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Spettacolo

Valutazione delle qualità artistiche e Fondo Unico per lo Spettacolo (Nota a Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 26 aprile 2024, n. 3831)

di Alessandra Piconese [*]

Sommario: 1. Premessa. I fatti e la vicenda processuale sul giudizio tecnico dell’amministrazione. - 2. Le questioni rilevanti: a) la motivazione nelle valutazioni della qualità artistica. - 3. b) La natura del provvedimento ministeriale per la concessione dei finanziamenti allo spettacolo dal vivo. - 4. Riflessi sui limiti al sindacato giurisdizionale: possibili aperture in favore di un sindacato diretto sul giudizio tecnico in ambito culturale.

Nell’esercizio dell’attività amministrativa, la pubblica amministrazione effettua valutazioni che richiedono l’applicazione di conoscenze tecniche e scientifiche, le quali sono demandate a persone esperte in quel campo. Nell’affrontare il tema classico della discrezionalità tecnica, il contributo offre la possibilità di indagare il contesto relativo alle attività culturali. Si sofferma, più in particolare, sulla valutazione della qualità artistica come primo aspetto della valutazione per l’accesso ai finanziamenti pubblici statali. In una prospettiva critica rispetto alla decisione del giudice amministrativo, si afferma il potere sostitutivo del giudice amministrativo nel procedimento per esigenze di giustizia sostanziale e processuale. Tale potere si attiva solo nel caso in cui non vi sia comparazione di interessi da effettuare.

Parole chiave: promozione delle attività culturali; discrezionalità tecnica; controllo sostitutivo del giudice amministrativo.

Evaluation of artistic qualities and the Fund for the Performing Arts
In the exercise of administrative activity, the public administration makes assessments that involve the application of technical and scientific knowledge. They are proper to a group of persons considered experts in that field. In addressing the classic topic of technical discretion, the contribution offers the possibility of investigating the context of cultural activities. More specifically, the assessment of artistic quality as the first aspect of evaluation for access to state public funding. In a critical perspective with respect to the decision of the administrative judge, the substitutive power in the proceedings is affirmed due to the requirements of substantive and procedural justice. This is for the case where there is no comparison of interests.

Keywords: promotion of cultural activities; technical discretion; substitutive review by the administrative judge.

1. Premessa: i fatti e la vicenda processuale sul giudizio tecnico dell’amministrazione

La vicenda controversa, portata dinanzi al giudice amministravo, riguarda la mancata ammissione al finanziamento pubblico di una società dedita all’attività di gestione dei teatri.

Nel giudizio di primo grado è parte convenuta la direzione generale dello Spettacolo, afferente al ministero della Cultura, che ha adottato il decreto direttoriale con cui la ricorrente è stata esclusa dal contributo sul Fondo unico per lo spettacolo (Fus).

La società ha impugnato l’esito della procedura di valutazione, contestando la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 in relazione alla legge 30 aprile 1985, n. 163, agli articoli 3, 5, 16 del d.m. 27 luglio 2017, nonché alla tabella n. 10 di cui all’allegato b) del medesimo decreto ministeriale, integrato con decreto direttoriale n. 1913 del 21 dicembre 2021. La contestazione riguarda l’illegittimità per difetto di motivazione dei punteggi attribuiti all’esito della procedura prevista [1].

La legge 30 aprile 1985, n. 163, contente la “nuova disciplina degli interventi dello Stato in favore dello spettacolo”, ha istituito il Fondo Unico per lo Spettacolo “per il sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante” [2].

Il Fus è la principale fonte statale di finanziamento dello spettacolo dal vivo e viene ripartito tra i diversi settori con cadenza annuale in ragione di quote individuate sulla base di criteri e modalità contenuti nel decreto ministeriale del 27 luglio 2017 (d.m. Fus) [3].

Il procedimento per la valutazione della qualità artistica dei progetti culturali è avviato sulla base della specifica domanda di ammissione, che viene presentata dall’interessato all’inizio del triennio di riferimento. Per il caso specifico l’arco temporale individuato è quello compreso tra il 2022 e il 2024.

L’art. 3 del d.m. Fus individua il contenuto della domanda che comprende oltre al progetto artistico triennale (art. 3, comma 2, lettera b), anche il programma annuale. Quest’ultimo contiene “i dati e gli elementi relativi alla qualità artistica, alla qualità indicizzata e alla dimensione quantitativa del progetto” (art. 3, comma 2, lettera c).

L’oggetto della domanda può riguardare singoli progetti sul teatro, la musica, la danza, il circo e lo spettacolo viaggiante [4], ma anche progetti multidisciplinari e azioni trasversali, secondo quanto indicato nell’art. 3, comma 5.

È il direttore generale, che con proprio decreto, stabilisce “in armonia con l’entità numerica, i deficit e i costi dei programmi relativi alle domande complessivamente presentate, la quota delle risorse da assegnare a ciascuno dei settori”, “tenuto conto di quanto previsto dalle leggi di stabilità e di bilancio e del decreto ministeriale di ripartizione del Fondo” (art. 4, comma 1) [5].

Inoltre, “stabilisce annualmente l’entità delle risorse da allocare nei sottoinsiemi previsti dall’art. 5, tenendo conto del numero delle domande, dei deficit e dei costi dei programmi annualmente presentati, nonché dei contributi concessi nel corso delle annualità precedenti” (art. 4, comma 1).

Ciò posto, il d.m. Fus descrive il sistema di valutazione della domanda, di determinazione e attribuzione del contributo che, in prima battuta, è affidato alle commissioni consultive competenti per materia, le quali “valutano, secondo i parametri di cui all’allegato b) del […] decreto e previa suddivisione delle domande nei sottoinsiemi […], il raggiungimento della soglia minima di ammissibilità qualitativa, pari a 10 punti” (art. 5, comma 1).

Il d.m. Fus stabilisce, inoltre, che laddove il punteggio conseguito dalla singola domanda sia inferiore a dieci “la domanda stessa è respinta per carenza di qualità artistica”, fatta salva la possibilità di riammissione a contributo “a titolo diverso da quello richiesto” da parte dell’Amministrazione, sentita la Commissione consultiva competente per materia” (art. 5, comma 2).

Riguardo, infine, ai parametri di riferimento contenuti nel citato allegato b) possiamo distinguere, all’interno delle griglie di valutazione, specificamente elaborate per settore, quegli elementi di dettaglio funzionalmente dedicati a individuare la c.d. “qualità artistica” dei programmi triennali e dei progetti annuali presentati dai soggetti interessati al finanziamento.

Nel caso che ci occupa la società ricorrente ha rilevato l’illegittima attribuzione dei punteggi per gli elementi “qualitativi” e “quantitativi” indicati nella tabella allegata al d.m. Fus, avendo a suo dire l’amministrazione “sottostimato la sua posizione o sovrastimato quella altrui per gli indicatori in rilievo”.

In primo grado il giudice ha ritenuto fondato il ricorso, annullando il provvedimento e obbligando l’amministrazione alla sua “rinnovazione da parte di una commissione in diversa composizione”. Questo perché il primo giudice ha ritenuto il difetto di istruttoria e di motivazione, poiché non risulterebbero “percepibili le ragioni dell’assegnazione di una votazione finale” e in particolare del mancato raggiungimento della ‘soglia minima di ammissibilità qualitativa’ (10 punti ex art. 5, comma 1, d.m. Fus)”.

L’appello dell’Amministrazione è stato accolto dal giudice, che ha respinto il ricorso proposto in primo grado, in riforma della sentenza impugnata [6].

Per il Consiglio di Stato, invece, non vi è eccesso di potere valutativo, stante la “riservata valutazione” dei giudizi di qualità artistica all’amministrazione, in relazione ai quali sarebbe possibile solo “il sindacato limitato a verificare l’attendibilità delle valutazioni espresse sotto il profilo della correttezza del procedimento e dei criteri di valutazione applicati, ovvero la coerenza nell’applicazione del criterio di valutazione ai diversi parametri”.

Entrambe le pronunce del giudice amministrativo costituiscono occasione per tornare a riflettere sul tema degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione e dell’intensità del sindacato giurisdizionale in materia culturale [7].

2. Le questioni rilevanti: a) la motivazione nelle valutazioni della qualità artistica

In generale il tema della discrezionalità tecnica è fra quelli classici affrontati dalla dottrina in relazione all’intensità del sindacato del giudice amministrativo sul potere amministrativo esercitato per rendere giudizi di tipo tecnico, per i quali la legge di attribuzione rinvia alle regole che appartengono alle cc.dd. scienze non esatte [8].

Quello sui concetti giuridici indeterminati è uno studio che è stato condotto nel corso del tempo, al fine di individuare sul piano sostanziale gli esatti confini tra discrezionalità amministrativa e tecnica [9].

La prima è caratterizzata dalla comparazione fra interessi, pubblici e privati, in cui l’autorità compie valutazioni di opportunità. La seconda si riferisce a un momento solo conoscitivo (e non anche volitivo) che conduce a giudizi di carattere scientifico [10].

Solo il giudizio di opportunità sarebbe vera discrezionalità amministrativa, poiché quella tecnica nulla di discrezionale conterrebbe, trattandosi di una valutazione in cui manca la comparazione degli interessi, pubblici e privati [11].

Difatti, si afferma che la discrezionalità tecnica sarebbe prossima alla discrezionalità del giudice piuttosto che a quella dell’amministrazione [12]. La questione della valutazione tecnica solleva sul piano sostanziale il tema dei rapporti con il merito dell’amministrazione, al fine di stabilire ciò che è riservato al potere decisionale di quest’ultima. Come la discrezionalità c.d. pura anche quella tecnica era assimilata al merito amministrativo [13].

Le conseguenze di questa posizione, che è ormai abbandonata, conducevano la dottrina e la giurisprudenza ad escludere il sindacato sulla discrezionalità tecnica da parte del giudice. In questi casi la verifica della illegittimità per eccesso di potere riguardava il difetto di motivazione, l’illogicità manifesta e l’errore di fatto [14].

Erano questi gli elementi sintomatici di uno scorretto esercizio di potere che avrebbe potuto essere oggetto di sindacato giurisdizionale solo di tipo estrinseco.

Il presupposto argomentativo di questa posizione derivava proprio dalla completa assimilazione fra discrezionalità tecnica e discrezionalità amministrativa, ovvero della riconduzione della discrezionalità tecnica al merito dell’azione amministrativa, con la conseguenza che anche per la discrezionalità tecnica erano applicate le regole su cui era basato il sindacato sulla discrezionalità c.d. pura [15].

L’impostazione attualmente dominante viene fatta risalire a una sentenza del Consiglio di Stato del 1999, nella quale era stato sottoposto al giudice amministrativo il caso di un mancato riconoscimento dell’infortunio occorso a un magistrato per opera delle condizioni lavorative cui lo stesso veniva sottoposto. Il diniego del riconoscimento della patologia era basato sulla esistenza di ulteriori condizioni precarie di salute proprie di quel lavoratore. Queste ultime avrebbero portato ad escludere il nesso di causalità fra condizioni lavorative ed evento nocivo [16].

In quell’occasione il giudice amministrativo ha ammesso il sindacato intrinseco sulla valutazione tecnica operata dall’amministrazione, questo perché in sede di apprezzamento l’amministrazione non effettua una scelta tra interessi, ma qualifica un soggetto o un bene, attraverso l’uso di una scienza non giuridica.

A partire da quella decisione, riconosciuta al giudice amministrativo la possibilità di sindacare l’attendibilità delle valutazioni tecniche [17], sotto il profilo della correttezza del criterio e del procedimento applicativo, la dottrina e la giurisprudenza si è divisa sulla intensità del tipo di controllo ammesso.

L’alternativa si è posta tra un controllo di tipo debole [18] e uno di tipo forte [19]. Il controllo di tipo debole va ad incidere solo sulle decisioni amministrative che sono sicuramente inattendibili, ma non certamente su quelle che appartengono al novero dei giudizi opinabili [20]. Il controllo di tipo forte legittima in sede processuale la sostituzione da parte del giudice della valutazione tecnica formulata in sede amministrativa [21].

Le due posizioni alimentano nelle decisioni dei giudici amministrativi l’alternanza fra momenti di grande apertura [22], che trovano forza nei principi di adeguatezza [23] ed effettività della tutela dei privati costituzionalmente tutelata [24], ma anche forti resistenze e chiusure che trovano il proprio baluardo nel principio della separazione dei poteri e nel rischio che, andando a sindacare sulle valutazioni tecniche, il giudice possa trovarsi dinanzi a una questione di merito riservata all’amministrazione. Prova di questo è la scarsa utilizzazione dello strumento della consulenza tecnica d’ufficio [25].

Gli effetti di questa alternanza sono visibili e si manifestano nella frammentazione dell’istituto della discrezionalità tecnica quando ci si addentra nei settori in cui la tecnica entra in stretta relazione con il diritto [26], ma anche nella presenza di “vecchie” questioni insieme a “nuove” questioni che si riguardano l’intensità del sindacato sulle valutazioni tecniche [27].

Le “vecchie” questioni sono quelle che impediscono l’accesso al fatto conoscibile secondo regole non giuridiche da parte del giudice e che costringono questi a rimanere in superficie in ordine all’accertamento dei fatti, secondo le regole dettate per la discrezionalità amministrativa, ossia attraverso la verifica dell’eccesso di potere e la valutazione di un presupposto che sia manifestamente illogica. Le “nuove” questioni sono quelle che si riferiscono invece alla possibilità per il giudice stesso di acquisire conoscenza sul fatto attraverso un sindacato sulla medesima regola non giuridica applicata dall’amministrazione, magari attraverso l’uso della consulenza tecnica che garantirebbe il confronto ordinato fra esperti del settore, giudice e amministrazione.

Questo porterebbe alla possibilità di riconoscere per l’amministrazione e per il giudice, quando non vi siano interessi pubblici e privati da comparare, l’applicazione delle medesime regole non giuridiche utili all’accertamento dei fatti. La prima con i suoi organi consultivi, il secondo con l’ausilio della consulenza tecnica d’ufficio [28].

La sentenza di primo grado è significativa perché, in tema di apprezzamento della “qualità artistica” di un progetto teatrale, va alla ricerca dell’iter seguito dall’amministrazione e in questo dimostra quella apertura verso una maggiore intensità del sindacato. Essa individua i criteri oggettivi e soggettivi - ovvero le basi normative - che dovrebbero tecnicamente condurre l’amministrazione all’apprezzamento per l’attribuzione di un punteggio, e tuttavia nella decisione amministrativa il giudice non rinviene “alcuno specifico elemento dal quale desumere le concrete modalità di attribuzione dei punteggi”. Inoltre il giudice sottolinea che neppure in sede di giudizio l’amministrazione avrebbe palesato l’iter seguito nella valutazione tecnica, poiché si sarebbe limitata “a ribadire la correttezza dell’attribuzione del proprio operato in ragione dell’ampia discrezionalità riconosciutale dalla disciplina di settore”. Argomento che appartiene invece al novero delle giustificazioni destinate a suffragare la riserva di amministrazione e sottrarre - come per i provvedimenti di discrezionalità pura - al controllo del giudice la decisione finale.

Per questi motivi l’amministrazione viene obbligata a rifare con una commissione diversa la valutazione, essendo quest’ultima carente sotto il profilo istruttorio e motivazionale, al punto tale impedire di rendere palese alla società il percorso argomentativo condotto per l’attribuzione del punteggio.

Nella sostanza il denegato finanziamento si baserebbe su una decisione che è illegittima nella attribuzione del punteggio avvenuta in sede di commissione consultiva, non risultando “in esame percepibili le ragioni dell’assegnazione di una votazione finale rivelatasi per la società istante insufficiente ai fini del raggiungimento della ‘soglia minima di ammissibilità qualitativa’” (che è pari 10 punti ex art. 5, comma 1, secondo le previsioni del d.m. Fus).

3. b) La natura del provvedimento ministeriale per la concessione dei finanziamenti allo spettacolo dal vivo

La sentenza di primo grado, che pure ha tentato di percorrere la strada della verifica dell’iter procedimentale seguito dall’amministrazione e del criterio adottato per la definizione del punteggio da parte della commissione consultiva, accoglie il ricorso sulla base del vecchio argomento riguardante il difetto di motivazione.

Nulla è detto riguardo alla discrezionalità tecnica dell’amministrazione se non un cenno a “un confronto con la più recente giurisprudenza della Sezione, circa la necessità di elaborazione di sub-criteri o sotto-criteri ovvero di pesi e scale di valutazione per il funzionamento del sistema di attribuzione dei punteggi mediante griglie di valutazione, tanto in merito ai criteri quantitativi e qualitativi” [29].

Più interessante, invece, la sentenza del Consiglio di Stato, che sotto questo profilo approfondisce la questione della valutazione circa “la ragionevolezza dei punteggi attribuiti dalla Commissione e la coerenza nell’applicazione del criterio di valutazione ai diversi parametri”. Il ministero della Cultura, infatti, ritiene che la valutazione commissariale non sarebbe affetta da irragionevolezza e contraddittorietà. Ai commissari, infatti, sarebbe consentita non una valutazione numerica sui dati quantitativi, ma solo “artistica”.

Inoltre, ha fatto presente il ministero che le valutazioni della commissione sulla qualità del personale artistico e del progetto non sono sindacabili nel giudizio di legittimità, “nel quale non è consentito sollecitare una revisione del merito dei giudizi espressi dall’organo collegiale cui è riservata la formazione di tali giudizi, essendo il sindacato limitato a verificare l’attendibilità delle valutazioni espresse esclusivamente sotto il profilo della correttezza del procedimento e dei criteri di valutazione applicati, ovvero la coerenza nell’applicazione del criterio di valutazione ai diversi parametri”.

L’appellante ha indicato, tra i motivi di appello, l’alterazione dei presupposti giuridici individuati dalla normativa di settore per la procedura di erogazione dei contributi nella materia de qua, ovvero il “carattere strettamente comparativo” della valutazione destinata a riconoscere la qualità artistica del progetto.

Infatti, la decisione di primo grado, secondo l’autorità amministrativa, sarebbe in esplicito contrasto con le norme in tema di Fus, che stabiliscono che le commissioni sono chiamate a effettuare “una valutazione a carattere comparativo, che concerne la totalità dei candidati e che tiene conto delle risorse finanziarie stanziate nell’anno di riferimento” [30].

D’altra parte, afferma il ministero, che l’ottica comparativa “dovrebbe essere tenuta presente anche nella verifica dell’idoneità dei criteri previsti ad illustrare l’iter logico-giuridico sotteso alla valutazione finale; i motivi per i quali a un certo fenomeno è attribuito un determinato punteggio emergerebbero in modo evidente solo e proprio mettendo a paragone lo stesso con i fenomeni e i relativi punteggi, attribuiti alle altre”.

È evidente che la questione principale riguarda il momento comparativo; se esso sia riferibile agli interessi, pubblici e privati, sottostanti e se conseguentemente debba in ogni caso essere escluso il controllo del giudice in ordine a siffatta valutazione. La materia culturale è tradizionalmente vista da alcuni come ambito in cui l’amministrazione valuta non solo facendo riferimento ai concetti giuridici indeterminati cui la legge rinvia, ma anche come settore in cui è difficile distinguere il solo giudizio tecnico da quello di opportunità [31].

La motivazione principale sulla quale si basa la c.d. teoria della discrezionalità mista è data dalla complessità dell’azione amministrativa.

La presenza di un apparato dedicato, legittimante l’azione dell’amministrazione culturale, sarebbe il primo ostacolo per una espansione della conoscenza tecnica [32] oltre l’amministrazione ovvero al di fuori dei suoi apparati, soprattutto di quelli consultivi estremamente qualificati.

Entrambi gli argomenti sono utilizzati anche oggi per riservare all’amministrazione le questioni di merito cui sono assimilate le decisioni che rientrerebbero nell’ampia discrezionalità tecnica dell’amministrazione culturale [33]. Si tratterebbe, cioè, di un ambito nel quale per la presenza di interessi comparabili solo dall’amministrazione escluderebbe il sindacato intrinseco e diretto [34].

Sotto questo profilo, il giudice di secondo grado ha affermato che “la discrezionalità tecnica, infatti, è censurabile in sede giurisdizionale solo quando il suo esercizio appaia ictu oculi viziato da manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti o laddove sia carente di istruttoria o di motivazione”.

Riguardo alla natura dell’apprezzamento il giudice ha precisato che “occorre per altro verso considerare che il ministero della Cultura ha condiviso e fatto proprio l’operato della Commissione consultiva per il teatro, la cui valutazione tecnica non implica la manifestazione di volontà, vale a dire un’attività di scelta e di ponderazione tra più interessi pubblici e privati, ma è una manifestazione di giudizio, consistente in una attività diretta alla valutazione ed all’accertamento dei fatti”.

Ha aggiunto, poi, che nel fare ciò l’amministrazione applica concetti non esatti, ma opinabili, con la conseguenza “già evidenziata, che può ritenersi illegittima solo la valutazione che, con riguardo alla concreta situazione si riveli manifestamente illogica, vale a dire nemmeno plausibile, e non già una valutazione che, pur opinabile nel merito, sia da considerare comunque ragionevole, ovvero la valutazione che sia basata su un travisamento dei fatti”.

L’assenza di risposte non univoche e quindi la presenza di un certo grado di opinabilità ha condotto il giudice a concludere che il sindacato resta di legittimità, non è quindi di merito e per questo “è destinato ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’amministrazione impedisce di individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo”.

Cogliamo, per avviarci alle conclusioni, i punti fermi cui giunge lo stesso giudice.

Il giudizio dell’amministrazione sulla qualità artistica, che è contenuto nel provvedimento ministeriale citato, è di tipo discrezionale tecnico, quindi ampiamente discrezionale al quale il giudice non può sostituirsi, perché il sindacato è di legittimità e non anche di merito. Lo stesso è preceduto dalla valutazione della qualità artistica della commissione consultiva, che non esprime un giudizio di volontà, ossia una attività di scelta e di ponderazione tra più interessi pubblici e privati, ma è una manifestazione di giudizio, consistente su una attività diretta alla valutazione e all’accertamento dei fatti.

Inoltre è dato acquisito che il ricorso a criteri di valutazione tecnica non conduca verso soluzioni univoche, permanendo un certo grado di opinabilità.

Aggiungiamo che l’assenza di scelta e ponderazione per un verso e la presenza di opinabilità delle soluzioni del giudizio tecnico per l’altro possono trovare certamente equilibrio nella condivisione del sapere tecnico, che non è sapere amministrativo [35].

4. Riflessi sui limiti al sindacato giurisdizionale: possibili aperture in favore di un sindacato diretto sul giudizio tecnico in ambito culturale

La vicenda controversa portata all’attenzione del giudice amministrativo riguarda la valutazione della qualità artistica di un progetto teatrale da parte della Direzione Generale Spettacolo del ministero della Cultura.

La decisione dell’amministrazione ha ad oggetto la valutazione della qualità artistica per l’ammissione al finanziamento pubblico di attività afferenti allo spettacolo dal vivo. La disciplina legislativa e regolamentare individua il procedimento amministrativo e le modalità sulla base delle quali l’amministrazione valuta le richieste, attribuendo un punteggio.

Il provvedimento della direzione generale Spettacolo, con il quale è stato di fatto negato l’accesso al beneficio, ha condiviso e fatto propria la decisione della commissione consultiva per il teatro. Quest’ultima non implica una manifestazione di volontà, cioè una attività di scelta e ponderazione di interessi pubblici e privati, ma una manifestazione di giudizio, che consiste, a parere del giudice, in una attività “diretta alla valutazione ed all’accertamento dei fatti”.

In questo caso l’apprezzamento si è tradotto nell’applicazione di “concetti non esatti, ma opinabili” e può ritenersi illegittimo quando sia “manifestamente illogico, cioè non plausibile, ovvero basato sul travisamento dei fatti”. Conseguentemente è escluso nel caso di specie un “sindacato intrinseco”, perché ciò condurrebbe alla sostituzione del giudice all’amministrazione. Resta ferma la possibilità di verificare in sede giurisdizionale la ragionevolezza, la logicità, la coerenza ed attendibilità della valutazione.

A noi sembra che la sentenza conduca il diritto molto indietro negli anni, a quando cioè non era consentita la sindacabilità diretta sul giudizio tecnico, censurabile solo per le motivazioni indicate e nelle sole ipotesi in cui lo stesso giudizio tecnico si ponga al di fuori dell’opinabilità. Il giudice cioè, a nostro avviso, ha utilizzato quelle argomentazioni che riguardano il controllo della scelta discrezionale c.d. pura. Ha assimilato la discrezionalità tecnica a quella amministrativa.

In linea con la dottrina e la giurisprudenza recente riteniamo che il giudizio sulla rilevanza dei fatti, posti a base dell’apprezzamento richiesto, sia un giudizio di fatto, che non appartiene solo all’organo amministrativo verificatore, poiché è affidato alla conoscenza e interpretazione del diritto ed implica l’esercizio della relativa funzione pubblica.

Quest’ultima dovrebbe essere propria del potere amministrativo in prima battuta e del potere giurisdizionale in seconda battuta.

Ovviamente ciò presuppone che la nozione di scienza e tecnica sia quella intesa in senso oggettivo, perché condivisa dalla comunità di esperti del settore.

Non condividiamo quell’idea secondo cui il sapere adoperato è quello amministrativo proprio di un organo tecnico cui compete il giudizio. Lo stesso sapere può essere condiviso e verificato dal giudice attraverso gli strumenti destinati ad accertare il fatto [36]: la consulenza tecnica è un valido ausilio per la conoscenza in condivisione dei fatti da accertare.

Vi sono casi recenti, che riguardano il potere di vincolo esercitato per la tutela di beni culturali [37], nei quali il giudice amministrativo ripercorre analiticamente l’analisi condotta dall’amministrazione, approfondisce la conoscenza sulle nozioni tecniche, senza pretendere di conferire oggettività ai dati della realtà che afferiscono al sapere tecnico. In questo modo accorda al privato tutela piena ed effettiva.

Riteniamo perciò che, come per il caso anch’esso recente della valutazione dell’interesse particolarmente importante di un dipinto [38], possa essere consentito al giudice un sindacato intrinseco e diretto sulla correttezza della valutazione della qualità artistica di un progetto teatrale. Il limite della decisione del giudice è quello del divieto di sostituzione della valutazione tecnica, nel rispetto dei principi di separazione dei poteri [39] e responsabilità dell’amministrazione [40].

 

Note

[*] Alessandra Piconese, assegnista di ricerca in Diritto amministrativo presso l’Università degli studi “Magna Græcia” di Catanzaro, Viale Europa, 88100 Catanzaro, a.piconese@unicz.it.

[1] Per gli ulteriori dettagli rinviamo a Tar Lazio, sez. II-quater, 11 settembre 2023, n. 13692.

[2] Il Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) è stato istituito con legge 30 aprile 1985, n. 163 e rappresenta il principale strumento di sostegno allo spettacolo. Il sostegno finanziario riguarda enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese che operano nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante incluse le manifestazioni carnevalesche. I criteri per l’erogazione e le modalità di liquidazione e anticipazione dei contributi sono definiti con Decreto ministeriale. In seguito all’emergenza epidemiologica da Covid-19, il d.l. 19 maggio 2020, n. 34 s.m.i. ha individuato specifici criteri per gli anni 2020 e 2021, in deroga ai criteri generali e alle percentuali di ripartizione previsti dall’articolo 1 del decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 3 febbraio 2014. Con legge 27 dicembre 2022, n. 197 ha assunto la diversa denominazione fondo nazionale per lo Spettacolo dal vivo. Cfr. Camera dei deputati, XIX legislatura, Il cinema, l’audiovisivo, lo spettacolo e le fondazioni lirico sinfoniche, 14 maggio 2024, reperibile al link Il cinema, l’audiovisivo, lo spettacolo e le fondazioni lirico-sinfoniche (camera.it). Sul tema fra tutti si veda C. Barbati, Lo spettacolo e le riforme incompiute: prove di dialogo, in Aedon, 2007, 3; L. Zan, S. Bonini Baraldi, P. Ferri, M. Lusiani e M.M. Mariani, Il finanziamento pubblico allo spettacolo dal vivo: una ricerca empirica, in Aedon, 2008, 2; più di recente v. A. Gualdani, Il disegno di legge delega per il riordino delle disposizioni di legge in materia di spettacolo: quale futuro per il settore?, in Aedon, 2022, 1, pag. 30 ss.; in per un approccio economico sul tema C. Bodo e G. Stumpo, Recenti tendenze nei finanziamenti pubblici allo spettacolo, in Economia della cultura, 2006, 1, pagg. 55-65.

[3] Il Dm 27 luglio 2017 è reperibile al link https://www.spettacolodalvivo.beniculturali.it/wp-content/uploads/2018/01/Decreto-Ministeriale-27-luglio-2017-contributi-FUS.pdf.

[4] La indicazione delle attività culturali era già contenuta nel titolo IV “servizi alla persone e comunità” del Capo V “beni culturali” del d.lg. 31 marzo 1998, n. 112, abrogato dal d.lg. 24 gennaio 2004, n. 24, il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il vecchio articolo 148 del d.lg. n. 112/1998 distingueva fra beni indicati alla lettera a) e attività culturali indicate alla lettera f) e riguardanti “quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte”. Il commento di E. Chiti, La nuova nozione di “beni culturali” nel d.lgs. 112/1998: prime note esegetiche, in Aedon, 1998, 1, in cui è messo in risalto il dualismo inaspettatamente presente nelle norme indicate e che sono il frutto di ampie discussioni degli anni precedenti lo stesso decreto, volto a disegnare l’assetto delle competenze nella ripartizione delle materie tra Stato, Regioni ed enti locali.

[5] G. Stumpo, Il fondo unico per lo spettacolo dal vivo: evoluzione e composizione, in Economia della Cultura, 2003, 4 mette in evidenza la rigidità del sistema in relazione ai settori. V. C. Barbati, Lo spettacolo e le riforme incompiute: prove di dialogo, cit., sulla parzialità degli interventi e anche di quelli destinati al finanziamento.

[6] Cons. St., sez. VI, 26 aprile 2024, n. 3831.

[7] I contributi della dottrina sul tema sono numerosi. Tra gli autori del primo periodo gli studi di F. Cammeo, La competenza di legittimità della IV Sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri tecnici, in Giur. it., 1902, III, pag. 276 ss. (nota a Cons. St., sez. IV, 1° giugno 1902), E. Presutti, Discrezionalità pura e discrezionalità tecnica, in Giur. it., 1910, IV, pag. 44 ss. e O. Ranelletti, Principi di diritto amministrativo, I, Napoli, Luigi Pierro editore, 1912, che sono incentrati sulla nozione dei “concetti giuridici indeterminati” di derivazione tedesca. Successivamente v. M.S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939, ora in Id., Scritti, I, Milano, 2000, pag. 42 ss.; Id., Diritto Amministrativo, II, 1993, pag. 56 che, allontanandosi dal modello francese, distingue la discrezionalità amministrativa, come unica vera discrezionalità, dalla discrezionalità tecnica. Seguono negli anni Sessanta le opere di V. Bachelet, L’attività tecnica della pubblica amministrazione, Milano, 1967 e F. Levi, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino, 1967; negli anni Ottanta quelle di C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Milano, 1985, D. De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Padova, 1995, pag. 129 e F. Ledda, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc. amm. 1983, pag. 301; più di recente V. Caracciolo La Grotteria, Discrezionalità tecnica e sindacato giurisdizionale, Catania, 2002; F. Cintioli, Giudice amministrativo, tecnica e mercato, Milano, 2005; A. Giusti, Contributo allo studio di un concetto ancora indeterminato: la discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, Napoli, 2007; F.G. Scoca, Giudicato amministrativo ed esigenze del mercato, in Dir. amm., 2008, pag. 257 ss.; Le valutazioni tecnico-scientifiche tra amministrazione e giudice. Concrete dinamiche dell’ordinamento, (a cura di) A. Moliterni, Napoli, 2021. Nella materia dei beni culturali cfr. A. Rota, La tutela dei beni culturali tra tecnica e discrezionalità, Padova, 2002. Sulle trasformazioni dinamiche in ambito culturale cfr. M. Cammelli e G. Piperata, Patrimoni culturali: innovazioni da completare; tensioni da evitare, in Aedon 1, 2022, pag. 2 ss.; Lorenzo Casini, Patrimonio culturale, in Enciclopedia del diritto. I tematici, vol. III - Le funzioni amministr ative, (a cura di) B.G. Mattarella e M. Ramajoli, Milano, Giuffrè, 2022, ad vocem; A. Sau, Beni e attività culturali tra Stato e regioni, in Aedon, 2023, 1, pag. 4 ss.; C. Tubertini, A 50 anni dalla Convenzione Unesco del 1972 sulla protezione del patrimonio culturale mondiale: riflessione alla luce dell’esperienza italiana, in Aedon, 2022, 3, pag. 147 ss.

[8] Nel pensiero di M.S. Giannini, Diritto amministrativo, cit., pag. 56 “i giudizi discrezionalità tecnica delle amministrazioni pubbliche investono oggi tutte le discipline umane: scienze fisiche, chimiche, biologiche, dell’ingegneria, geologiche e così via”. Aggiunge che “se le scienze di cui si applicano le regole danno risultati sufficientemente certi, i giudizi sono correlativamente certi. Ma se la materia è solo relativamente certa, o addirittura opinabile, altrettanto vengono i giudizi”. “Tale possibilità è particolarmente evidente quando devono essere applicati canoni delle c.d. discipline non esatte, come le scienze economiche, aziendalistiche, letterarie, artistiche, in tutte le loro varietà”.

[9] Lo studio iniziale sui concetti giuridici indeterminati ha risentito della influenza della dottrina tedesca che sulla iniziale riflessione di V.O. Bachof, Beurteilungsspielraum, Ermessen und unbestimmter Rechtsbegriff im Verwaltungsrecht, in JuristenZeitung, 1955, 4, pag. 97 ss. accoglie la teoria del margine di apprezzamento dell’amministrazione destinata a limita in sindacato del giudice in opposizione alla posizione della giurisprudenza che pretenda un effettivo controllo dell’azione derivante dall’applicazione dell’art. 19 IV GG.

[10] Per una più approfondita trattazione v. V. Bachelet, L’attività tecnica della pubblica amministrazione, 1981, Milano, Giuffrè, pag. 27 ss. e F. Levi, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, 2018, Torino, Giappichelli, pag. 240 ss.

[11] M.S. Giannini, Diritto amministrativo, cit., pag. 55 aggiunge che si chiamerebbe così “per un errore storico della dottrina”.

[12] A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1989.

[13] A. Amorth, Il merito dell’atto amministrativo, 1939, Milano, Giuffrè, ha posto in evidenza il significato di merito amministrativo destinato a comprendere insieme opportunità, valutazioni tecniche e qualificazioni giuridiche applicate. In questa prospettiva il merito comprenderebbe non solo la ponderazione comparativa di interessi che riguarda il momento della decisione ovvero la parte finale del procedimento, ma anche l’iter attraverso cui si provvede all’interesse pubblico a partire dall’istanza a provvedere e fino al momento ultimo del procedimento. In questo senso la nozione di merito sarebbe più ampia di quella di potestà discrezionale v. sul tema G.F. Coraggio, Merito, in Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, Giuffrè, 1976, pag. 130 ss.

[14] F. Bassi, Lo straripamento di potere (profilo storico), in Riv. trim dir. pubbl., 1964, pag. 245 ss.

[15] Per una disamina recente D. Granara, Discrezionalità tecnica, difetto assoluto di giurisdizione e principio di effettività della tutela giurisdizionale, in Dir. amm., 2023, 3, pag. 591 ss.

[16] Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601 con nota di M. Del Signore, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche: nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, in Dir. proc. amm., 2000, pag. 182 e di P. Lazzara, Discrezionalità tecnica e situazioni giuridiche soggettive, in Dir. proc. amm., 2000, pag. 212 ss.

[17] Per l’incidenza della decisione sulla giurisprudenza successiva v. C. Videtta, Il sindacato sulla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione nella giurisprudenza successiva alla decisione 9 aprile 1999, n. 601, della quarta sezione, in Foro amm.-Tar, 2003, pag. 1185.

[18] Sul “rifiuto globale del giudice amministrativo ad affrontare la controversia tecnico-scientifica [che] è tuttora riscontrabile nelle vertenze sui vincoli diretti imposti in base alla legislazione sulla tutela delle cose d’interesse storico e artistico” v. A. Travi, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vecchie soluzioni, in Dir. pubbl., 2004, 2, pag. 452. Inoltre v. G. Tropea, Il vincolo etnoantropologico tra discrezionalità tecnica e principio di proporzionalità: “relazione pericolosa” o “attrazione fatale”? in Dir. proc. amm., 2012, 2, pag. 718 ss. circa il paradosso che deriverebbe in termini di tutela del singolo dal riconoscimento di margini di valutazione del provvedimento impositivo del vincolo sui beni culturali. Sulla struttura del giudizio di compatibilità e la valutazione con ponderazione degli interessi v. G. Sciullo, A proposito di valutazione di compatibilità rispetto a vincoli storico-artistici e paesaggistici, in Aedon, 2018, 2. Di recente v. G. Piperata, Nuovi scenari e nuove sfide per il governo della cultura, in Aedon, 2022, 2, pag. 63 ss. e M. Cammelli, Politiche urbane e protezione del patrimonio culturale, in Aedon, 2022, 2, pag. 66 ss. Sul tema della discrezionalità tecnica in ordine al patrimonio culturale v. inoltre G. Severini, Tutela del patrimonio culturale, discrezionalità tecnica e principio di proporzionalità, in Aedon, 2016, 3. Sui contenuti di discrezionalità tecnica v. G. Sigismondi, Valutazione paesaggistica e discrezionalità tecnica: il Consiglio di Stato pone alcuni punti fermi, in Aedon, 2016, 3.

[19] In tema di regolazione da parte delle autorità amministrative indipendenti v. F. Luppi, L’amministrazione regolatrice, Torino, Giappichelli, 1999, pag. 211 ss.

[20] In senso critico su alcune posizioni v. R. Villata, Giurisdizione esclusiva e amministra zioni indipendenti, in Dir. proc. amm., 2002, pag. 792 ss.

[21] Sui rischi v. V. Presti, L’oggetto del sindacato del giudice amministrativo: un caso esemplare, in Analisi giuridica economica, 2002, pag. 437 ss.

[22] V. Cons. di Stato, VI, 23 settembre 2022, n. 8167 con nota di F.G. Scoca, L. Lamberti, Valutazioni tecniche, tutela del patrimonio culturale e principio di proporzionalità, in federalismi.it, 2023.

[23] Il tema della adeguatezza della tutela è presente in C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, 1985, Milano, Giuffrè, pag. 234 ss. che riconosce alla amministrazione un generale potere di valutazione tecnica che se consente di ammettere la riserva di valutazione tuttavia pone la questione di modellare il sindacato giurisdizionale in termini di efficacia della tutela.

[24] F. Goisis, Giurisdizione di merito e full jurisdiction: una riflessione alla luce del pensiero di Antonio Amorth, in Dir. amm., 2021, 1, pag. 29 ss. che guarda alla full juridisction estesa prima alla pretesa e poi alla tutela come “sicuro adempimento degli obblighi internazionali nascenti dall’art. 6 Cedu”.

[25] Sul tema M. Lisanti, Verificazione e consulenza tecnica. Ipotesi per una pacifica convivenza?, in Dir. proc. amm., 2024, 1, pagg. 221-250.

[26] A. Moliterni, Le disavventure della discrezionalità tecnica tra dibattito dottrinario e concrete dinamiche dell’ordinamento, in Le valutazioni tecnico-scientifiche tra amministrazione e giudice, cit., pagg. 5-50.

[27] A. Travi, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vecchie soluzioni, cit., pagg. 439-460.

[28] Ibidem, pag. 455.

[29] Sulla relazione tra motivazione e attribuzione dei punteggi in relazione alla decisione dell’amministrazione v. M. Ramajoli, Il declino della decisione motivata, in Dir. proc amm., 2017, 3, pagg. 894-926.

[30] In sentenza Cons. St., sez. II-quater, 26 aprile 2024, n. 3831 sono contenuti gli ulteriori riferimenti.

[31] N. Bassi, La censura cinematografica fra valori costituzionali e giurisdizione di merito del giudice amministrativo, in Riv trim. dir. pubbl., 2013, 4, a proposito di “valutazioni pienamente riproducibili in sede giurisdizionale”. Questo con riferimento al nulla osta cinematografico devoluta alla giurisdizione estesa al merito del giudice amministrativo.

[32] Sui riflessi della conoscenza tecnica in relazione agli aspetti organizzativi dell’amministrazione e al “novero di soggetti attrezzati a valutare” conoscenze e dati disponibili v., P. Forte, Full jurisdiction, arte, cultura. Un discusso confine in movimento, in Pa Persone e amministrazione, 2018, 2, pag. 163 ss.

[33] Difatti nella decisione del giudice di secondo grado si precisa che “il provvedimento ministeriale del 21 luglio 2021, che ha acquisito e recepito la valutazione di Qualità Artistica della Commissione consultiva per il teatro nelle sedute del 7 e 8 luglio 2022, costituisce espressione di ampia discrezionalità, sub specie di discrezionalità tecnica, sicché la conclusiva valutazione è un apprezzamento di merito, di per sé non sindacabile, ma soggetto in limiti assai ristretti al giudizio di legittimità, proprio in quanto espressione di discrezionalità tecnica”.

[34] In favore del sindacato intrinseco e diretto v. F. Ledda, Potere, tecnica e sindacato sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc. amm., 1983, pag. 371 ss.

[35] A. Travi, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vecchie soluzioni, cit., pag. 457.

[36] G. De Giorgi Cezzi, La ricostruzione del fatto nel processo amministrativo, Napoli, Jovene, 2003, pag. 36 ss., pag. 88 ss., pag. 179 ss.

[37] Significativo Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167 con commento di F.G. Scoca e L. Lamberti, Valutazioni tecniche, tutela del patrimonio culturale e principio di proporzionalità, cit., secondo cui “nel vagliare i parametri normativi di riferimento ed il modo in cui è stata condotta l’istruttoria da parte della Soprintendenza, la VI Sezione ha fornito un’esemplare dimostrazione del tipo di sindacato che il giudice amministrativo è tenuto a realizzare rispetto alle valutazioni tecnico discrezionali dell’amministrazione. Nella decisione, infatti, si considerano gli elementi posti dalla normativa a fondamento del potere di vincolo ed il modo in cui essi sono stati verificati dalla Soprintendenza sia dal punto di vista formale che sostanziale attraverso l’esame di principi e regole della storia dell’arte coerentemente ricostruiti nella motivazione”. Più di recente sulla valutazione dell’interesse culturale di un immobile v. Cons. St., sez. VI, 7 febbraio 2024, n. 1245 secondo cui “a fronte dell’esercizio di un tale peculiare potere, in specie dinanzi ad una diversa prospettazione basata su elementi parimenti tecnici, il sindacato - analogamente ad altri ambiti di carattere tecnico e specialistico - non si può più fermare alla verifica della mera attendibilità estrinseca, dovendo cercare più avanti il punto di caduta, in coerenza al bilanciamento - da un canto - fra poteri e - da un altro canto - fra interessi, pubblici e privati nonché alla delimitazione del nucleo di merito rimesso all'amministrazione”.

[38] Cons. St., 30 agosto 2023, n. 8704. V. N. Paolantonio, Provvedimento amministrativo e sindacato di legittimità, in Dir. amm., 2024, 2, pag. 517 ss. che mette in evidenza “l’accuratezza dell’analisi giuridica” condotta in sentenza, che è “prova dell’esercizio di un sindacato intrinseco e diretto sulla correttezza di un giudizio storico-artistico espresso dal Ministero della Cultura al fine di dichiarare l’interesse particolarmente importante di un dipinto (un dittico di Salvator Dalì)”.

[39] M. Luciani, Ogni cosa al suo posto, Milano, Giuffrè, 2023; per la ricerca del posto adatto all’amministrazione nei sistemi giuridici contemporanei v. A. Cassatella, Separazione dei poteri, ruolo della scienza giuridica, significato del diritto amministrativo e del suo giudice. Osservazioni a margine di “ogni cosa al suo posto. Restaurare l’ordine costituzionale dei poteri” di Massimo Luciani, in Dir. proc. amm, 2024, 1, pag. 235 ss., spec. pag. 247.

[40] F. Salvia, Considerazioni su tecnica e interessi, in Dir. pubbl., 2002, 2, in favore di “un controllo giurisdizionale ‘diretto’, ma limitato per tutte le ragioni suesposte - alla plausibilità, con esclusione della sostituzione del giudizio dell’amministrazione con quello del giudice. Tale tesi - formulata antecedentemente alla legge n. 205 del 2000 da una dottrina (allora minoritaria) - sembra oggi la più aderente all’attuale stadio di evoluzione della giustizia amministrativa e quella che, sul piano empirico, riesce meglio a conciliare le esigenze garantistiche con il principio di responsabilità e di buona amministrazione”.

 

 

 



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