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Incontro di studio L'intervento pubblico per la promozione
delle attività culturali – Cinema e spettacolo dal vivo

(Roma, 9 ottobre 2007)

Le risorse destinate allo spettacolo dal vivo e al cinema:
lo strumento fiscale

di Maria Cecilia Fregni

Sommario: 1. Premessa. - 2. Il riconoscimento di benefici fiscali allo spettacolo dal vivo: limiti applicativi. - 3. Le risorse destinate alle attività dello spettacolo dal vivo: cenni generali. - 4. Le attività cinematografiche: la leva fiscale come risorsa per lo sviluppo. - 5. Gli incentivi fiscali introdotti dalla legge finanziaria per il 2008. - 6. Conclusioni.

1. Premessa

La promozione delle attività culturali è tema di vastissima portata, che coinvolge più livelli di intervento da parte degli enti ed istituzioni (basti por mente al complesso e non del tutto risolto intreccio di funzioni tra Stato, regioni ed enti locali risultante dal Titolo V della Costituzione) [1] e si presta più di altri ad una disamina delle interrelazioni e possibilità di sinergie tra settore pubblico e settore privato. In questo ambito, un ruolo di rilievo è rivestito dal tema delle risorse. Questione primaria, da cui una riflessione compiuta del settore non può prescindere, e nondimeno questione complicata da istanze che sovente perdono i connotati della mera analisi di tipo economico, o economico-giuridico, ed assumono la valenza di scelta "ideologica", che influenza e indirizza i sistemi e modelli.

Se si guarda in specie allo strumento fiscale, parlare di risorse parrebbe a prima vista un ossimoro, una contraddizione in termini. Il fisco infatti, nella percezione comune, "toglie" e non "dà"; solo per via mediata, diremmo per via deduttiva, se ne può comprendere l'inquadramento tra le risorse che necessitano per promuovere e far funzionare al meglio la costosa macchina culturale. Eppure, basta por mente al fatto che i tributi assolvono ad una funzione redistributiva e servono in maniera precipua al finanziamento delle spese dello Stato e degli enti pubblici territoriali in genere per collegare il fenomeno fiscale a quello del finanziamento (pubblico) della cultura.

Ma non solo. La prospettiva può essere in questo campo diversa. Infatti, posto che la promozione della cultura rientra tra i principi fondamentali tutelati dalla Costituzione, ex art. 9, la cultura in senso lato diviene un settore ritenuto meritevole di interventi ulteriori. Garantirne lo sviluppo e la crescita è possibile anche prevedendo un sistema efficiente di gestione e redistribuzione delle risorse: da un lato attraverso il meccanismo delle sovvenzioni e dei contributi in genere; dall'altro attraverso un sistema che, pur con nomi diversi, può inquadrarsi nell'ambito delle agevolazioni e/o esenzioni in senso lato.

Sotto quest'ultimo profilo, la leva fiscale agisce rinunciando a tutto o parte del prelievo che le spetterebbe al momento dell'avverarsi del presupposto d'imposta, o consentendo l'utilizzo da parte dei contribuenti di crediti d'imposta che perseguono in sostanza il medesimo fine e che a buon diritto in questo campo possono dirsi di carattere agevolativo [2]. Come vedremo più avanti, l'introduzione di misure in senso lato agevolative incontra due ostacoli rilevanti: da un lato, occorre verificare l'impatto del minor gettito (per lo Stato relativamente ai tributi erariali o per gli enti territoriali relativamente ai tributi regionali e locali) provocato dalle agevolazioni od esenzioni riconosciute a determinate fattispecie o ad interi settori; dall'altro, occorre verificare che il beneficio fiscale non osti al divieto di aiuti di Stato posto dal Trattato CE, ai sensi dell'art. 87. In specie, si può affermare che il legislatore italiano, dovendo sottostare per l'adozione di meccanismi premiali al vaglio, da parte della Commissione europea, di non incompatibilità con i principi della concorrenza attuati nel Mercato comune, opera nella specie in un contesto di sovranità fiscale limitata.

2. Il riconoscimento di benefici fiscali allo spettacolo dal vivo: limiti applicativi

Se è vero che il nostro ordinamento è abbastanza generoso nel riconoscere una serie di benefici fiscali, è altrettanto innegabile però che il passaggio consistente nella loro fruizione concreta presenta una serie di profili e limitazioni che ne circoscrivono a volte l'applicazione (più) estesa.

Alcune di queste limitazioni hanno una ragionevolezza ineccepibile ed, anzi, sono ricollegabili alle regole generali che presidiano i rapporti d'imposta in genere. In specie, la concessione dei benefici fiscali, pur giustificata dall'intento di favorire settori (quale quello culturale) a cui si riconosce un ruolo fondante nella trama complessa delle società più avanzate, passa tuttavia attraverso una serie di controlli rigorosi, di tipo formale e sostanziale, culminanti nell'attività di accertamento da parte dell'Amministrazione finanziaria, volta a individuare e sanzionare conseguentemente: le irregolarità negli adempimenti; forme più o meno sofisticate di evasione fiscale, e, non ultimi, i casi di abuso o di utilizzo improprio dei benefici medesimi in carenza dei requisiti soggettivi od oggettivi.

Fin qui, nulla quaestio: i fondi devoluti alle attività del Terzo settore poggiano in larga misura su di una sorta di patto fiduciario, fondato (anche) sulla trasparenza nel gestire attività riconosciute come utili nel loro complesso alla collettività. I controlli e la repressione degli abusi da parte di alcuni assolvono anche alla funzione di mantenere inalterato questo rapporto di fiducia, impedendo che gli errori di qualcuno vadano a ledere gli interessi ed i valori di cui è portatrice la maggioranza degli enti no profit.

Più suscettibile di critica pare invece un altro profilo, che emerge quando il percorso dell'attuazione normativa, in specifiche fattispecie, finisce per essere connotato da interpretazioni ingiustificatamente restrittive, che tendono ad escludere casi non espressamente e chiaramente riportabili alla littera legis [3]. Un caso emblematico può essere richiamato tra i tanti: come è noto, sui contratti di scrittura per gli spettacoli viene applicata l'aliquota del 10% (ridotta dunque rispetto all'ordinario 20%) ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Con la finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 300) è stata introdotta una norma di interpretazione autentica secondo cui "per contratti di scrittura connessi con gli spettacoli teatrali n. 119 Tabella Iva devono intendersi i contratti di scrittura connessi con gli spettacoli individuati al n. 123", ossia: "spettacoli teatrali di qualsiasi tipo, compresi opere liriche, balletto, prosa, operetta, commedia musicale, rivista; concerti vocali e strumentali; attività circensi e dello spettacolo viaggiante, spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti" [4]. Con tale richiamo espresso alle fattispecie annoverate nel n. 123 della Tabella è stata finalmente superata l'interpretazione restrittiva fornita dall'Amministrazione finanziaria [5], in base alla quale l'aliquota del 10% poteva essere applicata solo ai contratti di scrittura connessi al teatro e alle attività ad esso equiparate, e non anche ai concerti vocali o strumentali.

C'è stato bisogno dunque di una norma di interpretazione autentica, da applicare con effetto retroattivo [6], per sovvertire l'orientamento restrittivo del fisco.

Analogo problema si ripresenta ora sotto un altro versante: vi era infatti chi, invero forse troppo sbrigativamente, aveva tratto la conclusione che l'aliquota del 10% potesse applicarsi non solo alle prestazioni artistiche stricto sensu, bensì anche a tutte le prestazioni tecniche direttamente strumentali alla realizzazione degli spettacoli (forniture audio, video e luci, noleggio strumenti, impianti, palchi, scenografie, ecc., nonché prestazioni del personale addetto alla progettazione, installazione e funzionamento degli impianti e strutture).

Orbene, in una recente risoluzione - sia pur relativa ai concerti di musica leggera - si è rilevato invece che il testo recato dal n. 119 della Tabella A, Parte III, allegata al d.p.r. n. 633 del 1972 individua e delimita l'ambito applicativo dell'aliquota agevolata del 10 per cento, in osservanza di quanto disposto dalla normativa comunitaria di riferimento, che all'art. 98, comma 2, della Direttiva CE, 28 novembre 2006, n. 112 stabilisce che le aliquote IVA ridotte "si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell'allegato III", tra le quali, al numero 9), sono individuate le "prestazioni di servizi fornite da o diritti da versare a scrittori, compositori e artisti interpreti". Ne consegue, secondo l'Amministrazione finanziaria, che per l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata occorre fare riferimento alle sole prestazioni oggetto degli anzidetti "contratti di scrittura" le quali assumono connotazione artistica, cioè alle prestazioni rese "da soggetti che forniscono un apporto interpretativo o innovativo, di tipo personale e professionale, all'evento spettacolistico". Risultano invece escluse dall'ambito applicativo del n. 119) della Tabella A, Parte III le prestazioni di servizi rese da soggetti coinvolti nell'allestimento dello spettacolo, che siano preordinate alla realizzazione della struttura o alla fornitura di materiali (es. fornitura di service, pianoforti, palchi, affitto locali, ecc.): "le suddette prestazioni, infatti, costituiscono generiche prestazioni di servizi, come tali soggette all'aliquota IVA ordinaria" [7].

3. Le risorse destinate alle attività dello spettacolo dal vivo: cenni generali

La questione delle risorse è strategica per lo sviluppo di un settore nevralgico per la cultura del nostro Paese. Ancor oggi, e in prospettiva futura, il grosso dei fondi erogati agli enti che operano nel settore dello spettacolo dal vivo proviene dal versante pubblico e ancor oggi il FUS viene ripartito in maniera sperequata, essendo la maggior parte delle risorse del medesimo attribuita alle fondazioni liriche. Il "mercato" è ancora troppo poco presente, così come latitanti o marginali appaiono nel settore dello spettacolo dal vivo le regole del mercato, intese non come liberismo sfrenato, in cui la logica del profitto rischia di distruggere o negare asilo alle forme di creatività meno in linea con le tendenze del momento, o a situazioni di nicchia o di sperimentazione di scarso appeal economico, bensì come regole di efficienza, buona amministrazione, attenzione al rapporto costi/benefici, in una parola, come corretta gestione di un ente e delle risorse che ad esso pervengono a vario titolo [8].

Vero è che le entrate pubbliche non sono l'unica voce di entrata, in quanto il sistema si presenta in genere come un sistema "misto", in cui accanto ai fondi ed alle sovvenzioni pubbliche si collocano anche le erogazioni provenienti da privati (persone fisiche o persone giuridiche). Un ruolo rilevante, ma spesso non sufficiente, è assolto inoltre dagli introiti derivanti dal prezzo dei biglietti che gli spettatori sono tenuti a corrispondere ai teatri.

Sul versante delle attività dello spettacolo dal vivo non si registrano novità di rilievo sotto il profilo fiscale, nonostante da tempo si avverta l'esigenza di una revisione complessiva e (più) razionale [9]: basti ricordare in questa sede che il trattamento varia secondo il soggetto che svolge l'attività. Più specificamente, l'attività dello spettacolo può essere esercitata da società, che operano con finalità lucrative e rientrano a pieno titolo nel settore delle imprese commerciali, e nel regime fiscale ad esse afferenti (Ires le società di capitali e gli enti equiparati; Irpef le società di persone), ovvero può essere esercitata da associazioni, fondazioni, enti che hanno una finalità istituzionale non commerciale e si collocano nel vasto alveo del c.d. Terzo settore, o settore no profit, che dal punto di vista fiscale comprende gli enti non commerciali, le ONLUS, le cooperative sociali fino alle più o meno grandi associazioni di volontariato.

Non vi è dunque una diversificazione o un trattamento peculiare, all'interno di questo vasto genus, che riguardi i beni e le attività culturali e, in specie, le attività collegate alle varie forme di spettacolo.

Il Terzo settore gode, come è noto, di un'ampia serie di agevolazioni ed esenzioni fiscali, sia nel campo delle imposte dirette che in quello delle imposte indirette; basti solo porre mente al fatto che le sovvenzioni ed i contributi erogati da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di attività aventi finalità sociali ed esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo [10].

Richiamo in questa sede brevemente la questione inerente alle erogazioni liberali da parte di privati [11]. Se l'erogazione viene effettuata da un'impresa, questa può essere dedotta dal reddito delle medesima, ai sensi ed alle condizioni previste dall'art. 100 del testo unico delle imposte sui redditi (d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917), mentre per le persone fisiche e gli enti non commerciali è prevista la detraibilità, per il 19%, "delle erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2% del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo". Questo prevede l'art. 15, che tuttavia presenta anche una disposizione di particolare rigore per i soggetti beneficiari dell'erogazione, dal momento che le erogazioni non utilizzate per le finalità sopra indicate dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, alle entrate dello Stato.

Mi pare che il sistema "premiale" - per i soggetti eroganti - delle erogazioni liberali attualmente in vigore rappresenti un primo e non definitivo passo verso meccanismi più funzionali ed organici, soprattutto ove venga posto a raffronto con i più perfezionati modelli di altri Paesi, primi fra tutti quelli nordamericani, ove la raccolta di fondi da privati rappresenta invece uno strumento efficiente e pervasivo, anche se ultimamente non immune da critiche, per sovvenzionare organismi e attività culturali.

Segnalo con favore, da ultimo, l'allargamento anche alle fondazioni nazionali di carattere culturale dello strumento del "cinque per mille", ossia della facoltà accordata a tutti i contribuenti di optare, in sede di dichiarazione annuale, per la devoluzione di una quota corrispondente, per l'appunto, al cinque per mille dell'imposta dovuta, a favore di enti che svolgano attività ritenute meritorie dal legislatore [12]; più specificamente, con l' art. 45 del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 2008, n. 31 è stata estesa, per l'anno finanziario 2008, anche alle fondazioni nazionali di carattere culturale, la possibilità di essere destinatarie della devoluzione di una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

4. Le attività cinematografiche: la leva fiscale come risorsa per lo sviluppo

Vorrei portare ora l'attenzione sull'elemento di maggiore novità nel panorama degli interventi normativi attinenti all'ambito culturale di questi mesi. Mi riferisco, in specie, alle attività cinematografiche, sulle quali si è concentrato l'intervento legislativo, attraverso un "pacchetto" di iniziative che la manovra fiscale collegata alla finanziaria per il 2008 ha ora messo in cantiere.

Sono d'obbligo alcune considerazioni preliminari. In primo luogo, la questione "cinema" è vissuta oggi come una priorità, anche sotto la spinta mediatica di alcuni movimenti autoriali, e anche se le soluzioni proposte per risolvere la crisi del settore sono molto differenti, a seconda della prospettiva di partenza. Vi è chi nega che il cinema italiano di oggi sia in crisi, rilevando la rinnovata attenzione del pubblico (invero concentrata soprattutto su alcune opere), dopo anni di palese disaffezione [13]. Vi è chi invoca un più pregnante intervento dello Stato e del settore pubblico nel sostegno ad un ambito che ha contribuito a costruire l'identità culturale del nostro Paese, a partire dal dopoguerra. Ancora, vi è chi sottolinea la non efficiente gestione nel sistema delle erogazioni dei contributi pubblici da parte della Commissione a ciò deputata, stigmatizzando in specie i dati di cassetta poco esaltanti o addirittura la mancata distribuzione di opere sovvenzionate (si è parlato a tal proposito di film inutili, o "invisibili", o di progetti approvati e finanziati ma mai realizzati). Non da ultimo, su altro versante, vi è chi pone l'accento sul difficile dialogo con il sistema creditizio.

Il cinema è un ambito "ibrido" per sua natura, in cui arte e industria devono coesistere [14], e nel quale si affacciano nuovi Paesi e nuovi mercati che sovente vincono sotto il profilo della qualità, oltre che della quantità (basti solo porre mente alla cinematografia asiatica). Il cinema italiano, in specie, soffre di alcune criticità, che sono state lucidamente evidenziate anche in sede parlamentare: scarsità della produzione cinematografica; difficoltà per la produzione indipendente e nel mercato della distribuzione [15]. A questo si aggiunga il fattore linguistico, che rappresenta un deterrente non di poco conto alla diffusione all'estero dei nostri prodotti, essendo l'italiano una lingua (troppo) poco conosciuta e parlata [16].

Il quadro in cui si inserisce il cinema di oggi è dunque altamente competitivo, soprattutto se si vuole mantenere o recuperare una posizione di primo piano, e soggetto a profondi mutamenti tecnologici. Emerge in tutta la sua urgenza la necessità di portare l'Italia al passo con gli altri Paesi che hanno adottato una serie di misure che sono risultate, alla prova dei fatti, un valido ausilio all'implementazione del settore.

Non si tratta solo di ovviare ai limiti strutturali e finanziari del Fondo unico per lo spettacolo, ed alle esigue risorse che esso destina alle attività cinematografiche, cifre invero irrisorie se raffrontate, ad esempio, a quelle che la Francia mette a disposizione del Centro nazionale per la cinematografia [17]. Si tratta di incidere in una situazione in cui "alla effettiva scarsità di risorse pubbliche destinate a sostenere la cinematografia si associa un sintomatico ristagno della dinamica tra l'offerta e la domanda di cinema italiano che trova pochi sbocchi" [18], dando regole efficaci al rinnovato bisogno di dinamismo e consentendo il rilancio della cinematografia italiana, anche relativamente alle produzioni indipendenti.

Se guardiamo alle esperienze straniere, possiamo notare che altrove sono stati previsti sistemi di finanziamento specifici per il cinema. Ad esempio, il sistema di finanziamento del cinema francese comprende tre fonti principali [19]:

- un fondo di sostegno del Centro nazionale della cinematografia, alimentato dalla TSA (una tassa sul prezzo del biglietto), dalla tassa sull'incasso delle reti televisive (fatturato, pubblicità, canone ed abbonamenti) e da una tassa su video e DVD e su Internet, e fondi regionali;

- un contributo delle reti televisive per la produzione nazionale ed europea;

- sistemi di incentivo fiscale (SOFICA, credito d'imposta).

Si distingue tra sostegno automatico, che consiste in una sorta di finanziamento "virtuale" per il produttore [20], e sostegno selettivo, che ha uno scopo differente, in quanto mira a sovvenzionare prodotti di riconosciuto valore culturale, è in genere attribuito a produttori indipendenti ed è rappresentato da anticipi alla produzione rimborsabili a condizioni favorevoli per il produttore e attribuiti secondo la qualità artistica dei progetti, sentito il parere di commissioni composte da professionisti, prima dell'inizio delle riprese.

I SOFICA sono stati creati nel 1985 e consentono ai privati una deduzione fiscale dal reddito [21], mentre il credito d'imposta è stato istituito nel 2004 e consente una riduzione d'imposta per le imprese di produzione sulla base della spesa tecnica per i film [22].

Altri Paesi, invero, hanno posto in essere misure più o meno estese di incentivazione fiscale, con un certo successo sotto il profilo dell'attrazione di nuovi capitali da investire in opere cinematografiche e dell'implementazione della cinematografia nazionale; volendo restare in Europa, si va dai certificats d'investissement del Granducato del Lussemburgo ad una forma di tax shelter introdotta in Belgio a partire dal 2004, senza contare le misure approntate da Irlanda e Regno Unito. In vari casi, ad es. a Malta, a partire dal 2005, si agisce sulla leva fiscale anche con lo scopo precipuo di attrarre produzioni straniere, in modo da alimentare il circolo virtuoso (anche per il turismo e la valorizzazione di un territorio) che la location di un film può comportare.

5. Gli incentivi fiscali introdotti dalla legge finanziaria per il 2008

Non è questa la sede per esaminare partitamente i disegni e le proposte di legge che sono stati avanzati sulla riforma del cinema in generale. Rilevo soltanto che essi, al di là delle anche sostanziali differenze e della più o meno compiuta articolazione, presentano come tratto comune la necessità di innovare il sistema pubblico di sostegno e di intervenire riorganizzando e razionalizzando l'assetto normativo e che, non essendo possibile intervenire ulteriormente in questo ultimo scorcio di legislatura, essi possono rappresentare una buona base di partenza da cui riprendere ogni discorso di riforma complessiva della normativa sul cinema [23]. Una riforma in cui, è da sottolineare, il sostegno e l'assistenza non vogliono e non devono essere o trasformarsi in assistenzialismo.

Occorre invece dar conto di quanto è stato fatto in concreto dal legislatore, anticipando che le rilevanti innovazioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2008 (legge 244/2007), all'art. 1, commi 325-343, sono al momento lettera morta, mancando l'"autorizzazione", ex art. 88 del Trattato CE, della Commissione europea all'adozione di benefici fiscali sugli investimenti nel cinema che potrebbero essere lesivi del divieto di concorrenza fissato dalla normativa sugli aiuti di Stato [24]. In altri termini, posto che ogni normativa nazionale agevolativa in senso lato che riguardi le imprese è suscettibile di incorrere nel divieto di aiuti di Stato, anche l'applicazione dei meccanismi incentivanti previsti dalla legge finanziaria per il 2008 è subordinata alla condizione che venga riconosciuta la sussistenza dei requisiti per godere della cosiddetta "eccezione culturale" [25]. Alcuni precedenti - per es. l'introduzione del tax shelter in Belgio [26] - fanno ragionevolmente ritenere che l'esito della procedura comunitaria possa essere positivo anche nel nostro caso [27].

Non solo. Occorre per l'attuazione anche un decreto del ministro per i Beni e le Attività culturali, adottato di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze, sentito il ministro dello Sviluppo economico; tale decreto avrebbe dovuto essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria. Solo nella prossima legislatura si vedrà dunque se si vorrà dare pronto avvio a questo "pacchetto" incentivante.

La scelta del legislatore italiano è stata di agire in primo luogo sulla leva degli incentivi fiscali, lasciando ad un momento successivo una riforma "di sistema" che tocchi tutto l'assetto organizzativo. Si tratta di un regime transitorio, di durata pluriennale, nel quale sia possibile monitorare anno per anno l'andamento di tali incentivi, apportando se del caso le opportune correzioni. Muovendo la leva dei finanziamenti, l'obiettivo dichiarato è di far crescere il nostro cinema: "se si strutturerà in modo adeguato, è ragionevole prevedere che al termine del periodo "agevolato" si registrino benefici strutturali con conseguenti incrementi di gettito rispetto ad oggi" [28].

Con la legge finanziaria per il 2008 (legge 244/2007), all'art. 1, commi 325-343 è stata dunque introdotta per la prima volta una serie organica di incentivi fiscali riguardanti il cinema (con esclusione, per il momento, dell'audiovisivo). Il legislatore si è mosso su un triplice fronte: quello dei crediti d'imposta [29], quello delle esclusioni dal reddito degli utili e quello dell'erogazione di un contributo straordinario per le sale cinematografiche.

Per quanto concerne i crediti d'imposta, è stato previsto in primo luogo un credito d'imposta "esterno", di cui possono fruire i soggetti passivi Ires e gli imprenditori individuali non appartenenti al settore cinematografico, ma interessati ad investire nei prodotti cinematografici [30], ed un credito d'imposta "interno", utilizzabile da parte delle imprese che intervengono a vario titolo nella filiera del cinema.

Il credito d'imposta "esterno" è riconosciuto dunque ai soggetti esterni alla "filiera", che possono essere incentivati ad investire nel cinema contribuendo all'aumento dei volumi produttivi ed al rafforzamento dei sistema cinematografico italiano, caratterizzato da un significativo numero di imprese a bassa o bassissima patrimonializzazione ed alta mortalità [31]. Il rischio dell'intrapresa è fortemente ridotto: a tali soggetti è infatti riconosciuto per gli anni 2008, 2009 e 2010 un credito d'imposta nella misura del 40 per cento, fino all'importo massimo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta, dell'apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell'art. 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 [32]. Le imprese di produzione cinematografica destinatarie di questi apporti non possono comunque trasformarsi in meri "mediatori finanziari" e devono riservare una quota degli utili alla patrimonializzazione dell'impresa produttrice; a tale proposito, è stato disposto che essi hanno l'obbligo di utilizzare l'80 per cento di dette risorse nel territorio nazionale, impiegando manodopera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l'apprendistato in tutti i settori tecnici di produzione.

Crediti d'imposta "interni" sono poi riconosciuti per il triennio 2008-2010, sempre ai fini delle imposte sui redditi, alle imprese operanti direttamente nel settore; più in particolare:

a) per le imprese di produzione cinematografica, in misura pari al 15 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell'art. 5 del d.lg. 28/2004, e, comunque, fino all'ammontare massimo annuo di euro 3.500.000 per ciascun periodo d'imposta, condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all'80 per cento del credito d'imposta stesso;

b) per le imprese di distribuzione cinematografica, pari: 1) al 15 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'art. 7 del d.lg. 28/2004, con un limite massimo annuo di euro 1.500.000 per ciascun periodo d'imposta; 2) al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, con un limite massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d'imposta; 3) al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'art. 7 del citato d.lg. 28/2004, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta [33];

c) per le imprese di esercizio cinematografico, pari: 1) al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l'introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000; 2) al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'art. 7 del d.lg. 28/2004 [34], con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta.

Con riferimento alla medesima opera filmica, i benefici suddetti non sono cumulabili a favore della stessa impresa ovvero di imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario nonché di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell'art. 2359 del codice civile.

Anche alle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione è riconosciuto un credito d'imposta, per il triennio sopra richiamato, in relazione a film, o alle parti di film, girati sul territorio nazionale, utilizzando manodopera italiana, su commissione di produzioni estere, in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola opera e comunque con un limite massimo, per ciascuna opera filmica, di euro 5.000.000. Sotto questo profilo, di notevole rilevanza per il volume d'affari oggi implicato, si vuole rendere più conveniente per le grandi produzioni estere, e più attraente sotto il profilo della concorrenza e competitività con altri Paesi, il fatto di avvalersi dei servizi di produzione nazionali, di manodopera italiana nonché delle potenziali locations di cui l'Italia abbonda.

Tutti questi crediti d'imposta non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'Irap e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione di altre imposte ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 [35].

Accanto all'insieme di crediti d'imposta come sopra suddivisi, sono state previste (ai commi 338 e 339 dell'art. 1) anche due fattispecie di esclusione dal reddito, concessa però solo alle imprese che tengono la contabilità ordinaria ai sensi degli artt. 13 e 18, comma 6, del testo unico sull'accertamento delle imposte sui redditi (d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600). E' stato disposto in specie che non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette gli utili dichiarati dalle imprese di produzione e di distribuzione cinematografica che li impiegano nella produzione o nella distribuzione dei film di cui all'art. 2, commi 2, 4, 5 e 6, del d.lg. 28/2004 [36], riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'art. 5 del citato d.lg. ed espressione di lingua originale italiana.

Parallelamente, sono stati esclusi dal reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, nel limite massimo del 30 per cento, gli utili dichiarati dalle imprese italiane operanti in settori diversi da quello cinematografico, le quali, da sole o per mezzo di accordi con società di produzione e di distribuzione cinematografica, li impiegano nella produzione o nella distribuzione dei film di cui all'art. 2, commi 2, 4 e 5, del d.lg. 28/2004, riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'art. 5 del citato d.lg.

Infine, è stato previsto un contributo straordinario, che non pare subordinato a disposizioni successive di attuazione e che dovrebbe pertanto essere reso immediatamente disponibile. Secondo l'art. 1, comma 342, della legge finanziaria per il 2008, allo scopo di assicurare lo sviluppo e l'adeguamento tecnico e tecnologico delle sale cinematografiche e, di conseguenza, una sempre migliore fruizione del prodotto cinematografico sul territorio, al Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche [37]è assegnato un contributo straordinario di 2 milioni di euro per l'anno 2008, di 8 milioni di euro per l'anno 2009 e di 10 milioni di euro per l'anno 2010. Il fine dichiarato è dunque di favorire le imprese di esercizio ed i proprietari di sale cinematografiche nella realizzazione di nuove sale o nel ripristino di quelle inattive, nonché nell'adeguamento delle strutture e nel rinnovo delle apparecchiature, con particolare riguardo all'introduzione di impianti automatizzati o di nuove tecnologie; questione questa di particolare rilievo, ma di cui in questa sede si può fare solo cenno, richiedendo invece una riflessione non affrettata, che tenesse conto da un lato dell'avvento dei multiplex e, dall'altro, della progressiva chiusura dei cinema (d'essai o meno) nei centri storici delle nostre città.

6. Conclusioni

Vorrei concludere con qualche annotazione ulteriore. I crediti d'imposta, le esclusioni dall'imponibile e i contributi per le sale cinematografiche introdotti dalla legge finanziaria per il 2008 delineano un mutamento nell'approccio al tema: è significativo, infatti, che si sia partiti dall'aspetto economico, nella consapevolezza che questa possa essere la chiave di volta per rafforzare il nostro cinema. L'aspetto relativo alle risorse - nel caso di specie, alle risorse derivanti dall'utilizzo degli strumenti premiali concessi dal legislatore fiscale - opportunamente precede e non segue la pur necessaria riforma del sistema verso un assetto semplificato e più razionale, che comprenda anche un taglio dei compliance costs e di adempimenti burocratici a volte farraginosi, che presumibilmente richiederà tempi più lunghi di gestazione.

Analogamente, è significativo che il tentativo sia quello di affrancare parzialmente il sistema dalla dipendenza dai finanziamenti pubblici, in specie, dal Fondo unico per lo spettacolo, "stimolando la creazione di un network integrato e concorrenziale tra operatori della filiera, evitando duplicazioni delle agevolazioni nell'ambito di singole realtà imprenditoriali o di singoli gruppi" [38].

Manca all'appello, nel testo della Legge finanziaria per il 2008, quanto disposto dall'art. 40 del disegno di legge 1817 e relativo alla previsione di una percentuale obbligatoria di trasmissione di opere europee, ed italiane, da parte delle emittenti televisive, dei fornitori di contenuti televisivi e di fornitori di programmi in pay-per-view, nonché all'obbligo di riservare una quota dei propri introiti annui netti derivanti da pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, da provvidenze pubbliche e da offerte televisive a pagamento alla produzione, preacquisto ed acquisto di opere europee, comprese quelle italiane [39].

A mio giudizio, allo stato attuale, non si poteva fare di più, anche perché queste forme ulteriori di finanziamento meritano una riflessione più meditata, diversa dalla sede normativa in cui invece sono state inserite le misure approvate di cui ho fornito un breve riscontro [40]. Si tratta di misure specifiche, che permettono di derogare parzialmente alle regole generali sull'imposizione e che sono comunque soggette a condizioni rigorose [41]. Sono misure, per il momento temporanee, limitate ad un triennio, ma non sono da leggersi come un espediente di breve respiro per raccogliere finanziamenti, bensì come una prima importante tappa verso una strutturazione più moderna e forte del settore, direi anche per certi versi meno autoreferenziale, in vista del rafforzamento del mercato interno e di una rinnovata sfida verso nuovi mercati.

Credo che già questi siano provvedimenti di notevole impatto, se le imprese sapranno sfruttarli adeguatamente, e che comunque rappresentino un valido ausilio (non una stampella assistenzialistica) alla crescita ed allo sviluppo del settore cinematografico, analogamente a quanto si è già verificato in altri Paesi, privilegiando le idee e i talenti, nel rispetto della libertà d'espressone e del principio della diversità e del pluralismo culturale.

 

 

Note

[1] Su cui cfr. da ultimo C. BARBATI, Spettacolo, in Dizionario di diritto pubblico diretto da S. Cassese, Milano, 2006, ad vocem; ID., La promozione pubblica dello spettacolo: i soggetti (note di contesto per una disciplina di sistema, in Aedon, n. 3/2007.

[2] Ricordiamo che l'espressione "credito d'imposta" nel diritto tributario è ambivalente, in quanto indica sia il credito del fisco verso il contribuente, sia l'opposto. In questa seconda accezione, il credito d'imposta viene utilizzato per svariati motivi, connessi in genere alla restituzione al contribuente di pagamenti derivanti non da indebito, ma da caratteristiche peculiari a determinate fattispecie, per es., nell'Iva sulle esportazioni o nelle accise, ovvero in relazione a fenomeni di doppia imposizione per coloro che percepiscono redditi di fonte estera. In particolare, cospicua è la presenza di crediti d'imposta accordati nell'ordinamento tributario per ragioni agevolative o extrafiscali, come è nel caso che ci occupa (v. par. 5). Sui crediti d'imposta cfr., in generale, F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, IX ed., Torino, 2006, pag. 308 e segg. Sulle agevolazioni fiscali e sulla loro funzione v. F. FICHERA, Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992, passim.

[3] La tendenza non è prettamente italiana. Si veda, ad esempio, Corte di Giustizia CE, 23 ottobre 2003, n. C-109/02, la quale ha dichiarato in contrasto con quanto disposto dall'art. 12, n. 3, lett. a), terzo comma, della Sesta Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di imposta sulla cifra d'affari, l'adozione nella Repubblica federale di Germania di un'aliquota Iva ridotta (pari al 7%) sulle prestazioni che complessi musicali fornivano direttamente in pubblico o per un organizzatore di concerti, e di una aliquota ordinaria applicata ai solisti che non operassero contemporaneamente anche come organizzatori del concerto. Più specificamente, diversamente da quanto previsto per le orchestre, le prestazioni fornite dai solisti ad un organizzatore di concerti erano assoggettate all'Iva normale, mentre ad essi veniva applicata l'aliquota ridotta solo quando potevano qualificarsi, oltre come interpreti, anche come organizzatori.

[4] La legge finanziaria per il 2008 ha ora esteso l'aliquota Iva del 10% prevista per gli spettacoli di burattini anche agli spettacoli di maschere ed ai corsi mascherati e in costume ovunque tenuti: v. art. 1, comma 79, d.lg. 24 dicembre 2007, n. 244.

[5] Cfr. Ris. Min., 15 giugno 2004, n. 83/E. Si leggano gli accorati accenti di C. GASDIA, Cari ministri, liberate la musica dai capricci dell'Iva, in Il Sole 24 Ore, 15 novembre 2006, n. 310, pag. 1 e 10, che chiedeva uguale trattamento agevolato per una orchestra quando interpreta un'opera lirica o un balletto e quando interpreta un programma sinfonico o un concerto.

[6] V. Circ. min. 7 giugno 2007, n. 37/E: "Per quanto riguarda il numero 119) della medesima Tabella A il riferimento in esso contenuto ai contratti di scrittura "connessi con gli spettacoli teatrali" e la mancata definizione di spettacolo teatrale hanno determinato dubbi interpretativi. La norma di interpretazione autentica introdotta dal comma 300 in commento supera le problematiche sorte in merito al concetto di "spettacolo teatrale", precisando il contenuto dell'espressione "contratti di scrittura connessi con gli spettacoli teatrali" di cui al numero 119) della Tabella A in argomento. In sostanza la norma chiarisce che i contratti di scrittura, ai quali si riferisce il numero 119), Parte III della Tabella A allegata al d.p.r. n. 633 del 1972 e ai quali, pertanto, si applica l'IVA nella misura del 10 per cento, sono quelli connessi con gli spettacoli individuati al citato numero 123), ovvero spettacoli teatrali di qualsiasi tipo, compresi opere liriche, balletto, prosa, operetta, commedia musicale e rivista, concerti vocali e strumentali, attività circensi e dello spettacolo viaggiante, spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti. Pertanto, l'aliquota IVA del 10 per cento si applica a tutti i contratti di scrittura connessi con gli spettacoli indicati al numero 123) della Tabella A allegata al d.p.r. n. 633 del 1972 ovunque tenuti. La natura interpretativa della norma in commento comporta che essa trovi applicazione anche ai rapporti pendenti, che non abbiano esaurito i loro effetti al momento dell'entrata in vigore della legge n. 296 del 2006 (1° gennaio 2007)". Nella pratica però può sorgere il problema di come sia possibile effettuare variazioni in diminuzione, a fronte del decorso di un anno che rappresenta il limite temporale fissato dall'art. 26 del decreto Iva (d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633).

[7] Ris. Agenzia Entrate, 28 dicembre 2007, n. 393/E.

[8] Sia consentito rinviare a M.C. FREGNI, Attività teatrali e trattamento delle sovvenzioni: profili fiscali, in Aedon, n. 2/2002, par. 2. Si dichiara da tempo fautore dell'ingresso del mercato M. TRIMARCHI, Le regole del gioco: azione pubblica e spettacolo dal vivo al bivio, in Aedon, n. 3/2007; ID., Lo spettacolo dal vivo tra responsabilità istituzionali e opportunità economiche, in Aedon, n. 2/2002; ID., "Vengan denari"... Risorse, criteri e meccanismi per il finanziamento dello spettacolo dal vivo, in Aedon, n. 3/2000.

[9] V. F. TESAURO, Il "diritto delle attività teatrali": una breve premessa, in Aedon, n. 2/2002, il quale rilevava che i tempi erano maturi per la creazione di un corpo organico di norme sullo spettacolo dal vivo.

[10] M.C. FREGNI, op. cit., par. 6.

[11] Per più ampi ragguagli cfr. S. GIANONCELLI, La fiscalità delle erogazioni liberali al terzo settore, nell'ambito di una ricerca sulla Fiscalità del Terzo settore svolta presso l'Università C. Cattaneo di Castellanza e diretta dal prof. G. Zizzo.

[12] Si veda, per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata da alcune regioni in relazione al "cinque per mille", Corte cost., 18 giugno 2007, n. 202, in Riv. Dir. Fin., 2007, I, pag. 80 (con nota di S. CIPOLLINA, La Corte costituzionale ed il 5 per mille per il volontariato e la ricerca). Sul tema v. anche S. GIANONCELLI, op. cit., par. 3.2.

[13] Ritiene "dato inconfutabile" la rinascita del cinema italiano il produttore R. TOZZI: "Il rilancio nasce dal nuovo rapporto tra autori e produttori avviatosi all'inizi degli anni 2000, dalla creazione di uno star system nazionale e da un cinema che ha ripreso a raccontare" (v. M. MELE, Venezia 2007, l'anno dell'Italia, in Il Sole 24 Ore, 28 agosto 2007, inserto Cinema-Rapporti, pag. 1).

[14] Sul finire del 2007, in una intervista a Style, magazine del Corriere della Sera, il regista e produttore Ridley Scott sintetizza così il suo pensiero: "Fare film, e non è cinico affermarlo, è commercio e arte: a volte prevale il primo, a volte la seconda. La macchina di Hollywood funziona, impossibile imitarla, sostituirla nella sua forza granitica e dalle molte sfaccettature e dai tantissimi talenti, artistici o industriali, da box office. Oggi, poi, il passo a due tra tv e cinema sta dando risultati eccezionali e sta alzando la qualità di tutti i prodotti".

Sul rapporto tra cultura e mercato nel cinema cfr. amplius G. ENDRICI, Il sostegno pubblico all'attività cinematografica, in Aedon, n. 1/2006, par. 1.

[15] Si veda la relazione della sen. V. Franco in sede di esame del disegno di legge n. 1120 "Disposizioni generali in materia di promozione delle attività cinematografiche e audiovisive, nonché deleghe al Governo in materia di agevolazioni fiscali al settore cinematografico ed audiovisivo" del 25 luglio 2007.

[16] Diverso, ma collegato, è il problema del doppiaggio e della sottotitolazione, discusso ampiamente nel corso dell'Audizione presso la VII Commissione permanente del Senato della Repubblica (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) dell'11 ottobre 2006.

[17] Nella relazione della sen. Franco (pag. 2) si rimarca che il FUS, che è stato soggetto ad un progressivo depauperamento, destina solo il 18% circa alle attività cinematografiche: " si tratta di circa 78 milioni di euro nel 2006 destinati a finanziare tutta la filiera: produzione, distribuzione, esercizio, promozione, formazione, attività delle istituzioni e degli enti cinematografici pubblici". E ciò mentre ad esempio in Francia il Centro nazionale per la cinematografia, ente pubblico di gestione di tutti gli interventi di sostegno e promozione, ha avuto a disposizione, nel 2005, ben 525 milioni di euro. Più ottimistico il quadro fornito dal min. per i Beni e le attività culturali Rutelli in un'intervista concessa in occasione dell'apertura della Mostra del cinema di Venezia (v. M. MELE, Venezia 2007, l'anno dell'Italia, cit., pag. 1): "Già nella finanziaria 2007 il Fus (Fondo unico per lo spettacolo) è stato aumentato del 30% rispetto al 2006, portandolo a 441 milioni di euro; vanno aggiunti 17 milioni di euro concessi allo spettacolo e al cinema sui fondi del Lotto e l'istituzione di due fondi extra Fus da 20 milioni ciascuno: il primo per il co-finanziamento con le regioni, il secondo per gli enti e i grandi eventi (in particolare per continuare a finanziare l'extra Fus il gruppo pubblico cinematografico), liberando risorse in favore dei privati e perequando di fatto la percentuale del FUS assegnata al cinema (18% contro il 25% previsto dalla legge 163 che istituì il Fus)".

[18] Sono ancora osservazioni tratte dalla relazione della sen. Franco, pag. 3.

[19] Cfr. F. HURARD, Il finanziamento del cinema in Francia. CNC, Roma, 11 giugno 2005.

[20] V. F. HURARD, op. cit., ove si rileva che il sostegno automatico viene calcolato sul fatturato del film (sala, video, vendita TV) con la doppia caratteristica di essere allo stesso tempo un'anticipazione del successo (più gli incassi sono alti, più il sostegno è sostanziale) e un risparmio vincolato (il sostegno iscritto sul conto del produttore al Centre national de la cinématographie deve essere reinvestito in un nuovo film riconosciuto nazionale).

[21] Si tratta di società anonime, introdotte con legge 11 luglio 1985, n. 85-695, il cui oggetto esclusivo è il finanziamento di opere cinematografiche o audiovisive approvate dal Ministero della Cultura. In sostanza, sono società di investimento, di durata decennale, in cui gli azionisti privati possono beneficiare di una deduzione fiscale dal reddito netto imponibile, mentre le società azioniste possono beneficiare di una particolare forma di ammortamento. Due sono le modalità d'investimento consentite: versements en numéraire, sous la forme d'un contrat d'association à la production, ovvero souscription au capital de sociétés dans la réalisation d'oeuvres cinématographiques ou audiovisuelles. V. T. GEORGIEVA, Mesures fiscale de soutien à l'industrie du cinéma et de l'audiovisuel en France, au Luxemburg et en Belgique, in www.obs.coe.int/online_publication/expert/taxsupport2006.pdf.fr, la quale rileva che, dal punto di vista delle persone fisiche azioniste, i SOFICA riguardano generalmente contribuenti con notevole capacità contributiva (pag. 2).

[22] Si vedano gli artt. 220-sexies, 220 F e 223 O del Code général des impots, nei quali è concesso un credito d'imposta alle sole società di produzione, per le opere realizzate in Francia.. Cfr. T. GEORGIEVA, op. cit., pag. 3 e segg., nonché la scheda tecnica di G. di MURO, In Francia fare cinema... c'est plus facile, in www.agenziaentrate.it, ove si annota che la deduzione è pari al 20 per cento e il credito d'imposta corrisponde a un valore compreso tra il 6 e il 10 per cento del costo del film.

[23] Si vedano i disegni di legge n. 1646 a prima firma sen. Russo Spena; n. 1559 del 10 maggio 2007 a prima firma sen. Pellegatta; la proposta di legge n. 2309 del 1° marzo 2007 dell'on. Ciocchetti; la proposta di legge n. 1096 del 13 giugno 2006 a prima firma on. Rositani. La proposta di legge n. 2303 presentata il 28 febbraio 2007 a prima firma on. Carlucci si differenzia dalle precedenti in quanto concentra l'attenzione in specie su di una serie di misure fiscali (riduzione al 4% dell'Iva per DVD e prodotti editoriali audiovisivi; introduzione del tax shelter, agevolazioni fiscali in favore della produzione, distribuzione e dell'esercizio cinematografici). La maggiore articolazione si rinviene nel disegno di legge n. 1120 del 26 ottobre 2007, a prima firma sen. Franco, del quale segnalo in specie, per il rilievo fiscale, l'art. 10, che prevede l'istituzione di un Fondo per il finanziamento del cinema e dell'audiovisivo alimentato anche attraverso una sorta di "imposta di scopo" e l'art. 30, ove è contenuta una delega al Governo per una serie di misure di incentivazione ed agevolazione fiscale, con la previsione di una serie di crediti d'imposta, della deducibilità o detraibilità dalle imposte dirette degli investimenti compiuti da imprese non operanti nel settore cinematografico ed audiovisivo, di riduzione ed armonizzazione dell'Iva.

[24] Secondo l'art. 88, comma 3 del Trattato CE: "Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile, perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell'art. 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrado precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale".

[25] Sul tema v. in generale E. CHITI, La disciplina europea del cinema e dello spettacolo dal vivo, in Aedon, n. 3/2007; G. ENDRICI, op. cit., par. 2.

Posto che il comma 1 dell'art. 87 dispone che "sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi fra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza", il comma 3 individua una serie di eccezioni, in quanto "Possono considerarsi compatibili con il mercato comune: (...) lett. d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune".

L'art. 1, commi 334 e 343, della legge finanziaria per il 2008 prevede che le agevolazioni possano essere fruite esclusivamente in relazione agli investimenti realizzati e alle spese sostenute successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

[26] La Commissione europea ha approvato il 30 giugno 2004, caso n. 410/02, sia pure condizionandolo ad un limite temporale, il credito d'imposta belga utilizzabile da parte di imprese che investono nella produzione cinematografica ed audiovisiva belga, con il quale si è posto fine ad un modello di produzione basato solo su finanziamenti provenienti da fondi pubblici. Nel luglio 2007 tale limite temporale - in scadenza nel giugno dello stesso anno - è stato prorogato al 31 dicembre 2009.

[27] Si veda del resto Com(2004) 171 (pubblicata in Gu C 123/1 del 30.4.2004), ove la Commissione europea richiama i criteri utilizzati per valutare la compatibilità con il Trattato CE dei sistemi di aiuti alla produzione cinematografica e televisiva, i quali si sostanziano: a) nel rispetto del criterio generale della legalità e b) in criteri specifici di compatibilità per gli aiuti di Stato alla produzione cinematografica e televisiva, affermando testualmente che, per quanto concerne il settore del cinema in Europa, "le principali preoccupazioni della Commissione non riguardano il volume degli aiuti, poiché questi, essendo finalizzati a sostenere la cultura, sono compatibili col trattato". I timori della Commissione sono invece rivolti verso "alcuni requisiti in materia territoriale, cioè le "clausole di territorializzazione" di alcuni sistemi di aiuti. Tali clausole impongono ai produttori l'obbligo di spendere una certa somma del bilancio del film in un particolare Stato membro come condizione di idoneità a ricevere l'intero importo degli aiuti. Le clausole di territorializzazione possono costituire un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, dei beni e dei servizi all'interno della Comunità e possono pertanto frammentare il mercato interno e impedirne lo sviluppo". "Tuttavia, la Commissione ritiene che queste clausole possano essere giustificate a certe condizioni e nei limiti fissati dalla comunicazione, al fine di garantire che continuino ad essere disponibili le capacità umane e tecniche necessarie per la creazione culturale".

[28] Così il min. Rutelli, in M. MELE, op. cit., pag. 1.

[29] Secondo la Relazione al disegno di legge 1817 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sub art. 7, il modello di tax credit proposto ed adottato si giustifica in ragione di due prioritarie esigenze di corretta e trasparente gestione contabile e fiscale: "Da un lato, infatti, tenuto conto che il beneficio del credito d'imposta deriva dalla compensazione tra quest'ultimo e il debito fiscale, gli interi flussi finanziari saranno automaticamente sottoposti ad un continuo ed automatico monitoraggio da parte dell'Agenzia delle entrate. Dall'altro, proprio in quanto operante in funzione di debito fiscale (a sua volta funzione della base imponibile), lo strumento in esame mira anche ad una finalità di incentivazione all'emersione dell'utile d'impresa". Si avverte peraltro che "l'introduzione del credito d'imposta - quando non opportunamente pianificato - può generare due effetti distorsivi: "il mancato gettito per l'erario può non essere compensato da un aumento significativo dei volumi produttivi e, conseguentemente, di reddito del settore agevolato; l'agevolazione può favorire pratiche produttive orientate ad un meta-business piuttosto che stimolare la crescita e la solidità del sistema imprenditoriale".

[30] In specie, il comma 325 si riferisce ai soggetti di cui all'art. 73 del testo unico delle imposte sui redditi (d.p.r. n. 917 del 1986), e ai titolari di reddito di impresa ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo.

[31] In tal senso v. la Relazione al disegno di legge 1817 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sub art. 7.

[32] Questo beneficio si applica ai contratti di associazione in partecipazione di cui all'art. 2549 ed ai contratti di cointeressenza agli utili di cui all'art. 2554 del codice civile.

Recita l'art. 5 del d.lg. 28/2004 (Riconoscimento della nazionalità italiana):

"1. Ai fini dell'ammissione ai benefici previsti dal presente decreto, le imprese nazionali di produzione presentano all'autorità amministrativa competente istanza di riconoscimento della nazionalità italiana del film prodotto, corredata della ricevuta del versamento del contributo per spese istruttorie, secondo le modalità indicate con il decreto di cui all'articolo 8, comma 4. Nell'istanza, il legale rappresentante dell'impresa produttrice attesta la presenza dei requisiti per il riconoscimento provvisorio della nazionalità italiana e dichiara l'osservanza dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria e dei relativi oneri sociali, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

2. Ai fini di cui al comma 1, le componenti artistiche e tecniche del film da prendere in considerazione, sono le seguenti:

a) regista italiano;

b) autore del soggetto italiano o autori in maggioranza italiani;

c) sceneggiatore italiano o sceneggiatori in maggioranza italiani;

d) interpreti principali in maggioranza italiani;

e) interpreti secondari per tre quarti italiani;

f) ripresa sonora diretta in lingua italiana;

g) autore della fotografia cinematografica italiano;

h) montatore italiano;

i) autore della musica italiano;

l) scenografo italiano;

m) costumista italiano;

n) troupe italiana;

o) riprese ed uso di teatri di posa in Italia;

p) utilizzo di industrie tecniche italiane;

q) effettuazione in Italia di almeno il trenta per cento della spesa complessiva del film, con riferimento alle componenti tecniche di cui alle lettere n), o), p), nonché agli oneri sociali.

3. Ai fini del riconoscimento dei requisiti soggettivi, i cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea sono equiparati ai cittadini italiani.

4. E' riconosciuta la nazionalità italiana ai film che presentano le componenti di cui al comma 2, lettere a), b), c), f), n) e q), almeno tre delle componenti di cui al comma 2, lettere d), e), g), h), almeno due delle componenti di cui al comma 2, lettere i), l), m), e almeno una delle componenti di cui al comma 2, lettere o) e p).

5. Per i requisiti di cui al comma 2, lettere f) ed n), possono essere concesse deroghe, per ragioni artistiche o culturali, previo parere della Commissione di cui all'articolo 8, con provvedimento del Direttore generale competente.

6. Le imprese produttrici sono tenute a presentare al direttore generale competente, entro il termine di trenta giorni dalla data di presentazione della copia campione, apposite istanze di riconoscimento definitivo della nazionalità italiana del film e di ammissione ai benefici di legge, corredate dei documenti necessari. Il Direttore generale provvede su tali istanze entro i successivi novanta giorni. I film che abbiano i requisiti di cui al presente articolo vengono iscritti, all'atto del provvedimento di riconoscimento definitivo, in appositi elenchi informatici istituiti presso la Direzione generale competente.

7. Agli effetti dell'assolvimento degli obblighi di programmazione o del conseguimento di benefici da parte degli esercenti di sale cinematografiche, sono considerati nazionali i film che hanno ottenuto il riconoscimento provvisorio di nazionalità italiana di cui al comma 1 e sono considerati film di paesi appartenenti alla Unione europea i film anche coprodotti dai suddetti paesi. In alternativa o in assenza del certificato d'origine, fa fede la nazionalità indicata nel nulla osta di programmazione al pubblico".

[33] Tra i fruitori del beneficio fiscale non sembrano ricompresi, sulla base del disposto normativo, i distributori di film italiani all'estero.

[34] Secondo l'art. 7 del d.lg. 28/2004 (Riconoscimento dell'interesse culturale):

"1. Contestualmente all'istanza di cui all'articolo 5, comma 1, del presente decreto, le imprese nazionali di produzione possono chiedere anche il riconoscimento dell'interesse culturale.

2. Per il riconoscimento dell'interesse culturale, i film devono presentare le componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere a), b), c), d), e), f), n), o), p) e q); ed almeno quattro delle componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere g), h), i), l) ed m).

3. Per ragioni artistiche o culturali, il Direttore generale competente può concedere deroghe per le componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere f), n) ed o), previo parere della Commissione di cui all'articolo 8.

4. I film cortometraggi devono presentare le componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), fatta salva la possibilità di deroghe, per ragioni artistiche o culturali, previo parere della Commissione di cui all'articolo 8".

[35] Sulla compensazione cfr., in generale, S.M. MESSINA, La compensazione volontaria, in AA.VV., Autorità e consenso nel diritto tributario a cura di S. La Rosa, Milano, 2007, pag. 69 e segg.; ID., La compensazione nel diritto tributario, Milano, 2006, passim.

[36] Recita l'art. 2 del d.lg. in questione (Definizioni):

"1. Ai fini del presente decreto, per film si intende lo spettacolo realizzato su supporti di qualsiasi natura, anche digitale, con contenuto narrativo o documentaristico, purché opera dell'ingegno, ai sensi della disciplina del diritto d'autore, destinato al pubblico, prioritariamente nella sala cinematografica, dal titolare dei diritti di utilizzazione.

2. Per lungometraggio si intende il film di durata superiore a 75 minuti.

3. Per cortometraggio si intende il film di durata inferiore a 75 minuti, ad eccezione di quelli con finalità esclusivamente pubblicitarie.

4. Per film di animazione si intende il lungometraggio o cortometraggio con immagini realizzate graficamente ed animate per mezzo di ogni tipo di tecnica e di supporto.

5. Per film di interesse culturale si intende il film che corrisponde ad un interesse culturale nazionale in quanto, oltre ad adeguati requisiti di idoneità tecnica, presenta significative qualità culturali o artistiche o eccezionali qualità spettacolari, nonché i requisiti di cui all'articolo 7, comma 2.

6. Per film d'essai si intende il film, individuato dalla Commissione di cui all'articolo 8, espressione anche di cinematografie nazionali meno conosciute, che contribuisca alla diffusione della cultura cinematografica ed alla conoscenza di correnti e tecniche di espressione sperimentali. Ai fini dell'ammissione ai benefici del presente decreto, sono equiparati ai film d'essai:

a) i film riconosciuti di interesse culturale dalla Commissione di cui all'articolo 8;

b) i film d'archivio, distribuiti dalla Cineteca nazionale e dalle altre cineteche pubbliche o private finanziate dallo Stato, ed i film prodotti dal Centro sperimentale di cinematografia;

c) i film ai quali sia stato rilasciato l'attestato di qualità ai sensi dell'articolo 17, comma 2;

d) i film inseriti nelle selezioni ufficiali di festival e rassegne cinematografiche di rilievo nazionale e internazionale".

[37] Art. 12, comma 1, del d.lg. 28/2004, e successive modificazioni.

[38] V. la Relazione al disegno di legge 1817 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sub art. 7.

[39] L'obbligo di destinazione di parte dei ricavi complessivi annui derivanti dall'offerta radiotelevisiva, nonché i ricavi pubblicitari connessi alla stessa, alle opere europee, con una percentuale destinata espressamente alle opere cinematografiche "di espressione originale italiana" ovunque prodotte, secondo l'art. 40 sopra menzionato, doveva riguardare anche la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, così come un contributo doveva essere fornito dagli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili, sia pure "gradualmente e tenuto conto delle condizioni del mercato".

[40] E' stato piuttosto acceso negli ultimi tempi il dibattito intorno all'introduzione, analogamente a quanto avviene in Francia, di una forma di contribuzione, erroneamente a mio avviso definita "tassa di scopo", finalizzata al coinvolgimento nel finanziamento del cinema di soggetti (quali gli operatori di rete, delle emittenti televisive nazionali e dei fornitori di contenuti audiovisivi) che traggono profitto dallo sfruttamento a vario titolo dalle opere cinematografiche. In modo "larvale", poiché la questione meriterebbe ben altri approfondimenti ed indagini anche comparatistiche, e pur comprendendo le ragioni che militano a favore di una qualche forma di contribuzione di "parti interessate", mi pare che, allo stato attuale, vi siano non poche controindicazioni all'introduzione di una tassa di scopo, che a mio avviso deve avere per sua natura carattere eccezionale e limitato nel tempo (si veda, ad esempio, il finanziamento delle opere pubbliche - scuole, strade, ecc. - attuabile attraverso un'imposta di scopo da parte di comuni e province, ai sensi della Legge finanziaria per il 2007 (legge 296/2007); tale strumento, invero, è stato adottato per ora solo in casi sporadici), dato che le imposte generalmente non hanno una destinazione specifica, ma servono al finanziamento di varie voci di spesa dello Stato e degli enti territoriali nell'osservanza del principio di unicità del bilancio. Senza contare il rischio, in settori come quello in esame, di addossare il peso di un nuovo tributo sul consumatore finale-spettatore, attraverso un rialzo dei prezzi.

[41] Possono comunque estendersi alla situazione italiana le osservazioni di T. GEORGIEVA, Mesures fiscale de soutien à l'industrie du cinéma et de l'audiovisuel en France, au Luxemburg et en Belgique, cit., pag. 9, la quale (relativamente a Francia, Belgio e Lussemburgo) rileva che, allo stato attuale, "on ne peut pas encore parler du droit fiscal des médias mais plutot d'une émergence des régimes dérogatoires", concludendo peraltro che "Toutefois, la volonté du législateur national de soutenir cette industrie par la voie fiscale est d'ores et déjà visibile".

 



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