Il completamento della riforma organizzativa del Mibact
Direzione generale "unica" e soprintendenze "uniche"
Sommario: 1. Generalità. - 2. La Direzione generale "unica". - 3. Le Soprintendenze "uniche". - 4. Disciplina transitoria. - 5. Conclusioni e prospettive.
"Unified" General Department and "Unified" Superintendent Agencies
The d.m. (Decree of the
Ministry of Cultural Heritage and Tourism (MIBACT)) 23 January 2016 for the
reorganization of the MIBACT introduces significant changes to the central and
peripheral structures of the Ministry; in particular it consolidates the
existing General Departments of "Archeology" and "Fine Arts and
Landscape" into the new General Department of "Archeology, fine arts
and landscape" and unifies the existing Superintendent Agencies for "Archeology"
and "Fine Arts and Landscape" into new Superintendent Agencies for "Archeology,
fine arts and landscape". The paper discusses the novelties and prospects
of the enacted reorganization.
Keywords: MIBACT; Perifheral Administration;
Administrative Reforms.
Nel 1952 Mario Grisolia, illustrando l'organizzazione amministrativa della "tutela artistica", scriveva: "La legge del 1939 ha (...) ristabilito la tripartizione delle soprintendenze in antichità, monumenti e gallerie, precedente all'ordinamento del 1923, il quale aveva ridotto tali uffici periferici a due tipi fondamentali: una soprintendenza per le antichità ed una per l'arte, accentrando nella prima tutta la parte archeologica ed affidando alla seconda la tutela delle cose d'interesse artistico o storico dell'evo medio e moderno, sia immobili che mobili, e quindi anche dei musei, gallerie e pinacoteche della rispettiva giurisdizione. Questo criterio poteva riuscire anche benefico, però a due condizioni: che ciascuna soprintendenza disponesse di personale specializzato per ogni settore della propria competenza; che l'accentramento periferico non fosse accompagnato da larghe circoscrizioni territoriali" [corsivo mio]. Le precedenti soprintendenze, invece, in generale, non solo non disponevano di personale tecnico adeguato, ma avevano, quasi sempre, giurisdizione su intere regioni e qualche volta anche su più regioni: il che, aggiunto all'ampia competenza ratione materiae, produsse un ingorgo dell'attività tutoria" [1].
Il passo appena riportato ben può fungere da premessa all'esame del riordino delle soprintendenze Archeologia e delle soprintendenze Belle arti e paesaggio operato dal d.m. 23 gennaio 2016, recante "Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208" [2] (d'ora in avanti "decreto"), sia perché richiama all'attenzione il fatto che il tema dell'organizzazione periferica delle strutture preposte al patrimonio culturale ha conosciuto vicende alterne anche in passato, sia, e soprattutto, perché indica un condivisibile metodo per valutare il riassetto secondo una logica soltanto organizzativa, come tale non influenzata dalla valutazione che si intenda dare della politica culturale che ne è alla base.
Per procedere con ordine occorrono però preliminarmente taluni cenni di inquadramento del decreto ministeriale.
Il decreto, come recita il suo titolo, nasce per effetto dell'art. 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che, "al fine di dare efficace attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 17-bis, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché di garantire il buon andamento dell'amministrazione di tutela del patrimonio culturale" ha affidato a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo la "riorganizzazione, anche mediante soppressione, fusione e accorpamento, degli uffici dirigenziali, anche di livello generale del (...) Ministero" [3].
Quattro sono gli obiettivi che esso si è prefisso: completare il processo di riorganizzazione del Ministero avviato con il d.p.c.m. n. 171 del 2014, anche al fine di rendere più efficiente l'amministrazione periferica di tutela del patrimonio culturale; precisare di conseguenza l'ambito di operatività delle strutture periferiche diverse dalle soprintendenze, in particolare dei poli museali; istituire i parchi archeologici di rilevante interesse nazionale; attribuire, infine le funzioni di tutela dei beni librari non statali agli uffici periferici già competenti in tema di tutela dei beni archivistici.
Questi obiettivi si sono tradotti principalmente [4] nella istituzione delle Soprintendenze e nella Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, per effetto della fusione delle Soprintendenze e della Direzione generale Archeologia, rispettivamente, con le Soprintendenze e con la Direzione generale Belle arti e paesaggio (artt. 1-4); nella istituzione delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche (art. 5); nella istituzione di parchi archeologici e musei di rilevante interesse nazionale (art. 6); nella ridefinizione dei raccordi funzionali esistenti fra Direzione generale e Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio, da un lato, e poli museali e musei dotati di autonomia speciale, dall'altro (art. 9); nella previsione, infine, di una disciplina transitoria inerente il passaggio al nuovo assetto organizzativo (art. 8).
Sottese dal complessivo riordino operato dal decreto sembrano individuabili due opzioni di fondo di politica culturale: nella previsione della Direzione generale e delle Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio, un approccio al patrimonio storico, artistico, architettonico, etnoantropologico, paesaggistico e archeologico italiano, globale, integrato sul piano disciplinare, "territorialista" (nel senso di teso a cogliere nello studio come nella tutela la complessità del territorio) [5]; nella istituzione di parchi archeologici e di musei di rilevante interesse nazionale, un potenziamento degli istituti della cultura, secondo la definizione dell'art. 101 del Codice.
Nel presente scritto ci si propone di considerare come la prima opzione si sia tradotta sul piano organizzativo, sul versante strutturale e su quello funzionale, per poi passare alla valutazione degli ostacoli o rischi che si prospettano in ordine alla sua effettiva implementazione [6].
2. La Direzione generale "unica"
La Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio (in avanti Direzione generale "unica") nasce per "fusione" in una solo struttura di livello dirigenziale generale delle preesistenti Direzioni generali Archeologia e Belle arti e paesaggio (art. 1, comma 2). Come tale forse non realizza appieno la proposta formulata dalla Commissione D'Alberti ("Un'unica Direzione di livello dirigenziale generale con competenza di tutela di tutti i beni culturali e del paesaggio") [7], ma di certo si muove verso quell'obiettivo, dando maggiore compattezza alle funzioni di linea [8].
Le strutture che vengono a comporla non rappresentano peraltro la mera sommatoria dei precedenti apparati. In precedenza la Direzione generale Archeologia si articolava in due uffici dirigenziali centrali di livello non generale (art. 14, comma 5, d.p.c.m. n. 171), mentre quella Belle arti e paesaggio in cinque uffici dirigenziali di livello non generale, compresi l'Istituto centrale per la demoetnoantropologia e l'Istituto centrale per la grafica (art. 15, comma 5, d.p.c.m. n. 171). La nuova Direzione "unica" comprende viceversa sei uffici centrali di livello dirigenziale non generali (art. 2, comma 5, decreto), ma fra questi non compaiono i due Istituti centrali, il primo essendo stato riconfigurato come ufficio non dirigenziale della stessa Direzione (art. 2, comma 3, decreto) [9], il secondo essendo stato assegnato all'indirizzo e vigilanza della Direzione generale Educazione e ricerca (All. 2, comma 2, lett. a), decreto).
Le altre strutture sono diverse da quelle preesistenti nel numero (sei contro cinque, v. All. 2, comma 1, lett. a), decreto) e in parte nell'articolazione delle competenze: in breve quelle che afferivano alla Direzione Belle arti e paesaggio presentano ora una maggiore articolazione [10].
Quanto alle funzioni e i compiti della Direzione generale "unica", l'art. 2, commi 1-3, del decreto riprende nel complesso quegli stessi elencati dagli artt. 14 e 15 del d.p.c.m. n. 171 in capo alle Direzioni generali Archeologia e Belle arti e paesaggio, e cioè fondamentalmente la tutela dei beni di interesse archeologico, anche subacquei, dei beni storici, artistici, e etnoantropologici, ivi compresi i dipinti murari e gli apparati decorativi, nonché la tutela dei beni architettonici e la qualità e la tutela del paesaggio. In relazione poi all'attività di tutela spettante alle Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio esercita di poteri di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo, avocazione e sostituzione. Tuttavia, come significativamente avverte l'omessa menzione alle "aree di interesse archeologico", in precedenza indicate fra gli oggetti della tutela affidata alla pregressa Direzione generale Archeologia, il decreto opera talune precisazioni/ritagli di competenze a favore delle strutture facenti capo alla Direzione generale Musei. Poiché però il dato concerne anche le funzioni e i compiti affidati alle Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio, è preferibile farne cenno più avanti.
Per il momento si segnala che non si menziona più in capo alla Direzione generale "unica" il potere di coordinamento, indirizzo e vigilanza, in precedenza assegnato alla Direzione generale Archeologia (art. 14, comma 3, d.p.c.m. n. 171), nei riguardi della Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia (ora, a seguito dell'art. 16, comma 1-bis, lett. b), del d.l. n. 78/2015, Soprintendenza speciale Pompei) e della Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l'area archeologica di Roma (dall'art. 6, comma 4, del decreto ridenominata Soprintendenza speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma [11]). Preludio questo forse a una rimodulazione (con possibile diversa allocazione) di tale potere, attuabile con gli specifici decreti ministeriali previsti per le due Soprintendenze speciali dall'art. 6, comma 5, del decreto.
Sicuramente di maggiore impatto per gli "addetti ai lavori" e, in prospettiva, per i cittadini è l'istituzione delle Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio (in avanti Soprintendenze "uniche") mediante "fusione e accorpamento, su tutto il territorio nazionale" delle Soprintendenze Archeologia e delle Soprintendenze Belle arti e paesaggio (art. 1, comma 2, decreto). Queste risultavano rispettivamente in numero di diciassette e trentuno, cui si aggiungeva l'"antesignana" "soprintendenza unica Archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell'Aquila", per un totale di quarantanove unità [12]. Le nuove Soprintendenze "uniche" ammontano a trentanove unità [13].
Il dato va messo in rapporto con l'affermazione per la quale la "creazione di Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio consentirà al Ministero di aumentare il numero dei presidi sul territorio" [14]. Al riguardo presumibilmente è da tenere distinto il piano quantitativo da quello qualitativo. Circa il primo, può rilevarsi che in realtà, e secondo quanto del resto suggerisce la stessa formula "fusione e accorpamento", a occuparsi della tutela dei beni d'interesse storico, artistico, architettonico, etnoantrologico, paesaggistico e archeologico in linea di massima non saranno tutte le preesistenti Soprintendenze Archeologia e Belle arti e paesaggio [15]. In prevalenza il processo di riordino ha utilizzato il seguente meccanismo: soppressione della preesistente Soprintendenza Archeologia avente competenza su scala regionale e attribuzione alle preesistenti Soprintendenze Belle arti e paesaggio (con competenza su scala subregionale o regionale) della funzione di tutela archeologica, con il risultato di determinare in genere una diminuzione rispetto al passato del numero delle Soprintendenze presenti sul territorio di ciascuna regione [16]. Solo in taluni casi le preesistenti Soprintendenze sono rimaste invariate nel numero, ma con funzioni integrate e un ridisegno di competenza territoriale [17], mentre in un caso detto numero ha subito un incremento [18].
Circa il secondo (il piano qualitativo), l'affermazione invece si giustifica in considerazione della (in genere) maggiore "prossimità" ai territori delle strutture decisionali competenti in tema di tutela archeologica, in precedenza a scala solo regionale. Soprattutto la figura del Soprintendente "unico", rispetto a quelle di Soprintendenti di settore, può rafforzare l'interlocuzione delle strutture periferiche del Ministero con i privati e con le altre amministrazioni, anche dello Stato, in termini di autorevolezza ed efficacia operativa, quest'ultima favorita anche dalla riorganizzazione degli uffici che compongono le nuove Soprintendenze. Si pensi ai temi del silenzio-assenso e della conferenza di servizi come risultanti a seguito della legge 7 agosto 2014, n. 124, che richiedono una rinnovata capacità funzionale di dette strutture, non a caso richiamata nel preambolo del decreto fra le ragioni del riordino.
Quanto alla strutturazione interna, le Soprintendenze "uniche", che come le preesistenti rappresentano uffici di livello dirigenziale non generale, sono articolate in "almeno sette aree funzionali" (art. 4, comma 2), in modo da assicurare la "copertura" integrale del complessivo compito di "tutela del patrimonio culturale" ad esse assegnato (art. 4, comma 1): a parte l'organizzazione e il funzionamento, vengono indicate come aree il patrimonio archeologico, il patrimonio storico e artistico, quelli architettonico e etnoantropologico, il paesaggio nonché l'educazione e la ricerca. A ciascuna area è preposto un responsabile, il cui incarico è conferito sulla base di apposita procedura selettiva dal soprintendente competente (art. 4, comma 2).
Le funzioni menzionate in dettaglio dalle lett. a)-z) dell'art. 4, comma 1, ricalcano quelle in precedenza previste per le preesistenti Soprintendenze dall'art. 33 del d.p.c.m. n. 171, ma con talune precisazioni e modifiche non prive di rilievo. Anzitutto, per le funzioni di competenza della Direzione generale Arte e architettura contemporanee e periferie urbane si prevede una dipendenza da tale Direzione (articolata in termini di soggezione a direttive e atti di indirizzo da emanarsi sentito il parere della Direzione generale "unica" (lett. u)). Di nuova acquisizione è poi il potere, in precedenza spettante alle Commissioni regionali per il patrimonio culturale (art. 39, comma 2, lett. m), d.p.c.m. n. 171) di concedere l'uso dei beni culturali in consegna al Ministero, ai sensi degli artt. 106 s. del Codice, con esclusione peraltro di quelli detenuti dai poli museali e dagli istituti e musei ad autonomia speciale, per i quali tali organismi si vedono assegnata la relativa competenza (lett. t), e art. 7, comma 1).
Più significativi peraltro sono i casi di competenze in precedenza spettanti alle Soprintendenze Belle arti e paesaggio e Archeologia e ora assegnate ai poli museali e ai musei/istituti ad autonomia speciale, oppure di competenze già da prima affidate a detti organismi ma per l'esercizio delle quali ora non è più richiesto il concorso delle Soprintendenze in precedenza previsto. In dettaglio:
- è confermata in capo alle Soprintendenze "uniche" il potere di autorizzare l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere sui beni culturali, ma con eccezione di quelli mobili assegnati ai poli museali regionali e agli istituti dotati di autonomia speciale, in ordine ai quali la competenza spetta ora a detti organismi (lett. b) e art. 7, comma 1);
- non è più previsto il parere della soprintendenza di settore circa l'autorizzazione da parte dei poli museali regionali concernente il prestito dei beni culturali delle collezioni di propria competenza per mostre o esposizioni sul territorio nazionale o all'estero, ai sensi dell'art. 48, comma 1, del Codice (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 34, comma 2, lett. l), d.p.c.m. n. 171) [19];
- non è più richiesto il parere della soprintendenza di settore nei confronti dei poli museali regionali e dei musei ad autonomia speciale per autorizzare attività di studio e di pubblicazione dei materiali esposti e/o conservati (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 34, comma 2, lett. m), e all'art. 35, comma 4, lett. i), d.p.c.m. n. 171);
- è venuta meno la necessità della previa istruttoria della soprintendenza di settore per l'affidamento da parte dei poli museali regionali e dei musei ad autonomia speciale delle attività e dei servizi di valorizzazione, ai sensi dell'art. 115 del Codice ((art. 9, comma 1, decreto in rapporto all'art. 34, comma 2, lett. n), e all'art. 35, comma 4, lett. l), d.p.c.m. n. 171);
- è scomparso il riferimento alle modalità di collaborazione, da definirsi da parte della Direzione generale Archeologia, in precedenza previste fra musei ad autonomia speciale e soprintendenze Archeologia anche ai fini delle attività di ricovero, deposito, catalogazione e restauro dei reperti (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 35, comma 3, secondo periodo, d.p.c.m. n. 171);
- infine, e in particolare, non è stata mantenuta in capo alle Soprintendenze "uniche" la gestione, in precedenza spettante alle Soprintendenze Archeologia, delle aree e dei parchi archeologici (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 35, comma 3, secondo periodo, d.p.c.m. n. 171), gestione che d'ora in avanti spetterà ai poli museali ai sensi dell'art. 34, comma 1, del d.p.c.m. n. 171, salvo i casi di assegnazione a musei ad autonomia speciale o la loro erezione a organismi autonomi, ai sensi dell'art. 30, comma 4, del d.p.c.m. n. 171.
Accanto a questi casi di "ritaglio di competenze" previsti per le Soprintendenze "uniche", vanno considerate le ipotesi in cui analoga vicenda ha riguardato, come sopra accennato, la Direzione "unica". In dettaglio:
- non è stato conservata la previsione del parere da richiedersi alle Direzioni generali Archeologia e Belle arti e paesaggio per la redazione e l'aggiornamento da parte dei poli museali regionali dell'elenco degli istituti e dei luoghi di cultura affidati in consegna dei musei ad autonomia speciale (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 34, comma 2, lett. r), d.p.c.m. n. 171);
- non è più previsto il parere, in precedenza da richiedersi da parte dei musei ad autonomia speciale alle Direzioni generali competenti, in ordine all'autorizzazione ad opera dei musei con autonomia speciale circa il prestito dei beni culturali delle collezioni di propria competenza per mostre o esposizioni, ai sensi dell'art. 48, comma 1, del Codice (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 35, comma 4, lett. h), d.p.c.m. n. 171; cfr. anche l'art. 14, comma 2, lett. c), e l'art. 15, comma 2, lett. e), d.p.c.m. cit.);
- non è stato mantenuto il raccordo in precedenza previsto fra la Direzione generale Archeologia e i musei archeologici (art. 9, comma 1, lett. a), decreto in rapporto all'art. 35, comma 3, secondo periodo, d.p.c.m. n. 171).
Il decreto detta un'articolata [20] disciplina transitoria relativa alla cessazione di operatività sia delle strutture oggetto di riordino (art. 8) sia delle disposizioni che le concernevano (art. 9), regolando correlativamente, sia pure per implicito, l'inizio di operatività tanto delle strutture riorganizzate quanto delle disposizioni di organizzazione che le concernono. L'elemento decisivo al riguardo è il conferimento degli incarichi dirigenziali, da effettuarsi secondo le previsioni dell'art. 19 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 [21] (art. 8, comma 1).
Quanto alle strutture, occorre distinguere fra direzioni generali, unità dirigenziali centrali di livello non generale, sovrintendenze e uffici che compongono queste ultime.
Le Direzioni generali Archeologia e Belle arti e paesaggio [22] sono "fatte salve" fino alla conclusione delle procedure di conferimento dell'incarico dirigenziale della Direzione generale "unica" (art. 8, comma 3, primo periodo).
Le unità dirigenziali centrali di livello non generale delle Direzioni generali Archeologia e Belle arti e paesaggio sono invece "fatte salve" fino alla conclusione delle procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali degli uffici in cui si articola la Direzione generale "unica" [23]. Peraltro già a partire dal conferimento dell'incarico dirigenziale della Direzione generale "unica" esse "rispondono" a tale Direzione (art. 8, comma 3, secondo periodo).
A loro volta le Soprintendenze Archeologia e Belle arti e paesaggio [24] sono "fatte salve" fino alla conclusione delle procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali delle Soprintendenze "uniche" (art. 8, comma 4, primo periodo). Peraltro già dal conferimento dell'incarico della Direzione generale "unica" esse "rispondono" a detta Direzione (art. 8, comma 4, secondo periodo).
Infine, per le "aree funzionali" (uffici) in cui si ripartiscono le Soprintendenze "uniche", i rispettivi Soprintendenti, entro tre giorni dalla conclusione delle procedure di conferimento dell'incarico, provvedono a nominare i relativi responsabili. Si tratta di assegnazioni di incarichi provvisori, destinati a valere fino alla definizione delle procedure selettive previste a regime dall'art. 4, comma 2 e comunque non oltre il 31 gennaio 2017 (art. 8, comma 6).
Quanto poi alle disposizioni concernenti le strutture oggetto del riordino, l'art. 9, al comma 1) stabilisce che con la pubblicazione del decreto (intervenuta l'11 marzo 2016) "cessano di avere vigore" gli "artt. 34, comma 2 lett. l), m), n) e r), 35, commi 3, secondo periodo, e 4, lettere h), i) e l), limitatamente alle funzioni ivi previste delle Direzioni generali Archeologia e Belle arti e paesaggio, dei soprintendenti e delle soprintendenze". Si tratta delle disposizioni in precedenza considerate, concernenti i "raccordi" previsti fra dette strutture e i poli museali regionali e gli istituti e musei ad autonomia speciale [25].
Per gli artt. 14, 15 e 33 del d.p.c.m. (riguardanti le Direzioni generali e le Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio) il comma 2 dello stesso articolo prevede la cessazione di vigenza "con il conferimento degli incarichi dirigenziali relativi agli uffici di cui agli artt. 2 e 3 del presente decreto" (ossia degli incarichi relativi alla Direzione generale "unica" e alle strutture di livello dirigenziale non generale che la compongono a livello centrale) [26].
L'indicata ridefinizione delle competenze operata dal decreto riguardo alla Direzione generale e Soprintendenze di nuovo conio trova spiegazione non in un intento di ridurre il ruolo della funzione di tutela tradizionalmente di spettanza di tali strutture (che peraltro sarebbe andato in controtendenza rispetto al rafforzamento perseguito con la "unificazione"), quanto piuttosto nell'obiettivo di meglio precisare (in senso estensivo) la capacità operativa dei poli museali regionali e dei musei e istituti ad autonomia speciale [27], e più in generale dell'asse Direzione generale Musei-poli museali-musei/istituti con speciale autonomia, procedendo a una sorta di "puntualizzazione di confini" rispetto all'asse Direzione generale-Soprintendenze "uniche".
Supporta tale interpretazione quanto previsto dall'art. 7, comma 1, del decreto, secondo cui i direttori dei poli museali e dei musei ad autonomia speciale"amministrano e controllano i beni dati loro in consegna ed eseguono sugli stessi anche i relativi interventi conservativi ", nonché "concedono l'uso dei beni culturali dati loro in consegna". Nel che può leggersi una risposta più avanzata (seppure non risolutiva) all'incertezza presente nel testo originario del d.p.c.m. n. 171 circa la titolarità della funzione di tutela in ordine ai beni culturali in loro consegna [28].
Nel complesso sembra potersi dire che il decreto oltre a voler potenziare, in un'ottica di integrazione funzionale, gli apparati tradizionalmente preposti alla tutela, e ampliare, con l'istituzione di parchi e musei di rilevante interesse nazionale, quelli votati specificamente alla valorizzazione, ha inteso rafforzare gli spazi operativi dei secondi, riducendo i raccordi e le interferenze funzionali fra i due ordini di apparati.
Tornando specificamente al tema della unificazione delle Direzioni generali e delle Soprintendenze Archeologia e Belle arti e paesaggio, e volendone indicare le prospettive, è quasi superfluo notare che il riordino sconta la generale difficoltà delle organizzazioni a implementare le riforme previste dal decisore politico, difficoltà che nel caso del Mibact sono accresciute dalle differenti culture e professionalità disciplinari presenti nel suo personale, dalla elevata età media dello stesso [29] e dal fatto che il riordino operato dal decreto interviene su apparati già interessati da un processo di riforma, che, iniziato nel 1998, a partire dal 2004 ha conosciuto ben quattro scansioni.
Per le nuove Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio vi è però una difficoltà ulteriore e specifica. L'implementazione del nuovo modello richiederà una riallocazione sul territorio di persone e di risorse strumentali, per far sì che le strutture possano effettivamente articolarsi in aree funzionali. Ad essere interessata sarà in particolare la tutela archeologica, che, prima esercitata da un'unica struttura su scala regionale, sarà gestita in genere, come sopra illustrato, da una pluralità di uffici (le preesistenti Soprintendenze Belle arti e paesaggio) dislocati sul territorio regionale. Non ci sarà pertanto solo il tema del profilo professionale del "nuovo" soprintendente - tema spesso evocato [30] nel dibattito - ma anche quello dell'allocazione tempestiva ed efficiente delle risorse umane e strumentali necessarie allo svolgimento della funzione, anche se nel caso delle risorse umane è pensabile che la ramificazione già presente a livello provinciale di sedi staccate delle Soprintendenze Archeologia regionali faciliterà il passaggio al nuovo assetto.
L'implementazione del riordino quindi richiederà anche, da parte degli organismi centrali (tra l'altro anch'essi oggetto di riconfigurazione) e del vertice politico, un monitoraggio particolarmente attento alle criticità che si presenteranno e sollecito nelle risposte [31].
Per le "cose d'arte", anche in questa circostanza, sembra risultare adatta l'affermazione "I principi astratti possono trascendere eccessivamente l'esigenza umana. La situazione concreta è pressoché tutto" [32].
Note
[1] Così in La tutela delle cose d'arte, Soc. ed. del Foro italiano, Roma 1952, 512. A chiarimento del passo riportato si precisa che i dati normativi in esso richiamati sono la legge 22 maggio 1939, n. 823, e il r.d. 31 dicembre 1923, n. 3167. Si può aggiungere che l'ordinamento del 1923 conosceva anche le soprintendenze uniche, competenti tanto per "le antichità" quanto per "l'arte", mentre quello del 1939 annoverava altresì soprintendenze miste, cumulanti la tutela dei "monumenti" e quella delle "gallerie". Sempre nella legge del 1939 la competenza fra gli organi periferici era così ripartita: alle soprintendenze alle antichità era affidata la tutela degli interessi archeologici e dei monumenti dell'antichità, degli scavi e dei musei archeologici; alle soprintendenze ai monumenti, la tutela delle cose immobili e relative pitture murali del medioevo e dell'età moderna, delle bellezze panoramiche e l'esame di tutte le questioni urbanistiche relative ai piani regolatori; infine alle soprintendenze alle gallerie, la tutela delle gallerie comprese nella circoscrizione e delle cose (mobili) d'interesse storico o artistico del medioevo e dell'età moderna (art. 2).
[2] Un d.m. di pari data porta Modifiche al decreto 23 dicembre 2014, recante "Organizzazione e funzionamento dei musei statali".
[3] Sui temi che tale previsione pone sotto il "profilo delle fonti" si veda lo scritto apposito che compare in questo stesso numero. Pare comunque potersi osservare a margine - e a prescindere dall'uso che ne è stato fatto nel caso in concreto - che il riordino di strutture dirigenziali di livello generale affidato a decreti ministeriali di natura non regolamentare, specie quando la fonte legislativa di previsione sia oltremodo generica nell'indicazione di criteri direttivi, reca insiti rischi non lievi di "autoreferenzialità" degli apparati chiamati a provvedervi.
[4] Marginalmente sono toccati altresì gli assetti della Direzione generale Bilancio (All. 2, comma 1, lett. b), decreto) e Educazione e ricerca (cfr. infra nel testo).
[5] Sul punto cfr. ad es., D. Manacorda, Sulla riforma del MiBACT, in www.giulianovolpe.it (12 febbraio 2016), G. Volpe, Svecchiare i beni culturali, in Il Sole 24 Ore, 14 febbraio 2016, M. Montella, Invece di polemizzare ecco tutto quello che no avete mai chiesto e D. Manacorda, Insieme è mille volte meglio: più forti, più efficaci, più coesi, ambedue in Il Giornale dell'Arte, n. 362, marzo 2016, 1 e 4.
[6] Sulla seconda opzione si rinvia al contributo di C. Carmosino, Il completamento della riforma organizzativa del Mibact: i nuovi istituti autonomi e il rafforzamento dei poli museali, presente in questo stesso numero. Quanto alla istituzione delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche è sufficiente ricordare che l'art. 5 del decreto dispone che, in attuazione dell'art. 16-sexies del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, conv. dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, le Soprintendenze archivistiche svolgano le funzioni per esse previste dall'art. 34 del d.p.c.m. n. 171 anche ai beni librari. Conseguentemente tali strutture assumono la denominazione di Soprintendenze archivistiche e bibliografiche, tranne che nelle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia, avendo il decreto fatto salve per le autonomie differenziate le previsioni dei rispettivi statuti (comma 1).
Le nuove Soprintendenze, che sul piano organizzativo mantengono l'afferenza alla Direzione generale Archivi (cfr. nuovo Allegato 2 del d.p.c.m. n. 171), vengono fatte dipendere sul piano funzionale, quanto ai compiti di tutela dei beni librari, dalla Direzione generale Biblioteche (comma 2).
La loro articolazione interna deve comprendere almeno tre aree funzionali: organizzazione e funzionamento; patrimonio archivistico; patrimonio bibliografico (comma 3).
[7] Commissione per il rilancio dei beni culturali e del turismo e per la riforma del Ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa, Relazione finale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2004, 1, pp. 178 e 201. Nel testo si utilizza la forma dubitativa perché la Relazione prevedeva, per le funzioni finali, anche una "Direzione di livello generale per tutti gli Istituti culturali (Musei, Biblioteche, Archivi)" (loc. cit.) ed è possibile che a questa Direzione la Commissione ritenesse che andasse conservata anche la tutela dei beni librari e archivistici.
[8] Sulla lettura in tal senso della proposta della Commissione D'Alberti, cfr. G. Pastori, La riforma dell'amministrazione centrale del Mibact fra continuità e discontinuità, in Aedon, 2015, 3, par. 3.
[9] E fa capo al Servizio VI - Tutela del patrimonio demoetnoantropologico e immateriale (All. 2 decreto).
[10] In dettaglio, accanto ad un unico Servizio Organizzazione e funzionamento (in precedenza presente in ambedue le Direzioni generali) e a quelli Scavi e tutela del patrimonio archeologico e Tutela del paesaggio, sono previsti tre Servizi derivati "per gemmazione" dal precedente Servizio Tutela del patrimonio storico, artistico, architettonico e demoetnoantropologico, e precisamente Tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico, Circolazione, Tutela del patrimonio demoetnoantropologico e immateriale (All. 2 decreto).
[11] Il Museo Nazionale Romano riceve dall'art. 6, comma 1, lett. a) del decreto la qualificazione di ufficio di livello dirigenziale generale periferico.
[12] Cfr. All. 2 al d.m. 27 novembre 2014 "Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo".
[13] Cfr. All. 1 del decreto.
[14] V. i considerata del decreto.
[15] Anche a tener conto dei parchi e dei musei di rilevante interesse nazionale, istituiti dall'art. 6 del decreto (in numero di dieci), l'affermazione in chiave quantitativa è problematica.
[16] Quanto indicato nel testo risulta chiaramente dal confronto fra la originaria stesura dell'Allegato 4 al d.m. 27 novembre 2014, cit., e quella subentrata per effetto dell'Allegato 3 del decreto, e ha interessato le soprintendenze delle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto.
[17] È stato questo il caso delle soprintendenze nelle regioni, Campania, Calabria, Lazio, Piemonte e Puglia.
[18] È quanto avvenuto nella regione Lombardia, sul cui territorio sono ora previste quattro Soprintendenze "uniche", mentre in precedenza erano previste una Soprintendenza Archeologia e due Soprintendenze Belle arti e paesaggio.
[19] Come del resto conferma il confronto fra l'art. 4, comma 1, del decreto e l'art. 33, comma 1, lett. s), del d.p.c.m. n. 171.
[20] Disciplina questa peraltro che, grazie ai molteplici rinvii, risulta di non immediata lettura.
[21] In breve, per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale (in chiaro, quello relativo alla Direzione generale "unica"), è previsto il conferimento con d.p.c.m. su proposta del ministro, per quelli di funzione dirigenziale non generale (ossia quelli concernenti i "Servizi" individuati dall'Allegato 2, nonché le Soprintendenze "uniche"), il conferimento è dal parte del dirigente dell'ufficio dirigenziale generale di afferenza (ossia il dirigente della Direzione generale "unica") (art. 19, commi 4 e 5).
[22] Indicate come "le strutture organizzative previste dagli articoli 14 e 15 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171" (art. 8, comma 3, primo periodo).
[23] Si tratta degli uffici di cui all'art. 3, individuati come "servizi" nell'Allegato 2.
[24] Ad esse l'art. 8, comma 4, primo periodo, fa riferimento, parlando di "strutture organizzative previste dall'articolo 33 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171".
[25] Supra, par. 3.
[26] Il che però desta perplessità nella parte in cui la cessazione di vigenza della disciplina organizzativa dettata dall'art. 33, concernente le Soprintendenze Archeologia e Belle arti e paesaggio, viene collegata al conferimento degli incarichi dirigenziali centrali e non, come sarebbe logico attendersi, dal conferimento degli incarichi relativi alle Soprintendenze "uniche". Vero è che l'art. 9, comma 2, fa "salvo quanto previsto dall'art. 8, commi 3 e 4", ossia, per quello che qui interessa, che le Soprintendenze Archeologia e Belle arti e paesaggio sono "conservate" fino al conferimento degli incarichi dirigenziali delle Soprintendenze "uniche", e il dato non può non implicare anche "il mantenimento" della relativa disciplina di organizzazione, ma certo la lettera del comma in esame non pare fra le più felici.
[27] Obiettivo del resto menzionato fra i considerata del decreto.
[28] Sul punto sia consentito rinviare al mio La riforma dell'amministrazione periferica, in Aedon, 2015, 1, par. 3.
[29] Cfr. A. Chierchi, I beni culturali hanno aperto la strada, in Il Sole 24 Ore, 12 febbraio 2016. Va peraltro segnalata l'assunzione di cinquecento funzionari autorizzata dall'art. 1, comma 328, della legge n. 208/2015.
[30] Cfr. ad es., G. Volpe, Svecchiare, cit.
[31] Esigenza questa del resto avvertita dallo stesso decreto, che all'art. 8, comma 2, onde assicurare "la immediata operatività delle strutture periferiche", affida alle Direzioni generali Organizzazione e Bilancio il compito di provvedere "alla verifica della congruità delle risorse umane e strumentali assegnate alle medesime strutture" e conseguentemente assumere, sentiti il Segretari generale e i Direttori generali competenti, "tutti gli atti necessari a garantire il buon andamento dell'amministrazione centrale e periferica, nonché la più razionale ed efficiente distribuzione delle risorse umane".
[32] I. Berlin, Sulla ricerca dell'ideale, trad. it., Morcelliana, Brescia 2007, 77.