Città d'arte e centri storici
Lo statuto della Città d'arte
Sommario: 1. Alla ricerca della Città d'arte (e del suo statuto). - 2. Nozione extragiuridica di Città d'arte. - 3. La Città d'arte come concetto giuridico. - 4. Le Città d'arte nel formante dottrinale. - 5. Lo statuto dell'associazione "Città d'arte e cultura". - 6. La Carta di Firenze - Statuto per le Città d'arte d'Europa. - 7. Conclusioni.
The Art City Legal Status
The paper tries to analyze the
legal status of the Art cities. Indeed, an Art City cannot be considered only
as the complex of artifacts - which are present in its territory - with their
proper legislations, but may be designed also as object of an own legislation,
as a place of art in itself. The difficulty of this reconstruction depends on
the idea of consider the Art City as a good in itself, subject to a specific
regulation. The study analyses both the extralegal and the legal notion of Art
City, highlighting in particular the main ideas of the Italian scholarship in
this domain, and the first efforts to design an Art City Statute in Italy and
Europe as a whole (i.e. Florence Chart).
Keywords: Art City; Statute;
Historic Cit; Unesco.
1. Alla ricerca della Città d'arte (e del suo statuto)
"La pretesa di considerare la città come un'opera d'arte incontra qualche difficoltà perché il suo paesaggio visibile ... è costituito da molte e diverse categorie di manufatti ... ciascuno dei quali corrisponde a una sua specifica forza espressiva con propri codici di lettura e di apprezzamento, che tuttavia nel loro insieme debbono riuscire a dar luogo ... a un manufatto in qualche modo unitario". Questo breve incipit, tratto da uno studioso di estetica [1], costituisce il criterio metodologico con cui si cercherà di tratteggiare lo statuto giuridico delle Città d'arte: difatti, queste ultime, da un lato, sono il complesso di "molte e diverse categorie di manufatti", di natura diversa, e, pertanto, oggetto di regolazioni giuridiche diverse, ma allo stesso tempo evocano la necessità di una disciplina unitaria avendo la caratteristica, non comune a tutte le città, di essere luoghi "d'arte".
La difficoltà del presente studio non è data tanto dalla ricerca delle diverse discipline e regolazioni giuridiche che si affastellano sulla moltitudine di beni a vocazione paesaggistica, storico-artistica e culturale dell'urbis, quanto sul bene "Città d'arte" in se stesso, che non viene contemplato da una disciplina di diritto positivo puntuale. In altri termini la difficoltà della definizione di uno statuto giuridico delle Città d'arte dipende dal fatto che il diritto positivo non le contempla come "un manufatto in qualche modo unitario".
Sotto un profilo giuridico si tratta di un concetto giuridico indeterminato: difatti il legislatore ha da qualche tempo proceduto ad impiegare la locuzione "Città d'arte" senza, peraltro, definirla: si veda in tal senso il decreto Bersani sul commercio, che ha liberalizzato nelle Città d'arte l'orario di apertura degli esercizi commerciali [2]; oppure il decreto in materia di federalismo fiscale municipale, dove è stato previsto che l'imposta di soggiorno possa essere applicata nei comuni iscritti negli elenchi regionali delle località turistiche o Città d'arte [3]. Va, tuttavia, notato che il riferimento alle Città d'arte operato dalle predette normative non è esaustivo, né tantomeno indicativo per una ricostruzione della fattispecie, in quanto assimila le Città d'arte alle località turistiche, svilendone l'ambito nozionale (la Città di Venezia non può, infatti, essere equiparata, per quanto in questa sede interessa, a Gabicce Mare, senza nulla togliere a quest'ultima) [4].
Le Città d'arte, peraltro, sono oggetto di approfonditi studi sia in campo extra-giuridico che giuridico, sicché, per poter arrivare al quadro unitario che ci si propone di raggiungere, si partirà dagli studi sin qui condotti.
2. Nozione extragiuridica di Città d'arte
Quando ci si approccia al tema dei beni e del patrimonio culturale, cui è sicuramente riferibile anche il tema delle Città d'arte, occorre sempre tener presente l'insegnamento gianniniano, secondo cui quella di beni culturali è una "nozione aperta il cui contenuto viene dato dai teorici di altre discipline, volta per volta, o anche per categorie di soggetti": è, dunque, una "nozione liminale, ossia nozione a cui la normativa giuridica non dà un proprio contenuto, una propria definizione per altri tratti giuridicamente conchiusi, bensì opera mediante rinvio a discipline non giuridiche" [5].
In mancanza di una disciplina positiva, occorre, pertanto, partire dalle discipline extra-giuridiche, in modo da enucleare i tratti unitari che caratterizzano il concetto di Città d'arte.
Sotto questo profilo alcuni dati interessante vengono dal web, in quanto la nota enciclopedia Wikipedia offre una definizione di Città d'arte che costituisce un sicuro punto di partenza: "arts towns have at least ten primary clusters that define them. These include an area of arts density considered the centre of the town which would contain multiple: art galleries that also host art walks; crafts workshops that use local materials; theaters and theater group facilities, folk-arts training and exhibition facilities; cafes with locally produced art items; at least three to five arts cooperatives; historical buildings that have undergone proper renovation and kept their character with historical interpretation; at least two or three arts foundations offices; an arts council that works with town planners and the city council; and daily classes in the arts that involve many of the townsfolk, and draw students and tourists for seminars.Most typically, these towns also have a ratio of one museum per 2000 citizens. Recognition by surveys of the towns having an artistic tourist draw is also important. In some countries arts towns are given an official designation by national cultural authorities" [6].
Si tratta di una definizione che sembra ben confacersi, soprattutto, all'esperienza nord-americana, dove per Città d'arte non s'intende tanto quella contenente opere d'arte d'interesse storico culturale, quanto un luogo in cui si svolgono attività culturali ed artistiche: cioè per Città d'arte s'intende un luogo caratterizzato dalla presenza di attività culturali ed artistiche, piuttosto che da una forte concentrazione di opere d'arte.
Nella tradizione europea, anche con particolare riguardo all'esperienza italiana, per Città d'arte, invece, ci s'intende riferire a Città che rivestono una particolare importanza sotto il profilo della storia dell'arte, e che, pertanto, rivestono un notevole interesse di carattere storico culturale. Tanto per esemplificare l'Unesco ha considerato come Città d'arte Aix-en-Provence, Amsterdam, Bruges, Firenze, Oxford, Salisburgo e Venezia [7].
Se ci si sposta sul terreno nazionale, l'Istituto nazionale di statistica (Istat) ha censito 362 comuni censibili come Città d'interesse artistico: il censimento si basa essenzialmente su dati (abbastanza disomogenei) provenienti dalle Aziende di promozione turistica e, quindi, fondate, sui flussi turistici [8].
Anche se non completamente assimilabili, due istituzioni autorevoli come Unesco ed Istat sembrano offrire alcuni criteri identificativi comuni per individuare le Città d'arte, ovvero la significativa presenza nella Città di opere d'arte ed il conseguente flusso turistico generato.
In altre parole significatività (sia in termine quantitativo che qualitativo) delle opere d'arte e significatività del flusso turistico sembrano essere i due criteri base per poter procedere all'individuazione della Città d'arte.
Si tratta di due criteri necessari, ma non sufficienti a definire una Città d'arte.
Si è, infatti, messo in evidenza che la Città d'arte è un complesso di beni artistici (monumenti, complessi architettonici, opere d'arte, edifici), paesaggistici (bellezze naturali e paesaggio in cui si inserisce la città) e di attività culturali che insistono sulla città (attività e mestieri tipici, senso di appartenenza e "atmosfera" che si respira nei quartieri più caratteristici della città e che si riflette nelle conoscenze, negli usi e costumi, negli spettacoli e nelle manifestazioni) [9]. Da un punto di vista economico la Città d'arte risulta essere un "fattore di produzione capace di attivare un sistema di reti interne alla città e di filiere riconducibili ad una stessa risorsa (la base economica dei distretti); che può generare il senso di appartenenza e sviluppare un'identità legata alla vocazione della città stessa (la base sociale); che può indirizzare le istituzioni locali a seguire politiche tese alla sua valorizzazione e che favoriscano lo sviluppo dell'economia locale (base politica)" [10]. In questo quadro "editoria, edilizia, media, pubblicità, restauro, cinema, istruzione, informatica e multimediale, attività artigianali, imprese impegnate nelle sponsorizzazioni, organizzazioni non profit e tutto ciò che è legato allo sfruttamento dell'immagine della singola opera d'arte o della città stessa (si pensi, ad esempio, al giglio di Firenze), sono solo alcuni settori che possono trarre benefici da una valida politica di valorizzazione delle risorse culturali" [11]. Sicché la Città d'arte viene a configurarsi come una città articolata in più punti, cioè come "luogo caratterizzato da tante componenti (artistica, culturale, ambientale) le quali, tuttavia, possono essere viste come un unicum formatosi nel tempo attraverso un processo plurisecolare che le ha rese inseparabili dal contesto della città; entità complessa costituita da reti interne fra attori economici, non economici ed istituzionali e reti esterne con il territorio circostante, con altre città, con il resto del mondo; autonoma unità di analisi socioeconomica, il cui modello di sviluppo economico può essere ricondotto alla valorizzazione del fattore di produzione PACA" [12].
Come si è evidenziato in premessa, la Città d'interesse storico-artistico presenta, tuttavia, un quid pluris, un tratto unificante che ne consenta la sua sublimazione in Città d'arte.
Sotto questo profilo, si è sottolineato che la Città d'arte costituisce "un unicum fatto di (...) insostituibili componenti, combinate in un procedimento storico che ormai le rende inseparabili tra loro e rispetto alla città" [13], essendo "il risultato di un processo evolutivo che comprende al medesimo tempo le vicende del passato e le relazioni con lo spazio circostante; la città diventa con gli anni un intreccio tra le sue diverse componenti, che tendono di volta in volta a prevalere le une rispetto alle altre" [14].
Questo unicum, peraltro, si sublima nell'immagine che l'urbs offre di se stessa e che costituisce l'ontologica essenza della Città d'arte. La Città è d'arte quando è l'immaginario collettivo a ritenerla tale: "pour qu'une ville devienne une ville d'art il suffit qu'une représentation collective soit élaborée à son sujet dans une culture. Il import peu que la ville soit très riche ou non en objets d'art. Ce qui importe c'est qu'il y ait de riches intersections entre la représentation, cristallisation de la mémoire sociale et la ville en tant qu'elle est. Ce n'est donc pas l'accumulation des oeuvres d'art qui fait d'une ville une ville d'art mais bien la concentration des représentations" [15].
Il tema dell'immagine che la città offre di se stessa, come Città d'arte, deve essere necessariamente declinato alla luce dei caratteri identitari e culturali che una determinata civitas ha voluto esprimere nel corso del tempo: sicché il carattere artistico è legato ai temi collettivi che la collettività locale ha voluto imprimere al volto della città e che ne costituiscono il sicuro elemento identitario. Il carattere della civitas europea è, pertanto, proprio quello di riconoscersi nella grandiosità e nella magnificenza dei temi collettivi confacenti al rango artistico della propria città [16].
La Città d'arte trova, pertanto, il proprio unicum, il proprio tratto ontologico, nell'immagine artistica rappresentata urbi et orbe. E così Firenze viene ad essere rappresentata idealmente dalla Cupola del Brunelleschi, mentre Venezia dal Canal Grande e dalle gondole dipinte dal Canaletto. E così Urbino dal Palazzo Ducale o Siena da Piazza del Campo.
3. La Città d'arte come concetto giuridico
Delineato il carattere extragiuridico delle Città d'arte dobbiamo passare alla sua dimensione giuridica. Sotto questo profilo preme evidenziare che il diritto positivo non offre delle basi sicure per una sua individuazione; come si è visto, le scarse normative statali, che si occupano del tema, danno per presupposto il concetto giuridico di Città d'arte: è questo il caso delle norme sulla liberalizzazione del commercio previste dal d.lgs. Bersani e quelle sull'imposta di soggiorno (v. amplius supra § 1). Nè offre un valido aiuto la legislazione regionale, che presenta un quadro disomogeneo [17].
La mancanza di un quadro di diritto positivo, peraltro, non impedisce di trovare "formanti giuridici" su cui ricercare una base per fornire un concetto di Città d'arte.
Innanzitutto, la figura delle Città d'arte è stata oggetto di studi da parte della dottrina giuridica, ed offre una sicura base d'appoggio per delinearne lo statuto.
Vi sono, poi, una serie di atti di soft-law che consentono una perimetrazione della figura: in particolare, va ricordata la Carta di Firenze, recante lo "Statuto per le Città d'arte d'Europa", e lo Statuto dell'Associazione Città d'Arte e Cultura: anzi, da quanto premesso risulta che lo "statuto giuridico" delle Città d'arte può essere ricavato anche da statuti che si occupano del tema.
4. Le Città d'arte nel formante dottrinale
In letteratura i contributi sul tema, anche se risalenti, sono autorevoli.
Il primo che si è occupato del tema è stato Michele Ainis, il quale enuclea una nozione fortemente ancorata alla figura del bene culturale: sicché, Città d'arte sarebbe quella in cui il complesso dei beni culturali, che connotano la città come d'arte, abbia mantenuto nel tempo i suoi caratteri originali. In questo modo città d'arte potrebbe essere Gubbio, i cui connotati sono sostanzialmente rimasti inalterati, ma non Roma, che ha inglobato il centro storico in una nuova dimensione urbana [18]. Giuseppe Morbidelli ha, invece, evidenziato la necessità di un intervento da parte del legislatore che tenga conto, soprattutto, del carico turistico sulla città [19].
Il contributo più avanzato sembra, peraltro, essere quello di Sandro Amorosino, secondo cui "le città d'arte sono quelle costituite o comunque dotate d'un importante e significativo centro antico, contenente una forte concentrazione di beni storico-artistici, percepite nell'immaginario collettivo come altamente espressive e rappresentative della cultura e della storia, con specifica caratterizzazione e identità e conseguentemente investite da forti flussi turistici" [20].
Quest'ultima definizione è quella che più si avvicina alla concezione di Città d'arte elaborata in sede extragiuridica, in quanto evidenzia come il quid proprium di una città d'arte sia proprio la rappresentazione che offre la città nell'immaginario collettivo.
E', quindi, la componente immateriale della città, data dalla sua immagine come Città d'arte a costituire il quid proprium, anche da un punto di vista giuridico.
Ciò tra l'altro, trova oggi conferma nel più avanzato dibattito sulla natura giuridica dei beni culturali, ove si è correttamente messo in evidenza che le città d'interesso storico-artistico, come anche i centri storici [21], oggi costituiscono un bene culturale immateriale a rete: cioè una "rete consistente nella proiezione a rete di una molteplicità di beni culturali, a loro volta materiali e immateriali" [22].
Il bene culturale a rete è, peraltro, categoria più ampia che ricomprende centri storici, città storiche, etc., e, quindi, non solo le Città d'arte. Tuttavia, queste ultime possono essere considerate beni culturali a rete che si sublimano e si identificano in un valore immateriale trascendente quale è l'immagine che offre la Città come simbolo dell'arte.
Resta da chiedersi se il concetto offerto in sede teorica di Città d'arte abbia un valore giuridico.
Ora sotto questo profilo, mancando una definizione di diritto positivo e soprattutto non essendo definite le conseguenze giuridiche che ne possono derivare, la nozione non può essere eretta a figura di fattispecie giuridica. Trattasi, piuttosto, di una nozione liminale, orientativa che può facilitare gli operatori giuridici a darne un contenuto giuridico. In altre parole la nozione offerta dagli studiosi pare porsi come una precondizione per sviluppare una figura giuridica in senso proprio a cui sono collegati determinati effetti giuridici: si tratta, dunque, di una prospettiva de iure condendo.
5. Lo statuto dell'associazione "Città d'arte e cultura"
Nel disinteresse del legislatore, si sono mosse, peraltro, diverse amministrazioni comunali italiane che si sono dotate di uno statuto associativo creando l'Associazione "Città d'arte e cultura - Cidac", cui aderiscono: Agrigento, Aosta, Assisi, Barletta, Benevento, Bergamo, Brescia, Brindisi, Caserta, Catania, Cosenza, L'Aquila, Lucca, Mantova, Matera, Milano, Napoli, Noto, Padova, Palermo, Perugia, Pisa, Prato, Rieti, Roma, Salerno, Siena, Siracusa, Torino, Trento, Vercelli [23].
Lo Statuto dell'associazione, peraltro, è molto generico e non contiene una definizione di Città d'arte.
Se opportunamente rivisto, lo statuto dell'associazione potrebbe essere una base giuridica su cui costruire un tentativo di dare alle Città d'arte il contenuto di fattispecie. Questo tentativo potrebbe svilupparsi lungo due direttrici: da un lato, offrire una definizione di Città d'arte e, dall'altro - come proposto in alcuni disegni legislativi [24] - creare un elenco in cui iscrivere le Città che possono fregiarsi di tale status.
La previsione di un elenco delle Città d'arte, con attribuzione del relativo status, potrebbe, poi, essere collegato alla possibilità di beneficiare dell'immagine derivante da tale iscrizione.
Si potrebbe, infatti, pensare alla creazione di un segno distintivo per le Città d'arte, che potrebbe essere utilizzato esclusivamente dalle Città d'arte iscritte nel predetto elenco
In tal modo le Città d'arte potrebbero essere oggetto di una fattispecie giuridica costituiva di effetti giuridici. Valga come auspicio.
6. La Carta di Firenze - Statuto per le Città d'arte d'Europa
Le Città d'arte sono state oggetto anche di un'altra tipologia di statuto: m'intendo riferire alla Carta di Firenze, elaborata sotto l'egida dell'Unesco, recante lo "Statuto per le Città d'arte d'Europa" [25].
La Carta si basa su un approccio giuridico soft, in quanto si rivolge a tutte le Città d'arte, impegnandole a rispettare i contenuti della Carte laddove le medesime vi aderiscano. Quindi, anche in questo caso, la dimensione di fattispecie da attribuire alle Città d'arte è lasciato alla spontanea ed autonoma volontà delle Città interessate.
La Carta di Firenze definisce la Città d'arte come un complesso di beni di alto valore storico, monumentale e culturale e come comunità che ha espresso e continua a esprimere valori fondamentali per l'umanità; la città d'arte cumula una creatività collettiva plurisecolare che è patrimonio inalienabile dell'uomo contemporaneo.
Le città aderenti s'impegnano: a) ad impiegare il patrimonio artistico come risorsa economica sui generis; b) a rafforzare del ruolo dei musei come principali dell'identità della città d'arte; c) ad approntare procedure urbanistiche che agevolino la permanenza dei residenti nei centri storici; d) a potenziare l'offerta turistica in modo da accrescerne la qualità; e) ad incentivare la formazione culturale e professionale diretta ad assolvere i compiti di recupero, conservazione, valorizzazione e governo di questo tipo specialissimo di città.
L'iniziativa, peraltro, non risulta al momento avere avuto un grandissimo successo e probabilmente, dalle ricerche svolte su internet risulta ferma al palo.
Volendo guardare brevemente ad altre esperienze europee, risulta particolarmente interessante il sistema adottato in Francia, con riferimento proprio allo statuto delle città d'arte [26]. Il richiamo al modello d'oltralpe appare, peraltro, di particolare interesse dal momento che proprio alla Francia si è sovente - ed anche da ultimo - rivolto il legislatore nazionale [27] nel mettere mano alla gestione e tutela dei beni culturali.
Già dal 1985 è stata istituita dall'ordinamento francese una vera e propria "etichetta" (label, letteralmente) creata dal Ministero della cultura e della comunicazione, il quale assegna il riconoscimento di "Ville ou Pays d'Art e d'Hystoire" alle città d'arte francesi [28] che presentino determinate caratteristiche. Peraltro, dato di particolare interesse e che si intreccia con il tema della tutela del bene immateriale marchio-città, tale denominazione viene ad essere iscritta a l'Institut national de la propriété industrielle (INPI).
La qualifica viene attribuita ai territori che "conscients des enjeux que représente l'appropriation de leur architecture et de leur patrimoine par les habitants, s'engagent dans une démarche active de connaissance, de conservation, de médiation et de soutien à la création et à la qualité architecturale et du cadre de vie. La valorisation de l'architecture des XIX, XX, et XXI siècles, et la préservation du paysage sont particulièrement attendues" [29].
L'impegno assunto dai Comuni interessati, come dato leggere nel dossier del Ministero della cultura francese, ha alla base l'obiettivo di assicurare la trasmissione alle generazioni future delle testimonianze storico-artistiche della città, con un metodo di "responsabilisation collective".
L'attuazione delle attività di gestione e tutela della città che discendono dall'ottenimento del label si fonda su un modello di partenariato tra lo Stato e l'ente locale, formalizzato - dopo l'attribuzione della denominazione - tramite la predisposizione di una specifica convenzione (rinegoziabile ogni 10 anni), contenente gli obiettivi specifici dell'iniziativa, nonché una parte finanziaria.
L'ente deve inserire il progetto "Ville ou Pays d'art et d'histoire" all'interno della politica pubblica locale: difatti, "le projet repose sur un dispositif transversal à l'action du territoire pour mieux accompagner les décideurs et les agents publics, mais aussi l'ensemble des acteurs locaux qui participent à la valorisation de l'architecture, du patrimoine, du paysage et à l'élaboration du cadre de vie" [30].
Come contropartita a tale attuazione, il Ministero della Cultura e della Comunicazione si impegna ad apportare un sostegno economico (almeno nei primi 5 anni della convenzione) ai Comuni interessati, oltre a collaborare per la formazione di soggetti che saranno ad hoc impiegati nella tutela e promozione del territorio di riferimento [31].
Dal 1995 è stato, inoltre, istituito un Conseil national des Villes et Pays d'art et d'histoire il quale ha il compito di coordinare a livello nazionale la rete delle Città d'Arte, nonché di emettere specifico parere a seguito della candidatura di una Città all'ottenimento del label o, in un momento successivo a ciò, di segnalare il mancato rispetto della convezione.
Da quanto premesso risulta chiaramente la mancanza di un vero e proprio statuto giuridico delle Città d'arte.
Vi sono, però, tutte le premesse per arrivarne a definire uno. Probabilmente la strada maestra è quella di implementare e rafforzare le iniziative già prese in via autonoma, attraverso la predisposizione di una serie di organi associativi, promossi dalle Città d'arte, chiamati a stilare un elenco che abbia come effetto giuridico il riconoscimento dello status giuridico di Città d'arte. La conseguenza principale del riconoscimento di questo status dovrebbe essere quella derivante la possibilità di impiegare, ai fini di marketing territoriale, il logo riconosciuto alle città con tale status. L'iscrizione nell'elenco, peraltro, non dovrebbe essere condizionata solamente all'obiettivo riscontro del possesso dell'immagine di città d'arte fatta propria dalla rappresentazione collettiva, ma anche a condizioni di qualità, così come condensate nella Carta di Firenze. In questo, ambito non si ravvede la necessità di un intervento legislativo, poiché, come anche recentemente notato, "non è necessario né risolutivo ricorrere a miracolistiche soluzioni affidate a leggi più o meno speciali: cruciale, invece, è la cura della orizzontalità e delle "cerniere" tra le politiche di settore sia all'interno del singolo soggetto istituzionale che tra livelli di governo, il che tra l'altro rappresenta anche la migliore premessa per costruttive relazioni tra soggetti pubblici e privati" [32].
Note
[1] E' questo l'avvertimento che pone lo studioso di estetica delle città: M. Romano, La città come opera d'arte, Torino, 2008, pag. 6.
[2] Art. 12, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114: "1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni del presente articolo e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, in esecuzione di quanto disposto dall'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142.//2. Fatto salvo quanto disposto al comma 4, gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio possono restare aperti al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto di tali limiti l'esercente può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio non superando comunque il limite delle tredici ore giornaliere.//3. L'esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l'orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.//4. Gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva dell'esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale.//5. Il comune, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, individua i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Detti giorni comprendono comunque quelli del mese di dicembre, nonché ulteriori otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell'anno".
[3] Art. 4, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23: "1. I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. // 2. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l'imposta di soggiorno può sostituire, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell'ambito del territorio comunale (...)."
[4] Per un quadro esaustivo delle città cui si estendono le predette normative si veda il documento predisposto da Federalberghi, L'imposta di soggiorno - Osservatorio sulla fiscalità locale, Gennaio 2014.
[5] M.S. Giannini, I beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1976, pagg. 9-10.
[6] Da Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Arts_town. In base alla corrispondente traduzione italiana del testo inglese tratto da wikipedia si può dire che "le Città d'arte hanno almeno dieci criteri principali che li definiscono. Questi includono il centro della città con un'alta densità di arte: gallerie d'arte; laboratori artigianali che utilizzano materiali locali; teatri e gruppi teatrali; organizzazione e formazione di arti popolari; caffè con elementi artistici di produzione locale; almeno 3-5 cooperative artistiche; edifici storici che hanno subito una corretta ristrutturazione e mantenuto il loro carattere storico; almeno due o tre fondazioni culturali; un consiglio di arti che funziona con urbanisti ed i consiglieri comunali; lezioni quotidiane nelle arti che coinvolgono molti cittadini, e attirano studenti e turisti per i seminari. La maggior parte di solito di queste città hanno anche un rapporto di un museo ogni 2000 cittadini. Il riconoscimento da parte di indagini statistiche della capacità di esercitare attrazione turistica artistica è un altro criterio importante. In alcuni paesi, lo status di città d'arte è l'esito di una designazione ufficiale da parte delle autorità culturali nazionali".
[7] UNESCO (1994), Tourism and Cities of Art: The Impact of Tourism and Visitors Flow Management in Aix-en-Provence, Amsterdam, Bruges, Florence, Oxford, Salzburg and Venice. Venice: Regional Office for Science and Technology for Europe.
[8] Sui criteri Istat per classificare le Città d'arte v. A. Cicerchia, Risorse culturali e turismo sostenibile. Elementi di pianificazione strategica, Milano, 2009, pag. 92.
[9] Così L. Lazzeretti, T. Cinti, La valorizzazione economica del patrimonio artistico nelle città d'arte: il restauro artistico di Firenze, Firenze, 2001, pag. 56, dove s'individua questo complesso di beni con l'acronimo PACA (Patrimonio artistico, culturale, ambientale).
[10] Ancora L. Lazzeretti, T. Cinti, La valorizzazione economica del patrimonio artistico nelle città d'arte, cit., pag. 59.
[11] Così L. Lazzeretti, T. Cinti, op. cit., pag. 61.
[12] L. Lazzeretti, T. Cinti, op. ult. cit.
[13] G. Mossetto, L'economia delle città d'arte, Milano, 1992, pag. 9.
[14] E. Di Maria, Cambiamenti e innovazioni nelle città d'arte: il caso di Venezia, in Città e cultura nell'economia delle reti, (a cura di) E. Rullani, S. Micelli, E Di Maria, Bologna, 2000, pag. 149.
[15] C. Raffestin, Le rôle de la ville d'art dans l'avènement d'une économie de la contemplation, in AA.VV., Città d'arte (Atti dell'incontro di studio "La città d'arte: significato, ruolo e prospettive in Europa", Firenze 10-11 novembre 1986), Firenze, 1988, pag. 98.
[16] Cfr. M. Romano, La città come opera d'arte, cit., pag. 23 e 39.
[17] Su tali aspetti v. A. Serra, Riflessioni in tema di governo delle città d'arte: esigenze, obiettivi, strumenti, in Aedon, 2008, 1.
[18] M. Ainis, Beni culturali e città d'arte, in Pol. dir., 1988, pag. 525.
[19] G. Morbidelli, Città d'arte. Quadro giuridico istituzionale, Convegno sulle Città d'arte italiane, Siena 30 novembre-1 dicembre 1990, dattiloscritto.
[20] S. Amorosino, Le "città d'arte": nozione e ipotesi di discipline amministrative di tutela, in Riv. giur. urb., 1990, pag. 595.
[21] Sui centri storici è ancora oggi fondamentale la lettura di G. Caia, G. Ghetti (a cura di), La tutela dei centri storici, Torino, 1997, ed in particolari i contributi ivi contenuti di: F. Benvenuti, Introduzione; F.G. Scoca, D. D'Orsogna, Centri storici, problema irrisolto.
Per altri contributi sui centri storici cfr.: N. Grasso, I centri storici, in Diritto dei Beni Culturali e del Paesaggio, (a cura di) M.A. Cabiddu, N. Grasso, Torino, 2004, pag. 309; P. Carpentieri, Il decoro urbano: il problema degli usi e della conservazione dei centri storici. I beni culturali e la normativa urbanistica (relazione tenuta in occasione del Seminario di Formazione Specialistica - Confronto tra giuristi ed urbanisti sul tema "Il territorio tra tutela e trasformazione" - Tar Lazio, 24-25 novembre 2014), in www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/ufficiostudi/Notiziasingola/index.html?p=NSIGA_3829046; C. Videtta, I centri storici al crocevia tra disciplina dei beni culturali, disciplina del paesaggio e urbanistica: profili critici, in Aedon, 2012, 3.
Sono in corso di pubblicazione gli Atti del Convegno "I centri storici tra norme e politiche" svoltosi a Gubbio il 6 ed il 7 giugno 2014, organizzato dal Centro Studi Giuridici e Politici della Regione dell'Umbria. Tra la letteratura non giuridica si segnala da ultimo il contributo di L. Ferrucci (a cura di), Centri storici delle città tra ricerca di nuove identità e valorizzazione del commercio. L'esperienza di Perugia, Milano, 2013.
[22] Così M. Dugato, Strumenti giuridici per la valorizzazione dei beni culturali immateriali, in I beni immateriali tra regole privatistiche e pubblicistiche (Atti del Convegno di Assisi, 25-27 ottobre 2012), (a cura di) A. Bartolini, D. Brunelli, G. Caforio, Napoli, 2014, pag. 144 ss. (ma anche in questa Rivista, 2014, 1).
[23] Si veda www.cidac.eu.
[24] Per esempio disegno di legge AS n. 1539, XVI legislatura, d'iniziativa dei senatori Serafini e altri, "Norme per la salvaguardia e la valorizzazione delle Città d'arte".
[25] Presentata a Firenze il 18 gennaio 2000.
[26] Ringrazio Angela Guerrieri per avermi suggerito di approfondire lo statuto delle Città d'arte nell'ordinamento francese.
[27] Si pensi al recente decreto "Art Bonus" (d.l. 31 maggio 2014, n. 83) che in diversi punti mostra una chiara ispirazione al modello del mecenatismo alla francese.
[28] In particolare il riconoscimento può essere atribuito a "Territoires, communes ou regroupements de communes". Ad oggi sono 181 le Ville et Pays che hanno ottenuto tale riconoscimento. Si rimanda, per maggiori dettagli, al sito web del Ministero della Cultura e della comunicazione francese, nonché allo specifico sito di tale iniziativa.
[29] http://www.culturecommunication.gouv.fr. Peraltro è di particolare interesse notare come il Ministero specifichi che il termine "patrimoine culturel" inerente la Città debba essere inteso in un'accezione ampia, che comprenda, cioè, non solo l'insieme degli edifici storici della città ma anche il patrimonio naturale, industriale, marittimo che ne fanno parte, così come (cit. lett.) "la mémoire des habitants". Una definizione ampia e dal contenuto anche "immateriale", quindi, del concetto di città d'arte. Si tratta dunque, specifica il Ministero, di integrare tutti quegli elementi che "contribuent à l'identité d'une ville ou d'un pays riche de son passé et fort de son dynamisme".
[30] In tal senso, in particolare, saranno coinvolti gli ambiti di competenza comunale che ineriscono cultura, educazione, ambiente, sviluppo sostenibile, turismo, etc.
[31] Diverse azioni sono poi specificatamente descritte come inerenti il progetto "Città d'arte" e poste in essere con la collaborazione dello Stato: ad esempio, una linea editoriale ad hoc; l'aiuto nella realizzazione di documenti e siti informativi, nonché di collezioni di guide beneficianti del sostegno della Direzione Generale Patrimonio, ecc.
[32] M. Cammelli, Città d'arte tra autonomia e regimi speciali, relazione al Convegno Accademia dei Lincei, 4 novembre 2014, in Aedon, 2015, 2.