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Le figure di coordinamento nell'organizzazione del Mbac

di Giovanna Endrici


Sommario: 1. Premessa. - 2. Il segretario generale del ministero. - 3. Il soprintendente regionale. - 4. Conclusioni.



1. Premessa

Nella nuova organizzazione ministeriale il segretario generale del ministero e il soprintendente regionale sono figure accomunate - oltre che dal carattere monocratico e di sostanziale novità - dall’essere chiamate a svolgere, sia pure a diverso titolo e a diversi livelli istituzionali, funzioni di coordinamento: degli uffici e della complessiva attività del ministero il primo; delle soprintendenze operanti nella regione il secondo.

Entrambe le figure risentono della natura fortemente compromissoria del processo di riforma dell’ordinamento dei beni culturali e condividono per questo un profilo istituzionale controverso, essendo sopravvissute a ipotesi di riforma che ne giustificavano l’introduzione sulla base di diversi presupposti.

Il breve lasso di tempo che intercorre dal riordino del ministero lascia intravedere un loro tendenziale rafforzamento, per effetto dei successivi svolgimenti normativi: in particolare, del d.lg. 30 luglio 1999, n. 300 che oltre a riordinare in via generale l’assetto dei ministeri incide con disposizioni specifiche sui singoli ministeri, e del regolamento di organizzazione del MBAC, così come approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 4 agosto 2000.

E’ in particolare il d.lg. 300 a rafforzare il ruolo del soprintendente, in risposta alle riserve avanzate rispetto alla configurazione originaria, che era stata diffusamente percepita come debole; rispetto al segretario generale, invece, è il regolamento a sfruttare tutti gli spazi offerti dal d.lg. 20 ottobre 1998, n. 368 istitutivo del ministero.

 

2. Il segretario generale del ministero

2.1. Un segretario generale "speciale"

Con l’introduzione del segretario generale, nel quadro di un’organizzazione ministeriale basata sulle direzioni generali, il d.lg. 386/1998 anticipa uno dei due modelli organizzativi previsti in via generale, e alternativa, dal d.lg. 300/1999: quello per dipartimenti e quello per direzioni generali, coordinate a livello apicale da un segretario generale [1].

Il particolare legame tra segretario e ministro è sancito dal meccanismo di nomina, che rientra tra quelli - ascrivibili alla logica dello "spoil system" - che legano la permanenza in carica del nominato a quella del nominante. L’incarico di segretario, al pari di quello di capo dipartimento può infatti essere confermato, revocato, modificato o rinnovato entro 90 giorni dalla fiducia al nuovo governo (art. 19 d.lg. 29/1993). La particolarità della modalità di preposizione, che ne enfatizza il carattere fiduciario, non comporta peraltro una dilatazione del potere di revoca, che può avvenire - oltre che in occasione di avvicendamento politico - solo nelle previste ipotesi di responsabilità dirigenziale, al pari degli altri dirigenti apicali.

Il profilo del segretario delineato dal decreto 368 coincide solo in parte con quello di carattere generale contenuto nel d.lg. 300. Con identica formulazione i due decreti legislativi dispongono che il segretario generale - collocato alle dirette dipendenze del ministro - "assicura il mantenimento dell’unità dell’azione amministrativa; provvede all’istruttoria per l’elaborazione degli indirizzi e del programma di competenza del ministro; coordina gli uffici e le attività del ministero; vigila sulla loro efficienza e rendimento e ne riferisce periodicamente al ministro".

La fisionomia del segretario generale del MBAC risulta però arricchita di ulteriori tratti, in quanto la sua competenza, in base al decreto 368 e soprattutto al regolamento di organizzazione, spazia su di un’area ben più estesa di quella delimitata in via generale dal d.lg. 300.

Il compito di curare la gestione dei servizi generali dell’amministrazione - contemplato dal d.lg. 368 - già in occasione del riordino del ministero era stato guardato con sospetto, proprio perché estraneo al profilo di coordinamento e supporto politico che si voleva proprio del segretario [2]. Ora, a fronte di una normativa successiva divergente, anche se non propriamente antinomica, si pone in primo luogo il problema del rapporto tra le due fonti regolatrici.

Se si considera che il d.lg. 300 definisce i due modelli tipo di organizzazione ministeriale, e una figura unitaria di segretario generale, ci si può orientare, da un punto di vista sistematico, nel senso di ritenere superata la precedente disciplina; in questa prospettiva, la disposizione del d.lg. 368 che attribuisce al segretario la cura della gestione dei servizi generali dell’amministrazione (art. 5 del d.lg. 368) risulterebbe abrogata dalla disciplina successiva, di portata generale [3]. Tale tesi può ritenersi avvalorata, sul piano testuale, dal fatto che l’art. 54 del d.lg. 300, riferito al MBAC, prevede, con riferimento alla figura del segretario, che si provveda alla sua "individuazione e organizzazione" ai sensi dell’art. 4 dello stesso decreto, così sancendo la prevalenza della disciplina generale.

Se, all’opposto, si ritiene che proprio perché antecedente e speciale la disciplina del MBAC prevale su quella generale - che comunque, quando intende farlo, non manca di produrre effetti esplicitamente abrogativi sul decreto 368 - non può che registrarsi il carattere di specialità del segretario del MBAC rispetto al modello generale (... che perciò stesso perderebbe il carattere di generalità, posto che alla disciplina, virtualmente riferita a tre ministeri, non solo quello dei beni e attività culturali, ma sotto diversi profili anche gli altri, già sfuggono in partenza [4]).

Certo, si tratta di una specialità basata sulla maggiore estensione funzionale, più che su di una contrapposizione di discipline: ciò che impone cautela nell’aderire alla tesi dell’effetto abrogativo della normativa successiva; così come la impone l’espressa disposizione dell’art. 16, comma 5 del d.lg. 29/1993, che rinvia agli ordinamenti delle varie amministrazioni la definizione di compiti e poteri dei segretari e dei capo dipartimento, consentendo così una sostanziale flessibilità nell’adattamento dei diversi ordinamenti al modello generale. Tuttavia, non si può negare che la "natura" delle funzioni ulteriori incide sulla fisionomia complessiva e dunque sul ruolo del segretario: e rispetto al ruolo complessivo - come si vedrà - la divergenza tra la figura delineata dal d.lg. 368 e quella voluta dal d.lg. 300 è evidente.

2.2. Le competenze

Il regolamento di organizzazione, in attuazione delle due fonti di rango primario, nel disciplinare il segretariato si ispira essenzialmente al d.lg. 368: esso ripropone senza mezzi termini una figura che associa alle funzioni di supporto all’indirizzo e di coordinamento compiti gestionali, così sfuggendo al modello delineato dal d.lg. 300.

La stessa collocazione sistematica della disciplina sul segretariato, all’interno del titolo sull’organizzazione degli uffici con compiti di gestione (piuttosto che nel primo, relativo agli organi di indirizzo), appare indicativa di una visione del segretario proiettata più sull’apparato e la gestione che non sul ministro. Ma è l’elenco delle funzioni che delinea un perimetro di competenze che esula ampiamente dall’area di supporto alla politica e di coordinamento dell’attività degli uffici.

A quest’ultima area funzionale - "propria" della figura - può ricondursi il ruolo di fulcro della funzione programmatoria di settore, sia in relazione all’attività propria del ministero che ai rapporti con il Cipe e alla predisposizione delle intese di programma Stato-regioni e degli accordi di programma in materia di beni culturali. Si collega, a sua volta, alla funzione di coordinamento l’affidamento al soprintendente della presidenza della Conferenza dei presidenti delle commissioni di cui all’art. 154 del d.lg. 112/1998. Possono inoltre considerarsi compiti strumentali (anche) al coordinamento la cura dei sistemi informativi del ministero, o la rilevazioni statistiche pertinenti all’attività del ministero.

Altre competenze sono però decisamente orientate sul versante gestionale: il segretario infatti cura la gestione dei servizi generali dell’amministrazione; dispone - su proposta del direttore generale di settore - la partecipazione del ministero a persone giuridiche; esercita i diritti dell’azionista nelle società partecipate. Il sovrintendente regionale, d’altra parte, gli propone, sentiti i soprintendenti di settore, la distribuzione del personale al fine dell’ottimizzazione dei servizi (art. 26, comma 2, lett. g).

Nel segretariato sono allocati anche compiti "spuri", quali la vigilanza sul CONI e sull’Istituto per il credito sportivo, o i compiti in materia di proprietà letteraria e di diritto d’autore, già propri della Presidenza del consiglio, e che ad essa sono stati sottratti proprio nella prospettiva di depurarla da compiti operativi e gestionali (art. 52, comma 2 d.lg. 300) [5]; e che dunque transitano da un soggetto di coordinamento generale, quale la Presidenza, ad uno di coordinamento intrasettoriale, quale il segretariato.

E se la collocazione presso il segretariato del Nucleo di supporto tecnico alla programmazione previsto dall’art. 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144 può ritenersi congrua, così come quella dell’ufficio studi previsto dal d.p.r. 30 aprile 1985, n. 805, art. 10 comma 2, pare più opinabile, ispirata com’è ad un criterio di residualità, quella dell’Osservatorio dello spettacolo, istituito dalla l. 30 aprile 1985, n. 163.

Il regolamento di organizzazione, insomma, decisamente esclude che la breccia aperta dal decreto 368, nel senso della previsione di responsabilità gestionali, possa considerarsi chiusa dalla disciplina generale imposta dal decreto 300, che vuole modellare i ministeri su alcuni criteri omogenei di fondo. Il segretario del MBAC non è solo una figura di interfaccia tra politica e amministrazione, ma una figura a cavallo tra le due aree, cumulando compiti di supporto alla politica e compiti di schietta natura gestionale. Con buona pace di quel principio di distinzione tra politica e amministrazione che funge da criterio ispiratore di tutto il processo di riforma.

Alla luce del modello delineato dal decreto 300 il segretario è stato assimilato agli uffici di diretta collaborazione con il vertice politico [6]; sulla base del regolamento può dirsi che l’accostamento coinvolge anche la radicata tendenza, propria di tali uffici e difficilmente contenibile, a spostarsi sul fronte dell’amministrazione attiva. In questo caso però lo sconfinamento non è solo il portato della prassi ma viene sancito a livello normativo, così da smentire la stessa assimilazione della figura agli uffici di diretta collaborazione.

D’altra parte non mancano ambiguità nel rapporto tra segretario e ufficio di gabinetto, posto che a quest’ultimo è affidato il compito di "assicurare il raccordo tra le funzioni di indirizzo del ministro ed i compiti del segretario generale", nonché quello di curare i rapporti con il segretariato generale: ciò che visibilmente contrasta con lo schema di rapporti delineati dal decreto 300, in base al quale la relazione tra ministro e segretario generale è diretta, e la stessa funzione del segretario è fortemente connotata dalla prossimità con il ministro, differenziando in questo il modello ministeriale per direzioni generali da quello per dipartimenti [7].

La stessa linea di confine tra i compiti di supporto dell’indirizzo degli uffici di diretta collaborazione e quelli del segretario non è peraltro del tutto chiara [8]: considerando che si tratta in entrambi i casi, in base al regolamento, di uffici "forti", è facile prevedere che i fatti potranno dar luogo a conflitti e interferenze.

 

3. Il soprintendente regionale

3.1. Natura dell’incarico e procedimento di nomina

A differenza del segretario, contemplato come figura tipica dell’organizzazione ministeriale, ove si scelga il modello di organizzazione per direzioni generali, il sovrintendente regionale è una figura propria dell’organizzazione periferica del Mbac, introdotta dal d.lg. 368, e che risponde a esigenze peculiari del settore. Esso costituisce sostanzialmente una soluzione di compromesso tra le diverse istanze emerse nel processo di riforma e come alternativa a proposte più radicali (quali la soppressione delle soprintendenze di settore). Rispetto alla disciplina originaria, quella contenuta nel decreto 300 delinea una figura più compiuta, che si candida a funzionare da interfaccia [9] tra la dispersa organizzazione periferica statale e le regioni.

L’incarico di soprintendente regionale, originariamente concepito come aggiuntivo, rispetto a quello di soprintendente di settore, in forza del d.lg. 300 diventa autonomo [10]: ciò che ovviamente ne rafforza il ruolo rendendo più credibile il risultato del coordinamento. Resta peraltro la sensazione di una certa ridondanza dei tre livelli di competenze a connotazione tecnica: dirigente generale di settore, soprintendente regionale e soprintendente di settore.

La preposizione avviene secondo una procedura speciale, rispetto a quella generale sugli incarichi di funzioni dirigenziali contenuta nel d.lg. 29/1993, in base alla quale gli incarichi di livello dirigenziale sono conferiti con provvedimento del dirigente generale [11]. Si prevede infatti che l’incarico di soprintendente regionale sia conferito, previa comunicazione al presidente della regione, con decreto del ministro (art. 7, comma 1, d.lg. 368): la deroga si giustifica in ragione della natura orizzontale delle competenze del soprintendente, che si traduce, sul piano organizzativo, nel collegamento con il segretario generale, a cui i soprintendenti regionali afferiscono (art. 12 reg.), e nell’attrazione nell’area di responsabilità diretta del ministro. In forza del d.lg. 29 passa invece dal ministro ai dirigenti di uffici dirigenziali generali la competenza a nominare i soprintendenti di settore, determinando un ridimensionamento del potere ministeriale che ha già mostrato ricadute sul piano del contenzioso [12].

Quanto all’obbligo della previa comunicazione al presidente della regione del soprintendente designato, si tratta di una previsione la cui portata giuridico-istituzionale appare piuttosto sfuocata [13]. Certamente non riveste la forza di un’intesa tra soggetti diversi, ma pare troppo riduttivo concepirlo come obbligo di mera correttezza istituzionale: data la sua stessa positivizzazione e perché se così fosse la comunicazione potrebbe essere anche successiva al conferimento dell’incarico. La "ratio" della procedura è tuttavia chiara: la leale collaborazione presuppone consenso (o quantomeno non-antagonismo) tra i soggetti che a vario titolo costituiscono i nodi della relativa trama istituzionale. Una nomina contro gli orientamenti regionali minerebbe in radice la possibilità di collaborazione tra amministrazione ministeriale e enti territoriali, che costituisce uno degli obiettivi che il soprintendente è chiamato a perseguire (fermo restando il suo ruolo di coordinamento interno all’organizzazione ministeriale decentrata). La previa comunicazione sembra dunque alludere alla necessità, se non di un’intesa (che pure era stata auspicata), dell’accertamento di una posizione favorevole - o almeno non contraria - dell’ente regione.

Per il trattamento economico si rinvia alla disciplina fissata dal d.lg. 29 per i preposti agli uffici di livello dirigenziale generale, cosicché sotto il profilo retributivo la figura del soprintendente regionale si stacca da quella dei soprintendenti di settore per affiancarsi a quella dei dirigenti apicali. Viene inoltre confermata la previsione, anch’essa contenuta nella disciplina generale, che nel conferimento degli incarichi si possa ricorrere ad esterni qualificati, nel limite del 5% degli incarichi, con contratto a tempo determinato: dunque, su 17 [14] incarichi di soprintendente regionale, arrotondando per eccesso, si può conferire un solo incarico ad esterni. Ordinariamente, si attingerà, secondo quanto prevede la disciplina generale, al ruolo unico, che è articolato in distinte sezioni per i dirigenti già appartenenti a ruoli professionali o reclutati in ragione delle loro specifiche professionalità tecniche [15].

Si specifica che si dovrà attingere ai dirigenti inseriti nell’ambito delle professionalità tecnico-scientifiche dell’area dei beni culturali, così sancendo la natura tecnica - e non amministrativa - della funzione. Nulla si dice, invece, sulla durata: valgono pertanto le disposizioni generali stabilite dal d.lg. 29, che fissa il criterio di temporaneità (per una durata compresa tra i due e sette anni) degli incarichi dirigenziali, nonché quello di rotazione degli incarichi, sancito dal d.lg. 29 come preferenziale.

3.2. I compiti

La figura nasce, come si è detto, con compiti principalmente di coordinamento: sui due fronti dell’organizzazione periferica statale e del rapporto con gli enti territoriali.

Il corredo dei poteri del sovrintendente è variegato. In via generale, è chiamato a coordinare le attività delle soprintendenze operanti nella regione; ma ad esso può essere attribuito anche il coordinamento di altre attività esercitate dal ministero a livello regionale. Il ruolo di coordinamento del soprintendente regionale è sicuramente delicato, stante che incide sulla programmazione delle spese e sulla distribuzione delle risorse umane: implicando dunque un contemperamento, a livello locale, tra le esigenze, le spinte, i programmi di settore. La sua competenza in materia di programmazione e impegno delle risorse a livello regionale potrebbe valorizzare lo strumento della programmazione negoziata, aiutando al contempo la commissione ex d.lg. di cui all’art. 154 del d.lg. 112/1998 ad esercitare reali funzioni programmatorie [16].

Alla luce della normativa istitutiva il ruolo della commissione appariva infatti piuttosto incerto, per la indeterminatezza degli strumenti programmatori e del quadro entro il quale la stessa è chiamata ad operare [17]; la presenza del sovrintendente, naturalmente chiamato a farne parte, potrà contribuire e precisarne il ruolo, contribuendo all’obiettivo, cui l’attività della commissione è orientata, di "armonizzazione e coordinamento, nell’ambito regionale, delle iniziative dello stato, della regione, degli enti locali e di altri possibili soggetti pubblici e privati".

La funzione di snodo tra centro e periferia, in capo al soprintendente, è ribadita dai compiti di verifica e attuazione degli indirizzi del ministro e degli interventi e delle spese programmate. Nella relazione tra centro e organi decentrati dovrebbe fungere insomma da volano che fluidifica i processi decisionali e di controllo consentendone al contempo una localizzazione decentrata.

Oltre alle funzioni di coordinamento, al soprintendente regionale sono attribuiti importanti compiti deliberativi: ad esso sono infatti trasferiti i poteri (esercitati su proposta dei soprintendenti di settore, che provvedono all’istruttoria, procedendo d’ufficio o su iniziativa delle regioni e degli enti locali ) previsti dagli artt. 3 e 5 della l. 1089/1939, che riguardano il vincolo di cosa di interesse storico e artistico e la notifica delle collezioni di eccezionale interesse storico o artistico; nonché i poteri in materia di individuazione delle bellezze naturali di cui all’art. 82, comma 2, lett. a) del d.p.r. 616/1977. I poteri di vincolo rappresentano indubbiamente un importante passaggio nel senso della de-concentrazione della funzione di tutela a favore degli apparati periferici; d’altra parte il consolidamento dei poteri decisionali accresce la possibilità di coordinamento [18], rendendo la figura più solida.

 

4. Conclusioni

Viste in relazione al complessivo riordino del ministero le figure esaminate non fanno che confermare la complessità, più che la semplificazione, organizzativa; il segretario non è solo figura di coordinamento: sconfina nell’amministrazione attiva e interseca (e soprattutto viene intersecato) dalle competenze degli uffici di gabinetto; il soprintendente rafforza l’apparato periferico senza però disporre di quell’ampiezza di poteri che in altre esperienze ne hanno consentito un effettivo rafforzamento: come in quella francese, dove è la disponibilità di risorse a segnare la differenza [19]. Nella nostra, invece, il centro di spesa è costituito dal segretariato, a cui i soprintendenti afferiscono.

Come si è visto, entrambe le figure esaminate escono rafforzate dal pur breve percorso evolutivo che le riguarda. Per il segretario l’ampliamento di potere pone problemi di conformità al modello generale nonché di più generale coerenza con il modello di organizzazione ministeriale adottato. Ove si assumesse il superamento, per effetto del decreto 300, della disciplina del decreto 368, ne conseguirebbe l’illegittimità, sotto questo profilo, del regolamento. Se invece si assume la specialità del segretario del MBAC occorre concludere che il modello generale è tanto elastico da perdere il suo significato di modello conformativo, per fungere da semplice riferimento, variamente adattabile alle esigenze e alle scelte organizzative riferite ai singoli ministeri.

Per il sovrintendente si pone piuttosto un interrogativo di sufficienza, di adeguatezza della figura rispetto agli obiettivi. Il sovrintendente nasce all’insegna dell’ambiguità, che gli sviluppi normativi non riescono a dissipare compiutamente. L’ambientazione genetica è infatti compromissoria: cadute le più drastiche ipotesi di superamento del sistema delle soprintendenze locali (nel senso di una loro soppressione e unificazione a livello provinciale) e giocatasi la partita del conferimento agli enti territoriali nei termini cauti delineati dal d.lg. n. 112/1998, il soprintendente regionale viene a decentrare senza devolvere agli enti territoriali, a semplificare la frammentata organizzazione periferica (69 soprintendenze) senza modificarne la geografia. I limiti della soluzione sono evidenti, per la sua stessa logica aggiuntiva e perché risponde all’istanza di decentramento sostanzialmente rafforzando l’apparato ministeriale, a fronte della richiesta di una più netta responsabilizzazione degli enti regionali.

Tuttavia, la natura compromissoria della soluzione non è priva di lati virtuosi: l’introduzione della figura del soprintendente regionale semplifica la rete di relazioni tra centro e periferia e tra articolazione periferica e regioni; decentra poteri, rendendoli comunque più vicini al territorio; alleggerisce il centro dando una certa unità funzionale all’organizzazione decentrata; introduce una sorta di sussidiarietà [20], che se correttamente declinata dovrebbe portare ad una più adeguata dislocazione delle competenze.

Il rapporto tra soprintendente e segretario risponde ad un chiaro gioco di simmetrie: il segretario coordina le direzioni generali; il soprintendente, che ad esso afferisce, coordina in periferia le soprintendenze locali, che dalle direzioni generali dipendono. Il segretariato è il fulcro della programmazione, veicolata in fase ascendente e discendente dal soprintendente; al segretario i soprintendenti propongono la distribuzione del personale, al fine della ottimizzazione dei servizi. Resta da verificare se la razionalità astratta della trama riesce a farsi concreta, posto che non mancano rischi di possibili frizioni: i soprintendenti di settore si rapportano al centro attraverso l’imbuto del soprintendente regionale e in maniera lineare con i rispettivi direttori generali. Il collegamento tra soprintendenti regionali e segretario costituisce una sorta di "binario parallelo" rispetto a quello che lega i soprintendenti locali ai direttori generali, con il conseguente rischio di difficoltà di integrazione funzionale tra i due tipi di soprintendenze [21].

Il fatto, poi, che non esista un preciso criterio di ripartizione di competenza tra Stato, regioni ed enti locali riguardo alla gestione, valorizzazione e promozione - stante che il d.lg. 112/98 ha preferito giocare la carta della collaborazione - comporta che i rischi di confusione di responsabilità derivanti dall’istituzionalizzazione del "condominio" di attività [22] possano risultare amplificati dall’entrata in scena di nuovi soggetti; ma è altresì possibile, ed è ovviamente questa la prospettiva auspicata, che l’individuazione di un responsabile unico a livello regionale consenta di contenerli.

In definitiva, entrambe le figure sono chiamate a dare prova nei fatti delle proprie virtualità, pur partendo gravate da non lievi ipoteche: di contraddire il principio di distinzione tra politica e amministrazione il segretario, di costituire un freno rispetto a più decisi percorsi di devoluzione di competenze agli enti territoriali il soprintendente regionale.



Note

[1] Tale modello trova applicazione limitatamente ai ministeri degli affari esteri, della difesa e per i beni e le attività culturali.

[2] G. Pastori, Il Ministero per i beni e le attività culturali: il ruolo e la struttura centrale, in Aedon, 1/1999.

[3] In tal senso G. Corso, Il ministero per i beni e le attività culturali, in La riforma del governo. Commento ai decreti legislativi n. 300 e 303 del 1999 sulla riorganizzazione della presidenza del consiglio e dei ministeri (a cura di L. Torchia e A. Pajno), Bologna, 2000, 381. Secondo S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, Milano, 2000, 192, l’ordinamento sancito dal d.lg. 300 dovrebbe sostituire non solo le discipline dettate in passato, ma anche le più recenti, quali quelle della l. 18 febbraio 1997, n. 25 e del d.lg. 368/1998.

[4] Anche rispetto al ministero della difesa, a sua volta oggetto di riordino prima del d.lg. 300 (con l. 25/1997), il segretario è una figura che esula dai compiti di istruttoria e coordinamento strumentali all’attività di indirizzo: cfr. G. D’Auria, Il ministero della difesa, in La riforma del governo, cit, 253. E’ d’altra parte a sua volta peculiare la figura del segretario del ministero degli affari esteri, per la intrinseca compenetrazione tra attività politica e amministrativa: cfr. G. D’Auria, Il ministero degli affari esteri, in La riforma del governo, cit., 209 ss.

[5] La versione del regolamento precedente a quella definitiva prevedeva apposite direzioni generali, rispettivamente, per il diritto d’autore e la proprietà letteraria e per il personale e le relazioni sindacali.

[6] L. Torchia, Il nuovo ordinamento dei ministeri: le disposizioni generali (articoli 1-7), in La riforma del governo, cit., 140.

[7] M. Cammelli, Intervento alla Tavola rotonda sul regolamento di organizzazione del ministero per i beni e le attività culturali (Roma, marzo 2000), in Aedon, 2/2000.

[8] In base all’art. 12 del regolamento il segretariato dovrebbe essere il fulcro dell’attività programmatoria, stante la sua competenza all’elaborazione del programma annuale e pluriennale degli interventi del settore; è nell’ambito del Gabinetto del ministro, però, che risulta costituita l’Unità di coordinamento della programmazione, con funzioni di supporto alla programmazione negoziata: cfr. Ministero per i beni e le attività culturali.

[9] M. Cammelli, Ma il "vero" Testo Unico deve ancora venire, in Il Giornale dell’arte, 2000, settembre, 16.

[10] Tuttavia, nella fase di prima applicazione - non oltre il complessivo riordino delle soprintendenze di settore - il soprintendente regionale può essere contemporaneamente titolare anche di una soprintendenza di settore nell’ambito della regione (art. 28 reg.).

[11] In attuazione del d.lg. 29, l’art. 29 del regolamento di organizzazione dispone che l’incarico di direzione delle soprintendenze locali è affidato ai direttori generali competenti, ai sensi dell’art. 19 del d.lg. 29/1993.

[12] Con ordinanza 25 settembre 2000 il tribunale di Campobasso considera illegittimo e disapplica ai sensi dell’art. 5 L.A.C. il d.m. 8/6/2000 del MBAC, che ha predeterminato non solo il numero, ma anche le persone fisiche di coloro che sono chiamati a ricoprire incarichi di funzioni dirigenziali. Per il testo dell'ordinanza, cfr. il sito di Giust.it

[13] Ben diversi sono gli obblighi di comunicazione al parlamento di una serie di nomine governative, che si iscrivono nell’ambito del rapporto fiduciario tra governo e parlamento, consentendo il sindacato di quest’ultimo sulle scelte governative.

[14] Il soprintendente è previsto per le 15 regioni ordinarie, il Friuli-Venezia Giulia e la Sardegna.

[15] Disciplinato con d.p.r. 26 febbraio 1999, n. 150.

[16] P. Petraroia, Il raccordo tra i diversi livelli istituzionali: vecchie controversie e nuovi scenari, in Economia della cultura, 1999, n. 2, 151.

[17] Cfr. G. Corso, Art. 155, in Lo stato autonomista (a cura di G. Falcon), Bologna, 1998, 512 ss.

[18] G. Sciullo, Ministero per i Beni e le Attività culturali e riforma dell’organizzazione del governo in Aedon, 2/1999.

[19] M. Causi, Intervento alla Tavola rotonda cit.

[20] G. Chiarante, Intervento alla Tavola rotonda cit.

[21] G. Sciullo, Alla ricerca del centro. Le trasformazioni in atto nell’amministrazione statale italiana, Bologna, Il Mulino, 2000.

[22] G. Pitruzzella, Art. 148, in Lo stato autonomista, cit., 495.



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