Corte costituzionale
Sentenza 6 ottobre - 23 novembre 2021, n. 219
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giancarlo Coraggio; Giudici: Giuliano Amato, Silvana Sciarra, Daria de Pretis, Nicolò Zanon, Franco Modugno, Augusto Antonio Barbera, Giulio Prosperetti, Giovanni Amoroso, Francesco Viganò, Luca Antonini, Stefano Petitti, Angelo Buscema, Emanuela Navarretta, Maria Rosaria San Giorgio,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, commi 1 e 3, e 4, commi 1 e 2, lettera b), della legge della regione Calabria 2 luglio 2020, n. 10, recante “Modifiche e integrazioni al Piano Casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21)”, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25-28 agosto 2020, depositato in cancelleria il 28 agosto 2020, iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visto l’atto di costituzione della regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 5 ottobre 2021 il Giudice relatore Silvana Sciarra;
uditi l’avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Domenico Gullo per la regione Calabria, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2021.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato il 25-28 agosto 2020, depositato il 28 agosto 2020 e iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in via principale, degli artt. 2, 3, commi 1 e 3, e 4, commi 1 e 2, lettera b), della legge della regione Calabria 2 luglio 2020, n. 10, recante “Modifiche e integrazioni al Piano Casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21)”, in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione fra Stato e regioni.
Il ricorrente premette che la regione Calabria e il ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo (Mibact) hanno avviato, fin dal 2012, un rapporto di collaborazione istituzionale in vista della elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale, in attuazione degli artt. 135 e 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
Tale rapporto di collaborazione ha portato all’adozione del Quadro territoriale regionale a valenza paesaggistica (QTRP), approvato dal Consiglio regionale con deliberazione del 1° agosto 2016, n. 134. In esso sono poste le basi per la redazione del piano paesaggistico, costituito da sedici piani d’ambito, in vista della tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio. Il ricorrente precisa che, nelle more dell’approvazione del piano, sono state concordate norme di salvaguardia attinenti al sistema delle tutele, alla difesa del suolo e alla prevenzione dei rischi.
Il ricorrente lamenta che, nonostante l’avvio dell’indicato itinerario di collaborazione con il Mibact, la regione ha approvato, in autonomia, la citata legge regionale n. 10 del 2020. Quest’ultima contiene disposizioni - fra cui quelle impugnate - che modificano, unilateralmente, la disciplina dell’esecuzione di interventi straordinari, in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, già introdotti dalla legge della regione Calabria 11 agosto 2010, n. 21 (Misure straordinarie a sostegno dell’attività edilizia finalizzata al miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), inerente al cosiddetto Piano casa.
Secondo la difesa statale, tali disposizioni - adottate dalla regione in via del tutto autonoma, in assenza di ogni riferimento al piano paesaggistico - violerebbero la competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e il principio di leale collaborazione, che impone una pianificazione concertata e condivisa, vanificando il potere dello Stato nella tutela dell’ambiente, rispetto al quale il paesaggio assume valore primario e assoluto, in linea con l’art. 9 Cost.
1.1. In particolare, il ricorrente impugna l’art. 2 della citata legge reg. Calabria n. 10 del 2020, nella parte in cui, modificando l’art. 4 della legge reg. Calabria n. 21 del 2010, innalza i limiti di superficie lorda delle unità abitative entro cui sono consentiti interventi edilizi straordinari di ampliamento volumetrico, di variazione di destinazione d’uso e di variazione del numero delle unità immobiliari, in deroga agli strumenti urbanistici.
In specie, con riguardo alle unità abitative residenziali, si prevede che i citati interventi possano essere effettuati sul 20 per cento della superficie lorda per unità immobiliare già esistente, fino ad un massimo di 75 mq di superficie interna netta per ogni unità residenziale (art. 4, comma 1, lettera a, primo periodo, della legge reg. Calabria n. 21 del 2010), anche “nel caso di un’unica unità immobiliare qualora superi i 1000 metri cubi a patto che si effettuino contestualmente sull’intero fabbricato lavorazioni atte ad innalzare il livello di efficienza termica o strutturale (sismica) di almeno una classe” (art. 4, comma 1, lettera a, secondo periodo, della citata legge regionale). Con riferimento alle unità abitative non residenziali, i medesimi interventi sono consentiti “entro il limite del 20 per cento della superficie lorda, per unità immobiliare [...] fino ad un massimo di 200 metri quadrati di superficie interna netta per unità immobiliare”, ma “sono aumentati al 30 per cento, per un incremento massimo di 700 metri quadrati interni netti, in caso di destinazioni d’uso produttive, direzionali, commerciali ed artigianali” (art. 4, comma 1, lettera b, della legge reg. Calabria n. 21 del 2010).
Il ricorrente sostiene che le richiamate previsioni, che determinano la trasformazione del territorio attraverso gli interventi edilizi sopra elencati, sono state adottate dalla regione in via del tutto autonoma e avulsa dal quadro di riferimento costituito dalle previsioni del piano paesaggistico. Quest’ultimo - che deve essere elaborato secondo il modulo della pianificazione concertata e condivisa, prescritto dalle norme statali (artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali - costituirebbe il solo strumento idoneo a garantire l’ordinato sviluppo urbanistico e a individuare le trasformazioni compatibili con le prescrizioni statali del citato codice.
Le disposizioni regionali impugnate, nel consentire interventi di trasformazione del territorio al di fuori del contesto pianificatorio condiviso con lo Stato, sarebbero lesive della competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e del principio di leale collaborazione, oltre che in contrasto con l’impegno assunto nel 2012 dalla regione con il Mibact. Il ricorrente sottolinea, infatti, che, sebbene con la legge reg. Calabria n. 21 del 2010 la regione avesse dettato norme proprie introducendo il cosiddetto Piano casa, solo a partire dal 2012, la medesima, avviando un rapporto di collaborazione istituzionale con il Mibact finalizzato all’elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale, si è impegnata a condividere con lo Stato anche l’individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, di tutti gli interventi di trasformazione del territorio, in vista dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile delle aree interessate. Impegno che sarebbe stato violato con l’adozione delle norme impugnate.
1.2. Analoghe censure sono rivolte all’art. 3, commi 1 e 3, della stessa legge reg. Calabria n. 10 del 2020, là dove modifica la disciplina dettata dall’art. 5 della precedente legge reg. Calabria n. 21 del 2010, consentendo interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, “anche con riposizionamento dell’edificio all’interno delle aree di pertinenza catastale dell’unità immobiliare interessata”, con ampliamenti di volumetria più elevati di quelli precedentemente previsti (“con realizzazione di un aumento in volumetria entro un limite del 30 per cento su immobili esistenti”: comma 1), nonché deroghe all’altezza massima della nuova edificazione (“[l]’altezza massima della nuova edificazione può essere derogata fino all’utilizzo della volumetria realizzabile”: comma 3).
Anche tali previsioni sono impugnate in quanto con esse la regione avrebbe illegittimamente disciplinato, in via del tutto autonoma, interventi di modifica fisica in aumento e in elevazione di edifici nella fase della loro ricostruzione dopo la demolizione, nonché del loro riposizionamento, in deroga agli strumenti di pianificazione comunale vigenti e, soprattutto, al di fuori di ogni criterio di pianificazione paesaggistica da concordare necessariamente ed inderogabilmente con lo Stato.
In tal modo il legislatore regionale avrebbe violato la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e il principio di leale collaborazione, dando vita a un intervento regionale autonomo al posto della pianificazione concertata e condivisa, prescindendo da questa e superandola, peraltro smentendo l’impegno assunto nei confronti dello Stato di proseguire un percorso di collaborazione. Sarebbe, infine, vanificato il potere dello Stato nella tutela dell’ambiente, rispetto al quale il paesaggio assume valore primario e assoluto, in linea con l’art. 9 Cost.
1.3. È, infine, impugnato l’art. 4, commi 1 e 2, lettera b), della citata legge reg. Calabria n. 10 del 2020, là dove proroga di un anno (e cioè fino al 31 dicembre 2021) la possibilità di presentare istanze per l’esecuzione dei citati interventi edilizi straordinari, riferibili anche a immobili esistenti alla data del 31 dicembre 2019.
La proroga in questione - che si aggiunge alle precedenti numerose proroghe già apportate dalle leggi regionali successive alla legge reg. Calabria n. 21 del 2010 sul cosiddetto Piano casa - renderebbe palese l’intento del legislatore regionale di stabilizzare nel lungo periodo la previsione degli interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici, che erano, invece, stati introdotti come straordinari, con la conseguenza di accrescerne enormemente il numero e di renderne “costante l’estraneità [...] rispetto all’alveo naturale costituito dal piano paesaggistico”.
Ciò starebbe a indicare, ad avviso della difesa statale, che, “pendente il processo di pianificazione paesaggistica condivisa fra Stato e regione Calabria cui dovrebbero riferirsi tutte le trasformazioni del territorio”, la regione Calabria ha legiferato in violazione di “tutti i precetti costituzionali già lesi dalle precedenti norme della stessa legge sopra censurate: l’art. 9 e l’art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, nonché il principio di leale collaborazione fra Stato e regioni”.
2. Si è costituita in giudizio la regione Calabria, che chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile e/o infondato.
2.1. In primo luogo, la resistente rileva la genericità ed indeterminatezza delle censure che difetterebbero di argomentazioni puntuali e specifiche. Non sarebbe adeguatamente motivata l’affermazione che le disposizioni impugnate vìolino le norme statali interposte e, di conseguenza, le norme costituzionali evocate.
Nel merito, le questioni sarebbero prive di fondamento.
Richiamando il percorso di collaborazione istituzionale avviato con il Mibact, la resistente contesta che gli accordi stretti con lo Stato siano stati disattesi, in quanto nel 2016 la regione ha approvato il Quadro territoriale regionale con valenza paesaggistica. Quest’ultimo, elaborato congiuntamente con il ministero competente, definisce il quadro di riferimento per la tutela paesaggistica, in attesa dell’approvazione congiunta del piano paesaggistico regionale. La resistente precisa, peraltro, che l’obbligo di copianificazione riguarda beni e aree tutelate che sono espressamente sottratte all’applicazione delle norme impugnate.
Queste ultime - là dove consentono interventi straordinari di ampliamento, di variazione di destinazione d’uso e di variazioni del numero di unità immobiliari, nonché di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con ampliamenti volumetrici, in deroga agli strumenti urbanistici, e là dove prorogano la possibilità di realizzare simili interventi - sarebbero in armonia con la normativa statale posta a tutela dell’ambiente e del paesaggio, come si desumerebbe dai limiti espressamente posti dall’art. 6 della legge reg. Calabria n. 21 del 2010.
3. All’udienza pubblica, le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle memorie scritte.
Considerato in diritto
1. Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 72 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, commi 1 e 3, e 4, commi 1 e 2, lettera b), della legge della regione Calabria 2 luglio 2020, n. 10, recante “Modifiche e integrazioni al Piano Casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21)”, in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione fra Stato e regioni.
1.1. Il ricorrente premette che la regione Calabria ha avviato, fin dal 2012, un virtuoso itinerario di collaborazione con il ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo (Mibact), in vista della elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale, in attuazione degli artt. 135 e 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
Tale percorso - che ha trovato una prima espressione nell’adozione da parte della regione nel 2016 del Quadro territoriale regionale a valenza paesaggistica (QTRP) - sarebbe stato dalla stessa interrotto con l’approvazione delle citate disposizioni della legge reg. Calabria n. 10 del 2020.
Queste ultime apportano modifiche alla disciplina dell’esecuzione degli interventi edilizi straordinari, in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, già previsti dalla legge della regione Calabria 11 agosto 2010, n. 21 (Misure straordinarie a sostegno dell’attività edilizia finalizzata al miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), che aveva introdotto il cosiddetto Piano casa.
In particolare, esse: consentono ampliamenti volumetrici, variazioni di destinazione d’uso e variazioni del numero di unità immobiliari entro limiti percentuali di superficie lorda più ampi di quelli già indicati dall’art. 4, comma 1, della legge reg. Calabria n. 21 del 2010 (art. 2); autorizzano interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, “anche con riposizionamento dell’edificio all’interno delle aree di pertinenza catastale dell’unità immobiliare interessata”, con ampliamenti di volumetria più elevati di quelli previsti dall’art. 5 della medesima legge reg. Calabria n. 21 del 2010 (art. 3, comma 1), nonché deroghe all’altezza massima della nuova edificazione, modellate sulla volumetria realizzabile (art. 3, comma 3); infine, modificando quanto stabilito dall’art. 6, commi 1 e 12, della citata legge reg. n. 21 del 2010, prorogano di un anno (fino al 31 dicembre 2021) la possibilità di presentare istanze per l’esecuzione di tali interventi, con riferimento anche a immobili esistenti alla data del 31 dicembre 2019 (art. 4, commi 1 e 2, lettera b).
1.2. Le censure, ancorché rivolte alle singole disposizioni, rivelano un impianto unitario e colpiscono tutte le disposizioni impugnate sotto un identico profilo. Esse possono, pertanto, essere esaminate congiuntamente.
L’assunto del ricorrente si sostanzia nella considerazione che, nel consentire interventi edilizi straordinari, in deroga agli strumenti urbanistici, ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla citata legge reg. Calabria n. 21 del 2010 (artt. 2 e 3, commi 1 e 3, della legge reg. Calabria n. 10 del 2020), e nel prorogarne nel tempo la realizzabilità, in riferimento anche a immobili edificati più recentemente (art. 4, commi 1 e 2, lettera b), senza procedere, preliminarmente, alla necessaria concertazione e condivisione con gli organi statali competenti, la regione abbia violato la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e il principio di leale collaborazione e, altresì, disatteso l’impegno assunto nei confronti dello Stato di proseguire il percorso di collaborazione, determinando una riduzione dello standard di tutela del paesaggio che la Costituzione assegna allo Stato.
2. Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di genericità e indeterminatezza sollevata dalla resistente in riferimento alle censure promosse nei confronti dell’art. 2 della legge reg. Calabria n. 10 del 2020, là dove autorizza l’incremento di ampliamenti volumetrici, variazioni di destinazione d’uso e variazioni del numero di unità immobiliari in deroga agli strumenti urbanistici.
Secondo la regione, infatti, il preteso contrasto con gli artt. 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e, quindi, con gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., non sarebbe sorretto da adeguata motivazione.
2.1. L’eccezione è priva di fondamento.
La giurisprudenza costituzionale ha da tempo affermato che “l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione si pone in termini ancora più rigorosi nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale” (sentenza n. 20 del 2021: in tal senso, sentenze n. 170 e n. 78 del 2021). Sul ricorrente grava, pertanto, l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione e di suffragare le ragioni del dedotto contrasto con una argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa (sentenze n. 170 e n. 95 del 2021). Tuttavia, allorquando l’atto introduttivo, pur nella sua sintetica formulazione, individui il parametro che si assume violato e la ratio del prospettato contrasto della disposizione denunciata con lo stesso, l’impugnativa proposta è ammissibile (sentenza n. 52 del 2021).
Nella specie, pur nell’evidente essenzialità dell’argomentazione, da una lettura complessiva del ricorso emerge, in termini sintetici, ma sufficientemente chiari, che le ragioni dell’impugnativa della normativa regionale risiedono nella pretesa violazione della procedura di collaborazione, che la regione si sarebbe impegnata a seguire con riguardo a tutti gli interventi di trasformazione del territorio, in base all’intesa stipulata con lo Stato, in vista della redazione congiunta del piano paesaggistico regionale, in armonia con quanto statuito dal legislatore statale negli artt. 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela del paesaggio e dell’ambiente, di cui agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Le censure del ricorrente superano dunque quella “soglia minima di chiarezza [...] che rende ammissibile l’impugnativa proposta” (sentenza n. 52 del 2021).
3. Ancora in linea preliminare, occorre tener conto della circostanza che, successivamente alla proposizione del presente ricorso, la regione ha approvato la legge della regione Calabria 7 luglio 2021, n. 23 (Proroga del termine di cui al comma 12 dell’articolo 6 della l.r. 21/2010). Tale legge, modificando nuovamente il comma 12 dell’art. 6 della legge reg. Calabria n. 21 del 2010, ha ulteriormente prorogato - rispetto a quanto già disposto dall’art. 4, commi 1 e 2, lettera b), della legge reg. Calabria n. 10 del 2020, oggetto del presente giudizio - dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022, la possibilità di presentare istanza per la realizzazione degli interventi straordinari disciplinati dalla citata legge regionale n. 21 del 2010.
3.1. Considerato che la norma sopravvenuta non ha un contenuto satisfattivo, non può ritenersi cessata la materia del contendere, non ricorrendo i presupposti cui questa Corte subordina tale accertamento (ex multis, sentenze n. 195 e n. 36 del 2021).
4. Nel merito le questioni sono fondate in riferimento a tutte le disposizioni impugnate e a tutti i parametri evocati.
4.1. Questa Corte, già all’indomani dell’entrata in vigore della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), proprio con riferimento alle modifiche apportate al codice dei beni culturali e del paesaggio, per effetto del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), ha sottolineato la portata unitaria e complessa della nozione di territorio, su cui “gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni” (sentenza n. 367 del 2007; di recente, nello stesso senso, fra le altre, sentenze n. 164 del 2021 e n. 66 del 2018). In quanto incide sul paesaggio, valore costituzionale “primario” e “assoluto” (sentenze n. 641 del 1987 e n. 151 del 1986), che corrisponde all’“aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene”, la tutela ambientale e paesaggistica, affidata allo Stato, “precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali” (sentenza n. 367 del 2007). Tale tutela ben può, anzi deve, trovare forme di coordinamento con quella affidata alle regioni, proprio in considerazione dell’unitarietà del territorio.
È in questa prospettiva che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, all’art. 143, comma 2, ha previsto la possibilità, per le regioni, di stipulare intese con l’allora ministero per i Beni culturali e ambientali e con il ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare “per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici”, al di là dei casi in cui ciò è prescritto dall’art. 135, comma 1, del medesimo Codice, “precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso è poi ‘approvato con provvedimento regionale’” (sentenza n. 367 del 2007).
Il piano paesaggistico regionale - le cui prescrizioni sono “cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province” e “immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici” (art. 145, comma 3, del d.lg. n. 42 del 2004) - è infatti “strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell’ottica dello sviluppo sostenibile e dell’uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l’individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio” (sentenza n. 172 del 2018, richiamata dalla sentenza n. 86 del 2019). Per tale motivo, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che è necessario salvaguardare “la complessiva efficacia del piano paesaggistico, ponendola al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali (sentenza n. 182 del 2006)” (sentenza n. 74 del 2021).
Per il medesimo motivo, inoltre, la legge regionale deve disciplinare - secondo l’art. 145, comma 4, del d.lg. n. 42 del 2004 - “le procedure di adeguamento degli altri strumenti di pianificazione e le connesse misure di governo del territorio in linea con le determinazioni del nuovo piano paesaggistico (sentenza n. 64 del 2015) o, nell’attesa dell’adozione, secondo le modalità concertate e preliminari alla sua stessa adozione” (sentenza n. 86 del 2019), anche allorquando la regione si sia a ciò volontariamente vincolata mediante apposito accordo.
4.2. Nella specie, la regione Calabria ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con l’allora ministero per i Beni e le Attività culturali in data 23 dicembre 2009, sulla cui base ha avviato un rapporto di collaborazione in vista della elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale, in linea con l’art. 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Da tale collaborazione è scaturita l’adozione del Quadro territoriale regionale con valenza paesaggistica (QTRP), approvato dal Consiglio regionale con deliberazione 1° agosto 2016, in attuazione degli artt. 17 e 25 della legge della regione Calabria 16 aprile 2002, n. 19 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge urbanistica della Calabria). In questo documento, frutto di elaborazione congiunta, si definisce il quadro condiviso “di riferimento e di indirizzo per lo sviluppo sostenibile dell’intero territorio regionale” (art. 1, comma 2), di tutti gli interventi di trasformazione del territorio da realizzare, anche nelle more dell’approvazione del piano paesaggistico regionale, si specificano i compiti del Comitato tecnico di copianificazione, istituito in attuazione del citato Protocollo, si impone una valutazione congiunta di coerenza degli strumenti di pianificazione locale con il quadro stesso da parte della regione e dei competenti organi del Mibact (art. 30, comma 7).
È, pertanto, evidente che l’introduzione delle disposizioni regionali impugnate, che, come si è detto, consentono interventi edilizi straordinari, in deroga agli strumenti urbanistici, ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla citata legge reg. Calabria n. 21 del 2010 e ne prorogano di un anno la realizzabilità, in riferimento anche a immobili edificati più recentemente, senza seguire le modalità procedurali collaborative concordate e senza attendere l’approvazione congiunta del piano paesaggistico regionale, vìola l’impegno assunto dalla regione in ordine alla condivisione del “governo delle trasformazioni del proprio territorio e congiuntamente del paesaggio” (art. 1, comma 1, del QTRP) e, quindi, il principio di leale collaborazione cui si informano le norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio e determina una lesione della sfera di competenza statale in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.
Ciò comporta un’ulteriore conseguenza, confortata da quanto questa Corte ha recentemente affermato con riguardo al potere di pianificazione urbanistica, in armonia con il giudice amministrativo, e cioè che esso ““non è funzionale solo all’interesse all’ordinato sviluppo edilizio del territorio [...], ma è rivolto anche alla realizzazione contemperata di una pluralità di differenti interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti” (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 9 maggio 2018, n. 2780)” (sentenza n. 202 del 2021).
Nel consentire i richiamati interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica per un tempo indefinito, per effetto delle reiterate proroghe (il termine originariamente previsto per la presentazione delle istanze per eseguire gli interventi in questione, individuato nel 31 dicembre 2014, era stato poi prorogato al 31 dicembre 2016, poi ancora al 31 dicembre 2018, successivamente al 31 dicembre 2020, al 31 dicembre 2021 e ora al 31 dicembre 2022), le citate previsioni finiscono per danneggiare il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale, in violazione dell’art. 9 Cost. Tale lesione è resa più evidente dalla circostanza che, in questo lungo lasso di tempo, non si è ancora proceduto all’approvazione del piano paesaggistico regionale.
per questi motivi
La Corte costituzionale
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3, commi 1 e 3, e 4, commi 1 e 2, lettera b), della legge della regione Calabria 2 luglio 2020, n. 10, recante “Modifiche e integrazioni al Piano Casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21)”.