Attività culturali
La tauromachia nella recente legislazione spagnola: un bene immateriale del patrimonio culturale da valorizzare e tutelare
Sommario: 1. La tauromachia. - 2. L'attenzione normativa alla tradizione taurina. - 2.1. La tauromachia come patrimonio culturale. - 3. Profili costituzionali. - 4. Alcune brevi considerazioni conclusive.
Bullfighting
in Recent Spanish Legislation: An Intangible Cultural Heritage to be Valued and
Protected
The
bullfighting is a fundamental part of the Spanish cultural heritage, as well as
important economic sector throughout the country. However, the recent tensions
autonomist have put at risk the survival of this tradition in some areas of the
iberian peninsula, especially in Catalonia. To this trend responded the state
legislature declaring bullfighting cultural heritage with the Ley 18/2013, in
an attempt to stabilize the discipline and avoid cultural schisms. This trend
covers particular interest as it reveals complex issues such as the
unavailability of culture and its transversal incidence, subjects of this
contribution, which traces the main steps of the debate related to the world of
the bull.
Keywords: Bullfighting; Intangible
Cultural Heritage; Comunidades Autónomas.
Nell'ultimo ventennio si è assistito in Spagna ad una ridefinizione del rapporto tra l'opinione pubblica e la "tauromachia", intendendo con tale ultimo termine l'insieme di tradizioni, spettacoli e feste popolari legati al mondo del "toro", nozione viepiù ampliata nel lessico legislativo.
Alla luce della sua diffusione, non vi è dubbio che il legame tra tali pratiche e la penisola iberica sia ben radicato nella cultura popolare e storica del Paese.
Ciononostante, recentemente le discussioni al proposito si sono moltiplicate sino a giungere ad iniziative popolari fortemente critiche, spinte da ragioni prevalentemente etiche, ma non solo, come avrò modo di precisare.
La Tauromachia - intesa come tradizioni nella cui esecuzione sia previsto l'impiego di tori - ha ricevuto grande attenzione dal potere pubblico spagnolo, tanto da essere oggetto di disposizioni specifiche con la Ley Taurina del 1991 e con il Regolamento del 1996.
Tuttavia, proprio in ragione del suo indiscusso radicamento sul territorio, non venne ritenuto necessario in quegli anni definire anche la sua condizione di patrimonio culturale, ricercando una nozione condivisa tra gli spagnoli.
Successivamente a varie iniziative tese a prevedere una maggiore tutela degli animali in senso lato, si è giunti alla Ley n. 28/2010 della Comunidad Autónoma Catalana con la quale venne proibito l'esercizio delle corride di tori, eliminando - come vedremo - ogni riferimento ad eccezioni precedentemente previste.
In seguito a tale iniziativa, il legislatore statale è intervenuto, seppur intempestivamente e sostanzialmente in ottica riparatrice, con la Ley 18/2013 con la quale la tauromachia è stata dichiarata patrimonio culturale e come tale meritevole di adeguata protezione ad opera dello Stato e delle. Comunidades Autónomas.
Dunque, risulta immediatamente evidente il conflitto tra le due posizioni assunte rispettivamente dalla Catalunia e dallo Stato spagnolo, il che ha creato non pochi argomenti di discussione, a maggior ragione in assenza di espliciti appigli costituzionali e in attesa dell'intervento del Tribunal Constitucional, chiamato a giudicare sulla legittimità costituzionale della Ley catalana.
Gli aspetti principali su cui si muove l'analisi del fenomeno possono essere così riassunti nei seguenti punti:
1) la conversione di una tradizione radicata nel territorio in un bene di patrimonio culturale, operata mediante un intervento legislativo statale;
2) il rapporto competenziale e politico tra Stato spagnolo e Comunidades Autónomas in materia di cultura;
3) l'abolizione di una tradizione per fini separatistici e autonomistici;
4) il rapporto tra tradizione, cultura e diritti animali nella costituzione spagnola.
2. L'attenzione normativa alla tradizione taurina
Contestualizzato il fenomeno, occorre ricostruire brevemente le tappe legislative che interessano la cultura taurina.
La diffusione delle feste taurine nel territorio spagnolo è tale che recentemente l'organizzazione Mesa del Toro [1] (che riunisce numerose associazioni culturali taurine spagnole) ha stimato che ogni anno vengono organizzate in più di 5.600 comuni.
La rilevanza di tali manifestazioni è indubbiamente carattere distintivo del patrimonio culturale del territorio e, pertanto, già da tempo ritenuto meritevole di tutela da parte dello Stato.
Tuttavia, l'evoluzione culturale e le tensioni politiche tra Stato centrale e Comunidades Autónomas hanno richiesto un intervento pubblico precedentemente ritenuto non necessario.
Difatti, è in tale ottica che deve interpretarsi l'introduzione della c.d. Ley Taurina, Ley 4 aprile 1991, n. 10, in tema di potestà amministrative in materia di spettacoli taurini, nonché del Real Decreto 2 febbraio 1996, n. 145, con il quale venne introdotto il nuovo Regolamento degli spettacoli taurini.
In particolare, la Ley Taurina venne introdotta con il fine di uniformare la struttura giuridica che regola la celebrazione di tali spettacoli, su impulso della Costituzione spagnola del 1978. Cionondimeno, non vi è dubbio che uno stimolo ulteriore sia giunto dalla diffusione in alcune Comunidades Autónomas dell'idea di distinguersi proprio in materia di regolamentazione di tali spettacoli, particolarmente cari alla tradizione spagnola. Viene, difatti, introdotta una prima delimitazione delle competenze delle Comunidades in relazione alla preparazione, organizzazione e celebrazione degli eventi, certamente sollecitata dal timore di iniziative dissociative.
Già in tale atto normativo, il legislatore statale si è ritenuto titolare della competenza in materia, evidenziando la connessione di questi ultimi con l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, quali competenze esclusive dello stato, nonché con lo sviluppo della cultura, precisando altresì che ciò non avrebbe comportato alcun pregiudizio delle competenze attribuite alle Comunidades Autónomas in relazione agli spettacoli taurini.
Tuttavia, le difficoltà incontrate in materia culturale provengono proprio dall'assenza di una sua chiara attribuzione competenziale: difatti, l'art. 149.2 della Constitución Española si limita a disporre che lo Stato debba considerare il servizio della cultura come un dovere e un'attribuzione essenziale, da svolgere in accordo con le Comunidades.
Il passo della Ley Taurina che, però, rileva maggiormente ai fini del presente lavoro è il disposto dell'art. 4 sulle misure di protezione, ove si stabilisce che l'amministrazione dello Stato può adottare misure destinate a proteggere le attività cui si riferisce la legge stessa (ossia gli spettacoli taurini), con particolare attenzione alla tradizione e all'attualità culturale della festa dei tori, così attribuendole un ruolo di garante della loro tutela.
Come già accennato, all'epoca di tale intervento legislativo non venne avvertita l'esigenza di predisporre una tutela maggiore alla cultura taurina.
Eppure, un qualche segnale dell'opportunità di una maggiore protezione della tradizione poteva trarsi già nel primo intervento catalano del 1988.
Difatti i nazionalisti catalani avevano promosso l'approvazione della Ley 4 marzo 1988, n. 3, in tema di protezione degli animali, il cui art. 4 proibì con carattere generale l'uso degli animali in spettacoli, lotte o altre attività che potessero procurare sofferenze, trattamenti innaturali, nonché potessero ferire la sensibilità degli spettatori, con eccezione espressa tuttavia delle feste taurine in quelle località in cui, al momento di entrata in vigore della Ley, fossero già presenti luoghi costruiti per celebrare tali feste, nonché dei "corre-bous" (termine catalano che significa "tori per la strada") nelle date e nelle località dove tradizionalmente si celebrano.
La Ley 3/1988 condannava in tal maniera all'estinzione le corride in Catalunia, proibendo la costruzione di nuove plazas de toros e la celebrazione di eventi in luoghi improvvisati non specificamente costruiti per tali "spettacoli". Questo viene considerato, pertanto, il primo passo con il quale i nazionalisti catalani progettavano la fine di una festa, peraltro molto popolare nel territorio, che non desideravano facesse parte del Paese che immaginavano [2].
Tuttavia, il progetto di rottura venne portato alla fase successiva solo con la Ley 3 agosto 2010, n. 28, modificativa dell'art. 6 del Texto Refundido de la Ley de Protección de los Animales, approvato con d.lg. 2/2008.
Difatti, con tale atto, il Parlamento catalano approvò all'unanimità l'eliminazione dell'eccezione delle corride al divieto di utilizzo di animali negli spettacoli [3], sopra accennata, nonché l'inserimento espresso del loro divieto [4], il che ha prodotto la conseguente abolizione di questo spettacolo in Catalunia a partire dal successivo 1 gennaio 2012.
Tale legge si realizzò su iniziativa legislativa popolare, avviata nel 2009, finalizzata a sottoporre alla votazione del Parlamento la soppressione delle corride di tori in Catalunia e promossa dalla piattaforma PROU ("basta" in lingua catalana).
Pertanto, almeno nelle intenzioni espresse, la Ley del 2010 costituirebbe il culmine del processo di protezione degli animali avviato con la Ley 3/1988, proibendo le corride di tori in tutte le sue espressioni previste legalmente.
Al proposito, vi è chi ritiene che non si sia trattato di raggiungere una protezione integrale a tutti gli animali, come proclamerebbe la premessa della Ley 28/2010, in quanto questa non si occupa degli animali oggetto di caccia e pesca, qualunque sia la loro prossimità al sistema nervoso umano [5]. Sarebbe "una grande ipocrisia sostenere che la decisione catalana non abbia niente a che vedere con la difesa di una presunta identità catalana, contro un'altra presunta identità spagnola di cui il toro è simbolo" [6].
Viene ritenuto, infatti, che la causa della proibizione sia stata anche - o soprattutto - la volontà di segnare una frattura con il resto della Spagna.
Ciò a maggior ragione se si considera che, pochi mesi dopo la Ley di proibizione, lo stesso Parlamento catalano licenziava la Ley 1 ottobre 2010, n. 34, di regolazione delle feste tradizionali con tori, che parrebbe in contrasto con la protezione assoluta e incondizionata sponsorizzata nel primo intervento.
Prescindendo da tali considerazioni extragiuridiche, la legge di proibizione venne impugnata davanti al Tribunal Constitucional attraverso un Recurso de Inconstitucionalidad presentato in data 28 novembre 2010, fondato sulla presunta violazione di più di una dozzina di articoli della Costituzione Spagnola, nonché sulla violazione di questioni competenziali e di unità del mercato [7].
Che il tema sia particolarmente attuale nelle Corti di paesi latini lo rivela il fatto che recentemente, in data 19 aprile 2011, si sia pronunciato sul punto anche il Tribunal Constitucional de Perú, attribuendo il valore di bene di interesse culturale alle feste taurine; e così anche la Corte Constitucional de Colombia, con sentenza del 2 settembre 2014 (ratificata il 4 febbraio 2015), si è pronunciata sul valore tradizionale della Tauromaquia, ordinando, peraltro, nello stesso provvedimento, alle autorità di Bogotà di disporre le misure necessarie per la ripresa dello spettacolo taurino "mediante l'adozione di meccanismi contrattuali e amministrativi che garantiscano la continuità dell'espressione artistica della tauromachia e la sua diffusione".
Orbene, in attesa della pronuncia della Corte spagnola, la risposta dei sostenitori della tauromachia non si è fatta attendere, proprio nell'ottica di tutelare una tradizione diffusamente considerata come l'emblema della Spagna.
2.1. La tauromachia come patrimonio culturale
Facendo seguito all'intervento catalano, avvertito in alcuni casi come un attacco alla "spagnolità", le iniziative a favore della tauromachia crescevano notevolmente, giungendo ad interventi dei governi autonomistici (tra cui Madrid, Murcia e Castilla-La Mancha) che dichiaravano le corride di tori "beni di interesse culturale".
Sulla scia di tali iniziative è così intervenuto il legislatore statale, anch'esso operando su iniziativa popolare [8]. Come detto, la ricerca di una soluzione alle questioni giuridiche sollevate sul tema, evidenziate dalla frammentazione sul piano regolamentare e dall'avvento della proibizione catalana, ha sollecitato un intervento probabilmente ritenuto innecessario in tempi meno recenti.
Così, la Ley 2 novembre 2013, n. 18, per la regolazione della Tauromachia come patrimonio culturale, ha dichiarato la tradizione taurina patrimonio culturale comune a tutti gli spagnoli e, a tal fine, ha previsto misure per la promozione e la protezione, impedendo così nuove iniziative proibizioniste e ponendo la base necessaria per la sopravvivenza delle feste taurine [9].
Tuttavia, è bene precisare che il carattere irretroattivo della Ley in questione, non permette il ritorno delle corride in Catalunia, in attesa della pronuncia del Tribunal Constitucional, il che non consente di ritenersi giunti ad una risoluzione del "conflitto".
D'altro canto, la Ley è invece molto chiara nell'individuare una responsabilità diffusa a tutti i poteri pubblici con riferimento alla tutela della tauromachia.
Quanto all'intesa terminologica, all'art. 1 viene stabilito che, agli effetti della disposizione, si deve intendere con tauromachia l'insieme delle conoscenze e attività artistiche, creative e produttive, ivi compreso l'allevamento e la selezione del toro, che confluiscono nella corrida di tori moderna e nell'arte della lotta taurina, quale espressione rilevante della cultura tradizionale del popolo spagnolo. Prosegue, poi, con il richiamo onnicomprensivo di ogni manifestazione artistica e culturale comunque connessa al concetto di tauromachia.
L'insieme di tradizioni taurine e feste popolari viene ritenuto, nella premessa adottata dal legislatore, aspetto fondamentale dell'identità collettiva, con ciò volendo giustificare che la sua tutela sia attribuita e competa a tutti i poteri pubblici.
In sostanza, la nuova legge è caratterizzata da una premessa particolarmente enfatica, con uno stile più promozionale che giuridico, dovuto all'obiettivo stesso della Ley, individuabile nel voler porre l'accento sull'importanza della tauromachia per l'immagine della Spagna.
Come già anticipato, è indubbio che l'obiettivo del legislatore statale sia anche e soprattutto quello di preservare l'unità nazionale, certamente messa a rischio dalle tendenze disgregatrici manifestate da alcune Comunidades Autónomas su esempio della Catalunia.
Tuttavia, oltre al preambolo-manifesto, il provvedimento legislativo attribuisce al Governo statale il compito di adottare una serie di misure essenziali, finalizzate a dare attuazione alle disposizioni ivi contenute.
Proseguendo, poi, nell'individuazione delle peculiarità più interessanti della Ley, il preambolo pone le basi alla dichiarazione di patrimonio culturale della tauromachia.
Infatti, il legislatore non nega la presenza di sentimenti contrastanti nella società spagnola, ma sottolinea - o meglio pone come acclarato - che esiste un consenso diffuso all'accoglimento del carattere culturale, storico e tradizionale della tauromachia come parte essenziale del patrimonio storico, artistico, culturale e etnografico della Spagna.
Tale precisazione permette che alla sua inclusione nel patrimonio culturale ne consegua una responsabilità dei poteri pubblici ad assicurare la libertà del creatore e dello sviluppo di qualsiasi espressione artistica - quale è la tauromachia -, nonché il rispetto nei suoi confronti [10].
Individuate le prime due ragioni presupposte alla Ley in esame, ossia la tutela della uniformità nazionale e la creazione di un onere di protezione in capo ai poteri pubblici, il testo legislativo rivela un altro aspetto di particolare rilievo: l'incidenza economica delle manifestazioni taurine [11]. Difatti, la tauromachia costituisce un settore economico, trasversale a diversi altri settori, quali ad esempio quello turistico ed imprenditoriale.
Nel passaggio successivo viene espressamente riconosciuta la competenza statale di fissare le direttrici e i criteri generali di organizzazione del settore taurino, nel suo doppio profilo di patrimonio culturale nazionale e di settore economico.
Conseguentemente, in conformità con quanto disposto agli artt. 46, 44, 149, commi 1 e 2, Const. (che individuano nello Stato numerose competenze in tema di cultura), viene attribuito all'Amministrazione Generale dello Stato il compito di garantire la conservazione e la promozione della Tauromachia come patrimonio culturale di tutti gli spagnoli, così come di tutelare il diritto di tutti alla diffusione, all'accesso e al libero esercizio delle sue molteplici espressioni.
A tali fini, il Governo viene incaricato di sviluppare le misure ritenute opportune, quali:
- l'approvazione di un Piano Strategico Nazionale di Sviluppo e Protezione della Tauromachia (poi approvato il 19 dicembre 2013), garantendo il libero esercizio dei diritti inerenti a quest'ultima;
- l'impulso della domanda di inclusione della Tauromachia nella lista del Patrimonio Culturale immateriale dell'Umanità, d'accordo con la Convenzione Unesco del 2003;
- l'aggiornamento della normativa taurina;
- l'impulso di norme e attuazioni che realizzino il principio di unità del mercato, responsabilità sociale e libertà di impresa nel settore della tauromachia, in considerazione dei benefici economici, sociali e ambientali da essa prodotti;
- lo sviluppo e l'impulso, in collaborazione con le altre Amministrazioni Pubbliche, dei meccanismi di valorizzazione e di diffusione delle attività artistiche, creative e produttive comunque connesse alle corride taurine.
È evidente, peraltro, che l'obiettivo della Ley sia, quindi, quello di definire la tauromachia come parte del patrimonio culturale degno di protezione su tutto il territorio nazionale, in accordo con la normativa europea e internazionale, al fine di garantirne la sopravvivenza [12].
Ciò porta come conseguenza, nel quadro della collaborazione tra le diverse pubbliche amministrazioni, l'individuazione di un dovere diffuso di protezione e, parimenti, di alcune misure di sviluppo e garanzia specificamente individuate in capo all'amministrazione generale dello Stato.
Quale profilo già evidenziato nello stesso testo della Ley, interessante è il ruolo che ricopre in materia la figura del bene immateriale e il suo riconoscimento ai sensi della Convenzione Unesco [13].
Come noto, tra i suoi principali obiettivi, la Convenzione intende salvaguardare gli elementi e le espressioni del patrimonio culturale immateriale, promuovere (a livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza della loro importanza in quanto componente essenziale delle diversità culturali, assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno a livello internazionale.
Orbene, se ai fini della Convenzione, il patrimonio immateriale è individuato nelle espressioni che le comunità riconoscono parte del proprio patrimonio culturale, nel caso specifico esso rientra certamente nell'ipotesi di "evento rituale e festivo", il cui valore, già proclamato con la Ley esaminata, acquisirebbe ulteriore vigore con il riconoscimento internazionale.
Anche la identificazione della tauromachia come candidato a bene immateriale Unesco, contribuisce all'iniziativa di ricompattare la nazione su un valore condiviso, in quanto verrebbe ufficialmente ricondotto alla Spagna nella sua unitaria accezione.
Pertanto, se la Convenzione Unesco ha come fine primario quello di provvedere al riconoscimento, alla promozione e alla protezione di beni culturali che non hanno una consistenza materiale, ma che costituiscono testimonianza della tradizione di una comunità, cionondimeno possono realizzarsi ulteriori obiettivi, extra-giuridici, di politica sociale e di unità nazionale.
Senza voler addentrarsi in scivolose analisi etiche, risulta interessante domandarsi se il quadro costituzionale spagnolo contenga limiti alla proibizione delle corride di tori, ben inteso che apparentemente la Ley 18/2013 dovrebbe aver risolto il dubbio quantomeno circa la illegittimità di eventuali futuri interventi abolitivi della tauromachia ad opera di Comunidades Autónomas.
La Ley sulla regolazione della tauromachia come patrimonio culturale non poteva esimersi dall'individuare alcuni fondamenti costituzionali dell'intervento legislativo statale.
Infatti, secondo il legislatore del 2013, la tauromachia è un insieme di attività che si collega direttamente con l'esercizio dei diritti fondamentali e delle libertà pubbliche poste dalla Costituzione spagnola, come quelle di pensiero e di espressione, di produzione e creazione letteraria, artistica, scientifica e tecnica. E risulta evidente che la tauromachia, come attività culturale e artistica, richieda protezione ed impulso da parte dello Stato e delle Comunidades Autónomas.
È, altresì, necessario contemplare la protezione e la regolazione di tale importante patrimonio culturale, artistico, sociale ed economico come un onere di tutti i poteri pubblici, ai sensi dell'art. 14 Const., secondo cui questi ultimi devono promuovere e tutelare l'accesso alla cultura, alla quale tutti hanno diritto, nonché ai sensi dell'art. 46 Const., che impone ai poteri pubblici l'obbligo di garantire la sua conservazione e di promuoverne lo sviluppo.
Infine, il breve percorso del quadro costituzionale operato dal legislatore si conclude con la citazione dell'art. 149.2 Const., che esprime la preoccupazione del legislatore costituente per la preservazione e il progresso dei valori culturali della società spagnola e che impone allo Stato l'obbligo di considerare la tutela della cultura come un dovere e un'attribuzione fondamentale.
Tuttavia, tali precisazioni di respiro costituzionale operano sostanzialmente ai fini di "blindare" la competenza statale in materia, mentre un discorso di particolare interesse stimolato dall'iniziativa catalana concerne la legittimità costituzionale della limitazione o abolizione ad opera dei poteri pubblici di manifestazioni facenti parte del patrimonio culturale e della tradizione popolare. In altri termini: di chi sarebbe la cultura?
Non sono pochi coloro che hanno ritenuto che con l'abolizione si impedisca l'esercizio delle libertà, dei diritti e dei beni costituzionalmente protetti (in particolare la libertà d'impresa) e si leda la competenza esclusiva dello Stato di preservare il patrimonio culturale comune, come di garantire la unità di mercato.
Essere banderillero, matador o picador sono attività professionali e mestieri, così come espressioni artistiche; le corride rientrano nell'acervo culturale comune e sono imprese lucrative. Tali aspetti costituiscono i rilievi posti alla base del ricorso di incostituzionalità avverso la legge abolitiva catalana 28/2010.
Inteso che lo Stato moderno è oggi incaricato della protezione del patrimonio culturale, già prima dell'intervento della Ley del 2013, le corride venivano incluse dalla dottrina nel patrimonio storico spagnolo, quali beni immateriali, espressivi della cultura tradizionale popolare [14].
Con tale premessa, è stato ritenuto che, nel quadro di una Costituzione che fa della libertà e del pluralismo valori superiori dell'ordinamento giuridico, non si potrebbe riconoscere a nessuna autorità alcuna competenza per proibire né carnevali, né flamenchi, né processioni della Settimana Santa, come neppure alcuna altra manifestazione culturale. Difatti, la cultura apparterrebbe solo al popolo, soggetto che la crea, la modifica e la trasforma. Nessuno può imporla o cancellarla. La cultura in questo senso starebbe al di là della legge, fuori dalla portata della legge [15].
E sull'esigenza di protezione delle manifestazioni taurine molto si è discusso in dottrina [16], in ragione delle differenti convinzioni etico-politiche di volta in volta espresse, ma l'appartenenza della tauromachia al patrimonio tradizionale spagnolo non è mai stata seriamente messa in dubbio.
Oltre a tale limite individuato dalla dottrina, che possiamo tradurre con il concetto di indisponibilità della cultura, un secondo aspetto rilevato dalla dottrina spagnola concerneva la pretesa incompetenza delle Comunidades Autónomas a proibire manifestazioni culturali, quali le corride, ritenendo che solo lo Stato sarebbe legittimato ad intervenire sui settori ad esse trasversali.
Brevemente, gli aspetti maggiormente interessanti riguardavano la competenza in tema di organizzazione generale dell'attività economica, attribuita allo Stato dalla Costituzione spagnola all'art. 149.1.13.
Risulta evidente, infatti, che la proibizione delle corride in uno specifico territorio, come di qualsiasi altra manifestazione, costituisce un ostacolo allo sviluppo di un settore importante dell'economia spagnola, violando così i principi di unità del mercato, di libera circolazione di beni e persone sul territorio nazionale, nonché di uguaglianza delle condizioni per l'esercizio delle attività economiche connesse alle feste taurine.
Ed ora, tali considerazioni risultano rafforzate dall'intervento deciso del legislatore statale con la citata Ley del 2013, che ha evidenziato la protezione costituzionale posta a tutela dei beni culturali, anche immateriali, quale la tauromachia.
4. Alcune brevi considerazioni conclusive
A conclusione del presente lavoro, siano permesse alcune brevi osservazioni sul rapporto conflittuale tra sensibilità etica e tradizioni culturali locali.
Seppur consapevole delle inevitabili differenze ordinamentali, parrebbe, in astratto, possibile giungere ad un quadro simile anche nel sistema italiano, qualora le istanze animaliste (o di opposizione in genere) si ponessero in aperto conflitto con alcune tradizioni popolari.
Si pensi, ad esempio, al celebre Palio di Siena, oggetto di ripetute contestazioni connesse al trattamento dei cavalli impiegati nella principale manifestazione tradizionale della città toscana. Difatti, in prossimità delle due date annuali, si ripresenta puntualmente il medesimo dibattito, alimentato da associazioni animaliste [17].
Per comprendere la recente acutizzazione del dibattito, si noti che il Palio di Siena, come altre manifestazioni storiche inserite dalle regioni in apposite delibere, è escluso dal campo di applicazione della legge 189/2004 sul maltrattamento di animali, in esecuzione dell'art. 19-ter disp. coord. e trans. c.p., introdotto dall'art. 3 della legge, quale deroga al generale divieto in essa contenuto [18].
Ora, se le istanze critiche crescessero, come potrebbe salvarsi una simile tradizione secolare? Probabilmente sarebbe necessario un riconoscimento ufficiale simile a quello promosso dal legislatore spagnolo.
Con riferimento all'ordinamento italiano, occorre però fare una precisazione in termini di competenza legislativa, atteso che il tema inciderebbe trasversalmente su materie di competenza concorrente ex art. 117, comma 3, Cost., come la tutela della salute, la valorizzazione dei beni culturali, nonché soprattutto la promozione e l'organizzazione delle attività culturali, e materie di competenza esclusiva statale ex art. 117, comma 2, Cost., come la tutela dell'ambiente e dei beni culturali.
Con riferimento alle materie esplicitamente connesse al patrimonio culturale, assume rilievo l'orientamento della Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 9/2004, ha offerto una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione, utile ai fini della ripartizione di competenza tra Stato e regioni in materia di beni culturali. Secondo la Corte, la tutela è "diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale; ed è significativo che la prima attività in cui si sostanzia la tutela è quella del riconoscere il bene culturale come tale"; la valorizzazione, invece, "è diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".
Si rileva [19] a proposito, come la tutela dei beni culturali, materia citata all'art. 117, comma 2, lett. s, venga riferita ai soli beni materiali, come ormai interpretato anche dalla dottrina prevalente, operando con riferimento alla sola conservazione fisica, materiale, del bene. E tale requisito di materialità comporta che non possa essere invocata la competenza esclusiva statale relativamente ai beni culturali immateriali, quali ad esempio i pali equini e le manifestazioni culturali in genere.
E nel silenzio del Codice dei beni culturali e del paesaggio (comunque non applicabile ai beni immateriali) ed in assenza di una normativa ad hoc, occorrerebbe, pertanto, attribuire la facoltà di predisporre le misure a tutela della manifestazione in base alla ripartizione competenziale individuata per la promozione di attività culturali, quale materia di legislazione concorrente ex art. 117, comma 3, Cost. e comprendente le iniziative di sostegno del patrimonio culturale immateriale.
Conseguentemente, il compito di riconoscere una protezione dalle iniziative esterne, quale tutela del bene immateriale in sé, in termini di sopravvivenza, risulterebbe affidato al legislatore regionale, chiamato ad approntare le misure idonee a consentire il regolare svolgimento della manifestazione e la conservazione della tradizione. In tal modo, al legislatore statale spetterebbe solo la determinazione dei principi fondamentali.
Di dubbia soluzione sarebbe, invece, l'ipotesi in cui la tutela risultasse necessaria a fronte di istanze critiche provenienti dalla regione stessa. Potrebbe intervenire il legislatore statale in autonomia? Si potrebbe ipotizzare, in tal caso, un intervento meramente dichiarativo del legislatore statale che impedisca la scomparsa della manifestazione, riconoscendone lo status di bene culturale di rilevanza nazionale, sebbene tale azione possa apparire eccedente il limite concettuale dei principi fondamentali? [20]. La legittimità di tale intervento potrebbe, invero, essere supportato dal compito affidato agli Stati firmatari della citata Convenzione Unesco, avendo questi assunto formali impegni di salvaguardia e cooperazione anche attraverso l'adozione di "misure volte a garantire la vitalità del patrimonio culturale immateriale, ivi compresa l'identificazione, la documentazione, la ricerca, la preservazione, la protezione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione" [21].
E ciò anche in considerazione del fatto che l'intervento ritenutosi necessario in Spagna non ha riguardato tanto la promozione dell'attività culturale, quanto la sua tutela più ampia, a fronte della minaccia di abolizione della tradizione taurina avviata dalle Comunidades Autonomas.
E considerazioni di pari urgenza potrebbero estendersi ad altri ambiti nazionali e ad ulteriori manifestazioni popolari, quali ad esempio i combattimenti tra galli, che ancora sono permessi in alcune aree di Spagna e Francia (per le stesse ragioni incontrate con riferimento alle corride), in alcuni stati USA, nonché in vaste aree di Asia e America Latina; rilevando altresì che i medesimi dibattiti sono originati dagli spettacoli di zoo, delfinari e circhi, che in alcuni territori ricoprono posizioni di certo rilievo culturale ed economico.
Certamente, l'importanza del riconoscimento dei beni culturali immateriali anche nel nostro ordinamento è conseguente all'esigenza di tutela delle tradizioni popolari (nonostante la frammentaria traduzione normativa del concetto) e, come tale, esplica la sua forza principalmente in ipotesi di indebolimento della "salute" di queste ultime.
Parimenti, nei confronti di tale patrimonio, la tutela non può che essere dichiarativa - come quella approntata dal legislatore spagnolo - in ragione dell'attenta osservazione secondo cui, "essendo espressione del popolo, si tratta di attività in continua quanto naturale evoluzione" [22].
Così, anche in ragione dell'impulso della Convenzione Unesco, è evidente come le tradizioni culturali, quali beni immateriali, costituiscano testimonianze di civiltà, nonché espressioni di identità culturale collettiva, cui il legislatore statale (o regionale) non può negare la sua protezione, senza poterne imporre o cancellare l'esistenza.
Forse proprio perché, davvero, la cultura è del popolo e non della legge.
Note
[1] http://www.mesadeltoro.es.
[2] T.R. Fernández Rodriguez, Sobre la constitucionalidad de la prohibición de las corridas de toros en Cataluña, in DOXA, Cuadernos de Filosofía del Derecho, n. 33, 2010, pagg. 725-738.
[3] Art. 2 Ley 28/2010.
Supresión de una letra del apartado 2. "Se suprime la letra a del apartado 2 del artículo 6 del texto refundido de la Ley de protección de los animales, aprobado por el Decreto legislativo 2/2008, que queda redactado de la siguiente forma: "2. Quedan excluidas de estas prohibiciones las fiestas con toros sin muerte del animal (correbous) en las fechas y localidades donde tradicionalmente se celebran. En estos casos, está prohibido inferir daño a los animales."
[4] Art. 1 Ley 28/2010.
Adición de una letra al apartado 1."Se añade una letra, la f, al apartado 1 del artículo 6 del texto refundido de la Ley de protección de los animales, aprobado por el Decreto legislativo 2/2008, con el siguiente texto:
"f) Las corridas de toros y los espectáculos con toros que incluyan la muerte del animal y la aplicación de las suertes de la pica, las banderillas y el estoque, así como los espectáculos taurinos de cualquier modalidad que tengan lugar dentro o fuera de las plazas de toros, salvo las fiestas con toros a que se refiere el apartado 2."
[5] Tale concetto si spiega con quanto contenuto nella stessa premessa della Ley 28/2010 secondo cui la tutela dei tori è giustificata dalla prossimità genetica alla specie umana e il fatto che gli animali sono tutti risultato di processi evolutivi paralleli. In particolare, viene precisato che il toro è un animale mammifero con un sistema nervoso molto simile a quello della specie umana, il che significa che gli esseri umani condividono molti aspetti del suo sistema nervoso ed emotivo. E per tali ragioni, la considerazione del toro come un essere capace di soffrire si sarebbe radicata nel sentimento della società catalana.
[6] F. de Carreras, A toro pasado, in La Vanguardia, 5 agosto 2010.
[7] Alla data in cui viene licenziato il presente contributo, il Tribunal Constitucional non si è ancora pronunciato.
[8] P.A. Navarro, La ofensiva taurina del PP. La "fiesta" será declarada "Bien de Interés Cultural" antes de que concluya el año, in El siglo de Europa, n. 973, 2012, pagg. 28-29.
[9] D. Fernández de Gatta Sánchez, La Ley de 12 de noviembre de 2013 para la regulación de la tauromaquia como patrimonio cultural: una esperanza para el futuro, in Diario La Ley, n. 8239, 2014.
[10] Preambulo Ley 18/2013: "...La sociedad española es muy diversa y dentro de esa diversidad encontramos grandes aficionados y a su vez muchos ciudadanos que han manifestado su preocupación por el trato que reciben los animales durante los espectáculos taurinos. Conscientes de la heterogeneidad de la sociedad, también debemos admitir que, actualmente, existe un consenso en la aceptación mayoritaria del carácter cultural, histórico y tradicional de la Tauromaquia como parte esencial del Patrimonio Histórico, Artístico, Cultural y Etnográfico de España. Como tal, es responsabilidad de los poderes públicos asegurar la libertad del creador y, en este caso, del desarrollo de cualquier expresión artística, como es la Tauromaquia, y el respeto hacia ella...".
[11] Preambulo Ley 18/2013 "...La Tauromaquia constituye un sector económico de primera magnitud, con una incidencia tangible en ámbitos diversos y dispersos como son el empresarial, el fiscal, el agrícola-ganadero, el medioambiental, el social, el alimentario, el industrial o el turístico, entre otros. En consecuencia, corresponde al Estado ordenar y fijar las directrices y criterios globales de ordenación del sector taurino, en su doble e inseparable aspecto de patrimonio cultural de carácter nacional y de sector económico y sistema productivo propio y bien delimitado en su contenido ... (omissis) ... El objeto de la Ley es delimitar la Tauromaquia como parte del patrimonio cultural digno de protección en todo el territorio nacional. Esto trae como consecuencia, en un marco de colaboración entre las diferentes Administraciones Públicas, un deber general de protección y, a su vez, unas medidas de fomento y protección en el ámbito de la Administración General del Estado."
[12] D. Fernández de Gatta Sánchez, Ley 18/2013, de 12 de noviembre, para la regulación de la Tauromaquia como Patrimonio Cultural, in Ars Iuris Salmanticensis, vol. 2, n. 1, 2014, pagg. 180-183.
[13] Di particolare interesse, circa il ruolo dell'Unesco nella conservazione del patrimonio culturale: M. Carcione, Dal riconoscimento dei diritti culturali nell'ordinamento italiano alla fruizione del patrimonio culturale come diritto fondamentale, in Aedon, 2013, 2; C. Carmosino, La convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, in Aedon, 2013, 1.
[14] Frequentemente ricomprese all'interno della nozione fornita dall'art. 46 della Ley 25 giugno 1985, n. 16, del Patrimonio Histórico Español (LPHE). Sulla definizione di cultura nell'ordinamento spagnolo si rinvia a J. Prieto de Pedro, Cultura, culturas y constitución, Madrid, Congreso de los Diputados-Centro de Estudios Constitucionales, 1993, pagg. 24-25.
[15] T.R. Fernández Rodriguez, Sobre la constitucionalidad de la prohibición de las corridas de toros en Cataluña, cit.. Secondo l'autore infatti "La cultura está en este sentido más allá de la Ley, fuera del alcance de la Ley".
[16] In senso conservativo V. Gómez Pin, La escuela más sobria de la vida. Tauromaquia como exigencia ética, Madrid, Espasa Calpe, 2002; mentre in senso largamente critico P. de Lora, Corridas de toros, cultura y constitución, in DOXA, Cuadernos de Filosofía del Derecho, n. 33, 2010, pagg. 739-765.
[17] I numeri forniti dalle associazioni animaliste che si battono contro questa tradizione sono rilevanti: nel corso dell'evento, dal 1970 al 2011, 49 cavalli sono morti. In alcuni casi, peraltro, gli animali si feriscono durante la gara e successivamente vengono abbattuti. (fonte LAV http://www.lav.it/cosa-facciamo/cavalli/palii).
[18] L'articolo citato prevede, infatti, che le disposizioni del titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applichino alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.
[19] Al proposito, D. Nardella, Un nuovo indirizzo giurisprudenziale per superare le difficoltà nell'attuazione del Titolo V in materia di beni culturali?, in Aedon, 2004, 2.
[20] Un importante intervento del legislatore statale a sostegno del patrimonio culturale immateriale italiano si è già visto nel d.l. 83/2014, c.d. Art. Bonus a proposito della selezione annuale della "Capitale italiana della cultura".
[21] Di interesse, in particolare, per le osservazioni sugli strumenti giuridici individuabili per il patrimonio immateriale: A. Crosetti, D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino, pag. 36 ss.
[22] G. Morbidelli, Il valore immateriale dei beni culturali, in Aedon, 2014, 1. Per un'ampia analisi del tema dei beni culturali immateriali si veda anche, tra gli altri, sulla medesima rivista: A. Bartolini, L'immaterialità dei beni culturali, A. Gualdani, I beni culturali immateriali: ancora senza ali?; C. Lamberti, Ma esistono i beni culturali immateriali?.