Arte e nuove tecnologie
La Blockchain può rendere più sicuro il mercato dell'arte?
di Geo Magri
Sommario: 1. Che cos'è la blockchain. - 2. Blockchain e GDPR. - 3. Blockchain e mercato dell'arte. - 4. I primi utilizzi della blockchain nel mondo delle aste. - 5. Conclusioni.
Can Blockchain make the art market safer?
Recently some auction houses have started to use blockchain technology in order to make transactions in the art
market more secure. The article examines the use of blockchain technology and tries to answer the question of if this
technology will actually facilitate the art market.
Keywords: Art Market; New Technologies; Blockchain.
È ormai evidente che l'utilizzo degli strumenti digitali incide profondamente sulla nostra società e sul modo di effettuare le transazioni tra privati, offrendo nuove possibilità di interazione e condizionando profondamente l'economia e le regole giuridiche che, per molti versi, devono essere ripensate e modificate per adeguarsi alle esigenze della tecnologia [1].
Un aspetto particolarmente interessante e innovativo è quello legato alle criptovalute e al sottostante protocollo informatico denominato blockchain che ne consente l'utilizzo.
Il concetto di bitcoin è stato usato per la prima volta in uno studio di Satoshi Nakamoto - presumibilmente un nome di fantasia che, in realtà, cela l'identità di più soggetti - nel quale si elaborava un innovativo sistema di pagamento "peer to peer" chiamato "bitcoin" [2]. Tale sistema consente i pagamenti online da utente a utente, senza richiedere l'intermediazione di un soggetto terzo quale, ad esempio, un istituto di credito.
Affinché il sistema del bitcoin possa funzionare occorre che sia affiancato da un meccanismo che consenta tracciabilità e sicurezza delle transazioni; tale meccanismo è offerto dalla blockchain, che è appunto nata per garantire la circolazione del bitcoin, ma che si è da esso ormai emancipata, dimostrando di avere potenzialità ben maggiori rispetto al semplice utilizzo della criptovaluta per la quale era stata ideata.
Il termine blockchain (che può essere tradotto con "catena di blocchi") descrive un registro condiviso, che si aggiorna costantemente e automaticamente attraverso la comunicazione su ciascuno dei nodi che partecipano alla rete. La particolare appetibilità della blockchain consiste nel fatto che i dati che vengono registrati su di essa sono resistenti a modifiche e revisioni. I record registrati dalla catena sono di due tipi: le transazioni, ossia i dati veri e propri, e i blocchi, che sono la registrazione di quando e in quale ordine le transazioni sono state effettuate e registrate nel database. Le transazioni sono poste in essere dai partecipanti alla catena attraverso le loro credenziali, mentre i blocchi sono generati da partecipanti speciali denominati miners, attraverso software e hardware specifici.
Quando una transazione digitale viene conclusa, essa è raggruppata in un blocco crittografato, unitamente alle altre transazioni concluse negli ultimi 10 minuti; essa è quindi diffusa in tutto il network dove viene validata dai miners. Il blocco, così autenticato, è unito agli altri blocchi in una catena cronologica e continuamente aggiornata, che consente a tutti i membri del network di dimostrare chi sia stato coinvolto nelle varie transazioni e di cosa sia titolare in base a esse. La struttura decentralizzata, aperta e crittografata, fa sì che gli scambi possano avvenire senza l'ausilio di intermediari, il che comporta grandi benefici con riguardo alla sicurezza, perché l'eventuale hacker che intendesse attaccare il database dovrebbe violare tutti i blocchi della catena. L'elevato livello di sicurezza che si attribuisce alla blockchain ha addirittura portato alcuni ad affermare che essa possa, in futuro, sostituirsi per alcune operazioni alla figura del notaio [3].
Se la catena è nata per consentire l'utilizzo delle criptovalute, evitando l'intervento di un terzo garante dell'effettività della transazione e del trasferimento della somma di denaro (l'istituto di credito), essa si è dimostrata utile per fini molto più ampi.
Oltre che per le criptovalute, la blockchain appare utile per l'internet of things, in cui può essere utilizzata per facilitare il dialogo tra gli oggetti, collegando dispositivi che si trovano in divere aree del pianeta.
La blockchain può essere di notevole interesse e può avere un forte impatto anche sul mercato dell'arte contemporanea; in particolare per quanto concerne la tutela del diritto d'autore e delle opere dell'ingegno. Attraverso la catena, infatti, è estremamente facile registrare la paternità di un'opera, controllare chi ne è proprietario, se la proprietà è stata acquistata legittimamente e se vi sono state violazioni del diritto d'autore.
Uno degli aspetti che getta maggiori ombre sulla tecnologia blockchain e che può presentare criticità anche maggiori con riguardo al mercato dell'arte è l'anonimato che contraddistingue le c.d. permissionless blockchain, ossia le blockchain attraverso le quali si scambiano criptovalute come Bitcoin ed Ethereum e nelle quali chiunque può entrare nel network e partecipare al processo di block-verification per creare transazioni e smart contracts. Ciò comporta il rischio che la blockchain divenga un ulteriore strumento per agevolare attività illecite che già sfruttano il mercato dell'arte per ottenere i fondi necessari al finanziamento del terrorismo o per riciclare il denaro frutto di traffici illeciti.
La criptovaluta e la blockchain, in quanto espressioni della società moderna, sono state anche fonte di ispirazione per alcuni artisti che, con le loro opere, denunciano quanto la tecnologia incida sulla società moderna [4].
Un aspetto di importanza non secondaria, con riguardo all'uso della blockchain, è legato al suo rapporto con il regolamento generale sulla protezione dei dati n. 2016/679 (più comunemente identificato con l'acronimo di GDPR). Si tratta, come noto, di un regolamento dell'Unione Europea in materia di trattamento dei dati personali e di privacy, adottato il 27 aprile 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 4 maggio 2016, entrato in vigorennn il 25 maggio successivo, e operativo a partire dal 25 maggio 2018.
Il GDPR è stato fortemente voluto dal legislatore eurounitario per arginare l'utilizzo indiscriminato dei dati personali da parte delle web company che fanno ricorso alla profilazione dei loro utenti per costruire artificialmente una posizione di vantaggio concorrenziale e per trarre ulteriori profitti economici.
In estrema sintesi, il GDPR riconosce al titolare del dato il diritto di: sapere in quale modo i dati verranno trattati ed essere risarcito nel caso di risposte sul trattamento tardive, incomplete o mancanti (art. 12); sapere come verranno utilizzati i dati personali al momento della loro raccolta/richiesta e sapere per quanto tempo saranno conservati (artt. 13 e 14); accedere ai dati personali che vengono elaborati/processati da chi ha chiesto il consenso al loro trattamento; rettificare e modificare i propri dati personali (art. 16); chiedere (e ottenere) la cancellazione dei propri dati personali quando non sono più necessari agli scopi per i quali erano stati raccolti; limitare il trattamento dei propri dati (art. 18); ricevere i propri dati personali in un formato strutturato e comunemente usato in modo che ne sia agevole la consultazione attraverso qualsiasi mezzo (Pc, smartphone, tablet, ecc. cfr. art. 20); opporsi all'utilizzo dei propri dati per profilazione o commercializzazione (art. 21).
L'applicazione del GDPR appare quindi potenzialmente idonea a impattare con tre elementi caratterizzanti la blockchain: a) l'impossibilità di cancellare i dati archiviati sulla catena (che è immodificabile); b) l'impossibilità di garantire un controllo centralizzato dei dati e la difficoltà di individuare il Data Protection Officer (DPO) previsto dagli artt. 37, 38 e 39 del regolamento [5] (è impensabile che i miners possano svolgere una tale funzione) [6]; c) l'accessibilità, a tutti i partecipanti della catena, dei dati che su di essa sono inseriti. Proprio gli aspetti che si presentano come i maggiori punti di forza della tecnologia blockchain, con riguardo alla sicurezza delle transazioni online, si rilevano come punti di debolezza se si guarda a tale tecnologia dal versante della tutela dei dati personali; le parole d'ordine del GDPR sembrano essere, infatti, centralizzazione, limitazione e rimovibilità, mentre quelle che caratterizzano la blockchain sono: decentralizzazione, distribuzione e immutabilità.
La contrapposizione tra le due filosofie di fondo non deve spingere nello sconforto e non deve far ritenere che la riservatezza del dato inserito sulla catena sia da escludere; al contrario, essa può essere offerta da altre caratteristiche della blockchain, che consentono la pseudonimizzazione delle transazioni registrate, permettendo di disaccoppiare i dati dell'operazione registrata dai dati relativi al soggetto che l'ha posta in essere e minimizzando il numero di dati che viene condiviso.
Le transazioni, infatti, possono essere anonimizzate grazie alla chiave pubblica del mittente e del destinatario della transazione, all'hash crittografico del contenuto della transazione e alla data e l'ora della transazione. Con il semplice hash crittografico, però, non è possibile ricostruire le transazioni, riconducendole ai singoli individui, a meno che uno dei soggetti collegati a una chiave pubblica non decida di collegarla a un'identità conosciuta. Ne consegue che, anche se la blockchain è "pubblica", ossia chiunque può vedere qualunque transazione che su di essa è registrata, nessuna informazione è visibile se non per decisione del soggetto che è titolare della chiave pubblica e quindi del dato personale. Tale soggetto, peraltro, è sempre in grado di controllare i dati personali che sono registrati sulla catena.
Per quanto riguarda la decentralizzazione dei dati possiamo osservare che, se da un lato essa contrasta con le previsioni del GDPR, dall'altro offre maggiori garanzie in caso di hackeraggio. Un'ulteriore garanzia della riservatezza del dato inserito è rappresentata dalla crittografia e dall'attività di vigilanza svolta dai miners, che controllano il corretto funzionamento della catena e delle transazioni che su di essa sono registrate con la prospettiva di ottenere una remunerazione per tale attività.
Un altro aspetto che potrebbe presentare elementi problematici e che potrebbe avere una particolare rilevanza in un mercato globale come quello dell'arte è legato all'individuazione della legge applicabile e del giudice competente in caso di illecito conseguente alla violazione delle disposizioni del GDPR e al trattamento illecito dei dati personali attraverso l'utilizzo della blockchain [7].
Anche a prescindere dagli obblighi introdotti dal GDPR, la tutela della riservatezza per chi effettua transazioni nel settore dell'arte è un elemento di importanza centrale. Spesso, infatti, chi acquista opere d'arte ha interesse a tenere celata la propria identità, preferendo operare nell'anonimato, soprattutto nel caso in cui oggetto della transazione sia un bene di particolare importanza e valore economico. Ciò non avviene solo nel caso in cui l'opera sia rubata o circoli in modo irregolare; anche nel caso di opere che vengono acquistate in conformità alle prescrizioni legislative, infatti, si può avere un interesse a mantenere riservata la transazione. Rispetto a tali esigenze, quindi, il regolamento sui dati personali si pone come una garanzia ulteriore, ma l'esigenza di riservatezza che esso impone era già avvertita tra gli operatori del settore.
Se l'utilizzo della blockchain non sembra porsi in antitesi rispetto all'esigenza di riservatezza che caratterizza il mercato dell'arte, ma, al contrario, si adatta perfettamente a tale necessità, il problema è, più in generale, quello di conciliare la tecnologia blockchain con le regole contenute nel GDPR, senza compromettere i vantaggi che la blockchain presenta per il mercato in esame.
La dottrina ha già cominciato a riflettere su come il GDPR inciderà sull'utilizzo della blockchain [8]; una possibile soluzione, per gestire su blockchain i dati sensibili in modo conforme al regolamento, potrebbe essere il loro stoccaggio al di fuori della catena, memorizzando, all'interno di essa, soltanto un rinvio ad essi tramite un hash. In questo modo si eviterebbe di registrare i dati direttamente sulla catena, ma si potrebbe gestirli altrove e in conformità al regolamento. In questo modo, però, si perderebbe una parte delle tutele che la tecnologia blockchain offre e che sono strettamente collegate al controllo diffuso del dato e alla sua anonimizzazione. Non si deve peraltro dimenticare che l'anonimità del dato presente sulla catena è rimessa direttamente alla volontà del suo titolare e che quindi, per molti aspetti, la tutela che offre la catena può apparire addirittura preferibile rispetto a quella introdotta dal GDPR.
Nonostante il rapporto tra tutela dei dati personali e blockchain sia denso di risvolti giuridici, il dibattito scientifico in materia è ancora allo stato embrionale [9], esso appare, comunque, uno dei temi sui quali si dovrà riflettere nel prossimo futuro e sul quale saranno decisivi gli interventi della giurisprudenza e delle autorità garanti.
3. Blockchain e mercato dell'arte
È facile comprendere gli effetti positivi che ci si potrebbe attendere dall'utilizzo della blockchain nel mercato dell'arte [10]. Essa potrebbe consentire, ad esempio, di registrare l'esistenza di eventuali diritti dell'autore sull'opera, oppure i passaggi di proprietà di un bene, in modo da renderne più sicura la circolazione. Si tratta di aspetti che, per un mercato globale come quello in esame [11], rivestono un'importanza centrale e che permettono di comprendere il motivo per cui siano stati avviati i primi progetti volti a realizzare delle catene finalizzate a soddisfare le esigenze specifiche di questo particolare mercato, superandone le criticità [12].
In realtà, anche negli anni Settanta, e quindi ben prima della rivoluzione tecnologica rappresentata da internet, si era tentato di raggiungere un risultato simile a quello che garantisce oggi la blockchain. All'epoca si era pensato di ricorrere alla registrazione analogica delle opere d'arte, mediante il deposito di una fotografia e dei dati che permettevano di ricostruire le transazioni relative all'opera. Il progetto fu proposto dalla Bolaffi di Torino ed era volto a garantire la provenienza e la tracciabilità delle opere d'arte vendute. L'idea del registro analogico non si affermò nella prassi del mercato dell'arte e ciò non era difficile da prevedere dal momento che si trattava di un mercato troppo vasto perché si potessero tenere registri analogici efficienti, facilmente consultabili e che fossero anche idonei ad annotare, in modo attendibile, le transazioni aventi ad oggetto gli oggetti d'arte.
L'idea del registro analogico, pur non avendo portato frutti concreti, dimostra come il mercato dell'arte avanzasse già da tempo la richiesta di un sistema capace di garantire una maggior sicurezza e affidabilità delle transazioni. Proprio a questo scopo la blockchain potrebbe giocare un ruolo di importanza centrale. Chi ne incoraggia l'utilizzo osserva, infatti, che in questo modo il collezionista potrà "provare che il suo Jackson Pollock è lo stesso che qualcun altro aveva precedentemente acquistato da una rispettabile casa d'aste, anche se da allora l'oggetto è passato di mano parecchie volte" [13].
Un aspetto considerato particolarmente significativo della tecnologia blockchain con riguardo al mercato dell'arte è già emerso quando si parlava del rapporto tra la catena e il GDPR e consiste nell'anonimato che la catena offre. Come si è già osservato, infatti, non tutte le blockchain impongono all'acquirente e al venditore di rivelare la propria identità. La possibilità di restare nell'anonimato rappresenta un elemento di indubbio interesse per i collezionisti che non vogliono figurare come acquirenti [14]. Alcuni hanno osservato che l'anonimato offerto dalla blockchain può essere funzionale anche per mantenere celate le transazioni illegali o ai limiti della legalità che spesso hanno ad oggetto opere d'arte [15]. A tale proposito, però, si deve osservare che tali transazioni avverrebbero e avvengono comunque nel mercato tradizionale; la blockchain potrebbe essere un ausilio nel tracciarle e ricostruirle con maggior facilità e sicurezza, in modo da poterle combattere con maggiore efficacia. Inoltre, se è vero che la blockchain consente di mantenere l'anonimato utilizzando uno pseudonimo, i legislatori sia a livello europeo che nazionale si stanno muovendo per ridurre il rischio connesso all'utilizzo delle criptovalute e della blockchain a fini illeciti, basti pensare al d.lg. 25 maggio 2017, n. 90, che attua la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Con riguardo all'utilizzo della blockchain nel mercato dell'arte ci si aspetta che, anche in assenza di dati personali relativi agli acquirenti, la catena possa offrire una relativa affidabilità con riguardo alle transazioni, grazie alle case d'asta, le quali potrebbero inserire nella catena tutte le transazioni per le quali sono state intermediarie. Per rendere maggiormente efficace il sistema e per velocizzare la diffusione della catena, l'idea è quella di coinvolgere anche le piattaforme online sulle quali operano molte case d'asta, eventualmente anche utilizzando le criptovalute. Una delle principali piattaforme a essere coinvolta nel progetto è liveauctioneers.com.
La blockchain non ha solo aspetti positivi, ma presenta anche alcune criticità. Uno dei maggiori problemi legati al suo utilizzo nel mercato artistico è che si tratta di una tecnologia offerta da diversi operatori non interconnessi tra loro e quindi può accadere che la stessa opera circoli su diverse catene e con informazioni contraddittorie. La criticità alla quale si deve offrire una soluzione, quindi, è come collegare in modo sicuro un oggetto fisico alla sua registrazione blockchain. Una delle soluzioni più semplici che è stata proposta è quella di creare un codice Qr da apporre sul retro dell'opera, che consenta di taggarla, finendo per rappresentare una sorta di passaporto digitale dell'opera stessa. Il problema, però, è che il Qr code è facilmente falsificabile, per cui non sembra l'ausilio più idoneo a garantire quella sicurezza che ci si attende dalla blockchain.
Per evitare il rischio che sulle catene venissero inseriti dati falsi o non verificati, alcuni operatori hanno provveduto a creare un elenco di specialisti con il compito di verificare la correttezza delle informazioni inserite nella blockchain. Si tratta di una forma di garanzia piuttosto interessante, posto che le blockchain che operano in assenza di controlli hanno dimostrato una certa vulnerabilità, la quale si è appalesata in modo eclatante quando un utente si è registrato come proprietario de "La Gioconda" di Leonardo, ottenendo dalla blockchain un certificato che comprovava tale sua qualifica, seppure in modo oppugnabile con riguardo alla legittimazione e alle scansioni temporali delle transazioni che giustificavano il titolo dominicale.
Sarebbe un errore ritenere che la blockchain possa svolgere una funzione solo con riguardo ai trasferimenti della proprietà di opere d'arte. Essa può essere utilizzata come registro delle opere d'arte nel quale raccogliere tutte le informazioni su un'opera, rendendone tracciabile in modo certo e immodificabile la proprietà e le sue caratteristiche. Sotto questo profilo la blockchain può rappresentare anche un ottimo strumento a garanzia dell'autenticità e della provenienza di un'opera [16], in particolare se si considerano le opere di artisti viventi, che quindi possono essere registrate immediatamente, non appena immesse sul mercato, consentendo così all'autore dell'opera di tracciare la catena delle vendite successive alla prima, in modo da poter riscuotere il diritto di seguito [17]. Sotto questo profilo la catena potrebbe finire per rappresentare una sorta di registro mobiliare degli oggetti d'arte, riducendo in modo sensibile il rischio di alienazioni a non domino degli oggetti d'arte.
La catena è comunque suscettibile di utilizzi ben più ampi. In alcuni casi essa consente addirittura di commercializzare opere d'arte digitali [18]. Si pensi, ad esempio, alle opere CryptoPunk [19] o ai CryptoKitties [20], che utilizzano la tecnologia blockchain per essere trasferite e per assicurare all'acquirente l'effettività dell'acquisto. Un esempio piuttosto emblematico di cripto arte è l'opera "Forever Rose", creata dall'artista concettuale Kevin Abosch in collaborazione con la piattaforma Gifto, che consente di creare e scambiare regali virtuali basati sui meccanismi della blockchain e degli smart contracts. L'opera è stata posta in vendita per l'equivalente di 1 milione di dollari in criptovalute ed è registrata su blockchain come token di Ethereum. L'acquirente che l'ha acquistata potrà poi decidere se conservarla, venderla o regalarla.
Abosch ha creato dieci milioni di opere virtuali sulla blockchain di Ethereum e 100 opere d'arte fisiche stampate. Le opere virtuali sono token ERC20 standard, che possono essere condivise oppure suddivise in parti dai loro proprietari. L'esperienza dell'artista consente di apprezzare meglio l'influenza della blockchain su questo tipo di arte: prima si potevano riprodurre e ridistribuire liberamente i files digitali, essi erano difficilmente sfruttabili economicamente dall'artista, posto che lo stesso file, una volta messo in circolo dall'autore, poteva essere riprodotto e condiviso infinite volte. La registrazione dell'opera su una blockchain, invece, la rende unica, assicurando al suo acquirente quello ius excludendi alios che è requisito essenziale perché un bene possa avere un valore economico.
Un altro settore del mercato dell'arte nel quale la blockchain può essere vista come un utile ausilio è quello della proprietà frazionata delle opere d'arte. È noto che l'arte rappresenta anche un'importante forma di investimento. Infatti, oltre ai collezionisti, alle fondazioni bancarie, ai musei e ai mercanti d'arte, anche i fondi d'investimento hanno cominciato a guardare all'arte con interesse.
Non sorprende che tra le forme d'investimento in arte stia riscuotendo un discreto successo l'idea di ricorrere alla proprietà frazionata di un'opera, che consente anche a piccoli investitori di acquistare una quota di un'opera e di commercializzarla quando si necessiti di liquidità. In questo settore è recentemente nata una piattaforma di art-investment che opera su tecnologia blockhain denominata Maecenas, che raccoglie investimenti nel mercato primario e secondario dell'arte, promuovendo, appunto, la proprietà frazionata di opere d'arte. L'opera viene conservata in un caveau al sicuro, e il diritto di proprietà su di essa viene suddiviso in frazioni, che possono circolare tramite la blockchain in modo che il proprietario possa decidere se conservarle o venderle quando necessita di liquidità. Recentemente il sito offriva quote di un'opera di Warhol (14 Small Electric Chairs) di proprietà, per il 51%, del Dadiani Syndicate, che è anche uno dei partner di Maecenas [21]. È facile intuire come questa forma di investimento possa essere allettante perché consente al proprietario di un'opera di mantenerne la maggior parte delle quote di proprietà, cedendone altre per ottenere liquidità da destinare ad ulteriori investimenti.
La possibilità di acquistare soltanto una quota di un'opera d'arte implica un cambiamento piuttosto radicale nell'approccio mentale di chi acquista tale tipologia di beni; sino ad oggi, infatti, chi acquistava opere d'arte, se poteva indubbiamente essere mosso dalla volontà di investire in modo redditizio il proprio denaro, intendeva anche soddisfare un vezzo estetico o la volontà di essere in possesso di un bene unico e ammirato. L'acquisto della quota di un'opera, che magari non si potrà mai ammirare dal vivo, non appaga il piacere estetico e soddisfa in modo molto lato il desiderio di possesso che muove il collezionista d'arte. Tuttavia, i dati che riguardano i fondi d'investimento in arte sembrano confermare un trend positivo per il settore e quindi lasciano presupporre la possibilità di un successo anche per l'arte frazionata. I fondi, peraltro, si rilevano piuttosto redditizi, soprattutto quando si investe in arte moderna [22]; il che sembra voler dire che l'arte è vista anche come un settore nel quale investire, a prescindere dal piacere estetico che essa possa offrire o dalla velleità di possedere un oggetto di pregio.
Alcuni osservatori salutano la possibilità di frazionare la proprietà delle opere d'arte come una forma di democratizzazione del mercato dell'arte, in quanto essa consente anche ai piccoli risparmiatori di possedere la percentuale di un'opera, che diversamente non potrebbero permettersi di acquistare [23]. Sul punto pare legittimo esprimere qualche dubbio: chi possiede soltanto una piccola porzione dell'opera, si trova in una posizione decisamente diversa da chi ne possiede il 51% e può decidere se tenerla appesa nel salotto di casa, piuttosto che nello studio o nel caveau di una banca. Si tratta quindi di una democratizzazione dell'arte che è, con tutta evidenza, soltanto virtuale.
4. I primi utilizzi della blockchain nel mondo delle aste
Anche le case d'asta si dividono sulla possibilità di usare la tecnologia blockchain. Paddle8 ha introdotto la possibilità di effettuare acquisti con criptovaluta con il progetto BidCoin e la casa d'aste Sant'Agostino di Torino fa uso, già da qualche tempo, della tecnologia blockchain.
Sotheby's, invece, ha espressamente dichiarato di non essere interessata all'uso delle criptovalute e della tecnologia blockchain nelle proprie attività.
Nonostante queste differenti opinioni, sembra che il mercato dell'arte stia guardando con un interesse crescente alla criptomoneta e alla blockchain, il cui utilizzo, se resta ancora contenuto, appare in costante crescita. I benefici che la tecnologia comporta sono, come si è detto, la possibilità di tracciare e verificare costantemente i passaggi di proprietà dell'opera, nonché la possibilità di utilizzare gli smart contracts, ossia contratti in codice che verificano in automatico l'avverarsi di determinate condizioni e l'esecuzione delle obbligazioni, rendendo più fluida la compravendita e l'accesso alla clientela internazionale [24].
L'asta "An American Place. The Barney A. Ebsworth Collection", che si è tenuta il 13 novembre (asta serale) e il 14 (asta diurna) a New York da Christie's, è stata una delle prime aste di richiamo internazionale a usufruire della tecnologia blockchain. La collezione Ebsworth si presentava come un'ottima candidata per l'esperimento, vista la possibilità di ricostruire in modo dettagliato la provenienza dei singoli lotti. La collezione era una delle principali al mondo con riferimento all'arte moderna americana e comprendeva, tra le altre, opere di Willem de Kooning, Jackson Pollock, Jasper Johns ed Edward Hopper.
Il progetto pilota è stato avviato in collaborazione con una startup specializzata nel mercato dell'arte (Artory), la quale ha fornito un certificato criptato digitalmente per ciascuna delle 90 opere battute durante l'asta, offrendo così, ai potenziali acquirenti, un importante database di informazioni sui singoli lotti. Una volta conclusa l'asta, Artory registrerà, con riguardo a ogni lotto, tutte le informazioni pubbliche utili alla sua circolazione, compresi titolo, descrizione, prezzo finale e data nella quale il trasferimento è avvenuto, creando un certificato digitale della transazione che potrà essere consegnato da Christie's all'aggiudicatario del bene.
L'utilizzo della tecnologia blockchain si colloca in una più generale politica commerciale della casa d'aste, la quale mira a divenire uno dei leader mondiali nell'utilizzo delle tecnologie associate al mondo dell'arte. Del resto Christie's, già nel 2011, con la vendita della collezione di gioielli di Elizabeth Taylor [25], è stata una delle prime case d'asta a sperimentare la vendita online, avviando un proprio canale dedicato all'e-commerce [26]. L'interesse per il digitale e per le ricadute connesse al mercato dell'arte non potevano quindi lasciare indifferente la casa d'aste alla discussione intorno alle criptovalute e alla blockchain, che ha coinvolto, ormai da qualche tempo, anche il mondo dell'arte; ciò è apparso evidente già nel momento in cui veniva organizzato, nella sede londinese della casa d'aste, il summit intitolato "Exploring blockchain".
I dati economici dimostrano che il mercato dell'arte è in forte espansione, tanto da rimanere quasi indifferente alla crisi economica che ha colpito Stati Uniti ed Europa nell'ultimo decennio. Non solo: accanto ai mercati tradizionali se ne stanno affermando di nuovi, primo fra tutti quello cinese [27].
Nel 2014, stando ai dati del TEFAF, "the global art market reached its highest ever-recorded level, a total of just over €51 billion worldwide, a 7% year-on-year increase taking it above the 2007 pre-recession level of €48 billion". L'arte contemporanea si aggiudica la fetta preponderante di mercato (con circa la metà delle vendite nel 2014), segue l'arte moderna, mentre fanalino di coda risultano essere i c.d. Old Masters, che fanno registrare soltanto l'8% delle vendite, realizzando, tuttavia, il 50% di fatturato in termini di valore.
Gli ultimi anni segnano anche una rapida crescita del digital art market. L'e-commerce coinvolge le opere d'arte e si sta diffondendo soprattutto in quello che viene definito il "middle market", ossia quello nel quale avvengono le transazioni più numerose e che hanno un valore compreso tra i 1.000 e i 50.000 US$.
Se i siti e le piattaforme online sulle quali acquistare oggetti d'arte sono ormai diffusissimi e di impiego sempre più comune, la possibilità di ricorrere alla tecnologia blockchain in questo particolare settore sta appena cominciando a essere presa in considerazione. Con riguardo all'utilizzo della blockchain nel mercato dell'arte si scontrano sostanzialmente due differenti visioni: la prima, più apocalittica, legge nell'utilizzo della blockchain il rischio che si formino bolle speculative e che il mercato venga influenzato artificialmente attraverso i dati immessi dagli operatori che faranno ricorso alla catena. Un secondo orientamento, invece, vede in questa nuova tecnologia un'opportunità positiva per il mercato dell'arte, perché essa offre una maggior trasparenza nelle transazioni, consente l'autenticazione delle opere e facilita l'allineamento globale dei prezzi di vendita.
Entrambe le opinioni presentano aspetti di verità: la prevalenza di una visione rispetto all'altra dipenderà dall'uso che si farà della tecnologia e da come la blockchain verrà impiegata in concreto. Maggiore sarà il suo utilizzo, maggiori saranno le possibilità che essa impatti in maniera positiva sul mercato; in caso contrario la tecnologia rischia di essere lo strumento attraverso il quale si creano nuove distorsioni e si accentuano i problemi già esistenti.
Alcuni osservatori ipotizzano (e auspicano) un mondo dell'arte nel quale tutte le informazioni rilevanti di ogni opera quali la sua provenienza, le transazioni delle quali è stata oggetto, i prezzi per i quali è stata trasferita e il nome dei suoi proprietari vengono raccolte e registrate da collezionisti, galleristi, case d'asta e musei in una singola blockchain. Una simile catena, effettivamente, potrebbe essere una panacea per molti mali del mercato dell'arte, offrendo più sicurezza sulla legittimità della circolazione dell'opera; tuttavia difficilmente potrà superarsi la pluralità di operatori nel settore, anche perché molti di essi offrono servizi solo parzialmente sovrapponibili.
In conclusione sembra utile chiedersi su quali aspetti critici del mercato dell'arte la tecnologia blockchain potrebbe giocare un ruolo davvero utile; si tratta, mi pare, di almeno tre aspetti di estrema rilevanza: la tracciabilità delle opere, la possibilità di realizzare opere d'arte digitali in edizione limitata e la possibilità di garantire e certificare l'autenticità di ogni opera che si crea.
Analizziamo più nel dettaglio i tre aspetti: la tracciabilità delle opere d'arte sarebbe garantita dalla blockchain poiché, come si è detto, tutte le informazioni su un'opera potranno essere conservate in modo sicuro in un sistema a prova di manomissione. Il problema che si può porre, però, è quello delle informazioni false o errate che vengono inserite nella catena o quello della divergenza tra le informazioni inserite su una catena e quelle registrate su un'altra. Su questo aspetto occorrerà quindi migliorare la tecnologia attualmente in uso, consentendo di rettificare eventuali errori inseriti nella catena e il controllo incrociato tra i dati inseriti nelle varie catene esistenti. Altra difficoltà tecnica che può emergere è come collegare l'opera alle informazioni contenute nella catena. L'idea di ricorrere a un Qr code, infatti, potrebbe non essere la soluzione migliore, posta la facilità con la quale il codice può essere contraffatto o il rischio che venga danneggiato o smarrito.
La tecnologia blockchain consente inoltre di realizzare edizioni limitate di opere d'arte digitale: sarà, infatti, sufficiente registrare l'opera e si avrà la sicurezza che essa è l'unico esemplare originale. È facile comprendere come ciò renda possibile la creazione di un nuovo mercato e lo sfruttamento di opere digitali senza il contestuale rischio di una loro contraffazione [28].
L'ultimo aspetto di grande interesse è la possibilità di certificare che l'opera è frutto del lavoro di un determinato artista. Si tratta di un punto di estrema rilevanza: è noto a tutti, infatti, che il problema dell'autenticità dell'opera e della sua attribuzione a un determinato autore rappresenta, da sempre, una delle tematiche più spinose per chi si occupa di arte. Il rischio che l'opera si riveli un falso o che l'attribuzione a un artista si dimostri errata, infatti, crea problemi estremamente rilevanti per i galleristi, le case d'aste e i collezionisti. Tali problemi, però, potranno essere meglio affrontati grazie alla tecnologia: sarà infatti sufficiente che l'artista, dopo aver creato l'opera, la registri come propria sulla blockchain. In questo modo il problema delle attribuzioni potrebbe venire superato, salvo, ovviamente, che un falsario registri sulla blockchain una propria opera spacciandola per quella di un artista di fama. Il rischio che un'opera falsa venga posta sul mercato come autentica, però, si presenta anche a prescindere dall'utilizzo della blockchain, la quale semmai può consentire di risalire a chi ha posto in essere la prima transazione dell'opera, spingendo gli intermediari del settore ad una maggiore vigilanza. Anche in questa ipotesi, quindi, ci troviamo di fronte a un problema endogeno del mercato dell'arte, che la blockchain non è in grado di risolvere, ma che potrebbe aiutare ad arginare.
A questi tre aspetti alcuni ne aggiungono uno ulteriore: la democratizzazione degli investimenti in arte, attraverso la possibilità di acquistare porzioni di un'opera. La frammentazione della proprietà consente, anche a chi non ha grandi capitali, di investire in opere d'arte importanti, magari acquistando porzioni di più di un'opera. A mio modo di vedere, però, si tratta di una falsa democratizzazione: l'opera apparterrà sempre (o quasi sempre) per almeno il 51% a un proprietario, che cederà a terzi le restanti porzioni per fare cassa e acquistare altre opere. Il soggetto che acquista una piccola quota di proprietà non sarà mai (o sarà solo difficilmente) in condizione di godere dell'opera che ha acquistato. Questo aspetto sembra rendere la proprietà frazionata delle opere d'arte poco appetibile per i collezionisti tradizionali che difficilmente accetteranno di spendere denaro per un'opera che non potranno mai vedere appesa al muro di casa; non si tratta quindi di una vera democratizzazione dell'arte, ma, molto più semplicemente, di un nuovo modo di fare business con essa.
In definitiva, non si deve cadere né in facili entusiasmi né in eccessivi pessimismi: la tecnologia rappresenta indubbiamente una risorsa, ma presenta anche dei limiti; il principale è indubbiamente legato all'insicurezza dei dati inseriti. La blockchain potrà giovare al mercato dell'arte soltanto se i dati che la compongono saranno affidabili; tuttavia, ciò pare possibile solo per le opere digitali, che potranno essere registrate direttamente sulla blockchain o per le opere analogiche di recente realizzazione, la cui storia può essere ricostruita sino al momento della loro uscita dallo studio dell'artista. Relativamente a tali ultime opere, però, il problema è quello di "legare" in modo incontestabile l'opera alla blockchain. A tal fine, come già si è detto più sopra, l'idea di usare un Qr code non sembra convincente vista la facilità con cui tale dispositivo può essere contraffatto, smarrito o danneggiato, occorrerà quindi uno strumento tecnico più affidabile e in grado di poter essere stabilmente collegato all'opera.
La situazione si fa più complessa con riguardo alle opere antiche. Immaginiamo un dipinto del XVII secolo, attribuito in modo non univoco a un determinato artista: è ovvio che con riguardo ad esso disporremo solo di dati limitati e confutabili. Ciò rende la registrazione dei dati sulla catena una procedura più aleatoria: è più probabile, infatti, che i dati immessi vengano smentiti nel corso del tempo (ad es. perché si scopre che l'opera in passato è stata rubata o che essa non può essere stata realizzata dall'artista alla quale era stata attribuita).
La differente utilizzabilità e affidabilità dei dati porta quindi a concludere che la tecnologia blockchain, se sarà gestita da soggetti affidabili, potrà essere un ausilio per il mercato dell'arte contemporanea [29], ma che non impatterà in modo significativo su quello delle opere antiche. Con riferimento a queste ultime, infatti, si dovrà gioco forza continuare a confidare delle informazioni fornite dal venditore (eventualmente risalendo, grazie alla blockchain, a qualche transazione precedente) e sulla sua professionalità, senza poter avere mai certezze assolute sull'opera che si sta acquistando.
Le transazioni aventi ad oggetto le opere degli old masters, però, seppur numericamente più limitate, rappresentano, avuto riguardo al loro valore, una porzione estremamente rilevante del mercato dell'arte. Proprio con riferimento a tali opere l'esigenza di sicurezza si fa più pressante; tale esigenza, però, per i motivi più sopra descritti, non pare poter essere soddisfatta dalla blockchain.
In conclusione, quindi, la blockchain non sembra essere la panacea per tutti i problemi del mercato dell'arte; essa potrà risolverne alcuni, ma occorrerà vedere in concreto come verrà gestita e le modalità con le quali verrà assicurata la correttezza dei dati in essa inseriti. Diversamente il rischio è quello di aggiungere ulteriori problemi su un mercato che, per la sua natura, non sempre appare in grado di assicurare trasparenza e sicurezza agli acquirenti.
Note
[1] Più generalmente su questo tema cfr. V. Berlingò, Il fenomeno della datafication e la sua giuridicizzazione, in Riv. trim. dir. pubb., 2017, pag. 641 ss.
[2] Lo studio di S Nakamoto, Bitcoin: un sistema di moneta elettronica peer to peer, tradotto in italiano, è consultabile all'indirizzo https://bitcoin.org/files/bitcoin-paper/bitcoin_it.pdf. Sul tema del bitcoin, tra le tante pubblicazioni, si vedano: V. De Stasio, Verso un concetto europeo di moneta legale: valute virtuali, monete complementari e regole di adempimento, in Banca borsa, 2018, pag. 747 ss. ; G. Ateniese, B. Magri, D. Venturi, and E. Andrade, Redactable blockchain-or-rewriting history in bitcoin and friends, in Security and Privacy (EuroS&P), 2017 IEEE European Symposium on IEEE, pag. 111 ss.; G. Gasparri, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del bitcoin: miraggio monetario crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema?, in Dir. inform., 2015, pag. 415 ss.; S. Capaccioli, Criptovalute e bitcoin: un'analisi giuridica, Milano, 2015; D. Yermack, Is Bitcoin a Real Currency? An economic appraisal, in NBER Working Paper, 19747, 2013 (rev. 2014), pag. 2 ss.
[3] Sul tema v. M. Manente, Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio, in Not., 2016, pag. 211.
[4] Nel 2014 l'artista francese Youl ha venduto la sua opera "The Last Bictoin Supper" per ฿ 1 (equivalenti a 2.900 $). L'opera, che trae evidente spunto dal ben più noto Cenacolo vinciano, rappresenta un'allegoria dell'ultima cena, nella quale Gesù Cristo è al centro ed è raffigurato come blockchain di bitcoin con un QR code davanti a lui appoggiato sul tavolo. Quello che nel quadro di Leonardo è Giuda viene invece rappresentato nelle vesti di un banchiere. Nell'opera "200 Bitcoins" l'artista Kuno Goda si interroga sul valore intrinseco del Bitcoin. L'opera, il cui valore era stato originariamente stimato in ฿ 199 (circa 125.000 $), è stata venduta nel 2014 a un imprenditore americano, il quale però non ha voluto rendere nota la somma pagata. "Symphony of Blockchain" è una performance audio - video 3D, che tramuta le transazioni realmente avvenute in una blockchain in note e le collega in modo da formare una frase musicale che viene diffusa come sottofondo per un video nel quale sono raffigurati graficamente i blocchi della catena.
Blockchain e criptovaluta, quindi, non si limitano a incidere sulle modalità di circolazione delle opere d'arte, ma, in quanto espressioni significative della nostra società, sono finite esse stesse per ispirare l'arte. Su questo aspetto cfr. L. Lotti, Contemporary art, capitalization and the blockchain: On the autonomy and automation of art's value, in Finance and Society, 2016, 2(2), pag. 96 ss., spec. pag. 102 ss. e, sul ruolo della rete come forma d'arte, T. Bazzichelli, Networking Art: The Net as Artwork, Aarhus: Digital Aesthetics Research Center, Aarhus University, 2008.
[5] Il GDPR introduce la figura del DPO - Data Protection Officer, figura esperta di legislazione e protezione dei dati, che ha il compito di assistere chi li controlla o li gestisce, garantendo il rispetto delle previsioni del regolamento. Il DPO deve possedere anche conoscenze in ambito informatico, garantendo che i dati vengano trattati in modo sicuro e senza che si presenti il rischio di attacchi informatici. È evidente che una simile figura appare difficilmente ipotizzabile con riguardo alla Blockchain.
[6] Con riferimento al tema della gestione dei dati personali sulla blockchain si vedano N.B. Truong, K. Sun, G. Myoung Lee e Y. Guo, GDPR-Compliant Personal Data Management: A Blockchain-based Solution, in IEEE Transaction on Information Forensics and Security, marzo 2019, pag. 1 ss., secondo i quali: "The General Data Protection Regulation (GDPR) gives control of personal data back to the owners by appointing higher requirements and obligations on service providers (SPs) who manage and process personal data. As the verification of GDPR-compliance, handled by a supervisory authority, is irregularly conducted; it is challenging to be certify that an SP has been continuously adhering to the GDPR. Furthermore, it is beyond the data owner's capability to perceive whether an SP complies with the GDPR and effectively protects her personal data. This motivates us to envision a design concept for developing a GDPR-compliant personal data management platform leveraging the emerging blockchain (BC) and smart contract technologies. The goals of the platform are to provide decentralised mechanisms to both SPs and data owners for processing personal data; meanwhile empower data provenance and transparency by leveraging advanced features of the BC. The platform enables data owners to impose data usage consent, ensures only designated parties can process personal data, and logs all data activities in an immutable distributed ledger using smart contract and cryptography techniques. By honestly participating in the platform, an SP can be endorsed by the BC network that it is fully GDPR-compliant; otherwise any violation is immutably recorded and is easily figured out by associated parties. We then demonstrate the feasibility and efficiency of the proposed design concept by developing a profile management platform implemented on top of a permissioned BC framework, following by valuable analysis and discussion".
[7] Su questo tema cfr. E. Piovesani, The interface between the jurisdictional rules of Reg. (EU) No 2016/679 and those of Reg. (EU) No 1215/2012, in EuroJus, numero speciale Big Data and Public Law: new challenges beyond data protection, pag. 64 ss.; P. Franzina, Jurisdiction regarding Claims for the Infringement of Privacy Rights under the General Data Protection Regulation, in European Contract Law and the Digital Single Market, (a cura di) A. De Franceschi, Cambridge-Antwerp-Portland, 2016; C. Kohler, Conflict of Law Issues in the 2016 Data Protection Regulation of the European Union, in RDIPP, 2016, pag. 667 ss.; M. Brkan, Data protection and European private international law: observing a bull in a China shop, in IDPL, 2015, pag. 257 ss.
[8] Cfr., in particolare, N.B. Truong, K. Sun, G. Myoung Lee e Y. Guo, op. cit.
[9] Cfr. S. Schwerin, Blockchain and Privacy Protection in the Case of the European General Data Protection Regulation (GDPR): A Delphi Study, in JBBA, (1) 2018, pag. 1 ss.; N. Fabiano, Internet of Things and Blockchain: Legal Issues and Privacy. The Challenge for a Privacy Standard, in 2017 IEEE International Conference on Internet of Things (iThings) and IEEE Green Computing and Communications (GreenCom) and IEEE Cyber, Physical and Social Computing (CPSCom) and IEEE Smart Data (SmartData), IEEE, 2017, pag. 727 ss.; M. Berberich, M. Steiner, Blockchain Technology and the GDPR - How to Reconcile Privacy and Distributed Ledgers, in Eur. Data Prot. L. Rev., 2016, pag. 422 ss.
[10] Sul tema v. M. McConaghy, G. McMullen, G. Parry, T. McConaghy, D. Holtzman, Visibility and digital art: Blockchain as an ownership layer on the Internet, in SC Special Issue: The Future of Money and Further Applications of the Blockchain, vol. 26, n. 5, sett. 2017, pag. 461 ss.
[11] Cfr. F. Codignola, The Globalization of the Art Market: A Cross-Cultural Perspective where Local Features meet Global Circuits, in Analyzing the Cultural Diversity of Consumers in the Global Marketplace, (a cura di) A. Alcántara-Pilar, S. del Barrio-García, E. Crespo-Almendros, & L. Porcu, Hersey, 2015, pg. 82 ss. e R. De Caria, A Digital Revolution in International Trade? The International Legal Framework for Blockchain Technologies, Virtual Currencies and Smart Contracts: Challenges and Opportunities, in Modernizing International Trade Law to Support Innovation and Sustainable Development Proceedings of the Congress of the United Nations Commission on International Trade Law, Vienna, 4-6 July 2017, Volume 4: Papers presented at the Congress, Vienna, 2017.
[12] Le principali startup che hanno avviato dei tentativi di utilizzare la blockchain nel mercato dell'arte sono Artory, fondata nel 2016 da Nanne Dekking con lo scopo di registrare informazioni sulle opere d'arte provenienti da alcuni partner scelti. Anche Codex, fondata nel 2017 da Mark Lurie e Jess Houlgrave, registra informazioni sulle opere d'arte e su altri beni di alto valore come vini e orologi. Codex dispone anche di una propria criptovaluta, CodexCoin, che può essere utilizzata per il pagamento dei servizi offerti. Codex ha una rete di aziende partner che offrono servizi legati all'arte e che vanno dalla possibilità di acquistare opere d'arte con proprietà frazionata ad assicurazioni sulle opere acquistate a stime, finanziamenti e tecnologie per la "marcatura" delle opere d'arte. Look Lateral, fondata nel 2017 da Niccolò Savoia, permette di registrare su blockchain le vendite di opere d'arte e di pagare con criptovalute (gettoni Look). Maecenas, fondata nel 2016 da Marcelo Garcia Casil, Miguel Neumann e Federico Cardoso, offre la possibilità di investimenti in arte per mezzo di proprietà frazionata, acquistabile con gettoni Art, la propria criptovaluta. Maecenas ha messo in vendita il 49% dell'opera 14 Small Electric Chairs di Warhol, come forma di investimento. L'opera appartiene per il restante 51% a Dadiani Syndicate, partner di Maecenas. Paddle8 è la più antica delle blockchain operanti nel mercato dell'arte, fondata nel 2011 da Alexander Gilkes, Aditya Julka e Osman Khan, era quasi scomparsa nel 2017 a seguito della bancarotta della consorella Auctionata. Oggi è di proprietà dell'azienda tecnologica The Native e offre certificazioni d'arte in bitcoin. Rare, fondata da John Zettler, Kevin Trinh e Matthew Russo nel 2017, fraziona arte digitale e la inserisce su blockchain proponendosi, in questo modo, di avviare un mercato secondario di arte digitale. Verisart fondata nel 2015 da Robert Norton rilascia certificati di autenticità di opere d'arte.
Le informazioni sulle aziende che si occupano di startup e mercato dell'arte sono reperibili nell'articolo Il Who's Who del mondo Blockchain di G. Adam, pubblicato su Il Giornale dell'Arte n. 390, ottobre 2018 e reperibile sul sito https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/articoli/2018/10/129960.html.
[13] Dichiarazione di Mark Lurie, direttore generale di Codex, una delle prime società attive nella realizzazione di blockchain specifiche per il mercato dell'arte. La dichiarazione è riportata da S.P. Hanson, Blockchain per registrare le opere d'arte come i bitcoin, in Il Giornale dell'Arte, n. 384, marzo 2018.
[14] Cfr. TEFAF, Art Dealer Finance 2018, p. 8 reperibile all'indirizzo https://amr.tefaf.com/assets/uploads/TEFAF-Art_Market_Report.pdf, nel quale si rileva che "The final important element of blockchain is privacy. Because cryptography verifies the transactions on the blockchain, those involved in the transactions do not have to disclose sensitive information like their identities or financial details. The technology eliminates the need for invasive, traditional auditing".
[15] Lo studio Bitcoin laundering: an analysis of illicit flows into digital currency services di Y.J. Fanusie e T. Robinson del 12 gennaio 2018 offre dei dati che sembrano relativizzare notevolmente il rischio che le criptovalute siano utilizzate a fini illeciti. Lo studio è pubblicato sul sito https://cdn2.hubspot.net.
[16] Cfr. TEFAF, Art Dealer Finance 2018, cit., pag. 8.
[17] Sul quale sia consentito rinviare al mio Alcune riflessioni su diritto di seguito e mercato unico dell'arte contemporanea, alla luce della sentenza Christie's France c. Syndicat national des antiquaires, in Aedon, 2015, 2.
[18] Su questo aspetto si veda M. Zeilinger, Digital Art as 'Monetised Graphics': Enforcing Intellectual Property on the Blockchain, in Philosophy & Technology, marzo 2018, vol. 31, 1, pag. 15 ss.
[19] Si tratta di immagini pixel 24x24 generate da un algoritmo che rende le opere uniche e tra loro non ripetute, sebbene alcune possano essere simili. Si tratta di creazione collezionabili, che vengono commerciate grazie alla blockchain Ethereum. La blockchain assicura a ogni acquirente di essere l'unico titolare dell'opera acquistata. Per maggiori informazioni http://thecryptopunks.com/.
[20] In questo caso si acquista un "gatto digitale" con il quale l'utente può interagire nutrendolo e accudendolo. Anche i gatti digitali vengono acquistati tramite bitcoin su una blockchain, che assicura a ogni acquirente di essere l'unico titolare dell'animale e di poterne disporre. Sul tema v. L. Lotti, op. cit. e T. Bazzichelli, op. cit.
[21] Si veda l'articolo del Telegraph As Warhol's 14 Small Electric Chairs is offered for sale via Blockchain, can cryptocurrency succeed where the auctioneers failed?, consultabile sul sito https://www.telegraph.co.uk/luxury/art/warhols-14-small-electric-chairs-offered-sale-via-blockchain/.
[22] Sul tema cfr. P. Farina, Investire nell'arte: gli "art investment funds" in https://farinarte.wordpress.com/2018/05/28/investire-nellarte-gli-art-investment-funds/; M.A. Marchesoni, Investire in arte, un fondo per i tangible asset, in Il sole 24 ore del 3 febbraio 2017 e S. Segnalini, Art fund. Lo stato dell'arte, in Artribune del 16 novembre 2016 https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/diritto/2016/11/diritto-art-fund-mercato-finanza/. Di particolare interesse per la ricchezza di dati e informazioni, anche l'Art & Finance report 2017 di Deloitte, scaricabile all'indirizzo https://www2.deloitte.com/lu/en/pages/art-finance/articles/art-finance-report.html.
[23] Cfr. l'articolo di E. Zavelev, Why Blockchain Will Impact The Art Market, pubblicato su Forbes del 25 ottobre 2018 e reperibile online sul sito https://www.forbes.com/sites/elenazavelev/2018/10/25/why-blockchain-will-impact-the-art-market/#69b3645a4973.
[24] Sugli smart contracts si veda P. Cuccuru, Blockchain e automazione contrattuale. Riflessioni sugli smart contract, in Nuova giur. civ. comm., 2017, pag. 111 ss. e D. Di Sabato, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contr. impr., 2017, pag. 378 ss.; G. Finocchiaro, Il contratto nell'era dell'intelligenza artificiale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, pag. 441 ss. e R. de Caria, The Legal Meaning of Smart Contracts, in European Review of Private Law, 2019, pag. 731 ss.
[25] Cfr. il comunicato stampa di Christie's con riferimento all'asta che ha fatto registrare un'importante serie di primati https://www.christies.com/elizabethtaylor/saleroom.aspx.
[26] L'interesse di Christie's per il digitale applicato all'arte è dimostrato anche dal summit "Art+Tech", e dall'asta newyorkese in cui è stata battuta la prima opera creata dall'intelligenza artificiale.
[27] Per maggiori informazioni sulle evoluzioni del mercato dell'arte si veda G. Magri, Directive 2014/60/EU and Its Effects on the European Art Market, in Santander Art and Culture Law Review 2/2016, pagg. 195-210.
[28] Sul tema v. M. Zeilinger, op. cit.
[29] Su questo aspetto si veda, in modo più approfondito, L. Lotti, op cit., passim.