi culturali" con il d. Pres. regione Siciliana 28 giugno 2010, n. 370, recante "Rimodulazione dell'assetto organizzativo, di natura endodipartimentale, dei dipartimenti regionali". Con successivi decreti assessoriali, tuttavia, mentre procedevano gli iter delle perimetrazioni, l'elenco del sistema dei Parchi veniva sottoposto a molteplici modifiche ed integrazioni (cfr. dd.aa. n. 1142 del 29 aprile 2013, n. 117 del 23 gennaio 2014, n. 3827 del 30 agosto 2017, n. 29 del 13 settembre 2018 e n. 13 del 25 marzo 2019).
[41] In generale sul rapporto tra competenza statale e regionale, oltre ai testi citati in precedenza, si veda D. Nardella, I beni e le attività culturali tra Stato e Regioni e la riforma del Titolo V della Costituzione, in Dir. pubbl., 2002, 2, pag. 671 ss.; C. Barbati, Organizzazione e servizi, op. ult. cit, 139 ss. e D. Vaiano, La valorizzazione dei beni culturali, in Beni culturali e paesaggistici, (a cura di) D. Vaiano, A. Crosetti, Torino, 2018, pag. 119 ss.
[42] Sulle complesse inferenze tra vincoli archeologici e paesaggistici e pianificazione comunale la dottrina è assai estesa si veda, da ultimo, P. Urbani, Le nuove frontiere della pianificazione urbanistica comunale, in https://www.pausania.it/wp-content/uploads/le-nuove-frontiere-in-diritto-e-processo-amm..pdf, pag. 17, secondo il quale quadro conoscitivo del territorio comunale "costituisce in buona sostanza un vincolo di sostenibilità alle ipotesi di sviluppo delineate con il quadro programmatorio e che appare abbastanza analitico perché, in particolare per ciò che qui interessa, definisce e "individua" le aree a rischio o vulnerabili, le aree d'interesse archeologico e i beni d'interesse paesistico o storico monumentale, i siti ambientali d'interesse comunitario, la struttura del paesaggio agrario e ogni altra emergenza del territorio che "vincoli la trasformabilità del suolo e del sottosuolo".
[43] Su tali temi v. da ultimo G. Piperata, Cultura e sviluppo economico nella riflessione del giurista, relazione al Convegno Annuale Aipda 2018, in Annuario Aipda 2018, cit., pag. 117 ss.
[44] Vedi supra, nota 11, In tale prospettiva nelle ricordate "Linee guida" il "Piano del parco archeologico", elemento centrale delle attività di tutela e valorizzazione, assume una duplice valenza: "da un lato, le previsioni di tutela in esso contenute dovranno formare oggetto di apposito accordo tra i diversi soggetti pubblici dotati di competenza al riguardo e rivestiranno carattere vincolante solo nei confronti delle istituzioni coinvolte, le quali dovranno successivamente tradurre gli impegni assunti nel coerente esercizio dei poteri ad esse spettanti; dall'altro le misure di valorizzazione contenute nel piano potranno, invece, esplicare immediati effetti vincolanti, in quanto riconducibili agli strumenti tipici previsti nella Parte seconda del Codice. Nel Piano del parco archeologico, inteso come strumento composito nel senso anzidetto, saranno sintetizzate le proposte di azione dirette agli enti e alle amministrazioni competenti e avanzate in sede di valutazione specialistica delle caratteristiche del parco (dalla tutela alla valorizzazione, dalla comunicazione alle eventuali prospettive di attività di ricerca e didattica, fino ai servizi per il pubblico), e sarà illustrata la strategia adottata per la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico e per il suo inserimento nel contesto contemporaneo. Si tratta di una prospettiva che guarda al paesaggio storico e ai beni culturali in esso presenti con l'approccio proprio dell'archeologia globale e dell'archeologia dei paesaggi, che studia il territorio mettendo a sistema tutte le testimonianze ancora rintracciabili della presenza dell'uomo e dei suoi rapporti con l'ambiente naturale".
[45] Cfr. circolare del Presidente della regione Siciliana 9 ottobre 1964, n. 4520, recante disposizioni in ordine al "Procedimento per l'emanazione dei Regolamenti regionali".
[46] Cfr. sul tema, termini generali, A. Vuolo, Il potere normativo della Giunta regionale, in www.forumcostituzionale.it e in Scritti in onore di Michele Scudiero, Napoli, 2008, IV, pag. 2339 ss., mentre con specifico riguardo all'ordinamento della regione Siciliana su veda E. Cavasino, La potestà regolamentare, in Per un nuovo statuto della regione siciliana, (a cura di) A. Ruggeri, G. D'Amico, L. D'Andrea, G. Moschella, Torino, 2016, pag. 115 ss.
[47] L'art. 20 (commi 9-12) stabilisce poi che il parco adotta un proprio bilancio e conto consuntivo che sono approvati dall'Assessore regionale per i beni culturali.
A questo riguardo giova ricordare che le entrate del Parco sono costituite dalle somme allo stesso assegnate a carico dello stato di previsione dell'Assessorato regionale dei beni culturali per il funzionamento dell'istituzione, proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso, dai servizi offerti a pagamento, dalla vendita di pubblicazioni dallo stesso edite e da altre attività organizzate dal parco, nonché dai contributi e donazioni di soggetti pubblici e privati
Per lo svolgimento delle attività di competenza al parco è assegnata la dotazione di personale stabilita dall'Assessore regionale sentito il direttore del Parco, mentre l'ordinamento interno e le modalità di funzionamento soni stabiliti con regolamento, emanato dall'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione.
[48] Sulle quali si veda C. Carmosino, Il completamento della riforma organizzativa del Mibact: i nuovi istituti autonomi e il rafforzamento dei poli museali, cit.
[49] In questo senso si orienta il disegno di legge, a firma dello stesso Assessore Tusa e del Presidente della regione, n. 421, recante "Modifiche e integrazioni alle disposizioni contenute nella legge regionale 3 novembre 2000, n. 20. Norme sull'istituzione del sistema dei parchi archeologici in Sicilia", depositato il 7 novembre 2018, ed in atto all'esame all'Assemblea regionale siciliana.
Più specificatamente il progetto di riorganizzazione dei parchi archeologici prevede la trasformazione del Comitato tecnico-scientifico in Consiglio del Parco, con una nuova e più estesa composizione, e l'introduzione del revisore legale (art. 1).
Per quanto riguarda l'organo amministrativo va segnalato che a livello statale esso, dotato di un numero minore di componenti, è affiancato dal Comitato tecnico-scientifico e non lo sostituisce.
Con riguardo all'organo di revisione va evidenziata, invece, la scelta differente che sembra prospettarsi a livello regionale, e che invero è propria degli organismi di natura privatistica - la "revisione legale" è, infatti, la revisione dei conti annuali o dei conti consolidati effettuata in conformità alle disposizioni del codice civile e del decreto legislativo 39/2010, nonché dei relativi regolamenti di attuazione -, rispetto a quella delineata dal legislatore statale che ha previsto in merito un collegio dei revisori dei conti composto da tre membri effettivi, di cui un funzionario del Ministero dell'economia e delle finanze con funzioni di presidente e da due membri supplenti. I componenti, scelti tra soggetti iscritti al Registro dei revisori contabili e nominati con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali cfr. d.m. dei beni e delle attività culturali 23 gennaio 2016, recante "Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attivitą culturali e del turismo ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208".
Sulla revisione amministrativo contabile degli enti e organismi pubblici si veda Ministero dell'economia e le finanze-Ragioneria generale dello Stato, circolare 5 maggio 2017, n. 20, "Circolare-Vademecum per la revisione amministrativo contabile degli enti e organismi pubblici", in http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/CIRCOLARI/2017/Circolare_del_5_maggio_2017_n_20.pdf.
[50] Nel 2018 è stato sfiorato il milione di visitatori, mentre nel 2017 si erano registrate 857.333 presenze, confermando così la tendenza alla crescita (+31,6 % rispetto al 2016), con entrate che hanno superato i 5 milioni e mezzo di euro "di cui 4 milioni e 600 mila solo dalla vendita dei biglietti, 2,64 l'impatto di spesa (ogni euro speso ha una ricaduta di 2,64 euro), 454 giornate di eventi e 352 abbonamenti annuali venduti per residenti". I servizi aggiuntivi del Parco sono affidati a Coopculture (in ATI con Skira, MondoMostre, Bluecoop, Ipacem e Cooperativa archeologica) cfr. G. Diana, Quasi un milione di visitatori alla Valle dei Templi di Agrigento, in Il Giornale dell'arte, febbraio 2019, n. 394, https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/quasi-un-milione-di-visitatori-alla-valle-dei-templi-di-agrigento/130701.html.
[51] Il Parco agrigentino nel 2017 è stato insignito, dapprima, del premio "Paesaggio italiano" del Mibact con il progetto "Agri-Gentium" e poi a Strasbourgo, il 12 aprile 2017 dallo Steering Committee for Culture, Heritage qnd Landscape (CDCPP) del Consiglio d'Europa, durante la V sessione del "Landscape Award of the Council of Europe" della menzione speciale per la "Sustainable development and social reintegration" con la seguente motivazione: "Landscape Regeneration of the Landscape and Archaeological Park of the Valley of the Temples in Agrigento" is an excellent example of a link between internationally recognised archaeological sites and an innovative agrarian economy, involving the development of high-quality products for the well-being of both the local community and the many visitors who enjoy trips in the countryside and visits to the outstanding archaeological site." V. https://rm.coe.int/168070a74b.
[52] Sulle forme di finanziamento dei musei e parchi archeologici e delle possibilità si incremento della capacitą di automantenimento e la redditivitą, di garanzia della promozione culturale e di equilibrio di bilanci si veda da ultimo il recente ed articolato lavoro di A.L. Tarasco, Diritto e gestione del patrimonio culturale, Roma, 2019.
[53] Il riferimento è al citato d.d.l. n. 421, recante "Modifiche e integrazioni alle disposizioni contenute nella legge regionale 3 novembre 2000, n. 20. Norme sull'istituzione del sistema dei parchi archeologici in Sicilia".
Il d.d.l., che come ricordato introduce alcune semplificazioni organizzative e procedurali per i parchi e ne prevede il rafforzamento della governance e dell'autonomia finanziaria, prevede altresì, proprio al fine di compensare evidenti differenze nelle entrate tra i parchi archeologici, l'istituzione di un fondo che, attingendo esclusivamente dalle entrate dei parchi inseriti nel sistema di cui al Titolo II della legge regionale 3 novembre 2000, n. 20, "possa garantire gli oneri di funzionamento di funzionamento, fruizione e valorizzazione dei Parchi con insufficiente dotazione economica per il raggiungimento delle finalità previste dalla medesima legge e, pertanto, assolvere alla funzione di clausola di salvaguardia all'interno del sistema stesso, garantendo che derivino maggiori oneri per la finanza regionale. In tale occasione, si sottolinea che i parchi inseriti nel sistema di cui alla citala legge n. 20, non rientrano già dall'approvazione della stessa tra quelli previsti dall'art. 7 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10 e ss. mm. ii. e pertanto, non risultano essere in contrasto con la normativa vigente circa la destinazione per l'anno 2018 del 60% e per l'anno 2019 del 100%.", così nella Relazione al disegno di legge.
[54] Giusta il d.a. 13 settembre 2018, n. 29.
[55] Il Consiglio regionale dei beni culturali ha deliberato in tal senso il 30 gennaio 2019. Su tale organismo sia consentito rinviare al mio contributo Il Consiglio regionale dei beni culturali ed ambientali. Un "redivivo"... senza ambizioni da oscar, in https://www.ambientediritto.it/dottrina/il-consiglio-dei-beni-culturali-ed-ambientali-in-sicilia/.
[56] Giusta il decreto dell'Assessorato ai bb.cc. e i.s. (retto ad interim e dal Presidente della regione) n. 26/GAB del 11 aprile 2019, in esecuzione della deliberazione del Consiglio: "sono individuate le aree costituenti il Parco archeologico di Pantelleria ed č contestualmente istituito il "Parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria", ricadente nel territorio dei comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Pantelleria".
La perimetrazione e zonizzazione del Parco in questione, oltre a comprendere le zone di Selinunte e Cave di Cusa, come ricordato già ricomprese nel d.a. istitutivo del 19 aprile 2013, n. 994, comprende così anche le aree di Pantelleria indicate nelle cartografie allegate al decreto che ne costituiscono parte integrante insieme con il "regolamento".
[57] La città fondata dai Megaresi di Sicilia nella seconda metà del VII secolo a.C. poi distrutta dai Cartaginesi nel 409 a.c. e delle vicine cave dalle quali i selinuntini estrassero la pietra e realizzarono i manufatti per la costruzione del complesso urbano a partire dai templi.
[58] Il rapido sviluppo dell'attività dell'ente ha peraltro indotto la regione ad affidare all'Ente parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento ulteriori compiti quali la gestione, per l'utilizzo e per la fruizione pubblica del "Palacongressi di Agrigento" (art. 9, l.r. 17 marzo 2016, n. 3).
[59] Sulla complessa ed articolata nozione di Paesaggio v. per tutti G. Piperata, Paesaggio, in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 243 ss., A. Crosetti, L'ordinamento dei beni paesaggistici, in Beni culturali e paesaggistici, cit., pag. 179 ss.
[60] Come lo stesso Tusa lo definiva, Id., Primo Mediterraneo. Meditazioni sul mare più antico della storia, Modica, 2016.
[61] Nel quale scavarono il Prof. Tusa e, prima, suo Padre Vincenzo, docente di Antichità Puniche presso la facoltà di Lettere dell'Università di Palermo, soprintendente ai Beni Archeologici della Sicilia occidentale, indiscusso pioniere della moderna archeologia siciliana.
[62] L'acropoli testimonia la vita di una comunità, prima punica e poi romana, in un periodo che va dal IV secolo a.C. al II secolo d.C. circa.
I Sesi di Pantelleria, come ricorda nella sua relazione di accompagnamento alla proposta di istituzione del Parco archeologico dello stesso Tusa "sono strutture circolari a tronco di cono, costruite secondo una tecnica megalitica ed adibite ad esclusiva funzione funeraria. La loro tipologia riflette il modulo a torre ben noto nelle altre isole del Mediterraneo centrale dalle navetas e talayots balearici, alle torri della Corsica ed ai nuraghe sardi. Ovviamente tali generalizzazioni hanno ben poco senso poiché ogni articolazione locale di tale modulo assume le sue peculiarità formali e tecniche specifiche, nonché le proprie motivazioni filogenetiche. I sesi, infatti, a differenza dei simili monumenti succitati non presentano una struttura cava all'interno sicché la loro tecnica costruttiva risulta estremamente elementare. Ad un paramento ben costruito con poderosi blocchi corrisponde una struttura interna a sacco di pietrame vano. Soltanto ai fianchi venivano costruite una o più piccole cavità adibite al rituale funerario. Una struttura quindi, estremamente semplificata che per nulla sembra richiamare le arditezze della statica talayotica delle Baleari, torreana della Corsica e nuragica della Sardegna, e che semmai ne riprende soltanto le esperienze formative", cfr. note 67 e 68.
[63] Dal quale proveniva la rinomata "pantellerian ware", vasellame di peculiare consistenza grazie alla polvere di ossidiana ed esportato nella tarda età romana in tutto il mediterraneo.
[64] Il Castello medievale di Pantelleria (erroneamente denominato "Castello Barbacane"), è stato un carcere sino al 1975, in atto in uso al comune, è tra i beni statali per i quali la Commissione paritetica di cui all'art. 43 dello Statuto regionale ha già deliberato il trasferimento alla regione e per il cui perfezionamento si attende la deliberazione del Consiglio dei ministri ed il decreto del Presidente della Repubblica.
[65] Se ne può ascoltare una puntuale illustrazione dello stesso Tusa all'Unesco, in occasione dell'incontro tenutosi a Parigi il 22-23 settembre 2016 sull'applicazione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo del 2001 in https://youtu.be/FEvG47k4oGc.
Sulla convenzione Unesco del 2 novembre 2001 (UCH) sulla protezione del patrimonio culturale sommerso, ratificata in Italia con la legge n. 157 del 2009, in dottrina si veda G. Camarda, La normativa nazionale ed internazionale per la protezione del patrimonio culturale subacqueo nel Mediterraneo. Considerazioni introduttive ad un recente convegno, in Riv. di diritto dell'econ., trasporti e ambiente, 2003, 1, http://www.giureta.unipa.it/2003/archeologia_Camarda.htm, ma già The Protection of the Underwater Cultural Heritage: Legal Aspects, (a cura di) G. Camarda, T. Scovazzi, Milano, 2002; A. Frigerio, L'entrata in vigore in Italia della Convenzione Unesco 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, in Aedon, 2010, 2; D A. Scott-Ireton (Ed.), Between the Devil and the Deep: Meeting Challenges in the Public Interpretation of Marittime Cultural Heritage, New York, 2014; T. Scovazzi, La protection du patrimoine culturel sous-marin, in, Archéologie sous-marine. Pratiques, patrimoine, médiation, (a cura di) C. Cérino, M. L'Hour, É. Rieth Rennes, 2013, pag. 19 ss. e, più recentemente, M.R. Calamita, La Convenzione Unesco del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, in Il diritto internazionale e la protezione del patrimonio culturale mondiale, (a cura di) E. Baroncini, Bologna, 2019, pag. 157 ss. In particolare E. Baroncini, nella Introduzione, op. ult. cit., X, ricorda che proprio Tusa è stato "tra i protagonisti del gruppo di esperti che ha redatto" lo schema di Convenzione.
[66] Il Prof. Tusa, nella convinta azione di promozione dell'archeologia siciliana, aveva altresì disposto, a febbraio scorso, il finanziamento della prosecuzione degli scavi archeologici e la sistemazione dell'intera area archeologica a Mursia, insieme ad altri otto siti in Sicilia, per circa 500 mila euro.
[67] Tusa, era un siciliano eclettico, legato alla terra natia, ma con una grande vocazione internazionale, come tanti era andato via per conseguire la laurea e la specializzazione (all'Università "La Sapienza"di Roma) ed iniziare a lavorare, ma per fortuna ebbe modo di ritornarvi, come purtroppo, invece, non avviene più per troppi nostri giovani, dapprima da docente nell'Università di Palermo e poi da dirigente regionale, con una spiccata propensione alla ricerca. Uno studioso animato da passione per Pantelleria e per la Sicilia, con un'instancabile impegno per le istituzioni culturali, quale la Fondazione Whitaker (ai primi di luglio a Mozia si è mietuto il grano antico, piantato dopo settant'anni nell'Isola fenicia che aveva personalmente voluto).
[68] Per una puntuale ricostruzione delle sue ricerche sull'Isola si veda, nella sterminata pubblicistica del Prof. Tusa, costituita da oltre 600 pubblicazioni, S. Tusa, Vent'anni di ricerche archeologiche tra terra e mare nell'isola di Pantelleria, in Archeologia subacquea a Pantelleria "... de Cossurensibus et Poenis navalem egit...", (a cura di) L. Abelli, Bologna 2012, pag. 15 ss. e Id., Ricerche archeologiche subacque a Pantelleria: trent'anni di storia, in Cossyrae mirabilia maris. I tesori sommersi di Pantelleria, (a cura di) R. La Rocca, Palermo 2015, pag. 29 ss., ma già Id., Pantelleria attraverso le epoche, in Id. (a cura di), Pantelleria. I ritratti imperiali tra storia e archeologia, Trapani 2004, pag. 17 ss.
[69] Tra il 2010 ed il 2011, si procedette, infatti alla nomina del primo direttore del Parco archeologico e, su comune iniziativa, all'assegnazione al Parco delle tre teste imperiali di Giulio Cesare, Antonia Minore e Tito (scoperte il 14 agosto del 2003), dopo una prestigiosa esposizione all'Istituto italiano di cultura a Londra, dedicata a Ferruccio Barbera, e delle 3500 monete puniche rinvenute nel mare antistante Cala tramontana (studiate dalla madre del Prof. Tusa, la Prof. Aldina Cutroni nota numismatica, A. Cutroni Tusa, R. Lasi, Il ritrovamento monetale di Cala Tramontana, in Archeologia subacquea a Pantelleria "... de Cossurensibus et Poenis navalem egit...", cit., pag. 251 ss.) con il preciso obiettivo di lasciare nell'Isola i reperti rinvenuti ed evitarne il trasferimento in musei lontani.
[70] Il Prof. Tusa, all'epoca sovrintendente ai beni culturali di Trapani, trasmise la proposta è la documentazione in questione con nota prot. n. 2638 del 15 dicembre 2010.
[71] Il Consiglio comunale di Pantelleria si è pronunziato con delibera n. 10 del 4 febbraio 2011, con richiesta di talune modifiche nella perimetrazione. E ciò nel presupposto che la delimitazione del Parco archeologico si sarebbe posta in contrasto ed in variante con quanto previsto dal vigente p.r.g. di Pantelleria stante che modifica la perimetrazione delle aree dei siti archeologici di Mursia e San Marco così come già individuate dal P.T.P., mentre vengono inserite due siti di nuova istituzione in località Scauri e Zona Lago di Venere.
Peraltro alcune aree proposte a Parco quali Il Lago di Venere, la maggior parte della zona di Mursia ed una piccola parte della zona di Scauri si è verificato rientrano nell'area vincolata a zona SIC-ZPS - ITA 010019 e ITA 010020, mentre le altre zone sono escluse da tale vincolo. Inoltre il Parco, giusta planimetria di raffronto in scala 1:2.000 allegata alla presente, nell'area perimetrata della zona di Scauri, nella proposta ha ricompreso aree destinate a zone B, F e C oltre a zone agricole dal vigente P.R.G., ed inoltre un?opera relativa a "Lavori di realizzazione di infrastrutture viarie per l?adeguamento della via di fuga e la viabilità a servizio della struttura portuale di Scauri" a cura dell?Ufficio del Commissario Delegato della Protezione civile. Infine, nella zona perimetrata del "Lago di Venere", si è rilevata una previsione di fascia di 200 m. che interessava un?area a monte della zona "A" ove sono presenti numerosi fabbricati che sono, tra l?altro, allocati ad una quota che non va ad intaccare l?aspetto archeologico-paesaggistico del sito tutelato, ponendosi la stessa come fascia di rispetto naturale.
La delibera è consultabile in http://www.comunepantelleria.it/atti/2011/02%20-%20FEBBRAIO/copia%20delibera%20consiliare%20perimetrazione%20parco%20archeologico%20-.pdf.
Le proposte del Consiglio comunale pantesco sono state solo in parte recepite dalla medesima Soprintendenza con nota prot. n. 3494 del 4 maggio 2011 sono state trasmesse all'Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana per le determinazioni finali.
[72] Il Prof. Tusa era ritornato alla Soprintendenza del mare della quale nel 2004 aveva sostenuto caparbiamente l'istituzione facendone il fiore all'occhiello dell'amministrazione regionale dei beni culturali ed il riferimento dall'archeologia subacquea mondiale. Si vedano i resoconti dei viaggi di studio e ricerca del Prof. Tusa, proprio come l'ultimo che aveva intrapreso, nel blog del Prof. Tusa https://sebastianotusa.wordpress.com, purtroppo fermo al 2017.
[73] Nonostante le molteplici richieste (si ricordino le iniziative dell'Associazione "Amici del Parco archeologico di Pantelleria") la richiesta di revisione della decisione non trovò, purtroppo, neanche nell'Isola sostegni significativi.
[74] Aveva, infatti, appena pubblicato il libro I popoli del grande verde. Il mediterraneo al tempo dei faraoni, Modica 2018, col quale apriva ad una nuova prospettiva i suoi tradizionali percorsi di ricerca. Oltre che sui suoi stessi interessi personali alla carriera amministrativa, ormai vicina alla pensione e che, pertanto, poteva così esserne solo preclusa, anche per i limiti scaturenti dalla disciplina in materia di inconvertibilità degli incarichi amministrativi di vertice per i soggetti che hanno ricoperto incarichi di governo.
[75] Cosi sintetizza efficacemente il ruolo dell'uomo pubblico il Prof. Tusa nella prefazione al volume che raccoglie gli atti delle giornate di studio che organizzate insieme a Marcello Saija, Rileggiamo Crispi a 200 anni dalla nascita 1818-2018, Rubettino, 2019, pag. 3 ss.
[76] L'Assessore Tusa, con la consueta sensibilità ed attenzione, così commentò quel momento: "firmare il decreto di istituzione del Parco proprio sull'isola e alla presenza di tanti cittadini panteschi è per me una doppia soddisfazione: da un lato mantenere una promessa, dando la concreta possibilità di sviluppo e di tutela del territorio, dall'altro il segno della vicinanza alle popolazioni delle isole minori, troppo spesso in passato abbandonate ai numerosi problemi con cui debbono confrontarsi giornalmente".
[77] Si tratta della nota tesi delle tutele "parallele" e "concorrenti" che si affiancano alla disciplina a urbanistica che con essa si intersecano, rinvenibile in F. Salvia, Diritto urbanistico, Padova, 2008, pag. 227 e ss. e che altra autorevole dottrina G. Pagliari, Corso di diritto urbanistico, Milano, 2010, pag. 877, che estende sino al concetto di tutele "integrate" e multilivello.
[78] Consultabile in http://www.comunepantelleria.it/?piano-regolatore-generale, pag. 1094.
[79] Adottato con decreto dell'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione del 12 dicembre 1997 (nella G.U.R.S. del 20 ottobre 2000, n. 47), con il quale è stato sottoposto a vincolo paesistico ai sensi e per gli effetti della legge 29 giugno 1939, n. 1497, il territorio comunale già dichiarato di notevole interesse pubblico con decreto dello stesso Assessorato del 26 luglio 1976.
[80] Giusta decreto dell'Assessore regionale al territorio ed ambiente 21 febbraio 2004, n, 46 e decreto del ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare 2 agosto 2010, per la perimetrazione dei quali si veda ftp://ftp.minambiente.it.
[81] Con d.p.r. 28 luglio 2016 è stato istituito il Parco nazionale "Isola di Pantelleria" nonché l'Ente Parco nazionale "Isola di Pantelleria" con personalità di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (G.U.R.I. del 10 luglio 2016), sul quale A. Marzanati, Il Parco nazionale di Pantelleria, intervento al Convegno organizzato a Pantelleria l'1-2 luglio 2016 dall'Associazione giuristi per le isole, in corso di pubblicazione.
[82] Giova ricordare che la Riserva regionale era stata istituita con decreto dell'Assessore regionale al territorio ed ambiente del 10 dicembre 1998, n. 741. A norma dell'art. 1, co. 4, del d.p.r. 28 luglio 2016 sopracitato il territorio incluso nella Riserva naturale orientata "Isola di Pantelleria" č stato integralmente ricompreso nel Parco nazionale "Isola di Pantelleria" ed č quindi sottoposto alla gestione dell'Ente Parco, e che pertanto la regione Siciliana avrebbe conseguentemente dovuto provvedere con proprio provvedimento alla soppressione della riserva naturale orientata regionale Isola di Pantelleria. A tale soppressione si è provveduto con decreto del medesimo Assessore regionale al territorio ed ambiente 14 dicembre 2016.
Sull'ordinamento di parchi e riserve naturali nell'ordinamento siciliano sia consentito rinviare al mio contributo Parchi e riserve naturali in Sicilia dopo la legge quadro sulle aree naturali protette, in Riv. giur. ambiente, 6/1996, pag. 821 e ss., mentre sulla disciplina statale si veda per tutti G. Di Plinio, Aree protette vent'anni dopo. L'inattuazione "profonda" della legge n. 394/1991, in Riv. quadr. dir amb., 2011, 3, pag. 29 ss.
[83] V. Traditional agricultural practice of cultivating the 'vite ad alberello' (head-trained bush vines) of the community of Pantelleria, Inscribed in 2014 (9.COM) on the Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity. https://ich.unesco.org, In virtù della Convenzione Unesco per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, approvata il 17 ottobre 2003 dalla Conferenza Generale dell'Unesco, entrata in vigore il 30 aprile 2006 e ratificata dall'Italia con la legge 27 settembre 2007, n. 167 sulla quale, nell'ampia dottrina in materia, si vedano C. Bortolotto, Introduzione, in Il patrimonio immateriale secondo l'Unesco: analisi e prospettive, (a cura di) C. Bortolotto, Roma, 2008, pag. 7 ss.; T. Scovazzi, La definizione del patrimonio culturale intangibile, in Patrimonio culturale e creazione di valore, (a cura di) M. Golinelli, Milano, 2012, pag. 152 s.s.; Id., La Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile, in Il patrimonio culturale intangibile nelle sue diverse dimensioni, (a cura di) T. Scovazzi, B. Ubertazzi, L. Zagato, Milano, 2012, pag. 3 ss.; A. Bartolini, Beni culturali (Diritto Amministrativo), ad vocem in Enc. Dir. Annali VI, Milano, 2013, 110 ss.; G. Morbidelli, Il valore immateriale dei beni culturali, in Aedon, 2014, 1, pag. 1 ss.; C. Bortolotto, La problemįtica del patrimonio cultural inmaterial, in Culturas. Revista de Gestión Cultural, 2014, pag. 1 ss.; A. Bartolini, G. Morbidelli (a cura di), L'immateriale economico dei beni culturali, Torino, 2016; E. Grisostolo, La salvaguardia del patrimonio culturale immateriale: recenti tendenze in area europea, in DPCEonline, 2018, 3, pag. 723 ss.
[84] Il lungo iter avviato dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal comune di Pantelleria nel 2000, ai sensi della legge n. 394 del 1991 e s.m.i., non si è ancora concluso, cfr. https://www.minambiente.it/pagina/aree-marine-di-prossima-istituzione.
La legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 221, art. 6, co. 3) ha previsto l'inserimento nella lista delle aree di reperimento, di cui all'articolo 36, co. 1, della legge 394/91, delle zone marine afferenti ai Banchi Graham, Terribile, Pantelleria, Avventura, situati nel Canale di Sicilia, "limitatamente alle parti rientranti nella giurisdizione nazionale, da istituire anche separatamente".
[85] Giova sottolineare che giusta la delibera n. 218 del 6 settembre 2019 la giunta comunale di Pantelleria ha riavviato l'istruttoria per la valutazione e l'istituzione per l'istituzione dell'Area marina protetta "Isola di Pantelleria" il cui iter era iniziato nell'ottobre del 2001 dallo stesso organo collegiale e che autorizzava il sindaco pro-tempore a porre in essere le attività istituzionali necessarie, cui era seguita il 28 novembre 2001 l'approvazione da parte del consiglio comunale. Mentre l'avvio della fase istruttoria del ministero dell'Ambiente e dell'Assessorato regionale territorio ed ambiente era stata comunicata il 7 aprile 2003.
Successivamente (marzo 2004) è stato sottoscritto il Protocollo di intesa tra la provincia di Trapani, il comune di Pantelleria e l'ARPA-Sicilia avente ad oggetto la costituzione del soggetto giuridico finalizzato alla futura gestione dell'Area marina protetta "Isola di Pantelleria" nonché all'individuazione del soggetto attuatore degli studi preliminari all'istituzione della stessa. La stessa giunta con delibera n. 9 del 25 gennaio 2010 approvava poi lo schema di convenzione, sottoscritta tra comune di Pantelleria, ISPRA ed ARPA Sicilia, avente ad oggetto la realizzazione degli studi conoscitivi e propedeutici all'istituzione dell'Area marina protetta. Da quel momento il procedimento si è arrestato.
La deliberazione del 2019 consente quindi di attivare tutte le azioni necessarie, presso il Ministero dell'Ambiente, per l'istituzione dell'Area Marina Protetta Isola di Pantelleria, autorizzando il Sindaco a farsi parte attiva, presso lo stesso Ministero e trasmettendo copia dell'atto al consiglio comunale.
[86] Sulla complessa e sempre attuale questione della composizione e coordinamento delle regolazioni del territorio ed in generale dell'urbanistica il cui ruolo non coincide più con il mero esercizio dei poteri conformativi dell'amministrazione del territorio, nel rispetto dei limiti della funzione sociale della proprietà, ma consiste nell'interpretare i processi economico-sociali in corso e di indirizzarne lo sviluppo all'interno di un determinato contesto territoriale così P. Urbani, Urbanistica solidale, Torino, 2011, 105 ss., ma già L. Casini, L'equilibrio degli interessi nel governo del territorio, Milano, 2005, 219 ss.
Tale profilo ha trovato ampio riscontro nella legislazione statale e sopratutto in quella regionale avuto riguardo allo strumento del piano territoriale di coordinamento S. Civitarese Matteucci, La pianificazione paesaggistica: il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione, in Aedon, 2005, 3. Le leggi regionali approvate negli ultimi anni hanno introdotto novitą in termini di istituti, strumenti e modalitą di pianificazione per rispondere alle esigenze dei territori e adeguarsi all'evoluzione dell'assetto istituzionale al riguardo si veda E. Boscolo, Leggi regionali di quarta generazione: struttura e contenuti, relazione al XXI Congresso Nazionale AIDU, Verso leggi regionali urbanistiche di quarta generazione, Varese, 28-29 settembre 2018, Milano, 2019, 9 ss.
Il rapporto tra pianificazione paesaggistica, urbanistica e tutela e valorizzazione dei siti archeologici tende oggi alla co-pianificazione beni archeologici con l'auspicato obiettivo di tendere ad una sintesi.
[87] Un'utile occasione in tal senso potrà essere rappresentata dall'esame all'Assemblea regionale Siciliana del ricordato ddl n. 421, recante "Modifiche e integrazioni alle disposizioni contenute nella legge regionale 3 novembre 2000, n. 20. Norme sull'istituzione del sistema dei parchi archeologici in Sicilia".
[88] L. Casini, Ereditare il futuro. Dilemmi sul patrimonio culturale, cit.
[89] D. Malfitana, Gestione beni culturali. Cartina tornasole di una Sicilia possibile, in la Sicilia, 19 agosto 2019, 17, dello stesso A. sulle potenzialità dell'archeologia in a Sicilia v., insieme a G. Cacciaguerra, Archeologia classica in Sicilia e nel mediterraneo. Didattica e ricerca nell'esperienza mista CNR e Università. Il contributo delle giovani generazioni. Un triennio di ricerche e di tesi universitarie, Catania, 2014.
[90] Si trattò del primo esempio in Italia, sorta sull'esperienza pionieristica del "Gruppo d'Indagine Archeologica Subacquea Sicilia-GIASS" che operava dal 1999 nell'ambito del "Centro regionale per la progettazione e il restauro".
[91] Sull'ormai acclarata recessività dell'atteggiamento di "gelosia" dell'amministrazione statale per la materia dei beni culturali Cfr. S. Gardini, La valorizzazione integrata dei beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2016, pag. 403.
[92] Sul tema da ultimo P. Marzaro, Nuove dinamiche e antichi doveri nel sostegno e nella promozione della cultura: dalle radici della questione museale ai diritti delle generazioni future, in Nomos, 2019, 2, la quale richiama in merito anche la giurisprudenza della Corte costituzionale la quale, proprio in questo comparto dell'ordinamento, ha declinato in tutta la sua rilevanza la portata del principio di leale collaborazione tra amministrazioni "laddove il giudice amministrativo ne ha dato poi tipicamente applicazione proprio in relazione alla tutela del patrimonio culturale - beni culturali e paesaggio - e al coordinamento tra amministrazioni, che in modo altrettanto peculiare è richiesto dalla necessità di preservare questi interessi, proprio in quanto affidati alla cura di una pluralità di soggetti (di tutti i soggetti che compongono la 'Repubblica' di cui all'art. 9)", pag. 15.
[93] Nella prospettiva delineata da G. Arena, Cittadini attivi. Un altro modo di pensare all'Italia, Roma-Bari, 2006, si vedano: M. Renna, Le prospettive di riforma del codice civile sui beni pubblici, in I beni pubblici tra regole di mercato e interessi generali: profili di diritto interno e internazionale, (a cura di) G. Colombini, Napoli, 2009; G. Arena, C. Iaione (a cura di), L'Italia dei beni comuni, Roma, 2012; Id. (a cura di), L'età della condivisione. La collaborazione fra cittadini e amministrazioni per i beni comuni, Roma, 2015; E. Caliceti, Il regime dei beni comuni: profili dominicali e modelli di gestione, in Prendersi cura dei beni comuni per uscire dalla crisi, (a cura di) M. Bombardelli, Napoli, 2016, pag. 63.
[94] Tusa ha sempre sostenuto la necessità che musei, siti archeologici ed istituzioni culturali si aprano alla massima fruizione e sopratutto alla divulgazione, anche attraverso i servizi al pubblico ed i media, si ricordi, per tutti, lo splendido filmato realizzato tra il 2006 ed il 2007 con Folco Quilici ("L'Isola nel tempo"), in https://youtu.be/kjNm5nTRkUo.
[95] Su una corretta prospettiva di rafforzamento del legame che si instaura fra territorio, comunità ed eredità culturale si veda da ultimo: F. Donà, Partecipazione e sussidiarietà nella valorizzazione dei beni culturali: strumenti disponibili e prospettive future, in Federalismi, 2020, 26.
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