Sommario: 1. La previsione della Sibec Spa e la questione della sua natura giuridica. - 2. Lo "statuto" legale della Sibec Spa e la sua funzionalizzazione alle finalità pubbliche. - 3. I compiti e le funzioni assegnabili alla Sibec Spa dopo il d.lg. 112/1998. - 4. L'opportunità di un ripensamento della struttura della Sibec Spa dopo il d.lg. 112/1998.
1. La previsione della Sibec Spa e la questione della sua natura giuridica
Con la legge 8 ottobre 1997, n. 352, il legislatore, come noto, nelle more dell'attuazione dei conferimenti di compiti e funzioni alle autonomie territoriali previsti dalla l. 59/1997 e dalla l. 127/1997 (art. 17, comma 131), ha introdotto alcune nuove importanti disposizioni sui beni culturali. E tra queste, senza dubbio assai significative, per la loro innovatività, si debbono considerare quelle concernenti la previsione della Società italiana per i beni culturali-Sibec Spa, di cui all'art. 10 della medesima legge.
Si tratta della previsione della costituzione, da parte del ministro per i Beni culturali e ambientali, con atto unilaterale, di una società per azioni, con sede in Roma, avente ad oggetto "la promozione e il sostegno finanziario, tecnico - economico ed organizzativo di progetti e altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro, recupero e valorizzazione dei beni culturali " (art. 10, comma 1).
Il legislatore prevede, quindi, che lo Stato si "doti" di un'apposita struttura, fornita di personalità giuridica ed organizzata in forma privatistica, per lo svolgimento dell'indicata attività di promozione e di sostegno in materia di beni culturali.
Dev'essere da subito precisato, però, che la costituzione della società è soltanto autorizzata [1] - sia pure a tempo indeterminato [2] - e non legislativamente imposta, fermo restando che, se e quando costituita, essa dovrà in ogni caso esserlo secondo le modalità stabilite dal legislatore e presentare le caratteristiche organizzative e funzionali dallo stesso disegnate.
Non consta, comunque, allo stato, a più di un anno dall'entrata in vigore della legge istitutiva, che il ministro abbia anche soltanto avviato alcuna procedura per la sua costituzione.
Il fatto stesso che il legislatore condizioni pesantemente l'assetto sia organizzativo sia funzionale della costituenda società impone poi un'attenta riflessione sulla natura della sua soggettività giuridica e, correlativamente, delle funzioni e dei compiti che dalla medesima verrebbero svolti.
È da vedere, in particolare, se l'autorizzata "privatizzazione" dello svolgimento delle funzioni e dei compiti statali che verrebbero intestati alla Sibec Spa possa venire a tradursi, come parrebbe da alcuni paventato [3], in una privatizzazione anche sostanziale delle attività di promozione e di sostegno già svolte in prima persona dall'amministrazione dei beni culturali, oppure si limiti ad una privatizzazione soltanto formale delle stesse.
Non è nuovo, infatti, nel nostro ordinamento, il fenomeno dell'istituzione per atto legislativo di società per azioni in mano pubblica che, a dispetto della forma privatistica assunta, manifestino con tutta evidenza la loro natura sostanzialmente pubblicistica.
Accade talora che il legislatore, in ragione del perseguimento di determinati interessi pubblici, provveda direttamente a costituire società in mano allo Stato; altre volte ne imponga la costituzione; altre volte ancora, come nel caso qui in esame, l'autorizzi soltanto, in ogni caso predeterminandone, in maniera più o meno invasiva, lo "statuto" legale.
In tutti questi casi, si può efficacemente parlare di società 'legali', ricomprendendo, in realtà, sotto detta espressione sia fattispecie nelle quali davvero minimo si presenta lo spazio di autonomia negoziale lasciato dalla legge alle amministrazioni chiamate a costituire la nuova società, sia fattispecie nelle quali invece residua per queste un più rilevante spazio di autonomia contrattuale [4].
Il fenomeno è analogo, del resto, a quello della trasformazione legislativamente disposta di enti pubblici in associazioni, fondazioni o società di diritto privato [5] che continuino a rimanere nella disponibilità delle amministrazioni territoriali per lo svolgimento di funzioni e compiti di interesse pubblico. È solo che, nell'ipotesi di 'neo-istituzione', il momento della scelta relativa all'esistenza in vita del soggetto da costituire è contestuale al momento della scelta dell'adozione per esso della forma privatistica, mentre nell'ipotesi di trasformazione i due momenti rimangono scissi nel tempo tra legge istitutiva (esistenza in vita dell'ente) e legge trasformativa (permanenza in vita dell'ente e adozione per esso della forma privatistica) [6].
Ora, se anche non si è disposti a riconoscere alla costituenda Sibec Spa la natura di società "legale" in senso stretto, nel senso di società necessariamente in vita in forza della previsione contenuta in un atto avente forza di legge, non si può, per contro, disconoscere che si tratti di un ente destinato ad essere costituito in forza di un'opzione di natura prevalentemente politica e legislativamente orientata, relativa alla necessità dell'esistenza in vita di un soggetto, posto nella disponibilità dello Stato, cui affidare lo svolgimento di funzioni e compiti di interesse pubblico: ciò che rivelerebbe, secondo i più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in linea con i confortanti portati del legislatore comunitario, la natura sostanzialmente pubblica di un ente pur strutturato in forma privatistica.
2. Lo "statuto" legale della Sibec Spa e la sua funzionalizzazione alle finalità pubbliche
Se questo è vero, la disciplina della Sibec Spa introdotta dalla l. 352/1997 si rivela assai densa di "tracce" di pubblicità sostanziale, nel senso appena precisato. Più precisamente, si rinvengono in essa gli indici sintomatici di una "statalità" sostanziale.
In primo luogo, il ministro per i Beni culturali e ambientali è chiamato dal legislatore a costituire, con atto unilaterale, una società, almeno in prima battuta, interamente in mano statale. Secondo, quello che, alla luce della legislazione degli ultimi anni, può essere ormai a ragione considerato il modulo generale adottato per l'intestazione [7] e la gestione delle partecipazioni azionarie nelle società direttamente o indirettamente in mano dello Stato, il capitale sociale della Sibec Spa sarebbe sottoscritto in toto dal ministero del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica, che eserciterebbe i diritti dell'azionista d'intesa con il ministero competente in materia, vale a dire il ministero per i Beni culturali (art. 10, comma 3).
Soltanto in un secondo momento sarebbe prevista - in via, comunque, soltanto eventuale - la partecipazione al capitale sociale delle regioni, di enti locali, di imprese e di altri soggetti pubblici e privati, attraverso l'acquisto, però, di azioni di nuova emissione, per un importo non superiore all'85 per cento del capitale sociale sottoscritto dallo Stato, le cui azioni rimarrebbero in ogni caso inalienabili (comma 4) [8].
L'organizzazione della società, anche in caso di apertura della partecipazione ad altri soggetti, sarebbe comunque indelebilmente contrassegnata dalla predeterminazione legislativa del numero dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale e dalla previsione della nomina o designazione da parte dello Stato di buona parte degli stessi.
Il consiglio di amministrazione sarebbe composto da nove membri, cinque dei quali, compreso il presidente, nominati, previa comunicazione alle competenti commissioni parlamentari, dal Presidente del Consiglio dei ministri (tre, compreso il presidente, su proposta del ministro per i Beni culturali e ambientali e gli altri due su proposta del ministro del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica) (comma 8). Il collegio sindacale sarebbe composto da tre membri effettivi e due supplenti; il presidente ed uno dei membri effettivi sarebbero designati dal ministro del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica fra i funzionari della ragioneria generale dello Stato (comma 9).
A chiudere la serie delle previsioni chiaramente rivelatrici della "statalità" della Sibec Spa, il legislatore imporrebbe a quest'ultima l'obbligo della presentazione al parlamento di una relazione annuale sull'attività svolta (comma 10).
Parrebbe, a questo punto, sufficientemente comprovata, attraverso l'esame del suo "statuto" legale, la natura sostanzialmente pubblicistica della costituenda società e la sua riconducibilità alla categoria generale dei soggetti pubblici strumentali, segnatamente dei soggetti pubblici strumentali dello Stato [9].
Dal punto di vista sostanziale, la Sibec Spa si presenta senza ombra di dubbio come stretta parente degli enti c.d. parastatali; rispetto a questi, così come tradizionalmente intesi, essa si differenzia principalmente per la forma privatistica della struttura assegnatale, sia pure significativamente rivisitata rispetto al modello societario di diritto comune.
Dal punto di vista formale e strutturale, l'ente costituendo è invece qualificabile, per esprimersi secondo il linguaggio utilizzato dagli studiosi del diritto societario, come "società di diritto speciale" [10].
Costituire la Sibec Spa significherebbe, pertanto, per lo Stato, costituire un soggetto destinato a permanere nella propria disponibilità - attraverso il controllo garantito sia dalla imposta partecipazione statale di maggioranza sia dalle previste riserve di nomina o designazione di componenti degli organi sociali - allo scopo di svolgere, in forma imprenditoriale, compiti di promozione e sostegno delle iniziative per la realizzazione di interventi di restauro, recupero e valorizzazione dei beni culturali.
Ciò constatato, dovrebbe "cadere" ogni preoccupazione relativa al fatto che i compiti "eminentemente "politici" e di alta amministrazione" attribuibili alla Sibec Spa possano essere consegnati in mano ad una società "di diritto privato" [11]. Le "politiche" della promozione e del sostegno degli interventi di restauro, recupero e valorizzazione dei beni culturali continuerebbero infatti, in realtà, ad essere determinate dallo Stato, attraverso l'esercizio, da parte del ministero del tesoro, d'intesa con il ministero per i Beni culturali, dei poteri dell'azionista di maggioranza nella nuova società.
Gli è che le società costituite ex lege in mano allo Stato non possono riuscire, in ragione della loro stessa genesi legislativa, a diventare vere e proprie società privatistiche finalizzate al lucro (art. 2247, c.c.), nonostante la loro possibile apertura alla partecipazione, in ogni caso di minoranza, di soggetti anche privati [12].
La costituzione della Sibec Spa non avverrebbe certo, così, allo scopo di produrre e di distribuire utili fra i suoi soci, bensì allo scopo, eterodeterminato dal legislatore, di svolgere l'assegnata attività di promozione e di sostegno nella forma reputata più economica ed efficiente. D'altra parte, ormai da tempo gli stessi studiosi del diritto societario [13] hanno dovuto prendere atto non soltanto della "decontrattualizzazione" dei fenomeni societari, ma anche della progressiva "decolorazione" in essi dello scopo lucrativo.
Succede, così, che il legislatore preveda l'esistenza in vita di un ente per il perseguimento di finalità pubbliche, sia pure attraverso lo "scopo-mezzo'" dell'esercizio di un'attività imprenditoriale, nello svolgimento della quale eventualmente coinvolgere, oltre alle pubbliche amministrazioni, capitali e risparmi privati. A tal fine, evidentemente, la formula della società per azioni in mano pubblica viene progressivamente a soppiantare la tradizionale forma di svolgimento dell'impresa pubblica attraverso l'ente pubblico economico.
Ora, la scelta organizzativa, per lo svolgimento di compiti di promozione e sostegno, in quanto tali dotati di indubbia rilevanza economica, appare sicuramente felice e pienamente in linea con le attuali tendenze legislative.
Dopo le notissime leggi di "societarizzazione" di enti pubblici economici del 1992, si consideri, in particolare, come la stessa l. 59/1997, nel dettare i principi e criteri direttivi per il riordino degli enti pubblici nazionali (art. 11, comma 1, lett. b)), preveda la "trasformazione (...) in persone giuridiche di diritto privato degli enti (...) per il cui funzionamento non è necessaria la personalità di diritto pubblico" e, più specificamente, la "trasformazione in (...) società di diritto privato di enti ad alto indice di autonomia finanziaria" (art. 14, lett. b)).
E' destinato, quindi, in prospettiva, ad aumentare il numero dei soggetti strutturati ex lege in forma privatistica posti al servizio e nella disponibilità dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, vuoi nella forma della società di capitali, per quel che concerne lo svolgimento delle attività di un certo rilievo economico, vuoi nella forma dell'associazione o della fondazione di cui agli artt. 12 e ss. del codice civile [14].
Il che, peraltro, sembra rendere sempre più urgente, in omaggio ad un'elementare esigenza di omogeneizzazione, la necessità dell'introduzione di una regolamentazione generale dei minimi comuni denominatori "legali" della disciplina applicabile a detti soggetti, nell'ambito della quale possa poi svilupparsi l'autonomia statutaria di ciascuno di essi e trovare quindi applicazione la disciplina di diritto comune, nella misura in cui quest'ultima non sia espressamente derogata dallo "statuto" legale e risulti compatibile con la loro sostanza pubblicistica.
Sorprende, per esempio, che fra i vincoli legali imposti all'assetto organizzativo della Sibec Spa non compaia la previsione dell'assoggettamento della società al controllo sulla gestione finanziaria intestato alla Corte dei conti, che invece la Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 466/1993, ha stabilito permanere per le società in mano pubblica derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici operata nel 1992, nonché i più recenti decreti attuativi della delega di cui all'art. 11, comma 1, lett. b), l. 59/1997, hanno previsto per gli enti pubblici trasformati in associazioni o fondazioni di diritto privato [15].
Orbene, una regolamentazione generale, sia pure il meno invasiva possibile, consentirebbe, evidentemente, quantomeno di ovviare a disomogeneità di questo tipo, che parrebbero difficilmente giustificabili.
Si deve segnalare, infine, come il legislatore ancora una volta abbia evitato di assumere una posizione esplicita in ordine alla possibilità di qualificare una società in mano pubblica costituita ex lege come 'organismo di diritto pubblico', qualificazione cui, come noto, il diritto comunitario, in una prospettiva sostanzialista, ricollega l'assoggettamento di gran parte delle procedure di aggiudicazione di appalti, attivate dai soggetti in tal modo qualificabili, alle regole concorsuali dell'evidenza pubblica.
Il tema è troppo vasto e controverso per poter essere in questa sede esaurientemente trattato [16].
Non si può, però, qui sottacere la convinzione che una società come la costituenda Sibec Spa possa ben rientrare nella categoria di soggetti in esame, in quanto si tratterebbe di una persona giuridica, posta, per le ragioni anzidette, nella piena disponibilità dello Stato, che senza dubbio verrebbe costituita, sia pure nella forma tipica delle società commerciali, "per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi", per vero, "carattere non industriale o commerciale" [17]. Altra, infatti, come visto sopra, è la natura del bisogno cui il legislatore intende far fronte nel prevedere la costituzione della società, altra è, invece, la forma imprenditoriale attraverso la quale è previsto che detto bisogno venga soddisfatto.
In realtà, sembra proprio che la riconducibilità delle società legali in mano pubblica alla categoria degli organismi di diritto pubblico concreti forse una delle più significative conseguenze della predicata natura sostanzialmente pubblica delle stesse.
3. I compiti e le funzioni assegnabili alla Sibec Spa dopo il d.lg. 112/1998
Una volta messi a fuoco la natura giuridica della costituenda società e alcuni tratti fondamentali della disciplina alla stessa applicabile, si deve, però, tenere conto, nel tentativo di operare una specificazione delle funzioni e dei compiti assegnabili alla Sibec Spa, dei conferimenti di compiti e funzioni statali da ultimo effettuati dal d.lg. 112/1998 - in attuazione della l. 59/1997 e dell'art. 17, comma 131, l. 127/1997 - a favore delle autonomie territoriali in materia di "beni e attività culturali" (Capo V, Titolo IV, d.lg. 112/1998).
Si tratta, dunque, di coordinare la previsione della costituzione della Sibec spa, antecedente all'entrata in vigore del d.lg. 112/1998, con il nuovo assetto delle competenze amministrative in materia di beni culturali disegnato dal legislatore delegato.
E si tratta, quindi, in altre parole, di escludere dal novero delle funzioni e dei compiti istituzionalmente assegnabili alla costituenda società - funzioni e compiti che, per quanto si è visto, continuerebbero ad essere sostanzialmente svolti, sia pure in forma "deconcentrata" [18], dallo Stato, sia pure attraverso un ente strumentale organizzato in forma privatistica - quelli conferiti a regioni ed enti locali dal legislatore del decentramento amministrativo.
Sinteticamente, e con una certa approssimazione, il quadro distributivo delle competenze risultante dai conferimenti può descriversi nel modo seguente.
Allo Stato sono essenzialmente riservati tutti i compiti e le funzioni di tutela, oltre ad alcune altre competenze tassativamente indicate (art. 149, d.lg. 112/1998); la gestione dei beni statali verrà spartita tra Stato ed autonomie territoriali, in esito ai lavori di un'apposita commissione paritetica che provvederà ad individuare i beni la cui gestione rimarrà allo Stato e quelli per i quali essa sarà trasferita (art. 150); parimenti la valorizzazione risulterà spartita, secondo i rispettivi ambiti [19], fra Stato ed autonomie territoriali (art. 152).
Come si vede, lo Stato non si appresta certo ad abdicare al suo ruolo preponderante nel settore, né a cedere completamente il passo al decentramento con riferimento ad alcuna delle tre tipologie di attività considerate [20]. Il che, se non altro, vale già a giustificare, anche nel nuovo contesto disegnato dal d.lg. 112/1998, l'istituzione, da parte dello Stato, di un ente come la Sibec Spa.
Si deve poi prendere atto di come il legislatore delegato, dopo avere ridistribuito compiti e funzioni nel modo testé accennato, abbia contestualmente inteso accentuare, per lo svolgimento di ciascuna delle tre tipologie di attività considerate (v. artt. 148, lett. d), 149, comma 2, 150, comma 4, lett. c), e 152, comma 1), la valenza del principio di cooperazione o di leale collaborazione fra i diversi livelli di governo.
Ora, la l. 352/1997 intesterebbe alla costituenda società compiti di promozione e di sostegno - sia finanziario, sia tecnico-economico, sia organizzativo - relativi ad interventi di restauro, di recupero e di valorizzazione dei beni culturali: interventi, quindi, per lo più riconducibili all'ambito delle attività di gestione e valorizzazione dei beni.
È evidente, pertanto, che, nell'attribuzione alla Sibec Spa, soggetto strumentale dello Stato, di compiti in tema di restauro, recupero e valorizzazione dei beni, il "punto critico" potrebbe essere rappresentato dal rapporto tra l'attribuzione medesima ed i conferimenti di attività di gestione e valorizzazione operati dal d.lg. 112/1998 a favore delle autonomie territoriali.
In realtà, la genericità della formulazione utilizzata dalla l. 352/1997 nella determinazione dell'oggetto sociale della costituenda società consente di utilizzare agevolmente un criterio di integrazione nel rapportare il contenuto delle disposizioni sui conferimenti all'attribuzione alla Sibec Spa di funzioni e compiti in tema di gestione e valorizzazione dei beni culturali. A ben guardare, è come se il legislatore della l. 352/1997, nella determinazione dell'oggetto sociale della Sibec Spa, operasse un rinvio ad un assetto di competenze, in tema di gestione e valorizzazione, altrove determinato.
Ne deriva, dunque, la possibilità di ricavare l'ambito dei compiti assegnabili alla Sibec Spa dall'ambito delle competenze assegnate allo Stato in materia di beni culturali dal d.lg. 112/1998.
Ciò equivale a dire che, nella specificazione delle attività sociali - nonché delle modalità del loro svolgimento - da operare nello statuto della costituenda società, il ministro per i Beni culturali e ambientali dovrà tenere conto dell'assetto distributivo delle competenze disegnato in materia dal decreto delegato.
Quindi, per quanto attiene alle attività di restauro, recupero e valorizzazione di beni gestiti dallo Stato, quest'ultimo potrà, nello statuto, direttamente assegnare alla società compiti di promozione e sostegno.
Per quanto concerne, invece, il restauro, il recupero e la valorizzazione di beni gestiti da regioni o altri enti locali, alla Sibec Spa, in corretta applicazione del principio di cooperazione, dovrebbe essere consentito di svolgere attività promozionale e di sostegno - in particolare, di sostegno finanziario - soltanto con il consenso degli enti rispettivamente competenti, esprimibile, per esempio, nel rispetto della normativa regionale vigente in materia (v. art. 150, comma 7, d.lg. 112/1998), attraverso la conclusione di accordi di programma, convenzioni, patti territoriali ed altri strumenti di programmazione negoziata.
4. L'opportunità di un ripensamento della struttura della Sibec Spa dopo il d.lg. 112/1998
Ciò detto, viene da soggiungere una notazione conclusiva, relativa al considerevole grado di "politicità"insito nell'attività della Sibec Spa. Come noto, lo strumento, in particolar modo, del finanziamento è anche sensibile strumento di indirizzo politico; nel caso della Sibec Spa, strumento di indirizzo politico statale o, per meglio dire, ministeriale.
Da questo punto di vista, è facile riscontrare come anche il finanziamento convenzionale rischi, in determinati casi, di tradursi in interferenze "politiche" sul complesso delle attività sostenute.
Ne potrebbe derivare, quindi, in tema di gestione e valorizzazione dei beni culturali, una - sia pur parziale - ineliminabile e scoordinata sovrapposizione delle politiche ministeriali condotte dalla Sibec Spa alle politiche regionali relative ai beni affidati alla gestione delle regioni e degli enti locali.
È vero che detti rischi sono notevolmente attenuati dalla previsione degli strumenti di programmazione cooperativizzata in tema di valorizzazione dei beni (art.155, d.lg. 112/1998), ma, da una parte, non pare che detta programmazione sia sempre vincolante [21], mentre, dall'altra, non è escluso che, attraverso la gestione dei finanziamenti, si possa comunque venire ulteriormente a modulare e graduare l'attuazione stessa dei programmi adottati.
Da ciò, la viva opportunità che la previsione dell'apertura quantomeno alle regioni della partecipazione alla Sibec Spa, facoltizzata dal quarto comma dell'art. 10 della l. 352/1997, non resti lettera morta, così da consentire di identificare nella stessa società una sede almeno parzialmente cooperativizzata per lo svolgimento delle attività di promozione e sostegno dei beni culturali.
Insomma, la sopravvenienza dei conferimenti operati dal d.lg. 112/1998 in materia di beni culturali rispetto all'emanazione della l. 352/1997, oltre a valere ai fini del "ritaglio" dei compiti assegnati alla Sibec Spa e della determinazione delle modalità del loro svolgimento, suggerisce anche un ripensamento della stessa struttura della costituenda società.
Per quanto al momento consentito dalle disposizioni contenute nella l. 352/1997, si deve auspicare che lo Stato, se e quando deciderà di costituire la Sibec Spa [22], lo faccia coinvolgendo da subito le regioni nella partecipazione sociale, sia pure entro i limiti fissati dal menzionato quarto comma dell'art. 10.
In prospettiva, si potrebbe poi ipotizzare un nuovo intervento legislativo [23], modificativo dell'art. 10 della l. 352/1997, che venga a consentire al sistema delle autonomie territoriali di svolgere un ruolo ampliato, all'interno dell'organizzazione della Sibec Spa, rispetto a quello al momento consentito.
Si potrebbe pensare ad un innalzamento o, addirittura, ad un abbattimento del limite della partecipazione azionaria non statale alla società, insieme ad una rivisitazione e parziale devoluzione alla conferenza Stato - regioni e/o alla conferenza unificata dei poteri di nomina e designazione di componenti degli organi sociali attualmente attribuiti allo Stato. Parrebbero, queste, soluzioni che renderebbero meglio "tollerabile" l'intervento della Sibec Spa con riferimento a beni culturali la cui gestione sarà trasferita alle regioni e agli enti locali.
A prescindere da un riscontro di dette ipotesi de iure condendo, non appare così fantasioso, infine, immaginare che la costituzione della Sibec Spa possa essere 'doppiata', presso ciascuna regione, dalla costituzione di una struttura regionale societaria, omologa a quella nazionale, cui affidare lo svolgimento in forma imprenditoriale dell'attività di promozione e di sostegno inerente alla gestione ed alla valorizzazione dei beni culturali di proprietà e dei beni culturali statali affidati in gestione alla regione medesima o agli enti locali siti sul territorio regionale (nonché, in ipotesi, la cooperazione con la società nazionale nella promozione e sostegno della gestione e della valorizzazione dei beni siti sul territorio regionale ma gestiti dallo Stato).
Come già detto, l'adozione del modello societario per lo svolgimento di attività promozionale e di sostegno dovrebbe, infatti, rivelarsi vincente, anche per la sua elevata capacità di coinvolgere i soggetti privati nelle attività di gestione e valorizzazione dei beni.
Note
[1] Oltre che agevolata dal punto di vista fiscale, attraverso l'esenzione da imposte e tasse di tutte le operazioni connesse alla costituzione (art. 10, comma 2). Sul valore equivoco che, in relazione al contesto delle disposizioni in cui gli stessi sono posti, assumono talora determinati enunciati vuoi autorizzatori vuoi obbligatori, e sulla coercibilità di questi ultimi, v., per tutti, C. Ibba, Le società "legali", Torino, 1992, spec. 34 ss. e 142 ss.
[2] Appare comunque ragionevole ritenere che il legislatore originariamente pensasse ad una costituzione in tempi brevi, avendo previsto che all'onere relativo alla sottoscrizione del capitale sociale, pari a lire un miliardo (art. 10, comma 3), si provvedesse "mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1997, all'uopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero per i beni culturali e ambientali" (comma 11).
[3] Cfr., in proposito, il parere, critico in merito alla scelta della forma della società per azioni, espresso da Italia Nostra nell'audizione davanti alla VII Commissione del Senato, pubblicato in Italia Nostra, n. 342 dell'ottobre 1997, 16 ss.
[4] L'argomento è stato esaurientemente trattato nel citato volume di C. Ibba, Le società "legali", cui ampiamente si rinvia, oltre che per l'approfondito esame delle diverse fattispecie legislative di costituzione, istituzione o autorizzazione, soprattutto per la valutazione del differente rapporto fra legge ed autonomia negoziale ricorrente nelle fattispecie medesime e per lo studio delle relative conseguenze in ordine alla disciplina delle società in base alle stesse costituite.
[5] Da ultimo, in materia di beni culturali, con riferimento alla trasformazione dell'ente pubblico "La Biennale di Venezia" in persona giuridica di diritto privato, operata dal d.lg. 29 gennaio 1998, n. 19, cfr. G. Sciullo, La Biennale di Venezia come società di cultura, in Aedon, 1/1998.
[6] Sia consentito, sul punto, di operare un ampio rinvio alle conclusioni formulate in M. Renna, Le società per azioni in mano pubblica. Il caso delle S.p.A. derivanti dalla trasformazione di enti pubblici economici ed aziende autonome statali, Torino, 1997.
[7] Da ultimo, si veda l'art. 1 della legge 16 giugno 1998, n. 184 , nella parte in cui questo ha disposto l'acquisto, da parte del ministero del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica, di partecipazioni azionarie detenute da società delle quali lo Stato è azionista unico.
[8] Assai significative appaiono anche le disposizioni sull'assetto finanziario della società contenute nei commi 5-7. La società sarebbe ammessa, infatti, alla contrazione di mutui e all'emissione di obbligazioni, equiparate, a fini fiscali, ai titoli di Stato. A tal fine il ministero per i Beni culturali e ambientali e, qualora sussistano i presupposti di autonomia finanziaria, le soprintendenze, attribuirebbero ogni anno alla società una quota proporzionale delle entrate derivanti dalla vendita dei biglietti d'ingresso ai monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità dello Stato. Il pagamento delle rate di ammortamento dei mutui contratti ed il rimborso delle obbligazioni emesse sarebbero effettuati direttamente dal ministero e dalle soprintendenze agli istituti di credito o ai sottoscrittori interessati, nei limiti delle quote rispettivamente attribuite alla società.
[9] Per la ricostruzione della relativa nozione, sia ancora concesso di rinviare a M. Renna, Le società per azioni in mano pubblica, cit., spec. 227 ss.
[10] E' appena il caso di sottolineare come rimarrebbe in ogni caso ferma per lo Stato, nel pieno svolgimento della propria capacità negoziale di diritto privato - e a prescindere, quindi, dall'esistenza di specifiche previsioni legislative - pure la possibilità di costituire o partecipare, anche minoritariamente, a "società di diritto comune" aventi ad oggetto attività economiche in materia di beni culturali, in quanto tali certamente non riconducibili all'ambito dei soggetti pubblici nel senso sopra precisato. In proposito si può leggere quanto previsto, in via generale, dall'art. 10, comma 1, del d.lg. 20 ottobre 1998, n.368, recante "Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", ai sensi del quale "il Ministero ai fini del più efficace esercizio delle sue funzioni e, in particolare, per la valorizzazione dei beni culturali e ambientali può (...) costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni o società", (l'approvazione definitiva del decreto è avvenuta successivamente alla redazione del presente articolo [NdR]).
[11] V. ancora il citato parere di Italia Nostra.
[12] In ordine alla peculiare posizione degli eventuali soci privati di minoranza nelle società legali in mano pubblica, sia ancora consentito di rinviare a M. Renna, Le società per azioni in mano pubblica, cit., 177 ss.
[13] A partire dal noto contributo di G. Santini, Tramonto dello scopo lucrativo nelle società di capitali, in Riv. dir. civ., 1973, I.
[14] Oltre al citato d.lg. 19/1998 concernente la trasformazione dell'ente pubblico "La Biennale di Venezia", sono stati già emanati, in attuazione della delega di cui all'art. 11, I co., lett. b), l. 59/1997, il d.lg. 18 novembre 1997, n. 426, concernente la trasformazione in fondazione dell'ente pubblico "Centro sperimentale di cinematografia", il d.lg. 29 gennaio 1998, n. 20, concernente la trasformazione in fondazione dell'ente pubblico "Istituto nazionale per il dramma antico", ed il d.lg. 23 aprile 1998, n. 134, concernente la trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate.
[15] V. art. 9, comma 2, d.lg. 426/1997, art. 20, comma 2, d.lg. 19/1998, e art. 8, comma 2, d.lg. 20/1998.
[16] Per una più ampia trattazione del tema con specifico riguardo alle società legali in mano pubblica, v. M. Renna, Le società per azioni in mano pubblica, cit., 144 ss., nota n. 80, e 223 ss.
[17] Secondo la definizione di organismo di diritto pubblico che si può leggere nell'art. 1, lett. b), della direttiva Cee del Consiglio n. 89/440, nonché, tra gli atti legislativi di recepimento interno della normativa comunitaria, nell'art. 2, comma 1, del d.lg. 406/1991 e nell'art. 2, commi 2 e 6, della legge 109/1994.
[18] L'espressione è di F. Benvenuti, Disegno della amministrazione italiana. Linee positive e prospettive, Padova, 1996, spec. 135 ss.
[19] La formulazione d'esordio dell'art. 152 non è apparsa, per vero, del tutto chiara, nella parte in cui si è previsto che Stato, regioni ed enti locali curino, "ciascuno nel proprio ambito", la valorizzazione dei beni culturali. Parrebbe, in proposito, comunque condivisibile l'opinione di chi (G. Corso, in Lo Stato autonomista, Commentario al d.lg. n. 112/1998, a cura di G. Falcon, Bologna, 1998, sub art. 152, 506 ss.) ha ricondotto detto "ambito" all'ambito della proprietà (ciascun ente valorizza i beni di cui è proprietario) o a quello della gestione (ciascun ente valorizza i beni della cui gestione è responsabile anche se non è il titolare), anche perché la sola in grado di privare di rilevanza pratica alcune sovrapposizioni e interferenze fra attività di gestione e attività di valorizzazione che sarebbero altrimenti in grado di minare la possibilità stessa di riconoscere con chiarezza ed univocità l'ente di volta in volta attributario delle diverse competenze (per un esame delle più evidenti sovrapposizioni nelle quali è incorso il legislatore delegato nella definizione e nell'utilizzo di tutte e tre le tipologie di attività considerate, v. M.P. Chiti, La nuova nozione di "beni culturali" nel d.lg. 112/1998: prime note esegetiche, in Aedon, 1/1998).
[20] Per un quadro significativo delle discordanti opinioni che è dato di registrare in ordine alle valutazioni - sia di natura strettamente giuridica sia di natura prevalentemente "politica" - relative alla "misura" di decentramento operabile ed in concreto operato dal d.lg. 112/1998 in materia di beni ed attività culturali, non si può che rinviare agli importanti contributi apparsi in Aedon, 1/1998, ed ivi, in particolare, a quelli di M. Cammelli, Il decentramento difficile, G. Sciullo, Beni culturali e principi della delega, M. Ainis, Il decentramento possibile , e M. Meschino, Beni e attività culturali nel d.lg. 112/1998: una proposta di lettura.
[21] Cfr. G. Corso, Lo Stato autonomista, cit., sub artt. 152 e 155, 506 ss. e 512 ss.
[22] E' comunque auspicabile che la costituzione della nuova società - o, comunque, la sua operatività - non intervenga prima della decorrenza dell'effettivo esercizio dei compiti e delle funzioni in materia così come ridistribuiti dal d.lg. 112/1998.
[23] Sembra rendersi necessario un nuovo ed apposito intervento legislativo in quanto la delega per il riordino degli enti nazionali, di cui all'art. 11, comma 1, lett. b), l. 59/1997, comprensiva, come noto, dopo l'intervento correttivo portato dalla l. 191/1998, anche del riordino di società per azioni in mano dello Stato, consente sì la riforma delle società di promozione e sostegno, ma soltanto di quelle operanti nella promozione e nel sostegno al "sistema produttivo nazionale", entro l'ambito delle quali, nonostante la genericità della formula utilizzata dal delegante, pare difficile, a meno di una forzatura, fare rientrare la Sibec Spa.
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