Tutela del patrimonio culturale
Autotutela e consumazione del potere. Sulla decisione n. 88/2025 della Corte costituzionale
di Paolo Varricchio [*]
Sommario: 1. Premessa. - 2. Il fatto, le questioni e la soluzione della Corte. - 3. Legittimo affidamento e certezza del diritto: due pesi... e una misura? - 4. Spunti conclusivi.
Il contributo analizza la sentenza n. 88/2025 della Corte costituzionale. La Consulta ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 nella parte in cui, alla scadenza del termine perentorio per l’adozione del provvedimento di secondo grado, non sarebbe garantita un’adeguata tutela degli interessi sensibili di rango costituzionale, come, nel caso di specie, la tutela del patrimonio culturale.
Parole chiave: annullamento d’ufficio, legittimo affidamento, patrimonio culturale.
Administrative self-review and expiration of authority. On Constitutional Court decision no. 88/2025
The contribution analyzes Constitutional Court decision no. 88 of 2025, in which the Consulta upholds the constitutionality of article 21-nonies, paragraph 1, law no. 241/1990, confirming that the expiry of the peremptory time limit for second-level measures does not, in itself, compromise the protection of constitutionally significant interests such as cultural heritage.
Keywords: administrative annulment; legitimate expectation; cultural heritage.
Sono trascorsi quasi ottant’anni da quando Santi Romano, interrogandosi sui connotati e sulla latitudine del potere amministrativo, lo definiva “generale, [...] unico e inesauribilmente identico” [1], al punto che “esso non si risolve, come da molti erroneamente si crede, in tanti poteri diversi e distinti, quanti i casi in cui si esplica e si fa valere” [2]. L’evoluzione della disciplina della funzione di riesame (art. 21-nonies, legge 7 agosto 1990, n. 241) [3], una “storia di fissazione di limiti e condizioni” [4], rappresenta uno dei momenti più nitidi dell’abbandono della concezione romaniana del potere [5].
La Corte costituzionale, con la decisione n. 88/2025, ha segnato un ulteriore momento di tale cambio di paradigma: nell’affrontare il delicato tema del bilanciamento tra tutela del patrimonio culturale e consumazione del potere di annullamento d’ufficio, la Consulta ha riconosciuto prevalenti le ragioni sottese al secondo. Su tutte, l’“affidabilità del sistema-Paese” [6]. Il conseguente rigetto delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21-nonies cit., lungi dall’interessare profili “di settore”, trascina con sé l’odierna perimetrazione del rapporto tra amministrazione e amministrati, di cui il diritto dei beni culturali è spia e misura.
Interrogarsi sull’azionabilità sine die del potere di riesame al fine di offrire un’adeguata tutela al patrimonio storico e artistico significa, invero, sia scegliere il punto di equilibrio tra due interessi assai diversi sia, soprattutto, definire la consistenza e il peso del legittimo affidamento dei privati sulla stabilità delle decisioni amministrative.
La sentenza della Corte, pur senza porsi in linea di continuità con quella dottrina che ravvisa finanche “qualche perplessità” [7] nella previsione del potere di annullamento d’ufficio, ne perimetra di netto la latitudine logica - e, dunque, pratica - coerentemente col dato letterale dell’art. 21-nonies cit.
2. Il fatto, le questioni e la soluzione della Corte
Appare opportuno ripercorrere le linee essenziali del fatto sotteso alle questioni di legittimità costituzionale per due ragioni: cogliere la frequenza di situazioni analoghe sussumibili nella fattispecie in esame; apprezzare, specialmente nei suoi risvolti critici, il modo in cui la vicenda ha orientato i principi espressi dalla Corte.
L’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali annullava d’ufficio l’attestato di libera circolazione (art. 68, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) di una tela raffigurante “una figura femminile, attribuita alla scuola italiana del XVI secolo” [8], rilasciato sei anni prima, poiché medio tempore, in seguito ad un restauro, si scopriva che la stessa rappresenta la celebre “Allegoria della pazienza” del Vasari, parte della collezione della moglie del richiedente, “la cui famiglia era legata per parentela ad un cardinale, storico committente del Vasari, il cui motto tornò visibile sulla tela” [9]. La p.a., in particolare, qualificava l’illegittimità del primo provvedimento in termini di eccesso di potere per travisamento dei fatti e per falsa rappresentazione degli stessi.
Il Tar rigettava il ricorso avverso il provvedimento di riesame, sia per l’operare dell’eccezionale regime di cui all’art. 21-nonies comma 2-bis sia perché la p.a. avrebbe avuto conoscenza dell’effettiva paternità dell’opera soltanto un anno prima dell’adozione dell’atto impugnato.
Il Consiglio di Stato, nel riformare la decisione di primo grado, escludeva che si versasse in un’ipotesi di falsa rappresentazione dei fatti: da un lato, la suindicata descrizione dell’oggetto non appariva mendace, ma, al più, generica; dall’altro lato, la provenienza dell’opera non rientrava tra i dati di cui sarebbe stata obbligatoria la comunicazione all’ente [10].
Tanto premesso, dunque, il ministero della Cultura non avrebbe potuto aggredire l’attestato di libera circolazione dell’opera, intanto ceduta dal richiedente ad una società straniera. Di qui il motivo che ha spinto il giudice amministrativo a sollevare le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21-nonies cit., “in riferimento agli artt. 3, primo comma, 9, primo e secondo comma, 97, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 1, lettere b) e d), e 5, lettere a) e c), della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 e ratificata dall’Italia con la legge 1° ottobre 2020, n. 133, nella parte in cui stabilisce il limite temporale fisso di un anno (e non solo “il rispetto del termine flessibile ‘ragionevole’”) per l’annullamento d’ufficio delle autorizzazioni illegittime anche con riguardo a quelle che siano incidenti su un interesse sensibile e di rango costituzionale, come la tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione” [11].
Le censure condividono, quale nucleo comune, l’intollerabilità di termini perentori al cospetto dell’“interesse ‘super-primario’ alla protezione del patrimonio culturale” [12].
La Corte ha dichiarato inammissibile, per carenza di motivazione, la questione relativa al contrasto dell’art. 21-nonies cit. con gli obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano con la Convenzione di Faro, mancando “qualsiasi illustrazione delle ragioni per le quali la normativa censurata integrerebbe una violazione del parametro costituzionale” [13].
Le altre questioni (artt. 3, 9, 97 Cost.) sono state dichiarate infondate per plurime ragioni [14], così sintetizzabili:
a) l’evoluzione dei limiti temporali [15] del potere di annullamento d’ufficio ha condotto all’elaborazione di una “regola di certezza dei rapporti [tra il potere pubblico e i privati], che rende immodificabile l’assetto (provvedimentale-documentale-fattuale) che si è consolidato nel tempo, [sì da far] prevalere l’affidamento”, espressione di un “‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione [...] nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza” [16]. Tra i precedenti citati sul punto dalla Consulta, si segnala la nota sentenza n. 45 del 2019, sui poteri di controllo attribuiti alla p.a. in caso di Scia. Questi, infatti, rappresentano soltanto una “parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi” [17]. Il decorso dei relativi termini di esercizio, inoltre, determina l’“effetto estintivo di tale potere” e il “consolidamento definitivo della situazione soggettiva dell’interessato” [18];
b) il potere amministrativo risponde, oggi, non alla “logica della preminenza” ma a quella del “servizio” [19]. In tal senso, l’interesse pubblico, più che il “fine”, è la “causa” del potere. Applicando tali coordinate, il riesame del provvedimento è espressione di un potere autonomo, disciplinato da regole proprie, diverse da quelle dell’attività su cui va ad incidere, “quanto a presupposti, a disciplina procedimentale e a portata della discrezionalità di cui la funzione di autotutela è espressione” [20];
c) in sede di riesame, alla luce dell’autonomia del relativo potere, “gli interessi considerati in primo grado - pur di rilievo costituzionale - acquistano diversa consistenza, perché si confrontano con interessi ulteriori, di natura privata e pubblica: nel valutare l’an dell’annullamento, non solo l’organo competente deve tenere in considerazione l’interesse pubblico primario in precedenza tutelato dal provvedimento invalido, ma deve soppesare anche quelli, sempre di natura pubblica, al ripristino della legalità (che spesso trova coincidenza con l’interesse del controinteressato pregiudicato dal provvedimento emesso in favore di altri) e alla certezza delle relazioni giuridiche, nonché la posizione, di natura privata, di affidamento del destinatario della determinazione favorevole” [21];
d) la tutela degli interessi di rango costituzionale è garantita dalla disciplina del procedimento di primo grado. Al di là delle note regole disseminate nella legge sul procedimento amministrativo [22], la Consulta analizza la disciplina sull’attestato di libera circolazione (art. 68 d.lg. n. 42/2004 cit.), evidenziandone i profili di specialità funzionali a preservare “l’integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti” (art. 64-bis, comma 1, d.lg. n. 42/2004 cit.) [23];
e) poiché l’interesse culturale è puntualmente tutelato nella sua sede procedimentale “naturale”, col decorso del termine annuale di esercizio del potere di riesame non appare irragionevole che a prevalere sia il diverso interesse alla certezza e alla stabilità dei rapporti giuridici pubblici [24];
f) da ultimo, il termine perentorio non viola, ma attua il principio del buon andamento [25].
3. Legittimo affidamento e certezza del diritto: due pesi... e una misura?
Le considerazioni della Consulta orbitano intorno alla tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto. Il primo sarebbe una “ricaduta e declinazione ‘soggettiva’” della seconda, la quale, a propria volta, integra un “elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto” [26]. Le nozioni, data la rilevanza che assumono nella trama della sentenza, meritano una precisazione.
L’affidamento del privato (destinatario o controinteressato) conforma in due momenti l’attività di secondo grado: ex ante, per il tramite del bilanciamento degli interessi in gioco e a pena di invalidità del provvedimento; ex post, riconoscendo il risarcimento del danno conseguente alla violazione dei precetti di buona fede [27]. In entrambe le forme di tutela, l’oggetto dell’affidamento è la stabilità del risultato amministrativo [28].
La Corte costituzionale si occupa della prima delle due ipotesi, in quanto la consumazione del potere di riesame è una forma di tutela ponderativa, con prevalenza legale degli interessi sottesi al legittimo affidamento e alla certezza del diritto. La suggerita vicinanza tra i due concetti, in cui il primo è derivazione del secondo, potrebbe essere rimeditata.
L’affidamento, infatti, rileva “solo se legittimo” [29], ossia incolpevole, secondo un costante insegnamento della giurisprudenza comunitaria [30], invero già desumibile dai principi che governano il diritto civile [31]. Così, il legislatore esclude l’operatività del termine perentorio alle condizioni di cui al comma 2-bis dell’art. 21-nonies cit. (v. supra).
La falsità e il mendacio, tuttavia, non esauriscono il novero delle ipotesi di affidamento colpevole-immeritevole, che potrebbe altresì emergere nei casi di condotte dolose (diverse da quelle di cui al comma 2-bis) o, comunque, colpose. In queste ultime situazioni, decorso il termine annuale, non operando il regime eccezionale di cui al comma 2-bis, si avrebbe la consumazione del potere di riesame pur a fronte di un affidamento colpevole. Pertanto, delle due l’una: o a questi casi si applica analogicamente la disciplina eccezionale o, forse più opportunamente, si nega che la previsione del termine perentorio tuteli il legittimo affidamento, da intendersi quale situazione giuridica soggettiva fondata sulla buona fede.
A ben vedere, la (terza e differente) soluzione, individuata dalla Consulta, per cui il “legittimo” affidamento sarebbe un corollario del principio di certezza del diritto, non spiega perché il potere si consumerebbe anche nelle ipotesi di affidamento colpevole diverse dalla falsità e dal mendacio. Sul punto, appare preferibile la tesi, autorevolmente sostenuta, secondo cui il fondamento del legittimo affidamento è da rinvenirsi nel principio di buona fede [32]. In questa prospettiva, per le ragioni esposte, la disciplina del termine decadenziale “fisso” tutela il solo interesse pubblico alla certezza del diritto, inteso come il complesso delle situazioni giuridiche sorte in conseguenza dell’assetto provvedimentale di primo grado [33]. Ciò consente di sussumere nella regola del termine perentorio anche le ipotesi di affidamento colpevole diverse dal comma 2-bis cit. Il potere amministrativo, quindi, è consumato dalla prevalenza di un interesse pubblico “fondamentale”, non di una situazione giuridica soggettiva.
V’è da chiedersi, poi, se la soluzione della Corte, senz’altro apprezzabile sul piano della teoria generale del rapporto tra amministrazione e amministrati, sia l’unica prospettabile nella vicenda in esame.
In particolare, nonostante la razionalità complessiva delle considerazioni svolte nella motivazione, potrebbe comunque residuare il dubbio circa la compatibilità tra un potere fisiologicamente esauribile e il peculiarissimo interesse (costituzionale [34]) alla protezione e valorizzazione del patrimonio culturale. Specie ove si consideri che la logica del “servizio” [35], invocata dalla Consulta, è concetto ambiguo, le cui implicazioni divergono a seconda che si guardi al titolare del bene culturale o ai suoi potenziali fruitori: nel primo caso, giustificando il termine annuale; nel secondo caso, assicurando lo statuto costituzionale della tutela del patrimonio culturale.
La stessa distinzione tra “fine” e “causa” del potere [36], solo accennata, non appare nitida, né risolutiva.
Nella fattispecie all’attenzione della Consulta, inoltre, pare opportuno porre l’accento, più che sulle molte considerazioni di ordine sistematico, sulla previsione della validità quinquennale dell’attestato di libera circolazione (art. 68, comma 5, d.lg. n. 42/2004) [37]. Il decorso del termine, infatti, attribuisce nuovamente alla p.a. un potere “di primo grado”, il cui esercizio è assistito dalla riespansione delle garanzie di tutela dell’interesse culturale. Ne consegue che, con riguardo all’istituto dell’attestato di libera circolazione [38], è lo stesso legislatore a prevedere una forma di riesame (in senso lato e) indiretta, che consente di armonizzare l’esauribile potere di annullamento d’ufficio con l’inesauribile bisogno di tutelare il patrimonio culturale.
Per altra via, a monte del giudizio costituzionale, è lecito domandarsi se si sarebbe potuto ricondurre il provvedimento eliminativo di secondo grado, qualificato dal g.a. in termini di annullamento d’ufficio, nel potere di revoca (art. 21-quinquies legge n. 241/1990 cit.). Nel caso in esame, più che di riesame del provvedimento, infatti, si è dinanzi ad un classico esempio di revisione del risultato del provvedimento [39]. In tal senso, gli elementi pittorici sopravvenuti - i quali, emersi solo all’esito del restauro dell’opera, hanno consentito di attribuirla al Vasari - sarebbero rilevanti sub specie di «mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento», ai sensi dell’art. 21-quinquies legge n. 241/1990 cit.
Tale diversa qualificazione avrebbe avuto un pregio e un difetto. Il primo si sarebbe risolto nel sottrarre il potere all’esercizio del termine decadenziale, così garantendo l’interesse costituzionale al patrimonio culturale. Il secondo avrebbe comportato la conseguente irrilevanza delle questioni di legittimità costituzionali, la cui soluzione, ad ogni modo, offre agli interpreti l’occasione di fare il punto su una norma di grande interesse generale e settoriale.
Note
[*] Paolo Varricchio, dottorando di ricerca in Studi giuridici comparati ed europei presso l’Università degli Studi di Trento, Via Verdi 53, 38122 Trento, paolo.varricchio@unitn.it.
[1] S. Romano, voce Poteri, Potestà, Frammenti di un dizionario giuridico, 1947, rist. Macerata, 2019, pag. 227, corsivo aggiunto. La voce, secondo quanto indicato dall’Autore (pag. 242), risale ai mesi di dicembre 1945 e gennaio 1946.
[2] S. Romano, voce Poteri, Potestà, cit., pag. 218.
[3] Fondamento storico dell’autotutela nel diritto amministrativo sarebbe la mancata espunzione, nel passaggio dallo Stato assoluto allo Stato moderno, di funzioni “materialmente” giurisdizionali in capo alla p.a. (v. F. Benvenuti, Autotutela (dir. amm.), in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, pag. 538). In tale direzione, Giannini introduce la trattazione istituzionale dei procedimenti di secondo grado a partire dalla distinzione tra gravami e impugnazioni, che nella normativa amministrativa “conserva ancora parzialmente rilievo” (M.S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, pag. 549).
[4] M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, in G. della Cananea, M. Dugato, B. Marchetti, A. Police, M. Ramajoli, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2023, pag. 376.
[5] V. M. Trimarchi, L’inesauribilità del potere amministrativo. Profili critici, Napoli, 2018.
[6] V. Corte cost., n. 88/2025, punto 4.2 delle considerazioni in diritto.
[7] M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, cit., pag. 376.
[8] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 1.2 delle considerazioni in fatto.
[9] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 1.2 delle considerazioni in fatto.
[10] L’Amministrazione sosteneva che la tardività dell’annullamento era dovuta (anche) alla mancata comunicazione, da parte del richiedente, dell’appartenenza dell’opera alla collezione della moglie, la cui parentela cardinalizia avrebbe potuto suggerire il legame con il Vasari.
[11] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 1 delle considerazioni in fatto.
[12] In particolare, “la previsione di una scadenza predeterminata per la funzione di riesame con riguardo alle autorizzazioni concernenti i beni culturali sarebbe manifestamente irragionevole e violerebbe al contempo i princìpi di buon andamento della pubblica amministrazione e della tutela del patrimonio storico e artistico in quanto, decorso il termine, sarebbe sancita l’automatica prevalenza della posizione individuale di affidamento sull’interesse pubblico di rilievo costituzionale, sulla prima tendenzialmente preponderante. Nella sostanza, la consumazione della potestà di autotutela impedirebbe all’amministrazione di rinnovare la cura dell’interesse ‘super-primario’ alla protezione del patrimonio culturale sotteso al provvedimento illegittimo di ‘primo grado’, sottraendole ogni possibilità di: a) apprezzare le peculiarità e importanza del caso concreto; b) ponderare gli interessi contrapposti; e c) provvedere, in esito all’annullamento, con il riesercizio del potere di primo grado e/o altri poteri amministrativi connessi” (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 1.2 delle considerazioni in diritto).
[13] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 2.2.5 delle considerazioni in diritto.
[14] Corte cost., n. 88/2025, cit., punti 3 ss. delle considerazioni in diritto. Nelle note che seguono si riportano i passaggi fondamentali dei singoli punti.
[15] Dalla teorica dell’“operare del fatto compiuto” (Cons. St., sez. V, sent. n. 939/1996), alla previsione del termine “ragionevole”, quale concetto giuridico indeterminato “relazionale”, per poi approdare al termine decadenziale “di tipo fisso”, quale concetto “parametrico”. La riduzione di quest’ultimo termine da 18 a 12 mesi, per effetto del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108, ha il fine, chiarito nella relazione illustrativa al disegno di legge di “consentire un più efficace bilanciamento tra la tutela del legittimo affidamento del privato interessato e l’interesse pubblico” (Corte cost., n. 88/2025, cit., punti 3.1, 3.2, 3.3 delle considerazioni in diritto).
[16] Corte cost., n. 88/2025, cit., punti 3.1, 3.2 delle considerazioni in diritto, riprendendo alcuni passaggi tratti da Cons. St., comm. spec., parere 30 marzo 2016, n. 839.
Il termine decadenziale fisso è derogato “per immeritevole considerazione della posizione del destinatario del provvedimento invalido”, con operatività del termine “ragionevole” solo alle condizioni indicate dal comma 2-bis della norma in esame (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.2 delle considerazioni in diritto).
[17] Corte cost., n. 45/2019, punto 8.3 delle considerazioni in diritto.
[18] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.2 delle considerazioni in diritto.
[19] “Il potere amministrativo, originariamente concepito come espressione di assoluta ‘supremazia’ (salvi i limiti segnati dalla legge) e caratterizzato dalla sua ‘inesauribilità’, nel suo ancoraggio costituzionale è, piuttosto, una situazione soggettiva conferita al servizio degli interessi della collettività nazionale (art. 98 Cost.)” (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.6 delle considerazioni in diritto).
[20] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.6 delle considerazioni in diritto.
[21] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 4.1.2 delle considerazioni in diritto.
[22] Il riferimento è, in particolare, ai casi in cui il legislatore “ha escluso ha escluso l’operare di alcuni istituti di semplificazione procedimentale (i meccanismi devolutivi per l’acquisizione dei pareri e valutazioni tecniche di cui agli artt. 16 e 17) o provvedimentale (il silenzio-assenso cosiddetto verticale di cui all’art. 20) e di liberalizzazione (la SCIA di cui all’art. 19) - né di aumentare la sua durata (o di differire la sua decorrenza) - similmente a quanto disposto nella disciplina della conferenza di servizi (che, agli artt. 14-bis, comma 2, lettera c, e 14-ter, comma 2, prevedono, rispettivamente, per la conferenza semplificata, il raddoppio del termine per la trasmissione della determinazione da parte dell’amministrazione preposta agli interessi sensibili all’amministrazione procedente e, nella conferenza simultanea, il raddoppio del termine di conclusione dei lavori) e del silenzio-assenso orizzontale tra amministrazioni (che, all’art. 17-bis, comma 3, prevede la triplicazione del termine per la comunicazione dell’atto di assenso dall’amministrazione interpellata alla procedente, in difetto del quale si intende acquisito)” (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.5 delle considerazioni in diritto).
[23] I profili individuati sono: 1) la competenza di organi tecnici qualificati; 2) gli obblighi informativi e di consegna materiale gravanti sul danneggiante; 3) il coinvolgimento istruttorio degli uffici ministeriali e del Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale; 4) lo speciale termine finale del procedimento; 5) l’obbligo di provvedere espressamente; 6) la validità quinquennale dell’attestato di libera circolazione; 7) in caso di diniego, l’avvio ex lege del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale (v. Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 4.1.1 delle considerazioni in diritto).
[24] “In questa ottica, non può non considerarsi che l’esigenza di irretrattabilità del provvedimento amministrativo ampliativo oltre un tempo definito trascende il rapporto tra amministrazione e amministrato, in quanto il ‘titolo pubblico’ condiziona fortemente le relazioni giuridiche che quest’ultimo intrattiene successivamente con i terzi, tanto con riguardo alla circolazione dei beni che ne sono oggetto, quanto con riguardo alle attività degli amministrati che li presuppongono. L’opzione invocata di inoperatività del termine finale fisso per l’esercizio del potere di annullamento dei provvedimenti autorizzatori potrebbe generare una situazione di incertezza nella vita dei cittadini e delle imprese idonea a incidere negativamente, in un’ottica più complessiva, sulle dinamiche del mercato (come nella specie su quello dell’arte) e sulla fiducia degli investitori: in definitiva, sull’affidabilità del ‘sistema Paese’” (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 4.2 delle considerazioni in diritto).
[25] “[...] la limitazione della potestà di autotutela incentiva gli organi competenti alla attenta valutazione e ponderazione degli interessi già in primo grado; valutazione che potrebbe essere meno meditata nella consapevolezza di avere una seconda chance di intervento, tramite un contrarius actus, rispetto a quello originariamente assunto in via illegittima, senza limiti temporali predeterminati” (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 4.2 delle considerazioni in diritto).
[26] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 4.2 delle considerazioni in diritto, citando due suoi precedenti (sentenze n. 36 del 2025, n. 70 del 2024 e n. 210 del 2021).
[27] Una dottrina (F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, in Dir. proc. amm., 3, 2018, pag. 828 ss.) definisce il primo affidamento “legittimo”, il secondo “incolpevole”. La distinzione assolve una funzione descrittiva, cogliendo due aspetti del medesimo fenomeno. La seconda fattispecie è assai dibattuta, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. Si rinvia, per una sintesi recente, a Ufficio studi e formazione della Giustizia amministrativa, La lesione dell’affidamento, 2025, www.giustizia-amministrativa.it.
[28] F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017, pag. 462 ss.
[29] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.2 delle considerazioni in diritto.
[30] A partire da Cgce, sentenza 22 marzo 1961, nelle cause riunite 42 e 49/59, Societé nouvelle des usines de Pontiene - Aciéres du Temple, Snupat (Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.2 delle considerazioni in diritto).
[31] A. Falzea, Apparenza, in Enc. Dir., II, Milano, 1958, pag. 687 ss.
[32] F. Merusi, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico, Milano, 1971. Successivamente, circa il fondamento del legittimo affidamento, l’Autore parla di “scontro ideologico fra due diverse concezioni del mondo giuridico contemporaneo” (F. Merusi, Il punto sulla tutela dell'affidamento nel diritto amministrativo, in Giur. it., 2012, 5, pag. 1196; contra A. Travi, La tutela dell’affidamento del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, in Dir. pubbl., 2018, 1, pag. 125).
Mutando prospettiva, si noti che gli obblighi di buona fede nei rapporti di diritto pubblico rilevano a prescindere dalla sussistenza di un legittimo affidamento. Quest’ultimo è “solo uno dei possibili elementi indicativi della correttezza” (F. Manganaro, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, 1995, pag. 202). La relazione tra buona fede e affidamento, dunque, non è biunivoca.
[33] Sul piano oggettivo, la certezza del diritto si concretizza nella “affidabilità del ‘sistema Paese’” (Corte cost., n. 88/2025, punto 4.2 delle considerazioni in diritto) e non è suscettibile di appropriazione individuale.
[34] V. M. Cammelli, Il diritto del patrimonio culturale: un’introduzione, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata e G. Sciullo, Bologna, 2025, pagg. 22-23.
[35] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.6 delle considerazioni in diritto.
[36] Corte cost., n. 88/2025, cit., punto 3.6 delle considerazioni in diritto. Sul tema, si rinvia a M. Silvestri, La “causa” dell’annullamento d’ufficio, in Jus, 2022, 1-2, pag. 129 ss.
[37] Solo accennata al punto 4.1.1 delle considerazioni in diritto.
[38] Sul punto, si rammenta che la circolazione del bene è fenomeno diverso dalla circolazione dei diritti sul bene (v. G. Sciullo, Tutela in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 179). Il provvedimento all’attenzione della Corte rientra nella prima categoria.
[39] La distinzione, classica, tra le due forme di attività di secondo grado è elaborata da M.S. Giannini, Diritto amministrativo, cit., pag. 557.