Patrimonio culturale: natura e mano dell’uomo
Le valenze culturali dei beni forestali nei più recenti riconoscimenti normativi
Sommario: 1. La nozione di patrimonio culturale e i beni forestali. 2. Le crescenti attenzioni verso la culturalità e la monumentalità nei beni forestali. 3. Le prime risposte normative a tutela dei "monumenti verdi": il Codice dei beni culturali e del paesaggio 2004-2008. 4. Le successive evoluzioni normative a favore degli alberi monumentali. 5. Gli aggiornamenti introdotti dal d.lgs. 3 maggio 2018, n. 34" Testo unico foreste e filiere forestali": nuove aperture verso il valore culturale dei beni forestali. 6. Brevi considerazioni conclusive su uomo, natura, storia e paesaggio: l'affermarsi del paesaggio culturale forestale.
Cultural value of forest assets in the recent legislation
Forest assets, which have always been considered by our legislator, mainly as goods for the production and physical protection of the soil, with the exclusion of any other value, have recently received growing attention in regulatory office regarding also their cultural value.The essay aims to examine the genesis and the evolution of the cultural heritage's notion starting from the Codice Urbani del 2004-2008 and its impact also on forest assets in the corrective decrees. The study evolves starting from the first new regulations to protect c.d. "green monuments" and subsequent evolutions in favor of "monumental trees" (2013-2014) to arrive at the most recent updates introduced by the Testo Unico forestale n. 34 del 2018 in favor of "old trees" and their normative openings. The sequence of these different legislative steps in favor of the recognition of the cultural values of forest assets, allows the Author to draw conclusions on the new relationships between man and nature, between history and landscape, to underline the progressive affirmation of a cultural forest landscape.
Keywords: Forest assets; Cultural
Heritage; Historical Value; Landscape.
1. La nozione di patrimonio culturale e i beni forestali
Nel panorama normativo italiano dello scorso secolo i beni forestali hanno avuto dal legislatore una prevalente attenzione per il loro valore quali beni di produzione e di protezione con esclusione di qualsiasi altra possibile valenza [1].
È tuttavia singolare che proprio un bene forestale di particolare pregio abbia costituito oggetto della prima legge in materia di paesaggio vale a dire la legge 16 luglio 1905, n. 411 (c.d. Rava dal nome del Ministro proponente) riguardante la tutela e conservazione della pineta di Ravenna. L'intento del legislatore, attraverso il rimboschimento dei relitti marini, non era solo proteggere una porzione del litorale adriatico, ma anche di tutelare il luogo celebrato da una Novella del Decamerone di Boccaccio (il Nastagio degli Onesti), dalle tavole della scuola di Botticelli e da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Purgatorio, XXVIII, 20) quale sito importante anche sotto il profilo culturale [2].
La legge non conteneva metodologie di tutela del contesto forestale territoriale, limitandosi all'applicazione di valori estetici e culturali maturati nell'ambito della tutela dei monumenti. L'ambito della legge era circoscritto al binomio "arte-natura", ma non aveva impedito al Ministro Rava di prospettare conclusioni più avanzate. Presentando il testo alla Camera aveva sostenuto che "il culto delle civili ricordanze merita di incarnarsi non solo in monumenti e opere d'arte, ma va esteso ai monti, alle acque, alle foreste e a tutte le parti del territorio patrio" [3].
Si trattò di un passaggio normativo anticipatore, seppure episodico, che diede occasione a riflessioni nel successivo dibattito per la legge del 20 giugno 1909, n. 364 (c.d. legge Rosadi-Rava) sulla "Tutela delle cose di interesse artistico e storico", ove il ministro Rosadi aveva preferito affidarsi ad "una dizione amplissima, con l'espresso intendimento che nella locuzione cose di interesse storico artistico, si dovessero intendere anche le bellezze naturali e paesistiche", di conseguenza la primitiva proposta di Rava non venne accolta [4].
L'evoluzione di tale processo normativo, come noto, è stata contrassegnato dalla legge Croce n. 778 del 1922 "Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico" che soffermandosi sull'interesse estetico veniva a ribadire la stretta affinità tra arte e natura [5]. L'approdo è poi solo intervenuto con la legge Bottai del 29 giugno 1939, n. 1497 ("Protezione delle bellezze naturali") che aveva individuato, in coerenza con i criteri estetici ad essa sottesi, tra le c.d. "bellezze naturali" all'art. 1 n. 2 anche "le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la loro tutela delle cose d'interesse artistico e storico, si distinguono per la loro non comune bellezza" e al n. 4 dei non altrimenti identificabili "quadri naturali..." [6].
È appena il caso di evidenziare che tali minimali riferimenti si inserivano perfettamente in quella particolare concezione che era sottesa in quelle normative [7]. E, infatti, noto come il legislatore del 1939 fosse fortemente ancorato ad una concezione elitaria della cultura, enfaticamente celebrativa dei riferimenti tradizionali, piuttosto che ad una consapevolezza più ampia dei valori globali di civiltà [8]. Questo approccio ha comportato il prevalente riconoscimento dei valori estetici delle cose di interesse artistico-storico e paesaggistico, fino ad indurre l'attenzione della sfera degli interessi protetti verso la loro materialità anziché al "segno" della testimonianza che essi rappresentano e che ha giustificato la mera conservazione come mezzo per assicurare la continuità tra presente e passato. Dai limiti di questa prospettazione, oggi largamente superata, erano originate tutte le diverse teorizzazioni volte ad inquadrare la definizione della natura giuridica in categorie e classificazioni non compatibili con l'essenza fine dei beni culturali e ambientali.
Alla revisione di una diversa percezione dei valori culturali nei beni paesaggistici e segnatamente in quelli naturalistici ha, come ben noto, è intervenuta una diffusa letteratura contribuendo a sollecitare una revisione critica delle metodologie di approccio e di conseguente individuazione e tutela [9].
Costituisce oggi un dato largamente acquisito, non solo nella cultura giuridica, che nella nozione di bene culturale, già a seguito della Dichiarazione elaborata dalla Commissione di studio nel 1967 (c.d. Commissione Franceschini istituita con legge 310/1964) e ripresa dal legislatore, prima nel d.lgs. n. 112/1998, poi nel T.U. del 1999 ed in seguito nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004-2008) che la qualifica distintiva sia rappresentata dalla "testimonianza materiale avente valore di civiltà" [10].
Sul piano normativo, tuttavia, la portata di tale espressione ha inteso esprimere natura residuale: essa è usata a chiusura e integrazione dell'elenco delle cose che presentano un interesse culturale. Inoltre, l'individuazione del bene culturale in quanto testimonianza avente valore di civiltà è operata dalla legge o in base ad essa. Questa formula, comunque, esprime in termini positivi l'abbandono della concezione estetizzante ed elitaria che aveva pervaso le prime leggi c.d. di cultura del 1939 (l. 1089 e 1497) a favore di un processo di apertura per una visione più moderna ed adeguata della nozione stessa di culturalità e conseguentemente di patrimonio culturale [11].
Come ben noto, secondo l'impostazione giuridica, caratteri comuni a tutti i beni culturali sono l'immateralità e la pubblicità. La prima si riferisce non al bene in sé, ma al valore di cui esso è portatore. Il legame tra bene culturale e cosa materiale è ritenuto inscindibile e assolutamente unico. La pubblicità dei beni culturali, invece, attiene non al regime proprietario, bensì alla destinazione pubblica del valore di cui i beni sono testimonianza: come già autorevolmente evidenziato il bene culturale "è pubblico in quanto bene di fruizione e non di appartenenza" [12].
A fronte di tale processo evolutivo va registrato che con l'entrata in vigore del Codice Urbani in aderenza alla concezione del paesaggio quale forma del paese ed in recepimento dei principi della Convenzione europea del paesaggio (sui infra), la disposizione dell'art. 2 ha inserito i beni paesaggistici nella nozione più aggiornata del patrimonio culturale e ha previsto che siano qualificabili come tali "gli immobili e le aree indicate nell'art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge" [13].
Tale nozione giustamente ampia e comprensiva ha dato legittimazione al pieno riconoscimento del valore culturali anche ad altri beni quali i beni naturalistici e segnatamente al riconoscimento del valore culturale anche dei beni forestali.
Del resto, come già avvertito, la tutela e la conservazione di valori naturalistici e botanici è intimamente connessa alla storia ed alla cultura sociale del nostro Paese. Fin dall'antichità il culto dei boschi è stato connesso con quello degli alberi sacri. A diffondere il culto dei boschi hanno certamente contribuito le religioni a base agraria che nei boschi avevano individuato il loro fondamento. Lo stesso termine latino lucus è servito a designare quella radura del bosco nella quale gli abitanti di una determinata località si radunavano a compiere atti di culto e quindi il bosco in tal senso ha assunto il significato di spazio sacro [14].
Al di là di tali risonanze antiche sono ancora di fronte alla nostra percezione (anche e non solo visiva) vaste realtà boschive frutto di piantumazioni da parte di ordini monastici fin dal medioevo in una precisa ottica di dissodamento e di riqualificazione territoriale. Molte di tali realtà boscate costituiscono anche (e ancora) oggi la forma del territorio e del paesaggio e ne caratterizzano in modo rilevante i profili e gli aspetti morfologici [15]. Accanto a queste realtà intese quali ambiti territoriali, vi sono poi singole fattispecie forestali che costituiscono monumenti della natura in quanto testimoni di infinite ed antiche relazioni dell'uomo con altri uomini e dell'uomo con la natura contribuendo, in questo modo, ad assumere un valore culturale in quanto testimonianze aventi valore di civiltà verso le quali anche il nostro legislatore è venuto dedicando recenti attenzioni.
2. Le crescenti attenzioni verso la culturalità e la monumentalità nei beni forestali
Va evidenziato che l'attenzione nei confronti dei valori culturali di alcuni beni forestali ha origini risalenti, nella prospettiva di una rinnovata sensibilità ecologica e paesaggistica, a favore di quei segni della natura dotati di alcune peculiarità e segnatamente dalla "grandezza" e dalla "monumentalità" [16] ed, in quanto tali, portatori di specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione.
Già la Convenzione Unesco del 1972 [17] aveva individuato come oggetto dell'obbligo gravante sugli Stati firmatari di garantire l'identificazione, protezione, conservazione, valorizzazione e trasmissione alle generazioni future, accanto al patrimonio culturale anche il "patrimonio naturale" situato sul rispettivo territorio, ed aveva offerto all'art. 2, la relativa definizione che comprendeva: i monumenti naturali costituiti da formazioni fisiche e biologiche o da gruppi di tali formazioni di valore universale eccezionale sotto l'aspetto estetico o scientifico; le formazioni geologiche e fisiografiche e le zone strettamente delimitate costituenti l'habitat di specie animali e vegetali minacciate, di valore universale eccezionale sotto l'aspetto scientifico o conservativi; i siti naturali o le zone naturali strettamente delimitate di valore universale eccezionale sotto l'aspetto scientifico, conservativo o estetico naturale [18].
Tale sollecitazione ha consentito la collocazione tra i beni culturali anche di realtà forestali di particolare pregio estetico o di interesse storico-monumentale, determinando la nascita di quelle che sono poi state definite le categorie degli alberi e delle foreste "monumentali". L'albero monumentale al pari dei monumenti umani può avere, infatti, diverse valenze ed essere allo stesso tempo una testimonianza botanica, di resilienza e di biodiversità, ma anche avere una valenza storica e culturale per fatti ed avvenimenti correlati al quel determinato territorio o a quella comunità.
Nel nostro Paese la scelta degli elementi naturali su cui cogliere l'essenza di tali valori è caduta sugli alberi che più significativamente potevano esprimere tali contenuti. È stato, infatti, il Corpo forestale dello Stato che già nel 1982 ha coniato la locuzione oggi nota come "alberi monumentali" [19]. Con tale termine non si è inteso indicare una autonoma categoria vegetale, ma in quanto dotata di quelle peculiarità (indicate dalla citata Convenzione Unesco) tali da richiedere apposita individuazione e conseguente assoggettamento a specifica normativa d'uso con finalità di conservazione e valorizzazione. L'idea che alcuni alberi particolari perché rari, antichissimi o di imponenti dimensioni meritino di essere ammirati e protetti, tanto quanto i monumenti del nostro patrimonio storico-artistico, ha ispirato una indagine conoscitiva dell'ex Corpo forestale dello Stato mirata a realizzare una sorta di censimento degli alberi monumentali d'Italia, i c.d. "patriarchi verdi", quali singoli soggetti arborei che hanno una propria individualità per essere eccezionalmente vecchi, per essere stati protagonisti di episodi storici, o per essere legati alla vita di grandi uomini o Santi [20].
Tali alberi devono, infatti, rivestire notevoli pregi estetici o naturalistici, come rari esempi di longevità o di maestosità per la forma e/o le dimensioni eccezionali rispetto alla specie, o paesaggistici come elementi identitari del territorio, o valenza culturale in senso stretto perché legati ad episodi della storia, alla vita dei suoi protagonisti, o a tradizioni locali.
A seguito di tale iniziativa lo stesso ex Corpo forestale dello Stato ha proceduto a realizzare un primo "censimento nazionale degli alberi di notevole interesse" che ha costituito un prezioso precedente anche per ulteriori provvedimenti normativi (su cui infra). La rilevante opera di catalogazione realizzata ha individuato sull'intero territorio nazionale un patrimonio di monumenti verdi di cui ventiduemila definiti "di grande interesse" e centocinquanta di "eccezionale valore storico-monumentale" [21].
Una nuova stagione di sensibilità verso questi beni va registrata da parte anche delle Associazioni ambientaliste: nell'ambito del censimento dei luoghi italiani di particolare richiamo, i c.d. "Luoghi del cuore", curato dal Fondo Ambiente Italiano, ove molteplici esemplari di alberi monumentali [22] sono stati segnalati, altri hanno acquisito la qualifica di bene FAI, come i monumentali alberi del Parco Nazionale della Sila (i c.d. "Giganti della Sila"). A sua volta il WWF, nel 2000, ha lanciato la campagna "Salviamo i grandi alberi" per raccogliere i contributi necessari a conservare alcuni esemplari di monumenti verdi e sensibilizzare l'opinione pubblica sul valore culturale di questi beni forestali e sollecitare il legislatore ad intervenire per adottare strumenti normativi di tutela e conservazione degli stessi e creare un Repertorio di detti alberi monumentali.
3. Le prime risposte normative a tutela dei "monumenti verdi": il Codice dei beni culturali e del paesaggio 2004-2008
In questo fervore di rinnovata attenzione alle valenze culturali dei beni forestali, un ruolo oltremodo rilevante e antesignano ha certamente avuto l'esperienza legislativa regionale particolarmente attenta a individuare i caratteri e le tipicità delle diverse realtà di alberi aventi valore e significato di "testimonianza di civiltà" con conseguenti idonei strumenti di tutela e di valorizzazione. Le linee di politica legislativa sono state, come ovvio, assai varie ed eterogenee anche all'interno di leggi di portata più generale attinenti al settore forestale [23], in funzione della peculiarità vegetative e di arboree (ulivo, quercia, pino, ecc.), ma tutte con un unico denominatore nel riconoscere al requisito della monumentalità sia l'alto pregio naturalistico (maestosità, longevità) sia l'ulteriore riferimento a eventi o memorie rilevanti sotto il profilo storico, culturale, antropologico e/o tradizionale [24].
A seguito delle varie esperienze normative regionali, anche il legislatore nazionale ha avvertito, ancorché tardivamente, l'esigenza di offrire strumenti idonei, tendenzialmente uniformi su tutto il territorio dello Stato, per la tutela e la valorizzazione di tali testimonianze forestali.
L'intervento del legislatore viene a collocarsi all'interno della acquisita concezione giuridica del paesaggio quale "forma del Paese" [25] e componente essenziale della nozione stessa di patrimonio culturale dianzi richiamata. Il recepimento di tale evoluzione concettuale è, come ben noto, testimoniata dalla stessa definizione di paesaggio contenuta nell'art. 131 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n. 42 del 2004 (c.d. Codice Urbani), nella versione aggiornata del 2008 [26] in recepimento dei principi contenuti nella Convenzione europea del paesaggio del 2000 [27].
L'aver riconosciuto il valore identitario del paesaggio come insieme di fattori naturali e umani e reciproche interrelazioni, ha conseguentemente portato a riconoscere anche ai beni forestali, siano essi di natura naturale o artificiale, un rilevante valore culturale quale espressiva forma del paese e quale testimonianza avente valore di civiltà [28]. A fronte di tale acquisizione, l'art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008, modificativo ed integrativo dell'originario art. 136 del Codice alla lett. a) ha collocato gli alberi monumentali tra le tre categorie qualificabili come beni paesaggistici (ex art. 134) e in tal modo assoggettati al regime giuridico di tutela riservato agli "Immobili ed aree di notevole interesse pubblico". Tali categorie di beni forestali possono essere, dunque, sottoposte a vincolo paesaggistico tramite un procedimento accertativo in quanto dotati "di cospicui caratteri di bellezza naturale, di singolarità geologica e memoria storica" [29].
In analogia con gli altri beni di cui all'art. 136, anche gli alberi monumentali, ove sottoposti a vincolo paesaggistico, assumono la qualifica di "beni ad uso controllato", e come tali, non solo non possono essere distrutti ma ogni eventuale modifica e/o trasformazione (anche fitologica) che incida nel loro aspetto esteriore, è sottoposta al regime autorizzativo tipico dei beni paesaggistici [30]. L'eventuale intervento modificativo posto in essere in assenza della preventiva autorizzazione o in difformità dalle prescrizioni contenute nel vincolo e nel provvedimento autorizzativo, comportano l'applicazione delle sanzioni amministrative e penali contemplate dal Codice e non è passibile di sanatoria ex art. 167, commi 4 e 5 (tramite autorizzazione postuma) in quanto fattispecie estranea a quelle previste da tale disposizione [31].
4. Le successive evoluzioni normative a favore degli alberi monumentali
Il consolidarsi di una nuova cultura a favore degli alberi monumentali, ha trovato ulteriore supporto nella legge 14 gennaio 2013, n. 10 "Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani" e nel d.m. 23 ottobre 2014, n. 268 recante "Istituzione dell'elenco degli alberi monumentali d'Italia e criteri direttivi per il loro censimento".
Il primo provvedimento, fortemente caratterizzato da finalità naturalistico ambientali [32] ha, tra l'altro, fissato nel 21 novembre la data della "Giornata internazionale degli alberi" per far acquisire una maggiore consapevolezza civica circa l'importanza dei beni forestali con iniziative volte ad accrescere la conoscenza dell'ecosistema boschivo e disporre politiche per la riduzione delle emissioni e la prevenzione del dissesto idrogeologico.
Oltremodo rilevante nella legge n. 10/2013 è stato certamente l'art. 7 recante "Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale". Tale articolo (fortemente modificato dal successivo Testo unico forestale di cui al d.lgs. 3 maggio 2018, n. 34 su cui infra) ha offerto una definizione di albero monumentale di portata generale, con espresso rinvio e di recepimento da parte della normativa regionale. Secondo tale formulazione devono ritenersi alberi monumentali "l'albero ad alto fusto o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate, ovvero l'albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o per dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali: i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani; gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali, ad esempio, ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private".
Com'è stato esattamente avvertito nelle prime due ipotesi contemplata dal legislatore, il connotato di monumentalità è legato alle caratteristiche intrinseche, naturalistiche, paesaggistiche o culturali del bene forestale; mentre nella seconda le caratteristiche che tipizzano il contesto nell'ambito del quale l'albero si trova è riferito ad una valenza indiretta legata ad eventi, fatti e circostanze rilevanti sotto il profilo storico, culturale, documentario e tradizionale [33]. Sotto quest'ultimo profilo, va evidenziato che la disposizione trova assoluta coerenza con la qualificazione addittiva di bene culturale espressamente prevista dall'art. 10, 3 comma lett. d) del Codice Urbani nella versione aggiornata dall'art. 2 del d.lgs. n. 62 del 2008) là dove riconosce il valore culturale anche a "le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose" [34].
La svolta normativa della legge n. 10 del 2013 sta proprio nell'avere riconosciuto la valenza culturale dei beni forestali e segnatamente degli alberi monumentali come beni da tutelare al fine di riconoscerne non soltanto il valore della componente naturalistica e/botanica ma anche il valore della componente antropico-culturale e percettiva.
In esecuzione dell'art. 7, comma 2, è stato poi emanato il decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali n. 268 del 23 ottobre 2014 "Istituzione dell'elenco degli alberi monumentali d'Italia e criteri direttivi per il loro censimento". Tale iniziativa ministeriale si è rivelata quanto mai opportuna al fine di armonizzare i criteri di identificazione e selezione degli esemplari monumentali, analoghi ma eterogenei nelle varie normative regionali in materia, alla luce della generica definizione di albero monumentale di cui al citato art. 7 della legge del 2013, alla quale le regioni, in forza della stessa norma, erano obbligate ad attenersi. Il decreto, infatti, dopo avere all'art. 4 richiamato tale definizione, è sceso in dettaglio nella descrizione dei criteri da seguire al fine di attribuire il carattere di monumentalità, individuato nel pregio naturalistico, declinato nelle diverse varianti dell'età e delle dimensioni, della forma e del portamento, della rarità botanica, dell'architettura vegetale; nel valore ecologico, relativo alle presenze faunistiche che su di esso si insediano, con riferimento anche alla rarità delle specie coinvolte, al pericolo di estinzione ed al particolare habitat che ne garantisce l'esistenza; nel pregio paesaggistico, che considera l'albero come possibile elemento distintivo, punto di riferimento, motivo di toponomastica ed elemento di continuità storica di un luogo, da verificare e valutare d'intesa con la Soprintendenza territorialmente competente; in quello storico-culturale-religioso, legato alla componente antropologico-culturale, intesa in senso di appartenenza e riconoscibilità dei luoghi da parte della comunità locale come valore testimoniale di una cultura, della memoria collettiva, delle tradizioni, degli usi e dei costumi, o di particolari eventi della storia locale civile e religiosa.
In linea con le indicazioni della legge del 2013, il d.m. ha istituito l'elenco degli alberi monumentali d'Italia in formato elettronico e ne ha affidato la relativa gestione al Corpo Forestale dello Stato prevedendone la pubblicazione e il costante aggiornamento, con cadenza almeno annuale, sul sito internet dello stesso ministero in aderenza al censimento che tutti i comuni avrebbero dovuto realizzare entro il 31 luglio 2015 [35]. Sui comuni gravava altresì l'obbligo di rendere noti, mediante affissione all'albo pretorio (ovvero siti comunali), gli alberi inseriti nell'elenco nazionale ricadenti sul territorio comunale di competenza, al fine di consentire la presentazione di eventuali ricorsi e opposizioni da parte di soggetti legittimati, titolari di un diritto soggettivo o portatori di interesse legittimo. Gli elenchi comunali, regionali e quello nazionale erano tenuti a fare espressa menzione sia del fatto che l'albero fosse già gravato da un vincolo paesaggistico ex art. 136, comma 1, lett. a) del Codice Urbani, sia della circostanza che l'albero fosse oggetto di una proposta di adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico presentata in regione dalla Commissione regionale di cui all'art. 137 del Codice, formulata con riferimento ai valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici espressi dall'albero monumentale e alla valenza identitaria in rapporto al territorio in cui ricadeva.
Assai più puntuale, rispetto alla precedente previsione normativa contenuta nel citato art. 7, comma 4, della legge del 2013, peraltro formalmente richiamata, si presentava il regime di tutela e salvaguardia, delineato dall'art. 9 del decreto, dove veniva ribadito l'obbligo di richiedere l'autorizzazione comunale per l'abbattimento e le modifiche della chioma e dell'apparato radicale, da rilasciarsi solo nei casi motivati e improcrastinabili a fronte di accertata impossibilità di adottare soluzioni alternative e previo parere vincolante del Corpo Forestale dello Stato, con obbligo per i comuni di comunicare alle regioni gli atti autorizzativi emanati (analogamente al regime delle autorizzazioni paesaggistiche).
Nell'ipotesi in cui l'albero fosse al contempo inserito nell'elenco degli alberi monumentali e oggetto di vincolo paesaggistico o di dichiarazione di notevole interesse pubblico, già pubblicato ai sensi dell'art. 139 del Codice Urbani, o comunicata al proprietario, possessore o detentore del bene ai sensi della stessa norma (comma 3), ai fini dell'abbattimento e delle modifiche della chioma e dell'apparato radicale dell'albero, oltre la preventiva autorizzazione comunale era prevista altresì l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'art. 146 dello stesso Codice (così delineando una sorta di doppio regime vincolistico) [36].
L'elenco, costituito da n. 2080 alberi o sistemi omogenei di alberi [37], è stato approvato, in attuazione della legge n. 10/2013 e del d.m. 23 ottobre 2014, con decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali n. 5450 del 19 dicembre 2017 e pubblicato sul relativo sito internet della sezione "politiche nazionali/alberi monumentali/elenco nazionale alberi monumentali", al fine di consentire e garantire le misure di tutela, conoscenza, valorizzazione e relativa gestione dei beni. Con lo stesso provvedimento è stato altresì adottato anche l'elenco, costituito da n. 327 alberi o sistemi omogenei di alberi [38], di tutti quegli alberi rispondenti ai requisiti di monumentalità e censiti, dalle regioni, in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, per la cui iscrizione non fosse ancora stato perfezionato da parte del comune l'adempimento amministrativo di presa d'atto e di successiva trasmissione della proposta alla regione [39]. Il decreto n. 5450 ha assegnato alla direzione generale delle foreste del ministero il compito di conservare tutta la documentazione a corredo, di trasmettere ad ogni regione per competenza territoriale, l'elenco nelle due sezioni, affinché la stessa possa trasmetterlo ad ogni comune interessato. I comuni, a loro volta, sono chiamati a rendere noti gli alberi inseriti nell'elenco nazionale ricadenti nel territorio amministrativo di competenza mediante affissione all'albo pretorio (ovvero siti comunali), in modo da consentire al titolare di diritto soggettivo o al portatore di interesse legittimo di ricorrere avverso l'inserimento, nei modi e nei termini previsti dalla normativa. Lo stesso decreto ha previsto la possibilità di futuri aggiornamenti periodici dell'elenco, da approvarsi con decreto del direttore generale delle foreste [40], in relazione sia a future identificazioni che all'eventuale perdita di esemplari per morte naturale, abbattimento o grave danneggiamento, tali da far perdere all'albero i requisiti di monumentalità nonché ad eventuali rettifiche di dati che dovessero rendersi necessari, demandando alle regioni le proposte di modifiche e integrazioni mediante invio telematico alla direzione generale delle foreste [41].
5. Gli aggiornamenti introdotti dal d.lgs. 3 maggio 2018, n. 34 "Testo unico foreste e filiere forestali": nuove aperture verso il valore culturale dei beni forestali
L'assetto normativo sulla tutela e valorizzazione degli alberi monumentali, come anticipato, è stato ampiamente rivisitato con l'entrata in vigore del d.lgs. 3 maggio 2018, n. 34 recante il "Testo unico foreste e filiere forestali" [42] (T.U.F). In particolare tale decreto, dedica una delle disposizioni finali, l'art. 16 "Disposizioni di coordinamento" all'introduzione di modifiche alle precedenti normative: rispettivamente, al primo comma, alla legge 14 gennaio 2013, n. 10 e, al secondo comma, al d.lgs. 10 novembre n. 386 dianzi esaminati.
Tale aggiornamento normativo alla legge n. 10/2013, interessa esclusivamente il già esaminato art. 7, cioè la disciplina inerenti gli alberi monumentali ed è mirata ad estendere le misure di salvaguardia e di valorizzazione ad essi riservati anche ai c.d. "boschi vetusti", definiti ai sensi del comma 1-bis introdotto nel corpo dello stesso art. 7, che indica come tali "le formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate che per età, forme o dimensioni, ovvero per ragioni storiche, letterarie, toponomastiche o paesaggistiche, culturali e spirituali presentino caratteri di preminente interesse, tali da richiedere il riconoscimento ad una speciale azione di conservazione" [43].
Risulta oltremodo evidente l'intenzione del legislatore di aprire nuovi spazi di attenzione (in aderenza ai criteri di monumentalità) anche a formazioni boschive di antica presenza dotate di pregi naturalistici, paesaggistici o di rilievo culturale; ciò ha comportato, anche solo dalla dizione letterale la modifica dell'originario titolo del citato art. 7 attualmente così formulato: "Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei boschi vetusti, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale". È appena il caso di sottolineare che tale nuova apertura normativa si colloca in piena coerenza con la acquisita nozione di patrimonio culturale quale "testimonianza avente valore di civiltà" [44].
La nuova versione del 2 comma dell'art. 7, prevede inoltre che dell'avvenuto inserimento di un albero nell'elenco sia data pubblicità mediante l'inserimento sull'albo pretorio (siti comunali), con specificazione della località nella quale esso si trova, affinché chiunque abbia interesse possa ricorrere avverso l'inserimento medesimo. Va solo evidenziato che non sono previsti momenti partecipativi nel corso del procedimento.
Le regioni sono chiamate a recepire le definizioni di albero monumentale dettate dal comma 1 e di boschi vetusti di cui al comma 1-bis, del citato art. 7, ad effettuare la raccolta dei dati risultati dal censimento effettuato dai comuni e, sulla base degli elenchi comunali, a redigere elenchi regionali e a trasmetterli al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. L'inottemperanza o la persistente inerzia da parte delle regioni comporta, previa diffida ad adempiere entro un determinato termine, l'attuazione dei poteri sostitutivi da parte dello stesso ministero (in analogia con i poteri previsti dall'art. 141-bis, comma 2, del Codice Urbani così come modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008). La nuova formulazione del decreto non fa più alcun cenno sulla necessità che gli elenchi comunali, regionali e quello nazionale siano tenuti a fare espressa menzione sia del fatto che l'albero gravato sia gravato da un vincolo paesaggistico ex art. 136, comma 1, lett. a) del Codice Urbani, sia della circostanza che l'albero sia oggetto di una proposta di adozione della relativa dichiarazione di notevole interesse pubblico presentata alla regione dalla Commissione regionale di cui all'art. 137 del Codice stesso, formulata con riferimento i valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici espressi dall'albero monumentale e alla su valenza identitaria in rapporto al territorio in cui si trova.
Per quanto riguarda il regime sanzionatorio, il novellato art. 7 prevede, a fronte dell'abbattimento o danneggiamento di alberi monumentali, al di fuori degli interventi specificamente autorizzati dal comune da tale disposizione, e salvo che il fatto non costituisca reato [45], l'irrogazione della sanzione amministrativa (da euro cinquemila a centomila). Il nuovo decreto presenta una grave lacuna di coordinamento con il regime sanzionatorio previsto dal Codice Urbani in relazione ai beni paesaggistici (artt. 167 ss. [46]), sia nelle ipotesi in cui l'albero monumentale sia stato oggetto di vincolo paesaggistico ex art. 136 del Codice, sia in relazione ai boschi vetusti, soggetti a vincolo paesaggistico o, ai sensi della stessa norma, in quanto boschi quali "Aree tutelate per legge" ex art. 142 lett. g) dello stesso Codice che comprende anche "I territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'art. 2, commi 2 e 6, del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 227", ove rientranti nella definizione legale di bosco oggi riformulata dall'art. 3, comma 3, del T.U.F., che ha abrogato il testo del citato decreto del 2001 [47].
6. Brevi considerazioni conclusive su uomo, natura, storia e paesaggio: l'affermarsi del paesaggio culturale forestale
Dal quadro evolutivo dianzi esaminato, emerge con evidenza che i beni forestali ed in particolare gli alberi a valenza monumentale sono venuti assumendo piena legittimazione non solo sotto il profilo paesaggistico e ambientale ma anche sotto il profilo culturale.
Una felice sintesi di tali percezioni, sotto il profilo delle valenze giuridiche, è stata ben rappresentata nel T.U.F. del 2018 dove il legislatore ha mostrato, per la prima volta, di riconoscere la rilevanza, non solo produttiva e conservativa, dei beni forestali ma anche il valore paesaggistico e culturale, riconfermando un indirizzo di politica legislativa già avviato con il Codice Urbani del 2004-2008.
Va peraltro avvertito che la rinnovata attenzione verso tali valori culturali non può essere disgiunta da quelle altre numerose iniziative che, a livello non solo regionale e locale, hanno avvertito la necessità di tutelare e valorizzare quelle realtà boscate che hanno costituito, spesso da secoli, sul territorio un prezioso patrimonio storico e naturalistico, alcune delle quali sono note ben oltre i confini nazionali. Sarà sufficiente, in questa sede, ricordarne almeno le più significative.
Una dei patrimoni boschivi tra i più noti è certamente quello Abbazia di Vallombrosa, (vicino a Firenze), tutelata quale riserva naturale protetta dalla regione Toscana sin dal 1977. L'Abazia, fondata dall'Ordine Vallombrosiano nel 1036, oltre a costituire un importante patrimonio storico-artistico, comprende un'area di ben 1270 ettari tutti tenuti a bosco spontaneo segnatamente di abeti bianchi e faggi. In tale contesto sono presenti gli alberi più alti d'Italia.
Altra realtà molto rilevante, anche sotto il profilo storico-architettonico, è il famoso Bosco dell'Eremo di Camaldoli, foresta appenninica aretina, cuore del casentino, anch'essa dovuta alla presenza monastica, che per la formazione e tutela di questo spazio verde aveva fin dall'anno 1080 redatto il Codice forestale Camaldolese con una puntuale normativa sui tagli e le ripiantumazioni che ha consentito la conservazione e rigenerazione di questo vasto patrimonio boschivo fino ai giorni nostri [48].
Sempre tra le presenze monastiche va ascritto il Bosco di San Francesco, ai piedi della grandiosa Basilica di S. Francesco ad Assisi. Tale bosco, di ben 64 ettari di natura, è dovuto alla presenza delle Monache benedettine, ivi presenti fin dal '200, con attiguo Monastero (ora sede del punto informativo del FAI) e presenta una Chiesa romanica di Santa Croce con i resti di un Ospedale per pellegrini a testimonianza del valore di fede e naturalistico del sito.
Analoga genesi ha in Piemonte il bosco, oggi ricompreso nel Parco regionale delle Alpi Marittime, piantumato dai monaci della Certosa di Pesio, fondata da San Brunone nel 1173, con una vasta presenza di specie silvestri in particolare l'abete bianco.
Tra le presenze di fonte laica e civile certamente un bosco di alta evocazione storica è il c.d. Bosco dell'Altopiano del Cansiglio o altrimenti denominato Bosco dell'Alpago. Situato a cavallo tra le provincie di Belluno, Treviso e Pordenone, già vincolato ed utilizzato dalla Repubblica di Venezia nel 1548, quale riserva legnosa per la marina della Serenissima; costituisce un polmone verde di rara bellezza naturalistica ed importante risorsa forestale ancora oggi.
Tra le aree naturalistiche più preziose d'Italia, anche quale sistema faunistico più completo delle Alpi, si colloca la foresta del Tarvisio, ubicata ai confini tra l'Austria e la Slovenia, è la più grande foresta demaniale d'Italia e ha una storia millenaria di intrecci tra l'Europa e l'Italia. Le prime notizie storiche risalgono all'anno 1007 quando l'Imperatore di Germania Enrico II il Santo la donò al Vescovo di Bemberga. Ancora oggi il 90% della superficie forestale è gravata da diritti di servitù di legnatico. Molto pregiata è la una qualità di abete rosso detto "di risonanza" particolarmente indicato e utilizzato per realizzazione di strumenti musicali a corda.
Un posto unico, sia per i profili storici che forestali, è rappresentato dal Bosco delle sorti della partecipanza, situato a Trino Vercellese. Tale grande area boscata, di ben 600 ettari, già soggetta alla grande Abazia di Lucedio fin dal secolo XII, fu poi assegnata in comune proprietà (la c.d. partecipanza) a diverse famiglie e/o insieme di persone per concessione del Marchese di Monferrato nel 1275. Il bosco è infatti, ancora oggi, suddiviso in parti (dette sorti) o punti ai singoli nuclei familiari che, ogni anno a novembre, con estrazione delle varie sorti possono procedere al taglio onde assicurare un adeguato regime di rotazione e di utilizzazione del bosco. Con l.r. 19 agosto 1991, n. 38 (modificata con l.r.. 7 agosto 2006, n. 29) la regione Piemonte ha costituito il Parco regionale del Bosco della Partecipanza assicurandone così maggiore e adeguata tutela e valorizzazione.
Di grande rilievo per l'alto valore naturalistico e paesaggistico è poi la foresta planiziana di Castelporziano, oggi dotazione del Capo dello Stato, riconosciuta quale Riserva naturale dello Stato (con Decreto n. 136/N del 5 maggio 1999), anche per la sua biodiversità di fauna e flora, in particolare per la presenza di qualificate specie forestali (querce, frassini, ontani).
Infine, non può essere dimenticato il bosco di Quarto e la foresta umbra oggi inserito nel Parco Nazionale del Gargano molto noto anche quale luogo di pellegrinaggi e di transumanze.
Il quadro di insieme di tutte queste diverse realtà rappresenta, anche per l'ambito forestale, un rilevante apporto al progressivo affermarsi della concezione del c.d. "paesaggio culturale" nel quale l'elemento unificante è costituito dalla cultura in grado di coniugare arte e natura, bellezza naturale e bellezza creata e implementata dall'uomo. Del resto, è ben noto che il Comitato Unesco del patrimonio mondiale dell'umanità, nell'incontro di Parigi nel 1994, aveva già adottato la definizione di paesaggi culturali come aree geografiche o proprietà distinte "che rappresentano l'opera combinata dalla natura e dall'uomo" [49]. Questi beni rappresentano una nuova e diversa tipologia da includere nella lista del Patrimonio culturale mondiale. In tale definizione sono state individuate tre categorie di paesaggi culturali:
a) Il paesaggio chiaramente definito, concepito e creato dall'uomo (come giardini e parchi creati per motivi estetici e ludici);
b) Il "paesaggio evoluto" che raggiunge la sua naturale forma in associazione risposta all'ambiente naturale;
c) Il "paesaggio culturale associativo" che si qualifica per la forza aggregante dei fenomeni religiosi, artistici o culturali dell'elemento naturale (è proprio il caso dei beni forestali).
Queste rappresentazioni sono poi state adattate e sviluppate nell'ambito dei forum internazionali sui patrimoni dell'umanità, anticipando i principi e le affermazioni contenute nella citata Convenzione europea del paesaggio del 2000, come parte di uno sforzo internazionale per riconciliare "uno dei più pervasivi dualismi del pensiero occidentale quello di natura e cultura" [50].
In tale prospettiva di approccio integrato si colloca certamente la recente Carta dei monumenti verdi, la c.d. "Carta di Siena", presentata ad un Convegno senese nel 2018 [51], quale punto di partenza di un futuro e possibile quadro normativo e di percorso da seguire da parte delle comunità locali e dei cittadini nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-forestale. La Carta riconosce i monumenti verdi come elementi di particolare pregio del patrimonio naturale, ma allo stesso tempo di forte caratterizzazione dei paesaggi, espressione identitaria dei luoghi e dei territori nei quali si trovano e delle comunità che li abitano in un costante processo di co-evoluzione tra esseri umani e natura: in quest'ottica, la relativa tutela si inserisce nel quadro di riferimento delineato dalla Carta Nazionale del paesaggio, redatta dall'Osservatorio nazionale del paesaggio, e adottata dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo nel 2017. Al tempo stesso la Carta inquadra i monumenti verdi come espressione del patrimonio culturale prevista dalla Convenzione Faro sul valore del patrimoni culturale per la società, del 2005 e recentemente ratificata dal legislatore italiano il 30 ottobre del 2019 [52].
La salvaguardia, la gestione e la valorizzazione di questi beni culturali-forestali ovviamente non può essere affidata ai soli attori pubblici, statali, regionali e comunali territoriali, ma richiede un coinvolgimento attivo (la c.d. cittadinanza attiva) dei cittadini e delle comunità locali di riferimento, quale momento iniziale e parte rilevante del processo identitario e culturale tra uomo e natura, fortemente sollecitato nelle richiamate attestazione dell'Unesco. La tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio forestale è una responsabilità non solo dei soggetti pubblici ma anche dei singoli e della società in funzione delle generazioni future e si inserisce nel più ampio quadro della tutela e protezione delle risorse naturali [53].
Note
[1] Come stanno a testimoniare i contributi di A.M. Sandulli, Boschi e foreste (dir. amm.), in Enc. dir., Milano, 1959, V, pag. 617 ss.; A. Latessa, Foreste e boschi, in Nov. Dig. it., Torino, 1968, pag. 534 ss.; A. Abrami, Foreste e boschi, in Nov. Dig. it Appendice III, Torino, 1982, pag. 851 ss.; A. Crosetti, Boschi e foreste, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, V.
[2] Come esattamente messo in evidenza da G. Severini, "Paesaggio": storia italiana ed europea, di una veduta giuridica, in Aedon, 2019, 1, 3 ss.; v. altresì L. Conte, Il paesaggio e la Costituzione, Napoli, 2018, pag. 40 ss.
[3] La legge era limitata a Ravenna, ma la Camera dopo averla approvata votò l'auspicio per "un disegno di legge per la conservazione delle bellezze naturali che si connettono alla storia d'Italia": cfr. R. Balzani, La pineta in Parlamento. Luigi Rava e la questione dei beni culturali e ambientali agli inizi del Novecento, in Classense, II, 2003, pag. 45 ss.; A. Malfitano, Alle origini della politica di tutela ambientale in Italia. Luigi Rava e la nuova pineta "storica" di Ravenna, in Storia e Futuro, 2002, I, pagg. 1-18; questo voto può essere considerato come anticipatore della concezione del paesaggio come "forma del Paese".
[4] Sin dall'inizio del novecento ci furono dibattiti e tentativi, anche nella letteratura giuridica, per giungere ad una individuazione e definizione del paesaggio: tra i primi studi v. M. D'Amelio, La tutela giuridica del paesaggio, in Giur. it., 1912, IV, pag. 129 ss.; N.A. Falcone, Il paesaggio italico e la sua difesa. Studio giuridico-estetico, Firenze, 1914; fondamentale il contributo di L. Parpagliolo, Del fondamento giuridico della legge in difesa delle bellezze naturali, in AA. VV., La difesa delle bellezze naturali in Italia, Roma, 1923; per l'analisi delle vicende storiche: A. Ragusa, Alle origini dello Stato contemporaneo. Politiche di gestione dei beni culturale e ambientali tra Ottocento e Novecento, Milano, 2011; G. Volpe, Manuale di diritto dei beni culturali. Storia e attualità, Padova, 2013, spec. pag. 59 ss.; G. Melis, Dal Risorgimento a Bottai e a Spadolini. La lunga strada dei beni culturali nella storia dell'Italia unita, in Aedon, 2016, 3, da ultimo con ampia ricostruzione critica: P. Passaniti, Il diritto cangiante. Il lungo novecento giuridico del paesaggio italiano, Milano, 2019, pag. 33 ss.
[5] La legge Croce individuava due tipologie di beni oggetto di tutela, quelli immobili, che presentavano un notevole interesse naturalistico, importanti anche per le relazioni con la storia civile e letteraria, e le bellezze panoramiche. Su tale valore distintivo v. E. Mattaliano, Il movimento legislativo per la tutela delle cose di interesse artistico e storico dal 1861 al 1939, in Ricerca sui beni culturali, Roma, 1975, I, pag. 4 ss. Tra gli sporadici provvedimenti di tutela imposti sulla base della legge 778 del 1922 troviamo tuttavia alcuni esempi significativi anche di rilevanza forestale quali il vincolo sul massiccio del Gelas nel comune di Entracque (1927 storica riserva reale delle cacce sabaude), una zona di pascolo e bosco d'alto fusto nel comune di Rhemes Notre Dame, alcuni terreni boschivi nel comune di Rapallo, una pineta nel comune di Forte dei Marmi. Per ulteriori riferimenti sulle vicende storiche di tale difficile processo normativo il rinvio va a F. Ventura, Alle origini della tutela delle "bellezze naturali" in Italia, in Storia urbana, 1987, n. 40, pag. 3 ss.
[6] Sulla rilevanza di tale previsione normativa v. già F. Migliorini, Verde urbano, parchi, giardini, paesaggio urbano: lo spazio aperto nella costruzione della città moderna, Milano, 1989, pag. 12 ss.; quindi A. Crosetti, Per una tutela integrata di ville, parchi e giardini, in Diritto e gestione dell'ambiente, 2001, 1, pag. 161 ss.; da ultimo, con puntuale ricostruzione, G. Severini, I giardini come beni del patrimonio culturale: storia di una legge e questioni interpretative, in Aedon, 2019, 1, 4 ss.
[7] Le valenze dell'impianto normativo della legge n. 1497/1939 sono ben rinvenibili v. già F. Severi, La vigente legge sulla protezione delle bellezze naturali, in Dir. beni pubbl., 1940, pag. 71 ss.; nonché M. Grisolia, Bellezze naturali, in Enc. dir., Milano, 1959, vol. V, pag. 80 ss.; T. Zago, La protezione giuridica delle bellezze naturali, in Amm. it., 1958, II, pag. 125 ss.; S. Cattaneo, Rassegna critica di giurisprudenza in materia di bellezze naturali, in Riv. giur. ed., 1960, II, pag. 218, 241; G. Gleijses, Problemi della protezione delle bellezze naturali nell'ordinamento giuridico vigente, in Nuova Rass., 1962, pag. 3 ss.; G. Pasini, La tutela delle bellezze naturali, Napoli, 1967, pag. 11 ss.; M. Cantucci, Bellezze naturali, in Noviss. Dig. it., Torino, 1968, II, pag. 294 ss.
[8] La concezione estetizzante sottesa alle leggi del 1939 trae origini dall'ideologia estetica che aveva trovato la sua più nota esplicitazione nella Kantiana "Critica del giudizio". Sui valori espressi nella teoria della formatività v. per tutti E. Pereyson, Estetica, Bologna, 1960, passim; v. pure R. Assunto, Il paesaggio come oggetto estetico e la relazione dell'uomo con la natura, in Il Verri, 1968, n. 29, pag. 5 ss.; sul predominio della concezione estetizzante v. A. Cederna, La distruzione della natura in Italia, Torino, 1975, pag. 10 ss.; ulteriori dati in R. Melani, L'arte del paesaggio, Bologna, 2001; P. D'Angelo, Estetica della natura. Bellezza naturale, paesaggio, arte ambientale, Roma-Bari, 2001.
[9] Sulla emersione dei valori paesistici nella letteratura non giuridica, per utili riferimenti v. già R. Biasutti, Il paesaggio terrestre, Torino, 1962, pag. 3 ss.; A. Sestini, Il paesaggio, in Conosci l'Italia, a cura del Touring Club Italiano, Milano, 1963, VII, pag. 3 ss.; gli Atti del Convegno promosso dall'Accademia dei Lincei nel 1964 sul tema La protezione della natura e del paesaggio, Roma, 1964 (quaderno n. 70) ed ivi il saggio di F. Bassanelli, Per una tutela legislativa dell'ambiente naturale e delle risorse della natura, pag. 90 ss.; v. altresì la relazione introduttiva di A. Cederna-I. Insolera, Protezione del paesaggio e della natura nel quadro della pianificazione territoriale, al Convegno di "Italia nostra", del 1966, in Atti, pag. 193 ss.; nonché L. Falco, Natura, monumenti, ambiente: la legislazione di tutela dal 1865 alle regioni, in Società e territorio, 1970, 2; E. Parrelli, I beni culturali e ambientali, Roma, s.d., pag. 50 ss., pag. 78 ss.; A. Villani, La tutela e la vitalizzazione dell'ambiente naturale e storico come problema economico ed urbanistico, in Città e Società, 1972, n. 6; P. George, L'organizzazione sociale ed economica degli spazi terrestri, Milano, 1971. Fra gli storici che hanno affrontato il problema v., in particolare, E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, 1962; G. Galasso, Storia del paesaggio e storia della civiltà agraria, in Nord e Sud, 1964, n. 52, pag. 90 ss.; L. Piccioni, Il volto amato della Patria. Il primo movimento per la protezione dalla natura in Italia. 1880-1934, Camerino, 1999; da ultimi R. Milani, Il paesaggio è un'avventura. Invito al piacere di viaggiare e di guardare, Milano, 2005; C. Tosco, Il paesaggio come storia, Bologna, 2007; M. Jakob, Il paesaggio, Bologna, 2009.
[10] Per questa acquisizione si rinvia ad ampia letteratura: in dottrina già prima del Codice Urbani: G. Berti, Problemi giuridici della tutela dei beni culturali nella pianificazione territoriale regionale, in Riv. amm. 1970, I, pag. 617 ss.; S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in L'Amministrazione dello Stato, Milano, 1976, pag. 153 ss.; I.C. Angle, Beni culturali: vicende di una definizione, in Nord e sud, 1980, pag. 147 ss.; B. Cavallo, La nozione di bene culturale tra mito e realtà: rilettura critica della prima dichiarazione della commissione Franceschini, in Scritti in onore di M.S. Giannini, Milano, 1988, II, pag. 111 ss.; nonché le voci P.G. Ferri, Beni culturali e ambientali nel diritto amministrativo, in Digesto IV (disc. pubbl.), Torino, II, 1987, pag. 217 ss.; T. Alibrandi, Beni culturali, in Enc. Giur. Treccani, Roma, V, 1988; G.A. Acquaviva, Sulla nozione di bene culturale, in Amministrazione e politica, 1994, 5-6, pag. 79 ss. e G. Cofrancesco, Introduzione, in Id., (a cura di) I beni culturali tra interessi pubblici e privati, Roma, 1996, pag. 29 ss.; M.P. Chiti, La nuova nozione di "beni culturali" nel d.lgs. n. 112/1998: prime note esegetiche, in Aedon, 1998, 1; T. Alibrandi, L'evoluzione del concetto di bene culturale, in Foro amm., 1999, pag. 2701 ss.; M. Ainis-M. Fiorillo, I beni culturali, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, II ediz., Diritto amministrativo speciale, Milano, 2003, Tomo II., pag. 1449 ss.; dopo il Codice Urbani del 2004: M. Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2004, pag. 20 ss.; L. Casini, Beni culturali, in Il diritto. Enciclopedia giuridica. Il solo 24 ore, Milano, 2007, II, pag. 482 ss.; C. Videtta, Beni culturali, in Dig. (Disc. pubbl.) Aggiorn. Torino, 2008; A. Bartolini; Beni culturali (dir. amm.), in Enc. dir. Annali, Milano, VI, 2013, pag. 108 ss.; A. Crosetti-D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino, 2009, pag. 2 ss.; recentemente: P. Capriotti, Per un approccio integrato al patrimonio culturale, in Aedon, 2017, 1; M. Cammelli, L'ordinamento dei beni culturali tra continuità e innovazione, in Aedon, 2017, 3.
[11] Su tale apertura ed evoluzione concettuale v. già M.S. Giannini, Difesa dell'ambiente e del patrimonio culturale, in Riv. trim. dir. pubbl. 1971, pag. 1122 ss.; Id., I beni culturali, ivi. 1976, pag. 3 ss.; S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in L'amministrazione dello Stato, Milano, 1976, pag. 153 ss.; M. Ainis, Cultura e politica. Il modello costituzionale, Padova, 1991; S. Amorosino, Beni ambientali, culturali e territoriali, Padova, 1995;V. Caputi Jambrenghi (a cura di), La cultura e i sui beni giuridici, Milano, 1999; A. Crosetti, La tutela ambientale dei beni culturali, Padova, 2001, pag. 45 ss.; dopo la riforma costituzionale del 2001: F.S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, 2002; M. Cammelli, La riforma del vigente Titolo V Cost. Nuove proposte e vecchi problemi, in Aedon, 2003, 1; M. Ainis-M. Fiorillo, I beni culturali e ambientali, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, (a cura di) S. Cassese, Milano, II, 2003, pag. 1053 ss.; G. Severini, I principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in Giorn. dir. amm., 2004, 5, pag. 469 ss.; per valutazioni critiche P. Stella Richter, La nozione di patrimonio culturale, in Foro amm.-Cds, 2004, 4, pag. 1280 ss.; da ultimi M. Cammelli, Il diritto del patrimonio culturale: sfide aperte, risposte possibili, in Aedon, 2017, 3; L. Casini, Quale futuro per il diritto globale del patrimonio culturale, in Giorn. dir. amm., 2017, pag. 285 ss.
[12] In tal senso Giannini, I beni culturali, cit., 10 ss.
[13] Sulla salvaguardia dei valori del paesaggio nel nuovo Codice v., in generale, G. Sciullo, Il codice dei beni culturali e del paesaggio: principi dispositivi ed elementi di novità, in Urb. app., 2004, pag. 763 ss.; G. Severini - S. Foà - L. Casini - V. Milani, Il codice dei beni culturali e del paesaggio, in Giorn. dir. amm., 2004, pag. 418 ss.; V. Carbone, Il nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio, in Corr. giur., 2004, pag. 845 ss.; E. Falcone, Spunti di riflessione sul nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio, in Ambiente, 2004, pag. 627 ss.; P. Giampietro, Dal Testo Unico al "Codice dei beni culturali e del paesaggio", ivi, pag. 605 ss.; E. Follieri, Il diritto dei beni culturali e del paesaggio, Napoli, 2005, spec. pag. 57 ss. Per le valenze innovative contenute nell'art. 2 tra i Commentari: R. Rotigliano, Art. 2, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M. Cammelli, Bologna, 2008, 58 ss.; B. Saponaro, Art. 2, in Commentario del Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) A.M. Angiuli e V. Caputi Jambrenghi, Torino, 2005, 41 ss.; nonché G. Severini, Art. 1-2, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 219, pag. 7 ss.
[14] Sulla rilevanza del culto degli alberi nei boschi sacri nell'antichità, anche solo a titolo indicativo: E. Caetani Lovatelli, Il culto degli alberi, in Nuova antologia, 1899, pag. 20 ss.; G. Stara Tedde, Boschi sacri, in Enciclopedia Treccani, Roma, 1933, VII, pag. 545 ss.
[15] Si possono segnalare alcuni dei più bei boschi italiani da visitare, importanti non solo per valore naturalistico e ambientale ma anche per le valenze storico-culturale: in particolare vanno segnalati: Boschi vetusti della Val Cervara in Abruzzo; Bosco del Parco delle Foreste Casentinensi in Toscana; Foresta di Somadida in Veneto; Boschi del Parco Nazionale del Pollino; Bosco di Ficuzza in Sicilia; Foresta di Tarvisio in Friuli; Bosco di La Thuile in Valle d'Aosta; Bosco di Stilo in Calabria; Bosco di Salbertand in Piemonte; Bosco delle Navette tra Piemonte e Liguria; Bosco Quarto in Puglia; Bosco Fontana in Lombardia; i Giganti della Sila in Calabria. Per ulteriori riferimenti per i profili storici: G. Cherubini, Il bosco in Italia tra XIII e XVI secolo, in L'uomo e la foresta. Secc. XIII-XVIII, Atti della ventisettesima settimana di studi, Prato, 8-13 maggio 1995, a cura di S. Cavaciocchi, Firenze, 1996, pagg. 357-374; da ultimo M. Agnoletto, Storia del bosco. Il paesaggio forestale italiano, Roma-Bari, 2018.
[16] "Il concetto di monumento si riannoda generalmente al ricordo di persone, eventi, fatti, circostanze, reso permanente da una costruzione stabile e da una espressione d'arte e risponde, sia nella produzione da parte dei contemporanei, sia nella conservazione da parte dei posteri, a quel sentimento di continuità spirituale e materiale che costituisce l'istinto della specie umana" così in Enciclopedia italiana Treccani, Roma, 1934, XXIII, pag. 786. Nel linguaggio comune "Monumentale" è "Ciò che, per le sue dimensioni, dia un impressione di grandezza e di solennità", in Enciclopedia Treccani on line ad vocem. Dalla valenza prevalentemente architettonica il termine ha assunto un significato traslato nel tempo, così per monumento naturale si intende invece "un gruppo di elementi dovuti alla natura, come rocce, alberi, morfologie di terreno tali da richiedere idonea conservazione".
[17] Convenzione riguardante la Protezione sul piano mondiale del patrimonio culturale e naturale., firmata a Parigi il 16 novembre 1972, ratificata dall'Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184 Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972.
[18] La stessa nozione di patrimonio naturale, definita dalla Convenzione Unesco del 1972, è stata esattamente recepita dal legislatore italiano nell'art. 1 comma 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), nella quale espressamente viene riconosciuto quale "patrimonio naturale le formazioni fisiche, geologiche, geomorfoligiche e biologiche o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale". Su tale nozione tra i molti: A Simoncini, Ambiente e protezione della natura, Padova, 1996, pag. 20 ss.; G. Di Plinio - P. Fimiani, L'ordinamento delle aree protette, Pescara, 1997, pag. 10 ss.; G. D'Ignazio, La protezione della natura nell'ordinamento italiano, in L. Mezzetti (a cura di), I diritti della natura, Padova, 1997, pag. 30 ss.; quindi A. Crosetti, Aree naturali protette, in Dig. (Disc. pubbl.), Torino, 2008, Aggiornamento, I, pag. 10 ss.; A. Rissolio, Le aree naturali protette e le zone umide, in Trattato di diritto dell'ambiente (a cura di) A. Crosetti, Milano, 2014, III, pag. 699 ss.
[19] Il Corpo forestale dello Stato, fin dalla sua costituzione, ha da sempre svolto un ruolo estremamente positivo e rilevante a tutela del nostro patrimonio boschivo sotto tutti profili non soltanto botanici e selvicolturali, su tale ruolo, a mero titolo indicativo: C. Cantelmo, Corpo forestale dello Stato, in Nov. Dig. it., Torino, 1989; A. Alessandrini (a cura di), Il Corpo forestale dello Stato, Roma, 1988.
[20] L'albero monumentale può essere considerato "monumento", in quanto al pari dei monumenti degli uomini è nel contempo archivio botanico, testimonianza di resilienza, riserva di biodiversità, riconoscere gli alberi monumentali come beni naturali culturali, significa riconoscere il patrimonio artistico naturale alla stregua del patrimonio artistico antropico. Riconoscere gli alberi monumentali come beni storico-culturali, equivale a ricordare la loro presenza nella cultura, nella memoria, nelle tradizioni, civili e/o religiose e nelle leggende di ogni popolazione. Lo studio e la rilevanza degli alberi monumentali sono stati oggetto di contributi recenti anche con approcci giuridici: P. Caramalli, Nuovo status normativo per gli alberi monumentali, in L'Italia forestale e montana, 2008, 63, pag. 279 ss.; C. Lisa, Gli alberi monumentali:normative, conoscenza e tutela, ivi, 2011, 66, pag. 509 ss.; C. Lisa e S. Nocentini, Alberi monumentali: normativa e tutela in Italia, in IV Simposio Gli alberi monumentali in Italia, Atti 108° Congresso della Società botanica italiana, Trento, 18-20 settembre 2013, pag. 27 ss.; L. Zangheri, I grandi alberi monumentali come beni culturali, ivi, 28 ss.; D. Russo, P. Corona, P. Merlini, M. Agrimi, Alberi monumentali: beni culturali e ambientali da sostenere nel tempo e nello spazio, in L'Italia forestale e montana, 2015, pag. 411 ss.
[21] Le immagini, la descrizione e le storie degli alberi monumentali censiti sono state raccolte in un apposito volume dal titolo Gli alberi monumentali d'Italia, curata nel 1990 a cui ha fatto seguito nel 2005 il volume di C. Cagnoni, Grandi alberi d'Italia: alla scoperta dei monumenti naturali nel nostro Paese, dove sono descritti 130 monumenti verdi che raccontano momenti significativi di storia nazionale. Su tali contributi LISA, Gli alberi monumentali: normative, conoscenza e tutela, cit., pag. 509 ss.
[22] Tra i quali possono essere segnalati gli alberi secolari di Verona; la Quercia secolare di Frascati; i Cipressi secolari di Volargne, Dolce, Verona; la Quercia secolare di Villa Attimis, Udine; il Vecchio Tiglio di Macugnaga; il parco degli Ulivi di Turri, Medio Campidano; la Quercia delle checche (Val d'Orcia), Siena; il Pino monumentale di Vittorio Veneto.
[23] Per un esame esaustivo e compiuto della normativa regionale in materia v. S. Manservini, Alberi monumentali e infrastrutture verdi, Roma, Aracne, 2013, pag. 109 ss.; nonché N. Ferrucci, I nuovi confini della monumentalità vegetale: dagli alberi al bosco, in Commentario al Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali (d.lgs. 3 aprile 2018, n. 34, (a cura di) N. Ferrucci, Milano, 2019, pag. 366 ss.
[24] In tale ottica si collocano quasi tutte le leggi regionali: l.r. Friuli Venezia Giulia 8 giugno 1993, n. 35 "Disposizioni per la tutela dei monumenti naturali e del patrimonio vegetale"; l.r. Piemonte 3 aprile 1995, n. 50 "Tutela e valorizzazione degli alberi monumentali, di alto pregio naturalistico e storico dl Piemonte", l.r. Puglia n. 14 del 4 giugno 2007 "Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia"; l.r. Toscana "Tutela e valorizzazione degli alberi monumentali e modifica dell'art. 3 della l.r. 11 aprile 1995, n. 49"; l.r. Veneto 9 agosto 2002, n. 20 "Tutela e valorizzazione degli alberi monumentali"; l.r. Calabria 7 dicembre 2009, n. 47 "Tutela e valorizzazione degli alberi monumentali e della flora spontanea autoctona della Calabria".
[25] La nuova e diversa prospettazione del paesaggio quale "forma del paese, creata dall'azione cosciente e sistematica della comunità umana insediata su un territorio" è stata sviluppata, come noto, soprattutto da A. Predieri, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969, spec. pag. 17 ss.; le stesse riflessioni sono state riprese e puntualizzate nella nota voce Paesaggio, in Enc. dir., Milano, 1981, vol. XXXIII, pag. 504 ss. A tale prospettazione ha successivamente aderito gran parte della dottrina v. M.P. Chiti - P. Moneta, Contributo allo studio degli strumenti giuridici per la tutela del paesaggio, in Foro amm., 1970,1, III, pag. 1045 ss.; G. Martini, Disciplina urbanistica e tutela del patrimonio storico, artistico e paesistico, Milano, 1970, pag. 15 ss.; F. Quadri, L'uomo e l'ambiente: prospettive giuridiche, in Quaderni di Iustitia, Roma, 1971, n. 23, pag. 10 ss.; G. Morbidelli, Problemi giuridico-organizzativi della difesa dell'ambiente nell'ordinamento italiano, in La città inquinata, Firenze, 1972, pag. 347 ss.; F. Levi, La tutela del paesaggio nell'ordinamento italiano, in Impresa, ambiente e P.A., 1977, I, pag. 475 ss.; Id., La tutela del paesaggio, in Studi di diritto comparato, Torino, 1979, pag. 49 ss.; F. Agrifoglio, Ambiente. Valori culturali e valori civili: dalle "bellezze naturali" al "paesaggio", in Cronache parlam. Siciliane, 1977, XVII, fasc. 7-8; P. De Lise, La tutela ambientale nel quadro dell'assetto del territorio, in Foro amm., 1979, III, pag. 530 ss.; A. Crosetti, Tutela dei beni ambientali, in Nov. Dig. it. Appendice, Torino, 1980, VIII, pag. 929 ss.; G.F. Cartei, La disciplina del paesaggio tra conservazione fruizione, Torino, 1995; per il dibattito sulla evoluzione della nozione di paesaggio più recentemente: G. Tamburelli, Evoluzione della disciplina a tutela del paesaggio, in www.isgi.cnr.it, 2004; il bel libro di C. Desideri, Paesaggio e paesaggi, Milano, 2010; R. Fattibene, L'evoluzione del concetto di paesaggio tra norme e giurisprudenza costituzionale: dalla cristallizzazione all'identità, in www.federalismi.it, n. 10/2016, pag. 3 ss. Sulla rilevanza anticipatrice degli studi di Predieri v. oggi il volume Il "paesaggio" di Alberto Predieri, a cura di G. Morbidelli e M. Morisi, Firenze, CESIFIN, 2019 con contributi di G. Morbidelli, Il contributo fondamentale di Alberto Predieri all'evoluzione e alla decifrazione della nozione di paesaggio, pag. 13 ss.; di G. Severini, L'evoluzione storica del concetto di paesaggio, pag. 59 ss.; di G. Cerrina Ferroni, Il paesaggio nel costituzionalismo contemporaneo, pag. 109 ss.; da ultimo anche Passaniti, Il diritto cangiante. Il lungo novecento giuridico del paesaggio italiano, cit., spec. pag. 95 ss.
[26] Sulla nozione di paesaggio nel Codice a seguito del recepimento dei principi della Convenzione europea sul paesaggio v. tra i Commentari: S. Civitarese Matteucci, Commento all'art. 131, in M. Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2004, pag. 507 ss.; A. Angiuli, Beni paesistici e codificazione, in Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) A. Angiuli - V. Caputi Jambrenghi, Torino, 2005, pag. 325 ss.; P. Carpentieri, La nozione giuridica di paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2004, pag. 363 ss.; Id., Salvaguardia dei valori del paesaggio, in Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) G. Leone - A.L. Tarasco, Padova, 2006, pag. 841 ss.; G.F. Cartei, Paesaggio, in Dizionario di diritto pubblico, (a cura di) S. Cassese, Milano, 2006, vol. V, pag. 4063 ss.; N. Assini - G. Cordini, I beni culturali e paesaggistici. Diritto interno, comunitario, comparato e internazionale, Padova, 2006; tra i Commentari: M. Immordino - A. Cavallaro, Art. 131, in Codice dei beni culturali e del paesaggio. D lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 modificato con i DD.lgs. 24 marzo 2006 nn. 156 e 157, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2006, pag. 844 ss.; G. Mastrodonato, Art. 131, in Commentario dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 341 ss.; D. Sandroni, Art. 131, in Il codice dei beni culturali e del paesaggio. Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, (a cura di) R. Tamiozzo, Milano, 2005, pag. 587 ss.; v. inoltre A. Crosetti, Paesaggio, in Dig. (Disc. pubbl.) Aggiorn., Torino, 2008; C. Marzuoli, Il paesaggio nel nuovo codice dei beni culturali, in Aedon, 2008, 3; L. Perfetti, Premesse alle nozioni giuridiche di ambiente e paesaggio. Cose, beni, diritti e simboli, in Riv. giur. amb., 2009, pag. 1 ss.; E. Boscolo, La nozione giuridica di paesaggio identitario e il paesaggio "a strati", ivi, 2009, pag. 56 ss.; S. Amorosino, La valorizzazione del paesaggio e del patrimonio naturale, in Riv. giur. ed., 2009, II, pag. 143 ss.; da ultimi v. l'accorato appello critico si S. Settis, Paesaggio, Costituzione, cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile, Torino, 2010; S. Amorosino, Introduzione al diritto del paesaggio, Roma-Bari, 2010; P. Marzaro, L'amministrazione del paesaggio. Profili critici ricostruttivi di un sistema complesso, Torino, 2011; A. Abrami, Legislazione e amministrazione del paesaggio. Un'indagine critica, Roma, 2018.
[27] L'obiettivo generale della Convenzione è stato quello di "obbligare i pubblici poteri ad attuare, a livello locale, regionale e nazionale ed internazionale, delle politiche e dei provvedimenti atti a salvaguardare, gestire e pianificare i paesaggi d'Europa, al fine di conservarne e migliorarne la qualità e far si che le popolazioni, le istituzioni e gli enti territoriali ne riconoscano il valore e l'interesse e partecipino alle decisioni pubbliche in merito". Su contenuti e valenze naturalistiche di tale Convenzione: H. De La Fuente, La convenzione europea del paesaggio (20 ottobre 2000), in Riv. giur. amb., 2001, pag. 893 ss.; nonché M. Montini - E. Orlando, La tutela del paesaggio tra Convenzione europea del paesaggio e normativa italiana, in V. Piergigli, A.L. Maccari (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio tra teoria e prassi, Milano, 2006, pag. 633 ss.; G.F. Cartei (a cura di), Convenzione europea del paesaggio e governo del territorio, Bologna, 2007; Id., Codice dei beni culturali e del paesaggio e Convenzione europea: un raffronto, in Aedon, 2008, 3; G. Sciullo, Il paesaggio fra la Convenzione e il Codice, in Riv. giur. urb., 2009, pag. 44 ss.; S. Foà, Dalla Convenzione europea al Codice dei beni culturali e del paesaggio. Obiettivi di tutela e valorizzazione, in Trattato di diritto dell'ambiente, (a cura di) A. Crosetti, cit., 2004, III, pag. 431 ss.; nonché P. Carpentieri, Paesaggio e diritto europeo, in Riv. giur. ed., 2013, 3, pag. 483 ss.
[28] "L'uomo ed il suo ambiente naturale sono legati da una reciproca capacità di influenza e modifica... e di fatto l'uomo agisce sul paesaggio anche in funzione di come lo percepisce, del valore culturale che gli dà": in tal senso M. Saragoni, Struttura del paesaggio e percezione sociale: quale rapporto nella definizione della qualità, Firenze, University Press, 2007, online, pag. 223 ss., in aderenza alla concezione di Predieri; v. inoltre C. Tosco, Beni culturali e paesaggio: una storia italiana, in Nuova informazione bibliografica, 2015, XII, n. 1, pag. 105 ss.
[29] Va solo evidenziato che l'art. 137 comma 3 del Codice, nella versione aggiornata del 2008, ha provveduto ad adeguare la procedura relativa all'imposizione del vincolo, per la peculiarità del bene, laddove riguardi alberi monumentali, ha previsto che per tale valutazione la Commissione per il paesaggio chiamata a formulare il parere di competenza debba essere integrata da un rappresentante del competente Comando del Copro forestale dello Stato.
[30] Per gli effetti di controllo sul paesaggio tramite il regime autorizzativo: L. Francario, La destinazione della proprietà a tutela del paesaggio, Napoli, 1986; M. Immordino, Vincolo paesaggistico e regime dei beni, Padova, 1991; dopo il Codice Urbani: A. Crosetti, Paesaggio, cit., 542 ss.; N. Ferrucci, L'autorizzazione paesaggistica alla luce del Codice Urbani, in Dir. giur. agr. alim. amb., 2010, pag. 444 ss.; L. Corti, Vincoli e autorizzazioni paesaggistiche: orientamenti consolidati e profili di novità, in Riv. giur. amb., 2011, pag. 524 ss.; A. Farì, Beni e funzioni ambientali, Napoli, 2013; M.L. Schiavano, Il regime autorizzatorio dei beni paesaggistici, in Trattato di diritto dell'ambiente III, (a cura di) A. Crosetti, La tutela della natura e del paesaggio, cit., III, pag. 513 ss.
[31] Sulla estensione del vincolo paesaggistico alle aree boscate in seguito alla legge Galasso del 1985 già M. Libertini, La tutela dell'ambiente: legge 8 agosto 1985, n. 431, in Nuove leggi civ. commentate, Padova, 1986, pag. 931 ss.; F. Novarese, La tutela del bosco nella legislazione italiana, in Riv. giur. amb., 1988, pag. 583 ss.; A. Abrami, Territori montani e legislazione ambientale, in Le regioni, 1990, pag. 23 ss.; Id., Dal vincolo idrogeologico al vincolo ambientale, Firenze, 1993, pag. 35 ss.; N. Greco, Boschi e foreste nel sistema della pianificazione territoriale e ambientale, in Scritti per A. Predieri, Milano, 1996, II, pag. 937 ss.; S. Amorosino, I vincoli paesistici ex lege n. 431 del 1985: concetti normativamente indeterminati e valutazioni amministrative, in Riv. giur. ed., 1996, pag. 183 ss.; dopo il Codice Urbani: G.F. Cartei, La disciplina dei vincoli paesaggistici: regime dei beni ed esercizio delle funzioni amministrative, in Riv. giur. ed., 2006, II, pag. 19 ss.; G. Crepaldi, Il regime vincolistico dei beni paesaggistici, in Trattato di diritto dell'ambiente, (a cura di) A. Crosetti, III, cit., pag. 467 ss.; in particolare S. Bolognini, Il bosco e la disciplina forestale, in Trattato di diritto agrario 2. Il diritto agroalimentare, diretto da L. Costato, A. Germanò, E. Rook Basile, Torino, 2011, pag. 95 ss.: N, Ferrucci, Il bosco alla luce del codice dei beni culturali e del paesaggio, in I diritti della terra e del mercato agroalimentare. Liber Amicorum Alberto Germanò, Torino, 2016, pag. 607 ss.
[32] N. Ferrucci, Un altro passo avanti verso la tutela giuridica degli alberi monumentali, in Georgofili Info. Notiziario di informazione su agricoltura, ambiente, alimentazione a cura dell'Accademia dei georgofili, sito Internet www.georgofili.info; v. altresì C. Tagliaferro, Note sulla legge 10/2003 "Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani", in www.salviamoilpaesaggio.it, 2013; A. Abrami, La recente disciplina giuridica del verde urbano, in L'Italia forestale e montana, 2013, pag. 68 ss.
[33] Ferrucci, I nuovi confini della monumentalità vegetale: dagli alberi al bosco, cit., pag. 371; più in generale su tale valenza indiretta A. Crosetti, La tutela ambientale dei beni culturali, cit., spec. pag. 189 ss.
[34] Si tratta, come noto, delle categorie di beni culturali "per riferimento", "per testimonianza identitaria" a valenza indiretta su cui v. G. Morbidelli, Commento art. 10, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2019, pag. 141 ss.; similmente al vincolo indiretto per i beni culturali su cui A. Crosetti, La tutela ambientale dei beni culturali, cit., pag. 91 ss.
[35] L'elenco nazionale era composto dagli elenchi che le regioni erano chiamate a predisporre in formato digitale entro il 31 dicembre 2015, sulla base degli elenchi comunali contenenti le proposte di attribuzione del carattere di monumentalità, risultato del citato censimento che tutti i comuni avrebbero dovuto realizzare entro il 31 luglio 2015, sotto il coordinamento delle regioni, sia mediante ricognizione territoriale con rilevazione diretta e schedatura del patrimonio vegetale, sia a seguito di recepimento, verifica specialistica e conseguente schedatura delle segnalazioni provenienti da cittadini, istituti scolastici, enti territoriali, strutture periferiche del Corpo forestale dello Stato, direzioni generali e soprintendenze competenti, e da associazioni naturalistiche.
[36] Nell'eventualità in cui fosse rilevato un pericolo per la pubblica incolumità e la sicurezza urbana, l'amministrazione comunale era legittimata a provvedere tempestivamente agli interventi ritenuti necessari a prevenire e ad eliminare il pericolo (ordinanza con tingibile ed urgente), salvo l'obbligo di darne immediata comunicazione al Corpo Forestale dello Stato e di predisporre, ad intervento concluso), una relazione descrittiva della situazione e delle motivazioni che avevano determinato l'intervento.
[37] L'elenco è riportato nell'Allegato A Sezione 1) del decreto.
[38] L'elenco è riportato nell'Allegato Sezione 2) del decreto.
[39] Trascorso il termine di 120 giorni dalla pubblicazione del decreto, l'elenco di cui al prospetto A-Sezione 2), in assenza di osservazioni, ai sensi della legge 241/1990 e s.m.i., e della normativa vigente in materia di ricorsi amministrativi, si intende approvato, rientrando a far parte della Sezione 1).
[40] Con decreto dirigenziale n. 661 del 9 agosto 2018, è stato approvato il primo aggiornamento dell'elenco nazionale, elaborato sulla base degli elenchi pervenuti dalle regioni Lazio, Lombardia, Molise e Sardegna e contenenti un totale di 332 nuove iscrizioni. Il decreto approva anche le variazioni dovute a perdita di esemplari per morte naturale o battimento nonché rettifiche di alcuni dati.
[41] Va solo avvertito che l'art. 11, lett. c) de d.lgs. 19 agosto 2016, n. 177 recante "Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'art. 8, comma 2, lett. a) della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche" ha attribuito al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (attualmente ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo) le funzioni precedentemente assegnate al Corpo forestale dello Stato, dalla legge n. 10/2013 e dal d.m. n. 268/2014, relative alla tenuta dell'elenco degli alberi monumentali e al rilascio del parere a sensi dell'art. 7, commi 2 e 4 della stessa legge n. 10/2013. Su tale assorbimento di funzioni: L. Corbetta, Il Corpo forestale dello Stato e il Comando Unità forestali, Ambientali e Agroalimentari Carabinieri, in Diritto forestale e ambientale. Profili di diritto nazionale ed europeo, (a cura di) N. Ferrucci, Torino, 2018, II ediz., pag. 329 s.
[42] Per alcuni primi commenti sui contenuti e le valenze innovative del T.U.F del 2018. v. A. Crosetti, Beni forestali, in Digesto (Disc. pubbl.) Aggiorn., 2018; nonché N. Ferrucci, Il nuovo testo unico in materia di foreste e filiere forestali: una prima lettura, in Diritto agroalimentare, 2018, 2, spec. pag. 275 ss.; R. Romano, Il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali, in Agriregionieuropa, 2018, n. 54; nonché il recente Commentario al Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali (d.lgs.. 3 aprile 2018, n. 34), a cura di N. Ferrucci, Milano, 2019, spec. pag. 9 ss.
[43] È stata auspicata nella Mozione finale al IV Congresso Nazionale di selvicoltura Torino, 5-9 novembre 2018, la realizzazione di una "Rete nazionale dei boschi vetusti" quali elementi essenziali per la conservazione della biodiversità animale e vegetale, nonché per valutare l'impatto delle attività selvicolturali sugli ecosistemi forestali e la loro sostenibilità.
[44] Va solo rilevato che la disposizione, nella sua versione novellata, sulle orme di quella originaria, demanda ad un futuro decreto del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turiamo, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato regioni, la determinazione dei principi e dei criteri direttivi per il censimento degli alberi monumentali e dei boschi vetusti ad opera dei comuni e per la redazione ed il periodico aggiornamento da parte delle regioni e dei comuni stessi degli elenchi di cui al comma 3, nonché la istituzione dell'elenco degli alberi monumentali e dei boschi vetusti d'Italia, la cui gestione è affidata al ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e che dovrà essere aggiornato periodicamente e messo a disposizione, tramite sito internet, delle amministrazioni pubbliche e della collettività. Nessun riferimento viene fatto nel T.U.F., all'eventuale abrogazione del d.m. emanato a suo tempo in attuazione dell'originario art. 7, che come esaminato, aveva già istituito l'Elenco degli alberi monumentali e regolamentato i compiti delle regioni e dei comuni: tali disposizioni dovrebbero restare in vigore fino all'approvazione del nuovo decreto ministeriale.
[45] Non va infatti sottaciuto che alla tutela dei beni paesaggistici concorre il disposto dell'art. 734 c.p. (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali"), il quale, sebbene richiami la vecchia dizione delle bellezze naturali, deve in realtà ritenersi applicabile ora a tutti i beni paesaggistici, "in quanto sottoposti a speciale protezione" così come individuati dal nuovo Codice. Tale norma, come riconosciuto da dottrina e giurisprudenza, integra un reato definito di danno, anzi un reato istantaneo con effetti permanenti, perché la condotta che produce l'evento dell'alterazione si esaurisce nel momento del compimento dell'azione criminosa, verificandosi contestualmente la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma e con effetti permanenti dal momento che, pur consumandosi istantaneamente, perdura il danno all'alterazione del patrimonio naturale e paesaggistico. Sulle valenze dell'art. 734 c.p. v. già C. Luzzati, Distruzione deturpamento di bellezze naturali, in Enciclopedia forense, Milano, 1958, III, pag. 327 ss.; M. Mazzanti, Osservazioni sulla contravvenzione prevista dall'art. 734 c.p., in Giust. pen., 1962, II, pag. 559; A. Bisagni, Protezione delle bellezze naturali e reato ex art. 724 c.p., in Temi romana, 1968, pag. 404 ss.; G. Canzio, La protezione dell'ambiente naturale e l'art. 734 c.p., in Riv. giur. ed., 1971, II, pag. 86 ss.; A. Albamonte, In tema di tutela penale delle bellezze naturali, Nota a Cass, Sez. VI, 26 febbraio 1975, in Riv. pen., 1976, pag. 608 ss.; dopo la legge Galasso del 1985: L. Bertolini, Beni di interesse ambientale: rapporti tra l'art. 1 sexies della L. n. 431/1985 e l'art. 734 c.p., in Riv. giur. amb., 1986, pag. 515 ss.; F. Mucciarelli, Bellezze naturali (distruzione e deturpamento), in Dig. penale, Torino, 1988, I, pag. 433 ss.; M. Zara, Bellezze naturali (distruzione e deturpamento), in Enc. giur. Treccani, Roma, vol. IV; M. Santoloci, I vincoli paesaggistici-ambientali: le Sezioni Unite della Cassazione creano una innovativa applicazione per l'art. 734 c.p., in Riv. pen. econ., 1994, pag. 41 ss.; L. Orcali, L'art. 734 c.p. e l'attività autorizzativa della pubblica amministrazione, in Rass. Avv. Stato, 1996, II, pag. 58 ss.; G. Pagliara, Ancora sul reato di cui all'art. 1 sexies L. n. 431/1985: spunti di riflessione (nota a Cass, Sez. III, 22 settembre 1995), in Riv. pen., 1996, pag. 483 ss.; G. Lamantea, Reato in materia paesaggistica e sanzioni sostitutive, in Dir. e giur. agr. e amb., 1997, pag. 523 ss.; L. Ramacci, Tutela del paesaggio e sanzioni in concreto applicabili, in Nuovo dir., 1998, pag. 389 ss.; da ultimi L. Bisori, La riforma penale del paesaggio, in Cass. pen. 2005, pag. 3180 ss.; P. Brambilla, Le sanzioni ambientali in Italia, in Riv. giur. amb., 2008, pag. 1 ss.
[46] In merito al regime sanzionatorio delineato dal nuovo Codice Urbani: P. Cerbo, Art. 167, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M. Cammelli, Bologna, 2007, pag. 653 ss.; G. Mastrodonato, Art. 167, in Commentario del Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) A. Angiuli - V. Caputi Jambrenghi, Torino, 2005, pag. 425 ss.; A. Massone, La vigilanza e le sanzioni, in Trattato di diritto dell'ambiente, (a cura di) A. Crosetti, Milano, 2014, III, pag. 607 ss.; da ultimo M.A. Sandulli e C. Macrì, Art. 167, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2019, pag. 1444 ss.
[47] Sulla travagliata nozione giuridica di bosco: A. Fioritto, Le foreste e i boschi, in Trattato di diritto amministrativo Diritto amministrativo speciale, (a cura di) S. Cassese, Milano, 2003, V, pag. 3249 ss.; A. Cerofolini, La definizione giuridica di bosco nell'ordinamento italiano, in L'Italia forestale e montana, 2014, pag. 37 ss.; v. pure F. Di Dio, Chiosando sulla nozione di boschi e foreste: il percorso evolutivo della definizione scientifica e normativa, in Dir. e giur. agr., 2005, pag. 534 ss.; G. Bobbio, La nozione di bosco e foresta nell'ordinamento italiano e spunti di diritto comparato, in Riv. giur. urb., 2011, III, pag. 263 ss.; dopo il T.U.F. v. N. Ferrucci, La definizione giuridica di bosco alla luce del testo unico foreste e filiere forestali: sulle orme del passato verso nuove prospettive, in Commentario al Testo Unico, cit., spec. pag. 48 ss.; nonché A. Crosetti, Beni forestali, in Dig. it. aggiornamento, 2018.
[48] L'importanza di tale codificazione forestale è messa in evidenza anche recentemente da R. Romano, Il Codice forestale camaldolese: le radici della sostenibilità, in Agriregionieuropa, 2016, n. 6, pag. 15 ss.
[49] Per l'affermarsi e la crescente rilevanza di tali paesaggi v. per tutti la voce Paesaggio culturale in Wikipedia ed ivi ulteriori riferimenti anche bibliografici. Per l'attuazione della Convenzione del Patrimonio mondiale approvate dalla I Sessione del Comitato del Patrimonio mondiale a Parigi il 30 giugno 1977 modificata, da ultimo, nel corso della trentacinquesima Sessione del 19-29 giugno 2012 a Parigi con la decisione 35COM13 (whc.unesco.org/en/guidelines) ha identificato e adottato tre tipologie di paesaggio culturale, che spaziano da quei paesaggi "modellati" in modo più deliberato dall'uomo, attraverso un'ampia gamma di "opere" combinate, fino a quelli "modellati" in modo meno evidente dall'uomo. Questo concetto di paesaggio come "la particolare conformazione di un territorio che risulta dagli aspetti, fisici, biologici ed antropici" e quindi quale "prodotto finale dell'azione di diversi fattori" è quella sostanzialmente accolta anche da Predieri nei sui citati contributi. V. per tutti già W. Haber, Concept, Origin, and Meanig of Landschap. UNESCO, Cultural Landscapes oh Universal Value: Components of a Global Strategy UNESCO, New York, 1995, pagg. 38-42; importanti per più aspetti i contributi per questo concetto dei geografi Otto Schluter e Carl O. Sauer, studiosi di geografia culturale e umana che ne hanno promosso e sviluppato l'idea.
[50] Per tutti v. S. Pannel, Reconciling Nature and Culture in a Global Context: Lessons form the World Heritage List, James Cook University, Cairns, Australia, 2006, 63 ss.; v. adesivamente G. Cordini, La protezione dei beni culturali e ambientali: profili di diritto costituzionale comparato e dimensione sovranazionale, in Manuele dei beni culturali, Padova, 2000, pag. 30 ss.; A. Crosetti, La tutela naturalistica dei beni culturali ovvero il paesaggio culturale, in Urbanistica e paesaggio, Atti Convegno AIDU a cura di G. Cugurra, E. Ferrari, G. Pagliari, Napoli, 2006, pag. 123 ss.
[51] Convegno su "La tutela dei monumenti verdi: un nuovo approccio ecologico al diritto" Siena, 5 ottobre 2018. La Carta definisce i "monumenti verdi" come "il risultato del connubio inscindibile tra esseri umani e natura che si è creato nel corso dei secoli attraverso un percorso di reciproca interazione".
[52] La Convenzione Faro così denominata dal nome della città del Portogallo dov'è stata presentata è più esattamente la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società che impegna Stati e cittadini alla tutela, conservazione, promozione e valorizzazione del patrimonio culturale delle singole comunità.
[53] Come esattamente e accoratamente evidenziato nel recente volume di O. Ciancio e S. Nocentini, Il bosco: bene indispensabile per un presente vivibile e un futuro possibile, Firenze, Accademia Italiana di Scienze forestali, 2019; nella stessa prospettiva il pregevole lavoro di M. Brocca, Dimensione culturale e amministrazione dei boschi, in I boschi e le foreste come frontiere del dialogo tra scienze giuridiche e scienze della vita, (a cura di) M. Brocca, M. Troisi, Napoli, 2014, pag. 177 ss.; nel quadro della tutela e protezione delle risorse naturali v. D. Amirante (a cura di), La conservazione della natura in Europa, Milano, 2003; I.R. Pulli, La tutela delle risorse naturali, in Amm. it., 2008, pag. 1124 ss.; A. Dani, Le risorse naturali come beni comuni, Grosseto, 2013; S. Settis, Paesaggio bene comune, Napoli, 2013.