La dimensione economica del patrimonio culturale
L’intervento pubblico in campo culturale. Il faticoso iter di linee guida condivise
Sommario: 1. Gli antefatti. - 2. La svolta della Commissione europea e il nuovo quadro "normativo" di riferimento. L'ipotesi di "Linee guida". - 3. La definizione dei requisiti che escludono l'aiuto. La natura non economica dell'attività. - 4. Segue. La mancanza di distorsione della concorrenza e di incidenza sugli scambi. - 5. Sintesi e considerazioni conclusive.
Public funding in cultural sector. The arduous process for shared guidelines
Commission
Regulation No 651/2014 considers public funding of cultural activities as State
aid. However, it acknowledges that a number of measures taken by Member States
may not constitute aid because the activity is not economic or because trade
between Member States is not affected. However it doesn't point out how to
distinguish between what is aid and what is not. Nonetheless under article 53
of Regulation No 651 aid for culture and heritage conservation shall be
compatible with the internal market if it shall not exceed the difference
between the eligible costs and the operating profit of the investment or what
is necessary to cover the operating losses. Consequently public funding of
cultural activities is almost always compatible under European law. However,
according to Italian law, if public authorities do not register the aid in the
National State Aid Register, the concession is not effective. It is therefore
necessary to state parameters suitable to discern between what is aid and what
is not. But the prudence of some risks to lead to more restrictive
interpretations than those of the European Commission itself.
Keywords: Culture; State Aid; Competition; EU.
Nel documento con il quale, a seguito della sentenza sul caso Leipzig-Halle, ha segnalato la possibile presenza di aiuti di Stato nei progetti infrastrutturali [1], la Commissione europea ha affermato che "...per musei e monumenti storici più grandi che godono di fama internazionale ... non è possibile escludere un effetto sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati Membri. La valutazione dipende dall'effettiva/potenziale capacità di attrarre visitatori stranieri". Con questa affermazione essa ha asserito implicitamente che l'attività di gestione di una infrastruttura culturale può costituire attività economica, in quanto consista nell'offerta di servizi in concorrenza sul mercato.
La Commissione non esclude peraltro che lo Stato possa finanziare la realizzazione di infrastrutture culturali o gestirle, ma lo deve fare nel rispetto del principio dell'investitore privato operante in un'economia di mercato; diversamente il finanziamento pubblico è suscettibile di costituire aiuto di Stato.
Coerentemente con questa impostazione, nell'ambito della cosiddetta "modernizzazione" degli aiuti di Stato, essa ha disciplinato gli aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio nel regolamento 651/2014, che stabilisce le condizioni di compatibilità di determinate tipologie di aiuti, esentandoli dall'obbligo di notifica.
Se in linea generale la disciplina "in esenzione" di un aiuto costituisce una semplificazione procedurale, nel caso della cultura - attività in relazione alla quale l'ipotesi di aiuto di Stato è quanto meno discutibile - si tratta di un inutile appesantimento, in mancanza di criteri chiari che consentano di distinguere i casi di aiuto da quelli che tali non sono.
L'art. 53 del regolamento, infatti, contiene un elenco talmente ampio e dettagliato di situazioni il cui finanziamento può costituire, almeno in astratto, aiuto di Stato, da comprendere qualsiasi attività in campo culturale, tra cui alcune che nemmeno la fantasia più fervida può considerare attività di impresa e pertanto rilevanti sotto il profilo della concorrenza [2]. Ad attenuare la portata di questa disposizione, il 72° considerando dello stesso regolamento ammette - pur senza fornire criteri di valutazione - che "nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio, determinate misure ... possono non costituire aiuti di Stato ... per esempio perché l'attività svolta non è economica o non incide sugli scambi tra Stati membri".
Non intendiamo qui riprendere ragionamenti già sviluppati in altra sede [3]; ci limitiamo a sottolineare come un'artificiosa e generalizzata assoggettazione della cultura alle regole di concorrenza, in mancanza di criteri certi che consentano di distinguere le ipotesi di aiuto da quelle che aiuto non sono, è stata fonte di incertezza ed ha rappresentato un aggravio per tante amministrazioni: di fronte al rischio di contravvenire alle regole europee, l'approccio è stato infatti sovente restrittivo. E non ha ridotto il disagio il fatto che, anche nei casi in cui il finanziamento pubblico costituisca aiuto di Stato, esso sia considerato compatibile fino alla copertura del deficit di finanziamento (compreso un utile ragionevole) [4], da valutare ex ante o da verificare ex post: se ciò consente di soddisfare, in concreto, tutte le esigenze, la complessità e spesso l'onerosità degli adempimenti necessari costituiscono un inutile appesantimento delle procedure.
Nel tentativo di sollevare soprattutto le piccole amministrazioni dalle incombenze determinate dall'applicazione del regolamento, abbiamo cercato di tradurre in termini concreti l'eccezione contenuta nel 72° considerando relativa alla mancanza di incidenza sugli scambi tra Stati membri. Non abbiamo preso in considerazione l'altra ipotesi formulata dalla Commissione: che cioè non si tratti di attività economica. Non lo abbiamo fatto non perché non la condividiamo, ma anzi perché ci sembra che, salvo limitate e riconoscibili eccezioni, sia la normalità nel caso della cultura. Ma non è evidentemente la visione della Commissione e pertanto, in quel momento, sarebbe stata una riflessione sterile dal punto di vista operativo.
Ci siamo dunque concentrati sui criteri che consentono di qualificare un sito culturale come infrastruttura di rilevanza locale, con riferimento, naturalmente, non alla qualità dell'offerta, ma al dato oggettivo del numero di utenti. Abbiamo così considerato sicuramente non rilevanti sotto il profilo della distorsione degli scambi i musei con meno di 30.000 accessi annui (gli ingressi giornalieri al Louvre) e le mostre con lo stesso numero di visitatori [5]. Già questi numeri consentivano di escludere la maggior parte dei siti e delle mostre temporanee; ma la mancanza di una validazione formale da parte della Direzione generale della concorrenza (nei cui ambienti, peraltro, quei criteri erano stati giudicati "prudenti") non dava certezze alle amministrazioni più caute.
Questa impostazione è stata sensibilmente ridimensionata con l'avvento del nuovo Commissario alla concorrenza. Nel documento con cui la Commissione ha elaborato la nozione di aiuto di Stato [6], è stato inserito, rispetto alla versione precedente, un articolato riferimento alla cultura che recepisce le istanze presentate con decisione dall'Italia, volte a far riconoscere la natura non economica dell'attività dello Stato in campo culturale [7].
2. La svolta della Commissione europea e il nuovo quadro "normativo" di riferimento. L'ipotesi di "Linee guida"
Dopo aver sottolineato il ruolo della cultura come "veicolo di identità, valori e contenuti che rispecchiano e modellano le società dell'Unione", il documento della Commissione afferma [8] che "il finanziamento pubblico di attività legate alla cultura e alla conservazione del patrimonio accessibili al pubblico gratuitamente risponde a un interesse esclusivamente sociale e culturale che non riveste carattere economico" e precisa che "il fatto che i visitatori di un'istituzione culturale o i partecipanti a un'attività culturale o di conservazione del patrimonio ... accessibile al pubblico siano tenuti a versare un contributo in denaro che copra solo una frazione del costo effettivo non modifica il carattere non economico di tale attività, in quanto tale contributo non può essere considerato un'autentica remunerazione del servizio prestato": ciò che abbiamo sostenuto, anche da queste pagine, fin dal 2014.
A seguito di questo riconoscimento, il quadro può essere sintetizzato nei termini seguenti:
a) l'art. 53 del regolamento 651/2014 dichiara compatibili gli aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio (in un'accezione assai ampia) a copertura del deficit di finanziamento;
b) il 72° considerando del medesimo regolamento ammette tuttavia che il finanziamento in campo culturale può non comportare aiuti di Stato qualora non riguardi un'attività economica o quando non incida sugli scambi intracomunitari;
c) al punto 2.6 della Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato, la Commissione riconosce che il fatto che la fruizione di un bene o di un'attività culturale comporti il pagamento di un biglietto non ne modifica il carattere non economico, se si tratta di un contributo che copre solo una frazione del costo effettivo;
d) inoltre, "molte attività culturali e di conservazione del patrimonio risultano oggettivamente non sostituibili (come la gestione di archivi pubblici...)" e si può dunque escludere la presenza di un vero mercato;
e) in ogni caso, "solo il finanziamento concesso a istituzioni ed eventi culturali di grande portata e rinomati che si svolgono in uno Stato membro e che sono ampiamente promossi al di fuori della regione d'origine rischia di incidere sugli scambi tra gli Stati membri" (punto 197 della Comunicazione);
f) dovrebbero invece essere considerate di carattere economico "le attività culturali o di conservazione del patrimonio ... prevalentemente finanziate dai contributi dei visitatori o degli utenti o attraverso altri mezzi commerciali (ad esempio esposizioni commerciali, cinema, spettacoli musicali e festival a carattere commerciale, scuole d'arte prevalentemente finanziate da tasse scolastiche o universitarie)".
Completano il quadro le pronunce della Corte Costituzionale [9] secondo cui "lo sviluppo della cultura è finalità di interesse generale perseguibile da ogni articolazione della Repubblica" e "le disposizioni che prevedono il sostegno finanziario ad opere ... che presentino particolari qualità culturali ed artistiche si connotano ... nell'ottica della tutela dell'interesse, costituzionalmente rilevante, della promozione e dello sviluppo della cultura (art. 9 Cost.)".
Se il 72° considerando citato consentiva di escludere dal campo di applicazione della disciplina degli aiuti di Stato larga parte dell'intervento pubblico in campo culturale, sulla base della capacità di richiamo del sito o dell'evento, la nuova presa di posizione della Commissione consente di escludere l'applicabilità delle regole della concorrenza in quanto, per le caratteristiche del sistema italiano, le attività nel settore culturale non sono in principio qualificabili come attività economiche.
Questa affermazione non ha tuttavia un valore assoluto, comportando deroghe non individuabili a priori [10]. Si potrebbe ritenere, con riferimento alle regole europee, che il limitato margine di incertezza non costituisca un problema, in considerazione del fatto che comunque sarebbe compatibile un aiuto a copertura del deficit di finanziamento. Come si è già avuto modo di spiegare negli interventi precedenti, anche nel caso in cui un aiuto non fosse stato riconosciuto come tale e non fossero state messe in atto le procedure formali che l'aiuto comporta, se esso, anche a posteriori, risultasse "compatibile" (e non potrebbe essere altrimenti, vista la possibilità di finanziare il funding gap), la sua "illegalità" formale non produrrebbe conseguenze di sorta.
In realtà, la situazione è più complessa: l'Italia, infatti, con il cosiddetto "Common understanding" [11] sottoscritto dal Sottosegretario alle Politiche europee e dalla Commissaria alla concorrenza, si è volontariamente impegnata ad istituire un registro nazionale degli aiuti (RNA), entrato effettivamente in funzione il 12 agosto 2017. La legge che lo istituisce, per assicurarne l'utilizzo [12], dispone che l'adempimento degli obblighi di interrogazione del registro e l'iscrizione in esso degli aiuti costituisce "condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti". Ciò significa che qualora un finanziamento pubblico ritenuto dall'amministrazione concedente non aiuto - e dunque non inserito nel RNA - venisse successivamente giudicato aiuto di Stato, ancorché compatibile sotto il profilo europeo (e quindi non contestabile dalla Commissione), dovrebbe essere revocato.
Questa situazione ha creato una notevole incertezza (la norma stabilisce, fra l'altro, che l'inadempimento degli obblighi connessi all'istituzione del Registro "comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell'erogazione degli aiuti ... rilevabile anche dall'impresa beneficiaria ai fini del risarcimento del danno") ed ha suggerito prudenza in tutte le amministrazioni, che non intendono correre il rischio di vedersi contestare un aiuto, non per la sua irregolarità sostanziale sotto il profilo europeo, ma per una errata (o presunta tale) valutazione della presenza di aiuti di Stato.
Per questa ragione si è suggerita la predisposizione di Linee guida condivise tra amministrazioni centrali e regionali che forniscano chiavi interpretative e - soprattutto - mettano al riparo da eventuali contestazioni: quand'anche, a posteriori, la scelta di non considerare aiuto un determinato finanziamento risultasse erronea (sia che la circostanza fosse rilevata a livello europeo, sia che venisse contestata in ambito nazionale) non scatterebbero le conseguenze sul piano dell'efficacia dell'atto e della responsabilità personale.
La redazione di linee guida, operazione di per sé non particolarmente complessa, ha tuttavia sollevato alcuni problemi interpretativi, basati più su elucubrazioni formaliste che sulla sostanza dei fatti.
3. La definizione dei requisiti che escludono l'aiuto. La natura non economica dell'attività
Ai sensi della giurisprudenza europea, è qualificabile impresa qualsiasi soggetto che svolga un'attività consistente nell'offrire beni o servizi sul mercato. Partendo da questa definizione, la Commissione aveva inizialmente e grossolanamente distinto fra infrastrutture e attività a fruizione gratuita o a pagamento: il pagamento di un biglietto d'ingresso era in sostanza la prova della natura economica dell'attività.
L'approccio, come si è rilevato, è cambiato con la Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato. Ora la Commissione riconosce che se un'infrastruttura o un'attività sono accessibili gratuitamente, o se il biglietto non copre che una parte dei costi, non si tratta di attività economica. Sotto questo profilo non costituisce dunque aiuto di Stato il finanziamento di musei, siti archeologici, monumenti, né per quanto riguarda gli interventi sull'infrastruttura, né per quanto riguarda le attività che vi si svolgono.
Sul significato di copertura solo di una parte dei costi si è tuttavia aperto un dibattito: sia a livello di Commissione [13] che, di conseguenza, italiano si è fatta strada la convinzione che si può escludere il carattere economico se il contributo richiesto all'utente non supera il 50% dei costi, quantificando in quella percentuale il concetto di "frazione" utilizzato nel documento. Non solo: qualcuno ritiene anche che nella quantificazione delle entrate, nel caso delle infrastrutture, si debba tener conto anche di eventuali proventi da sponsorizzazioni, locazioni per eventi privati, diritti televisivi, donazioni; e che questa contabilità debba essere verificata per ogni singola struttura, concorrendo a determinare il carattere economico o meno della sua gestione.
Non concordiamo con questa interpretazione per diverse ragioni. Innanzi tutto perché non è quello che si evince dalla Comunicazione della Commissione. Il termine "frazione" indica il rapporto di due numeri interi: è frazione, o parte del tutto, 1/4 o 1/2 (il 50% di cui sopra), ma anche 3/4 o 5/6. È vero che il documento afferma che "dovrebbero" essere considerate attività di carattere economico quelle "prevalentemente finanziate dai contributi dei visitatori o degli utenti o attraverso altri mezzi commerciali", ma con questa affermazione intende riferirsi a specifiche attività che hanno in sé natura commerciale; si esemplifica infatti con "esposizioni commerciali, cinema, spettacoli musicali e festival a carattere commerciale, scuole d'arte prevalentemente finanziate da tasse scolastiche o universitarie".
Il concetto effettivamente rilevante è che il contributo richiesto ai visitatori o agli utenti, proprio perché non è tale da coprire tutti i costi, "non può essere considerato un'autentica remunerazione del servizio prestato". E non può non solo e non tanto perché non riesce ad esserlo, ma, prima di tutto, perché non intende esserlo, per scelta di politica culturale dello Stato.
Il fatto poi che l'infrastruttura possa essere messa a disposizione occasionalmente di privati, a pagamento (per matrimoni, eventi anche commerciali, ecc.), o che riceva sponsorizzazioni o donazioni non modifica il carattere non economico dell'attività, se le entrate non sono tali da consentire la copertura, nel tempo, di tutti i costi che quell'attività comporta (personale, utenze, sicurezza, assicurazioni, conservazione, ammortamenti, ecc.).
In definitiva, ci sembra che possa essere qualificata attività di impresa un'attività che abbia in sé le caratteristiche che consentano di gestirla come tale. Un imprenditore è un soggetto che intraprende un'attività nella prospettiva di un risultato economico positivo. Non ha importanza - ai fini della sua qualificazione - se ciò non avverrà, così come non ha importanza se la stessa attività possa essere svolta da soggetti che non si pongono fini lucrativi; ciò che è rilevante è che si tratti di un'attività suscettibile in sé di dare risultati positivi sul piano economico.
Come abbiamo evidenziato altrove, la gestione di un museo, di un monumento, di un sito archeologico non ha la possibilità di chiudersi con un risultato positivo, nemmeno nei casi di grande richiamo e frequentazione internazionale. E ciò non è imputabile al fatto che la politica culturale degli Stati, in virtù della quale la fruizione di tali infrastrutture è offerta a prezzi non remunerativi, non consente un pareggio di bilancio, bensì all'impossibilità oggettiva di alzare il prezzo del biglietto ad un livello che consenta tale pareggio. Il numero dei visitatori di qualsiasi sito è infatti inversamente proporzionale al prezzo del biglietto: oltre certi livelli - che comunque non consentirebbero nemmeno di avvicinare il pareggio - si verificherebbe il crollo degli accessi che porterebbe a risultati ancora peggiori.
In queste condizioni, non si tratta dunque di attività di impresa; e ciò nemmeno quando essa è esercitata da soggetti privati. In questo caso i proprietari/gestori sono generalmente Fondazioni o enti ecclesiastici, che mettono a disposizione il loro patrimonio come servizio, senza alcuna velleità imprenditoriale e anzi sostenendo costi a questo fine.
Un'ultima considerazione sul fatto che la valutazione del carattere economico dell'attività vada effettuata in relazione a ciascuna struttura o attività. Lungi dal volerne fare una questione di numeri, per di più riferiti ai singoli beneficiari, la Commissione ha preso atto del fatto che la cultura costituisce un "veicolo di identità, valori e contenuti che rispecchiano e modellano le società dell'Unione" e che in alcuni Stati membri - segnatamente in Italia - le attività del settore sono "organizzate in modo non commerciale", ritenendo irrilevante l'eventuale contributo richiesto agli utenti, in quanto "non può essere considerato un'autentica remunerazione del servizio prestato". Si tratta della valutazione di un sistema, che esclude l'esame dei singoli casi, se non per differenziare le situazioni che ricadono in questo sistema da quelle che rivestono invece, per loro natura o per le modalità di gestione, un carattere meramente commerciale.
Stabilito questo, è poi irrilevante se in alcuni casi - o in determinate circostanze contingenti - le entrate da biglietteria sono anche prevalenti rispetto al finanziamento pubblico. Così come è irrilevante il fatto che un museo o un'iniziativa culturale copra una parte cospicua dei propri costi mediante sponsorizzazioni, donazioni o la messa a disposizione dei propri spazi per eventi privati. Ciò che resta è il fatto che il biglietto d'ingresso non può comunque essere considerato la remunerazione del servizio.
Se così non fosse, si arriverebbe al paradosso che l'efficienza di una struttura diventi un handicap, quando invece sarebbe da favorire, se non altro, nell'ottica della riduzione della spesa pubblica. Per dirlo in altri termini, si arriverebbe all'assurdo che se il finanziamento pubblico di un museo fosse elevato non costituirebbe aiuto di Stato, mentre rischia di esserlo se è basso grazie all'individuazione - magari occasionale - di altre fonti di finanziamento. Non solo: se le fonti di finanziamento "esterne" di un sito culturale avessero un andamento ondivago nel tempo e portassero a superare il 50% dei costi, ad esempio, ad anni alterni, si dovrebbe ritenere la gestione di quel sito alternativamente attività economica e non economica?
È il sistema della cultura che viene preso in considerazione, non i singoli casi. È come per la sanità o l'istruzione (che non a caso nella Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato sono problematiche trattate in sequenza con la cultura e la conservazione del patrimonio), il cui finanziamento, in Italia, non costituisce aiuto di Stato per come sono organizzate. Una donazione anche cospicua ad un ospedale non cambierebbe questa situazione.
Hanno invece carattere economico, come si è detto, le attività per loro natura finalizzate al profitto, come esposizioni commerciali, cinema, spettacoli musicali e festival a carattere commerciale, oltre, naturalmente, alle attività di intermediazione nel settore culturale. Anche in questo caso, occorre distinguere tra il soggetto promotore e gestore dell'iniziativa e l'organizzazione o il professionista incaricati dell'ideazione e/o dell'attuazione del progetto. Se questi ultimi sono operatori sul mercato che normalmente vengono retribuiti per le loro prestazioni (non si tratta in ogni caso di aiuti di Stato), per quanto riguarda il soggetto promotore, occorre aver riguardo alle finalità ed alle modalità di realizzazione dell'iniziativa: se essa rientra nell'ambito dell'attività di diffusione della cultura esercitata dai pubblici poteri, si può escludere la presenza di aiuti di Stato, a differenza dell'ipotesi di operazione squisitamente commerciale. E ciò a prescindere, in entrambi i casi, dal risultato operativo, positivo o negativo, raggiunto.
Può costituire attività d'impresa l'utilizzazione di un immobile storico con rilevanza culturale per finalità commerciali: il castello, il palazzo, la villa locata per eventi privati. Anche in questo caso occorre distinguere fra l'ipotesi di utilizzo occasionale per questi fini (allo scopo di recuperare parte dei costi connessi al mantenimento dell'edificio) e quella in cui l'utilizzo a fini commerciali è prevalente. Solo nel secondo caso si può porre un problema di aiuti di Stato.
4. Segue. La mancanza di distorsione della concorrenza e di incidenza sugli scambi
Normalmente, quando un finanziamento pubblico riguarda un'attività economica, si dà per scontato che esso influisca sulla concorrenza fra imprese, a prescindere dalla sua rilevanza transnazionale (è così certamente per il settore manifatturiero); per stabilire se si tratta di aiuto di Stato, si tende pertanto a valutare unicamente l'eventuale distorsione degli scambi. Ma non sempre è così; in particolare, nel caso della cultura, generalmente gli operatori del settore non sono tra loro in concorrenza e se questa è la situazione non si vede cosa si possa falsare.
C'è concorrenza solo fra beni o servizi fungibili; ma non sono fungibili singole opere d'arte e, di conseguenza, esposizioni che le presentino collettivamente, né le infrastrutture museali in cui sono conservate ed esposte al pubblico. La Commissione esclude la presenza di aiuti di Stato nel caso di attività culturali o di conservazione del patrimonio che risultano "oggettivamente non sostituibili" e le esemplifica con "la gestione di archivi pubblici contenenti documenti unici". Ma che differenza c'è, sotto questo profilo, fra un documento di archivio (il cui originale potrebbe anche essere riprodotto senza perdere i suoi contenuti) e la Nascita di Venere di Botticelli, o la Ronda di notte di Rembrandt, la cui riproduzione, in un'ottica museale, sarebbe evidentemente improponibile? E perché se non sono in concorrenza due archivi dovrebbero esserlo la Galleria degli Uffizi ed il Rijksmuseum di Amsterdam?
Per l'acquisto di un'automobile, i diversi modelli sul mercato sono fra loro alternativi e la scelta sarà determinata da fattori quali estetica, qualità, prezzo, uso cui è adibita, ecc.: l'agevolazione pubblica può modificare il rapporto fra questi fattori e dunque condizionare la scelta. La decisione di visitare un museo o un'esposizione temporanea prescinde da una valutazione comparativa, potendo essere dettata da un interesse meramente culturale, da semplice curiosità, dal caso (un intervallo tra due impegni), dalla presenza in un luogo in occasione di un viaggio, dalla disponibilità (anche sotto il profilo economico) ad investire per raggiungere la destinazione e così via. In ogni caso, il finanziamento pubblico non avrà nessuna influenza sulle scelte dei visitatori. Anche quando il sito o l'evento non sono distanti dalla residenza dell'utente, il costo diretto (il biglietto d'ingresso) è del tutto irrilevante rispetto ai costi indiretti (trasferimenti, pernottamento, pasti, ecc.).
Quanto agli effetti sugli scambi, essi ci sono laddove l'aiuto sia in grado di spostare flussi di utenti da un paese all'altro, non solo aumentando l'appetibilità di una determinata offerta (quella destinataria del finanziamento), ma facendolo a scapito di offerte analoghe in un altro Stato membro, che siano realmente alternative ad essa, nel senso che l'una possa sostituire l'altra o le altre nella scelta dell'utente, non aggiungersi ad esse. In altre parole, l'unicità di un evento ancorché di grande richiamo internazionale - nel senso che esso, proprio per la sua unicità, non è alternativo ad altri eventi - può escludere l'effetto distorsivo del suo finanziamento [14].
A maggior ragione, è esclusa l'incidenza sugli scambi quando il finanziamento riguarda un'attività definibile di "prossimità". Ciò accade sempre quando si tratta di eventi di respiro locale, in grado di attirare fruitori da brevi distanze, anche a prescindere dal fatto che il loro bacino d'utenza, per l'ubicazione nei pressi del confine di Stato, si estenda ad un atro Stato membro. Come abbiamo altre volte sostenuto, il fatto che il teatro di Trieste venga frequentato anche da un pubblico sloveno non significa necessariamente che venga meno il carattere di prossimità dell'offerta teatrale. Il bacino di utenza di quella infrastruttura resta "locale", nel senso che i frequentatori del teatro provengono dal territorio circostante (esattamente come avviene per qualsiasi realtà analoga), anche se questo si estende oltre il confine: chi risiede a Capodistria, per tutta una serie di attività in diversi settori, si trova nel bacino di utenza di Trieste, non in quello di Lubiana; in assenza di quell'offerta, non ci sarebbe un'alternativa comparabile.
D'altra parte, la Commissione ha affermato che non incide sugli scambi il finanziamento di attività che "non rischiano di sottrarre utenti o visitatori a offerte analoghe in altri Stati membri", ritenendo che tale rischio si può verificare solo quando il finanziamento sia concesso "a istituzioni ed eventi culturali di grande portata e rinomati che si svolgono in uno Stato membro e che sono ampiamente promossi al di fuori della regione d'origine". In altre parole, il carattere "locale" di un bacino di utenza prescinde dai confini di Stato.
Così come non è rilevante il fatto che una compagnia teatrale, o un'orchestra sinfonica, effettuino una tournée all'estero: in linea generale gli spettacoli (spesso rivolti - come nella prosa - ad un'utenza assai ristretta) non costituiscono un'alternativa all'offerta locale, inserendosi spesso nella stessa programmazione del paese ospitante.
Un'ultima considerazione sulla rilevanza delle ricadute del finanziamento della cultura su altre attività economiche: argomento su cui si è soffermata la Commissione in occasione di alcune notifiche di finanziamenti a musei conclusesi con un'ambigua valutazione di compatibilità. È certamente vero che il patrimonio culturale può essere un importante volano per il turismo, nel senso che la mobilità delle persone per fini diversi dal lavoro è spesso stimolata dal richiamo che esercitano città d'arte, siti archeologici, monumenti, musei, ecc. È altrettanto vero che investire nel patrimonio culturale assicura un ritorno in termini di incremento del turismo [15]. Ma si tratta solo di uno dei fattori rilevanti, che concorre, assieme alle bellezze naturali, alla cucina, al clima, alla varietà dell'offerta turistica e persino alla viabilità o alla presenza di servizi di trasporto, a determinare l'appetibilità del nostro paese, come per un altro possono essere le spiagge bianche, la barriera corallina, l'aurora boreale, i fiordi, la tranquillità dei luoghi, ecc.
Il fatto che il patrimonio culturale possa avere - come certamente ha - ricadute su altre attività economiche non è rilevante per stabilire se il finanziamento della cultura incida sugli scambi tra Stati membri, valutazione che deve essere effettuata con riferimento al settore culturale stesso o, meglio, ai singoli interventi. In sostanza, occorre verificare se il finanziamento di un'infrastruttura o di un'attività culturale (che sia svolta come attività economica) influisca sugli scambi favorendo quella specifica attività economica.
5. Sintesi e considerazioni conclusive
L'introduzione nel regolamento generale di esenzione degli aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio è stata dettata da un lato dal nuovo approccio in materia di finanziamento di infrastrutture seguito alle sentenze sul caso Leipzig-Halle, dall'altro dalla volontà della Commissione, per motivi soprattutto organizzativi propri, di ridurre drasticamente le notifiche, disciplinando "in esenzione" la quasi totalità degli aiuti. Ciò non significa che ogni volta che una pubblica amministrazione finanzia un'iniziativa in campo culturale si collochi nell'ambito dell'aiuto di Stato. Anzi, le situazioni in cui questo problema si può porre sono assai limitate. Ciò in quanto nella maggior parte dei casi oggetto dell'intervento pubblico non è un'attività economica, oppure perché, in ogni caso, esso non ha alcuna influenza sugli scambi internazionali.
I criteri per stabilire quando si sia di fronte ad un potenziale aiuto sono stati enunciati dalla stessa Commissione, dopo qualche incertezza, nella Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato. La loro interpretazione non presenta particolari difficoltà, anche alla luce delle modalità con cui sono stati disciplinati gli aiuti al settore. Ai sensi dell'art. 53 del regolamento 651/2014, sono infatti considerati compatibili - e quindi del tutto leciti - aiuti a copertura del deficit di finanziamento. Ciò significa che - a dispetto del fatto che i beneficiari non dovrebbero essere "imprese in difficoltà" - possono essere coperte, in perpetuo, le perdite derivanti da investimenti e/o dall'attività ordinaria: nulla di meno di quanto potrebbe essere finanziato se non si considerasse la problematica degli aiuti di Stato. Si tratta dell'evidente riconoscimento dell'irrilevanza del problema sotto il profilo della concorrenza [16]. Di conseguenza, anche laddove un aiuto di Stato non venga riconosciuto come tale, il finanziamento pubblico risulterà comunque compatibile.
Il problema è tuttavia complicato dalla realizzazione del Registro Nazionale Aiuti che subordina l'efficacia della concessione all'adempimento degli obblighi di consultazione e di registrazione, coinvolgendo nelle conseguenze il responsabile della concessione. Un finanziamento che non venisse registrato sul RNA (perché non considerato aiuto di Stato, per semplice dimenticanza, o per ignoranza dell'amministrazione), pur risultando verosimilmente compatibile sul piano europeo, se ritenuto a posteriori aiuto di Stato, risulterebbe viziato dall'inefficacia dell'atto di concessione.
Per ovviare a questa paradossale conseguenza, si è pensato di elaborare delle Linee guida ad uso delle amministrazioni, che facilitino la valutazione e consentano di evitare gli effetti appena detti. Il rischio che si sta delineando è che un'interpretazione "prudenziale" dei documenti della Commissione ed una visione discutibilmente rigorosa della materia degli aiuti di Stato vanifichi i vantaggi di questo approccio.
L'auspicio è che le regole ed i meccanismi nazionali non siano più restrittivi dei vincoli europei: che, cioè, uno strumento creato per garantire il rispetto delle regole europee (il RNA) non si trasformi - per eccesso di prudenza e di formalismo - in una fonte di vincoli più stretti di quelli che la Commissione ha inteso stabilire, producendo conseguenze cui mai non porterebbe il controllo europeo.
L'invito è a riflettere sul drastico cambiamento di rotta della Commissione la quale, dopo aver indicato nel biglietto di ingresso il discrimine fra attività economica e non economica, ha riconosciuto che la mancanza di gratuità non è elemento rilevante; e dopo avere incluso gli archivi fra le infrastrutture il cui finanziamento può essere compatibile (e dunque aiuto di Stato) ai sensi dell'art. 53 del regolamento 651/2014, ha esemplificato gli archivi stessi come esempio di attività non economica; e dopo aver insinuato che le biblioteche pubbliche possono essere in concorrenza con bookshops, le indica come esempio di attività non economica.
Note
[1] Ares (2012)834142 - 01/08/2012, Griglia analitica n. 4.
[2] Sono elencati musei, siti archeologici, monumenti, archivi, biblioteche, teatri, sale da concerti, spazi culturali e artistici, il patrimonio immateriale, compresi i costumi e l'artigianato del folclore tradizionale, attività di educazione culturale e artistica, programmi educativi e di sensibilizzazione del pubblico, ecc.
[3] Si veda: C.E. Baldi, Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato e politica culturale europea. Le incoerenze di un sistema fortemente burocratizzato, in Aedon, 2014, 3.
[4] In alternativa, l'aiuto può coprire fino all'80% delle spese, per un massimo di un milione di € (limite portato successivamente a 2 milioni): condizioni spesso non adeguate alle esigenze.
[5] Si veda: C.E. Baldi, Il finanziamento del patrimonio e delle attività culturali. Come evitare le insidie delle regole europee, in Aedon, 2015, 2.
[6] Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'art. 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (GUUE C 262 del 19.7.2016, pag. 1 ss.).
[7] L'argomento è stato sviluppato in: C.E. Baldi, Finanziamento della cultura e regole di concorrenza. Nuove prospettive dal ripensamento della Commissione europea, in Aedon, 2016, 3.
[8] Punto 2.6 della Comunicazione cit.
[9] Si vedano le sentenze n. 255 e n. 307 del 2004 e n. 285 del 2005.
[10] Per un tentativo di schematizzazione si veda: C.E. Baldi, La disciplina degli aiuti di Stato. Manuale critico ad uso delle amministrazioni e delle imprese, seconda edizione aggiornata e ampliata, Rimini, 2017, pag. 646 ss.
[11] Common Understanding on Strengthening the Institutional Setup for State Aid in Italy, firmato il 3 giugno 2016. Il testo è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/competition/state_aid/modernisation/common_understanding_italy.pdf.
[12] Esisteva già una banca dati (la BDA) presso il Ministero per lo sviluppo economico, che tuttavia veniva implementata solo occasionalmente dalle amministrazioni.
[13] Ma non si tratta di prese di posizione ufficiali.
[14] Si potrebbe affermare che la stessa rappresentazione dell'Aida all'Arena di Verona, che certamente si rivolge ad un'utenza che travalica i confini nazionali, non sia alternativa ad una rappresentazione di un'opera di Wagner al festival di Bayreuth; così come il Maggio fiorentino non sia in concorrenza con il Festival di Salisburgo. La tipologia di fruitori tende ad escludere la concorrenza fra i diversi eventi.
[15] Non a caso le competenze in materia di turismo erano state accorpate a quelle in materia di cultura nel Mibact.
[16] In realtà, come dimostra anche il livello di dettaglio con cui sono state elencate le attività nei confronti delle quali l'aiuto può essere compatibile, la Commissione ha inteso evitare il moltiplicarsi delle inutili notifiche che alcuni paesi cominciavano ad effettuare.