Il Ministero per i Beni e le Attività culturali: l'"ultima" riforma
L'amministrazione periferica del Mibac, nella riforma del 2009
Sommario: 1. Il contesto. - 2. L'amministrazione periferica e il "nuovo" centro. - 3. (Segue) Direzioni centrali e direzioni regionali. - 4. Le strutture e i rapporti interni all'amministrazione periferica: direzioni regionali e soprintendenze. - 5. Le "altre" modifiche: tra adeguamenti e drafting. - 6. Le variazioni nelle dotazioni organiche, ovvero la "ragione" della riforma. - 7. Ciò che non è cambiato.
The Ministry for the Cultural Heritage and Activities
peripheral organization and the 2009 regulatory reform
This essay wants to analyze the latest Ministry for the Cultural Heritage
and Activities regulatory reform impact on its peripheral organization. Although
the 2009 regulation proves weak and unable to solve many of the structural
and functioning problems the Ministry apparatus and its territorial offices
have experienced so far, further amendments are not recommended now. Taking
into account that this is the forth Ministry regulatory reform subsequent
to the ninth legislative reform in ten years, what the Ministry for the Cultural
Heritage and Activities central and peripheral apparatus seems to need most
is stability, so to be carefully tested before undergoing more changes.
Anche l'amministrazione periferica del ministero per i Beni e le Attività culturali (da ora, Mibac) è interessata dalle modifiche che, con d.p.r. 2 luglio 2009, n. 91, sono state apportate al "Regolamento di riorganizzazione", approvato con d.p.r. 26 novembre 2007, n. 233.
Anche per essa, è la quarta riforma organizzativa, conseguente al nono intervento legislativo, sulla struttura e sulle attribuzioni del ministero, in un periodo che copre i dieci anni solo se si assume come data convenzionale, di avvio di questo "percorso di riforme", il 1998-1999, quando si istituì l'allora "nuovo" Mibac, ma che, nell'esperienza, riflette un succedersi di innovazioni più ravvicinato ed esteso [1].
Alle modifiche degli assetti organizzativi si sono, infatti, affiancate, nel medesimo lasso di tempo, frequenti ridefinizioni della disciplina sostanziale relativa agli ambiti che maggiormente connotano le funzioni e i compiti del ministero, specialmente della sua amministrazione periferica, ossia "beni culturali", "paesaggio" e "beni paesaggistici" [2], senza che sia mai risultato agevole rintracciare un consapevole parallelismo e, ancor meno, una stretta consequenzialità tra il mutare delle condizioni di azione e di organizzazione.
Molto è stato detto, e da molti osservatori, in merito alle difficoltà che il reiterarsi delle riforme ha opposto alla capacità di governo del settore, da parte del ministero nonché alle possibilità di azione degli altri soggetti, pubblici e privati, che si vorrebbero coinvolti nel sistema dei beni culturali e del paesaggio [3].
Molto, di ciò, potrebbe ripetersi, anche riguardo a quest'ultimo provvedimento, benché sia da dire che la portata delle correzioni arrecate all'amministrazione periferica, dal d.p.r. 91/2009, appaia contenuta o, quantomeno, più contenuta di quella che ha contraddistinto precedenti modifiche.
Con il decreto del luglio 2009, l'amministrazione periferica diventa, infatti, oggetto di modifiche che, quando non rispondono a esigenze di drafting o alla necessità di eliminare dubbi interpretativi, generati dall'originaria formulazione del d.p.r. 233/2007, sono, essenzialmente, conseguenza delle innovazioni che, in via principale, vanno a interessare l'amministrazione centrale.
Una valutazione, d'insieme, che vuole prescindere dalla ragione principale, o come tale dichiarata dal legislatore, di quest'ultimo provvedimento. Con il decreto del 2009 si è, in effetti, inteso attuare quanto previsto dall'art. 74 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, ove si richiede, ancora una volta, che le amministrazioni dello stato ridimensionino i propri assetti organizzativi, con conseguente riduzione delle dotazioni organiche (art. 74, comma 1), anche riorganizzando le proprie reti o strutture periferiche (art. 74, comma 3).
Obiettivo che ha condotto a variazioni nelle dotazioni organiche dell'amministrazione periferica, delle quali si avrà modo di riferire, che non ne toccano però la configurazione strutturale.
Parlare di amministrazione periferica del Mibac significa, dunque, parlare, ancora, delle direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici, delle soprintendenze per i beni archeologici, per i beni architettonici e paesaggistici, per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, delle soprintendenze archivistiche, degli archivi di stato, delle biblioteche statali e dei musei, nei termini in cui già ne parlava l'art. 16 d.p.r. 233/2007, rimasto immutato.
Tuttavia, parlare di amministrazione periferica significa anche confrontarsi con quelli che sono i rapporti intercorrenti fra i suoi organi e fra essi e l'amministrazione centrale.
Ed è a questi effetti che, anch'essa, si trova a essere interessata dal d.p.r. 91/2009, benché con modifiche che si dicevano di portata contenuta o, meglio, che tali appaiono, soprattutto in ragione del fatto che non intervengono su quello che, già all'indomani del d.p.r. 10 giugno 2004, n. 173 e del successivo d.p.r. 233/2007, ne è apparso come il profilo più critico, vale a dire il ruolo assegnato alle direzioni regionali, specie nel rapporto con le soprintendenze di settore.
Le direzioni regionali, configurate come "articolazioni territoriali di livello dirigenziale generale", dal decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 3, in sostituzione delle soprintendenze regionali, volute dal decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 istitutivo del Mibac, pur chiamate, al pari di queste, a curare "i rapporti del ministero con le regioni, gli enti locali e le altre istituzioni presenti nella regione medesima", ricevono compiti più ampi, sia amministrativi sia tecnici, e funzioni più estese che giungono a comprendere anche la direzione di uffici, come si legge nell'art. 7, comma 5, del d.lg. 368/1998, dopo le modifiche del 2004 [4].
Con il d.p.r. 233/2007 queste attribuzioni sono ulteriormente definite, meglio esplicitate. Nel suo art. 17, comma 3, lett. a) si stabilisce, così, che il direttore regionale, fra gli altri suoi compiti, esercita sulle attività delle strutture periferiche del ministero, "[...] i poteri di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità e urgenza, informati il direttore generale competente per materia e il Segretario generale, avocazione e sostituzione".
Compiti che si aggiungono, appunto, a quelli gestionali, estesi alle risorse strumentali e umane degli uffici periferici, collocati nell'ambito della regione, tutti, espressamente qualificati, dal d.p.r. 233/2007, "articolazioni delle direzioni regionali", sia pure, quanto agli archivi e alle biblioteche, nel dichiarato "rispetto" della loro "autonomia scientifica" [5].
Le direzioni regionali ricevono, così, attribuzioni che sembrano allontanarle, ancor più, da quel ruolo di coordinamento tra strutture periferiche e amministrazione centrale, che neppure le soprintendenze regionali sembravano limitarsi ad assolvere. Attribuzioni che valgono a definirle quali "centri decisionali", atti a condizionare, sino a comprimere, lo "spazio" degli uffici, a più diretta vocazione tecnico-scientifica, quali sono, innanzi tutto, le soprintendenze di settore e, soprattutto, capaci, per il fatto stesso di aggiungere il proprio intervento a quello di altri apparati, di aggravare e, perciò, complicare i procedimenti decisionali [6].
La scena sulla quale agiscono le strutture periferiche del ministero si propone, infatti, come scena affollata, che vede la presenza di numerosi uffici centrali, i quali "doppiano", in molti casi, gli interventi delle direzioni regionali e che tale rimane anche dopo il d.p.r. 91/2009. Le razionalizzazioni, nel quadro delle competenze, da esso introdotte non attenuano, infatti, in misura significativa, le complessità organizzative e procedimentali che continuano a gravare l'azione ministeriale.
2. L'amministrazione periferica e il "nuovo" centro
L'analisi delle singole modifiche apportate all'amministrazione periferica, dal provvedimento del 2009, conferma quanto si anticipava, ossia che molte sono conseguenza, quasi derivazione, delle innovazioni che interessano, in misura più estesa, l'amministrazione centrale e che non sempre contribuiscono a semplificarne il quadro.
Così, da un lato, le direzioni regionali continuano ad essere interessate, in termini che il d.p.r. 91/2009 contribuisce a rendere ancora più espliciti [7], dalle attività di coordinamento che già il d.p.r. 233/2007 aveva assegnato al Segretario generale, quale figura apicale, di snodo fra politica e amministrazione, che ritornò a porsi come interlocutore, anche tecnico, delle strutture periferiche dopo il superamento, disposto dall'art. 9, comma 24, della legge 26 novembre 2006, n. 286, del modello organizzativo per dipartimenti [8].
Dall'altro, mentre si dispone l'accorpamento di alcune direzioni generali centrali [9], si arricchisce la scena di un nuovo "soggetto", destinato a proporsi come interlocutore anche dell'amministrazione periferica, qual è la Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, prevista e disciplinata in quello che, dopo la riforma del 2009, diventa l'art. 8 del d.p.r. 233/2007.
Tra gli effetti di questa scelta, vi è, pertanto, la necessità di adeguare le attribuzioni degli uffici periferici alla nuova struttura e, soprattutto, alle competenze che le sono assegnate. Competenze "proprie" di questo ufficio e che, poiché non assimilabili né alternative a quelle di altre direzioni centrali, deputate all'esercizio delle, pur sempre preordinate, funzioni di tutela, valgono ad aggiungerne l'intervento a molti procedimenti decisionali.
Si prevede, così, che l'affidamento diretto o in concessione delle attività e dei servizi pubblici di valorizzazione dei beni culturali, ai sensi dell'art. 115 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di approvazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia disposto dal direttore regionale, previa istruttoria delle soprintendenze di settore, anche "sulla base delle linee guida elaborate dal Direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale" (art. 17, comma 3, lett. dd), d.p.r. 233/2007, come modificato), il quale riceve, in tal modo, un'attribuzione che, sia pure in termini più sfumati, era assegnata, nella precedente versione del d.p.r. 233/2007, al Segretario generale [10].
Allo stesso modo, quanto ai procedimenti concernenti la fattispecie di cui all'art. 44 Cod., ossia al "comodato e deposito di beni culturali", per effetto della riscrittura dell'art. 17, comma 3, lett. m) del d.p.r. 233/2007, si stabilisce che il già richiesto assenso del ministero sulle proposte di acquisizione in comodato dei beni culturali di proprietà privata e di deposito dei beni culturali appartenenti a enti pubblici, formulate dagli e agli uffici periferici, sia espresso sempre dal direttore regionale, ma, anche in questo caso, "sulla base dei criteri fissati dal Direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale" [11].
Risponde alla necessità del coordinamento con questo nuovo ufficio anche l'integrazione che interessa l'art. 17, comma 3, lett. bb) del d.p.r. 233/2007. A seguito della modifica introdotta dal d.p.r. 91/2009 si prevede, infatti, che la promozione, presso le scuole di ogni ordine e grado, della diffusione della storia dell'arte e della conoscenza del patrimonio culturale della regione, da parte della direzione regionale, sia effettuata attraverso programmi concordati, con il ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, "per il tramite" del direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale.
A questi, infatti, il nuovo art. 8, comma 2, lett. q), del regolamento di organizzazione assegna il compito di curare "il coordinamento del sistema dei servizi educativi, di comunicazione, di divulgazione e promozione ai sensi degli artt. 118 e 119 del Codice, attraverso il Centro per i servizi educativi, anche in relazione al pubblico con disabilità".
Struttura, quest'ultima, istituita nel 1998 e che, prima delle modifiche apportate all'amministrazione centrale dal d.p.r. del 2009, era chiamata a collegarsi funzionalmente con il Servizio IV, "Musei, mostre e valorizzazione" di quella che era la Direzione generale per i beni architettonici, storico-artistici ed etnoantropologici.
Un'integrazione procedimentale che, a differenza di quelle prima ricordate, non vale, dunque, ad "aggiungere" quanto, semmai, a "sostituire" un intervento di apparati centrali già previsto, sebbene in termini che le discontinue modifiche apportate ai profili sia procedimentali sia organizzativi della fattispecie non conducevano ad essere egualmente espliciti e definiti [12].
3. (Segue): Direzioni centrali e direzioni regionali
Una diversa valutazione meritano, invece, le modifiche tramite le quali il d.p.r. 91/2009 è intervenuto sul ruolo del direttore regionale, per spostare in capo ad esso attribuzioni, in precedenza, assegnate alle direzioni centrali.
In questi interventi, di per sé, imposti sia dai mutamenti contestualmente apportati, dal decreto del 2009, all'amministrazione centrale sia dalle modifiche della disciplina sostanziale, introdotte con i decreti legislativi del marzo 2008, di modifica del Codice, è, infatti, riconoscibile una maggiore attenzione a esigenze se non di semplificazione quantomeno di razionalizzazione del quadro delle competenze.
Lo spostamento di talune attribuzioni, in capo alle direzioni regionali, obbedisce, infatti, e principalmente, alla necessità di "alleggerire" i compiti di direzioni centrali, chiamate, soprattutto in ragione degli accorpamenti previsti, ad esercitare funzioni vaste ed eterogenee, benché si risolva anche in un rafforzamento del ruolo delle direzioni regionali e, con esso, del decentramento nell'azione ministeriale.
Al direttore regionale viene, pertanto, assegnato il compito di autorizzare gli interventi di demolizione, rimozione definitiva, nonché di smembramento di collezioni, serie e raccolte, da eseguirsi ai sensi dell'art. 21, comma 1, del Codice (art. 17, comma 3, lett. e-bis).
Compito che l'art. 6 del d.p.r. 233/2007 assegnava, appunto, alla direzione generale per i beni archeologici, ridenominata dal d.p.r. 91/2009, "direzione generale per le antichità", la quale, perde questa sua competenza [13], e che il precedente art. 8, comma 2, lett. b) attribuiva alla "direzione generale per i beni architettonici, storico-artistici ed etnoantropologici", oggi confluita nella nuova "direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee".
Fattispecie richiamata, tramite un'integrazione, anche dall'art. 18, comma 1, lett. b), del d.p.r. 233/2007, modificato, il quale tiene ferma in capo alle soprintendenze la competenza ad autorizzare l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere sui beni culturali, ad eccezione di quelli oggetto della competenza del direttore generale, ai sensi dell'art. 17, comma 3, lett. e-bis).
Resta, invece, la possibilità, già prevista dal precedente regolamento del 2007, che, nei casi di urgenza, l'autorizzazione sia rilasciata dalla soprintendenza competente la quale ne informerà, però, solo il direttore regionale e non più, accanto ad esso, il direttore centrale.
Il direttore regionale acquisisce, poi, una serie di attribuzioni in materia paesaggistica, espressamente indicate nell'art. 17, comma 3, lett. o-bis, o-ter, o-quater, anch'esse già di competenza delle direzioni generali.
In particolare, a seguito dell'accorpamento in un'unica direzione generale centrale, denominata dal nuovo art. 7, "Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanea", di due direzioni generali [14], passa al direttore regionale la competenza ad adottare, su proposta del soprintendente e previo parere della regione, "la dichiarazione di notevole interesse pubblico relativamente ai beni paesaggistici, ai sensi dell'articolo 141 del Codice", prima assegnata alla direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio (art. 17, comma 3, lett.o-bis.).
Uno spostamento di competenze che si inserisce anche in un mutato quadro procedimentale, a proposito del quale il Consiglio di stato, nel parere reso nell'adunanza del 2 marzo 2009, rilevava la necessità di considerare "l'eventualità che sussistano beni paesaggistici insistenti su territori compresi in più regioni".
Segnalazione della quale si trova traccia nella nuova lett. p), comma 2, dell'art. 7, ove si prevede che, nel caso la dichiarazione riguardi "beni paesaggistici che insistano su un territorio appartenente a più regioni", la competenza ad adottarla ritorni alla "nuova" direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanea, la quale procederà, comunque, sentiti i direttori regionali competenti.
Sempre al direttore regionale compete provvedere, come si legge nella nuova lett. o-ter) "anche d'intesa con la regione o con gli altri enti pubblici interessati e su proposta del soprintendente, all'integrazione del contenuto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico relativamente ai beni paesaggistici", ai sensi dell'art. 141-bis del Codice, introdotto con il decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63 e, come tale, dunque, privo di un'espressa disciplina procedimentale-organizzativa nel d.p.r. 233/2007.
Inoltre, per effetto dell'inserimento della lett. o-quater) al comma 3 dell'art. 17, è nel direttore regionale che si individua il soggetto competente a stipulare l'intesa con la regione per la redazione congiunta dei piani paesaggistici, limitatamente ai beni di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c), d) del Codice, anch'esso oggetto di riformulazione da parte del d.lg. 63/2008.
Beni, in relazione ai quali, l'art. 7, comma 2, lett. o), prevede spetti al direttore generale per il paesaggio e le belle arti, concordare, d'intesa con il direttore regionale competente, "la proposta per l'approvazione in via sostitutiva, da parte del ministro, del piano paesaggistico".
Il rapporto tra direzioni regionali e direzioni centrali è interessato anche da altre variazioni, ma di portata più contenuta, che si risolvono, essenzialmente, in correzioni-integrazioni di natura chiarificatrice.
E' questo il caso della modifica di cui sono oggetto l'art. 6, comma 2, lett. a), a proposito delle attribuzioni del direttore generale per le antichità, e l'art. 7, comma 2, lett. a), relativo alle competenze della direzione generale per il paesaggio e le belle arti: l'originaria previsione diretta ad assegnare loro il compito di esprimere il parere, per il settore di competenza, sui programmi annuali e pluriennali di intervento, viene integrato con indicazioni procedurali che li vogliono "proposti dai direttori regionali, sulla base dei dati di monitoraggio dei flussi finanziari forniti dalla Direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio e il personale".
4. Le strutture e i rapporti interni all'amministrazione periferica: direzioni regionali e soprintendenze
Di portata più contenuta sono le modifiche che interessano, in via diretta, i rapporti interni all'amministrazione periferica, segnatamente quelli intercorrenti tra direzioni regionali e soprintendenze.
Fra esse, un rilievo, anche di natura procedimentale, si deve comunque riconoscere alla correzione di cui è stato oggetto l'art. 17, nel suo comma 4, in conseguenza della quale sono esclusi dai compiti delegabili dai direttori regionali taluni provvedimenti e, in particolare: la verifica dell'interesse culturale dei beni appartenenti a soggetti pubblici e a persone giuridiche private senza fine di lucro; la dichiarazione, su proposta delle soprintendenze di settore, dell'interesse culturale delle cose a chiunque appartenenti; la promozione, presso le scuole di ogni ordine e grado, della diffusione della storia dell'arte.
Per il resto, ci si confronta con innovazioni che rispondono, essenzialmente, a necessità di raccordo interno o valgono a eliminare taluni dubbi interpretativi, originati dalla precedente versione del regolamento.
Risponde, in particolare, ad un'esigenza chiarificatrice la modifica che riguarda una delle, ricordate, attribuzioni non più delegabili, ossia quella di cui all'art. 17, comma 3, lett. d) del d.p.r. 233/2007 e per effetto della quale alle direzioni regionali si è attribuito il compito di dichiarare, su proposta delle soprintendenze di settore, l'interesse culturale delle cose, a chiunque appartenenti e, pertanto, non più solo di quelle di proprietà privata.
Previsione che trova, ora, un diverso raccordo con quanto disposto in merito alle competenze delle soprintendenze, alle quali l'art. 18, modificato, nella sua lett. h) assegna il compito di "istruire e proporre al direttore regionale, fra gli altri, i provvedimenti di verifica o di dichiarazione dell'interesse culturale, ai sensi dell'art. 13 Cod., oltre che le prescrizioni di tutela indiretta nonché le dichiarazioni di notevole interesse pubblico paesaggistico ovvero le integrazioni del loro contenuto.
Questa modifica vale, in particolare, a risolvere gli interrogativi generati, anche in talune direzioni regionali, dalla precedente formulazione con la quale, mentre si assegnava alle direzioni regionali il compito di dichiarare, sempre su proposta delle soprintendenze, l'interesse culturale delle cose di proprietà privata, si prevedeva che le soprintendenze svolgessero le istruttorie e proponessero i relativi provvedimenti alla direzione generale centrale competente anziché alla direzione regionale.
Dubbi ai quali ha dato risposta l'Ufficio legislativo Mibac, con nota del 18 settembre 2008, evidenziando che se l'art. 13, comma 1, Cod., come già precisato dallo stesso ministero, nel parere del 26 novembre 2004, individua nel soprintendente il soggetto cui spetta l'avvio del procedimento formale di dichiarazione, riconosce pur sempre nel direttore regionale l'organo competente all'istruttoria procedimentale nonché all'adozione dell'atto conclusivo.
Eguale funzione chiarificatrice possiedono altre modifiche, sempre capaci di intervenire sui rapporti interni all'amministrazione periferica. Fra esse, le variazioni apportate all'art. 18, dedicato ai compiti delle soprintendenze, nelle quali pure si trova traccia delle indicazioni fornite dall'Ufficio legislativo del Mibac nel parere, sopra ricordato, del settembre 2008.
Il comma 1, lett. i) dell'art. 18, dopo le modifiche del d.p.r. 91/2009, specifica così, sia pure con formula che pare volerli indicare esemplificativamente, quali siano i provvedimenti relativi a beni di proprietà privata per i quali le soprintendenze dispongono del compito di svolgere le relative istruttorie, proponendo al direttore generale centrale competente l'adozione dei conseguenti provvedimenti.
Tali sono, fra gli altri, l'autorizzazione al prestito per mostre o esposizioni, l'acquisto coattivo all'esportazione e l'espropriazione, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 48, 70 e 95 Cod.
Risponde, prioritariamente, a ragioni di raccordo interno, pur avendo la capacità di definire e ampliare i compiti delle soprintendenze, la modifica apportata all'art. 18, comma 1, lett. a), in conseguenza della quale si prevede che esse svolgano "le funzioni di catalogazione e tutela nell'ambito del territorio di competenza, sulla base delle indicazioni e dei programmi definiti", non più dalle sole direzioni centrali competenti, ma anche delle direzioni regionali.
Un'aggiunzione del direttore regionale che è, appunto, in funzione di raccordo anche con quanto previsto nell'originaria formulazione del d.p.r. 233/2007, dove, all'art. 17, comma 3, lett. s), già gli si assegnava il compito di unificare e aggiornare le funzioni di catalogo e tutela, nell'ambito della regione di competenza, sia pure secondo criteri e direttive che il d.p.r. 91/2009 imputa espressamente al Segretario generale e non più ai "competenti organi centrali".
Interviene sui compiti dei soprintendenti, sempre con la capacità di reagire sulle attribuzioni dei direttori regionali, la riformulazione di cui è stato oggetto la lett. n) dell'art. 18 e, di conseguenza, la lett. g), comma 3, dell'art. 17, a seguito della quale è assegnato alle soprintendenze e agli enti territoriali il potere di proporre l'esercizio e la rinuncia alle prelazioni, già di spettanza del direttore regionale, il quale diventa mero tramite, pur legittimato a esprimere proprie valutazioni, di queste proposte destinate al direttore centrale competente.
Alcune variazioni interessano, poi, in via diretta, i compiti delle soprintendenze, meglio le modalità di esercizio di alcuni di essi, senza che a ciò si accompagnino ridefinizioni significative dei rapporti che questi uffici intrattengono con altri organi sia dell'amministrazione periferica sia dell'amministrazione centrale.
Alla lett. f), comma 1, dell'art. 18 è stato così previsto che le soprintendenze non solo conservino il potere di amministrare e controllare i beni dati loro in consegna, ma abbiano la competenza ad eseguire "con le modalità ed entro i limiti previsti per la conduzione dei lavori in economia, anche i relativi interventi conservativi".
Allo stesso modo, alla lett. c), comma 1, dell'art. 18, si è stabilito, a proposito dell'occupazione temporanea di immobili per l'esecuzione di ricerche e scavi archeologici o di opere dirette al ritrovamento di beni culturali, che esse debbano avvenire "con le modalità ed entro i limiti previsti per la conduzione dei lavori in economia".
5. Le "altre" modifiche: tra adeguamenti e drafting
Altre correzioni apportate alle disposizioni del d.p.r. 233/2007, concernenti l'amministrazione periferica, sono, poi, dovute alla mera necessità di adeguarne, anche nominalmente, le previsioni alle innovazioni che hanno interessato la disciplina sostanziale delle funzioni e dei compiti, in materia di beni culturali e di paesaggio, dopo le modifiche apportate al Codice dai decreti legislativi nn. 62 e 63 del 26 marzo 2008, nonché a quelle che hanno riguardato, per opera dello stesso d.p.r. 91/2009, le attribuzioni di altri organi. A queste si aggiungono, poi, riformulazioni o semplici interventi correttivi rispondenti a mere esigenze di drafting.
Riflettono, in particolare, l'esigenza di adeguarsi alle modifiche introdotte con i decreti legislativi del marzo 2008, le riscritture: della lett. h), comma 2, art. 17, relativo alla competenza del direttore generale ad autorizzare le alienazioni, le permute, le costituzioni di ipoteca e di pegno e ogni altro negozio giuridico che comporti il trasferimento a titolo oneroso di beni culturali, ai sensi di quelli che sono i riformulati artt. 55, 56, 57-bis e 58 del Codice", della lett. q), ove si prevede che il direttore regionale concordi, d'intesa con il direttore generale competente, la proposta da inoltrare al ministro per l'approvazione in via sostitutiva del piano paesaggistico, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1, lett. b), c), d) Cod.; della lett. p), in base alla quale spetta al direttore generale proporre al ministro, per il tramite del direttore generale competente a esprimere il parere di merito, la stipulazione delle intese di cui all'art. 143, comma 2, Codice.
Di mero adeguamento nominale alle innovazioni apportate all'amministrazione centrale è la correzione apportata all'art. 17, comma 3, lett. ff), dove, a proposito dei compiti spettanti ai direttori regionali, in materia di organizzazione e gestione delle risorse strumentali ed umane degli uffici periferici del ministero nell'ambito della regione, si dispone che egli proceda, sentita la "direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio ed il personale", quale nuova struttura risultante dall'unificazione delle due precedenti direzioni generali di cui agli artt. 4 e 5 del d.p.r. 233/2007 [15], oltre che, come in precedenza, la direzione generale competente per materia. Egualmente per la riformulazione del comma 5 dell'art. 17, ove ci si adegua alla nuova denominazione della "direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali".
Correzioni lessicali interessano, poi, l'art. 17, comma 3, lett. t) e lett. n).
6. Le variazioni nelle dotazioni organiche, ovvero la "ragione" della riforma
Restano, infine, da ricordare le modifiche derivanti da quella che, come si anticipava, può considerarsi la causa o ragione principale dell'intervento di riforma operato con il d.p.r. 91/2009.
In ottemperanza a quanto previsto dal già ricordato art. 74 del d.l. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 113/2008, è stata modificata l'entità degli uffici dirigenziali di livello non generale assegnati alle direzioni regionali, di per sé, confermate nel loro numero, di diciassette, e nella loro articolazione territoriale.
La riduzione complessiva è di 11 unità, risultante dall'attribuzione alla Campania di 9 uffici in luogo di 12; all'Emilia Romagna di 12 anziché 13, al Lazio di 11 al posto di 16; alla Lombardia di 9 uffici in luogo di 10; alla Toscana di 14 in luogo di 17. Un ufficio dirigenziale in più è, stato, peraltro, assegnato alle direzioni regionali del Piemonte (7 anziché 6) e della Sardegna, con 6 uffici anziché 5.
Il d.p.r. 91/2009, quanto ad incidenza sull'amministrazione periferica del Mibac, sembra, dunque, confermarsi come provvedimento che rileva non tanto per ciò che ha cambiato, quanto per ciò che non ha cambiato, ovvero per i profili critici sui quali non è intervenuto e per i correttivi che non ha introdotto, benché, da tempo, auspicati sia parte degli osservatori sia dall'interno dello stesso ministero.
E' rimasto, così, sostanzialmente inalterato il rapporto fra direzioni regionali e soprintendenze, con le incertezze e le difficoltà che lo hanno, sin qui, contraddistinto, esponendolo a contenziosi su cui poco possono i chiarimenti apportati dal d.p.r. 91/2009 e sul quale continua a gravare anche l'asimmetria delle rispettive competenze, con quelle di natura tecnico-scientifica richieste solo per i dirigenti preposti alle seconde e non alle prime.
Resta l'assenza di disposizioni dedicate a quelle altre strutture periferiche, costituite dagli archivi e dalle biblioteche, la cui assimilazione alle soprintendenze di settore passa anche per il tramite della mancata considerazione delle loro necessità ed esperienze.
Restano, altresì, le complessità e le complicazioni dei processi decisionali derivanti dalla molteplicità dei "soggetti" coinvolti e alle quali non sembra certo giovare la previsione di quella nuova sede, rappresentata dalla Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, con le tensioni che ripropone nei rapporti con le funzioni di tutela.
Rimane inoltre, del tutto aperta, ovvero priva di risposte adeguate, anche di tipo organizzativo, la questione delle risorse, sia finanziarie sia umane, mancanti o non sufficienti e che ben può annoverarsi tra le cause principali delle difficoltà che si oppongono all'effettività ed all'efficacia dell'azione ministeriale, specialmente delle sue articolazioni periferiche, direzioni regionali e soprintendenze, oggi, chiamate a suddividersi, se non a condividere, il personale.
Resta, poi, la mancata individuazione di sedi e strumenti realmente atti a fare delle direzioni regionali quanto dovrebbero, anche, essere, ossia, "efficienti punti di riferimento per i rapporti con le istituzioni regionali" [16].
Se queste appaiono, sia pure, in sintesi, come si impone a queste considerazioni di chiusura, le questioni che il d.p.r. 91/2009 lascia aperte e irrisolte, è anche vero che, per ciò che si è detto sugli effetti prodotti dal succedersi delle riforme, tutto ciò non sembra, comunque, poter diventare motivo perché si auspichi un ennesimo intervento di riforma.
Gli effetti che ne deriverebbero, a carico dell'azione ministeriale, possono immaginarsi più nocivi di quanto non sia la sperimentazione di un modello organizzativo, sia pure imperfetto, possibile solo a condizione che questo resti, in qualche misura o, meglio, per qualche tempo, "fermo".
D'altro canto, non sono soltanto gli interventi normativi, tanto meno quelli che continuino a essere adottati, prima o a prescindere da effettive applicazioni delle soluzioni volta a volta accolte, a poter dare risposta alle necessità dell'amministrazione del settore.
Molto, anche in questo caso, può dipendere dall'attuazione che delle diverse previsioni, organizzative o sostanziali, esistenti si dia, così che, quanto alla questione delle risorse, resta da verificare "se", "che cosa" e "quanto" potrà risolvere, o non risolvere, la nuova Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale.
Molto, poi, può dipendere anche dalle iniziative e dalle collaborazioni che, proprio in materia di valorizzazione dei beni culturali, ossia della loro assunzione a risorse capaci di generare risorse, riusciranno a porre in essere le autonomie territoriali. Soggetti, questi, estranei, sebbene non così "necessariamente", al "modello organizzativo" ridelineato dal d.p.r. 91/2009, ma, per espressa indicazione del legislatore, anche costituzionale, chiamati a farsi attori del settore e del sistema, come alcune amministrazioni territoriali, peraltro ancora poche, hanno iniziato a essere e molte ancora non sono.
Note
[1] Volendo limitare la ricognizione e il computo degli interventi a quelli che, per portata e impatto, possono considerarsi di maggiore rilievo, si ricorda che il Mibac, istituito, sulla base della delega conferita dall'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con il decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, venne, pressoché subito, interessato da alcune prime modifiche per opera del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per essere poi fatto oggetto del regolamento di organizzazione, approvato con d.p.r. 29 dicembre 2000, n. 441. In seguito, la legge 6 luglio 2002, n. 137, nei suoi artt. 1 e 10, "[...] per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri nonché di enti pubblici", delegò il governo ad adottare uno o più decreti legislativi, correttivi o modificativi, di quelli già emanati, ai sensi dell'art. 11, comma 1, l. 59/1997. Di qui l'azione di riordino, sia dell'amministrazione centrale sia di quella periferica, effettuata con il decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 3, cui fece seguito l'approvazione di un nuovo regolamento di organizzazione, con d.p.r. 10 giugno 2004, n. 173. A parte le altre ridefinizioni che interessarono le attribuzioni e la struttura del Mibac, per disposizione della legge 17 luglio 2006, n. 233, e quelle che ne interessarono gli organismi collegiali, sulla base della legge 4 agosto 2006, n. 248, fu per opera della, di poco successiva, legge 24 novembre 2006, n. 286 (art. 2, comma 94) e della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 1, comma 404) che fu approvato un altro, "nuovo", regolamento di riorganizzazione con d.p.r. 26 novembre 2007, n. 233. Ed è su questo testo che, da ultimo, sono intervenute le modifiche apportate, sulla base della legge 6 agosto 2008, n. 113, con il d.p.r. 2 luglio 2009, n. 91.
[2] Il riferimento è alla normativa dedicata alla disciplina degli interventi in materia di beni culturali e paesaggio che, oggetto di primi interventi legislativi, volti a riordinare l'assetto delle competenze in materia, per opera del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, venne, poi, fatta oggetto di risistemazione con il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali". A esso fece seguito l'approvazione, sulla base della delega conferita con l'art. 10 della l. 137/2002, n. 137, del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, di approvazione del "Codice dei beni culturali e del paesaggio", a propria volta interessato da successive modifiche tramite i decreti legislativi 24 marzo 2006, nn. 156 e 157 e poi tramite i decreti legislativi 26 marzo 2008, nn. 62 e 63.
[3] Cfr., sul punto, e fra gli altri: F. Bassanini, Intervista, in Corriere della Sera, 22 maggio 2006; G. Sciullo, Il "Lego" istituzionale: il caso del Mibac, in Aedon, n. 3/2006; M. Cammelli, Ossimori istituzionali: l'instabile immobilità della organizzazione ministeriale, in Aedon, n. 3/2006; Inchiesta sull'arcipelago ministeriale. Il Governo vuole rottamare le Soprintendenze: strutture modello o "enti inutili", in Il Giornale dell'Arte, marzo 2009.
[4] Per una più compiuta rappresentazione delle attribuzioni e del ruolo assegnati alle direzioni regionali, specie nel raffronto con le precedenti soprintendenze regionali, ci si permette di rinviare a C. Barbati, I soggetti, in C. Barbati-M. Cammelli-G. Sciullo, Il diritto dei beni culturali, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 143 ss.
[5] In questo senso dispone l'art. 17, comma 1, d.p.r. 233/2007, il quale viene, in tal modo, a superare le incertezze interpretative generate dal d.m. 24 settembre 2004 che, individuando, ai sensi dell'art. 19, comma 3, del d.p.r. 173/2004, gli uffici dirigenziali di livello non generale, includeva le sole soprintendenze di settore tra le articolazioni delle direzioni regionali. Sul punto, cfr. le osservazioni di G. Sciullo, Il riordino del ministero nel sistema dei beni culturali. L'organizzazione periferica, in Aedon, n. 1/2005.
[6] Si assiste, in tal modo, ad un rafforzamento dei profili critici che già si riconoscevano nella configurazione delle precedenti soprintendenze regionali, per la cui analisi critica cfr. G. Sciullo, Alla ricerca del centro. Le trasformazioni in atto nell'amministrazione statale italiana, Bologna, il Mulino, 2000, spec. p. 62.
[7] In questo senso, cfr. art. 2, comma 3, lett. a), b), m) d.p.r. 233/2007, come modificato nel 2009.
[8] E' questa la legge di conversione del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, "recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria", che, nel suo art. 2, comma 94, ha disposto, per il Mibac, "ai fini della riduzione della spesa relativa agli incarichi di dirigenza generale del ministero per i beni e le attività culturali", l'abbandono del modello organizzativo dipartimentale, all'interno del quale le direzioni regionali erano configurate come articolazioni del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici, ed il ritorno a quello "per direzioni regionali, coordinate da un segretario generale, già accolto, al momento della sua istituzione.
[9] Sul punto, si rinvia, oltre alle indicazioni che si forniranno, di seguito, nel testo, all'analisi che di queste modifiche effettua, G. Sciullo, Il Mibac dopo il d.p.r. 91/2009: il "centro" rivisitato, in questo numero della Rivista.
[10] Ci si riferisce, qui, a quanto prevedeva l'art. 2, comma 4, d.p.r. 233/2007, soppresso dal d.p.r. 91/2009.
[11] Si ricorda, qui, inoltre, la più estesa riformulazione della quale è stata oggetto questa previsione, per effetto della quale essa va, ora, a riguardare non più, e solo, le soprintendenze di settore o i musei, ma tutte le articolazioni periferiche della direzione regionale.
[12] La modifica, di cui si riferisce nel testo, va, perciò, ad integrare la nuova disciplina che di questa peculiare forma di valorizzazione ha dettato il d.lg. 62/2008, al quale si è dovuta, infatti, la riscrittura dell'art. 119 Cod. Sul punto, ci si permette di rinviare a C. Barbati, La valorizzazione: gli artt. 101, 104, 107, 112, 115, 119, in Aedon, n. 3/2008.
[13] Cfr., in proposito, la soppressione espressa della lett. i), comma 2, art. 6 d.p.r. 233/2007.
[14] Si ricorda, qui, che la nuova direzione generale dell'art. 7 accorpa, in sé, la precedente "Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanea" e la "Direzione generale per i beni architettonici, storico- artistici ed etnoantropologici", rispettivamente previste dagli originari artt. 7 e 8 del d.p.r. 233/2007.
[15] Erano queste la "Direzione generale per l'organizzazione, l'innovazione, la formazione, la qualificazione professionale e le relazioni sindacali" (art. 4, d.p.r. 233/2007) e la "Direzione generale per il bilancio e la programmazione economica, la promozione, la qualità e la standardizzazione delle procedure (art. 5 d.p.r. 233/2007, soppresso dal d.p.r. 91/2009).
[16] In questo senso, le direzioni regionali vennero qualificate già all'atto della loro istituzione, sia in sede ministeriale sia nel parere che sullo schema del d.p.r. 173/2004 rese il Consiglio di Stato. Sul punto, cfr. Parere interlocutorio Cons. St., sez. atti normativi, 8 marzo 2004, n. 2490, in Aedon, n. 1/2005. Quanto ai già "deboli" rapporti di queste articolazioni periferiche, configurate come soprintendenze regionali, con le autonomie territoriali, ci si permette di rinviare a C. Barbati, Il riordino del ministero nel sistema dei beni culturali. I rapporti con le autonomie territoriali, in Aedon, n. 1/2005.