La riforma del settore cinematografico e audiovisivo
La legge n. 220 del 2016: quale spazio per le autonomie locali?
Sommario: 1. Cinema e autonomie locali: la storia di un difficile decentramento. - 2. Alla ricerca di un nuovo centro: il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo. - 3. La rete nazionale delle cineteche pubbliche. - 4. Il potenziamento delle sale cinematografiche tra tutela e valorizzazione. - 5. Le film commission: da player locali a interlocutori istituzionali.
Law no. 220 of 2016: what is the space for local governments?
The Article 117 of Italian Constitution, like modified by constitutional reform of 2001, provides for concurrent legislative competences for State and local governments in the performing arts sector. After 2001, local governments have taken over very important spaces in the govern of this sector in terms of funding of performing arts and also in the performance of public functions relating the conservation, digitalization of filmic and audiovisual heritage and the regional planning of cinematographic offer. This paper aims to investigate if and how the law 14 November 2016, no. 220, has changed or reinforced the competence framework.
Keywords: Cinema; Audio-visual; Local Governments.
1. Cinema e autonomie locali: la storia di un difficile decentramento
Occuparsi delle regole e degli strumenti dell'intervento pubblico a sostegno del settore cinematografico previsti dalla legge 14 novembre 2016, n. 220, di riforma della "Disciplina del cinema e dell'audiovisivo" [1], significa anzitutto confrontarsi con il ruolo che il centro ha inteso ritagliarsi nella promozione delle attività riconducibili allo spettacolo registrato e con il "grado" di autonomia che, per effetto di tale scelta, viene riconosciuto alle autonomie locali ed in primis ai governi regionali in una materia, come noto, ascritta alla potestà legislativa concorrente.
Lo spettacolo rappresenta peraltro uno dei primi ambiti in cui la Corte costituzionale fu chiamata ad intervenire, all'indomani della riforma costituzionale del Titolo V, per ridefinire i confini tra le materie elencate nell'art. 117 della Costituzione ed interpretarne i silenzi [2].
Su questo terreno, quello dello spettacolo, non fu però vero scontro.
Quanto la Corte nella pronuncia del 19 luglio 2005, n. 285, definì i livelli di governo regionale ed infraregionale "strutturalmente inadeguati a soddisfare, da soli, lo svolgimento di tutte le tipiche e complesse attività di disciplina e sostegno del settore cinematografico", sul presupposto che una tale soluzione le avrebbe esposte "al rischio di eccessivi condizionamenti localistici nella loro gestione", salvando di fatto l'impianto del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 28, salvo richiedere, in ossequio al principio di leale collaborazione, che i poteri normativi e programmatori che caratterizzavano il sistema di sostegno ed agevolazione delle attività cinematografiche, riservati nel decreto legislativo solo ad organi statali, fossero concertati in seno alla Conferenza Stato-regioni, le autonomie locali siglarono una sorta di "tregua istituzionale" [3] accontentandosi di partecipare all'individuazione degli obiettivi per la promozione delle attività cinematografiche attraverso la partecipazione alla Consulta territoriale per le attività cinematografiche (art. 4, co. 3, lett. c) ed occupando gli spazi espressamente assegnati all'autonomia regionale dal legislatore delegato in merito al "sostegno alle produzioni cinematografiche realizzate nei territori di propria competenza" (art. 19, co. 6) e alla disciplina delle procedure di autorizzazione alla realizzazione, trasformazione, ristrutturazione e ampliamento di sale e arene cinematografiche (art. 22).
Ed è sul primo versante che negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore del d.lg. n. 28/2004 le regioni, nell'esercizio della potestà concorrente in materia di "promozione ed organizzazione delle attività culturali", hanno investito le maggiori energie istituendo e alimentando con risorse proprie provenienti anche da fondi europei, senza alcun raccordo con il centro statale, una pluralità di fondi a sostegno del settore cinematografico ed audiovisivo, dal Fondo unico regionale per lo spettacolo [4] al Fondo di garanzia [5], dal Fondo di rotazione [6] ai fondi di sostegno economico per la realizzazione di progetti audiovisivi meglio noti come Film fund [7] o Fondi per l'audiovisivo affidati alle film commission, laddove costituite, concorrendo per tale via anche allo sviluppo socio-economico dei propri territori, talora nell'ottica di una più complessiva valorizzazione in chiave turistica del paesaggio e del patrimonio culturale, nelle sue componenti materiali ed immateriali.
Sul secondo versante la strada del decentramento è stata senz'altro più agevole, trattandosi di un ambito fortemente interconnesso con un settore, quello del governo del territorio, nel quale, riprendendo le parole della Corte costituzionale nella sentenza n. 285/2005, pare del "tutto evidente la mancanza di esigenze unitarie tali da far ritenere inadeguato il livello regionale di governo allo svolgimento della funzione amministrativa in questione".
Anche se poi dall'analisi delle scelte effettuate dal legislatore regionale [8], indifferente alle segnalazioni dell'Agcom sugli effetti distorsivi di meccanismi autorizzatori finalizzati esclusivamente a contingentare il numero delle sale presenti nel territorio, tocca constatare come non tutto il decentramento "realizzato" di quello "possibile" sia stato messo al servizio della diversificazione dell'offerta cinematografica nel territorio e quindi dello sviluppo del settore. A conferma che il decentramento è uno strumento a disposizione dell'ordinamento per soddisfare le esigenze di un settore ma non la soluzione dei suoi problemi [9] che spesso, come nel caso dello spettacolo, si annidano nella difficile composizione degli interessi dei soggetti istituzionalmente coinvolti nella promozione delle attività che ne sono espressione.
2. Alla ricerca di un nuovo centro: il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo
La necessaria ricerca di nuove sedi, anche sul piano organizzativo, nelle quali possa realizzarsi un effettivo coordinamento tra gli interessi dei soggetti coinvolti nella promozione delle attività di spettacolo, superando i limiti del modello delineato dal d.lg. n. 28/2004, induce a guardare con estrema attenzione ad alcune delle novità introdotte dalla legge n. 220/2016, prima fra tutte l'istituzione del "Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo".
Il Consiglio, organo consultivo e di indirizzo a carattere tecnico-scientifico, svolge compiti di consulenza e supporto nell'elaborazione ed attuazione delle politiche di settore e nella predisposizione di indirizzi e criteri generali relativi alla destinazione delle risorse pubbliche per il sostegno alle attività cinematografiche e dell'audiovisivo (art. 11, co. 2), avvalendosi delle analisi di settore, delle risultanze dell'attività di monitoraggio delle politiche pubbliche e degli esiti delle consultazioni periodiche avviate con gli operatori di settore (art. 11, co. 3, lett. a) ed f).
Tra i suoi compiti, in particolare, rientrano la formulazione di proposte in merito "agli indirizzi generali delle politiche pubbliche di sostegno, promozione e diffusione del cinema e dell'audiovisivo, ai relativi interventi normativi e regolamentari" (art. 11, co. 3, lett. b) e "ai contenuti delle disposizioni applicative inerenti la concessione di contributi e il riconoscimento degli incentivi, con particolare riferimento ai presupposti, alle condizioni e ai requisiti" in vista del raggiungimento degli obiettivi generali perseguiti dalla riforma (art. 11, c. 3, lett. g); la formulazione di pareri sugli "schemi di atti normativi e amministrativi generali afferenti la materia del cinema e dell'audiovisivo e su questioni di carattere generale di particolare rilievo" (art. 11, co. 3, lett. c), sui "documenti di analisi realizzati dal Ministero" (art. 11, co. 3, lett. i), sulla definizione di accordi internazionali e sulla gestione dei rapporti con le istituzioni nazionali, internazionali ed europee (art. 11, co. 3, lett. d) e soprattutto sui "criteri di ripartizione delle risorse tra i diversi settori di attività e sulle condizioni per la concessione dei contributi finanziari" disciplinati nel Capo III della legge n. 220/2016 (art. 11, co. 3, lett. e). Il decreto ministeriale di riparto del "Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo" fra le tipologie di contributi previsti dalla legge n. 220/2016 viene adottato, per l'appunto, "sentito il Consiglio superiore" (art. 13, co. 5).
Sul piano organizzativo il Consiglio superiore è composto da otto personalità del settore cinematografico e audiovisivo di "particolare e comprovata qualificazione professionale e capacità anche in campo giuridico, economico, amministrativo e gestionale" nominate dal Ministro [10], due delle quali su designazione della Conferenza unificata, e da tre membri scelti dal ministro nell'ambito di una rosa di nomi proposta dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore cinematografico e audiovisivo (art. 11, co. 4) [11].
Quanto rappresentato, in ordine alla rappresentanza minoritaria delle autonomie locali e alla natura consultiva dell'organo, inducono ad escludere che per tale via il legislatore abbia voluto ridefinire, nei termini prospettati, la "sede" cui affidare la determinazione delle politiche di sostegno, promozione e diffusione del cinema e dell'audiovisivo. Queste, non differentemente da quanto accadeva nel sistema previgente, vengono definite dal ministero, sulla base di provvedimenti attuativi concertati in seno alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Unificata [12], e sottoposte al parere non vincolante del Consiglio superiore.
La sua introduzione, in altri termini, non ha comportato un riassetto delle funzioni dei soggetti dell'amministrazione centrale di settore, dalla direzione generale cinema che svolge le attribuzioni del Mibact in merito alla promozione delle produzioni cinematografiche, radiotelevisive e multimediali curando i rapporti con Agcom, Miur, regioni ed enti locali (in linea con le attribuzioni di cui all'art. 18, co. 2, lett. h), d.p.c.m. n. 171/2014) ai soggetti da essa controllati, ossia la Società di cultura La Biennale di Venezia, la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e l'Istituto Luce Cinecittà Srl.
Nella gestazione della riforma, infatti, si è abbandonata la strada tracciata dal precedente d.d.l. S. 1835, uno dei tanti presentati alle Camere nell'ultimo decennio [13], che, con la costituzione del "Centro nazionale del cinema e delle espressioni audiovisive" ispirato al modello francese Le Centre national du cinéma et de l'image animée, affidava ad un ente strumentale del Mibact l'esercizio delle funzioni esercitate dalla direzione generale del cinema sulle società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici nel settore del cinema e delle espressioni audiovisive, in favore di un modello che ribadisce, rafforzandolo, il ruolo del centro ministeriale, senza aprire in termini innovativi alle ragioni e al ruolo delle autonomie locali nel finanziamento delle attività cinematografiche.
L'erogazione di contributi economici ed il riconoscimento di incentivi e agevolazioni a sostegno del cinema, delle espressioni audiovisive e multimediali e della filiera produttiva e distributiva, non esauriscono però come noto il catalogo delle azioni ascrivibili alla funzione pubblica di promozione cui può ricondursi, stante la sua indeterminatezza, ogni "attività diretta a suscitare e sostenere le più variegate manifestazioni culturali ed artistiche" [14] comprese le attività di studio e analisi; quelle di ricerca, educazione e formazione, anche professionale, nei campi della cinematografia e dell'audiovisivo ed infine le attività di raccolta, conservazione e valorizzazione dei prodotti filmici ed audiovisivi, nell'esercizio delle quali le autonomie locali si sono invero ritagliate spazi significativi riconosciuti espressamente dalla legge n. 220/2016 (art. 4, co. 2).
3. La rete nazionale delle cineteche pubbliche
È proprio nella direzione di un deciso rafforzamento delle funzioni svolte dalle autonomie locali nella diffusione della cultura e del linguaggio cinematografico e audiovisivo che si inserisce la scelta di mettere a sistema l'attività di tutti quei soggetti, mediateche e cineteche, ai quali la legislazione regionale affida le attività di acquisizione, catalogazione, digitalizzazione, conservazione e valorizzazione del patrimonio cinematografico ed audiovisivo regionale e locale [15], realizzando una "rete nazionale delle cineteche pubbliche" (art. 7, co. 4).
La rete nazionale delle cineteche, cui aderiscono "di diritto" tutte le cineteche pubbliche presenti nel territorio nazionale unitamente a quelle che beneficiano di contributi ed incentivi ai sensi della legge n. 220/2016 (ossia la Cineteca di Bologna), dovrebbe promuovere lo scambio delle opere e delle informazioni tra i soggetti aderenti e favorire la condivisione delle iniziative legate alla valorizzazione, diffusione, fruizione e circolazione del patrimonio filmico nelle scuole, anche nell'ottica di quel sostegno pubblico all'educazione dell'immagine e alla formazione del pubblico richiesto dal sottoprogramma Media di Europa Creativa 2014-2020 [16].
Di qui le ragioni dell'apertura delle rete nazionale anche alle cineteche private iscritte alla Federazione internazionale degli archivi del film oppure, in mancanza di tale iscrizione, che siano in possesso dei requisiti indicati dal d.m. 31 luglio 2017, n. 344 [17] e agli enti, pubblici e privati, titolari di raccolte di pellicole cinematografiche, supporti audiovisivi e archivi cartacei che raccolgano documenti relativi al settore cinematografico e audiovisivo.
Il coordinamento della rete nazionale delle cineteche è affidato alla Cineteca nazionale cui spetta, per statuto, coordinare l'attività delle cineteche che ricevono sostegni e contributi pubblici raccordandosi con quelle che non ne beneficiano [18]. Alla Cineteca nazionale, in particolare, compete la ricognizione di tutte le cineteche pubbliche presenti nel territorio nazionale ai fini dell'inserimento nella rete nazionale e l'aggiornamento periodico dei relativi dati (art. 7, co. 3, d.m. n. 344/2017); la verifica del possesso dei requisiti richiesti alle cineteche private per l'adesione alla rete nazionale, disposta con decreto del direttore generale cinema su proposta della stessa Cineteca (art. 8, co. 3, d.m. n. 344/2017).
Al fine di promuovere la conservazione del patrimonio filmico ed audiovisivo il legislatore, in aggiunta ai contributi per le attività di conservazione, restauro e fruizione del patrimonio cinematografico e audiovisivo previsti dall'art. 27, co. 1, lett. e), ha vincolato un'apposita sezione del Fondo per il cinema e l'audiovisivo, con dotazione complessiva di 30 milioni di euro per il triennio 2017-2019, al finanziamento di un piano straordinario destinato alla concessione di contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati in favore di imprese di post-produzione e di cineteche, pubbliche e private, che propongano progetti di digitalizzazione di materiali filmati ritenuti "rilevanti" [19] per il patrimonio cinematografico ed audiovisivo che comportino, se necessario, anche interventi di restauro e riparazione del supporto fisico sul quale è registrata l'opera audiovisiva.
4. Il potenziamento delle sale cinematografiche tra tutela e valorizzazione
Tra i mercati finali dell'ultimo segmento del processo produttivo del settore cinematografico, ossia quello della programmazione, è stato certamente quello delle sale cinematografiche a registrare negli ultimi anni le maggiori perdite. È appena sufficiente dare una rapida occhiata al Rapporto SIAE 2016 "Cinque anni di Cinema 2011-2015" e ai dati più recenti sull'industria cinematografica nazionale pubblicati nel Rapporto 2014 "Il Mercato e l'Industria del Cinema in Italia" realizzato dalla Fondazione Ente dello spettacolo in collaborazione con la direzione generale cinema, per cogliere le proporzioni di un fenomeno che nel giro di cinque anni, dal 2007 al 2013, ha visto la chiusura di 581 sale, 476 delle quali (81,92%) attive meno di 60 giorni all'anno con un significativo indebolimento dell'intero sistema dell'offerta cinematografica nazionale. Anche se nell'ultimo biennio i flussi sembrano andare in direzione opposta: delle 271 dismissioni verificatesi fra il 2011 e il 2013, 192 (cioè il 69,75%) hanno infatti riguardato esercizi attivi più di 60 giorni e, in netta controtendenza rispetto al quinquennio precedente, a fronte di una diminuzione in numeri assoluti delle strutture cinematografiche si registra un aumento in termini relativi di quelle con meno di 100 posti.
Nel tentativo di arginare la crisi del settore e favorire una più diffusa e omogenea distribuzione delle sale cinematografiche sul territorio nazionale il legislatore ha vincolato una sezione del Fondo per il cinema e l'audiovisivo [20] alla concessione di contributi per la realizzazione di nuove sale, per la riapertura o la riqualificazione strutturale e funzionale di sale già esistenti (art. 28, co. 1-4).
I criteri per l'assegnazione delle contributi previsti dal c.d. "piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali", declinati nel d.p.c.m. del 4 agosto 2017 [21], privilegiano, nell'ordine, le sale cinematografiche ubicate nelle zone in cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito di eventi sismici, le sale cinematografiche "storiche" [22] ovunque ubicate; le sale ubicate nei comuni con meno di 15.000 abitanti e quelle ubicate nelle periferie dei comuni al di sopra dei 15.000 abitanti, con particolare attenzione nei primi tre casi a quelle sale che assicurino, anche con il coinvolgimento degli enti locali, la fruizione di ulteriori eventi culturali, creativi, multimediali e formativi in grado di contribuire alla sostenibilità economico-finanziaria della struttura ovvero alla valenza sociale e culturale dell'area di insediamento e nell'ultimo caso al minor rapporto tra numero di schermi attivi e popolazione residente nel comune di ubicazione della sala.
La priorità accordata alle sale polifunzionali, del tutto comprensibile nell'ottica di una piena integrazione tra quelle manifestazioni dello spettacolo cinematografico che sono peraltro più sensibili alle istanze del decentramento locale, è condizionata alla capacità delle sale di partecipare almeno in parte al proprio finanziamento ovvero alla capacità di contribuire, in ragione del programma culturale e artistico proposto, alla valorizzazione del territorio in cui insistono (l'accertamento della quale lascia con tutta evidenza margini di apprezzamento molto ampi).
L'assegnazione dei contributi, oltre che al rispetto dei requisiti minimi di accessibilità dei portatori di handicap motori e alla predisposizione di ausili tecnologici che agevolino la fruizione cinematografica da parte delle persone con disabilità, in linea con i principi generali che ispirano l'intervento pubblico nel settore (art. 3, co. 1, lett. g) [23], è subordinata alla programmazione per almeno tre anni dalla data di concessione del contributo di una percentuale di opere cinematografiche e audiovisive italiano o europee e italiane [24] e alla destinazione d'uso dei locali per i successivi cinque anni dalla data di concezione del contributo [25].
Per consentire agli operatori del settore di accedere ai finanziamenti previsti dal piano straordinario sale l'ultimo comma dell'art. 28, in attuazione dei principi generali introdotti in materia di rigenerazione urbana e riqualificazione delle aree degradate dal c.d. Decreto Sviluppo 2011, incentiva regioni e province autonome ad introdurre previsioni urbanistiche ed edilizie dirette, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, a consentire la ristrutturazione delle sale cinematografiche e dei centri culturali multifunzionali mediante demolizione e ricostruzione con il riconoscimento di bonus volumetrici e di modifiche alla sagoma dell'edificio per un'eventuale armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti [26].
Seguendo una schema consolidato il legislatore ricorre a strumenti di gestione delle trasformazioni territoriali, in assenza di un'azione programmatoria di più ampio respiro che ne indirizzi gli esiti applicativi, come strumento di politica economica per risollevare le sorti di uno, anzi di due, settore in crisi, quello edilizio e quello della programmazione cinematografica.
Maggiormente significative nell'impianto complessivo della riforma e per le sue connessione con le politiche pubbliche sul patrimonio culturale sono le misure sulla tutela e valorizzazione delle sale cinematografiche introdotte dall'art. 8 della legge n. 220/2016.
Il primo comma, in realtà, si limita a precisare che il vincolo relazionale di cui al comma 3, lett. d), dell'art. 10 del d.lg. n. 42/2004, può riguardare anche le sale cinematografiche e d'essai, senza aggiungere null'altro in merito all'accertamento dell'interesse particolarmente importante dovuto alla relazione del bene con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere [27]. Sul punto sia consentito ricordare come la giurisprudenza concordi nel ritenere che per quanto il riferimento con la storia non debba necessariamente coinvolgere fatti di particolare importanza, potendo essere sufficiente anche il ricordo di eventi della storia locale, deve trattarsi pur sempre di fatti specifici e ben individuati come tali, precisando che proprio in questo carattere specifico va ricercata "la differenza fra il vincolo in esame e quello storico artistico, dato che, all'opposto, i valori artistici sono espressione del generico gusto di un'epoca, non necessariamente ricollegabile a fatti determinati" [28].
Il secondo comma, invece, prevede che regioni e province autonome possano introdurre, sulla base di un'intesa adottata in seno alla Conferenza unificata [29], previsioni dirette a determinarne la non modificabilità della destinazione d'uso di sale cinematografiche e d'essai al fine di perseguire un obiettivo, quello della tutela indiretta dell'attività (imprenditoriale), che ai provvedimenti di vincolo, sia per interesse culturale diretto sia per interesse relazionale, è come noto precluso [30] e che il legislatore regionale persegue da oltre un ventennio con misure promozionali indirizzate alla valorizzazione degli esercizi commerciali ed artigianali di valore storico, artistico ed ambientale.
5. Le film commission: da player locali a interlocutori istituzionali
L'attenzione del legislatore regionale per la valorizzazione dell'identità culturale del proprio territorio attraverso la promozione delle attività cinematografiche è testimoniata dall'azione delle film commission attive nel nostro Paese sin dalla prima metà degli anni '90 nell'erogazione di servizi, generalmente a titolo gratuito, in favore delle produzioni cinematografiche e audiovisive e nel sostegno, attraverso la gestione dei Film fund, all'intera filiera di settore [31].
Pur tra le molte diversità, in ordine alla struttura organizzativa [32] e al radicamento sul territorio regionale [33], le film commission si occupano generalmente della ricerca sul territorio di luoghi e professionalità utili alle produzioni [34] fornendo loro servizi diretti [35] ed indiretti [36]; collaborano con gli enti territoriali per soddisfare le necessità delle produzioni fungendo anche da intermediari tra comparto audiovisivo, tessuto industriale locale e settore bancario e creditizio; promuovono e gestiscono servizi informativi avvalendosi degli uffici regionali attivi nel territorio e collaborando con tutti quei soggetti pubblici e privati (es. associazioni imprenditoriali e di categoria) che possono essere degli utili interlocutori per le produzioni; promuovono la formazione professionale e l'aggiornamento degli operatori della filiera.
Nate, sulla scia dell'esperienza nordamericana dei primi anni '40 del secolo scorso, per attrarre ed agevolare la permanenza nel territorio delle produzioni cinematografiche ed audiovisive attraverso la fornitura di servizi organizzativi, finanziari e promozionali le film commission italiane operano, in termini più generali, a sostegno dello sviluppo turistico del territorio e della valorizzazione dell'identità culturale regionale attraverso la promozione delle attività cinematografiche e del comparto audiovisivo e la salvaguardia del patrimonio filmico ed audiovisivo regionale, integrando offerta culturale e offerta turistica in un unicum inscindibile che ha indotto il legislatore statale a riconoscerne il ruolo nel sistema cinematografico regionale (art. 4, co. 3-4, legge n. 220/2016).
Tra le attività di interesse pubblico svolte dalle "film commission previste dagli ordinamenti regionali e delle province autonome", indicate a titolo esemplificativo dal d.m. 25 gennaio 2018, n. 63 [37], rientrano infatti, accanto all'assistenza amministrativa e logistica alle imprese che operano sul territorio regionale, anche il sostegno alle attività di formazione e di educazione all'arte e alla diffusione dell'immagine (già) finanziate dal Fondo per il cinema e l'audiovisivo (artt. 1, co. 1, lett. e) e 27, co. 1, lett. i); la collaborazione con regioni e province autonome nell'ambito di iniziative di valorizzazione e promozione del patrimonio artistico cinematografico ed audiovisivo attraverso progetti di catalogazione, conservazione e digitalizzazione del patrimonio filmico ed audiovisivo tramite il sistema delle cineteche e mediateche (art. 1, co. 1, lett. h), nella promozione di iniziative e manifestazioni finalizzate allo sviluppo della cultura cinematografica (art. 1, co. 1, lett. g) e nell'adozione di iniziative che favoriscano l'accesso al credito delle imprese di settore (art. 1, co. 1, lett. i).
Nessun cenno invece al ruolo delle film commission locali, comunali e provinciali, sebbene molte delle attività che le film commission regionali sono chiamate a svolgere "in collaborazione con le regioni e le province autonome" incidano o si sovrappongano con competenze assegnate dalla legislazione regionale agli enti locali, dalla funzione di catalogazione e digitalizzazione del patrimonio cinematografico, all'attività di formazione sino alla promozione delle attività culturali di interesse locale [38].
Questa asimmetria di ruoli tra film commission regionali e film commission locali, che nel medio e lungo periodo potrebbe indurre ad una riorganizzazione della loro presenza sul territorio regionale non sempre necessaria e proporzionata ad esito di un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco [39], sembrerebbe riguardare almeno ad una prima lettura anche la gestione dei fondi di sostegno al settore cinematografico ed audiovisivo che possono essere stanziati da regioni e province autonome nel rispetto degli indirizzi e dei parametri definiti con un decreto adottato d'intesa con la Conferenza Unificata (art. 4, co. 5, legge n. 220/2016).
In realtà l'art. 2 del d.m. n. 63/2018 specificando che tali fondi possono essere affidati oltre che alle film commissione regionali e provinciali anche ad altri "soggetti pubblici e privati" lascia aperta la possibilità che possano esserne assegnati anche alle film commission locali che peraltro sono già finanziate dalle regioni, direttamente nella misura in cui aderiscono al network delle film commission regionali (come accade in Veneto o in Lombardia) o indirettamente come loro partecipate. È appena sufficiente precisare che muovendosi nell'ambito di una materia concorrente un intervento più incisivo del governo sul fronte delle competenze delle autonomie locali avrebbe certamente esposto il decreto al rischio di un impugnazione per conflitto di attribuzione [40].
Quanto ai criteri indicati dal decreto, al di là del richiamo alla coerenza con l'impianto di sostegno che viene delineato dalla legge n. 220/2016, al principio di pubblicità e trasparenza nell'allocazione dei fondi e al monitoraggio dei contributi e dei benefici erogati nell'attribuzione dei quali si raccomanda di dare adeguata rilevanza alle ricadute economiche dirette ed indirette sul territorio, nulla viene precisato sulla loro "concorrenza" con fondi statali o internazionali [41] confermando la natura "parallela" del canale di finanziamento regionale rispetto a quello statale e la stratificazione dei finanziamenti tra diversi livelli di governo che il "Coordinamento nazionale delle film commission" previsto dallo stesso decreto ministeriale dovrebbe quantomeno monitorare per rendere maggiormente efficaci le politiche statali e regionali nel settore.
Il Coordinamento nazionale delle film commission, "tavolo tecnico" cui partecipano il direttore generale cinema, un rappresentante per ogni film commission regionale e provinciale e un rappresentante di ciascuna regione e provincia che finanzi almeno una film commission, è chiamato a svolgere attività di studio e di analisi per rendere più efficaci gli interventi statali e regionali a favore del settore cinematografico e audiovisivo e proporre azioni coordinate di promozione della produzione italiana all'estero. Nessun rapporto diretto con il mondo delle imprese cinematografiche, lasciato all'iniziativa dell'Associazione italiana film commission [42], né alcun coordinamento "operativo" tra le attività delle diverse film commission come accade, ad esempio, in Francia dove è la Film France, agenzia statale finanziata dal Centre national du cinéma et de l'image animée, ad interagire in prima battuta con le produzioni straniere interessate a girare in Francia salvo poi indirizzare le imprese alle film commission locali, ma uno spazio di confronto utile a decifrare i processi di trasformazione in atto del settore e consentire interventi correttivi sulle politiche sia statali che regionali.
Il riconoscimento del ruolo svolto dalle film commission, dal sistema regionale delle cineteche e mediateche ovvero di tutti quei soggetti ai quali l'ordinamento regionale affida l'organizzazione e la promozione delle attività cinematografiche, ci restituisce indubbiamente l'immagine di un legislatore statale che nel delineare il quadro delle competenze statali e regionali guarda alle autonomie regionali come "luoghi" di governo del settore, prendendo atto degli spazi e dei ruoli che le stesse hanno occupato o si sono ritagliate nel solco tracciato dal d.lg. n. 28/2004 e dalla successiva giurisprudenza costituzionale.
Solo il tempo ci dirà se non sia stata persa l'occasione per una "vera" riforma del centro statale.
Note
[1] Per un'analisi dei quali si rinvia ai commenti pubblicati nel presente numero oltre che all'analisi di L. Casini, "Il nastro dei sogni"? Il diritto (pubblico) del cinema e dell'audiovisivo, in Aedon, 2017, 3.
[2] A proposito della collocazione dello spettacolo, quale materia innominata, tra quelle ascritte alla potestà legislativa residuale delle regioni, la Corte costituzionale ebbe modo di precisare come "cinematografia" e "spettacolo" non fossero "scorporabili dalle "attività culturali" di cui all'art. 117, co. 3, che "riguardano tutte le attività riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo spettacolo" (cfr. Corte cost., 21 luglio 2004, n. 255 e 256, entrambe in cortecostituzionale.it).
Carattere "unitario" che non è stato messo in discussione nemmeno nell'ultimo progetto di riforma costituzionale che, a dire il vero, affidando al legislatore statale la definizione delle "disposizioni generali e comuni sulle attività culturali" e alle regioni la disciplina dei profili "di interesse regionale", finiva per confermare, pur abrogando formalmente la competenza ripartita, l'esistenza in questo come in altri ambiti materiali di una "concorrenza di competenze" nell'esercizio della quale, peraltro, il legislatore statale non sarebbe più stato costretto dentro i limiti (teoricamente) angusti della definizione dei "principi generali della materia".
[3] In questi termini C. Barbati, Il cinema dopo le riforme: il caso è chiuso, in Aedon, 2006, 1, che ci ricorda anche come le regioni abbiano avallato l'adozione da parte del Governo di provvedimenti amministrativi piuttosto incisivi che, per autodichiarazione del legislatore statale, vennero spogliati della natura regolamentare onde superare l'impedimento opposto dall'art. 117, co. 6, Cost. Alle complesse vicende che hanno accompagnato dopo la riforma costituzionale del 2001 la disciplina dello spettacolo cinematografico la Rivista ha dedicato ampio spazio nei numeri 1 del 2006 e 3 del 2007 ai quali si rinvia per un approfondimento sulle forme dell'intervento pubblico, diretto ed indiretto, nel settore.
[4] Fondo a sostegno di tutte le attività di spettacolo, comprese quelle cinematografiche.
[5] Concepito per facilitare l'accesso al credito bancario dei soggetti pubblici e privati che gestiscono strutture permanenti regionali di spettacolo.
[6] Finalizzato alla concessione di prestiti a tasso agevolato per sostenere le industrie cinematografiche e audiovisive operanti nel territorio regionale.
[7] Per quanto espressamente previsti sono da alcune leggi regionali (cfr. art. 10, l.r. Emilia Romagna, 23 luglio 2014, n. 20 "Norme in materia di cinema e audiovisivo"; artt. 3 ss., l.r. Sicilia 21 agosto 2007, n. 16 "Interventi in favore del cinema e dell'audiovisivo"; art. 19, l.r. Veneto 9 ottobre 2009, n. 25 "Interventi regionali per il sistema del cinema e dell'audiovisivo e per la localizzazione delle sale cinematografiche nel Veneto"; art. 12, l.r. Valle d'Aosta 9 novembre 2010, n. 36 "Disposizioni per la promozione e la valorizzazione del patrimonio e della cultura cinematografica. Istituzione della Fondazione Film Commission Vallée d'Aoste"; art. 7, co. 2, lett. b), l.r. Puglia 29 aprile 2004, n. 6 "Norme organiche in materia di spettacolo e norme di disciplina transitoria delle attività culturali"; art. 24-bis, co. 1, lett. b), l.r. Lazio 13 aprile 2012, n. 2 "Interventi regionali per lo sviluppo del cinema e dell'audiovisivo"; art. 10, l.r. Friuli Venezia Giulia, 6 novembre 2006, n. 21 "Provvedimenti regionali per la promozione, la valorizzazione del patrimonio e della cultura cinematografica, per lo sviluppo delle produzioni audiovisive e per la localizzazione delle sale cinematografiche nel Friuli Venezia Giulia") tali fondi sono attivi in tutte le regioni oltre che nelle due province autonome.
[8] Per un'analisi della legislazione regionale sia consentito rinviare a A. Sau, Il ruolo delle autonomie locali nel settore cinematografico: un bilancio a 15 anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione, in Cultura e governi territoriali, (a cura di) C. Barbati, G. Clemente di San Luca, Napoli, 2015, pag. 101 ss.
[9] Come osserva C. Barbati, Il cinema dopo le riforme: il caso è chiuso?, cit.
[10] Che tra queste designa anche il presidente dell'organo che elegge poi al suo interno il vicepresidente (art. 11, co. 5).
[11] Con d.m. 2 gennaio 2017 sono state definite le modalità di funzionamento del Consiglio superiore ed il regime di incompatibilità dei suoi componenti, nominati con il d.m. 6 marzo 2017, n. 109.
[12] Sull'applicazione del principio di leale collaborazione e sull'utilizzo che la Corte Costituzionale ha fatto dello strumento dell'intesa per trovare una soluzione alle complesse articolazioni multilivello della materia cinematografica vedasi G. Demuro, Il Cinema tra leale collaborazione e intese imposte, in Le Regioni, 2006, 1, pag. 178 ss.
[13] Dal d.d.l. A.S. 1120 recante "Disposizioni generali in materia di promozione delle attività cinematografiche e audiovisive" presentato nella XV legislatura al d.d.l. S. 649 recante "Modifiche al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 e alla legge 21 aprile 1962, n. 161 in materia di attività cinematografiche ed istituzioni culturali" presentato nella XVII legislatura, poi confluito nel citato d.d.l. S. 1835 recante "Legge quadro in materia di riassetto e valorizzazione delle attività cinematografiche e audiovisive, finanziamento e regime fiscale. Istituzione del Centro nazionale del cinema e delle espressioni audiovisive", superato con l'approvazione della legge n. 220/2016.
[14] Sulle ragioni e le conseguenze, nell'ottica di un effettivo decentramento, dell'indeterminatezza della funzione di promozione delle attività culturali e sui rapporti con le funzioni di "tutela" e "valorizzazione" dei beni culturali si rinvia a G. Corso, Sub Art. 153, in Lo stato autonomista. Funzioni statali, regionali e locali nel decreto legislativo n. 112 del 1998 di attuazione della legge Bassanini n. 59 del 1997, (a cura di) G. Falcon, Bologna, 1998, pag. 508 ss.; C. Barbati, Sub Art. 153, ibidem, pag. 515 ss.; sulle scelte operate dal d.lg. n 112/1998 nel settore dei beni e delle attività culturali vedasi inoltre M. Cammelli, Il decentramento difficile, M. Ainis, Il decentramento possibile e M.P. Chiti, La nuova nozione di "beni culturali" nel d.lg. 112/1998: prime note esegetiche, tutti in Aedon, 1998, 1.
[15] Sono diverse le leggi regionali che affidano tale funzione a cineteche, filmoteche o mediateche regionali, talora radicate nel territorio a livello sovra-comunale e provinciale (vedasi il sistema di mediateche regionale previsto dall'art. 19, l.r. Friuli Venezia Giulia, 11 agosto 2014, n. 16 "Norme regionali in materia di attività culturali" e la rete di mediateche pubbliche prevista dall'art. 16, l.r. Veneto n. 25/2009).
La natura giuridica di tali soggetti è piuttosto eterogenea, in alcuni casi si tratta di uffici regionali (come nel caso della Mediateca regionale dell'Abruzzo di cui all'art. 8, l.r. 3 novembre 1999, n. 98 "Disciplina regionale delle attività cinematografiche, audiovisive e multimediali", della Mediateca regionale della Liguria di cui all'art. 9, l.r. 3 maggio 2006, n. 10 "Disciplina della diffusione dell'esercizio cinematografico, istituzione della Film Commission regionale e istituzione della mediateca regionale", della Mediateca regionale del Veneto di cui all'art. 15, l.r. n. 25/2009 e della Filmoteca regionale della Sicilia di cui all'art. 2, l.r. 21 agosto 2007, n. 16 "Interventi in favore del cinema e dell'audiovisivo) in altri di associazioni private riconosciute dalla regione ai sensi e agli effetti dell'art. 26, co. 4, d.p.r. 3 maggio 2006, n. 252 (così la Cineteca del Friuli di cui all'art. 20 della l.r. n. 16/2014 ed anche la Cineteca delle Marche di cui all'art. 5, l.r. 31 marzo 2009, n. 7 "Sostegno del cinema e dell'audiovisivo") e non mancano casi di fondazioni di partecipazione aperte alla partecipazione di soggetti privati (come la Cineteca regionale sarda - Centro di documentazione audiovisiva istituita dall'art. 14, l.r. 20 settembre 2006, n. 15 "Norme per lo sviluppo del cinema in Sardegna", la Fondazione Sistema Toscana di cui all'art. 44, l.r. 25 febbraio 2010, n. 21 "Testo unico delle disposizioni in materia di beni, istituti e attività culturali" che opera altresì come film commission regionale, la Cineteca di Bologna e la Cineteca Italiana della Lombardia).
[16] Cfr. http://www.europacreativa-media.it/europa-creativa-media.
[17] Le cineteche private non iscritte, come membro o associato, alla FIAF per accedere alla rete debbono dimostrare di detenere e custodire un patrimonio filmico dichiarato di interesse pubblico, di disporre di un'adeguata struttura di conservazione del patrimonio filmico e di rendere pubblica, con pubblicazione almeno annuale sul proprio sito istituzionale, l'attività di conservazione e restauro svolta (cfr. art. 8, co. 2, del d.m. n. 344/2017 recante "Disposizioni applicative in materia di deposito delle opere audiovisive ammesse ai benefici della legge, di cui all'art. 7 della legge 14 novembre 2016, n. 220, nonché in materia di costituzione della rete nazionale delle cineteche").
[18] Cfr. art. 3, co. 4, lett. d), Statuto Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia.
[19] A tal proposito nella relazione tecnica allegata alla richiesta di contributo, come meglio precisato dal d.p.c.m. 14 ottobre 2017 di attuazione del piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo di cui all'art. 29 della legge n. 220/2016, dovrà evidenziarsi la "rilevanza culturale" del materiale cinematografico e audiovisivo, segnalando l'eventuale esistenza di un vincolo culturale, la sua "riferibilità al patrimonio cinematografico ed audiovisivo italiano ed europeo" ed essere indicati gli elementi di "unicità e rarità" che giustificano l'accesso ai fondi assegnati dall'art. 29 della legge n. 220/2016.
[20] Le risorse assegnate al piano straordinario per il potenziamento delle del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali a valere sul Fondo per il cinema e l'audiovisivo sono pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, a 20 milioni di euro per l'anno 2020 e 10 milioni di euro per l'anno 2021.
[21] Come modificato ed integrato dal d.p.c.m. 5 marzo 2018, n. 136 "Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2017, recante Disposizioni applicative del Piano straordinario del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali di cui all'articolo 28 della legge 14 novembre 2016, n. 220", al momento in cui si scrive in corso di registrazione, che ha inserito tra i progetti che possono beneficiare del contributi assegnati dal piano straordinario anche quelli relativi alla realizzazione di nuove sale cinematografiche all'interno di strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate, proposti da enti del terzo settore con comprovata esperienza nel settore della programmazione cinematografica, riservando a tale finalità una quota pari al 10 per cento delle risorse annue disponibili.
Il decreto ha altresì precisato, integrando in tal senso il comma 1 dell'art. 4 del d.p.c.m. del 4 agosto 2017, che tra i destinatari dei contributi sono ricompresi oltre alle imprese cinematografiche anche i comuni o altri soggetti pubblici.
[22] Con direttiva del 26 agosto 2014 il Mibact, al fine di salvaguardare e valorizzare il patrimonio costituito dalle sale cinematografiche di interesse storico, ha disposto la recensione delle sale cinematografiche vincolate come beni culturali, di quelle suscettibili di essere vincolate ai sensi dell'art. 10, co. 3, lett. d) del d.lg. n. 42/2004 e delle sale esistenti dal 1° gennaio 1980 destinatarie della tax credit prevista dal Decreto Art Bonus.
[23] Per consentire la fruizione cinematografica da parte delle persone con disabilità sensoriale, il Mibact, sulla base della delibera Cipe n. 8 del 18 febbraio 2013, ha destinato, per l'anno 2017, due milioni di euro alla digitalizzazione degli impianti di proiezione delle sale cinematografiche.
[24] Che oscilla dal 25% del numero complessivo delle proiezioni per sale con due solo schermi al 35% per sale con più di due schermi.
[25] Che decorrono dalla data di inizio dell'attività in caso di realizzazione di nuove sale o riavvio di sale dismesse.
[26] Tra le prime regioni ad aver dato seguito all'art. 28, co. 5, il Piemonte che con l.r. 31 ottobre 2017, n. 16 "Legge annuale di riordino dell'ordinamento regionale" ha modificato la l.r. 28 dicembre 2005, n. 17 recante "Disciplina della diffusione dell'esercizio cinematografico del Piemonte" riconoscendo un bonus volumetrico pari al 30% della superficie lorda esistente del locale adibito all'esercizio cinematografico con un vincolo di destinazione non inferire a dieci anni (art. 4-bis) e il Lazio che con l.r. 18 luglio 2017, n. 7 recante "Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio" ha riconosciuto un bonus volumetrico del 20% (art. 6, co. 3, lett. a). Entrambe le leggi consentono inoltre all'interno di teatri, sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali cambi di destinazione d'uso, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti comunali vigenti o adottati, fino ad un massimo del 30% delle superfici preesistenti per l'apertura di attività commerciali, artigianali e di servizi.
[27] I beni di cui all'art. 10, co. 3, lett. d), sono tutelati per ragioni "estrinseche", ossia per la loro relazione con un evento della storia politica, militare, scientifico-tecnologica, letteraria o artistico-culturale ritenuto degno di memoria perché costitutivo o rappresentativo dell'identità nazionale. L'interesse particolarmente importante, in tal caso, "può dipendere o dalla qualità dell'accadimento che con il bene appare collegato o dalla particolare rilevanza che il bene ha rivestito per la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura" (così Cons. St., VI, 22 maggio 2008, n. 2430, in Riv. giur. ed., 2008, 4-5, pag. 1160; Cons. St., IV, 24 marzo 2003, n. 1496, in Foro amm.- Cds, 2003, 4, pag. 1102; Tar Campania, Napoli, 7 novembre 2014, n. 5775, in giustizia-amministrativa.it), salvo i casi in cui il riferimento alla storia della cultura sia legato alle caratteristiche intrinseche dell'opera e la portata del vincolo per riferimento si presti ad essere intesa in senso ampio, presentandosi "come identità intrinseca ma anche estrinseca" (così Tar Lazio, Roma, 5 ottobre 2015, n. 11477, in giustizia-amministrativa.it, a proposito dei beni architettonici per i quali "il contesto territoriale e culturale è fondamentale per la comprensione e per la fruizione dell'opera").
[28] In questi termini di è espresso il Cons. St., sez. VI, 14 giugno 2017, n. 2920, in giustizia-amministrativa.it annullando la sentenza n. 11477 del 5 ottobre 2015 con la quale il Tar Lazio aveva ritenuto legittimo il vincolo del Cinema America di Roma.
[29] Che al momento in cui si scrive non è stata ancora adottata.
[30] Per Corte cost., 9 marzo 1990, n. 118, in cortecostituzionale.it, il vincolo storico-culturale, compreso quello relazionale, non si applica alle attività che si svolgono nell'immobile vincolato che viceversa rimangono libere nel rispetto dei principi di cui agli artt. 2, 9 e 42 Cost. La giurisprudenza amministrativa, dal canto suo, non ammette vincoli culturali di mera destinazione, specie per attività commerciali o imprenditoriali (cfr. Cons. St., sez. VI, 28 agosto 2006, n. 5004, in Foro amm.-Cds, 2006, 7-8, pag. 2287; Cons. St., sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2009, in Foro amm.-Cds, 2008, 5, pag. 1515; Cons. St., sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4198; Cons. St., sez. IV, 12 giugno 2013, n. 3255; Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2015, n. 1003, tutte in giustizia-amministrativa.it) precisando che non è sostenibile l'adattabilità di questo vincolo per la tutela funzionale di attività imprenditoriali in determinati immobili.
Sul tema vedasi G. Clemente di San Luca, L'attività di trasformazione dei beni culturali, in Il diritto urbanistico in 50 anni di giurisprudenza della Corte Costituzionale, (a cura di) M.A. Sandulli, M.R. Spasiano, P. Stella Richter, Napoli, 2007, pag. 183 ss. ed in particolare pagg. 211-212; A. Crosetti, Tutela dei beni culturali attraverso vincoli di destinazione: problemi e prospettive, in Riv. giur. ed., 2002, 4, pag. 255 ss.; N. Aicardi, Centri storici e disciplina delle attività commerciali, in La tutela dei centri storici: discipline giuridiche, a cura di G. Caia, G. Ghetti, Torino, 1997, pag. 103 ss.
[31] Di regola i Film fund sostengono lo sviluppo e la produzione mentre non sempre si occupano della fase della distribuzione e della promozione.
[32] La maggior parte delle film commission regionali sono fondazioni di partecipazione talvolta aperte anche alla partecipazione di altri soggetti pubblici e privati, alcune sono uffici degli assessorati regionali al turismo (es. Sicilia Film Commission e Trentino Film Commission) altre, invece, società in house providing (es. IDM Alto Adige), agenzie regionali (Umbria Film Commission) o associazioni di diritto privato convenzionate con gli enti territoriali (es. Friuli Venezia Giulia Film Commission).
[33] Sebbene le uniche leggi a prevederne l'istituzione a livello locale siano quella veneta (cfr. art. 6, co. 3, della l.r. n. 25/2009) e ligure (art. 8, l.r. n. 10/2006), sono diverse le realtà regionali nelle quali si assiste ad un radicamento provinciale e comunale delle film commission. La natura giuridica delle film commission provinciali e comunali è estremamente variegata.
[34] Occupandosi anche dell'implementazione e dell'aggiornamento di banche dati online delle location attraverso la realizzazione di fotogallery o videogallery (c.d. Location Guide) e dell'elenco dei professionisti e delle maestranze locali (c.d. Production Guide).
[35] Tra questi rientrano la gestione dei rapporti con le amministrazioni pubbliche al fine di agevolare il rilascio di permessi e certificati di agibilità per operare dei luoghi di ripresa, il supporto logistico per la scelta delle location adatte alle riprese (location scouting e location proposal), e per l'individuazione di locali utili all'organizzazione della produzione come sale riunioni, studi di posa, locali per le attività di trucco o di guardaroba ecc.
[36] Tra i quali rientrano, ad esempio, l'allestimento di repertori di artigiani, tecnici e professionisti locali di interesse per la produzione; la ricerca di manovalanza generica; la definizione di convenzioni con alberghi, ristoranti e servizi di catering per la troupe e più in generale il servizio di accoglienza e di assistenza alle produzioni.
[37] Recante "Disposizioni applicative in materia di Film Commission e indirizzi e parametri generali per al gestione di fondi di sostegno economico al settore audiovisivo, stanziati tramite le Regioni e le Province autonome, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. v), e comma 2 e dell'art. 4, comma 5, della legge 14 novembre 2016, n. 220".
[38] Cfr. art. 4, l.r. Campania, 17 ottobre 2016, n. 30 "Cinema Campania. Norme per il sostegno, la produzione, la valorizzazione e la fruizione della cultura cinematografica ed audiovisiva"; art. 4, l.r. Lazio n. 2/2012; art. 7, l.r. Basilicata 12 dicembre 2014, n. 37, "Promozione e sviluppo dello spettacolo"; art. 3, l.r. Puglia n. 6/2004; artt. 4 e 5 l.r. Lombardia, 7 ottobre 2016, n. 25 "Politiche regionali in materia culturale - Riordino normativo"; art. 3, co. 1, l.r. Toscana n 21/1010. C. Tubertini, L'assetto delle funzioni locali in materia di beni ed attività culturali dopo la legge 56/2014, in Aedon, 2016, 1, ben evidenzia peraltro come molte leggi di riordino delle funzioni locali in attuazione della Riforma Delrio abbiano confermato le funzioni provinciali nel settore delle attività culturali ovvero le abbiano conferite agli enti locali o alle loro forme associative invece di accentrarle a livello regionale (par. 3).
[39] La promozione del settore cinematografico, la promozione turistica del territorio ed il contenimento della spesa pubblica.
[40] Cfr. Corte cost. 30 dicembre 1997, n. 467, in Le Regioni, 1998, 2, pag. 447 ss. con nota di R. Bin, "Tono costituzionale" del conflitto vs. "tono regionale" della Repubblica; Corte cost., 28 marzo 2013, n. 52; Corte cost., 26 novembre 2014, n. 263; Corte cost., 14 febbraio 2018, n. 28, tutte in cortecostituzionale.it.
[41] Ci si riferisce anzitutto ai contributi erogati dall'Unione europea attraverso il Programma Europa Creativa - sottoprogramma Media, dal Consiglio d'Europa attraverso il fondo Eurimages o attraverso il programma di cooperazione internazionale Ibermedia.
[42] Cui aderiscono però solo 16 delle film commission regionali e provinciali.