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Arte contemporanea

Alcune riflessioni su diritto di seguito e mercato unico dell'arte contemporanea, alla luce della sentenza Christie's France c. Syndicat national des antiquaires

di Geo Magri

Sommario: 1. Il contesto normativo. - 2. La fattispecie oggetto del giudizio. - 3. La decisione della Corte. - 4. Alcune riflessioni sulla sentenza.

Some Remarks on "droit de suite" and Internal Modern Art Market, in the Light of Christie's France c. Syndicat national des antiquaires Decision
The droit de suite is defined in the EU Directive 2001/84/EC as the right of the author of an original work of art to receive a royalty based on the sale price obtained for any resale of the work, after its first transfer. The droit de suite applies to all acts of resale involving art market professionals as sellers, buyers or intermediaries. Christie's France has provided in its general sales conditions that it will collect from the buyer the amount of droit de suite. The Syndicat National des Antiquaires (SNA) considers this contract clause as unfair competition. The Court in its decision does not exclude the possibility that the clause may have a distorting effect on the internal market. However, such an effect is only indirect since it arises as a result of contractual arrangements that are independent of the payment of the royalty to the author. For the payment of the droit de suite the person by whom the royalty is payable remains, in any case, liable. The decision also gives the opportunity for some remarks on European internal art market.

Keywords: Droit de Suite; Copyright; Internal Market; EU Directive 2001/84/EC.

1. Il contesto normativo

Nella sentenza in commento [1], la Corte di Giustizia UE, su rinvio pregiudiziale proposto dalla Cour de Cassation di Parigi, si occupa del diritto di seguito (droit de suite) [2], ossia del diritto attribuito all'autore di un'opera d'arte figurativa, di ricevere un compenso per le successive vendite dell'opera stessa. Il tema, benché piuttosto dibattuto in dottrina e regolato da una direttiva (direttiva 2001/84/CE [3]), è oggetto di un esiguo numero di decisioni giurisprudenziali della Corte di Lussemburgo [4]; ciò rende la decisione particolarmente interessante. La sentenza offre anche l'occasione di sviluppare alcune riflessioni sul mercato unico dell'arte contemporanea.

La direttiva 2001/84/CE prevede l'obbligo, per gli Stati membri, di dotarsi di una normativa che attribuisca all'autore di un'opera d'arte, il diritto a partecipare agli incrementi di valore che l'opera ha nelle vendite successive alla prima. Tale diritto è inalienabile ed irrinunciabile (art. 1.1 dir. 2001/84) [5]. Il diritto spetta in tutti i casi di vendite commerciali, ossia nel caso in cui la vendita comporti l'intervento di un professionista del mercato dell'arte, in qualità di venditore, acquirente o intermediario (art. 1.2). Dal campo di applicazione della direttiva sono esclusi i manoscritti originali di scrittori e compositori (cons. 19). Come professionisti si intendono le case d'asta, le gallerie d'arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d'arte. A norma dell'art 1.4 il compenso è, di regola, a carico del venditore, ma gli Stati membri possono prevedere sia versato, in solido o in via esclusiva, dall'acquirente del bene o dall'intermediario nell'acquisto.

La funzione della direttiva è duplice. In primis, garantisce agli autori d'opere d'arte figurativa la partecipazione economica al successo del loro lavoro (cons. 3) [6]. In questo modo si ristabilisce l'equilibrio tra la posizione degli autori d'opere d'arte figurativa e quella degli altri autori, che traggono profitto dalle successive utilizzazioni del loro lavoro, attraverso i diritti di riproduzione ed esecuzione. In seconda battuta, l'armonizzazione del diritto di seguito a livello europeo intende contribuire a garantire una maggiore uniformità del mercato dell'arte (cons. da 7 a 15).

Il diritto di seguito, anche prima dell'entrata in vigore della direttiva, era già riconosciuto in molti Stati europei e da alcuni paesi extraeuropei. Il riconoscimento, però, avveniva in modo non uniforme.

Il diritto fu contemplato per la prima volta in Francia, con una legge del 1920 (in omaggio alle origini francesi, il diritto viene comunemente indicato anche come droit de suite). La legge fu emanata per riconoscere a vedove ed orfani degli artisti un diritto sulle opere dei loro congiunti. Il legislatore francese fu spinto ad adottare la legge, in seguito al caso del noto pittore Jean-Francois Millet, autore di quadri che venivano venduti a cifre esorbitanti, ma che aveva lasciato la famiglia in condizioni di estrema povertà [7]. Al legislatore pareva iniquo che i proprietari dei quadri lucrassero sul lavoro dell'artista e che, di questo arricchimento, non si avvantaggiassero anche gli eredi del pittore.

La legge francese divenne in breve tempo un modello anche per gli altri ordinamenti e il diritto di seguito fu così introdotto nella Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886, in seguito alla revisione di Bruxelles del 1948 [8]. L'articolo 14-ter della Convenzione prevede che: "Per quel che concerne le opere d'arte originali e i manoscritti originali di scrittori e compositori, l'autore - o, dopo la sua morte, le persone od istituzioni legittimate secondo la legislazione nazionale - ha un diritto inalienabile alla cointeressenza in qualsiasi operazione di vendita di cui l'opera sia oggetto dopo la prima cessione effettuata dall'autore". Il compenso riconosciuto in base alla Convenzione di Berna può essere richiesto in ciascun Paese contraente, ma solo se lo Stato riconosce il diritto di seguito. Ammontare e modalità di riscossione sono rimessi alla legislazione nazionale dei singoli Stati contraenti. Questi aspetti generano, con tutta evidenza, sensibili differenze tra i paesi aderenti alla Convenzione, contribuendo a frammentare il mercato dell'arte.

Il modello offerto dalla Convenzione non era quindi funzionale per il mercato unico europeo. La Convenzione, inoltre, contemplava il principio di reciprocità e rimetteva agli Stati l'individuazione delle percentuali da corrispondere all'autore. Con riguardo alla Convenzione, la Corte di giustizia, già nella sentenza del 20 ottobre 1993, cause riunite C 92/92 e C-326/92, Phil Collins e altri, affermò che non si poteva invocare la clausola di reciprocità enunciata in alcune disposizioni nazionali, per rifiutare ai cittadini di altri Stati membri i diritti conferiti agli autori nazionali. L'applicazione di tali clausole, infatti, doveva ritenersi contraria al principio della parità di trattamento e al divieto di discriminazione su base nazionale. In questo modo, però, il problema veniva risolto soltanto in parte, perché restavano vistose divergenze, tra gli Stati, sull'ammontare del diritto e sulle modalità della sua riscossione.

Il legislatore europeo, prendendo atto del processo d'internazionalizzazione del mercato dell'arte moderna e contemporanea, processo al quale contribuisce in modo determinante la nuova economia, ha ritenuto di intervenire per garantire, anche in questo settore, il mercato unico, insieme ad un'effettiva tutela degli autori. Particolare importanza veniva riconosciuta, in questo contesto, al diritto di seguito, che andava incentivato e assicurato a livello sempre più esteso. In particolare andava garantita l'obbligatorietà dell'articolo 14-ter della convenzione di Berna. Per questi motivi fu emanata la direttiva 2001/84, con la quale si è inteso armonizzare alcuni aspetti delle legislazioni degli Stati membri in materia di diritto sulle vendite successive di opere d'arte. Nell'intento di lasciare il più ampio margine possibile di discrezionalità agli Stati, si è ritenuto di procedere soltanto all'armonizzazione di alcuni aspetti, in particolare di quelle disposizioni nazionali che più direttamente si ripercuotevano, in modo negativo, sul funzionamento del mercato interno.

Il considerando 18 della direttiva 2001/84 chiarisce che, in questo contesto, si è ritenuto opportuno estendere l'applicazione del diritto sulle successive vendite a tutte le operazioni di vendita, escludendo soltanto: le opere che non superino il valore di diecimila euro [9], le vendite tra privati e, infine, quelle ai musei, che agiscono senza scopo di lucro e che siano aperti al pubblico. Il considerando contiene anche una previsione relativa alle gallerie d'arte, per le quali è lasciata alla discrezione degli Stati, la possibilità di prevedere l'esclusione del diritto di seguito per le vendite delle opere effettuate entro tre anni dalla loro acquisizione. Questa esclusione pare opportuna, poiché, prevedere il pagamento del diritto di seguito al momento dell'acquisto da parte del gallerista e poi, al momento della vendita che avviene nel giro di pochi mesi, finirebbe per arricchire ingiustamente l'artista, aumentando in modo artificioso il prezzo dell'opera [10].

La durata del diritto di seguito (settant'anni) è ancorata, dal considerando 17 e dall'art. 8, a quella del diritto patrimoniale d'autore, così come prevista dalla direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi.

Altro aspetto che creava disomogeneità nel mercato dell'arte era connesso all'ammontare della percentuale da corrispondere a titolo di diritto di seguito. I paesi che riconoscono percentuali irrisorie, infatti, vengono evidentemente preferiti a quelli che contemplano percentuali maggiori. Dell'uniformazione di questo aspetto si occupano i considerando 23 e 34, secondo i quali, per evitare una distorsione del mercato, la delocalizzazione delle vendite e l'elusione della normativa UE, è opportuno stabilire un sistema di percentuali decrescenti per fasce di prezzo, in modo da contemperare gli interessi di artisti, venditori e acquirenti. Della fissazione delle percentuali si occupa l'articolo 4, che prevede percentuali decrescenti, in base al valore dell'opera [11]. Il compenso, così determinato, spetta, in prima battuta, all'autore e, alla sua morte, ai suoi aventi causa.

La direttiva lascia agli Stati membri la libertà di disciplinare l'esercizio del diritto sulle successive vendite di opere d'arte e la relativa modalità di gestione, che può avvenire anche facendo ricorso alle società di gestione. Scelta che è stata fatta, ad esempio, dal legislatore italiano, che, nel recepire la direttiva, con il d.lg. n. 118 del 13/2/2006 [12], ha delegato alla Siae il compito di riscuotere il diritto per conto degli autori.

2. La fattispecie oggetto del giudizio

Il giudizio davanti alla Corte di Giustizia nasce da un rinvio pregiudiziale, promosso dalla Corte di Cassazione francese, in una causa che vede coinvolte, da un lato la Christie's France, e, dall'altro, il sindacato degli antiquari SNA.

La Christie's France, società francese operante nel settore delle aste d'arte e controllata della multinazionale Christie's, organizza aste periodiche, nelle quali agisce in nome e per conto dei venditori. Alcuni degli oggetti battuti durante le aste comportano il pagamento del diritto di seguito. Nelle sue condizioni generali di vendita, Christie's France ha inserito, seguendo una prassi diffusa tra le case d'asta, una clausola, che le consente di percepire dall'acquirente, in nome e per conto del venditore, per ogni lotto assoggettato al diritto di seguito e contrassegnato in catalogo dalla lettera λ, una somma che verrà versata all'ente competente a gestire il diritto di seguito o, se possibile, direttamente all'autore o ai suoi aventi causa [13].

Lo SNA è un sindacato di antiquari francesi, operanti nello stesso settore della Christie's France e che, quindi, si trovano rispetto a essa in posizione concorrenziale.

Secondo la tesi del sindacato, nelle vendite realizzate nel 2008 e nel 2009, che contenevano la clausola accennata, la Christie's avrebbe posto, in capo all'acquirente, l'obbligo di pagare il diritto sulle vendite successive. Tale condotta rappresenta, agli occhi del sindacato un atto di concorrenza sleale, commesso in violazione dell'articolo L. 122-8 del Code de la propriété intellectuelle. L'articolo, infatti, pone espressamente a carico del venditore l'obbligo di pagare il diritto di seguito [14]. Lo SNA ha quindi proposto ricorso, davanti al giudice nazionale, per far dichiarare nulla la clausola del contratto della Christie's France. Il Tribunal de grande instance de Paris, con sentenza 20 maggio 2011, respingeva il ricorso, ritenendo che la ripartizione dell'onere del versamento del compenso non integrasse un atto di concorrenza sleale.

La decisione del Tribunal de grande instance veniva appellata dallo SNA e la Cour d'appel de Paris, riconoscendo che il diritto di seguito è stato concepito come una retribuzione versata dal venditore (che si è arricchito con la vendita dell'opera) all'autore, ha escluso la possibilità di qualsiasi deroga convenzionale alle disposizioni contenute nella legge di recepimento della direttiva 2001/84. La Cour d'appel ha pertanto dichiarato nulla la clausola impugnata.

Avverso la sentenza d'appello, Christie's France ha proposto ricorso in Cassazione, argomentando che la direttiva 2001/84 pone, senza ulteriori precisazioni o restrizioni, il diritto sulle successive vendite a carico del venditore, ma ciò non esclude una modifica convenzionale dell'onere del pagamento. La Cour de cassation, nutrendo dubbi sulla corretta interpretazione da dare al testo della direttiva, ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: "Se la regola dettata dall'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2001/84, che pone a carico del venditore il pagamento del diritto sulle successive vendite, debba essere interpretata nel senso che quest'ultimo ne sopporta in definitiva il costo senza la possibilità di una deroga convenzionale".

3. La decisione della Corte

Il quesito che la magistratura francese sottopone alla Corte è sostanzialmente volto a stabilire se l'individuazione del soggetto tenuto al pagamento del diritto di seguito sia derogabile dall'autonomia privata.

La Corte, richiamati gli obiettivi della direttiva, osserva che la loro realizzazione passa attraverso il riconoscimento, a favore dell'autore, di un diritto sulle successive vendite, mirante ad assicurargli una retribuzione e una compartecipazione ai successivi incrementi di valore dell'opera. Allo stesso tempo, però, la Corte osserva che sono gli Stati a dover disciplinare, in concreto, le modalità di corresponsione e raccolta dei compensi spettanti all'artista. Ne consegue che sono gli Stati membri a dover determinare il soggetto concretamente tenuto al pagamento del compenso [15].

Se effettivamente l'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2001/84, letto in combinato con il considerando 25, sembra porre a carico del venditore il compenso dovuto per le successive vendite, è anche vero che lo stesso paragrafo 4, nella seconda frase, fa salva la possibilità che gli Stati membri prevedano che al pagamento sia tenuta, in via esclusiva o solidale con il venditore, una "delle persone fisiche o giuridiche di cui al paragrafo 2, diversa dal venditore". Nel recepimento della direttiva, quindi, gli Stati ben possono prevedere che l'obbligo ricada su altri soggetti. La direttiva nulla dice, invece, con riguardo alla possibilità, per i privati, di trasferire convenzionalmente l'obbligo di corresponsione, su soggetti diversi, rispetto a quelli indicati dalla legge.

La Corte, al paragrafo 25 della sentenza, sottolinea che, mentre alcune versioni linguistiche della direttiva (tra le altre la versione spagnola, francese, italiana e portoghese), all'articolo 1, paragrafo 4, sembrano poter essere intese come se operassero una distinzione tra un debitore formale (il venditore), che è tenuto al pagamento all'autore, e un debitore sostanziale (uno dei soggetti di cui al par. 2), che è invece tenuto a sopportare effettivamente il costo del diritto, altre versioni (in specie quella danese, tedesca, inglese, rumena o svedese) non consentono una tale distinzione e paiono porre, sul solo soggetto individuato dalle legge, l'obbligo di pagamento, senza possibilità di fare ricadere il diritto di seguito su altri soggetti. Si rende quindi necessario, ai fini di un'interpretazione uniforme della direttiva, determinare se la distinzione tra debitore formale e sostanziale abbia cittadinanza nel diritto dell'Unione, o se essa sia frutto di un'incomprensione linguistica. Il criterio da adottare, per risolvere i dubbi interpretativi, è quello funzionale: in caso di divergenze linguistiche, la direttiva va interpretata nel modo da rendere la disposizione dubbia il più conforme possibile al contesto e alle finalità che il legislatore europeo si poneva [16].

Con riguardo alla direttiva 2001/84, la Corte osserva che, dai considerando 9, 10 e 25, sebbene emergano con precisione alcuni elementi relativi alle opere a cui la direttiva si applica, ai soggetti beneficiari del diritto, alle percentuali da corrispondere, alle operazioni che fanno sorgere il diritto e alla base per il suo calcolo, gli elementi relativi al debitore ed alla sua identificazione sono lasciati nel vago. La direttiva, infatti, non individua in modo tassativo il soggetto che deve sopportare il costo del compenso. Piuttosto, essa si limita ad elencare una rosa di soggetti tenuti al pagamento. Ne consegue che l'effettiva identità del debitore non era tra gli obiettivi principali del legislatore europeo, il quale, secondo la Corte, intendeva soltanto, oltre che tutelare l'artista, porre fine ad alcune distorsioni della concorrenza sul mercato dell'arte. Tale obiettivo rimaneva tuttavia circoscritto dai limiti specificati ai considerando 13 e 15 della direttiva. In base a tali considerando non sembra necessario uniformare le differenze tra le normative nazionali "che non siano tali da arrecare pregiudizio al funzionamento del mercato interno". Inoltre, per consentire la maggiore discrezionalità possibile agli Stati membri nel recepimento della direttiva, appare "sufficiente limitare l'armonizzazione alle disposizioni nazionali che più direttamente si ripercuotono sul funzionamento del mercato interno" [17].

Precisati questi principi guida, la Corte ritiene che la realizzazione dell'obiettivo della direttiva richieda che siano indicati i soggetti tenuto al pagamento del compenso, nonché le regole dirette a stabilirne l'importo, altrettanto, invece, non può dirsi riguardo "l'individuazione del soggetto che ne sopporterà, in definitiva, il costo". Secondo la Corte, a garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva, è sufficiente l'individuazione di una rosa di soggetti obbligati, ma non necessariamente il debitore effettivo [18]. Alla Corte non sfugge che questo aspetto possa comportare un qualche effetto distorsivo sul funzionamento del mercato interno. Tuttavia, essa ritiene che un tale effetto sia "soltanto indiretto, poiché è prodotto da adattamenti convenzionali realizzati indipendentemente dal pagamento dell'importo del compenso dovuto in forza del diritto sulle successive vendite, al quale il debitore resta tenuto".

La Corte afferma che la direttiva - così come non vieta che il legislatore ponga a carico dell'acquirente, piuttosto che del venditore, l'obbligo di pagare il diritto - non vieta neppure accordi tra le parti volti a ripartire l'onere del pagamento. Un simile accordo, infatti, non pregiudicando in alcun modo "gli obblighi e la responsabilità incombenti al debitore verso l'autore", non può essere in contrasto con lo spirito della direttiva [19].

La risposta della Corte al quesito è quindi la seguente: "l'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2001/84 dev'essere interpretato nel senso che esso non osta a che il debitore del diritto sulle successive vendite, designato come tale dalla normativa nazionale, sia questi il venditore o un professionista del mercato dell'arte che interviene nella transazione, possa concordare con qualsiasi altro soggetto, compreso l'acquirente, che quest'ultimo sopporti in definitiva, in tutto o in parte, il costo del diritto sulle successive vendite, purché tale accordo contrattuale non pregiudichi in alcun modo gli obblighi e la responsabilità incombenti al debitore nei confronti dell'autore" [20].

4. Alcune riflessioni sulla sentenza

Sulla direttiva molto è stato detto e scritto. Con essa il legislatore europeo si poneva sostanzialmente un duplice obiettivo: da un lato, agevolare il mercato interno, dall'altro, rendere effettivo il diritto dell'autore di opere d'arte figurativa. Il sistema previgente, risultante dalla Convenzione di Berna, infatti, essendo affidato alla discrezionalità degli Stati membri, non contemplava alcun meccanismo idoneo ad assicurare un concreto riconoscimento del diritto. Per superare tale ostacolo si è quindi previsto, da un lato, di limitare il diritto di seguito alle sole vendite commerciali, in modo da rendere effettivo e più efficace il controllo, dall'altro, di individuare in modo preciso i soggetti tenuti al pagamento del diritto, stabilendo anche dei criteri per determinarne l'entità.

Sull'utilità della direttiva, ai fini di incentivare il commercio delle opere d'arte, si è a lungo discusso. Alcuni ritengono che i suoi effetti di lungo periodo sul mercato europeo saranno addirittura negativi, e finiranno per incentivare la fuga verso quei mercati in cui il droit de suite non è riconosciuto o è regolato in modo meno invasivo. Altri, invece, sono più ottimisti nell'affermare che, grazie alla direttiva, gli artisti vedranno crescere le tutele e beneficeranno degli incrementi di valore delle loro opere [21]. Statisticamente si è segnalato che il diritto di seguito finisce solo in una percentuale irrisoria di casi per arricchire l'autore, mentre è ben più frequente che siano i suoi eredi a goderne [22].

La direttiva, incautamente, non considera che l'individuazione del soggetto tenuto al pagamento del diritto di seguito possa avere un'influenza sul mercato interno. La Corte, invece, nella sentenza riconosce che anche questo aspetto ha ricadute sul mercato.

L'effetto distorsivo emerge in modo particolarmente evidente nel caso delle aste. In un'asta il prezzo finale non è prestabilito, ma si crea attraverso il sistema delle offerte. Astrattamente, quindi, è impossibile stabilire ex ante quale sarà l'ammontare del diritto di seguito, che sarà determinato soltanto in seguito, in una percentuale del prezzo pagato.

La sentenza riconosce alle parti la possibilità di derogare contrattualmente alle previsioni legislative, che, nel recepire la direttiva, impongono il pagamento del diritto di seguito sul venditore. La decisione pare comportare il rischio che, nel lungo periodo, si consolidi, in modo sistematico, la prassi già in uso presso le case d'asta, di far gravare sugli acquirenti il pagamento del diritto di seguito. Tuttavia, le conseguenze concorrenziali di una simile condotta paiono modeste. È agevole osservare, in una prospettiva di analisi economica del diritto, che, anche il gallerista, nello stabilire il prezzo del bene, potrà tenere conto dell'ammontare del diritto di seguito che andrà a pagare e, quindi, proporrà il bene a un prezzo che faccia comunque transitare sull'acquirente l'onere relativo.

Un aspetto, che non è stato oggetto del giudizio, ma che mi sembra rilevante è quello della natura della clausola che, ribaltando il contenuto della previsione legislativa, faccia ricadere sull'acquirente il pagamento del droit de suite. Tale clausola, derogando ad una previsione di legge, sembra poter essere considerata vessatoria, ai sensi dell'art. 3 della direttiva 93/13/CE [23], poiché determina, a danno del collezionista d'arte, che sia qualificabile come consumatore, "un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto".

La fattispecie oggetto della sentenza consente anche di fare il punto sul mercato interno dell'arte contemporanea e di constatare come l'obiettivo di una sua effettiva uniformità sia soltanto marginalmente raggiunto. Se l'UE, con la direttiva sul diritto di seguito si è premurata, giustamente, di garantire un'uniformità dei diritti dell'autore, essa ha omesso di disciplinare altri aspetti del mercato unico dell'arte, che possono avere effetti distorsivi. Appare quindi auspicabile che si proceda a un'analisi più approfondita e completa di questi aspetti ancora privi di regolamentazione, ma che producono una frammentazione.

Il diritto di seguito non è che un tassello del mercato unico dell'arte. Tra gli aspetti più problematici, quello che i commentatori ritengono uno dei più critici, concerne l'IVA e, più in generale, il regime fiscale del mercato dell'arte. I vari Stati membri, infatti, adottano regimi di IVA differenziati e questo facilita il commercio d'arte nei paesi che prevedono un regime agevolato, rispetto a quelli che adottano un'imposta ordinaria [24]. La direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, prevede, agli articoli 311 ss., la possibilità di adottare IVA agevolata per gli oggetti d'arte, ma, concretamente, la scelta dell'aliquota è rimessa ai singoli Stati, che, in questo modo, possono influenzare, anche in misura rilevante, il mercato dell'arte, compromettendone l'unitarietà.

Un esempio varrà a rendere più chiara la problematica, evidenziando quanto l'IVA possa giocare un ruolo decisivo nella formazione del mercato unico. In Francia la TVA (Taxe sur la valeur ajoutée, corrispondente alla nostra IVA) sugli oggetti d'arte è stata portata dal 10% al 5,5% [25]. In Italia, invece, occorre distinguere. La cessione delle opere d'arte tra privati non è soggetta a IVA e non genera imposta sulla plusvalenza, ossia sulla differenza tra il prezzo dell'opera che si è pagato al momento dell'acquisto e quello che si è incassato al momento della vendita. La cessione di opere d'arte effettuata dall'autore o dai suoi aventi causa è soggetta, invece, a un'aliquota IVA del 10%, mentre la vendita effettuata dal gallerista è soggetta all'IVA ordinaria del 22% (aliquota massima applicata in Europa), sebbene, a determinate condizioni, si possa pagare l'IVA solo su una parte del valore.

Questa sentenza dovrebbe essere uno stimolo a riflettere con maggiore sistematicità sulle risposte da dare ai problemi di un mercato importante come quello dell'arte e dell'antiquariato. Secondo i dati del Tefaf 2015 [26], in questo settore, il mercato mondiale ha chiuso il 2014 con un giro d'affari di 51 miliardi di euro. Nonostante la crisi economica degli ultimi anni, il numero di transazioni aumenta con continuità e in misura significativa. A crescere, sempre secondo il rapporto, non è soltanto il fatturato o il numero di transazioni, ma anche il numero di operatori e, quindi, di posti di lavoro che ruotano intorno al mercato dell'arte.

Auspicabile, pertanto, che l'Europa riconsideri approfonditamente le strategie che intende adottare con riguardo a questo aspetto del mercato unico, evitando una regolamentazione settoriale, eccessivamente rigida e gravosa, che ostacolerebbe gli operatori europei. Anche perché, i dati delle transazioni internazionali dimostrano come, oltre alla concorrenza degli Stati Uniti, gli Stati europei debbano affrontare anche quella delle economie emergenti. In particolar modo quella cinese. Una regolamentazione del mercato dell'arte, che non sappia conformarsi alle necessità di professionisti e collezionisti, finirà, complice anche la nuova economia, per penalizzare il mercato europeo, favorendo la fuga verso quello di altri paesi.

 

Note

[1] La sentenza è consultabile on line.

[2] Sul diritto di seguito cfr., senza pretese di completezza, M. Fabiani, Il diritto di autore sulle successive vendite di opere d'arte, in Studium Juris, 2002, pag. 305; R. Kirstein e D. Schmidtchen, in Law and Economics in Civil Law Countries, B. Deffains, T. Kirat (ed.), Oxon, 2004, pag. 231 ss.; R. Pfister, in Understanding International Art Markets and Management, Iain Robertson (ed.), London - New York, 2005, pag. 113 ss.; L. Nivarra, Il diritto di seguito tra esclusiva ed equo compenso, in Aedon, 2006, 3; V.M. De Sanctis, M. Fabiani,I contratti di diritto di autore, (a cura di) M.P. Chiti, G. Greco, Milano, 2007, pag. 296 s.; F. Lafarge, Cultura, in Trattato di diritto amministrativo europeo, Tomo II, Milano, 2 ed., 2007, pag. 995 ss. V.M. De Sanctis, Il diritto di autore: del diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie ed artistiche, in Il codice civile Commentario, (a cura di) F. D. Busnelli, Milano, 2012, pag. 160 ss. e L. Bently, B. Sherman, Intellectual Property Law, Oxford, IV ed., 2014, pag. 340 ss.

[3] Il testo della direttiva è pubblicato in Aedon, 2006, 3. La direttiva è stata recepita in Italia con d.lg. 13 febbraio 2006, n. 118, che ha modificato alcuni articoli della legge sul diritto d'autore e modificato il titolo della sezione VI della legge sul diritto d'autore (legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, in G.U. n. 166 del 16 luglio 1941), che nella versione originaria era: "Diritti dell'autore sull'aumento di valore delle opere delle arti figurative" e che è diventato "Diritti dell'autore sulle vendite successive di opere d'arte e manoscritte".

[4] Unico precedente rinvenibile sul sito della Corte di Giustizia, e riguardante l'interpretazione della direttiva, è la sentenza della Corte 15 aprile 2010, nel caso C-518/08, Fundación Gala-Salvador Dalí e Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos (VEGAP) contro Société des auteurs dans les arts graphiques e plastiques (ADAGP) e altri, EU:C:2010:191.

[5] Cfr. considerando 1 della direttiva. Gli Stati membri hanno tuttavia la possibilità di prevedere che il diritto non si applichi nel caso in cui il venditore abbia acquistato l'opera direttamente dall'autore da meno di tre anni ed il prezzo di vendita non sia stato superiore ai diecimila euro (art. 1.3).

[6] Cfr. EU:C:2010:191 Fundación Gala-Salvador Dalí e VEGAP, cit., punto 27.

[7] Cfr. S. Marras, L'attuazione in Italia della direttiva 2001/84/CE relativa al diritto dell'autore di un'opera d'arte sulle successive vendite dell'originale, in Contratto e impresa / Europa, 2007, pag. 553 ss., in particolare pag. 553, nota 3.

[8] La Convenzione è stata ratificata in Italia con la legge 20 giugno 1973, n. 399 e il diritto di seguito è stato riconosciuto dagli articoli 144-155 (che infatti sono stati modificati dal decreto legislativo che recepisce la direttiva) della legge sul diritto d'autore e nel suo regolamento di attuazione (r.d. 18 marzo 1942, n. 1369). Sul punto cfr. L. Savini, Il diritto di seguito dopo il d.lg. 13 febbraio 2006, n. 118, in Aedon, 2006, 2, secondo la quale: "Il sistema come delineato nella nostra l.d.a. era particolarmente macchinoso e comportava una complessa procedura di registrazione delle vendite ai fini della prova del prezzo di vendita delle opere ... e, pertanto, salvo qualche iniziale tentativo di applicazione è stato nella pratica successivamente disapplicato. Questo anche perché, contrariamente a quanto oggi previsto dalla nuova normativa, la Siae (Società italiana autori editori) quale ente di gestione collettiva obbligatoria del diritto era sprovvista dei necessari poteri ispettivi e di vigilanza".

[9] Il considerando 22 precisa che la non applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte, al di sotto della soglia minima dei 10.000 euro, ha il fine di evitare spese di riscossione e di gestione che si rivelino sproporzionate rispetto al beneficio ottenuto dall'artista. Il considerando ritiene opportuno, in conformità al principio di sussidiarietà, riconoscere agli Stati membri la facoltà di stabilire soglie nazionali, inferiori a quella prevista dalla direttiva, per la promozione degli interessi dei giovani artisti. L'esiguità degli importi, infatti, non comporterebbe deroghe in grado di "produrre effetti significativi sul corretto funzionamento del mercato interno".

[10] In una prospettiva di analisi economica del diritto è ragionevole ritenere, infatti, che il gallerista, nel momento in cui rivenderà l'opera, aggiungerà al prezzo che intende ottenere, anche quanto pagato precedentemente pagato a titolo di diritto di seguito.

[11] Le percentuali saranno comunque oggetto di periodico aggiornamento, come previsto dal considerando 26 e dall'articolo 11.

[12] D.lg. 13 febbraio 2006, n. 118 "Attuazione della direttiva 2001/84/CE, relativa al diritto dell'autore di un'opera d'arte sulle successive vendite dell'originale" in G.U. n. 71 del 25 marzo 2006.

[13] Si vedano a riguardo le delucidazioni contenute nel sito della nota casa d'aste.

[14] Il comma 3 dell'articolo dispone che: "Le droit de suite est à la charge du vendeur. La responsabilité de son paiement incombe au professionnel intervenant dans la vente et, si la cession s'opère entre deux professionnels, au vendeur".

[15] Cfr. punti 18 e 19.

[16] Cfr le sentenze DR e TV2 Danmark, C-510/10, EU:C:2012:244, punto 45 e Bark, C-89/12, EU:C:2013:276, punto 40; decisioni citate nella sentenza in commento.

[17] Cfr. sentenza in commento punto 29 e sentenza Fundación Gala-Salvador Dalí e VEGAP, cit. punti 27 e 31.

[18] Cfr. punto 30 della sentenza.

[19] Cfr. punto 32.

[20] Cfr. punto 33.

[21] S. Marras, op. cit., pag. 559.

[22] Cfr. lo studio di Kusin & Company art Economics, effettuato per conto di Tefaf Maastricht e citato da S. Marras, op. loc. cit.

[23] Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori in GUCE n. L 095 del 21/04/1993 pagg. 29 - 34.

[24] Cfr. le osservazioni di E. Rossi, La fiscalità dell'arte in Italia, in Il Giornale dell'Arte, n. 342, 2014 e G. Candela, E. Randon, A.E. Scorcu, Quadri e sculture non sono "beni usati", ivi, n. 326, 2012. Sebbene un po' risalente, pare molto interessante, ai fini di comprendere l'impatto che può avere l'IVA sul mercato dell'arte, la tabella realizzata dal Sole 24 Ore e consultabile on line.

[25] http://vosdroits.service-public.fr/professionnels-entreprises/F20781.xhtml.

[26] Un riassunto del rapporto è pubblicato online.

 

 



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