Il punto sulla tutela paesaggistica
Il piano paesaggistico alla prova. I modelli della Toscana e della Puglia
Sommario: 1. Il piano paesaggistico: modello operativo di pianificazione integrata. - 2. Gli indici normativi: oggetto, soggetti e funzioni del piano. - 3. (segue). L'efficacia del piano paesaggistico e il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione. - 4. I piani paesaggistici della Toscana e della Puglia. L'oggetto della pianificazione e il quadro conoscitivo. 5. Il procedimento: metodi di co-pianificazione e di partecipazione. - 6. La disciplina normativa: i beni paesaggistici e il 'resto' del paesaggio. - 7. L'efficacia del piano e le procedure di conformazione e adeguamento degli atti di pianificazione urbanistica e territoriale. 8. Rilievi conclusivi.
The landscape plan at the proof. The models of Toscana and Puglia
The paper based on the idea that the urban spatial plan with specific consideration of landscape values can be the instrument capable of overcoming, already under current legislation, the so-called model of parallel o sectorial plans and ensuring a unified government of all interests which concern the territory. However, reaching the goal depends largely on the discipline capacity set out in concrete from regional plans to establish itself as a engine of a shared, gradual and proportionate transformation. Therefore, in order to test the hypothesis, the article illustrates the rules of the landscape code governing the plan functions and then examines the landscape plans recently approved by two Italian region, Puglia e Toscana. In particular, the analysis focus on the subject of planning and the method used to process the cognitive framework, on participatory forms followed for the planning process, on rules to protect the landscape and on the relationship between the plan and other urban-planning instruments.
Keywords: Landscape plan; Urban planning; Public interests; Coordination.
1. Il piano paesaggistico: modello operativo di pianificazione integrata
L'evoluzione normativa ha portato a riconoscere al piano paesaggistico, in specie nella tipologia di piano urbanistico-territoriale con valenza paesaggistica, la funzione di strumento a vocazione generale deputato al governo integrato degli interessi incidenti sul territorio.
Come si sa, nella legge del 1942, l'urbanistica individuava una nozione di uso e trasformazione del territorio sostanzialmente 'schiacciata' sull'edilizia e quasi 'indifferente' rispetto agli altri interessi territoriali, esternamente limitata dalle discipline puntuali (i.e. vincoli) poste a tutela dei beni culturali e alle bellezze naturali [1].
Con la legislazione di trasferimento delle funzioni alle regioni ha preso campo una concezione omnicomprensiva tendente ad assorbire nell'urbanistica anche la tutela degli interessi ambientali e paesaggistici. L'impostazione è stata accentuata dalla prassi tanto che - con un ribaltamento della 'pianificazione a cascata' delineata dal legislatore del 1942 - il piano regolatore comunale è stato il primario strumento di regolazione del territorio [2].
A partire dalla metà degli anni '80, al modello della 'pan-urbanistica' si è progressivamente sostituito quello delle c.d. tutele parallele nel quale ciascun 'bene-valore' pubblico che insiste sul territorio (l'ambiente e la difesa del suolo, il paesaggio, la trasformazione edilizia, la tutela dei beni culturali ecc.) è attribuito alla competenza di una specifica autorità e tutelato mediante un apposito piano di settore che deve coordinarsi con gli altri [3].
Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (di seguito Codice), soprattutto dopo le modifiche apportate dai decreti correttivi e dalla Convenzione europea sul paesaggio, ha però segnato una netta discontinuità. Nel prevedere l'obbligo di pianificazione paesaggistica per l'intero territorio regionale ha imposto una visione ampia, che presuppone la considerazione di vari profili di rilevanza del territorio, e ha reso il piano lo strumento di elezione di una forma di pianificazione territoriale sostanzialmente diversa, che la dottrina ha di recente qualificato come 'pianificazione integrata' [4]. La convinzione, infatti, è che - ferma restando l'opportunità di una modifica della legge nazionale [5] - la piena attuazione del sistema delineato dal Codice del paesaggio permetta, già a legislazione vigente, la considerazione globale e la gestione integrata degli interessi di varia natura che insistono sul territorio.
Tale sistema ha il suo fulcro nel procedimento di pianificazione paesaggistica che comprende non solo la fase di elaborazione - di competenza delle regioni e dei ministeri (Mibact e ministero dell'Ambiente), ma anche quella di attuazione del piano a cui prendono parte, seppur a diverso titolo, le amministrazioni locali e le altre autorità di settore con poteri di pianificazione territoriale. È bene precisare che la lettura che si propone non si basa su una visione, per così dire, 'pan-paesaggistica', nella quale il paesaggio è metro di valutazione e sistemazione gerarchica degli altri interessi.
Quel che si intende dire è che le funzioni che il diritto vigente attribuisce al piano paesaggistico-territoriale lo rendono uno strumento in grado di innescare un cambiamento 'culturale' nella concezione stessa della pianificazione territoriale di livello regionale, nella direzione di un metodo di valutazione unitaria e di coordinamento degli interessi. In questo senso, il valore primario dell'interesse paesaggistico-ambientale assume un significato prevalentemente logico: è dalle esigenze che esprime il paesaggio - come forma del territorio - che occorre muovere per definire le condizioni e i limiti delle trasformazioni possibili, necessarie e auspicabili [6].
La tesi pare trovare conferma sia nella legislazione paesaggistica vigente, ricavabile dalla lettura del Codice (anche) alla luce della Convenzione sul paesaggio, sia nella disciplina prevista dai due piani paesaggistici recentemente approvati dalla Toscana e dalla Puglia.
2. Gli indici normativi: oggetto, soggetti e funzioni del piano
Molteplici sono gli indici normativi che dimostrano la vocazione integrale della pianificazione paesaggistica.
Il primo si ricava dalle disposizioni sull'oggetto e sulle funzioni del piano.
Dagli artt. 135 e 143 del Codice emerge che l'interesse primario è il paesaggio nella sua globalità e il piano deve considerare, qualificare e disciplinare tutto il territorio regionale. Come noto, ciò non significa che l'intero territorio sia sottoposto a una disciplina di tutela e conservazione (secondo la concezione tradizionalmente invalsa per i beni paesaggistici in senso stretto), ma che esso deve essere interamente conosciuto e che devono essere formulate regole d'uso compatibili con le diverse intensità di valore e le diverse esigenze di protezione, valorizzazione o trasformazione espresse dai vari ambiti di paesaggio [7].
In questo, quadro già nello svolgimento della funzione conoscitiva si mette in atto un primo livello di integrazione: il piano deve descrivere il territorio analizzando e facendone emergere le caratteristiche paesaggistiche, le componenti storico-culturali, i fattori naturalistico-ambientali.
A tal fine, è espressamente richiesta sia la delimitazione e rappresentazione dei beni paesaggistici sia "la ricognizione... delle caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni" e "la considerazione delle dinamiche di trasformazione l'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità, attraverso la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo" (art. 143, comma 1, lett. f).
Come si vede, già nell'attività tecnica di conoscenza e rappresentazione la dimensione paesaggistica deve essere confrontata (quantomeno) con i caratteri storico-identitari e con le condizioni ecologico-ambientali dei luoghi.
Non solo. Dalle disposizioni citate emerge un aspetto ancora più significativo: il contenuto del piano dev'essere necessariamente il risultato di una comparazione proporzionata tra l'interesse paesaggistico (che orienta le scelte) e gli interessi urbanistico-edilizi e di sviluppo socio-economico. Il piano, infatti, non solo deve porre procedere alla c.d. vestizione dei vincoli, ma deve anche contenere esplicite previsioni di indirizzo dell'uso, pubblico e privato, del territorio.
In questa prospettiva, rilevano l'art. 135, comma 2, lett. d) e l'art. 143, comma 1, lett. h) in base ai quali il piano paesaggistico deve provvedere alla individuazione "delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati" nonché "all'individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate" (art. 143, comma 1, lett. h).
È questa la funzione più innovativa attribuita al piano paesaggistico (in particolare, alla regione perché non soggetta a co-pianificazione obbligatoria) che realizza una sintesi fra tutela e valorizzazione [8], concretizzando la "gestione dei paesaggi" prevista dalla Convenzione europea [9].
Le disposizioni richiamate sono il segno più evidente del passaggio da una concezione di tutela eminentemente statica (volta alla conservazione) e spazialmente delimitata (ai beni paesaggistici) a un approccio dinamico, volto a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di sviluppo sostenibile (art. 143, lett. h) delle attività insediative, sociali ed economiche presenti in un determinato territorio e le esigenze di protezione e riproduzione delle sue caratteristiche paesaggistiche (morfologiche, eco-sistemiche, culturali).
D'altra parte, il fatto che l'elaborazione del piano paesaggistico richieda una valutazione e comparazione unitaria della pluralità di interessi che si insistono sul territorio emerge anche dall'assetto delle competenze e dalle forme partecipative previste dal Codice.
L'art. 143, comma 2, pone l'obbligo d'intesa tra la regione, e il Mibact per quanto riguarda i beni paesaggistici, ma prevede che, in caso di pianificazione estesa a tutto il territorio, al procedimento di co-pianificazione prenda parte il ministero dell'Ambiente, del territorio e del are. Ciò dimostra che anche l'interesse ambientale deve avere il proprio rappresentante 'istituzionale' da coinvolgere, per la valutazione e la regolazione dei profili che direttamente lo 'toccano', nei Tavoli tecnici organizzati per l'elaborazione della disciplina di piano.
In più l'art. 144, comma 1, del Codice prevede che nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici la legge regionale deve assicurare la concertazione istituzionale, la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni portatrici di interessi diffusi.
Tale principio è stato consolidato dalla legislazione regionale tanto che, come rilevato di recente, è proprio nella pianificazione che riguarda l'ambiente e il paesaggio che si prevedono le forme di partecipazione più 'larghe', quanto a legittimazione soggettiva e ampiezza dei diritti riconosciuti ai partecipanti [10].
3. (segue). L'efficacia del piano paesaggistico e il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione
Gli elementi richiamati mostrano già come il piano territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici mal si presti a essere interpretato con un provvedimento di settore, dedicato alla tutela di un interesse differenziato.
Ma la conferma più 'forte' di quanto si va sostenendo si trova nelle norme che disciplinano l'efficacia del piano e i suoi rapporti con gli altri strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale.
Come noto, secondo gli artt. 143, comma 9 e 145, comma 3, del Codice le previsioni dei piani paesaggistici sono cogenti e inderogabili da parte degli strumenti urbanistici degli enti locali e degli atti di pianificazione previsti dalle normative di settore [11], prevalendo in via immediata sulle disposizioni eventualmente difformi in essi contenute, e sono altresì vincolanti per i piani, i programmi e i progetti nazionale e regionali di sviluppo economico.
Inoltre, l'efficacia conformativa del piano paesaggistico è rafforzata dall'art. 145, comma 4 che pone l'obbligo di adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale di competenza degli enti locali e degli enti gestori delle aree naturali protette.
L'assetto delineato dal Codice è autorevolmente avallato dalla Corte costituzionale che, salvo alcuni temperamenti iniziali [12], difende strenuamente il valore "primario ed assoluto" [13] dell'interesse paesaggistico-ambientale e la sua tendenziale superiorità, rispetto agli altri interessi di rilevanza territoriale, arrivando ad affermare che il rapporto fra i corrispondenti strumenti di pianificazione è retto dal principio gerarchico [14].
Con riferimento alla concreta operatività del principio di prevalenza del piano paesaggistico esistono diverse interpretazioni, in dottrina [15] e in giurisprudenza [16].
Sono però in genere considerati il segno di un approccio 'pan-paesaggistico' che finisce con assorbire le altre esigenze emergenti dal territorio e comprimere la discrezionalità in materia urbanistica tradizionalmente riconosciuta alle autonomie locali, frutto a sua volta dell'impostazione centralista e 'verticalizzante' fatta propria dal Codice nei rapporti fra i soggetti istituzionali [17].
In verità, ci pare che l'assetto delineato dalle norme richiamate possa essere interpretato anche in un altro modo ovvero come espressione del dovere di integrazione del paesaggio nelle politiche di governo del territorio imposto della Convenzione Europea [18].
Le considerazioni che sostengono questa interpretazione sono varie.
In primis, va considerato che la sovra-ordinazione è dà riconoscere non all'interesse paesaggistico in sé e in termini generali, ma alla specifico precetto del piano che, una volta operato il bilanciamento con gli altri interessi, abbia dettato una particolare misura di protezione dello stesso [19]. Pertanto, il principio di prevalenza della disposizione paesaggistica non smentisce (ma anzi conferma) il dato per cui essa esprime l'esito della ponderazione contestuale dei vari interessi, realizzando una forma di 'pianificazione integrata'.
D'altra parte, la previsione dell'obbligo di conformazione e adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico non elimina l'autonomia degli enti locali, ma è il mezzo con cui si garantisce la graduale affermazione (anche) a livello locale della 'cultura dell'integrazione'.
Grazie all'obbligo di adeguamento, l'interesse paesaggistico non limita più dall'alto e dall'esterno la discrezionalità urbanistica degli enti locali, ma ne diviene parte integrante.
Agli enti dotati di poteri di pianificazione - sotto la supervisione di regione e ministero - è attribuito il compito di 'recepire' la disciplina paesaggistica e, ove il carattere delle disposizioni lo consenta (ad esempio in caso di direttive e indirizzi), adattarla alle peculiarità e alle esigenze dei propri territori [20]. Inoltre, nella (con)formazione dei propri atti di pianificazione possono recuperare spazi di autonomia per la disciplina dei c.d. paesaggi della quotidianità, oltre che dei contesti da riqualificare, recuperare e valorizzare sulla base degli obbiettivi di qualità individuati dal piano.
Il che significa che quando il nuovo sistema di pianificazione avrà preso campo - con l'approvazione dei piani paesaggistici di nuova generazione (e grazie alla valorizzazione giurisprudenziale di quelli vigenti [21]) - anche gli enti locali saranno portati ad integrare l'interesse paesaggistico-ambientale nelle politiche di programmazione e gestione dei propri spazi urbani, rurali e naturali. Naturalmente, il raggiungimento di tali obiettivi e il tempo che occorrerà a tale scopo dipendono, per la gran parte, dal modo in cui sono disciplinate le procedure di adeguamento e di conformazione.
Infine, - nella prospettiva proposta - è particolarmente significativa la parte dell'art. 145, comma 3, che stabilisce la possibilità per i piani paesaggistici di prevedere "misure di coordinamento con i piani di settore... e con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico".
Com'è stato osservato, la norma non solo fa emergere l'esigenza di coordinare tra loro i diversi beni-valori 'fondamentali', ma dimostra anche l'intenzione di assegnare all'atto di pianificazione paesaggistica "il ruolo di fonte di individuazione degli strumenti più idonei ad assicurare un coordinamento siffatto" [22]. Ciò risponde anche a un'esigenza di buon andamento. Sebbene, infatti, il coordinamento originariamente previsto come obbligatorio sia divenuto facoltativo a seguito delle modifiche del d.lgs. n. 63 del 2008, rimane comunque indispensabile perché il Codice stabilisce espressamente che le previsioni del piano territoriale-paesaggistico sono inderogabili da parte degli strumenti di programmazione settoriale ed economica.
Tuttavia, se gli eventuali contrasti emergono al momento dell'elaborazione del piano, la comparazione tra gli interessi assunti dal pianificatore paesaggistico e quelli tutelati o promossi nei piani di settore potrà portare alla definizione 'dialettica' di un dato equilibrio. Al contrario, nella fase successiva il (mancato) coordinamento andrà tutto a vantaggio dell'interesse paesaggistico per come definito dalla norma del piano, fino a rendere necessaria l'eventuale modifica degli altri atti di programmazione o, in mancanza, a determinarne l'illegittimità.
Se ne ricava, dunque, che la disciplina vigente non solo ammette, ma in una certa misura rende necessario - sotto il profilo del buon andamento - che il piano paesaggistico sia la misura con cui assicurare la considerazione unitaria e la gestione integrata delle politiche di sviluppo territoriale [23].
4. I piani paesaggistici della Toscana e della Puglia. L'oggetto della pianificazione e il quadro conoscitivo
L'analisi dei due piani paesaggistici recentemente approvati dalla regione Puglia [24] e dalla regione Toscana [25] offre l'occasione per misurare l'ipotesi assunta alla luce di due esperienze concrete. Ciò perché entrambi gli strumenti hanno senz'altro 'raccolto la sfida' lanciata dal legislatore nazionale, aspirando a innescare un sostanziale cambiamento nella cultura e nei metodi della pianificazione territoriale, per come tradizionalmente intesa e praticata [26]. Pare allora interessante verificare quali forme e quali istituti siano stati scelti per raggiungere l'ambizioso proposito e riflettere sugli effetti che stanno producendo. È evidente, infatti, che il raggiungimento dell'obiettivo dipende in buona parte dalla capacità della disciplina concretamente adottata di porsi quale motore di trasformazione condiviso, graduale e proporzionato.
Nell'analisi ci soffermeremo sui profili che nella prospettiva scelta sono sembrati più significativi, a partire dall'oggetto della pianificazione e dalla metodologia seguita per lo svolgimento della fase conoscitiva.
Nonostante la diversa denominazione, entrambe le regioni hanno optato per la tipologia di piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici per l'elaborazione del quale, d'intesa con il ministero per Beni e le Attività culturali e per il Turismo (nel caso della Puglia anche del ministero per l'Ambiente), hanno analizzato, descritto e disciplinato tutto il territorio regionale.
La struttura dei due piani è analoga: sono articolati in due parti, lo Statuto del territorio e lo Scenario strategico.
La parte Statutaria presenta lo stesso carattere: attraverso il quadro conoscitivo e schede d'ambito sono descritte e analizzate le strutture morfo-tipologiche del territorio e sono definite le c.d. invarianti strutturali che ne connotano le regole generative, di manutenzione e di trasformazione.
Le parti Strategiche, nonostante l'omonimia, presentano delle differenze. Quella del piano della Puglia (PPTR) ha un'impronta sostanzialmente paesaggistica: delinea le strategie per la creazione di nuovi paesaggi o per la riqualificazione e valorizzazione di paesaggi degradati.
La Strategia dello Sviluppo territoriale del piano della Toscana (PIT-PPR), invece, tenta di promuovere la continuità tra valore paesaggistico e valore urbanistico-territoriale individuando gli obiettivi e i criteri per indirizzare gli interventi di urbanistica industriale e commerciale e la realizzazione di infrastrutture di interesse generale in modo coerente con le esigenze emergenti dai vari contesti di paesaggio.
Un altro profilo da cui emerge l'opzione di entrambi i piani per un approccio integrale riguarda il metodo seguito per lo svolgimento della funzione conoscitiva.
In entrambe le esperienze, la costruzione del piano ha avuto - quale primo momento fondamentale - un'attività di studio e di analisi del territorio estremamente analitica e approfondita, svolta dagli uffici specializzati (di regione e ministero) in collaborazione con esperti del mondo 'accademico' di varie discipline (urbanistiche, paesaggistiche, ingegneristiche, idrauliche, botaniche, agronomiche, geografiche ecc.) [27].
Il 'frutto' di tali approfondimenti è il quadro conoscitivo (l'Atlante del Patrimonio Ambientale, Territoriale, Paesaggistico, le Schede degli ambiti paesaggistici in Puglia; una pluralità di elaborati del piano Toscano [28]) che viene posto come "riferimento obbligato e imprescindibile per l'elaborazione dei piani territoriali, urbanistici e settoriali della regione e degli enti locali, nonché per tutti gli atti di programmazione afferenti al territorio", in quanto diretto ad individuare le regole statutarie (i.e. le condizioni di riproducibilità) delle trasformazioni future del territorio.
La lettura di tali elaborati, alla luce delle chiavi interpretative offerte nelle Relazioni generali, fa subito emergere che si tratta di uno dei profili più innovativi di queste esperienze. Essi rappresentano una valutazione tecnica di sintesi, elaborata con un metodo di lavoro multidisciplinare che ha visto coinvolti esperti delle scienze naturali (geografia, ecologia, biologia) e delle scienze sociali (urbanistica, architettura, archeologia, sociologia) che studiano il territorio.
Ciò ha fatto sì che l'attività di riconoscimento del valore paesaggistico dei territori della Puglia e della Toscana sia stato l'esito di giudizi aventi ad oggetto non solo le loro componenti fisiche, bensì anche quelle più propriamente sociali e socio-economiche.
Si capisce, dunque, che già nell'istruttoria tecnica e negli atti che rappresentano le basi conoscitive si è realizzato un primo momento di integrazione fra i diversi profili di rilevanza del territorio [29].
Non solo. Con il quadro conoscitivo, il patrimonio di conoscenze e acquisizioni extra-giuridiche, che da sempre sono imprescindibili per l'elaborazione degli atti urbanistico-territoriali, viene esplicitamente 'codificato', è cioè 'incorporato' nella disciplina propriamente giuridica.
In questo modo, nozioni tecniche altamente specialistiche e, talvolta, di difficile comprensione per i non esperti (come quelle di 'invariante strutturale', di 'carattere morfotipologico' ecc.) devono diventare patrimonio dell'interprete, dell'operatore del diritto, dei funzionari delle amministrazioni locali, dei cittadini e degli abitanti del territorio.
È questa probabilmente la sfida culturale più grande posta da due piani, che - come non era difficile immaginare - sta incontrando non poche resistenze nella pratica applicativa concreta.
5. Il procedimento: metodi di co-pianificazione e di partecipazione
Un altro aspetto interessante per valutare i mezzi utilizzati degli strumenti in esame per innescare l'auspicata trasformazione è il procedimento di formazione, in particolare per quanto attiene ai metodi di co-pianificazione e alle forme della partecipazione.
Sotto il primo profilo, l'affinità tra le due esperienze è quasi totale: entrambe le regioni hanno optato per l'elaborazione congiunta con gli organi ministeriali non soltanto delle parti del piano relative ai beni paesaggistici, ma dell'intera disciplina [30].
La scelta potrebbe sembrare debitrice dell'impostazione tradizionale, in cui il valore dei beni sottoposti a vincolo tende a esaurire la rilevanza paesaggistica del territorio, e quindi incoerente - con il nuovo concetto di paesaggio 'dilatato' -, soprattutto per quanto riguarda la determinazione discrezionale della normativa d'uso.
Il rischio è che l'approccio 'conservativo', che deve caratterizzare la tutela e la valorizzazione delle aree vincolate (ex art. 131 del Codice) [31] e di cui gli uffici ministeriali sono i primi responsabili - condizioni anche la definizione delle regole di utilizzazione e modifica degli ulteriori ambiti paesaggistici. Con la conseguenza di produrre norme non pienamente adeguate alla regolazione di certe attività che insistono e modificano il territorio (ad esempio l'agricoltura o le attività economiche legate al turismo).
In verità, la collaborazione tra lo Stato (e non solo Mibact) e le regioni nella pianificazione dell'intero territorio, oltre che espressamente legittimata dall'art. 133 del Codice, sembra rispondere alla natura degli interessi pubblici coinvolti, la gran parte dei quali hanno una rilevanza nazionale, ed è funzionale a garantire "l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica" che la Corte costituzionale considera un valore imprescindibile [32].
Inoltre, la soluzione scelta dai governi regionali non sembra (di per sé) 'depotenziare' l'approccio dinamico alle funzioni di tutela e valorizzazione. Al contrario, vien naturale pensare che l''istituzionalizzazione' di un dialogo esteso e 'abituale' tra gli organi delle diverse amministrazioni possa condurre alla (ri)modulazione dei rispettivi linguaggi in sintonia con i nuovi caratteri del valore da perseguire.
Passando a considerare le forme della partecipazione procedimentale, emergono subito delle differenze significative.
Le Norme tecniche del piano pugliese, in applicazione dei principi di sussidiarietà e partecipazione previsti dalla legge regionale in materia [33], contengono un titolo appositamente dedicato alla "produzione sociale del paesaggio" che disciplina una serie di istituti diretti a realizzare vere e proprie forme di concertazione/copianificazione di tipo verticale, orizzontale e intra-istituzionale (artt. 8-24 delle NTA).
Alla concertazione verticale si riferiscono le norme sugli atti di collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali (protocolli di intesa, accordi di programma, patti territoriali locali, progetti integrati di paesaggio ecc.); a quella orizzontale le norme sugli strumenti di partecipazione di soggetti privati, singoli ma soprattutto associati (il sito web interattivo, le conferenza d'area, i contratti di fiume, gli ecomusei). Infine, la concertazione 'intra-istituzionale' è promossa dalle disposizioni sulle misure di coordinamento e di consultazione fra i vari settori dell'amministrazione regionale interessati dalla disciplina posta dal piano (artt. 98-bis, 99 delle NTA).
In generale, emerge (anche con enfasi nella Relazione generale) l'intenzione di promuovere un processo partecipativo nel quale soggetti esperti (interni ed esterni alle amministrazioni), soggetti interessati (operatori turistici, produttori, agricoltori) e soggetti non esperti (gli abitanti) possano interagire per definire la rilevanza paesaggistica del territorio, individuare i profili di criticità e negoziare la definizione delle regole statutarie che devono orientarne le future trasformazioni. Senz'altro si tratta di un'impostazione che tende a favorire la condivisione e che - in astratto - si può considerare adeguata all'obiettivo 'innovatore' che il piano paesaggistico si è posto [34]. Non si può nascondere, tuttavia, che appare incongruo in questo quadro che la legge regionale preveda l'approvazione definitiva del Piano con la (sola) delibera della Giunta Regionale, escludendo il coinvolgimento dell'organo direttamente rappresentativo dei cittadini pugliesi.
Sostanzialmente diversa è l'impostazione seguita dal PIT-PPR della Toscana. In particolare, la lettura congiunta della legge regionale sul governo del territorio [35] e della disciplina del piano fa emergere un diverso modo di intendere finalità e forme della partecipazione.
L'intervento di privati, singoli e associati, e degli altri enti territoriali è promosso attraverso la massima pubblicità degli atti della procedura: significativo in tale senso è l'art. 19, comma 5, l.r. n. 65/2014 che impone anche la pubblicazione delle controdeduzioni alle osservazioni presentate.
Inoltre, è prevista una figura specifica, il garante dell'informazione e della partecipazione, deputata a coordinare e controllare l'effettivo rispetto degli obblighi di informazione e tenuta a stendere una relazione che dev'essere allegata all'atto di governo del territorio (artt. 36-39 l.r. 65/2014). Tuttavia, all'apporto partecipativo è riconosciuto una funzione tendenzialmente difensiva, che quindi solo indirettamente può avere effetti collaborativi [36]; non invece di strumento di partecipazione attiva all'individuazione delle forme di tutela dell'interesse primario.
Nella prassi concreta del procedimento di elaborazione del piano, specie nella fase conoscitiva, sono state coinvolte ampie parti della società civile (in particolare il mondo accademico, le associazioni portatrici di interessi diffusi, i singoli cittadini), mentre è risultata 'sacrificata' la concertazione con gli altri enti territoriali e con i gruppi professionali, il cui intervento è stata promosso prevalentemente in sede di osservazioni alla disciplina già adottata.
La soluzione è stata drastica e ha avuto delle conseguenze sul piano istituzionale-procedurale. Il tentativo di 'recuperarne' l'apporto collaborativo delle autonomie locali e delle associazioni di categoria ha, infatti, determinato delle 'forzature' nei tempi e nei modi della partecipazione alla fase di esame delle osservazioni che hanno rischiato di 'opacizzare' la trasparenza del procedimento nel suo complesso. Inoltre, la mancata concertazione ha provocato forti 'tensioni' politiche, tra livelli di governo (regionale e locale) e tra governo e forze sociali.
In questo quadro, è stato fondamentale per gli equilibri istituzionali che il piano dovesse essere approvato dal Consiglio regionale, ove i conflitti politici hanno dovuto trovare composizione.
6. La disciplina normativa: i beni paesaggistici e 'il resto' del paesaggio
L'esame dei contenuti dei piani paesaggistici ci consente di riflettere sull'adeguatezza delle soluzioni previste, in particolare sotto il profilo della proporzionalità delle misure che interferiscono con gli interessi non paesaggistici, pubblici e privati.
La parte precettiva di entrambi i piani regola il territorio regionale nella sua globalità. Tuttavia, se nella ricognizione e c.d. vestizione dei vincoli il metodo seguito è stato sostanzialmente il medesimo, le scelte compiute per la disciplina delle altre parti del territorio paesaggisticamente rilevante presentano alcune diversità.
La parte statutaria del PIT-PPR Toscano e il piano paesaggistico della Puglia recano la disciplina di tutela dei beni paesaggistici (di fonte provvedimentale e legale), in una pluralità di elaborati [37], frutto di un lavoro 'certosino' che avrebbe dovuto portare all'elaborazione di un organico sistema di regole destinato a limitare la discrezionalità delle amministrazioni competenti alla verifica di compatibilità paesaggistica degli interventi di trasformazione [38].
Tuttavia, le frequenti sovrapposizioni di discipline diverse sul medesimo ambito territoriale [39] e il contenuto talvolta generico delle disposizioni che hanno (i.e. dovrebbero avere) il carattere della prescrizione rischiano di consentire la riemersione di notevoli margini di opinabilità nelle relative valutazioni tecniche.
Per questi profili, dunque, l'obiettivo di semplificazione non pare raggiunto.
Ancora più interessante, nella prospettiva proposta, è la disciplina dettata, in attuazione dell'art. 143, comma 1, lett. e) e h), per le altre parti del territorio.
Il piano della Puglia ha specificamente individuato gli ulteriori contesti (artt. 7, comma 7, 38 comma 3 e 4 delle NTA), ha dettato le relative misure di salvaguardia e di trasformazione e ha introdotto uno specifico controllo preventivo, denominato accertamento di compatibilità paesaggistica, autonomo ed ulteriore rispetto a quello necessario per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica degli interventi ricadenti in aree vincolate [40].
In particolare al controllo di compatibilità sono sottoposti tutti i progetti, i piani e gli interventi che modificano lo stato dei luoghi negli ulteriori contesti nonché ogni altro intervento, ovunque collocato, che comporti "rilevante trasformazione del paesaggio" (nella sostanza tutti gli interventi assoggettati o assoggettabili a procedure di VIA).
La disciplina di tale strumento è contenuta all'art. 91 delle NTA che ne attribuisce la competenza alla regione o agli enti da essa delegati, secondo un sistema che 'ricalca' quello definito dalla normativa nazionale per l'autorizzazione paesaggistica. Tanto che - sulla falsa riga di quanto dispone l'art. 143, comma 4, lett. a) e 5, per gli interventi in aree interne ai vincoli ex lege - è espressamente prevista la possibilità che la compatibilità paesaggistica sia accertata dagli enti competenti a rilasciare gli ordinari titoli edilizi, una volta che i piani urbanistici saranno stati adeguati al piano paesaggistico.
Il piano della Toscana, invece, ha previsto solo due tipologie di ulteriori contesti, disciplinati negli l'art. 17 e 18 della Disciplina di Piano, rispettivamente relativi alla tutela dei siti Unesco e del Sistema idrografico, ma ha elaborato introdotto norme che vanno direttamente a regolare le attività economiche e produttive suscettibili di interferire con il paesaggio.
Il riferimento è alle previsioni sulle attività estrattive (art. 20 della Disciplina di piano e allegato 5 sui Bacini estrattivi delle Alpi Apuane), alle norme comuni sulle energie rinnovabili relative agli impianti di produzione di energia elettrica da biomasse (Allegato 1a) e di impianti eolici (Allegato 1b). Diversamente da quanto previsto nel piano pugliese, non è stato individuato un autonomo titolo di controllo, ma le nuove regole operano come parametri delle attività di verifica già previste nei procedimenti rivolti al rilascio dei titoli esistenti (le autorizzazioni paesaggistiche per gli interventi che riguardano beni paesaggistici, titoli edilizi per gli interventi che ricadono in aree non vincolate, le abilitazioni all'apertura di attività estrattive ecc.).
Come si vede, nonostante la diversità degli strumenti giuridici utilizzati, si tratta di disposizioni che hanno richiesto la valutazione e ponderazione di vari interessi pubblici e hanno una forte capacità di penetrare e interferire con prerogative tipiche dell'urbanistica e di condizionare molte attività economiche e produttive.
Tuttavia, questo è l'effetto che inevitabilmente deriva dalle funzioni attribuite al piano paesaggistico dalle fonti primarie, nazionali ed europee: è la conseguenza del principio della primarietà del paesaggio quale interesse che 'viene prima' e quindi deve orientare l'assetto degli altri interessi. Il problema maggiore semmai riguarda l'intensità dei divieti e delle prescrizioni poste dalle singole discipline che vanno necessariamente valutati in modo rigoroso e interpretati in coerenza con il principio del carattere non indennizzabile dei limiti alla proprietà derivanti dai precetti paesaggistici [41].
7. L'efficacia del piano e le procedure di conformazione e adeguamento degli atti di pianificazione urbanistica e territoriale
L'ultimo aspetto che interessa considerare attiene ai rapporti con gli altri strumenti di pianificazione.
In entrambe le discipline è fedelmente riproposto il principio della cogenza, prevalenza e inderogabilità del piano paesaggistico (del resto non potrebbe essere diversamente), tuttavia l'esame delle disposizioni sull'efficacia del piano e sulle procedure di conformazione e adeguamento fanno emergere che il principio è stato interpretato e fatto operare in modo diverso.
Nel modello pugliese, infatti, sembra accolta la tesi secondo la quale, fatta salva l'immediata applicabilità delle prescrizioni, la prevalenza delle disposizioni normative a contenuto non auto-applicativo (direttive, indirizzi, obiettivi generali e specifici) si traduce nell'obbligo di conformazione e adeguamento degli altri strumenti di pianificazione [42].
Tuttavia, le procedure di adeguamento presentano una disciplina alquanto gravosa, che è facile immaginare possa determinare stalli procedimentali e inefficienze.
L'art. 97 delle NTA prevede che nel termine di un anno dall'approvazione del piano, tutti i piani vigenti debbano ottenere il parere di compatibilità paesaggistica, rilasciato da apposita conferenza di servizi cui devono partecipare l'ente proponente, la regione, gli uffici ministeriali competenti e tutti gli altri enti competenti di volta in volta individuati.
Ciò significa che decorso tale termine tutti (o quasi) gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale dovranno essere sottoposti al controllo di conformità, più o meno nello stesso momento. Già questo creerà un ingente carico di lavoro sugli uffici competenti.
Non solo. Vi sono altri elementi di 'complicazione' [43].
La norma prevede, infatti, che se il parere eventualmente rilasciato in sede di conferenza di servizi è positivo occorre comunque un'ulteriore attestazione formale da parte del Mibact affinché possa operare la misura di semplificazione che l'art. 146, comma 5, del Codice collega all'adeguamento (la 'dequotazione' da vincolante a solo obbligatorio del parere della sovrintendenza per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche). In più, se il parere è negativo, la procedura si interrompe fino alla presentazione di una nuova proposta di adeguamento da parte dell'ente locale che tenga conto dei rilievi emersi in conferenza di servizi. Il che significa che dovranno essere sospesi anche tutti procedimenti edilizi e urbanistici soggetti alla disciplina posta dagli strumenti risultati non adeguati [44].
Com'è evidente, il rischio è la paralisi dell'attività urbanistica e edilizia degli enti locali.
La disciplina delle procedure di adeguamento prevista dal PIT - PPR della Toscana, seppur non meno complessa, sembra più proporzionata sotto il profilo richiamato.
L'art. 20 della disciplina del piano, in applicazione dell'art. 133, comma 3 [45] del Codice, prevede che tutti gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica, gli atti di pianificazione degli enti gestori delle aree protette, i piani e programmi di settore qualificabili come atti di governo del territorio ai sensi della normativa regionale, devono essere conformati (quando si formano ex novo) o adeguati (se vigenti) alle previsioni della disciplina statutaria. Ciò significa che tutti gli atti di governo del territorio che andranno in scadenza dopo l'approvazione del PIT-PPR dovranno essere (con)formati nel rispetto di tutte le previsioni del piano; mentre gli strumenti di pianificazione vigenti devono essere adeguati attraverso il recepimento delle prescrizioni e l'attuazione delle previsioni (la norma in verità menziona solo le direttive) del piano.
In tutti i casi, la compatibilità degli strumenti urbanistici con le previsioni e prescrizioni del piano regionale deve essere 'attestata' dalla regione e dagli organi ministeriali attraverso una specifica conferenza di servizi (denominata 'conferenza paesaggistica'), secondo la procedura stabilita dall'art. 21.
Tuttavia, per consentire una migliore gestione dell'attività amministrativa, sono stati previsti dei procedimenti semplificati.
L'art. 20, comma 4, stabilisce che l'adeguamento può essere parziale e progressivo, cioè limitato alle varianti. In tal caso, la verifica di conformità al piano paesaggistico avrà a oggetto solo la parte di disciplina applicabile al territorio interessato dalla variante stessa.
L'art. 22 prevede una procedura di adeguamento speciale, avente l'effetto di delimitare e permettere l'operatività dei regimi autorizzatori semplificati nelle c.d. aree interne ai vincoli (di cui all'art. 143, comma 4, del Codice) [46]. E l'art. 31, comma 3, della l.r. Toscana n. 65 del 2014 prevede una procedura semplificata di 'mero adeguamento' che può essere svolta quando l'ente non intenda introdurre modifiche ulteriori rispetto a quelle strettamente necessarie per rendere il proprio strumento pianificatorio adeguato al piano paesaggistico [47].
Inoltre, al fine di evitare inefficienti stalli procedimentali, l'art. 21, comma 7, qualora la regione e il ministero, a conclusione della conferenza di servizi, esprimano un parere negativo, il procedimento non (necessariamente) si interrompe: i piani urbanistici o territoriali possono comunque essere approvati, ma non entrano in vigore le misure semplificatorie che il Codice del paesaggio collega all'adeguamento. Con la conseguenza che per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica il parere delle sovrintendenze manterrà efficacia vincolante e non potranno 'operare' le semplificazioni previste dall'art. 143, comma 4, del Codice.
Naturalmente, qualora l'atto di governo del territorio comunque approvato non risulti adeguato, le previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico continueranno a prevalere, determinando - a seconda del carattere della specifica previsione - l'immediata disapplicazione o l'illegittimità delle disposizioni difformi in esso contenute.
La disciplina in esame sembra definire un assetto complessivamente più proporzionato (rispetto a quello previsto dal piano pugliese) poiché consente una certa gradualità del processo di conformazione dell'attività di pianificazione ai criteri metodologici e agli obiettivi posti dal piano paesaggistico, con soluzioni operative che tentano di conciliare la protezione dei valori paesaggistici con il principio di non aggravamento dei procedimenti.
Nondimeno, le disposizioni esaminate sono state molto criticate non solo per il notevole aggravio che provocano all'attività urbanistica degli enti locali [48], ma anche per la complessità degli adempimenti previsti che sono differenziati e non sempre di facile interpretazione.
Conferma ne è il recente accordo tra il Mibact e la regione con cui è stato necessario prevedere una disciplina di integrazione e d'interpretazione di quella vigente [49].
L'esame dei due modelli di piano paesaggistico di 'nuova generazione' fa emergere che la nuova concezione di paesaggio e il processo di progressiva interazione fra le discipline del territorio è già pienamente in atto e (finalmente) non soltanto nei principi del legislatore e nelle pronunce della giurisprudenza, ma nella prassi delle amministrazioni.
L'effetto - almeno nel breve periodo - è di 'complicazione', ma questo pare il 'prezzo da pagare' per adeguare l'attività amministrativa alla complessità dei fenomeni da regolare.
Note
[1] V. legge 1 giugno 1989, n. 1089 e legge 29 giugno 1989, n. 1497, su cui v. G. Melis, Dal Risorgimento a Bottai e a Spadolini. La lunga strada dei beni culturali nella storia dell'Italia unita, in questa Rivista, 2016, 3.
[2] Sull'evoluzione della disciplina urbanistica di recente v. C. Videtta, Interessi pubblici e governo del territorio: l'"ambiente" come motore della trasformazione, in Riv. giur. ed., 2016, 4, pag. 393. Sull'ampliamento della nozione di urbanistica v. P. Urbani, Conformazione dei suoli e finalità economico-sociali, in Urb. app., 2013, pag. 59 ss.
[3] V., tra i molti, V. Cerulli Irelli, Pianificazione urbanistica e interessi differenziati, in Riv. trim. dir. pubbl., 1985, pag. 386 ss.; M.P. Genesin, Le tutele differenziate, in Trattato di diritto dell'ambiente diretto da R. Ferrara, M.A. Sandulli, vol. III, La tutela della natura e del paesaggio, a cura di A. Crosetti, Milano, Giuffrè, 2014, pag. 237 ss.
[4] V. P. Chirulli, Urbanistica e interessi differenziati: dalle tutele parallele alla pianificazione integrata, in Dir. amm., 2015, 1, pag. 50 ss.
[5] Su cui v. G. Sciullo, Contributo per una legge quadro sul governo del territorio, in Riv. giur. urb., 2014, pag. 298 ss.
[6] L'idea che la primarietà del paesaggio sia da intendersi prima di tutto in senso di presupposizione logico-giuridico sembra cogliersi anche in P. Ungari, La costruzione del piano paesaggistico, in Urbanistica e paesaggio, a cura di G. Cugurra, E. Ferrari, G. Pagliari, Napoli, 2006, pag. 208 secondo il quale "il paesaggio (...) non esprime una sovraordinazione di interessi in cui si riconnette la tutela imponendosi sull'assetto del territorio già pianificato - anche se questo in fase transitoria è l'effetto di risultato - ma esprime appunto la 'forma del territorio' che costituisce quindi un prius rispetto ad un posterius ovvero alla trasformabilità delle aree".
[7] Sulla nozione di paesaggio, tra gli altri, C. Marzuoli, Il paesaggio nel nuovo Codice dei beni culturali, in questa Rivista, 2008, 3; G. Sciullo, Il paesaggio fra la Convenzione e il Codice, in Riv. giur. urb., 2009, 1-2, pag. 44 ss; E. Boscolo, La nozione giuridica di paesaggio identitario e il paesaggio a strati, in Riv. giur. urb., 2009, 1-2, pag. 57 ss.
[8] Sottolinea l'importanza di questa funzione, riconducendola nella valorizzazione in senso ampio P. Marzaro, L'amministrazione del paesaggio. Profili critici ricostruttivi di un sistema complesso, Torino, 2001, pagg. 32-37.
[9] Secondo l'art. 1, lett. e) della Convenzione europea sul paesaggio "Gestione dei paesaggi indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo locali, economici ed ambientali".
[10] V. A. Simonati, La partecipazione dei privati al governo del territorio nella legislazione regionale: fra tradizione e sperimentazione, per una nuova urbanistica reticolare, in Riv. giur. ed. 3, 2016, pag. 267 ss.
[11] Va precisato che la norma precisa che la prevalenza rispetto ai piani previsti dalle normative di settore opera "per quanto attiene alla tutela del paesaggio". Sul punto, in dottrina, v. A. Angiuli, Piano paesaggistico e piani ad incidenza territoriale. Un profilo ricostruttivo, in Riv. giur. urb., 2009, pag. 304; S. Amorosino, I rapporti fra i piani dei parchi e i piani paesaggistici alla luce del Codice Urbani, in questa Rivista, 2006, 3; L. De Lucia, Piani paesaggistici e piani per i parchi. Proposta per una razionale divisione del lavoro amministrativo, in Riv. giur. urb.,2014, 1, pag. 72 ss.
[12] Cfr. Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196 per cui la primarietà dei valori connessi al paesaggio non può determinare una concezione che paralizzi ogni altra attività; Corte cost., 1 aprile 1985, n. 95, secondo cui "la tutela del paesaggio presuppone, normalmente, la comparazione e il bilanciamento di interessi diversi", si veda, altresì, Corte cost., 30 dicembre 1987, n. 641.
[13] Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367 su cui M. Immordino, La dimensione "forte" dell'esclusività della potestà legislativa statale sulla tutela del paesaggio nella sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007, in questa Rivista, 2008, 1; 23 giugno 2008, n. 232; 5 maggio 2006, n. 182 su cui v. D.M. Traina, Note minime su pianificazione del paesaggio e governo del territorio nella legge Toscana n. 1 del 2005, in Giur. cost., 3, 2006, pag. 1856 ss. Nella giurisprudenza amministrativa v., tra le molte, Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2014, n. 683; Tar Napoli, Campania, sez. III, 7 giugno 2013, n. 3005; Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2000; Cons. St., sez. VI, 25 febbraio 2013, 1117; Tar Brescia, Lombardia, sez. I, 13 luglio 2012, n. 1341; Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3770; Cons. giust. amm., Sicilia, 25 marzo 2009, n. 185.
[14] V. Corte cost., 16 settembre 2016, n. 210; 29 gennaio 2016, n. 11; 30 maggio 2008, n. 180; 19 ottobre 2009, n. 27; 4 giugno 2010, n. 193. La prevalenza del piano paesaggistico sui p.r.g. e sugli altri strumenti urbanistici è espressamente affermata da Tar Campania, Napoli, sez. VII, 20 febbraio 2015, n. 1193; Tar Campania, Napoli, sez. VI, 2 aprile 2014, n. 1905; Cons. St., 23 febbraio 2011, n. 1114; Tar Campania, Napoli, sez. I, n. 576 del 2005.
[15] V. S. Civitarese Matteucci, La pianificazione paesaggistica: il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione, in questa Rivista, 2005, 3; A. Angiuli, Piano paesaggistico e piani ad incidenza territoriale. cit., pag. 310.
[16] Sul punto sia consentito rinviare a C. Marzuoli, N. Vettori, Paesaggio e interessi pubblici: principi, regole e procedure, in La struttura del paesaggio. Una sperimentazione multidisciplinare per il piano della Toscana, a cura di A. Marson, Roma-Bari, 2015, pagg. 235-239.
[17] In questi termini, da posizioni opposte, v. G.F. Cartei, Autonomia locale e pianificazione del paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2013, pagg. 710-711; P. Carpentieri, Il secondo correttivo del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in Urb. app., 2008, 1, pag. 681 ss. (spec. pag. 691).
[18] Così l'art. 5 della Convenzione europea del paesaggio.
[19] V. C. Marzuoli, N. Vettori, Paesaggio e interessi pubblici: principi, regole e procedure, cit., pag. 227.
[20] In questi termini v. G.D. Comporti, Piani paesaggistici, in Enc. dir., Annali V, Milano, 2012, pag. 1074. Ma si veda anche A. Bartolini, Patrimonio culturale e urbanistica, in Riv. giur. urb., 3, 2016, pagg. 16-18, che prospetta la possibilità di configurare "una "riserva di urbanistica", cioè uno spazio intangibile che non può essere toccato (od ulteriormente compresso) dal potere paesaggistico".
[21] Significativa, in tal senso, Tar Campania, Napoli, sez. VII, 20 febbraio 2015, n. 1193 ove si afferma che il piano territoriale urbanistico della regione Campania, anche se approvato secondo regole e procedure diverse da quelle individuate dal Codice del paesaggio "si configura dal punto di vista sostanziale come Piano Territoriale di Coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, assimilabile, secondo la previsione di cui all'art. 135 comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, ad un piano paesaggistico latu sensu inteso". La medesima assimilazione è presupposta da Corte cost., 29 gennaio 2016, n. 11.
[22] V. A. Angiuli, Piano paesaggistico e piani a incidenza territoriale, cit., pag. 330.
[23] Significativa al riguardo è Corte cost., 16 settembre 2016, n. 210 che ha dichiarato l'illegittimità di una legge della regione Liguria che aveva sostituito il previgente obbligo di coerenza del piano regionale delle attività estrattive al piano territoriale di coordinamento paesistico con un vincolo di mero raccordo tra i due atti, così determinando - nelle parole della Corte - "una significativa alterazione del principio di prevalenza gerarchica del piano paesaggistico, sancito dall'art. 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio".
[24] Il Piano paesaggistico territoriale della regione Puglia è stato approvato con delibera della Giunta regionale n. 176 del 16 febbraio 2015. Per una considerazione d'insieme v. L. Di Giovanni, La prima forma di pianificazione paesaggistica in Italia: il piano approvato dalla Regione Puglia, in Riv. giur. urb., 2015, pag. 247 ss.
[25] L'integrazione paesaggistica al piano di indirizzo territoriale della regione Toscana è stata approvata con delibera del Consiglio regionale n. 37 del 27 marzo 2015. Per un'analisi complessiva v. G.F. Cartei, Da Codice al PIT: contenuti e caratteri della pianificazione paesaggistica della Toscana, in Il piano paesaggistico della Toscana, a cura di F.G. Cartei, D.M. Traina, Napoli, Editoriale Scientifica, 2015, pag. 7 ss.
[26] Significative in questo senso sono le Relazioni generali.
[27] La regione Toscana ha stipulato un Protocollo di Intesa con l'(allora) Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze, sottoscritto il 15 marzo 2010, cui ha fatto seguito una Convenzione attuativa nel giugno 2010. L'attività conoscitiva per l'elaborazione dell'Atlante del patrimonio paesaggistico, territoriale e ambientale e degli Ambiti di Paesaggio del piano pugliese è stata svolta con la collaborazione del gruppo di lavoro del Progetto Carta dei beni Culturali della regione che si è avvalso del contributo di tutte e quattro le Università pugliesi e della Direzione regionale del ministero dei Beni e delle Attività culturali.
[28] Il riferimento è agli abachi delle invarianti, agli elaborati cartografici relativi alle invarianti, alla cartografia identificativa degli ambiti, alle schede d'ambito, agli elaborati cartografici dei beni paesaggistici, alle schede dei bacini estrattivi delle Alpi apuane.
[29] Esemplificativa è la parte della Relazione generale del piano paesaggistico della Puglia si illustra il metodo seguito per l'attribuzione di 'rilevanza paesaggistica' di ogni ambito territoriale - paesistico (pagg. 47-48).
[30] Con riferimento al PIT - PPR della Toscana v. A. Gualdani, Prime riflessioni sulla "co-pianificazione" paesaggistica in Toscana, in giustamm.it, XI, 2014, pagg. 1-17.
[31] V. l'art. 131, comma 5, del Codice ove è espressamente previsto che "La valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela".
[32] V. Corte cost., 18 luglio 2013, n. 211, 11 luglio 2014, n. 197, 17 aprile 2015, n. 64.
[33] L.r. Puglia 7 ottobre 2009, n. 20 recante Norme per la pianificazione paesaggistica.
[34] Sottolineano tale aspetto L. Di Giovanni, La prima forma di pianificazione paesaggistica in Italia: il piano approvato dalla Regione Puglia, cit., 264-272; S. Stacca, Il paesaggio nelle discipline del territorio. Esperienze regionali a confronto, in giustamm.it, 2014, 12, pagg. 32-33.
[35] L.r. Toscana 10 novembre 2014, n. 65 recante Norme per il governo del territorio.
[36] Significativa a questo riguardo è l'art. 21, comma 3, della disciplina del piano relativa alle procedure di adeguamento degli strumenti urbanistici alla disciplina paesaggistica, ove si prevede espressamente che "l'Ente interessato partecipa al fine di rappresentare i propri interessi".
[37] Nel PIT della Toscana la normativa d'uso è contenuta l'allegato 3B recante Schede relative agli immobili ed aree di notevole interesse pubblico, nell'elaborato 7B che detta i criteri ed indica le metodologie da utilizzare per la ricognizione, la delimitazione e la rappresentazione dei beni paesaggistici ex lege e nell'elaborato 8B che detta la disciplina degli interventi di trasformazione ammissibili per entrambe le categorie di beni. Nel piano paesaggistico della Puglia, la disciplina delle aree vincolate è contenuta negli elaborati denominati 'Sistema delle tutele'.
[38] Mettono in evidenza il limite alla discrezionalità della valutazione di compatibilità paesaggistica che dovrebbe produrre l'elaborazione della disciplina d'uso dei beni paesaggistici, tra gli altri, P. Urbani, La pianificazione paesaggistica, in Giust. amm., 2004, pag. 727. P. Lombardi, La pianificazione paesaggistica, in A. Crosetti (a cura di), La tutela della natura e del paesaggio in Trattato di diritto dell'ambiente, diretto da R. Ferrara, M.A. Sandulli, vol. III, Milano, Giuffrè, 2014, pagg. 575.
[39] Per un'analisi puntuale e ampie considerazioni critiche sulla disciplina approvata in Toscana v. D.M. Traina, La struttura normativa del piano paesaggistico, in Il piano paesaggistico della Toscana, cit., pag. 75 ss.
[40] La soluzione scelta dal pianificatore pugliese ha superato un primo vaglio di legittimità da parte di Tar Puglia, Bari, 13 luglio 2016, n. 935.
[41] Sul punto v., tra gli altri, M. Immordino, Vincolo paesaggistico e regime dei beni, Padova, Cedam, 1991; M. Renna, Vincoli alla proprietà e diritto dell'ambiente, in Dir. ec., 2005, pag. 756 ss.; G. Crepaldi, Il regime vincolistico dei beni paesaggistici in A. Crosetti (a cura di), La tutela della natura e del paesaggio in Trattato di diritto dell'ambiente diretto da R. Ferrara, M.A. Sandulli, vol. III, cit., pag. 502 ss.
[42] Questa ci pare la tesi espressa da G. Sciullo, Territorio e paesaggio (a proposito della legge regionale della Toscana 3 gennaio 2005, n. 1, in questa Rivista, 2007, 2, che rileva una contraddizione fra la affermata prevalenza immediata e la previsione di norme di salvaguardia in attesa dell'adeguamento e sostiene che la prevalenza immediata delle prescrizioni e previsioni paesaggistiche opererebbe solo una volta scaduto il termine per l'adeguamento (massimo 2 anni).
[43] Si veda in questo senso P. Carpentieri, La tutela dei beni culturali, paesaggistici e ambientali nelle riforme della legge n. 124 del 2015, in Riv. giur. urb., 2016, 3, pag. 40 ss. che sostiene che l'effetto di "complicazione" che deriva inevitabilmente dalle funzioni di tutela di interessi fondamentali, quali l'ambiente e il patrimonio culturale, possa essere ridimensionato da misure di semplificazione orientate dai criteri di proporzionalità e ragionevolezza.
[44] La tesi trova sostegno nella giurisprudenza secondo la quale, nell'immediatezza dell'approvazione del piano paesaggistico e fino all'espletamento delle procedure di adeguamento e conformazione, gli enti pianificatori dovrebbero sospendere l'applicazione delle disposizioni contenute nei propri strumenti che si rivelassero in contrasto con quelle dello strumento regionale. V. Tar Cagliari, Sardegna, sez. II, 13 dicembre 2007, n. 2241; Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 10 aprile 2009, n. 498; Tar Sardegna, Cagliari, 12 novembre 2008, n. 1997, confermata da Cons. St., sez. VI, 10 settembre 2009, n. 5459.
[45] Art. 133, comma 3, Codice: "Gli altri enti pubblici territoriali conformano la loro attività di pianificazione agli indirizzi e ai criteri di cui al comma 2 e, nell'immediato, adeguano gli strumenti vigenti".
[46] Sul punto sia consentito rinviare a N. Vettori, La disciplina delle aree tutelate per legge, in Il piano paesaggistico della Toscana, cit., pagg. 108-112.
[47] Per una puntuale analisi critica si rinvia a E. Amante, L'adeguamento e la conformazione degli atti di governo del territorio al piano paesaggistico, in Il piano paesaggistico della Toscana, cit., pagg. 151-180.
[48] V. E. Amante, L'adeguamento e la conformazione degli atti di governo del territorio al piano paesaggistico, cit., pag. 153 che mette in evidenza come l'effetto è 'aggravato' dal fatto che il sistema vigente in Toscana prevede un duplice livello di pianificazione comunale (strutturale ed operativa) e un costante processo di (ri)esercizio del potere di piano in ragione della previsione della perdita di efficacia quinquennale dei relativi strumenti.
[49] V. l'Accordo tra Mibact e regione Toscana per lo svolgimento della Conferenza Paesaggistica nelle procedure di conformazione o di adeguamento degli Strumenti della Pianificazione - sottoscritto il 16 dicembre 2016, consultabile in www.regione.toscana.it.