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I percorsi della valorizzazione

Il contratto di sponsorizzazione quale strumento per la realizzazione di interventi edilizi

di Franco Mastragostino

Sommario: 1. Premessa. - 2. I caratteri del contratto di sponsorizzazione con le pubbliche amministrazioni. - 3. Il dato normativo di riferimento. - 4. L'ipotesi di sponsorizzazione per il restauro e la rifunzionalizzazione di un edificio universitario.

Sponsorship Contracts for the Restoration and the Readaptation of Public Interest Buildings
Sponsorship contracts, in Italy, are now increasingly used by public administrations, as public-private partnership instruments, in order to raise funds for the construction, the enhancement and the readaptation of public interest buildings and infrastructures or in order to support public organizations innovation and public services quality improvement financially or through the provisions of products and services. This way of using sponsorhip may alter somehow what has been considered so far, along with civil courts, the typical purpose and scope of the related contracts. The fee paid in exchange for name, image or brand recognition seems to be largerly absorbed by the financial support itself, that becomes the main purpose of a contract aimed at pursuing public interests. Sponsorship contracts are now regulated by art. 26 of the "Code of Public Contracts". University of Bologna made use of this provision in order to find resources to restore and readapt the official site of its School of Law. At this end the University made the sponsorship proposal and drew up the draft contract examined in this study.

1. Premessa

Il fenomeno delle sponsorizzazioni, originariamente non del tutto definito nei suoi contorni, tanto da essere sovente confuso con altri istituti giuridici, caratterizzati da una causa completamente differente, dal mecenatismo, ad alcune ipotesi di donazione modale, ha progressivamente costituito oggetto di analisi e di approfondimento da parte della dottrina e della giurisprudenza giuscivilistica, che ne hanno stabilito più puntualmente i contorni [1], concordando fra l'altro sul riconoscimento della piena patrimonialità, ai sensi dell'art. 1174 cod. civ., della prestazione che forma oggetto dell'obbligazione assunta con il contratto di sponsorizzazione [2], univocamente qualificato quale contratto atipico.

Su tali profili, attentamente ed approfonditamente analizzati da dottrina e giurisprudenza, non sembra utile soffermarsi, così come pare sufficiente richiamare, per mero rinvio [3], il processo che ha condotto (di pari passo con il progressivo superamento delle incertezze legate al riconoscimento della piena capacità di diritto privato delle pubbliche amministrazioni e della possibilità delle stesse di fare ricorso a contratti atipici) alla lenta affermazione della sponsorizzazione come legittima pratica dell'azione dei pubblici poteri, prima che il legislatore, timidamente e fra mille incertezze e contraddizioni e via via in modo sempre più deciso e puntuale, se ne occupasse espressamente [4].

Basti qui ricordare che il primo intervento organico, volto a consentire - al fine di favorire l'organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, oltre che una migliore qualità dei servizi prestati - l'utilizzo da parte delle p.a. di contratti di sponsorizzazione, oltre che accordi di collaborazione, è ascrivibile all'art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, subordinatamente però al rispetto di tre condizioni che, per quanto si dirà in prosieguo, è bene qui evidenziare e che consistono nella preordinazione del contratto al perseguimento di interessi pubblici, nella assenza di qualsivoglia conflitto di interesse tra l'attività privata e quella pubblica e nel conseguimento di un risparmio di spesa da parte delle p.a. interessate; e che l'art. 119 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) ha, a sua volta, precisato, in applicazione del cit. art. 43, che i comuni, le province e gli altri enti locali dovevano ritenersi legittimati a stipulare contratti di sponsorizzazione c.d. passiva (nei quali, cioè, in ragione delle sopra richiamate condizioni, la prestazione patrimoniale è a carico del privato e in favore della p.a.), omettendo, tuttavia, di precisare "alcuni aspetti fondamentali del fenomeno contrattuale in questione: in particolare, la definizione dei caratteri del contratto di sponsorizzazione" e del procedimento che le amministrazioni avrebbero dovuto osservare per addivenire alla sua stipulazione [5].

2. I caratteri del contratto di sponsorizzazione con le pubbliche amministrazioni

Ed è stato proprio dalla non adeguata identificazione dei caratteri del contratto, in particolare nell'ambito di un rapporto connotato dalla presenza di p.a. e dall'esigenza di garantire il soddisfacimento primario di interessi pubblici, che si è determinata una situazione di grave incertezza sulla disciplina procedimentale applicabile ai fini della scelta dello sponsor, soprattutto allorché ebbe ad ipotizzarsi che il contratto potesse, fra l'altro, riguardare iniziative preordinate anche alla progettazione e/o alla realizzazione di lavori pubblici, rispetto ai quali la tendenziale omnicomprensività delle direttive comunitarie in materia e della normativa nazionale che ad esse direttamente o indirettamente si riferiva (legge 11 febbraio 1994, n. 109 e succ. modificazioni) rendevano difficile stabilire se ed in che misura la suddetta scelta dello sponsor dovesse intendersi assoggettata ai principi e/o alle disposizioni, di matrice comunitaria, di cui alla legge 109/1994 e successive modificazioni.

Altrettanto problematicamente, si è posta la questione inerente alla scelta della impresa esecutrice, ove la stessa non si identifica con lo stesso sponsor e, in particolare, se e con quali modalità essa competesse al privato o all'amministrazione. E ciò non tanto con riferimento al caso in cui lo sponsor, in base al contratto, metta a disposizione dell'amministrazione le risorse finanziarie occorrenti per la progettazione e/o realizzazione dell'intervento (ipotesi rispetto alla quale parrebbe scontata la doverosa osservanza, ai fini della scelta dell'impresa appaltatrice, delle procedure di evidenza pubblica), quanto piuttosto a quello in cui lo sponsor avesse ad assumere contrattualmente il ruolo di stazione appaltante provvedendo esso stesso, oltre che al finanziamento dell'opera, all'affidamento dell'attività di progettazione e/o di esecuzione dei lavori ad una impresa esecutrice.

Rileva, a tal fine, quale decisivo momento di svolta, la determinazione della Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici (oggi Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) 5 dicembre 2001, n. 24  [6], le cui risultanze sono state immediatamente recepite dal legislatore. Ci si riferisce all'art. 7 della legge 1 agosto 2002, n. 166, modificativo per quanto ci riguarda dell'art. 2, comma 6 della legge n. 109, secondo cui "le disposizioni della presente legge, ad esclusione dell'art. 8" (sulla qualificazione delle imprese esecutrici), "non si applicano ai contratti di sponsorizzazione di cui all'art. 119 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 ed all'art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ovvero ai contratti a questi ultimi assimilabili ...", all'art. 2 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 30, sulla sponsorizzazione di iniziative riguardanti i beni ricompresi nel patrimonio culturale e, in particolare, di quelle finalizzate a favorire la tutela o la valorizzazione di tale patrimonio [7] e, da ultimo, all'art. 26 del d.lg. 163/2006, che reca oggi la disciplina generale ed organica sulle sponsorizzazioni, quale strumento utilizzabile da parte delle p.a. per lo svolgimento di iniziative pubbliche nei settori dei lavori, delle forniture e dei servizi.

L'Autorità, con specifico riferimento ad attività di progettazione, direzione lavori, esecuzione e collaudo di opere pubbliche, poste a carico dello sponsor e sul presupposto che il contratto in parola è un contratto a prestazioni corrispettive mediante il quale l'ente pubblico (sponsee) offre ad un terzo (sponsor), che si obbliga a pagare un determinato corrispettivo, la possibilità di pubblicizzare in appositi spazi nome, logo, marchio o prodotti (sempre che siano rispettate le tre condizioni stabilite dall'art. 43 della legge 23 dicembre 1997, n. 449 e di cui si è dato più sopra atto) ha, infatti, posto le premesse per il successivo riconoscimento da parte del legislatore dell'istituto, quale contratto escluso dall'ambito di applicazione della disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, "in quanto non catalogabile come contratto passivo", comportando al contrario "un vantaggio economico e patrimoniale direttamente quantificabile per la pubblica amministrazione mediante un risparmio di spesa".

Ma, in verità, oltre a quello sopra evidenziato, preme sottolineare, sempre con riferimento alla determinazione dell'Autorità, un profilo che è emerso ancor più evidente alla luce dell'art. 26 del codice dei contratti pubblici e che inerisce alla specificità dei contratti di sponsorizzazione, allorché essi siano utilizzati dalle PA quali strumenti per lo svolgimento di iniziative pubbliche o, più propriamente, quale modello di parternariato pubblico/privato per il reperimento di risorse finanziarie necessarie/utili per la realizzazione/valorizzazione/rifunzionalizzazione di immobili/infrastrutture destinati a finalità di pubblico interesse, o per la erogazione di prestazioni (attraverso servizi e forniture), destinate a favorire - conseguendo, nel contempo, risparmi di spesa - l'innovazione dell'organizzazione amministrativa e a garantire la migliore qualità dei servizi prestati. In tale prospettiva, il contratto di sponsorizzazione, insieme alla finanza di progetto e alle concessioni di lavori pubblici e di servizi, è annoverabile, nell'ambito del codice dei contratti, fra gli istituti preordinati, appunto, ad ovviare all'esigenza di reperire risorse finanziarie "altre", rispetto a quelle nella disponibilità dell'amministrazione.

In tale prospettiva, la causa tipica del contratto di sponsorizzazione, come definito dalla giurisprudenza giuscivilistica [8], che lo ricomprende fra le ipotesi nelle quali si ha un soggetto che "si obbliga a consentire, ad altri, l'uso della propria immagine pubblica e del proprio nome per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marcato, dietro corrispettivo", risulta in qualche modo alterata, se non ribaltata, alla luce delle tre condizioni previste dall'art. 43 della legge 449/1997 più volte cit., sino al punto di far assurgere a momento qualificante del rapporto negoziale l'entità o la natura del "corrispettivo" (l'art. 26 del Codice lo identifica - senza con ciò voler esaurire la gamma delle ipotesi possibili - nei lavori di cui all'allegato I, negli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ovvero ai servizi di cui all'allegato II, ovvero alle forniture disciplinate dallo stesso codice, "quando i lavori, i servizi e le forniture sono acquisiti o realizzati a cura e a spesa dello sponsor"), rendendo l'attività di pubblicizzazione dell'immagine dello sponsor sostanzialmente marginale e residuale rispetto alla finalità di pubblico interesse precipuamente perseguita, quasi per valorizzare sotto il profilo formale la natura di negozio a prestazioni corrispettive del contratto medesimo. Ed è significativo, in questa prospettiva, quanto ha osservato l'Autorità nella sopra richiamata determinazione, con riferimento alla fattispecie che ha dato luogo al relativo approfondimento.

Il quesito si riferiva, in particolare, alla possibilità per un ente locale di affidare ad una associazione, appositamente costituita, la progettazione, esecuzione, direzione lavori e collaudo degli interventi di ristrutturazione e adeguamento, eliminazione barriere architettoniche, nonché in materia di sicurezza, del teatro comunale, per un importo di lavori pari a circa 9 milioni di euro. Detta Associazione, costituita da privati, contemplava, a norma di statuto, tale intervento quale precipua se non unica attività e, quindi, non poteva certamente vantare un interesse primario, a diretta valenza patrimoniale, alla pubblicizzazione di un proprio prodotto o della propria immagine, se non per finalità che sarebbero valse, se impropriamente indirizzate, a far confluire il rapporto de quo nelle differenti ipotesi del mecenatismo o della donazione modale o di altre forme di atti di liberalità [9]. E l'Autorità, dopo aver inquadrato sul piano generale l'istituto in parola alla luce delle considerazioni di cui sopra si è detto, non ha mancato di sottolineare, come quella in esame rappresenti una fattispecie peculiare, sul presupposto che la sponsorizzazione del soggetto che finanzia lo specifico intervento non assurgerebbe a valore causale del negozio giuridico, non essendo prestazione e controprestazione riconducibili ad un criterio meramente patrimoniale.

Si tratterebbe - secondo l'Autorità - di una fattispecie giuridica denominata "sponsorizzazione interna", caratterizzata dalla presenza di un negozio gratuito modale, che, a differenza della donazione, sarebbe giustificato causalmente da un interesse patrimoniale anche mediato, perché giuridicamente rilevante e di chi si obbliga; "nel caso proprio della sponsorizzazione interna il c.d. ritorno pubblicitario, se non può costituire di certo una controprestazione, tanto da qualificare il contratto come oneroso, ne esclude però il carattere liberale. Da ciò deriva che trattandosi di negozio gratuito, esso prescinde", per altro verso, "dall'applicazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, che presuppone invece l'onerosità dell'accordo negoziale" [10].

Pur nella sua sinteticità, la determinazione dell'Autorità parrebbe aver valorizzato le finalità generali caratterizzanti statutariamente il ruolo dell'Associazione per identificare quell'interesse patrimoniale anche mediato che, senza assurgere a vera e propria controprestazione, varrebbe comunque ad escludere l'ascrizione del rapporto de quo fra i meri atti di liberalità.

3. Il dato normativo di riferimento

Alla luce di quanto sopra evidenziato, l'art. 26 del codice dei contratti, oltre a confermare quanto stabilito dall'art. 43 della legge 449/1997 sul rispetto delle disposizioni in materia di requisiti pubblicistici di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto prevede che, quando i lavori, i servizi e le forniture sono acquisiti o realizzati a cura e spese dello sponsor, per la scelta di quest'ultimo si applicano i criteri di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità. Criteri che come è noto corrispondono ai c.d. "principi del Trattato", richiamati dall'art. 26 e chiaramente esplicitati dal successivo art. 27, il quale ultimo impone unicamente all'amministrazione, quale obbligo di natura e consistenza procedimentali, di pervenire alla identificazione dello sponsor mediante un avviso pubblico o, anche, previo interpello [11] di un numero di soggetti privati [12], potenzialmente idonei per le finalità perseguite statutariamente a corrispondere alla proposta dell'amministrazione e che proprio in virtù dei richiamati principi dovrebbero essere tendenzialmente omogenei fra loro.

Nulla si dice sulla scelta del/i progettista/i e dell'impresa esecutrice, se non che gli stessi devono essere in possesso degli specifici requisiti di qualificazione previsti dalle disposizioni vigenti nel settore degli appalti pubblici (comma 1) e, altresì, che l'amministrazione beneficiaria "impartisce le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione nonché alla direzione ed esecuzione del contratto" (comma 2); dal che si desume che l'individuazione del progettista dell'impresa esecutrice è rimessa alla autonoma valutazione dello sponsor, che potrà ricorrere a professionisti e ad impresa di sua fiducia, salvo l'obbligo di verificare e documentare il possesso da parte degli stessi dei necessari requisiti di qualificazione e fermo restando il potere dell'amministrazione beneficiaria di approvare in linea tecnica il progetto nelle diverse fasi di definizione impartendo allo sponsor e, per esso, al progettista le opportune indicazioni in relazione all'interesse pubblico perseguito e alle finalità del contratto nonché di esercitare nella fase esecutiva l'alta sorveglianza onde valutare il corretto adempimento delle condizioni di contratto e, specificamente, la corretta esecuzione del progetto approvato ed autorizzato.

4. L'ipotesi di sponsorizzazione per il restauro e la rifunzionalizzazione di un edificio universitario

In relazione al suddetto quadro normativo di riferimento e, segnatamente, all'art. 26 del Codice e della ratio che ne è a fondamento, l'Università degli studi di Bologna, su sollecitazione della Facoltà di Giurisprudenza, interessata a porre in essere interventi riguardanti la sede ufficiale della Facoltà, stante l'impossibilità di dedicare alla realizzazione dei medesimi le necessarie risorse finanziarie senza violare l'ordine prioritario degli interventi di edilizia universitaria, contemplato e definito anche negli importi dagli atti di programmazione triennale e annuale d'Ateneo, ha acconsentito di procedere attraverso un contratto di sponsorizzazione.

Il relativo avviso, pubblicato nel settembre 2008, è andato però deserto, a causa della concomitante insorgenza della grave congiuntura che ha attanagliato l'economia mondiale e reso non attuale la proposta avanzata dall'Università ad un pubblico (sicuramente circoscritto, ma non perciò indefinito) di potenziali sponsor, che, vuoi in ragione del decremento della produzione e/o delle risorse finanziarie disponibili, vuoi per mera cautela gestionale, ha ritenuto di non poter, allo stato, accedere alla suddetta proposta.

Il che non toglie che, nella prospettiva del superamento di una situazione di crisi economica, che si auspica non remoto, l'istituto mantenga inalterata la sua funzionalità quale strumento utilizzabile dalle p.a. e, segnatamente, dalle Università per ovviare all'inevitabile decremento dei finanziamenti pubblici e per acquisire, sulla base di uno specifico e peculiare modello di partenariato pubblico/privato, risorse finanziarie di derivazione non pubblica idonee a soddisfare esigenze organizzative e di funzionalità della p.a., perseguendo in tal modo insieme al privato interessi fisiologicamente differenti, ma fra loro compatibili nell'ottica del rispetto delle tre condizioni, che hanno reso la sponsorizzazione pratica legittima dell'azione dei pubblici poteri.

Il progetto preliminare dell'intervento ipotizzato, messo gratuitamente a disposizione dell'Università da un primario Studio di progettazione architettonica di Bologna, riguarda lo storico Palazzo Malvezzi Campeggi, sede della Facoltà di Giurisprudenza, ricco di pregevoli elementi architettonici, ma bisognevole da tempo di sostanziosi interventi di manutenzione e di messa a norma e, altresì, di ridistribuzione e recupero degli spazi interni, ivi compresi il sottotetto (attualmente inutilizzato) e la zona monumentale, situata al primo piano dell'edificio, sul fronte di Via Zamboni, da destinare a spazio di rappresentanza e per convegni, oltre che di restauro degli elementi decorativi interni ed esterni e delle arenarie.

In tale prospettiva e per un importo stimato di quadro economico, comprensivo degli oneri di progettazione e sicurezza di euro 4.165.000,00, oltre IVA, il progetto preliminare, approvato dagli organi accademici si propone, attraverso il contratto di sponsorizzazione, il restauro e la rifunzionalizzazione dell'immobile affidando allo sponsor, oltre alla progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione lavori e il collaudo, l'esecuzione dei lavori di restauro e rifunzionalizzazione, di adeguamento degli impianti elettrici e meccanici e rete di trasmissione dati. Si propone, cioè, di rendere l'edificio funzionale e coerente anche sotto il profilo della destinazione degli spazi all'uso a cui è preordinato, avuto riguardo alla sua destinazione in parte ad uffici di Presidenza e amministrativi, in parte ad aule didattiche e per seminari, in parte alla attività di ricerca del personale docente (ad oggi e da sempre sprovvisto di spazi adeguati allo scopo). Allo sponsor - è previsto nello schema di contratto - l'Università si impegna a concedere uno spazio pubblicitario presso l'immobile oggetto dell'intervento, per tutta la durata del contratto, "nel quale comparirà il nome dello sponsor ed eventuali messaggi pubblicitari. Oltre allo spazio pubblicitario nei luoghi oggetto dell'intervento, lo sponsor potrà citare l'intervento di restauro e recupero oggetto di sponsorizzazione nelle proprie campagne pubblicitarie" (art. 5 schema di contratto allegato); ovviamente, l'Università potrà rifiutare immagini o messaggi pubblicitari incompatibili con la destinazione pubblica dell'immobile o lesivi dell'immagine e del decoro dell'Ateneo. Il che rende attuale quanto si osserva in precedenza circa lo specifico e peculiare rapporto tra prestazione e controprestazione, allorché il contratto di sponsorizzazione assurga a strumento, utilizzabile dalle p.a. per soddisfare interessi pubblici e per realizzare risparmi di spesa, con l'effetto di vedere l'attività di pubblicizzazione dell'immagine dello sponsor in qualche modo "marginalizzata" rispetto al corrispettivo offerto, consistente nella realizzazione di opere pubbliche o nella erogazione di servizi o nella fornitura di beni [13].

Ciò premesso e rinviando per i dettagli agli allegati (avviso e schema di contratto di sponsorizzazione), preme qui sottolineare alcuni aspetti caratterizzanti la procedura in oggetto, che hanno comportato una scelta di campo anche in ordine all'interpretazione ed applicazione della disciplina contenuta nel codice dei contratti.

In primo luogo, considerata la consistenza dell'intervento e del relativo quadro economico, si è ritenuto - fermo restando l'interesse dell'Amministrazione a realizzare l'intervento nel suo insieme - di non escludere a priori la possibilità della presa in esame di offerte di sponsorizzazione parziali, intendendosi tale accezioni sia sotto il profilo soggettivo (più sponsor) che oggettivo (con riferimento, dunque, ad una parte soltanto delle lavorazioni). A tale fine, l'avviso prevede che le offerte possano riguardare l'intero progetto di intervento ovvero, in subordine e a condizione che l'amministrazione, a suo insindacabile giudizio, li ritenga utili e opportuni in relazione all'interesse perseguito, interventi parziali riguardanti le varie lavorazioni (oltre che i connessi adempimenti inerenti la progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione lavori, ecc.), così come definite secondo tre distinti moduli funzionali [14], che per la loro sostanziale scindibilità e ferma restando la propedeuticità del modulo a) rispetto al b) (nel senso che dal punto di vista tecnico e costruttivo l'affidamento di quest'ultimo presuppone la previa progettazione ed esecuzione delle lavorazioni di cui al primo modulo funzionale), consentirebbero una attuazione del progetto, ad opera dello stesso sponsor o da parte di sponsor differenti, in momenti diversi e, quindi, anche sulla base di finanziamenti articolati e graduati nel tempo.

Il secondo profilo, su cui vale la pensa soffermarsi, riguarda la procedura si scelta dello sponsor. L'art. 26 del Codice, integrando la disposizione contenuta nell'art. 43 della cit. legge 449/1997, che imponeva unicamente il rispetto dei requisiti pubblicistici di qualificazione con riferimento alla individuazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, oltre a confermare tale prescrizione, ha altresì stabilito - ferma restando l'ascrivibilità del contratto in esame alla categoria dei contratti esclusi - che ai fini della scelta dello sponsor "si applicano i principi del Trattato" e, pertanto, come si è già più sopra rilevato, i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. Il che, se non significa - nonostante l'improprio riferimento contenuto nell'art. 27 alla circostanza che "l'affidamento deve essere preceduto da invito almeno a cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto", caratterizzante le procedure formali c.d. ristrette di appalto - l'obbligatoria osservanza delle regole procedimentali dell'evidenza pubblica, contemplate oggi dal codice dei contratti, comporta comunque il ricorso a procedure concorrenziali, da definire in atti prodromici dell'amministrazione a valenza normativa, suscettibili di garantire il rispetto dei principi del Trattato, sopra enunciati.

Nel caso di specie, in ragione della specifica natura e oggetto del contratto, la Amministrazione, in luogo dell'interpello diretto di potenziali soggetti interessati, ha optato per un avviso pubblico, rivolto ad una platea indeterminata, anche se non indefinita di soggetti, imprenditori e non. Quali criteri di valutazione delle eventuali offerte, in concorrenza fra loro, sono stati individuati parametri oggettivi, strettamente correlati agli obiettivi di pubblico interesse, generali e specifici propri dell'intervento programmato. Del tutto ragionevole è, in tale prospettiva, il rilievo dato in termini di punteggio a chi presenti una offerta di sponsorizzazione per l'intero progetto, ai tempi di esecuzione o a proposte tecniche migliorative rispetto al progetto approvato dagli organi accademici e posto a base di una gara, che non richiede ovviamente l'osservanza di tutte le formalità prescritte dal codice dei contratti, ma che è pur tuttavia caratterizzata da momenti procedimentali definiti nello stesso avviso, quale lex specialis della procedura, nel rispetto dei principi del Trattato.

Da ultimo, lo schema di contratto ha affrontato la questione, che proprio con riferimento alla fattispecie a suo tempo esaminata dall'Autorità per la vigilanza e che ha dato luogo alla determinazione n. 24 del 5 dicembre 2001 e, sulla base di essa, all'attuale disciplina dell'istituto nei rapporti con le p.a., relativa alla messa a disposizione dello sponsor dell'immobile oggetto dell'intervento e al titolo giuridico su cui essa si fonderebbe. Allora, a fronte di un quadro normativo ed interpretativo ancora in fieri, si ipotizzava che la consegna temporanea del bene con obbligo di restituzione ad avvenuta ristrutturazione valesse a concretare un non meglio definito collegamento stabile del bene stesso con lo sponsor, tanto da ipotizzarsi, in sede di quesito che l'affidamento delle lavorazioni potesse addirittura avvenire sulla falsariga dell'istituto della vendita di cosa futura, di cui all'art. 1472 cod. civ., quando è al contrario evidente - e di ciò dà conto anche la cit. determinazione dell'Autorità - che nel caso di contratto di sponsorizzazione si è al di fuori dall'ipotesi in cui l'amministrazione acquisisce un bene da altro soggetto giuridico, trattandosi di immobile che è e resta di proprietà pubblica, sul quale il soggetto privato si offre di eseguire attività di progettazione, direzione lavori, opere di ristrutturazione e/o manutenzione, collaudo, chiedendo come controprestazione la sponsorizzazione del proprio nome. In tale prospettiva, lo schema di contratto (art. 9) stabilisce che la consegna dell'immobile o di porzione di esso (in caso di sponsorizzazione parziale o anche nel caso in cui su richiesta dell'amministrazione le lavorazioni, oggetto del contratto, vengano eseguite gradualmente, onde consentire la fruizione di parte dell'immobile conformemente alle finalità di pubblico interesse cui è destinato) avvenga a mezzo di apposito verbale sottoscritto dalle parti e che la riconsegna avvenga a seguito di esito favorevole del collaudo (art. 13), ferme restando tutte le garanzie (penali, polizze assicurative) che lo stesso schema di contratto definisce, ponendole a carico dello sponsor (e/o dei progettisti e dell'esecutore del contratto), al fine di assicurare il rispetto del termine di esecuzione e di riconsegna dell'immobile e di tenere esente l'Università da qualsivoglia responsabilità correlata alla progettazione ed esecuzione dell'intervento medesimo.

 

Note

[1] I contributi più significativi della dottrina giuscivilistica in materia sono quelli di: M.V. De Giorgi, Sponsorizzazione e mecenatismo, Padova, 1988; M. Bianca, I contratti di sponsorizzazione, Rimini, 1990; S. Gatti, voce Sponsorizzazione, in EdD, Milano, 1990; G. Vidiri, Il contratto di sponsorizzazione: natura e disciplina, in Giust. civ., 2001, 3 segg.

[2] In tal senso, Cass. civ., sez. I, 11 ottobre 1997, n. 9880; cfr., altresì, Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 1996, n. 428.

[3] Si rinvia, in particolare, alla ricostruzione contenuta in G. Piperata, Sponsorizzazione ed interventi di restauro sui beni culturali, in Aedon, 1/2005; D. Mazzilli, G. Mari, R. Chieppa, I contratti di sponsorizzazione, in Trattato sui contratti pubblici (diretto da M.A. Sandulli - R. De Nictolis - R. Garofoli), vol. I, Milano, 2008, 460 segg.

[4] Come ricordano D. Mazzilli, G. Mari, R. Chieppa, op. ult. cit., 466, "Le titubanze di dottrina e giurisprudenza nel riconoscere piena capacità di diritto privato alle pubbliche amministrazioni e nell'ammettere l'utilizzo anche di contratti atipici hanno fatto sì che nel passato anche il legislatore non si sia occupato delle sponsorizzazioni della p.a. Nel settore dei beni culturali, già negli anni ottanta con l'art. 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512, era stata prevista la deducibilità degli oneri sostenuti dai privati per le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche nel campo della cultura. Lo schema non era quello della sponsorizzazione, ma quello della donazione (c.d. mecenatismo culturale), ma si ponevano le basi per l'utilizzo di risorse private nel settore e per la successiva introduzione di vere e proprie forme di sponsorizzazione. Settoriale fu anche l'intervento relativo alle sponsorizzazioni televisive: con l'art. 8, comma 12, della legge 6 agosto 1990, n. 223, con cui è stata disciplinata la sponsorizzazione nei servizi radiotelevisivi ed è stata prevista espressamente la possibilità che un'impresa pubblica fornisca contributi al finanziamento di programmi radiotelevisivi o radiofonici allo scopo di promuovere il proprio nome, marchio, immagine, attività o prodotto. L'intervento era finalizzato a porre limiti per l'autonomia privata in ragione degli interessi coinvolti e della funzione pubblici del servizio radio-televisivo, attraverso, ad esempio la previsione secondo cui il contenuto e la programmazione di una trasmissione sponsorizzata non possono in nessun caso essere influenzati dallo sponsor in maniera tale da ledere la responsabilità o l'autonomia editoriale dei concessionari privati o della concessione pubblica nei confronti delle trasmissioni. La normativa subì poi ulteriori modifiche, dapprima con il d.l. 19 ottobre 1992, n. 408, convertito nella legge 17 dicembre 1992, n. 483, che, oltre a disciplinare le c.d. televendite, fissò ulteriori limiti ai programmi sponsorizzati; e, successivamente, con il d.l. 23 ottobre 1996, n. 545, conv. in legge 23 dicembre 1996, n. 650, che, all'art. 1, comma 20, ha introdotto alcune regole per le sponsorizzazioni delle imprese di radiodiffusione televisiva in ambito locale".

[5] Così G. Piperata, op. cit., 3/12 e nota 10.

[6] In G.U. Serie Generale n. 8 del 10 gennaio 2002.

[7] Si veda, in proposito, G. Piperata, op. cit., e dottrina ivi richiamata; A. Ferretti, Il rapporto esistente tra mecenatismo e sponsorizzazione culturale, in www.lexfor.it 2005.

[8] Cass. civ., sez. I, 11 ottobre 1997, n. 9880 cit.

[9] Sui caratteri dei contratti di sponsorizzazione identificabili nell'ambito dei rapporti con p.a. cfr. G. Piperata, Sponsorizzazione e appalti pubblici degli enti locali, in Riv. trim. app., 2002, 67 segg.

[10] Così la determinazione dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture n. 8 del 2001 cit.

[11] L'art. 27, che non riguarda la sola sponsorizzazione, ma l'intera gamma dei contratti "esclusi", parla di "invito", utilizzando una espressione riferibile alle procedure formali ristrette di gara, vere e proprie.

[12] Tali soggetti non sono necessariamente operatori economici secondo l'accezione comunitaria e tanto meno secondo l'elencazione di cui all'art. 34 del d.lg. 163/2006, ben potendo trattarsi di soggetti "altri", organizzati secondo una formula associativa, fondazioni, consorzi o altro.

[13] Sul rapporto tra prestazione e controprestazione nei contratti di sponsorizzazione utilizzati nell'ambito dell'azione pubblica, di cui sopra si è detto, e sulla graduazione di detto rapporto può incidere significativamente la natura ed il ruolo dello sponsor. L'interesse alla promozione della propria immagine, marchio, o logo che sia, sarà particolarmente rilevante laddove lo sponsor sia costituito, in una fattispecie quale quella in esame, da una impresa di costruzione specializzata nel restauro di edifici storici e sempre più attenuato ove si tratti invece di una fondazione bancaria o, addirittura, di un'associazione avente come finalità prevalente, se non esclusiva, la realizzazione dell'intervento oggetto del contratto.

[14] Si vedano gli allegati ed, in particolare, l'avviso di sponsorizzazione a pagg. 3/7.

 

 



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