Il mio intervento tratterà brevemente i profili della semplificazione e dell'innovazione presenti nel Testo Unico, relativi all'individuazione dei beni culturali. In seguito cercherò di formulare sugli stessi profili alcune indicazioni da valere in sede di aggiornamento della disciplina di questo, ai sensi dell'art. 1, comma 4, l. 8 ottobre 1997, n. 352.
Una premessa di chiarimento anzitutto: per "semplificazione" si farà riferimento ai profili procedurali, comprensivi sia della semplificazione-snellimento sia del riordino procedurale in senso proprio, mentre per "innovazione" si avrà riguardo alla disciplina sostanziale. L'una e l'altra esprimono i dati significativi su ciò che è stato fatto, mentre l'"aggiornamento" considera in buona sostanza ciò che resta da fare.
Quanto alla semplificazione-snellimento va ricordata la non previsione nel Testo Unico del parere (obbligatorio) del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali nel caso di dichiarazione di collezioni o serie di oggetti, in precedenza contenuta nell'art. 5, comma 1, della l. 1089 del 1939. Si traduce altresì in una semplificazione procedurale (degli adempimenti di pubblicità) il fatto che il Testo Unico non riprenda la previsione, contenuta nell'art. 3, commi 3 e 4, della legge circa la conservazione presso il ministero e le prefetture degli elenchi delle cose mobili "notificate" e la loro messa a disposizione del pubblico. Mentre nel primo caso si può senz'altro convenire sulla modifica, circa il secondo è da pensare che esigenze organizzative degli uffici abbiano fatto premio su quelle di informazione, che, se adeguatamente garantita, avrebbe conservato una qualche utilità in sede di circolazione dei beni.
Indubbiamente le novità più significative concernono però la semplificazione intesa come riordino procedurale. In primo luogo, il Testo Unico opera la distinzione, che non emergeva chiaramente nell'art. 3, comma 1, della legge, fra l'individuazione del bene ("dichiarazione") e la sua comunicazione ("notificazione") (artt. 6 e 8), attuando il principio di articolazione procedurale.
In secondo luogo, e in particolare, vengono introdotte regole procedimentali mutuate dalla disciplina della l. 241 del 1990. La circostanza che la giurisprudenza avesse già ritenuto applicabili i dettami di tale legge (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. IV, n. 1603/96) non toglie rilievo alla innovazione. Alla legge sul procedimento si richiamano o si ispirano altresì altre disposizioni del T.U., quella dell'art. 49, comma 2, in tema di vincolo indiretto, e l'art. 141, comma 2, a proposito dell'"inchiesta pubblica" in materia di compilazione di elenchi di beni ambientali.
Per quel concerne il procedimento di individuazione dei beni appartenenti a soggetti privati (singoli o persone giuridiche con fini di lucro), si prevede ora la comunicazione dell'avvio del procedimento al proprietario, possessore o detentore e al comune nel caso di complessi immobiliari (art. 7, commi 1 e 3), e se ne fissano i contenuti: gli elementi identificativi del bene, la "valutazione" (ossia i motivi che inducono a ritenere esistente l'interesse qualificato richiesto per la dichiarazione), il termine per la presentazione di eventuali osservazioni (art. 7, comma 2).
In forza del rapporto (di integrazione) che si può configurare fra la l. 241, in quanto legge generale del procedimento, e leggi di settore, è senz'altro da pensare che tali elementi siano aggiuntivi, e non sostitutivi, rispetto a quelli previsti dagli artt. 8, comma 2, e 5, comma 3 della l. 241. Nella comunicazione dovranno pertanto essere indicati altresì l'amministrazione competente, il responsabile del procedimento e l'ufficio presso il quale poter effettuare l'accesso agli atti.
Anche le innovazioni di carattere sostanziale presentano un qualche rilievo. In accoglimento di un'indicazione del Consiglio di Stato formulato in sede di rilascio del parere sullo schema del Testo Unico, viene chiarito l'ambito degli enti, diversi da comuni e province, tenuti a presentare l'elenco descrittivo dei beni di interesse artistico, storico ecc., dato questo che non emergeva con nitidezza dagli artt. 3 e 4 della l. 1089/1939. Oltre agli enti pubblici, tale ambito ora abbraccia anche le persone giuridiche private senza scopo di lucro. All'opposto, quelle aventi tale scopo sono soggette alla dichiarazione (artt. 5, comma 1, e 6, comma 1).
Con un'innovazione - ai limiti della delega, ma in un certo senso imposta dalla disciplina procedurale introdotta - viene disposta poi in via cautelare l'applicazione automatica e perciò generalizzata, per effetto della comunicazione dell'avvio del procedimento, delle disposizioni in tema di conservazione e alienazione del bene culturale previste dalle Sez. I, Capo II e Sez. I, Capo III, del Titolo I (art. 7, comma 4). In precedenza la misura cautelare presentava carattere eventuale, quindi aveva una portata specifica, e consisteva nella sola sospensione dei lavori (cfr. art. 20, comma 2, l. 1089). A salvaguardia della disponibilità del bene è prevista la cessazione della misura alla scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento di dichiarazione [1].
Pur risultando la disciplina del Testo Unico in tema di individuazione dei beni culturali complessivamente adeguata, pare possibile formulare indicazioni di modifiche da apportare in sede di aggiornamento del Testo Unico.
Una prima indicazione intende tener conto della normazione intervenuta successivamente al 1Ħ novembre 1998. Si tratterebbe di precisare negli artt. 7, comma 1, e 6, commi 1 e 2, l'autorità ministeriale competente, rispettivamente, ad avviare il procedimento di dichiarazione e a concluderlo. Invero l'art. 54, comma 3, lett. c), d.lg. 30 luglio 1999, n. 300, modificando l'art. 7, comma 3, d.lg. 20 ottobre 1998, n. 368, ha previsto che il soprintendente regionale, su proposta dei soprintendenti di settore eserciti i poteri di cui agli artt. 3 e 5 l. 1089. Attualmente nell'art. 7, comma 1, si parla di avvio del procedimento da parte del "Ministero" su eventuale proposta del "soprintendente" e nell'art. 6, commi 1 e 2, di dichiarazione da parte dello stesso "Ministero".
Analogamente sarebbe opportuno che venisse raccordata la previsione dell'art. 13, in tema di notificazione effettuate a norma della legislazione preesistente, con il disposto dell'art. 33 l. 23 dicembre 1998, n. 448, legge anch'essa intervenuta oltre il periodo temporale assegnato al Testo Unico.
Viceversa, concernono aspetti dell'attuale disciplina in sé considerata, le altre due indicazioni di modifica.
La prima si riferisce al caso della privatizzazione di un ente pubblico. Occorrerebbe dettare regole sul regime da seguire circa l'individuazione dei beni. Quello in linea di principio da applicarsi (il regime connesso al tipo cui appartiene il nuovo ente) può dar luogo a delle complessità in mancanza di apposita disciplina. Al riguardo è possibile richiamare a titolo di esempio-modello quanto disposto dall'art. 6 del d.lg. 17 agosto 1999, n. 304, relativo alla trasformazione in società per azioni dell'Ente autonomo esposizione universale di Roma.
La seconda concerne un tema non nuovo, ma che di recente ha forse acquisito nuovi profili. Se non dà - come in precedenza non dava - adito a dubbi il carattere dichiarativo degli elenchi di cui all'art. 5, comma 1 (relativo a cose di enti pubblici e privati senza scopo di lucro), resta aperto il problema degli effetti della trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell'art. 8, comma 2, della dichiarazione delle cose soggette a pubblicità immobiliare. Sotto la vigenza della l. 1089, come viene ricordato nel commentario [2], le opinioni oscillavano fra la tesi della "pubblicità-notizia" e quella della "pubblicità rafforzativa" (determinante una presunzione assoluta di conoscenza ai fini sanzionatori). Il contesto normativo pare però mutato. In base all'art. 13, comma 1, T.U. e all'art. 33 della citata l. 448 del 1998, la trascrizione potrebbe ipotizzarsi come costitutiva, nel senso di essere necessaria ai fini dell'opponibilità della dichiarazione agli aventi causa, giacché tali disposizioni sembrerebbero richiedere necessaria la trascrizione ai fini del compiuto dispiegamento degli effetti della dichiarazione medesima. Ad ogni modo sarebbe auspicabile per la "certezza del diritto" (a tutto beneficio degli operatori) una puntualizzazione da parte del legislatore.
Le modifiche appena suggerite parrebbero contenersi nei limiti della delega. Quantomeno nei termini in cui questi sono stati interpretati nella stesura del Testo Unico.
[1] Come rileva A. Roccella, Il Testo Unico dei beni culturali: contesto, iter formativo, lineamenti, conferme, innovazioni, in corso di pubblicazione in Dir. Pubbl., 2000, par. 9, i termini attualmente previsti dal d.m. 13 giugno 1994, n. 495, quadro I, nn. 13, 38 e 85 (210 giorni per i beni architettonici e 120 per gli altri beni) sono superiori a quello (di 60 giorni) previsto dallĠart. 20 l. 1089.
[2] Art. 8, in La nuova disciplina dei beni culturali e ambientali, a cura di M. Cammelli, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 48.