Editoriale
Aedon e i recenti anniversari del diritto del patrimonio culturale
di Giuseppe Piperata [*]
Lo scritto ricostruisce l’attività svolta dalla Rivista Aedon, a partire dalla sua istituzione nel 1998 e a vent’anni dall’adozione del d.lg. n. 42/2004, tenendo conto delle incessanti e spasmodiche innovazioni legislative in materia di diritto dei beni culturali e del paesaggio, così come della disciplina di importanti “pezzi” del diritto del patrimonio culturale presenti fuori dal codice.
Parole chiave: anniversari; diritto del patrimonio culturale; codice dei beni culturali e del paesaggio.
Aedon and recent anniversaries of cultural heritage law
The paper reconstructs the activities carried out by the journal Aedon since its establishment in 1998 and twenty years after the adoption of Legislative Decree No. 42/2004, taking into account the incessant and spasmodic legislative innovations in the field of cultural heritage and landscape law, as well as the regulation of important “pieces” of cultural heritage law existing outside the Code.
Keywords: anniversaries; cultural heritage law; code of cultural heritage and landscape.
Anniversari e ricorrenze sono sempre importanti. Soprattutto quando gli anni trascorsi sono tanti e fanno cifra tonda. Sono eventi che si prestano a celebrazioni formali, ma possono anche rappresentare utili momenti per svolgere qualche riflessione o azzardare qualche bilancio. Per il diritto italiano del patrimonio culturale recentemente ci sono state due occasioni per festeggiare alcune di queste importanti ricorrenze: l’anno scorso, per i vent’anni del Codice Urbani (d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42) e, quest’anno, per i venticinque anni della Convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze, il 20 ottobre del 2000.
La città toscana è stata scelta nuovamente per un evento celebrativo del venticinquesimo della Convenzione, organizzato dal Ministero della Cultura italiano e dal Consiglio d’Europa non solo per tracciare un bilancio dei risultati raggiunti nella protezione e valorizzazione del paesaggio, ma anche per interrogarsi sulle sfide future che vanno affrontate in ogni contesto nazionale in modo da assicurare un’adeguata protezione di un bene sempre più spesso compromesso e in pericolo. Durante i lavori dell’incontro, è stato ricordato come la Convenzione sia stata uno dei trattati di maggior successo nel contesto europeo, sottoscritto da 41 dei 46 Stati membri. Tutti i partecipanti, inoltre, a cominciare dal Ministro italiano della Cultura, hanno sottolineato come alle crisi ambientali ed energetiche, ai mutamenti sociali ed economici, alle trasformazioni territoriali bisogna rispondere con misure dirette a custodire il paesaggio, ma, allo stesso tempo, consentendo che tale protezione si adatti a quei cambiamenti, se necessari, in una logica di integrazione tra politiche pubbliche e strategie di azione. La tutela e la valorizzazione del paesaggio si confermano, ancora oggi, come importanti compiti per i Paesi firmatari della Convenzione, in quanto dinamiche attraverso le quali assicurare condizioni di vita migliori e più diritti ai cittadini.
Gli innovativi contenuti della Convenzione europea, a partire dal superamento della concezione esclusivamente estetica di paesaggio, come noto, sono stati recepiti nel 2008 dal nostro ordinamento mediante interventi di modifica al Codice Urbani, fonte del diritto del patrimonio culturale anch’essa oramai con più di vent’anni di vita. Alla ricorrenza che ha interessato il Codice, nel novembre del 2024, la rivista Aedon ha dedicato un convegno, organizzato con l’obiettivo di discutere - appunto - del diritto del patrimonio culturale a vent’anni dall’approvazione del suo testo legislativo di riferimento. Anche in questa occasione, la sede scelta è stata quella di Firenze, e ciò per alcune precise ragioni.
La prima fa riferimento al fatto che l’evento è stato organizzato insieme alla Fondazione Cesifin “Alberto Predieri”, che proprio a Firenze ha sede. Non è la prima volta che la Fondazione concentra l’attività istituzionale sui temi dei beni culturali. Altri incontri, svolti nel passato hanno prodotto opere, oramai consolidatesi come indubbio riferimento scientifico per gli studiosi della materia, e hanno fatto emergere nuove idee e nuove soluzioni, suggerite e utili per affrontare in modo innovativo le varie problematiche che caratterizzano l’intero settore della cultura. I volumi sull’immateriale economico dei beni culturali (tra l’altro anticipato proprio su Aedon), sui modelli organizzativi dei musei, sulle coperture assicurative dei rischi del patrimonio culturale, sulla centralità del paesaggio nelle politiche culturali e del territorio sono solo alcuni dei preziosi testi che quelle iniziative hanno offerto all’attenzione della scienza giuridica e agli operatori del settore. Si aggiunga anche che la Fondazione porta il nome di Alberto Predieri, i cui studi e le cui opere hanno avuto un’incisiva influenza proprio con quella parte del Codice destinata a regolare il paesaggio, contenente, oggi, numerose disposizioni che a quella figura di studioso e alle sue intuizioni devono moltissimo.
Ma Firenze è legata anche ad altre due importanti figure del diritto del patrimonio culturale: Giuliano Urbani, il ministro cui si deve l’iniziativa codicistica del 2004, e Giovanni Spadolini. Urbani - come egli stesso ricorda nel libro intervista pubblicato nel 2002 per illustrare il suo programma ministeriale - arriva per caso al Ministero per i beni e le attività culturali (come all’epoca si chiamava), ma fin dal suo insediamento ad influire sul suo mandato è stato il legame intellettuale e affettivo che aveva avuto con Giovanni Spadolini. Spadolini, il politico fiorentino che aveva fortemente voluto l’istituzione di un ministero cui intestare una precisa linea di azione di governo per il patrimonio culturale italiano; Spadolini, il professore collega di Urbani degli anni passati insieme alla facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri”, che quando prendeva la parola - come ricorda Beppe Morbidelli, anche lui collega di Spadolini al “Cesare Alfieri” - “non narrava [ma] affrescava” [1]. “Giovannone” - come lo chiama affettuosamente l’ex ministro - coinvolge Urbani proprio nel percorso che porterà alla nascita del ministero e ciò consentirà a Urbani di vivere da vicino anche le prime fasi di avvio del nuovo centro ministeriale. Non deve meravigliare, pertanto, se una volta insediatosi lui come ministro dei beni culturali, Urbani dichiari che la sua azione sarà ispirata all’esigenza di collegare il suo lavoro con quello che era stato portato avanti da Spadolini [2]. In tale prospettiva, anche il Codice del 2004 allora è frutto di questa importante eredità.
Aedon nasce prima del Codice, nel 1998, quando ancora il diritto del patrimonio culturale era rappresentato dalle leggi Bottai del 1939. Tuttavia, la pubblicazione nel 2004 di un Codice sui beni culturali - che tra l’altro superava il Testo Unico del 1999 - ha ovviamente calamitato l’attenzione della Rivista e degli studiosi ad essa collegati. Il Codice - e non poteva essere diversamente - è diventato principale oggetto di analisi, studio, riflessione per i fascicoli della Rivista. Ad esso, tra l’altro, sono state anche rivolte alcune iniziative parallele, come, ad esempio, i commentari articolo per articolo, curati da Marco Cammelli e pubblicati con Il Mulino e parzialmente anticipati anche sulla Rivista.
Aedon ha fin dal primo momento salutato positivamente l’elaborazione di un testo codicistico destinato ad unificare i beni culturali e il paesaggio sotto un’unica categoria concettuale (il patrimonio culturale), a promuovere anche strategie di valorizzazione oltre alla tutela, a incentivare un rapporto virtuoso tra pubblico e privato nel settore, a ipotizzare forme di collaborazione tra i diversi livelli di governo chiamati ad intervenire nelle varie decisioni riguardanti il comparto culturale. Allo stesso tempo, però, ha sempre sottolineato anche le visibili criticità presenti in un testo che pur puntando all’innovazione - tra l’altro, come visto, realizzandola rispetto ad alcuni quadri di sistema -, però, si presentava già caratterizzato da alcuni elementi che avrebbero potuto comprometterne l’attuazione. In particolare, le nuove disposizioni sembravano voler appoggiare le nuove azioni e le nuove strategie riguardanti il patrimonio culturale su un’intelaiatura istituzionale che appariva fragile e il cui disegno si collocava fuori del Codice. Inoltre, non risultava chiaro neanche quale sistema il Codice intendesse realizzare: ossia, se confermare il tradizionale modello ruotante intorno ad un centro ministeriale tuttofare, ma debole o, invece, nel rispetto dello spirito costituzionale, passare finalmente a un sistema policentrico, con il reale coinvolgimento delle autonomie. A leggere quello che in quegli anni il ministro Urbani sosteneva, la risposta avrebbe dovuto essere nella seconda direzione. Il governo serve la cultura e non l’asserva e, proprio per questo, pluralismo e policentrismo devono essere i principi cui ispirare la costruzione del sistema [3]: più o meno così si esprimeva il ministro, anche se poi, come visto, la realtà istituzionale si presentava in maniera ben diversa dalle buone intenzioni.
Negli anni successivi, la Rivista ha anche seguito i correttivi e le innovazioni che sono state apportate al Codice. Come ha ricordato Marco Cammelli in uno dei tanti editoriali, le innovazioni legislative in materia di diritto dei beni culturali e del paesaggio sono state incessanti e spasmodiche, ma non sempre queste hanno saputo risolvere i problemi che affliggevano (e in parte ancora affliggono) il settore e che ne avevano giustificato l’elaborazione [4].
Insomma, si potrebbe dire: Aedon e Codice Urbani, venti anni passati insieme!
La Rivista, ovviamente, non ha limitato il suo campo di indagine solo al Codice del 2004: fuori dal Codice si trova la disciplina di importanti “pezzi” del diritto del patrimonio culturale, a cominciare dalla disciplina dell’organizzazione dell’impianto istituzionale, e il patrimonio culturale non esaurisce l’ambito dell’ordinamento giuridico in materia di cultura. In ogni caso, l’attenzione da parte di Aedon per il Codice Urbani e le sue dinamiche di attuazione in questi anni è stata costante, funzionale soprattutto a mettere sempre in primo piano luci ed ombre caratterizzanti l’insieme di funzioni alle quali il disegno codicistico affida l’amministrazione del patrimonio culturale. Ma ad attirare l’attenzione della Rivista sono stati anche i tanti cambiamenti che hanno interessato e stanno interessando il contesto all’interno del quale il Codice è destinato ad operare. Cambiamenti non solo istituzionali, normativi, ma anche sociali, economici, tecnologici, destinati a trasformare in profondità il settore dei beni culturali e del paesaggio. Basti pensare alla riscrittura dell’art. 9 Cost., all’impatto delle nuove tecnologie sulla fruizione del patrimonio culturale o sull’uso delle immagini dei beni culturali, al nuovo rapporto tra paesaggio e ambiente declinato nella prospettiva della decarbonizzazione. Con tali mutamenti, oggi, il Codice deve fare i conti. L’esito potrebbe essere in alcuni casi la consapevolezza che le soluzioni introdotte legislativamente nel 2004 siano ormai superate. Il rischio che ciò si verifichi è alto, ma non può essere evitato. Quindi, ben vengano le ricorrenze, gli anniversari, le celebrazioni purché non si limitino solo a guardare al passato e a registrare quanto finora avvenuto, ma sfruttino l’occasione per valutare l’attualità, la tenuta complessiva di alcune scelte di politica del diritto, cercando anche di immaginarne lo sviluppo futuro.
E ciò è quello che hanno fatto alcuni dei relatori intervenuti all’incontro di Firenze e che hanno messo a disposizione il testo scritto della loro riflessione. Aedon ha deciso di pubblicare, in questo numero, tali testi, anticipati dagli interventi introduttivi di Beppe Morbidelli e Marco Cammelli, senza alcun intervento di referaggio o di uniformazione, proprio per offrire ai lettori i risultati di un confronto ricco di analisi e spunti utili per poter comprendere come i vent’anni di applicazione del Codice Urbani abbiano inciso sulla regolamentazione giuridica e sul governo di un patrimonio sempre più centrale nelle politiche pubbliche di realizzazione del dettato costituzionale e anche nelle azioni strategiche intraprese dal nostro Paese nel contesto di alcune dinamiche geopolitiche di più ampio raggio. Ovviamente, gli atti del convegno di Firenze non esauriscono i contenuti del presente fascicolo di Aedon. Il numero, come i lettori potranno vedere, è arricchito di tanti altri contributi che si occupano proprio di alcune delle sfide che, a distanza di vent’anni, il Codice Urbani deve affrontare rispetto ad una realtà che presenta scenari completamente nuovi. I recenti sviluppi della tecnologia e dell’informatica sembrano definire nuovi diritti o quantomeno aspettative in capo ai cittadini rispetto al godimento del patrimonio culturale e disegnano innovative prospettive di intervento per i pubblici poteri. Anche i più tradizionali quadri concettuali in materia di beni culturali e dei corrispondenti poteri spettanti alle pubbliche amministrazioni sembrano richiedere qualche revisione, se non normativa, quantomeno teorica o interpretativa. Insomma, un numero della Rivista con tante voci, punti di vista, idee che confermano la vitalità di un settore come quello del patrimonio culturale rispetto al quale il dato normativo non potrà mai essere visto come un punto di arrivo.
Note
[*] Giuseppe Piperata, professore ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università IUAV di Venezia, Santa Croce 191, 30135 Venezia, giuseppe.piperata@iuav.it..
[1] G. Morbidelli, Ritratti, Ricordanze, Letture, Passigli, 2021, pag. 201.
[2] G. Urbani, Il tesoro degli italiani, Mondadori, 2002, pag. 3 s.
[3] G. Urbani, Il tesoro degli italiani, cit., pag. 32.
[4] Cfr. M. Cammelli, Beni culturali e Aedon: un decennio di politiche istituzionali, in Aedon, 2008, 3.