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La formazione universitaria in materia di beni culturali
nei nuovi ordinamenti didattici (Parte I: le lauree)

di Francesco Midiri


Sommario: 1. La riforma dei corsi di studio universitari. - 2. Le discipline relative ai beni culturali nel primo decreto d’area. - 3. Gli obbiettivi formativi qualificanti. - 4. Le classi dei corsi in materia di beni culturali. - 5. Le classi delle lauree con integrazioni interdisciplinari. - 6. Le classi di lauree con potenziali integrazioni interdisciplinari in materia di beni culturali. - 7. Considerazioni critiche.



1. La riforma dei corsi di studio universitari

A partire dal 1997 l’ordinamento didattico dei corsi universitari è stato oggetto di un’ampia azione di riforma. Dapprima la legge 15 maggio 1997, n. 127, all’art. 17, comma 95, ha rideterminato la competenza ed i contenuti delle fonti di disciplina dei corsi, ovvero dei decreti del ministro dell’Università e dei regolamenti didattici dei vari atenei. Successivamente il decreto ministeriale del ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999 n. 509, "Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei", ha identificato i nuovi prodotti didattici universitari (la laurea, la laurea specialistica, il diploma di specializzazione ed il dottorato di ricerca) ed ha introdotto una nuova categoria definitoria e classificatoria dei corsi di laurea: le "classi di corsi", definite, sul piano formale, in termini di gruppi omogenei di corsi di studio dello stesso livello, che condividono: a) medesimi obbiettivi formativi qualificanti; b) medesime attività formative indispensabili [1].

In esito a questi primi interventi normativi, nel nuovo ordinamento didattico non vengono determinate le "facoltà o la collocazione di corsi nelle facoltà", ma vengono identificate solo le "classi di corsi", nonché gli obbiettivi e le attività formative proprie delle classi stesse. Queste ultime, quindi, identificano macro-aree formative caratterizzate in maniera unitaria, sia sul piano teleologico culturale/professionale (attraverso la identificazione degli obbiettivi formativi) che sul piano strumentale didattico (attraverso la identificazione delle attività formative), che dovranno raggruppare corsi tipici identificati dalle università [2]. L’iter di riforma è proseguito negli ultimi mesi del 1999, quando sono stati approntati due schemi di decreto ministeriale, il primo recante la "Definizione delle classi delle lauree universitarie", il secondo recante la "Definizione delle classi delle lauree specialistiche universitarie". Il primo dei due è giunto a definitiva approvazione nell’agosto 2000.

Quest’ultimo testo [3], in conformità dei suoi precedenti normativi, ha determinato 41 classi di corsi di laurea, definendo i correlativi obbiettivi formativi, le attività qualificanti, il numero minimo di crediti per attività formativa e per ambito disciplinare.

Gli atenei sono ora chiamati a determinare l’elenco dei corsi, degli insegnamenti e delle residue attività formative "secondo criteri di stretta funzionalità" [4]. Configurati gli ordinamenti didattici le università "rilasciano, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, i titoli di laurea con la denominazione della classe di appartenenza e del corso di laurea, assicurando che la denominazione di quest'ultimo corrisponda agli obiettivi formativi specifici del corso stesso" [5].

 

2. Le discipline relative ai beni culturali nel primo decreto d’area

A questo punto occorre ricostruire quale collocazione abbia avuto nel nuovo regime la didattica della materia inerente i beni culturali. E’ necessario, quindi, svolgere una considerazione di metodo ed identificare una categoria di sintesi, riconducibile a quella che nel nostro ordinamento identifica i beni culturali, che si ponga quale referente comune di varie possibili aree didattiche o insegnamenti di diversi settori disciplinari (ad esempio di area giuridica, economica, storica, ecc.).

La legge 1 giugno 1939, n. 1089, identificava i beni culturali con le "cose mobili ed immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnografico" e forniva una elencazione di categorie di cose che, per il loro interesse intrinseco, erano sottoposte ad una disciplina legislativa speciale vincolistica: si tratta di una "definizione normativa" di beni culturali, quali beni previsti dalla legislazione vigente e resi da questa oggetto di norme di tutela. I beni culturali, quindi, venivano considerati solo nella loro dimensione materiale da rendere oggetto di azione amministrativa conservativa o di tutela. La dottrina ha evidenziato la differenza esistente tra realtà materiale nella propria dimensione corporea, oggetto di regime vincolistico, ed il bene giuridico immateriale, propriamente culturale, rappresentato dal valore intrinseco delle "res".

Tale visione, unita ad una norma promozionale come quella dell’art. 9 della Costituzione, ha dato impulso a nuovi sviluppi teorici e normativi: si è manifestata la necessità di passare ad una nozione unitaria e non normativa di bene culturale come "testimonianza materiale avente valore di civiltà" che fosse presupposto non solo di regime vincolistico di tutela ma anche di norme dirette alla gestione ed alla valorizzazione come massimizzazione della fruizione collettiva [6]. Il bene culturale, insomma, come valore giuridico integrato ad una cosa e caratterizzato da una funzione sociale di sviluppo della collettività.

A questa definizione pare avere aderito l’art. 148, decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 che definisce i beni culturali come "quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge". A fronte di questa impostazione il d.lg.112/1998 non aderisce ad una "concezione totalizzante della tutela" ma pone il bene culturale come presupposto di compiti amministrativi di tutela, gestione e valorizzazione.

Concludendo, la figura catalizzatrice di insegnamenti universitari o riferimento di attività didattiche è quella che identifica i beni culturali nella loro qualità esclusiva di "corpora" con un valore culturale immateriale ed in grado di realizzare una funzione sociale di sviluppo intellettuale o di definizione della identità culturale delle collettività. Le attività formative che interessano, quindi, sono solo quelle che si occupano di beni culturali per questa specifica valenza, ignorando la valenza estetica o tecnica dei beni e considerando solo la loro identità culturale o sociale.

Sarà così possibile isolare esclusivamente attività formative versate nei beni culturali identificati in questa loro peculiare accezione. In sostanza nella nostra analisi dovremo evidenziare quale spazio viene riservato dai decreti d’Area alle varie attività formative, di diversa matrice disciplinare (da quella giuridica a quella economica, ecc.) aventi ad oggetto la suddetta categoria beni culturali [7].

 

3. Gli obbiettivi formativi qualificanti

A questo punto è necessario definire positivamente, nel quadro complessivo delle lauree universitarie, gli spazi riservati dalla nuova disciplina alla formazione didattica degli studenti relativa ed inerente alla categoria beni culturali.

Per fare ciò l’analisi deve muovere dalla lettura degli obbiettivi formativi qualificanti delle varie classi dei corsi.

Questi ultimi, infatti, imprimendo la caratterizzazione teleologica formativa e professionale ai corsi, determinano implicitamente lo spettro di contenuti formativi pertinenti ed omogenei a ciascuna classe, ovvero quelli che potranno essere contemplati nei curricula senza che si realizzi uno sviamento delle attività didattiche rispetto al target formativo.

Solo successivamente, quindi, si dovrà procedere alla analisi del complesso e della architettura delle attività formative individuate dal decreto ministeriale o lasciate da questo alla autonomia degli atenei. Solo dopo avere chiarito gli obbiettivi si potrà considerare la collocazione, la valenza e la possibile valorizzazione dei vari contenuti formativi nel quadro di ciascuna classe.

Prima di tutto questo, però una ulteriore considerazione preliminare. Come già anticipato, il diploma di laurea, di durata triennale e caratterizzato dalla acquisizione di 180 crediti formativi, ha per obiettivo quello di "fornire allo studente un formazione culturale e professionale compiuta tale da potere dare accesso, di norma alle attività per le quali attualmente si richiede la laurea salvo specifiche e motivate eccezioni per attività e funzioni che richiedano espressamente il titolo finale di II° livello" [8].

La connotazione, volutamente generica, pare significare, considerati anche gli obbiettivi formativi specifici dettati dal decreto ministeriale concernente le "Classi delle nuove lauree triennali" del 4 agosto 2000, che la laurea deve trasmettere allo studente la padronanza di metodi e contenuti scientifici di base che siano nondimeno sufficientemente completi ed integrati da consentire un immediato inserimento professionale: la laurea, quindi, mira ad una formazione di base che sia "completa" a tal punto da agevolare un inserimento immediato nel mondo del lavoro.

La scelta legislativa, che potrebbe presentare elementi di ambiguità, produce una conseguenza chiara nella determinazione e caratterizzazione degli obbiettivi formativi, a propria volta caratterizzazione teleologica fondamentale di ciascuna classe: nonostante le premesse di propedeuticità dei corsi, il legislatore ha previsto come elemento essenziale dei diplomi di laurea l’acquisizione di competenze fortemente caratterizzate sul piano tecnico, scientifico e professionale oltreché autosufficienti, a cui si sommano solo in via eventuale implementazioni interdisciplinari. Per converso le stesse classi dei corsi, mirate a specifici obbiettivi formativo-professionali, risultano notevolmente parcellizzate.

 

4. Le classi dei corsi in materia di beni culturali

Veniamo ora all’analisi relativa alle varie classi dei corsi. Innanzitutto troviamo una serie di classi inerenti a materie squisitamente tecnico-scientifiche che, nei propri obbiettivi qualificanti, precludono, come può apparire logico, ogni spazio all’insegnamento dei beni culturali [9].

Per converso il decreto contempla due classi di corsi specificamente relative alla materia dei beni culturali, le classi delle lauree in Scienze dei beni culturali ed in Tecnologie per la conservazione e per il restauro dei beni culturali. La prima delle due classi presenta una vocazione formativa e scientifica di ordine generale nel campo della nostra materia; gli obbiettivi formativi relativi impongono che i corsi di questa classe garantiscano l’acquisizione di un bagaglio formativo composito.

In primo luogo, l’allegato del decreto contempla obbiettivi propedeutici e di carattere formativo parzialmente generale: deve essere trasmessa una "buona formazione di base", e quindi un "adeguato spettro di competenze nei vari settori dei beni culturali" nominativamente indicati nel "patrimonio archeologico; archivistico e librario; teatrale, musicale e cinematografico; storico-artistico; demoetnoantropologico; del paesaggio e dell’ambiente". In tale modo la norma traccia i confini della formazione del laureato, che da un lato deve acquisire una cultura universitaria generale, dall’altro deve consolidare le proprie conoscenze in una serie di ambiti culturali identificati in maniera sostanziale, che definiscono e configurano i campi della nostra materia [10].

In secondo luogo, gli obbiettivi della classe identificano le proiezioni tecniche della formazione di base; dovranno essere acquisite, pur in maniera non esaustiva (si parla di "nozioni") due ordini di competenze: inerenti la legislazione e l’amministrazione dei beni culturali.

In terzo luogo, le norme individuano le capacità professionali che la formazione impartita dovrà assicurare: i laureati dovranno essere in grado di "svolgere attività professionali presso enti locali ed istituzioni specifiche, quali, ad esempio, sovrintendenze, musei, biblioteche, archivi, cineteche, parchi naturali e orti botanici, ecc., nonché presso aziende ed organizzazioni professionali operanti nel settore della tutela e della fruizione dei beni culturali e del recupero ambientale". In realtà, più che di capacità si tratta dei luoghi professionali inerenti i settori dei beni culturali precedentemente identificati [11].

Come si vede, i risultati formativi vengono caratterizzati da due direzioni: da un lato, prevedendo contenuti didattici, dall’altro, indicando, pur genericamente, ruoli professionali.

Procedendo all’analisi delle attività formative, il decreto prevede quelle relative alla formazione di base ripartite tra gli ambiti delle discipline storiche, della letteratura italiana e delle discipline dell'ambiente e della natura.

Seguono le attività caratterizzanti la classe, da ripartire tra i medesimi ambiti che segnano i settori concreti dei beni culturali indicati precedentemente. Si tratta degli ambiti dei beni musicali, cinematografici e teatrali, dei beni storico-artistici e archeologici, dei beni archivistici e librari, e dei beni antropologici e ambientali. A questi ultimi se ne aggiungono altri quali quelli della legislazione dei beni culturali, delle discipline geologiche, ingegneristiche e architettoniche, delle discipline chimiche, delle discipline fisiche e delle discipline biologiche. Nel quadro delle attività relative a discipline affini o integrative troviamo l’ambito delle tecnologie dei beni culturali, che unisce vari insegnamenti eterogenei, nonché quello delle civiltà antiche e medievali. A ciò si aggiunge la previsione classica di crediti riservati ad attività formative scelte dallo studente senza predeterminazione di ambiti, ad attività formative relative alla prova finale e ad altre attività formative.

Da una analisi congiunta di obbiettivi ed attività formative, la classe delle lauree in Scienze dei beni culturali pare essere caratterizzata da una preparazione articolata, di ordine prevalentemente storico-artistico e filologico-letterario, e riferita ai settori classici dei beni culturali. A ciò si aggiungono, peraltro, ambiti disciplinari diversi previsti come essenziali da un lato di ordine giuridico e sociopolitico, dall’altro di natura scientifico-ambientale.

Queste ultime discipline, tuttavia, non paiono dirette a consolidare precisi obbiettivi formativi qualificanti, che, come abbiamo visto, non intendono garantire specifiche competenze o professionalità scientifico-tecnologiche.

Concludendo, nonostante le attività formative contemplino diverse discipline scientifiche, il quadro complessivo pare alludere ad una formazione di natura umanistica, articolata e arricchita da molteplici integrazioni, a cui dovrebbe corrispondere un profilo professionale eclettico ma non tecnicamente specializzato.

La seconda classe di lauree prevista dal decreto (Tecnologie per la conservazione e per il restauro dei beni culturali) è caratterizzata in maniera naturalmente diversa attraverso una vocazione formativa e scientifica dei corsi di ordine prettamente tecnico, o meglio tecnologico: per questa classe, infatti, il bene culturale non rileva quale referente di una preparazione scientifico-umanistica composita ed interdisciplinare, ma quale substrato materiale di un intervento tecnico a cui le attività didattiche devono preparare.

A conferma di ciò le indicazioni relative agli obbiettivi formativi. La formazione universitaria deve, in primo luogo, consentire ai laureati di "intervenire sul bene culturale e di garantirne la conservazione". Quest’ultimo rimane il target formativo fondamentale, nonostante il decreto proceda ad ulteriori specificazioni dirette a collocare l’intervento conservativo in uno dei settori dei beni culturali che abbiamo visto poco sopra: i laureati dovranno "possedere competenze atte a svolgere interventi in uno o più dei seguenti settori: definizione dei progetti di intervento mirati all’arresto di processi di degrado e di dissesto dei manufatti architettonici storici, di quelli storico-artistici, archivistici, musicali, teatrali, cinematografici; studio delle modalità di rimozione delle cause del degrado; conservazione dei beni ambientali e dei beni demoantropologici, relativamente agli aspetti tecnologici del problema". Ed ancora "possedere adeguate conoscenze tecnico-scientifiche, anche operative, sulle caratteristiche morfologico-strutturali del bene culturale, sulle caratteristiche e proprietà dei materiali che lo compongono, sulle possibili tecnologie d’intervento per il restauro e la conservazione, sulle applicazioni archeometriche nei diversi campi di interesse".

Secondo l’impianto del decreto, nel quadro degli obbiettivi formativi si trovano l’indicazione delle collocazioni professionali (più che delle capacità) che i corsi dovranno garantire: "i laureati devono (...) essere in grado di operare nelle istituzioni preposte alla gestione e alla manutenzione del patrimonio culturale e nelle organizzazioni professionali private operanti nel settore del restauro conservativo e del recupero ambientale" [12]. Immediatamente dopo, peraltro, il quadro degli obbiettivi specifica in maniera più precisa i caratteri dell’intervento conservativo a cui saranno preparati i laureati: "i laureati della classe svolgeranno attività professionali presso enti locali e istituzioni specifiche, quali sovrintendenze, musei, biblioteche, archivi, nonché presso aziende ed organizzazioni professionali operanti nel settore del restauro, della tutela dei beni culturali e del recupero ambientale. In particolare si occuperanno di restauro del libro e della carta, del cuoio e della pergamena; dei dipinti su diversi supporti; delle sculture lignee; dei materiali lapidei e dei mosaici; dei metalli; dei tessili; delle terrecotte e dei materiali affini".

Appare subito chiaro come il laureato non possa vantare una competenza scientifico-tecnologica generale, in ordine al recupero dei beni culturali, ma acquisisca una preparazione relativa a specifici interventi conservativi ed a particolari categorie di beni. I contenuti didattici dei corsi in questione si definiscono meglio con la lettura delle attività formative qualificanti previste dal decreto.

Le attività formative relative alla formazione di base si risolvono in una serie di insegnamenti di discipline fisiche, chimiche, architettoniche, informatiche e matematiche, quasi tutte di carattere generale.

Le attività caratterizzanti la classe si dividono in due ambiti, definiti formazione interdisciplinare e scienze e tecnologie per la conservazione ed il restauro.

Il primo pare diretto a fornire allo studente una formazione umanistico-generale (legata prevalentemente all’area delle scienze dell’antichità e storico-artistiche) relativa ad alcuni settori (beni musicali cinematografici e teatrali, beni storico-artistici e archeologici) di quei beni culturali con riguardo ai quali i corsi di studi implementeranno una serie di capacità tecnologiche: si tratta infatti di insegnamenti riconducibili alle scienze dell’antichità e storico-artistiche, con alcune integrazioni di biblioteconomia, archivistica e botanica.

Il secondo ambito invece, reca in sé pochi insegnamenti autenticamente caratterizzanti la classe e relativi all’area dell’architettura, delle scienze geologiche, delle scienze antiche ed in minore parte della ingegneria.

Le attività formative relative a discipline affini propongono tre direttrici di integrazione didattica. Il primo ambito è rappresentato dalla legislazione dei beni culturali. Il secondo: discipline storiche, geografiche, filosofiche, economiche, sociologiche è rappresentato da un ampio spettro di materie alcune di ulteriore approfondimento interdisciplinare nelle aree dei beni demoantropologici e ambientali, dei beni storico-artistici e archeologici, altre eterogenee seppure affini alla categoria beni culturali (a tale proposito si consideri l’innovativa introduzione di discipline economiche che non figura invece nell’altra classe di corsi).

Il terzo ambito conduce ad una integrazione formativa rigidamente tecnologica, si tratta delle discipline geologiche ed ingegneristiche.

 

5. Le classi delle lauree con integrazioni interdisciplinari

Oltre alle classi dei corsi specificamente orientate alla materia dei beni culturali ne esistono alcune altre che attribuiscono, nell’ambito dei rispettivi obbiettivi formativi qualificanti, specifico rilievo alla categoria dei beni culturali.

Si tratta di tre classi di carattere chiaramente scientifico e di due di ordine più propriamente umanistico: Scienze della terra; Scienze e tecnologie chimiche; Scienze e tecnologie fisiche; Discipline letterarie e Scienze del turismo. Nei primi tre casi, come vedremo, i beni culturali si pongono, di nuovo, come substrato materiale di una azione tecnico-operativa di intervento, a cui i laureati vengono formati; nell’ultimo caso, invece, sono uno dei campi di formazione umanistica per una figura professionale peculiare ed innovativa.

Occorre procedere direttamente alla lettura degli obbiettivi per comprendere quale collocazione trovi la nostra categoria.

La prima classe indicata è quella delle Scienze della terra. Il testo dell’allegato al decreto definisce, innanzitutto, il nucleo della formazione dei laureati che si identifica nella "conoscenze di base nei diversi settori inerenti al sistema Terra" e nell’acquisizione di "una sufficiente familiarità con le metodiche disciplinari di indagine", di "strumenti fondamentali per l’analisi dei sistemi e dei processi geologici", di "competenze operative di laboratorio e di terreno". Successivamente vengono indicati gli ambiti applicativi professionali della formazione acquisita, e tra questi troviamo la "valutazione e la prevenzione del degrado dei beni culturali ed ambientali" [13].

Il quadro delle attività formative, poi, prevede una formazione di base articolata di carattere matematico, fisico, chimico ed informatico [14]; sono indicate, quindi, le discipline caratterizzanti la classe, ascrivibili agli ambiti geologico-paleontologico; geomorfologico-geologico applicato; mineralogico-petrografico e geochimico-geofisico e quasi tutte di ordine geologico.

A fronte di tutte queste attività l’allegato al decreto dedica discreto spazio, da un lato, alle attività formative integrative ed affini - dedicate, da un lato, all’ambito della cultura scientifica, tecnologica, giuridica, economica e, dall’altro, all’ambito della interdisciplinarità ed applicazioni senza ulteriore indicazione di specifici insegnamenti -, dall’altro, alle attività formative scelte dallo studente [15]. In tale modo viene lasciato agli atenei ampio spazio per caratterizzare i corsi di laurea in Scienze della terra orientandone i contenuti formativi in relazione ai possibili campi professionali applicativi, tra cui quello dei beni culturali. Sarà quindi possibile sovrapporre ad una formazione di base scientifica di ordine generale una preparazione tecnica di segno geologico opportunamente integrata da discipline interdisciplinari o legate alla specifica vocazione professionale dei laureati.

E’ possibile ipotizzare le direttrici di tale affinamento formativo, per quanto attiene ai beni culturali, identificandole negli ambiti didattici che già erano stati posti dal legislatore ad integrazione del bagaglio tecnico-culturale del laureato nella classe di laurea in Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, la quale può essere ritenuta affine sul piano teleologico a quella in esame. Si tratta, come si ricorderà, degli ambiti di legislazione dei beni culturali, delle discipline storiche, geografiche, filosofiche, economiche, sociologiche, delle discipline geologiche ed ingegneristiche (anche se con riguardo a queste ultime l’affinamento poteva essere tale solo per un laureato senza una specifica vocazione geologica, nel nostro caso esiste il rischio di duplicazioni). Naturalmente non pare potersi escludere che una corretta caratterizzazione formativa contempli ambiti disciplinari che avevano addirittura caratterizzato la classe delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, quali quello della formazione interdisciplinare e delle scienze e tecnologie per la conservazione ed il restauro [16].

La seconda classe da considerare è quella delle Scienze e tecnologie chimiche. Anche in questo caso il legislatore costruisce gli obbiettivi formativi qualificanti facendo riferimento anche alla categoria dei beni culturali.

Più precisamente, come era avvenuto per le Scienze della terra, dopo avere chiarito che i laureati devono acquisire una "adeguata conoscenza di base nei vari settori della chimica, nei loro aspetti teorici e sperimentali", e devono essere in grado di "utilizzare le metodiche disciplinari di indagine", vengono identificate le attività operativo-applicative professionali relative alla classe.

Tra queste ultime trova collocazione anche l’attività di "conservazione dei beni culturali" [17]. Anche l’architettura complessiva delle attività formative è sostanzialmente analoga a quella prevista per la classe analizzata poco sopra. Anche in questo caso è prevista una formazione di base di ordine informatico, matematico e fisico, a cui si aggiunge, nelle attività caratterizzanti la classe, una solida preparazione nelle discipline della chimica [18].

A questo punto è facile rilevare come in questa classe si aggiunga, ad un bagaglio formativo di ordine scientifico generale, uno spazio dedicato all’ambito disciplinare della Interdisciplinarità e applicazioni (non specificato in insegnamenti determinati) ed alle attività scelte dallo studente.

Anche per quanto riguarda la classe delle Scienze e tecnologie chimiche, allora, paiono esistere gli stessi margini di implementazione interdisciplinare dei contenuti formativi classici o di caratterizzazione specialistica delle competenze e delle professionalità che abbiamo visto poco sopra.

Le medesime considerazioni possono essere svolte per l’ultima delle tre classi scientifiche che abbiamo individuato (Scienze e tecnologie fisiche), la quale non si discosta dal modello precedente.

Gli obbiettivi formativi qualificanti, infatti, impongono la "conoscenza dei settori della fisica classica e moderna", l’acquisizione delle "metodologie di indagine e essere in grado di applicarle nella rappresentazione e nella modellizzazione della realtà fisica e della loro verifica", l’acquisizione di "competenze operative e di laboratorio"; successivamente, si identificano gli ambiti di applicazione delle competenze acquisite tra i quali troviamo, genericamente proposto, quello dei beni culturali [19].

La genericità della formula, dovuta evidentemente alla difficoltà di ricondurre le competenze del fisico al quadro del recupero/restauro materiale del bene culturale, a cui facevano riferimento le due precedenti classi, deve farci pensare ad una formazione, se possibile, ancora più aperta ed eclettica.

Sul piano delle attività formative, identico è lo spazio riservato alla cultura matematica, chimica ed informatica, ed identico è l’ambito della formazione fisica caratterizzante la classe. Del pari invariato è lo spazio per delle interdisciplinarità ed applicazioni (ambito di nuovo non ulteriormente specificato) e delle attività scelte dallo studente [20].

Come si vede, data la proporzione quantitativa dei tipi di attività formative indicata dal decreto e l’articolazione elastica degli obbiettivi formativi, pare possibile comporre i curricula didattici in modo da integrare una preparazione squisitamente tecnica generale tanto con una implementazione interdisciplinare di ampio respiro (che può andare dai campi delle scienze dell’antichità a quelle storico artistiche a quelle dell’architettura), quanto con una caratterizzazione tecnologica specifica (votata ai temi del degrado dei beni culturali, ma non solo); per converso, l’obbiettivo della formazione alla conservazione ed alla valorizzazione dei beni culturali, intesi quali realtà materiali da tutelare, pare possa essere raggiunto, pure con alcune peculiarità ineliminabili, attraverso vari itera formativi: sia con la configurazione originale di corsi di studio classici nelle discipline fisiche, chimiche e geologiche, sia con la valorizzazione di una classe autonoma ed innovativa che opera la sintesi di vari insegnamenti eterogenei nel segno della nostra categoria (le Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali).

Non è questa la sede per pronunciarsi su quale possa essere la strada più idonea a garantire una formazione più completa ed efficace in relazione alle esigenze professionali concrete, anche perché molto dipenderà dalla conformazione dei corsi operata dagli atenei.

Qui è possibile considerare soltanto un elemento: mentre la preparazione scientifica di base nelle tre ultime classi analizzate ed in quella delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali risulta sostanzialmente identica, e l’affinamento scientifico specialistico delle discipline classiche non può essere "esportato", il proprium della classe delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali non pare inattingibile ai corsi scientifici classici in via di caratterizzazione disciplinare o interdisciplinare delle attività didattiche.

L’unico elemento formativo che allora distingue la classe delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali pare essere una più spiccata (sul piano quantitativo) vocazione interdisciplinare per le materie umanistiche e giuridiche, che peraltro rimangono dichiaratamente accessorie e non direttamente legate alla collocazione professionale del laureato.

La quarta classe nella quale la nostra categoria è direttamente rilevante è quella delle Discipline letterarie, ove gli obbiettivi formativi qualificanti impongono la "conoscenza essenziale della cultura letteraria, linguistica, storica, geografica ed artistica dell’età antica medioevale moderna". A ciò si aggiunga che il laureato deve essere in grado di svolgere "anche mediante esperienze pratiche qualificate, conoscenze teoriche e metodologiche, attività professionali in enti pubblici e privati, nel campo del giornalismo e dell'editoria e nelle istituzioni che organizzano attività culturali o operano nel campo della conservazione e della fruizione dei beni culturali" [21].

L’ampiezza del quadro degli obbiettivi formativi, in un ambito latamente culturale, e le collocazioni professionali di ampio respiro, consentono ai corsi della classe la valorizzazione degli insegnamenti delle discipline afferenti alla nostra materia, attraverso approfondimenti e integrazioni interdisciplinari: in sostanza, in questa classe, la ridotta specificazione della vocazione formativa e professionale consente ampia autonomia nella costruzione dei corsi ed ampi margini di valorizzazione della formazione relativa ai beni culturali.

Il tutto risulta confermato dagli ambiti disciplinari previsti relativi a insegnamenti in larga parte coincidenti con quelli già indicati dal decreto nella classe delle Scienze dei beni culturali.

In primo luogo, la classe delle discipline letterarie fornisce una formazione di base storica e letteraria sostanzialmente identica, per ciò che riguarda gli insegnamenti indicati dal ministero, a quella contemplata dalla classe delle Scienze dei beni culturali [22].

In secondo luogo, nel quadro delle attività caratterizzanti la classe, il decreto impone una formazione votata allo studio delle letterature europee ma anche e soprattutto delle discipline classiche e delle discipline metodologico-letterarie prevedendo, per questi ultimi due casi, i medesimi insegnamenti filologici e letterari che, nella classe delle Scienze dei beni culturali, avevano identificato varie attività integrative ed interdisciplinari [23].

In terzo luogo, le attività interdisciplinari ed integrative dei corsi in discipline letterarie garantiscono un’ampia formazione in alcuni settori dei beni culturali quali quello dei beni storico-artistici ed archeologici, dei beni musicali, cinematografici e teatrali, dei beni archivistici e librari (dei quali nessuna altra classe si era occupata). Inoltre gli spazi didattici rimessi alla autonomia degli studenti e degli atenei potranno essere valorizzati per integrazioni ed approfondimenti interdisciplinari o per colmare le lacune formative negli altri settori dei beni culturali, quali quello dei beni demoantropologici ed ambientali, con riguardo ai quali l’impianto classico risulta deficitario [24].

Come si vede, anche nel campo delle Discipline letterarie la figura dei beni culturali può essere intesa come categoria di sintesi di varie discipline umanistiche tradizionali nella formazione letteraria ma anche caratterizzazione specifica di un intero corso di studi. Tutto ciò può condurre il laureato in Discipline letterarie ad una formazione completa, non superficiale e caratterizzata, nel campo dei beni culturali.

A questo proposito si ripropone il tema della fungibilità e della equipollenza di alcune classi che potrebbero in taluni casi distinguersi solamente per le integrazioni interdisciplinari spesse volte non essenziali ai fini del raggiungimento degli obbiettivi formativi o delle capacità professionali [25].

A questo punto dobbiamo occuparci dell’ultima classe, che nel quadro dei propri obbiettivi formativi qualificanti, fa esplicito riferimento alla categoria beni culturali: la classe di lauree in Scienze del turismo.

Il target formativo di questa ultima consiste nella acquisizione di un bagaglio composito di discipline umanistiche e di metodi di ricerca sociale ed economica attinenti ai vari settori del mercato turistico. Tale formazione dovrà anche consentire al laureato di operare in modo polivalente nelle imprese e nelle amministrazioni attive nel settore. In questo quadro i corsi dovranno garantire ai laureati la "familiarità con le tecniche di promozione e fruizione dei beni e delle attività culturali" [26]. In questo caso, quindi, il profilo professionale complessivo del laureato implica la capacità di realizzare una peculiare forma di valorizzazione dei beni culturali. La categoria non è considerata a fini formativi generali ma solo per consentirne una forma specifica di sfruttamento nel quadro del settore turistico.

Per questo la classe in oggetto contempla una serie di attività formative soltanto parzialmente sovrapponibile a quelle che hanno caratterizzato le Scienze dei beni culturali. Più specificamente, alcune attività caratterizzanti la classe ed alcune attività affini forniscono una formazione di base nelle discipline storiche, artistiche ed architettoniche [27] ovvero in alcuni settori classici dei beni culturali quali quello storico/artistico, archeologico, teatrale musicale e cinematografico [28]. Si tratta evidentemente dei settori suscettibili di un intervento di valorizzazione turistica. Non vengono invece considerati altri settori quali quello dei bei archivistico e librario e quello della conoscenza pure sommaria delle tecnologie di restauro e della legislazione dei beni culturali.

A questi contenuti didattici la classe sostituisce una formazione più profonda di ordine sociologico, economico, giusprivatistico con approfondimenti diversi, storico-religiosi e interculturali, non riconducibili alla materia dei beni culturali [29].

In questo caso, per concludere non pare potersi ravvisare alcuna "fungibilità" tra i corsi di quest’ultima classe e quelli delle Scienze dei beni culturali: ciò in ragione della specificità dell’obbiettivo formativo delineato in tema di beni culturali, specificità che non consente di dilatare lo spazio dello studio dei beni stessi attraverso integrazioni interdisciplinari di più ampio respiro.

 

6. Le classi di lauree con potenziali integrazioni interdisciplinari in materia di beni culturali

A questo punto, nell’allegato al decreto troviamo alcune ulteriori classi che non contemplano direttamente la categoria dei beni culturali nei propri obbiettivi formativi ma la cui vocazione formativa può consentire o addirittura implicare la trasmissione di uno spettro di conoscenze più o meno ampio nei vari settori della nostra materia, e la valorizzazione della categoria di sintesi dei beni culturali. In alcuni casi, poi, sarà possibile l’insegnamento non solo di discipline umanistiche ma anche di tecnologie di recupero o valorizzazione delle "res" beni culturali.

Troviamo in primo luogo la classe delle Scienze e tecnologie delle arti, del design, della moda, della musica e dello spettacolo, il cui obbiettivo formativo principale è quello di garantire una adeguata "conoscenza culturale e scientifica nei settori delle arti, del cinema, del design, della musica, del teatro e del costume" cioè in due dei settori formativi propri della classe delle Scienze dei beni culturali, quello storico artistico e quello teatrale, musicale e cinematografico. Anche la collocazione professionale dei laureati di questa classe (che devono operare professionalmente nei vari campi della "animazione e dell’industria culturale") conferma il carattere essenziale di una formazione nel nostro settore.

Nella classe delle Lingue e culture moderne, invece, una sensibilità ai temi delle realtà che compongano il patrimonio culturale legato alle lingue studiate è posto come accessorio alla formazione linguistica stessa, attraverso la padronanza "del patrimonio culturale delle civiltà di cui sono espressione". La medesima sensibilità, peraltro, è richiesta dai profili professionali del laureato che deve svolgere attività professionali nei vari settori dei servizi culturali. Per il gruppo dei corsi in Scienze storiche, invece, una preparazione, seppure sommaria, può derivare dall’obbiettivo formativo di "conoscere le linee generali della storia della umanità e avere familiarità con linguaggi e stili storiografici, con l’uso delle fonti documentarie e orali e della tradizione storiografica"; ed ancora dal profilo professionale del laureato che deve svolgere "attività professionali in enti pubblici e privati nei settori dei servizi culturali" , ed in "istituti di cultura di tipo specifico".

Altro campo di interesse, seppure limitato, è quello delle Scienze sociali per la cooperazione allo sviluppo dove si garantisce ai laureati la "familiarità con i fenomeni della mondializzazione dell’economia, con le dinamiche interculturali e di genere e con le componenti sociali, culturali, istituzionali dello sviluppo anche a livello locale". Le attività didattiche, peraltro, non vanno oltre le discipline storiche e storico-politiche, sociologiche, economiche, geografiche e demoantropologiche riducendo le possibilità interdisciplinari.

Analogo discorso può valere per le classi delle lauree in Filosofia ove una delle vocazioni professionali del laureato - "svolgere compiti nella pubblica amministrazione e in enti pubblici e privati (ufficio studi, direzione del personale, servizio stampa e pubbliche relazioni, marketing e pubblicità "creativa", promozione culturale, ecc.) "- ed una formazione letteraria e storica già presente nel quadro delle attività delle classe, legittimano integrazioni interdisciplinari verso una formazione di base nella nostra materia.

Vi sono, inoltre, di classi di vocazione tecnico specialistica per le quali non può escludersi, considerando gli obbiettivi caratterizzanti, una specifica attenzione, naturalmente pertinente e relativa al rispettivo punto di vista scientifico e tecnologico, per il tema dei beni culturali. Si tratta delle classi delle Scienze economiche, delle Scienze giuridiche, delle Scienze dell’architettura, dell’ingegneria edile per le quali l’architettura delle attività formative indicate dal ministero fa ritenere ampi gli spazi di eventuale valorizzazione dello studio dei beni culturali, i quali potrebbero rilevare sia come categoria di sintesi per un arricchimento umanistico del laureato, sia come referente per l’acquisizione di una serie di tecniche di conservazione e recupero di realtà culturali

 

7. Considerazioni critiche

Esaurita la panoramica della didattica dei beni culturali, è possibile presentare alcune brevi considerazioni critiche sui risultati a cui è giunto il legislatore nella costruzione delle classi e sulla valorizzazione della nostra materia. Occorre innanzitutto considerare come la categoria beni culturali sia stata utilizzata dal legislatore stesso, nel rinnovato sistema didattico universitario, in maniera per certi versi ambivalente.

In primo luogo, è stata posta come categoria di sintesi di vari insegnamenti di aree tematiche differenti per consolidare due classi di corsi, una di segno umanistico ed una di segno tecnologico-scientifico, che segnano due dimensioni autonome e distinte già dai livelli più bassi della formazione universitaria.

Lo studio dei beni culturali, in sostanza, è divenuto "ratio essendi" di due iter formativi che risultano allo stesso tempo eclettici, perché sintesi aperta e originale di più discipline, ma anche specifici e vincolati ad obbiettivi formativi e collocazioni professionali generiche o di limitato respiro [30].

In secondo luogo, la categoria è stata utilizzata quale ambito di implementazione necessaria di capacità tecniche o di contenuti culturali riconducibili a classi di corsi diversi e tradizionali, ad esempio nell’area scientifica della chimica, della fisica, delle scienze della terra. Ed ancora, attraverso obbiettivi formativi vaghi o non sufficientemente coordinati alle attività didattiche, non è stato chiarito quali fossero gli ambiti o le eventuali preclusioni per la valorizzazione della nostra materia in classi di lauree naturalmente votate allo studio dei beni culturali, quali le discipline letterarie ed architettoniche.

Anche il Cun, ha avvertito, facendo riferimento all’architettura complessiva dei corsi tracciata dallo schema di decreto ministeriale relativo alle lauree universitarie, questo genere di incongruenze nell’azione di riforma. Si è infatti affermato che "esiste disomogeneità anche nella logica sottesa alla costruzione delle diverse classi nel progetto della bozza ministeriale, le quali sembrano talvolta obbedire a regole tra loro incompatibili. Infatti, si oscilla tra l’ampia estensione di talune classi, tale da racchiudere la totalità dei corsi di laurea esistenti e culturalmente possibili nell’ambito dell’area, e l’eccessiva limitatezza di altre, che corrono il rischio di coincidere con un solo corso di laurea". A ciò si deve aggiungere che "in talune classi proposte, si registra un’inadeguata caratterizzazione delle lauree per quanto attiene all’individuazione degli obbiettivi formativi e professionalizzanti" [31].

La critica può rilevare anche nella classi di nostro interesse: quelle delle Scienze dei beni culturali e delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali paiono alludere a corsi di laurea specifici, mentre altre classi, di ordine tecnologico o umanistico, paiono potere coinvolgere, partendo dalla propria area, anche i campi dei beni culturali [32].

Le critiche del Cun conducono a conclusioni rilevanti anche per la nostra materia e più precisamente per la distinzione delle due classi di corsi relative ai beni culturali di cui viene auspicata la fusione: "la fusione delle classi XIII e XLI relative ai beni culturali, evidenzia la concezione unitaria del bene culturale che richiede una convergenza di interessi di carattere tecnico-scientifico e umanistico. In questo modo viene data una forte indicazione di intreccio tra diverse competenze nella formazione scientifico professionale pur mantenendo la possibilità della necessaria differenziazione dei percorsi specifici" [33].

Nonostante queste critiche, il testo definitivo del decreto ha mantenuto la medesima impostazione di fondo ed ha confermato le medesime scelte normative, relative alla classi di lauree di nostro interesse, già proposte nello schema preparatorio sottoposto al Cun.

Rimangono quindi distinte, e caratterizzate da un notevole tasso di specificità, le due classi di laurea delle Scienze dei beni culturali e delle Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali. Correlativamente alcune altre classi continuano a recare obbiettivi formativi potenzialmente in grado di coinvolgere la nostra materia e fornire una preparazione più piena ed adeguata perché radicata su background formativi tradizionali di ottimo valore didattico (si pensi alle lauree in Lettere).

7.1. (segue) La sostanziale continuità con il modello precedente, realizzato dai Diplomi universitari

Un altro elemento che emerge dalla panoramica svolta è la sostanziale continuità della attuale didattica dei beni culturali con il modello precedentemente realizzato dai Diplomi universitari (Du). E probabilmente saranno i caratteri fondamentali del modello precedente ad orientare la costruzione dei corsi delle nuove classi.

Pur rimanendo ferma la differente identità qualitativa tra lauree e diplomi universitari, è possibile indicare nella attuale classe di Scienze dei beni culturali la proiezione del precedente diploma di Operatore dei beni culturali: tanto la prima che il secondo risultano caratterizzati dall’insegnamento delle medesime aree disciplinari ma anche da analoga vocazione formativa e preparazione professionale.

Il Du, innanzitutto, contempla una formazione necessaria di base in sei aree disciplinari che fanno parte integrante anche della classe di laurea: si tratta dei settori del diritto/organizzazione, della storia, della storia dell’arte, della storia della scienza, dell’informatica e delle lingue straniere [34].

Si prevede poi una formazione successiva articolata in otto indirizzi che propongono, pur con maggiore specificità, gli stessi ambiti disciplinari (e relativi insegnamenti) delle attività formative caratterizzanti la classe di laurea: indirizzo archivistico, beni librari, storico-artistico, beni musicali, beni archeologici, informatico, documentalistico, storico-scientifico [35]. In tale modo il diploma mira a raggiungere gli stessi obbiettivi formativi successivamente fatti propri dalla classe di laurea: "possedere una buona formazione di base ed un ampio spettro di conoscenze e di competenze nei vari settori dei beni culturali (patrimonio archeologico; archivistico e librario; teatrale, musicale e cinematografico; storico-artistico)" [36].

Le analogie proseguono anche con riguardo agli sbocchi professionali previste dalle rispettive discipline: in particolare quelli del Du paiono essere stati riproposti, con formula più generale attraverso gli obbiettivi formativi, anche per i laureati in Scienze dei beni culturali [37].

Medesime considerazioni possono essere svolte anche per la classe di lauree in Tecnologie per la conservazione e per il restauro dei beni culturali che trova un precedente significativo nel diploma universitario di recente istituzione per Tecnici per la diagnostica applicata al restauro e la conservazione dei beni culturali [38].

Il diploma, di area scientifico-tecnologica, è nato per garantire la formazione professionale di tecnici nel campo della diagnostica per il ripristino, restauro e la conservazione dei beni culturali, attraverso l’impiego dei nuovi metodi e delle nuove tecnologie specialistiche. L’obbiettivo formativo caratterizzante è il medesimo che il decreto ha riproposto per la classe delle lauree.

La convergenza è chiara anche con riguardo ai contenuti della preparazione che dovranno fornire i fondamenti della matematica, della chimica generale ed inorganica, della fisica, della storia e tecnica del restauro, della conservazione e trattamento dei materiali, ed, in via interdisciplinare complementare della archeologia e delle storia dell’arte [39].

Anche gli sbocchi professionali della classe delle lauree paiono essere già stati identificati indirettamente dalla di istituzione del Du, attraverso la indicazione dei luoghi delle attività di tirocinio nell’Istituto centrale per il restauro, nei laboratori del ministero per i Beni culturali ed in altri laboratori. Negli obbiettivi della classe delle lauree la futura collocazione dei laureati è stata invece specificata in modo più articolata.

Naturalmente la parziale fungibilità di obbiettivi e di attività formative esistenti tra la classe delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali e le classi delle lauree in Scienze della terra, Scienze tecnologie e chimiche, Scienze e tecnologie fisiche, consente di estendere elementi di analogia del Du anche con queste ultime.

Il panorama dei diplomi universitari propone una ulteriore precedente esperienza che pare essere stata considerata nella conformazione delle classi delle lauree.

Si tratta del Du di Operatore culturale per il turismo che mira a formare una figura culturale professionalmente indirizzata allo sviluppo del settore turistico ed in grado di favorire e coordinare la fruizione del patrimonio culturale territoriale [40].

L’area didattica è naturalmente quella umanistica e gli insegnamenti caratterizzanti sono relativi alle discipline storiche, storico-artistiche, archeologiche e demoantropologiche, con alcune integrazioni interdisciplinari nei campi dello spettacolo, del diritto e della comunicazione.

La vocazione formativa e la preparazione professionale di questo Du sono state conservate dal legislatore e valorizzate nel quadro disciplinare più ampio e composito delle Scienze turistiche dove giungono ad identificare un apposito obbiettivo formativo la "familiarità con le tecniche di promozione dei beni culturali".

Un’altra offerta formativa importante, consolidatasi nel vigore della disciplina precedente, è quella prevista dalla università Bocconi di Milano nell’area delle scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali: si tratta del Du in Economia e gestione delle arti e delle attività culturali.

In questo caso non pare trattarsi di un corso di studio successivamente trasposto nel quadro delle nuove classi, ma piuttosto una esperienza originale di valorizzazione della categoria dei beni culturale nell’ambito degli studi economici, o meglio una caratterizzazione innovativa delle discipline economiche che potrebbe darsi anche nell’ambito della nuova disciplina.

Obbiettivo del Du universitario è quello di approfondire la concezione contemporanea del bene culturale in quanto oggetto meritevole di tutela anche quale bene di consumo rivolto ad un numero sempre crescente di utilizzatori e quale fattore di investimento produttivo.

Il quadro disciplinare, quindi, risulta sostanzialmente una sintesi tra discipline economiche ed insegnamenti legati alla dimensione artistico-letteraria. Il tutto con integrazioni operative attraverso seminari e laboratori.



Note

[1] Il regolamento, inoltre, ha identificato, sul piano quantitativo, l’iter formativo ed il prodotto accademico in termini di crediti formativi (180 per conseguire la laurea; 300 per conseguire la laurea specialistica).

[2] L'appartenenza di un corso di laurea ad una classe, quindi, è subordinata solo al fatto che, nel piano di studi, siano previsti i relativi obbiettivi e venga dedicato lo spazio minimo previsto dal ministero alle attività formative proprie della classe stessa.

[3] D.m. 4 agosto 2000, Definizione delle classi delle lauree universitarie.

[4] Art. 3, d.m. 4 agosto 2000.

[5] Art. 7, d.m. 4 agosto 2000; naturalmente il decreto contiene anche una serie di altre norme di dettaglio relative alla composizione del panorama dei corsi, cfr. soprattutto l’art. 4 citato.

[6] Queste le indicazioni contenute nella relazione della cosiddetta "Commissione Franceschini" istituita con la legge 26 aprile 1964, n. 310.

[7] Come vedremo, le fonti regolamentari prevedono, da un lato, che le attività di studio dei beni culturali possa caratterizzare autonome classi di corsi di laurea, dall’altro, che una formazione mirata a varie categorie di beni culturali si inquadri in un assetto formativo di diversa caratterizzazione per identificare un apposito ramo di preparazione professionale.

[8] In questi termini si esprime il ministro della Università e della Ricerca scientifica nella II nota di indirizzo del 16 ottobre 1998, "L’architettura del sistema italiano di istruzione superiore. Indicazioni preliminari alla emanazione dei ‘decreti d’area’ per i corsi di studio universitari". Il d.m. 509/1999, inoltre, definisce la laurea universitaria lo strumento per "assicurare allo studente una adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali" (art.3).

[9] Si tratta delle classi delle lauree nelle: Biotecnologie; Scienze dei servizi giuridici; Scienze della mediazione linguistica; Scienze per il servizio sociale; Ingegneria civile e ambientale; Ingegneria dell'informazione; Ingegneria industriale; Scienze biologiche; Scienze della comunicazione; Scienze politiche e delle relazioni internazionali; Scienze dell'economia e della gestione aziendale; Scienze dell'educazione e della formazione; Scienze dell'amministrazione; Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali; Scienze e tecnologie della navigazione marittima e aerea; Scienze e tecnologie farmaceutiche; Scienze e tecnologie informatiche; Scienze e tecnologie per l'ambiente e la natura; Scienze matematiche; Scienze motorie e sportive; Scienze e tecniche psicologiche; Scienze statistiche; Scienze zootecniche e delle produzioni animali; Disegno industriale.

[10] Potrebbe anche qui considerarsi l’indicazione dell’allegato, che definisce l’oggetto della Scienza dei beni culturali attraverso la enucleazione di varie dimensioni culturali concrete, come elemento ricostruttivo di una nozione giuridica di bene culturale.

[11] A fronte di tali obbiettivi le norme impongono anche una adeguata conoscenza linguistica ed informatica, ma si tratta di indicazioni comuni a tutte le classi.

[12] A fronte di ciò il decreto pone i consueti obbiettivi formativi linguistici ed informatici.

[13] Cfr. gli obbiettivi formativi qualificanti della classe.

[14] L’allegato contempla i seguenti ambiti disciplinari: discipline fisiche, discipline chimiche e discipline matematiche.

[15] Si ricorda a questo proposito che ci stiamo occupando di quella percentuale pari al 66% del carico formativo che il ministero può "vincolare". A questa percentuale, si ricorda, dovrà aggiungersi quella totalmente libera per gli atenei che potranno "doppiare" le scelte dell’allegato in esame o assumere soluzioni innovative, pur nella osservanza degli obbiettivi formativi qualificanti.

[16] Cfr. questi due ambiti disciplinari in sede di analisi della classe delle Tecnologie per la conservazione ed il restauro dei beni culturali e gli insegnamenti che li compongono.

[17] Cfr. gli obbiettivi formativi qualificanti.

[18] Sono previsti gli ambiti delle discipline fisiche, delle discipline informatiche e matematiche, delle discipline chimiche. Nelle attività caratterizzanti, inoltre, è prevista un’ulteriore implementazione delle discipline chimiche in cinque ambiti: discipline tecnologiche, discipline analitiche e ambientali, discipline inorganiche chimico fisiche, discipline industriali, discipline organiche.

[19] Cfr. gli obbiettivi formativi della classe.

[20] Questo il quadro degli ambiti disciplinari: discipline informatiche, discipline matematiche, discipline di carattere fisico (ripartite nei seguenti ambiti sperimentale-applicativo: ambito teorico e dei fondamenti della fisica, ambito microfisico e della struttura della materia, ambito astrofisico-geofisico e spaziale), discipline chimiche.

[21] Cfr. gli obbiettivi formativi della classe.

[22] Più precisamente nel quadro delle attività relative alla formazione di base l’allegato presenta l’ambito didattico delle discipline relative alla Letteratura italiana e nel quadro delle attività caratterizzanti la classe contempla l’ambito delle discipline storiche.

[23] Si fa riferimento soprattutto all’ambito delle discipline storico-archeologiche e artistiche.

[24] In questo caso, ad esempio, la classe delle Scienze dei beni culturali pare distinguersi da quella in esame solo per le proprie integrazioni interdisciplinari relative a discipline tecniche che se individuano attività formative integrative non sono certo distintive dei corsi. Occorre invece considerare che non pare conforme agli obbiettivi della classe delle Discipline letterarie un’integrazione interdisciplinare in materie giuridiche od in ambiti tecnologici.

[25] Nel nostro caso, ad esempio, un corso di laurea in Scienze dei beni culturali potrebbe avere fornito in più rispetto ad un corso in Discipline letterarie soltanto una formazione di base nelle tecnologie di restauro o nella legislazione dei beni culturali (inessenziali secondo gli obbiettivi formativi dettati dallo stesso decreto), od avere fornito soltanto alcuni approfondimenti disciplinari in ambiti di materie in cui la formazione del laureato in lettere non può dirsi in alcun modo superficiale o di livello qualitativo-quantitativo diverso. Dovranno essere gli atenei e quindi gli studenti a scegliere tra una formazione fondamentalmente eclettica che sia sintesi di più discipline umanistiche eterogenee, e pur compatibili nel segno dei beni culturali, od una formazione tradizionale classica, quale quella letteraria, successivamente innestata da un indirizzo didattico autonomo e caratterizzante i contenuti già acquisiti.

[26] Si tratta dell’obbiettivo formativo di nostro interesse contenuto nell’allegato al decreto.

[27] Si fa riferimento ad alcuni insegnamenti dell’ambito delle discipline storiche e delle discipline artistiche ed architettoniche.

[28] Si fa riferimento ad alcuni insegnamenti delle discipline artistiche.

[29] Si tratta degli ambiti delle discipline economiche, sociologiche e psicologiche del turismo e dei consumi, delle discipline interculturali, e delle discipline giuridiche.

[30] Gli obbiettivi delle Scienze dei beni culturali, ad esempio, se alludono ad una formazione umanistica generale nei vari settori dei beni culturali, non "chiudono" indicando specifiche competenze o collocazioni professionali (si parla solo di "funzioni professionali di vario livello"), e non distinguono, così, il proprium formativo della classe rispetto ad altri corsi di laurea umanistici opportunamente implementati e caratterizzati nella nostra materia. Anche con riguardo alla classe tecnologica dei beni culturali è stata prevista una formazione tecnologico-scientifica composita, che però non viene approfondita ma solo integrata con discipline umanistiche, forse perché ritenuta comunque sufficiente ad una attività specifica e ridotta di recupero dei beni culturali (indicata negli obbiettivi formativi). Neppure il legislatore, peraltro, pare porre affidamento nella propria scelta, laddove indica per le classi di corsi di ordine chimico, fisico e geologico, la integrazione interdisciplinare di una formazione scientifica già profonda, per creare professionisti del recupero dei beni culturali.

[31] Le citazioni sono tratte dal parere espresso dal Cun in data 16 giugno 2000 sullo schema di decreto ministeriale relativo alle lauree universitarie.

[32] A questo proposito si ricordi che un corso di una specifica classe può appartenere anche ad un altra (acquistandone per converso anche gli obbiettivi formativi in una singolare fusione) di cui condivida i contenuti formativi minimi essenziali dettati dal legislatore: potremmo avere un corso di laurea relativo alle Discipline letterarie che condivida i contenuti didattici minimi delle Scienze dei beni culturali.

[33] Ancora dal citato parere del Cun.

[34] La disciplina del Du è contenuta nel d.m. 30.ottobre 1992. Si consideri l’analogia con i vari ambiti disciplinari della classe di laurea.

[35] Più precisamente gli studenti del corso di diploma devono sostenere un esame negli insegnamenti compresi in ciascuna area disciplinare di base e nove esami nelle discipline comprese in ciascuna area tematica di indirizzo. La classe di laurea copre quasi tutte queste ultime aree tematiche con le attività formative di base ed integrative di ambito storico e letterario - discipline storiche (che contempla la storia della scienza), letteratura italiana, civiltà antiche e medioevali e tecnologie dei beni culturali -, ma soprattutto con le attività caratterizzanti la classe negli ambiti dei beni musicali, cinematografici e teatrali, dei beni storico-artistici e archeologici, dei beni archivistici e librari.

[36] Si consideri a questo proposito che la classe di laurea pare potere alludere ad una piena padronanza anche di tutti i settori, mentre il Du mira ad una competenza più orientata verso un settore di indirizzo. La divergenza, peraltro, è solo soltanto apparente: i corsi di laurea non potranno non caratterizzarsi, pena un deficit di competenza professionali.

[37] Questi gli sbocchi professionali del Du: "Il corso fornisce la preparazione teorico-pratica per operare nella conservazione e nella valorizzazione dei beni culturali nelle aree professionali corrispondenti agli indirizzi indicati. In particolare, i diplomati a indirizzo storico-artistico potranno operare nella catalogazione dei beni artistici e nei musei (amministrazione centrale e periferica dei beni culturali, musei pubblici e privati); i diplomati a indirizzo archeologico potranno operare negli scavi e nelle attività a questi collegate(amministrazione periferica dei beni archeologici, università, istituti e associazionismo di settore); i diplomati a indirizzo archivistico e beni librari potranno operare nelle biblioteche, negli archivi pubblici e privati, nei centri di documentazione; i diplomati a indirizzo informatico potranno operare in tutti i settori citati che richiedano l’utilizzo dell’informatica applicata ai beni culturali."

[38] Il diploma è stato istituito dalla facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali dell’università di Bari, e dalla Facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali dell’università La Sapienza di Roma. La disciplina è contenuta in d.m 16 maggio 1997.

[39] Si ricordi a questo proposito l’architettura delle attività della classe di laurea.

[40] Il Du è stato attivato dall’università di Cagliari, Facoltà di lettere e filosofia, e dall’università di Ferrara, Facoltà di lettere e filosofia. L’università di Roma Tor Vergata ha invece attivato il Du in Beni culturali per operatori turistici di vocazione formativa più ristretta relativa al profilo professionale di accompagnatore turistico.



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