Il Codice dei beni culturali e del paesaggio vent’anni dopo - Atti del Convegno di Firenze (25 novembre 2024)
Il paesaggio a vent’anni dal Codice [*]
di Margherita Ramajoli [**]
Sommario: 1. Il punto codicistico di arrivo, ovvero il ritorno alle origini. - 2. Il paradigma costituzionale e il paradigma codicistico. - 3. La confusione per assorbimento: tutela del paesaggio e governo del territorio. - 4. La confusione per assorbimento: tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente. - 5. Bilanciamenti in astratto e in concreto. - 6. Il punto codicistico di partenza, ovvero la recezione giurisprudenziale.
Il contributo analizza la definizione codicistica di paesaggio, che rappresenta un ritorno al passato in quanto recupera la logica valoriale estesa propria della legislazione d’inizio Novecento. Tale definizione rischia di essere talmente vasta da confondersi con quella di governo del territorio oppure con quella di ambiente, ma la confusione per assorbimento è scongiurata sia dal codice, sia dalla giurisprudenza applicativa. Con riguardo specifico alla relazione tra paesaggio e ambiente la necessità di un loro bilanciamento s’impone per evitare non solo una protezione sproporzionata del paesaggio in violazione di quella parte dell’art. 9 Cost. che costituzionalizza la tutela dell’ambiente, ma anche una protezione sproporzionata dell’interesse ambientale alla transizione ecologica, che sarebbe parimenti non rispettosa dell’art. 9 Cost. nella parte in cui costituzionalizza la tutela del paesaggio. Il codice poi fornisce non solo il punto di arrivo, ma anche il punto di partenza della nozione di paesaggio, sempre aperta a nuove interpretazioni, tali da valorizzare il suo legame con l’art. 3 Cost.
Parole chiave: paesaggio; ambiente; codice dei beni culturali e del paesaggio.
The landscape twenty years after the Cultural Heritage and Landscape Code
The paper analyses the codified definition of landscape that represents a return to the past as it recovers the extended value logic typical of early 20th century legislation. This definition risks being so broad as to be confused with that of territorial government or with that of the environment, but confusion by absorption is avoided both by the code and the jurisprudence that applies it. With specific regard to the relationship between landscape and environment, the need for their balancing is necessary not only to avoid a disproportionate protection of the landscape in violation of that part of art. 9 Cost. that constitutionalises the protection of the environment, but also to avoid a disproportionate protection of the environmental interest in the ecological transition, which would equally not respect art. 9 Cost. in the part that constitutionalises the protection of the landscape. The code then provides not only the point of arrival, but also the point of departure of the notion of landscape, always open to new interpretations, such as to enhance its link with art. 3 Cost.
Keywords: landscape; environment; cultural heritage; landscape code.
1. Il punto codicistico di arrivo, ovvero il ritorno alle origini
Per riflettere sul paesaggio a vent’anni dal relativo codice è opportuno partire dalla definizione che il codice offre dell’oggetto della sua tutela per verificare se tale definizione segni una rottura rispetto al passato, se presenti un’individualità sufficiente da scongiurare i rischi di una confusione per assorbimento in altre definizioni (governo del territorio, oppure ambiente), infine, se e come sia stata recepita nella prassi applicativa.
La logica propria del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 è stata ben espressa da Marco Cammelli, secondo cui il Codice soppianta l’impostazione del Testo Unico del 1999 (d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490), che era privo di portata innovativa rispetto alla disciplina pregressa, e mira alla configurazione di un sistema integrato attraverso la ridefinizione di concetti unitari come patrimonio culturale, paesaggio, tutela, valorizzazione [1].
Il codice definisce disgiuntamente beni paesaggistici (art. 2, comma 3) e paesaggio (art. 131, comma 1). Se i primi sono essenzialmente gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e quindi rappresentano le “emergenze (o eccellenze) culturali/identitarie del paesaggio”, il paesaggio viene assunto come categoria concettuale più ampia rispetto a quella dei singoli beni paesaggistici [2]. Secondo la versione attuale del Codice, che deriva dal decreto correttivo del 2008 (d.lg. 26 marzo 2008, n. 63), il quale a sua volta riprende la formulazione della Convenzione europea del Paesaggio [3], il paesaggio è il “territorio espressivo di identità il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” che viene tutelato “relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali”.
Questa definizione di paesaggio è stata salutata come una novità, in quanto si sarebbe finalmente e definitivamente emancipata dall’originaria prospettiva restrittiva, di tipo estetico, incarnata dalle bellezze naturali tutelate dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (c.d. legge Bottai). Ma Carla Barbati, con la consueta sottigliezza, si è discostata dal pensiero dominante per dimostrare che la definizione codicistica di paesaggio ha segnato in realtà un ritorno al passato. Fin dalle origini il legislatore ha ravvisato il proprium del paesaggio nell’essere frutto ed espressione dell’intersezione tra natura e storia umana, realtà non solo estetica ma anche etica [4].
Le radici di questa impostazione vengono fatte risalire alla legge 16 luglio 1905, n. 411, per la conservazione della pineta di Ravenna. Nel presentare il disegno di legge alla Camera il suo promotore, Luigi Rava, all’epoca ministro dell’Agricoltura, parla di “culto delle civili ricordanze” che si esprime anche in “tutte quelle parti del patrio suolo, che lunghe tradizioni associarono agli atteggiamenti morali e alle vicende politiche di un gran paese” [5].
Quindi il codice di un secolo successivo recupera l’originaria logica valoriale estesa: il paesaggio è manifestazione identitaria, realtà etico-culturale, strumento di coesione interna, espressione di quello che efficacemente è stato definito sacro civile [6].
2. Il paradigma costituzionale e il paradigma codicistico
Tradizionalmente la codificazione esprime i valori fondanti di una data materia, presenta un ideale di completezza e avvolge la disciplina di una particolare robustezza. Questi caratteri sono andati stemperandosi a partire dal momento in cui il codice non si colloca più, come invece avvenuto per lungo tempo, al vertice della gerarchia delle fonti del diritto, dovendo lasciare spazio alla Costituzione.
Di conseguenza, la definizione codicistica di paesaggio va messa in relazione con il dettato costituzionale. Ciò significa rapportarsi, per un verso, con il comma 2 dell’art. 9 Cost., che già nel 1948 aveva costituzionalizzato la tutela del paesaggio; per altro verso, con il comma 3 all’art. 9 Cost., frutto della riforma del 2022, che ha ora costituzionalizzato la tutela dell’ambiente.
Per quanto riguarda la dialettica tra Costituzione e Codice nella definizione di paesaggio, originariamente l’art. 9 è stato interpretato in maniera pietrificata e statica: il paesaggio da tutelare costituzionalmente si risolveva nelle bellezze naturali, secondo una concezione restrittiva, estetica del paesaggio, accolta per lungo tempo a livello normativo, a far data dalla già menzionata legge Bottai.
Emblematiche a tal riguardo le parole di Giorgio Berti, secondo cui la Costituzione “si è occupata di salvaguardare i valori estetici del paesaggio secondo i criteri informatori della legislazione del 1939” [7]. Questa lettura restrittiva era stata accolta anche a livello giurisprudenziale [8] ed è risultata funzionale alla difesa di quei diritti che “la coscienza sociale considera strutturalmente connaturati all’istituto della proprietà” [9]. Infatti, la visione selettiva del paesaggio comporta la riduzione del potere dell’amministrazione di comprimere il pieno godimento del diritto di proprietà limitandolo alle sole zone di particolare bellezza.
Tuttavia, gradualmente, a far data dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, la concezione prettamente estetizzante fatta propria dalla legislazione pregressa viene abbandonata, specie grazie alla riflessione di Alberto Predieri, che parte dal presupposto in base al quale i termini impiegati dalla Costituzione devono essere valutati nel contesto della gerarchia delle norme e, di conseguenza, il significante utilizzato a livello superiore influenza la comprensione dei significanti sottordinati [10]. Il paesaggio costituzionalmente da garantire è concepito come “forma del paese” nella sua interezza, frutto dello scambio tra persona umana e natura, è “processo creativo continuo”, che va ad integrare e completare l’idea originaria di paesaggio estetizzante [11].
A partire dagli anni Ottanta si allinea a questo cambiamento di paradigma anche la Corte costituzionale, secondo cui la tutela del paesaggio è “improntata ad integrità e globalità” [12]. La definizione di paesaggio frutto di questa interpretazione dinamica del dettato costituzionale è stata poi pienamente accolta dal Codice, che ha ricondotto anche dal punto di vista sistematico il paesaggio entro la categoria dei beni culturali [13].
Concepire il paesaggio come forma del paese determina due conseguenze, anch’esse entrambe recepite dal codice. Se il paesaggio è così inteso, la sua tutela comprende la tutela delle bellezze naturali, ma non si limita ad esse, estendendosi potenzialmente all’intero territorio, come emerge dall’intera Parte Terza del codice. In secondo luogo, la funzione della tutela non si limita alla sola conservazione, ma diviene anche pianificazione, regolazione e valorizzazione [14]. Anche quest’ultimo corollario della definizione di paesaggio è stato recepito dal codice, che affianca la valorizzazione alla tutela del paesaggio. Entrambe le attività concorrono a “preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio” e a “promuovere lo sviluppo della cultura” (art. 1, comma 2), pur comportando l’uso di strategie diverse e demandate a distinti livelli di governo e con la precisazione che la valorizzazione deve essere attuata “in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze” (art. 6, comma 2) [15].
3. La confusione per assorbimento: tutela del paesaggio e governo del territorio
Tuttavia, la concezione estesa di paesaggio presenta il rischio di essere talmente vasta da confondersi con quella di governo del territorio, con una perdita da parte di entrambe della rispettiva autonomia. Non è un caso che proprio chi ha per primo abbracciato un concetto ampio di paesaggio configuri l’urbanistica come “sub-materia” della tutela del paesaggio [16].
Senz’altro sia il paesaggio, sia l’urbanistica - sia pure l’ambiente, come si avrà modo di sottolineare al paragrafo successivo - si caratterizzano per un’inevitabile e fisiologica porosità di confini. Nondimeno la distinzione tra paesaggio e altri concetti limitrofi è indispensabile e non presenta una valenza meramente teorica, perché si riverbera sui soggetti competenti e pertanto legittimati alla tutela, specie in sede legislativa, nonché sugli strumenti di intervento concretamente esperibili [17].
Se in un certo periodo storico il legislatore ha aderito ad una concezione pan-urbanistica [18], attualmente il rischio di confusione per assorbimento è scongiurato dal codice, che beneficia anche della pregressa giurisprudenza costituzionale. Secondo la Consulta, infatti, non è fondata la tesi dell’assorbimento della materia del paesaggio in quella dell’urbanistica: la nozione di paesaggio non è “riducibile” a quella di urbanistica e “la disciplina paesaggistica primaria (non è) subordinata alla urbanistica o addirittura inclusa in essa” [19].
Il codice sancisce con chiarezza la distinzione e la superiorità gerarchica della pianificazione paesaggistica rispetto a quella urbanistica, dal momento che l’art. 145, comma 3, stabilisce che i piani paesaggistici sono sovraordinati agli altri piani e in particolare a quelli urbanistici. Il giudice amministrativo ha avuto modo in più occasioni di fare applicazione di questa scelta precisa codicistica di prevalenza [20]. Nondimeno, la potestà urbanistica “non è completamente supina alla disciplina paesaggistica”, stante la presenza di nessi di coordinamento intesi a preservarla [21], o, se si preferisce, l’esistenza di un sistema scalare integrato che pone in stretta correlazione piano paesaggistico e piani territorial-urbanistici, i quali mirano alla c.d. qualità paesaggistica [22].
Se si passa dal livello pianificatorio a quello dei provvedimenti puntuali, la netta distinzione tra paesaggio e urbanistica tende a sfumare in giurisprudenza. Testimonianza ne è l’orientamento, accolto in primo grado, in base al quale il paesaggio assume rilievo ogni qual volta sussistono “elementi morfologici a cui sia attribuibile una valenza estetica” per cui “a questo contesto non è certamente estranea la materia del Governo del territorio”. È stato così reputato legittimo il parere negativo della Commissione del Paesaggio relativamente a un permesso di costruire per recupero per fini abitativi di un sottotetto nonostante l’intervento non fosse percepibile dall’esterno [23].
Evidente è qui il rischio, paventato dal Consiglio di Stato, di cadere in inevitabili confusioni, “ad esempio arrivando ad affermare la validità della macro categoria del governo del territorio”; di qui l’illegittimità della valutazione ostativa della Commissione del Paesaggio, “espressasi, in base ad una non condivisibile concezione di paesaggio, su un elemento architettonico estraneo” al paesaggio perché non percepibile all’esterno, laddove invece il paesaggio deve essere identificato con un insieme estetico godibile dalla collettività [24].
4. La confusione per assorbimento: tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente
Il pericolo di confusione per assorbimento sussiste anche prendendo in considerazione il rapporto intercorrente tra paesaggio e ambiente. Nel corso del tempo dottrina e giurisprudenza hanno legato strettamente il concetto di paesaggio a quello di ambiente. Note sono la teoria di Massimo Severo Giannini che ha costruito la tutela del paesaggio come uno dei pilastri della tutela dell’ambiente e la tesi di Merusi in base alla quale il paesaggio coincide “con ambiente, o meglio, con la valenza culturale che si attribuisce al rapporto uomo-ambiente” [25]. Parimenti la Corte costituzionale ha affermato che il concetto di paesaggio indica, anzitutto, “la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo”, che la tutela del paesaggio va intesa “nel senso lato della tutela ecologica ... e della conservazione dell’ambiente” e che l’art. 9 Cost. “tutela il paesaggio-ambiente” [26].
Di recente la nuova formulazione dell’art. 9 Cost., avvenuta con la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, impone un ripensamento della relazione tra ambiente e paesaggio. Nel consacrare direttamente nella Carta la tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni, l’art. 9 menziona l’ambiente in un comma diverso da quello in cui nomina il paesaggio. Si spezza così il legame con il termine “paesaggio” che sinora aveva permesso, in via indiretta, la tutela dell’ambiente e si rendono chiare l’individualità e l’autonomia di entrambe le nozioni.
La riforma dell’art. 9 Cost. è in linea sia con gli approdi raggiunti dalla Consulta che già negli anni Ottanta aveva conferito rilievo costituzionale all’ambiente, legittimando il legislatore ad adottare disposizioni in grado di assicurarla e l’amministrazione a dare attuazione a tali disposizioni, sia con i successivi approdi della riforma del titolo V, operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che aveva inserito all’art. 117 le materie della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema [27].
Pertanto, con la recente revisione costituzionale non si è inteso introdurre un ordine gerarchico di valori, bensì, più semplicemente, sono state esplicitate alcune istanze immanenti nel tessuto costituzionale per quanto non testualmente previste all’epoca della sua redazione. Conformemente a questa impostazione la Corte costituzionale ha osservato che la riforma del 2022 “consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela dell’ambiente” e “vincola esplicitamente tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa” [28].
L’esito più importante della distinzione e dell’equi-ordinazione costituzionale tra paesaggio e ambiente sta nella necessità, anch’essa costituzionalmente data, di un bilanciamento tra la tutela del paesaggio e la tutela dell’ambiente, all’insegna della ragionevolezza e della proporzionalità [29].
Va dunque superato l’orientamento pregresso in base al quale l’imposizione del vincolo paesaggistico non richiedeva alcuna ponderazione di interessi, che faceva leva su una pluralità di argomentazioni giuridiche: “sia perché la dichiarazione di particolare interesse sotto il profilo paesistico non è in concorrenza con gli interessi pubblici connessi con la tutela paesaggistica, sia perché la dichiarazione di particolare interesse sotto il profilo paesistico non è un vincolo a carattere espropriativo, costituendo i beni aventi valore paesistico una categoria originariamente di interesse pubblico, sia perché comunque la disciplina costituzionale del paesaggio (art. 9 Cost.) erige il valore estetico-culturale a valore primario dell’ordinamento” [30].
Il bilanciamento costituzionalmente necessario coinvolge tutti i poteri dello Stato: il legislatore in sede di redazione normativa, l’amministrazione in sede procedimentale e il giudice in sede di sindacato giurisdizionale. Diverse sono anche le sedi per svolgere il bilanciamento: l’amministrazione è chiamata ad effettuarlo non solo in occasione dell’applicazione della disciplina codicistica, come nel caso appena accennato di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146, oppure di interventi soggetti a particolari prescrizioni ex art. 152, ma pure in occasione dell’applicazione di discipline settoriali, come, ad esempio, nel caso di autorizzazione unica all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, disciplinata ora dall’art. 9 del d.lg. 25 novembre 2024, n. 190. Su quest’ultima dinamica vale la pena di soffermarsi.
5. Bilanciamenti in astratto e in concreto
Già in passato la giurisprudenza costituzionale aveva avvertito l’esigenza di un bilanciamento tra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente intesa come lotta al cambiamento climatico perseguibile mediante impianti produttivi di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Facendo applicazione del tradizionale schema concettuale secondo cui nessun interesse pubblico può pretendere una prevalenza assoluta, né, di contro, può essere sacrificato in maniera indiscriminata [31], la Consulta già in epoca pre-riforma costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali impositive di divieti generalizzati e indiscriminati di localizzazione impianti da fonti rinnovabili in zone d’interesse paesaggistico, stante la “necessità di ponderazione concertata degli interessi rilevanti in questo ambito, in ossequio al principio di leale cooperazione” [32]. Secondo la Corte la sede di questo bilanciamento è nel procedimento amministrativo, nel quale può e deve avvenire “la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela” [33].
Per lungo tempo invece il giudice amministrativo, dovendo giudicare della legittimità dei pareri negativi delle Soprintendenze sulla compatibilità paesaggistica dei progetti nell’ambito della conferenza di servizi indetta ai fini dell’autorizzazione unica, ha ricostruito la tutela del paesaggio come incondizionata: “alla funzione di tutela del paesaggio è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione” [34]. Sottostante all’affermazione della non bilanciabilità del paesaggio vi è non tanto e solo un’assolutizzazione del valore paesaggistico, eventualmente giustificabile in epoca pre-riforma del 2022, ma anche e soprattutto una nozione di paesaggio statica e meramente conservativa, ben diversa da quella fatta propria dal Codice [35].
Attualmente la revisione costituzionale ha superato l’indisponibilità dell’interesse paesaggistico e quindi la sua assolutezza rispetto ad altri interessi in gioco, rafforzando l’idea codicistica di un paesaggio dinamicamente inteso. Di ciò pare consapevole il giudice amministrativo che ora esclude l’incompatibilità a priori con la tutela del paesaggio di ogni possibile alterazione e reclama sempre un punto di equilibrio da ricostruire caso per caso con un bilanciamento dinamico e modulato sulla realtà concreta [36].
L’evoluzione giurisprudenziale si è anzitutto manifestata con riferimento alla dialettica tra tutela dell’ambiente e la tutela dei beni culturali, per poi estendersi anche alla relazione tra la tutela dell’ambiente e la tutela del paesaggio. Così il Consiglio di Stato, nel valutare la legittimità di un vincolo culturale indiretto ha sostenuto che la tutela del patrimonio culturale non possiede “il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica”, riprendendo poi la giurisprudenza costituzionale che riconosce nel procedimento amministrativo la sede in cui devono “contestualmente e dialetticamente avvenire le operazioni di comparazione, bilanciamento e gestione dei diversi interessi confliggenti” [37].
Successivamente sempre il Consiglio di Stato, nel caso di diniego di autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di energia da fonte eolica, ha censurato che in sede di ponderazione comparativa degli interessi venga data la prevalenza “univoca e assoluta” a uno solo di essi e ha precisato che la tutela costituzionale del paesaggio, in quanto improntata all’identità estetico-culturale della forma del territorio, non esclude, anzi implica che “l’intervento dell’uomo contribuisca a conformarne la nozione” [38]. Sviluppo successivo, anche se non certo incontroverso, di questa impostazione è l’orientamento secondo cui la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa “attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici (in particolare, consentendo l'esercizio di un’agricoltura sostenibile e la conservazione dell’ecosistema, entrambe precondizioni alla conservazione del paesaggio rurale)” [39], mentre si spinge ancora più in là quella giurisprudenza che considera le tecnologie di produzione di energia fotovoltaica “ormai ... elementi normali del paesaggio” [40].
Se nessun interesse pubblico può pretendere una prevalenza assoluta, né, di contro, può essere sacrificato in maniera indiscriminata, il bilanciamento tra paesaggio e ambiente s’impone non solo per evitare una protezione sproporzionata del paesaggio in violazione di quella parte dell’art. 9 Cost. che costituzionalizza la tutela dell’ambiente, ma anche per scongiurare una protezione sproporzionata dell’interesse ambientale alla transizione ecologica, che sarebbe parimenti non rispettosa dell’art. 9 Cost. nella parte in cui costituzionalizza la tutela del paesaggio [41].
Di conseguenza, la disciplina di costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non va letta nel senso di avere introdotto un’astratta e aprioristica gerarchizzazione degli interessi in favore della neutralità climatica. Vero è che il legislatore recente parla di “interesse pubblico prevalente” ai progetti inerenti allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Tuttavia, per un verso, a livello europeo l’“interesse pubblico prevalente” è definito in termini di presunzione relativa ed è quindi sempre da verificare in concreto “se (non) vi s(ia)no prove evidenti che tali progetti hanno effetti negativi significativi sull’ambiente che non possono essere mitigati o compensati” [42]. Per altro verso e in termini del tutto analoghi, a livello nazionale “nei singoli casi” l’interesse pubblico prevalente passa espressamente attraverso un processo di ponderazione degli interessi e viene fatto “salvo (il) giudizio negativo di compatibilità ambientale o prove evidenti che tali progetti abbiano effetti negativi significativi” non solo sull’ambiente e sulla tutela della biodiversità, ma anche specificamente sul paesaggio, sul patrimonio culturale e sul settore agricolo [43].
Pertanto, il c.d. overriding public interest va correttamente interpretato: se in passato era servito per giustificare in via eccezionale una tutela meno stringente degli interessi ambientali [44] mentre ora viene ad assolvere una funzione diametralmente opposta, sempre e in ogni caso prevalenza di un interesse non significa sua assolutezza in astratto. Non si può abbandonare la lezione della Corte costituzionale sulla tutela sistemica e in rapporto di integrazione reciproca dei valori e quella, ancora più risalente nel tempo, della giurisprudenza amministrativa sulla logica del necessario ed equilibrato bilanciamento degli interessi che tenga presente le peculiarità delle diverse situazioni fattuali.
6. Il punto codicistico di partenza, ovvero la recezione giurisprudenziale
Da ultimo il Codice segna non solo il punto di arrivo, ma anche il punto di partenza della nozione di paesaggio, che è sempre aperta a nuove interpretazioni. L’intrinseca dinamicità del paesaggio è testimoniata da una sua ulteriore evoluzione, tale da abbracciare in nuce ambiti inediti, come la rigenerazione urbana.
Prova ne è una complessa vicenda che ha interessato un complesso immobiliare di riqualificazione di un centro urbano degradato. Per valutare la compatibilità paesaggistica dell’opera il giudice di primo grado è ricorso al parametro della c.d. “resilienza”, intesa come capacità di un contesto paesaggistico di “conservare la propria identità attraverso il cambiamento determinato dall’azione dei drivers (fattori) esterni, quali, segnatamente, i fenomeni di antropizzazione”. In particolare, l’approccio al contesto paesaggistico riguardato in termini di resilienza si caratterizza “in chiave storico-evolutiva, oltre che sistemica” e quindi deve orientare l’azione di governo e controllo del territorio nel senso di “uno sviluppo continuo, graduale ed equilibrato, a salvaguardia dei valori identitari stratificatisi nel tempo, non senza, però, il concorso di periodiche spinte acceleratorie, volte a correggere, mediante interventi di recupero e riqualificazione, i fenomeni di degrado, in modo che la resilienza non degeneri nell’abbandono” [45].
Parimenti il giudice d’appello ha ritenuto non irragionevolmente prevalenti le esigenze di “sistemazione e modernizzazione dell’habitat urbano di vita della medesima Comunità rispetto alla preservazione di contesti tradizionali oramai compromessi” [46]. In tal maniera, in contrasto con un orientamento consolidato [47], il degrado di una zona è stato preso in considerazione tra le motivazioni a supporto della valutazione positiva per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per la riqualificazione di un centro urbano.
Questa ultima evoluzione del paesaggio fa emergere accenti anche di tipo sociale sulla base di un progetto che guarda al futuro e mostra chiaramente la valenza culturale contemporanea dello stesso, che si inserisce nello sviluppo socioeconomico di una comunità. Infatti, la tutela del paesaggio trova fondamento non solo all’art. 9 Cost., ma anche all’art. 3, comma 2, Cost., in quanto forma concreta di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale e di garanzia del pieno sviluppo della persona umana [48]. In definitiva, il paesaggio è “un’immagine collettiva, un bene condiviso, uno spazio culturale dove s’intersecano le percezioni dei soggetti coinvolti” [49], è, come ha insegnato Carla Barbati, “una realtà etica, secondo il significato originario di ethos” [50].
Note
[*] Il testo costituisce la ripresa e la rielaborazione della relazione dal titolo Il paesaggio al Convegno “Il Codice dei beni culturali e del paesaggio vent’anni dopo”, Fondazione Cesifin Alberto Predieri, Firenze, 25 novembre 2025. Attualità – Valutato dalla Direzione.
[**] Margherita Ramajoli, professore ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università Statale di Milano, Via Festa del Perdono 3, 20122 Milano, margherita.ramajoli@unimi.it.
[1] M. Cammelli, Introduzione, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Commento al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche, a cura di M. Cammelli, con il coordinamento di C. Barbati e G. Sciullo, Bologna, 2007, pag. 36 ss. Sulla polisemia del concetto di paesaggio si vedano, da angolature diverse, C. Tosco, Il paesaggio come storia, Bologna, 2007, pag. 11 ss., e P. Carpentieri, La nozione giuridica di paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2004, 1, pag. 363 ss.
[2] Il virgolettato è tratto da G. Sciullo, I beni paesaggistici, in Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione. Attori, istituzioni e strumenti, a cura di M. Reho e F. Magni, Bologna, pag. 69 ss., 69. Sulla coabitazione giuridica necessaria tra paesaggio e beni paesaggistici cfr., da ultimo, G. Piperata, Il paesaggio: dalla tutela alla valorizzazione, ivi, pag. 59 ss.
[3] Convenzione firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14, sulla quale cfr. G. Sciullo, Il paesaggio fra la Convenzione e il Codice, in Aedon, 2008, 3; G.F. Cartei, Codice dei beni culturali e del paesaggio e Convenzione europea: un raffronto, ivi, 2008, 3; D.M. Traina, Il ventennale della convenzione europea sul paesaggio: un primo bilancio del suo stato di attuazione, in Federalismi.it, 2020, 30.
[4] C. Barbati, Il paesaggio come realtà etico-culturale, in Aedon, 2007, 2.
[5] Le citazioni sono tratte da R. Balzani, Per le antichità e le belle arti. La legge n. 364 del 20 giugno 1909 e l’Italia giolittiana. Dibattiti storici in Parlamento, Bologna, 2003, pag. 19 ss., pag. 429 ss.; più complesso il giudizio sulla legge 11 maggio 1922, n. 778 (c.d. legge Croce), in merito alla quale si rinvia a P. Carpentieri, C. Iannello, G. Montedoro, La concezione crociana di paesaggio nel diritto contemporaneo, Napoli, 2023; L. Casini, Tutelare il paesaggio: la legge Croce n. 778 del 1922 un secolo dopo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2023, 2, pag. 693 ss.
[6] M. Cammelli, Sacro civile, perché parlarne, in Il Mulino, 2024, 1, pag. 34 ss.
[7] G. Berti, Recensione a Predieri, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, pag. 1158.
[8] Tra le tante cfr. Corte cost., 24 luglio 1972, n. 141; 6 maggio 1976, n. 106.
[9] A.M. Sandulli, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur. ed., 1967, I, pag. 69 ss., spec. pag. 70.
[10] Ancora A. Predieri, La regolazione giuridica degli insediamenti turistici e residenziali nelle zone alpine, in Foro amm., 1970, I, pag. 360, nt. 3.
[11] A. Predieri, Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969, spec. pag. 7 ss.; Id., voce Paesaggio, in Enc. dir., vol. XXXI, Milano, 1981, pag. 514 ss.; sul magistero di Predieri cfr. G. Morbidelli, Il contributo fondamentale di Alberto Predieri all’evoluzione e alla decifrazione della nozione giuridica di paesaggio, in Il “paesaggio” di Alberto Predieri, (a cura di) G. Morbidelli e M. Morisi, Firenze, 2019, pag. 13 ss.
[12] Così Corte cost., ord. 27 novembre 1991, n. 431; ma cfr. già Corte cost., 20 dicembre 1982, n. 239.
[13] Grazie al Codice è stata superata la dicotomia fra paesaggio e patrimonio storico-artistico ed è stato unificato l’oggetto della tutela che l’art. 9 impone alla Repubblica; in tema cfr. G. Piperata, Paesaggio, in C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, Bologna, 2020, II ed., passim.
[14] A. Predieri, Urbanistica, cit., pag. 16 ss., pag. 51 ss.
[15] Per quanto spetti esclusivamente allo Stato la tutela (art. 117, comma 2, lett. s, Cost.), mentre è materia di legislazione concorrente la valorizzazione (art. 117, comma 3, Cost.), non è sempre facile tracciare i confini tra le due attività, come dimostrato da Corte cost., 6 luglio 2020, n. 138; 26 gennaio 2021, n. 29. Sui punti di contatto e di differenza tra tutela e valorizzazione del paesaggio cfr. G. Piperata, Il paesaggio, cit., pag. 62 ss.; cfr. altresì G. Severini, La valorizzazione del paesaggio, in Federalismi.it, 2006, 11, pag. 7 ss.
[16] A. Predieri, Urbanistica, cit., pag. 56 e 58.
[17] In questo senso C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, cit., cap. primo. Sulla flessibilità del paesaggio cfr. anche P. Marzaro, L’amministrazione del paesaggio, Torino, 2011, pag. 7 ss.
[18] Si allude qui all’art. 80 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616.
[19] Corte cost., 21 dicembre 1985, n. 359. Sulla stessa falsariga cfr. altresì Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151.
[20] Per particolare chiarezza cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2011, n. 1366. Cfr. altresì Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2017, n. 1183. Sul punto cfr. G.D. Comporti, voce Piani paesaggistici, in Enc. dir., Annali, Milano, vol. V, pag. 1047 ss.
[21] Sul punto si rinvia ad A. Bartolini, voce Urbanistica, in Enc. dir., Funzioni amministrative, Milano, 2022, pag. 1260 ss., 1263-1266. Cfr. altresì A. Moliterni, Semplificazione amministrativa e tutela degli interessi sensibili: alla ricerca di un equilibrio, in Dir. amm., 2017, 4, pag. 699 ss., spec. pag. 746 ss.
[22] “Gli strumenti urbanistici di pianificazione territoriale non solo devono conformarsi alle prescrizioni inerenti i vincoli sovraordinati di carattere paesaggistico ma possono anch’essi concorrere alla tutela di tali interessi con ulteriori misure conservative” (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2023, n. 8325). In tema cfr. E. Boscolo, Un catalogo di principi (operanti) per l’urbanistica contemporanea, in Riv. giur. ed., 2024, 1, pag. 85 ss.
[23] Tar Lombardia, sez. II, 26 aprile 2019, n. 932.
[24] Cons. Stato, sez. IV, n. 624/2022, cit.
[25] Rispettivamente M.S. Giannini, “Ambiente”: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, pag. 15 ss.; F. Merusi, Art. 9, in Commentario alla Costituzione, (a cura di) G. Branca, Bologna, 1975, pag. 444.
[26] Le citazioni sono tratte da Corte cost., (ord.) 7 novembre 2007, n. 367; 3 ottobre 1990, n. 430; 11 luglio 1989, n. 391; 27 luglio 2000, n. 378; 1° aprile 1998, n. 85.
[27] M. Delsignore, A. Marra, M. Ramajoli, La riforma costituzionale e il nuovo volto del legislatore nella tutela dell’ambiente, in Riv. giur. amb., 2022, pag. 1 ss., spec. pag. 2.
[28] Corte cost., 13 giugno 2024, n. 105.
[29] G. Montedoro, Paesaggio, ambiente, territorio: il binomio tutela-fruizione dopo la riforma costituzionale, in www.giustiziainsieme.it, 2022.
[30] Così Cons. Stato, sez. IV, 23 novembre 2004, n. 7667; in senso analogo Cons. Stato, sez.VI, 14 gennaio 1993, n. 29.
[31] Corte cost., 9 aprile 2013, n. 85. Sul tema in generale cfr., da ultimo, G. Morbidelli, Intorno ai principi del nuovo codice dei contratti pubblici, in Munus, 2023, 3, V ss., XIII-XIV.
[32] Corte cost., 26 marzo 2010, n. 119; ma cfr. anche Corte cost., 11 novembre 2011, n. 308, e, più di recente, 23 febbraio 2023, n. 27; 11 marzo 2025, n. 28.
[33] Corte cost., 5 aprile 2018, n. 69; 26 luglio 2018, n. 177. In tema cfr. M. Clarich, voce Energia, in Enc. dir., Funzioni amministrative, Milano, 2022, pag. 438 ss., spec. 456 ss.
[34] Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652; in senso analogo Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2015, n. 3039.
[35] B. Tonoletti, Le procedure autorizzative per le fonti rinnovabili di energia e il rapporto tra obiettivi di decarbonizzazione e tutela di altri interessi pubblici, in L’attuazione dell’European Green Deal. I mercati dell’energia e il ruolo delle istituzioni e delle imprese, (a cura di) E. Bruti Liberati, M. De Focatiis, A. Travi, Milano, 2022, pag. 124 ss.
[36] Della “necessità della ricerca e della verifica, di volta in volta, in concreto di un ragionevole bilanciamento tra interessi pubblici e privati ed anche tra valori costituzionali in potenziale conflitto tra di loro quali il paesaggio e l’ambiente” parla Cons. Stato, sez. IV, 11 settembre 2023, n. 8258. In senso analogo cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 dicembre 2022, n. 10664.
[37] Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167, relativa all’imposizione di vincoli indiretti; sulla decisione cfr. G. Sciullo, Nuovi paradigmi per la tutela del patrimonio culturale, in Aedon, 2022, 3; F. Pellizzer, E. Caruso, Tutela della cultura e transizione ecologica nel vincolo culturale indiretto: un binomio (solo) occasionale. Alcune riflessioni a margine di Cons. Stato, sez. VI, n. 8167/2022, in Aedon, 2023, 2.
[38] Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2024, n. 4766. Cfr. altresì Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2024, n. 667, che ha ritenuto illegittima la determinazione conclusiva della conferenza di servizi ostativa al rilascio dell’autorizzazione unica motivata sulla sola base del parere negativo della Soprintendenza.
[39] Da ultimo Tar Campania, Salerno, sez. II, 3 gennaio 2024, n. 73, che riprende Tar Campania, Salerno, sez. II, 5 ottobre 2017, n. 1458.
[40] Tar Campania, Salerno, sez. II, 28 febbraio 2022, n. 564.
[41] Teme l’irrilevanza degli interessi paesaggistico-culturali P. Marzaro, Paesaggio vs. rinnovabili. Le pressioni di un sistema in continua espansione: verso l’irrilevanza paesaggistica, in Riv. giur. urb., 2023, 1, pag. 248 ss.; cfr. altresì S. Amorosino, Impianti di energia rinnovabile e tutela dell’ambiente e del paesaggio, in Riv. giur. amb., 2011, pag. 753 ss.; G. Severini e P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’articolo 9 della Costituzione, in www.giustiziainsieme.it.
[42] Art. 16-septies della Direttiva (UE) 2018/2001 sulle energie rinnovabili, così come modificato dalla Direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 e art. 6 del Regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2024, sul ripristino della natura e che modifica il regolamento (UE) 2022/869. In senso analogo i considerando 4 e 8 del Regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio, del 22 dicembre 2022 che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.
[43] Art. 3 del d.lg. 25 novembre 2024, n. 190, recante la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell’art. 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118.
[44] Basti pensare all’art. 4, par. 7, della direttiva 2000/60/CE, sulla qualità delle acque, come puntualmente richiamato da P. Chirulli, Energie rinnovabili e tutela degli interessi sensibili, tra Repower EU e direttiva Red III, in Scritti in onore di Paolo Urbani, (a cura di) F. Cusano, Milano, 2025, pag. 311 ss., pag. 319.
[45] Tar Campania, Salerno, sez. II, 25 luglio 2019, n. 140.
[46] Cons. Stato, sez. III, 26 aprile 2024, n. 3780, in Giorn. dir. amm., 2024, pag. 657 ss., con nota di A. Pirri Valentini, La disciplina dell’autorizzazione paesaggistica all’insorgere di nuovi interessi pubblici, la quale sottolinea che il prevalere di questo orientamento condurrebbe a un maggior avvicinamento tra la disciplina paesaggistica e la pianificazione urbanistica, che sempre più pone attenzione al tema della rigenerazione urbana. Su quest’ultimo tema cfr. E. Boscolo, Nuove dimensioni della pianificazione comunale, in La rigenerazione di beni e spazi urbani. Contributo al diritto delle città, (a cura di) F. Di Lascio e F. Giglioni, Bologna, 2007, pag. 162 ss.
[47] Cfr., per particolare chiarezza, Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2021, n. 8294.
[48] Sul punto cfr. G. Morbidelli, Il contributo fondamentale di Alberto Predieri, cit., 3 ss., che richiama i fondamentali studi di A. Predieri, Urbanistica, cit., e voce Paesaggio, cit.; cfr. anche, sempre di G. Morbidelli, La disciplina del territorio fra Stato e regioni, Milano, 1974, pag. 157 ss.
[49] C. Tosco, I beni culturali. Storia, tutela e valorizzazione, Bologna, 2014, pag. 76.
[50] C. Barbati, Il paesaggio, cit., pag. 2.