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L’amministrazione del patrimonio culturale

Pagamento di imposte mediante la cessione di beni culturali: una normativa discontinua?

di Anna Pirri Valentini

Sommario: 1. La cessione di beni culturali in pagamento d'imposte: uno strumento di valorizzazione del patrimonio culturale?. - 2. Contenuto e funzionamento della legge n. 512/82. - 3. Un'applicazione discontinua. - 4. La Commissione 512, nuova vita o vecchie abitudini?. - 5. Alcuni aggiornamenti dal 2014. - 6. Uno sguardo al di là delle Alpi: il pagamento di imposte mediante cessione di beni culturali in Francia. - 7. Conclusioni.

Dation in payment of cultural property: a discontinuous regulation?
The article analyses the Italian regulation that allows for the dation in payment of cultural property with regard to direct and inheritance taxes. In particular, it describes the historical evolution of the existing legislation, the applicable rules, their modus operandi, and it pieces together their implementation over the years. Finally, a comparison to the French system is instrumental to a better understanding of strengths and weaknesses of the Italian one.

Keywords: Cultural property; Taxes; Dation in payment; France.

1. La cessione di beni culturali in pagamento d'imposte: uno strumento di valorizzazione del patrimonio culturale?

Il pagamento di imposte mediante la cessione di beni culturali è uno strumento giuridico rivelatore delle diverse dimensioni del patrimonio culturale, costituito da cose recanti, tra gli altri, valore identitario, estetico ed economico. Tale istituto, inoltre, è un utile esempio sia per investigare i rapporti tra Stato e privati in questo settore, sia per soffermarsi sugli equilibri tra le funzioni amministrative di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale [1].

Questo scritto è volto, innanzitutto, a ricostruire la normativa italiana che regola la cessione di beni culturali per il pagamento di imposte e, in particolare, la legislazione in vigore, le regole applicabili, il loro funzionamento pratico e la loro effettiva applicazione nel tempo. Successivamente, una comparazione con la legislazione sul tema in vigore in Francia - paese di riferimento in Europa e nel mondo per questo tipo di incentivi [2] - aiuterà a coglierne i punti di forza e di debolezza, sia strutturali che applicativi, della disciplina italiana.

In Italia, la possibilità di regolare i propri debiti fiscali attraverso la cessione di beni culturali ha vissuto fasi altalenanti, se non addirittura discontinue, sin dalla sua introduzione, avvenuta agli inizi degli Ottanta del XX secolo [3].

Nel 1983 l'artista Renato Guttuso scrisse che "Un governo saggio dovrebbe rendersi conto che il vero grande patrimonio italiano sono le sue opere d'arte; frutto di secoli di cultura, fantasia, creatività e magistero" [4]. Senatore nel corso di due legislature, Guttuso viene eletto rispettivamente nel 1976 e nel 1979 tra le fila del partito comunista durante la segreteria di Enrico Berlinguer. È in occasione della sua prima esperienza da parlamentare che, nel 1977, concepisce e redige la proposta legislativa dal titolo "Vantaggi fiscali riguardanti i beni artistici e culturali". L'iter di questa legge non proseguirà a causa della prematura caduta del governo e dell'interruzione della legislatura nel 1979. Una volta rieletto Senatore, Guttuso partecipa alla formulazione della relazione del testo per la proposta parlamentare in concertazione con il senatore Giovanni Battista Urbani, anche lui eletto con il partito comunista e, precedentemente, con un mandato alle politiche culturali.

Nel 1982, dunque, vengono presentati due progetti di legge riguardanti alcuni vantaggi fiscali per i proprietari di beni culturali: il primo di iniziativa del Senato (proposto da Renato Guttuso e altri) e il secondo di iniziativa del Governo, su proposta del ministro per i beni culturali - Vincenzo Scotti - e del ministro delle finanze - Renato Formica.

Il 14 luglio del 1982 il testo, trasmesso dal Senato il 20 maggio dello stesso anno, viene definitivamente approvato dalla Camera dei Deputati: il Parlamento italiano approva la legge 2 agosto 1982, n. 512 [5]. Quest'ultima venne accolta come un primo tentativo di superamento del tradizionale atteggiamento dello Stato italiano nei confronti del proprio patrimonio culturale e artistico [6]. Si trattava della trasposizione formale del concetto per il quale l'arte e la produzione artistica non sarebbero dovuti essere considerati come distaccati e distanti dal sistema economico del paese [7].

La prima motivazione a supporto della proposta di legge è il riferimento all'art. 9 della Costituzione italiana - articolo dedicato alla protezione del patrimonio culturale e allo sviluppo della cultura -, a sottolineare la massima importanza dell'argomento oggetto della trattazione [8]. Per riuscire a mettere in pratica una politica culturale in grado di rispondere a delle esigenze collettive era ritenuto necessario, infatti, implementare l'efficacia dell'amministrazione dei beni culturali e, al contempo, prevedere delle normative atte a facilitare la mobilizzazione di risorse economiche destinate alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Norme di questo genere dovrebbero riuscire a coinvolgere collezionisti, imprenditori o altri investitori privati; attori che, fino a quel momento, non avevano preso parte in modo rilevante alla promozione dei beni culturali nazionali.

Secondo elemento decisamente rilevante è la necessità, per l'Italia, di allinearsi alle altre realtà europee. Tale urgenza viene messa in evidenza dal senatore Gino Scevarolli, il quale sottolinea come

"Un paese giovane come gli Stati Uniti ha potuto costruirsi in meno di duecento anni una rete di musei tra i più prestigiosi del mondo, ricca di opere d'arte, antiche e moderne di inestimabile valore culturale, artistico ed economico. Il solo Metropolitan Museum di New York in poco più di 100 anni ha raccolto 3 milioni di opere". Per proseguire "Lo Stato francese negli ultimi cinque anni si è arricchito di diverse centinaia di opere d'arte di tutti i generi e di tutti i tempi, da Piero della Francesca a Goya, da Manet a De Chirico, Mirò, Pollock, dai mobili ed oggetti di antichità, a documenti storici del passato e del presente (...) e lo stesso Stato francese ha incamerato nel suo patrimonio artistico circa 700 opere provenienti dall'eredità del grande genio dell'arte di questo secolo, Pablo Picasso" [9]. Vengono poi citate le legislazioni in materia vigenti in Germania, Belgio e Inghilterra, sottolineando come la loro approvazione sia "Il frutto del buon senso e dell'abilità di questi Stati nella conduzione della politica culturale". Al contrario "Da noi si è operato fino ai nostri giorni in un senso esattamente contrario: chi ha mostrato l'intenzione di voler donare un bene culturale è stato scoraggiato sia dalle innumerevoli difficoltà burocratiche, sia dai pesanti aggravi fiscali cui andava incontro. (...) Vi è stato finora un atteggiamento di diffidenza dei pubblici poteri che provocando un clima di reciproca sfiducia, ha compresso e scoraggiato qualsiasi atto di generosità e di liberalità a favore della collettività" [10].

Bisogna rilevare come la necessità di tale intervento normativo sia dettata anche dalle numerose e macroscopiche lacune nelle raccolte dei musei e delle gallerie statali. Tali lacune non potevano essere colmate con le sole risorse dell'allora ministero per i Beni culturali e Ambientali, non essendo queste sufficienti, specialmente in un momento di crisi economica, a garantire la manutenzione ordinaria dei musei. Da qui la necessità di "gettare le basi per un'azione politica che, con una serie di efficienti iniziative, si proponga di sollecitare ed incentivare sia l'impegno morale e pratico del cittadino privato all'opera di tutela, di conservazione e di valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale, sia il suo contributo all'incremento delle pubbliche raccolte" [11].

Sostegno al progetto di legge arrivò anche dallo storico dell'arte Giulio Carlo Argan, il quale affermò che "Se questa legge fosse stata in vigore da anni, diversa sarebbe la condizione dei nostri musei e delle nostre biblioteche". Di vedute simili Carlo Ludovico Ragghianti che sostenne "l'adozione di questo disegno di legge rappresenta - come in pochi altri casi - un interesse reale, oggettivo e senza residui per il Paese", per poi aggiungere che sarà tra i primi e più solerti clienti della stessa [12].

Un'ultima e fondamentale puntualizzazione, nonché augurio, dei senatori proponenti riguardò la necessità affinché le liste di opere d'arte proposte allo Stato in estinzione del proprio debito fiscale non vengano utilizzate per scopi e finalità diverse come, ad esempio, per la notifica del bene. Tale precisazione è avvertita come necessaria per poter riuscire a stabilire un rapporto tra Stato e cittadini che sia chiaro, leale e trasparente.

Il maggiore auspicio, dunque, era che la tradizionale attitudine dell'amministrazione dei beni culturali potesse cambiare in seguito alla promulgazione di questa legge, la quale necessita di un'azione promozionale incentrata sulla valorizzazione, in risposta a un'attitudine prevalentemente conservatrice e vincolante.

2. Contenuto e funzionamento della legge n. 512/82

La legge n. 512 del 1982 prevede diverse forme di agevolazioni fiscali, in particolare: i primi cinque articoli riconoscono ai proprietari di beni di interesse culturale la possibilità di giovarsi di alcuni esoneri o detrazioni fiscali ai fini della detenzione, conservazione e restauro dei beni stessi.

Gli articoli 6 e 7 prevedono, rispettivamente, la possibilità per i debitori dell'imposta di successione e di imposte dirette di offrire allo Stato beni di interesse culturale in pagamento totale o parziale delle somme dovute. Possono essere proposte come dazione in pagamento sia beni di interesse culturale già notificati che opere d'arte contemporanea.

La procedura è simile per il pagamento di entrambe le tipologie di imposte, pur conservando delle importanti differenze. La proposta di cessione, comprendente una descrizione dettagliata dei beni che ne formano oggetto e accompagnata da idonea documentazione che li identifichi, deve essere sottoscritta dall'interessato e presentata al ministero dei Beni e delle Attività Culturali e al competente ufficio del registro dell'Agenzia delle Entrate, in caso di pagamento di imposte sulla successione. Per il pagamento delle imposte dirette la proposta di cessione, corredata dalla medesima documentazione ex art. 6, dovrà essere presentata unicamente al ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

Nel perfezionare la proposta il proprietario dei beni dovrà specificare sia quelle che sono le caratteristiche culturali del bene sia le informazioni necessarie all'amministrazione per valutare l'interesse per lo Stato e l'opportunità dell'acquisto.

Una volta ricevuta la proposta, l'amministrazione per i beni culturali avrà l'onere di certificare l'esistenza delle caratteristiche previste dalla legge in materia di tutela e, eventualmente, dichiarare l'interesse dello Stato all'acquisto del bene in oggetto [13]. Per la valutazione dell'interesse circa le opere d'arte contemporanea originariamente veniva consultato il competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, attualmente tale funzione è assolta dalla direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane (DGAAP), l'ufficio del Mibac dedicato alla contemporaneità.

Condizioni e valore del bene da accettare come dazione in pagamento di imposte sono stabilite con decreto emesso dal ministero dei Beni e delle Attività Culturali in concertazione con il ministero delle Finanze. La decisione finale viene adottata su indicazione di una commissione interministeriale composta dal ministro dei beni e delle attività culturali, o da un suo delegato; due rappresentanti dello stesso ministero e due rappresentanti del ministero delle Finanze [14]. Con apposita richiesta il proponente (di persona o tramite un delegato) può essere ascoltato dalla commissione interministeriale prima che questa giunga ad una conclusione.

Circa gli effetti della proposta di cessione: quest'ultima interrompe i termini per il pagamento dell'imposta sulle successioni mentre non sospende l'obbligo di pagamento per le imposte dirette. I ministeri interessati sono liberi di accettare o meno i beni offerti come dazione in pagamento, così come il proponente è libero di revocare la propria offerta o in occasione dell'audizione presso la commissione interministeriale ovvero nei 15 giorni successivi.

Sia in caso di accettazione che di rifiuto, il decreto recante la firma dei due ministri deve essere promulgato entro sei mesi dalla proposta [15] e notificato al proprietario; in caso di esito positivo della procedura quest'ultimo avrà due mesi per accettarlo [16]. Qualora la proposta sia riferita a beni mobili, la loro consegna dovrà avvenire entro 30 giorni dall'accettazione; consegna del bene comporta il trasferimento di proprietà. Per quanto riguarda i beni immobili, invece, il trasferimento di proprietà si ha con la notifica dell'accettazione, che dovrà essere trascritta nei registri immobiliari.

Ove la cessione di beni culturali sia riferita al pagamento di imposte sulle successioni, l'art. 6 l. 512/82 prevede che "qualora il valore dei beni ceduti superi l'importo dell'imposta, al cedente non compete alcun rimborso per la differenza; ove il valore dei beni ceduti sia inferiore all'importo dell'imposta e degli accessori, il cedente è tenuto al pagamento della differenza".

In caso di dazione in pagamento di imposte dirette, l'art. 7 l. 512/82 dispone "Dopo il trasferimento dei beni, l'interessato può chiedere il rimborso delle imposte eventualmente pagate nel periodo intercorrente tra la data di presentazione della proposta di cessione e quella della consegna dei beni o della trascrizione, ovvero può utilizzare, anche frazionatamente, l'importo della cessione per il pagamento delle imposte indicate nel primo comma, la cui scadenza è successiva al trasferimento dei beni". Nell'ipotesi in cui il contribuente nel suddetto arco temporale non saldi il suo credito d'imposta ha la facoltà di chiedere il rimborso della differenza. La Cassazione si è espressa in tal senso nel 2003, stabilendo che

"Ove il contribuente ottenga di procedere al pagamento delle imposte sui redditi mediante cessione di beni culturali, ai sensi dell'art. 28-bis del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, e utilizzi (parzialmente) il valore di tali beni per il pagamento di imposte pregresse, può immediatamente chiedere il rimborso della differenza tra l'importo della cessione e le imposte pagate. Ciò in quanto il termine dilatatorio di cinque anni per la richiesta di rimborso deve essere rispettato solo nel caso in cui il contribuente decida di utilizzare l'importo dei beni ceduti in pagamento - anche frazionato - delle imposte la cui scadenza sia successiva al trasferimento dei beni" [17].

Dalle disposizioni in esame si evince come la dazione di beni culturali in pagamento di imposte possa essere impedita o dall'assenza di interesse all'acquisto dei beni proposti da parte dello Stato oppure dalla rinuncia o non accettazione da parte del proprietario delle condizioni e/o del valore attribuito al bene da parte dell'amministrazione.

3. Un'applicazione discontinua

Pur riconoscendo la grande portata innovativa della normativa in esame e la sua rilevanza culturale, l'obiettivo di modificare in modo radicale l'attitudine dello Stato nei confronti della gestione del patrimonio culturale nazionale non può dirsi realizzato.

Sin dalla sua emanazione se ne constata una scarsa applicazione, accompagnata da una vigorosa resistenza alla sua attuazione da parte del ministero dell'Economia e delle Finanze, reticente a rinunciare a un incasso immediato in cambio dell'arricchimento del patrimonio artistico "giudicato essere già sovrabbondante" [18].

Se questo è vero per quanto riguarda l'amministrazione, bisogna anche mettere in evidenza come negli anni siano spesso stati proposti beni di qualità assai modesta a fronte di valori dichiarati molto elevati.

Gli unici dati ufficiali dall'entrata in vigore della legge n. 512/82 circa l'applicazione degli articoli 6 e 7 risalgono al 1991 (un decennio dopo la sua entrata in vigore) e sono illustrati nel Notiziario n. 34-35 [19]. In questo documento Vittorio Ferrara illustra l'attività della commissione interministeriale, specificando come "Dall'insediamento della Commissione (avvenuto il 23 marzo 1983) ad oggi risultano pervenute 53 proposte di cessione, avanzate a scomputo sia delle imposte di successione che di quelle dirette, così suddivise per settori: Archivi 9; Biblioteche 3; Arti 44. I pareri della Commissione sono stati favorevoli all'accettazione per 14 proposte e negativi per 10, per le quali non è stato riconosciuto l'interesse dello Stato ad acquisire i beni offerti in cessione. Delle restanti 32 proposte, per 6 di esse è pervenuta la revoca da parte dei cedenti e le restanti 26 sono ancora in istruttoria".

Vengono messi in evidenza due fattori principali ai quali imputare la scarsa applicazione della legge: l'eccessiva lunghezza necessaria per esaminare ogni dossier giunto alla commissione interministeriale e l'assenza delle norme regolamentari previste dalla legge stessa [20].

Per quanto riguarda il primo elemento, si sottolinea come la procedura tesa ad accertare la sussistenza delle caratteristiche del bene e l'interesse dello Stato al suo acquisto risulti particolarmente gravosa per la necessità di dover esaminare sia la documentazione proveniente dal ministero dei beni culturali (nonché integrarla quando necessario), sia quella fatta pervenire dagli uffici finanziari.

Il Notiziario prosegue poi con l'elencazione dettagliata delle opere proposte in cessione, suddivise a seconda che la procedura sia terminata con un decreto di accettazione, con un decreto di rifiuto; proposte di cessione ancora all'esame della Commissione e, infine, quelle revocate dai proponenti.

Tra le proposte accettate risultano undici tele di Alberto Burri, cedute dall'artista stesso in pagamento di imposte dirette; le opere sono state destinate in modo permanente alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma dove già alcune delle tele in oggetto si trovavano in comodato d'uso. Vale la pena sottolineare come il decreto di accettazione sia stato emanato sette anni dopo la proposta di cessione, avvenuta nel 1984, e che le opere sono state acquistate dallo Stato per una cifra complessiva di 1 miliardo e 40 milioni di lire - valore decisamente inferiore rispetto al prezzo di mercato [21].

Quali sono, invece, le collezioni mancanti (facendo qui riferimento ai casi di revoca della proposta da parte del proprietario)? [22] Uno dei casi più rilevanti è quello della collezione della famiglia Jucker, comprendente 40 opere risalenti alla prima metà del XX secolo degli artisti Picasso, Matisse, Braque, Mondrian, Kandinskji, Klee e gli italiani Balla, Boccioni, Carrà, Severini e Soffici. Tale collezione era stata proposta come dazione in pagamento dell'imposta di successione ma i proponenti, dopo anni di attesa in attesa dell'esito della procedura e a causa delle complicazioni burocratiche, hanno revocato la propria proposta.

Tali lungaggini burocratiche sono in parte addebitabili anche ai ripetuti periodi di inattività della commissione interministeriale, nonché nelle numerose riorganizzazioni avvenute nei due ministeri coinvolti. Dal 1991 la Commissione si è riunita a singhiozzi fino alla sua ricostituzione, annunciata dal decreto del ministero dei beni culturali del 30 marzo 2010 e avvenuta nel maggio dello stesso anno [23].

Questi lunghi e ripetuti periodi di inattività hanno reso l'esistenza della l. 512/82 sconosciuta ai più. È infatti possibile ritenere che lo scarso coinvolgimento del settore privato sia dettato, pur se non in via esclusiva, dalla mancanza di informazione circa l'esistenza stessa della possibilità del pagamento di imposte tramite la cessione di beni di interesse culturale. Un'attività non costante determina delle difficoltà importanti anche per gli apparati amministrativi i quali, periodicamente, sono costretti a riorganizzare la composizione della commissione interministeriale nonché a recuperare la mole di pratiche arretrate e ancora in corso d'istruttoria.

Gli effetti negativi si ripercuotono anche nei confronti dei proprietari di beni di interesse culturale i quali, consapevoli di non poter contare su una normativa di affidabile applicazione, vedono venir meno i vantaggi previsti dalla legge 512/82 [24].

Tale malfunzionamento ha determinato un'ulteriore conseguenza: lo scarso interessamento da parte della dottrina circa la possibilità di dazione in pagamento di opere d'arte per sanare debiti fiscali [25]. Perlopiù risalenti agli anni immediatamente successivi all'emanazione della legge sono gli articoli scientifici che analizzano il funzionamento della normativa in esame; quasi inesistenti i dati ufficiali circa la sua applicazione messi a disposizione dai ministeri per i beni e le attività culturali e dell'economia e finanze.

Risulta evidente come tale silenzio sia concausa di una diffusa e generale ignoranza circa l'esistenza stessa di questi vantaggi fiscali: come scrisse Claudia Balocchini nel 2011 'Pagare le tasse in opere d'arte (in Italia) si può, ma non si può dire' [26].

4. La Commissione 512, nuova vita o vecchie abitudini?

La ricostituzione della commissione interministeriale avvenuta nel 2010 non ha avuto lunga durata, la stessa ha interrotto la sua operatività dopo poco più di un anno.

Nel 2014 l'allora ministro per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, ha ritenuto necessario rendere nuovamente operativa la procedura di applicazione della legge n. 512/82 e firma un decreto [27] con il quale, "Rilevata l'opportunità di ricostituire la Commissione per l'esame delle proposte di cessione di beni culturali offerti in pagamento di imposte, con il compito di stabilire le condizioni e il valore della cessione" procede a nominarne i membri [28].

Il nuovo gruppo prende il nome di "Commissione 512" [29].

La volontà di dare nuovo vigore all'applicazione della legge ha portato con sé un cambiamento nelle procedure di applicazione e nella sua diffusione? Analizzando il parere dell'ufficio legislativo del Mibact chiamato a esprimersi circa l'applicazione degli articoli 6 e 7 l. n. 512/82 si osservano ben poche differenze rispetto al passato. La procedura, così come nella sua prima elaborazione, rimane decisamente lunga e complessa.

Vengono innanzitutto ribaditi i campi di applicazione: l'art. 6 fa riferimento al pagamento totale o parziale dell'imposta sulla successione, delle relative imposte catastala e ipotecaria e degli interessi e delle sanzioni amministrative di beni culturali vincolati o non vincolati e di autori viventi o eseguite da non più di 50 anni [30]. L'art. 7, invece, si applica al pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta locale sui redditi, dei tributi erariali soppressi di cui all'art. 82 del d.p.r. 597/73, e relativi interessi, soprattasse e pene pecuniarie nonché all'IVA e ad altre somme dovute a titolo di tributo allo Stato [31].

Permangono differenze nelle conseguenze della proposta di dazione in pagamento, a seconda che la cessione venga effettuata per estinguere debiti da imposta sulla successione o imposte dirette. In quest'ultimo caso la proposta di cessione non interrompe i termini di pagamento; nel caso di cessione in luogo di imposte sulla successione o imposte connesse, la presentazione della proposta ha un effetto sospensivo dell'obbligo di pagamento del tributo.

Viene riaffermato come la direzione generale del ministero dei Beni e delle Attività Culturali sia abilitata a elaborare il modello di decreto di accettazione o rifiuto della proposta di cessione da sottomettere alla sottoscrizione dei due ministri (Mibact e MEF) soltanto dopo aver ricevuto il parere della commissione interministeriale.

Da un punto di vista procedurale, la proposta inizialmente ricevuta dalla direzione generale competente deve essere inviata alla commissione interministeriale accompagnata da una relazione; funzione della commissione interministeriale sarà quella di accertare l'esistenza delle caratteristiche previste dalle norme di tutela nonché manifestare la dichiarazione dell'interesse (o meno) dello Stato all'acquisizione.

Si evince come il parere richiesto alla commissione interministeriale non debba limitarsi a indicare solamente quelle che sono le condizioni artistiche e culturali del bene nonché definirne il valore; necessaria è anche l'espressione circa l'opportunità nel merito di accettare la cessione proposta. Solo una volta acquisite queste indicazioni la direzione generale competente potrà elaborare lo schema di decreto da sottoporre ai due ministri.

Sia in caso di accettazione che rifiuto il decreto deve essere adeguatamente motivato. Infine, la notifica del provvedimento interministeriale finale di una cessione ex art. 6 andrà notificata contestualmente al proponente e al competente Ufficio Territoriale dell'Agenzia delle Entrate; il decreto interministeriale emanato ex art. 7, invece, andrà notificato solamente al richiedente.

5. Alcuni aggiornamenti dal 2014

Come anticipato, i dati contenuti nel Notiziario 34-35 del 1991 sono le uniche informazioni ufficiali a disposizione circa i risultati dell'attività svolta dalla commissione interministeriale. Non sono disponibili statistiche aggiornate circa le acquisizioni dello Stato di opere d'arte, beni archivistici, bibliotecari o immobili accettate come dazione in pagamento di imposte negli ultimi 27 anni.

Da alcuni dati che è stato possibile recuperare, facenti riferimento al numero di proposte accettate nonché alla quantità di richieste pervenute al 2014 [32], si evince come al 5 novembre 2014 - data della ricostituzione della commissione interministeriale voluta da Franceschini - vi erano 45 proposte di cessione di beni culturali in fase di istruttoria, non omogenee fra loro rispetto alle diverse fasi della procedura decisionale.

Il parere delle Commissioni interministeriali precedenti era stato espresso solamente in tre casi, risalenti rispettivamente al 2006, 2007 e al 2010. Per tuti gli altri beni proposti in cessione, tra i quali 10 già notificati, tale valutazione non era ancora stata effettuata, mancando quindi gli accertamenti circa le caratteristiche culturali, artistiche e di valore nonché il parere nel merito circa l'opportunità di acquisizione da parte dello Stato.

Per quanto riguarda il valore dei beni oggetto della dazione in pagamento, il prezzo stimato dal ministero per i Beni e le Attività culturali manca nella maggior parte dei casi, a riprova che le istanze non erano ancora state perfezionate. Per nove di questi beni il valore riportato risulta in Lire, evidenza del fatto che la proposta di cessione era stata effettuata prima del 2002.

Circa il merito delle valutazioni che la commissione interministeriale ha espresso nel corso della sua attività dal novembre 2014, è stato possibile analizzare alcuni esempi dai quali si evincono principalmente due dati. Il primo è che sino al 2014 sono stati pochissimi i casi di opere d'arte contemporanea offerte allo Stato; il secondo è che spesso i rifiuti della commissione interministeriale sono dovuti alla tipologia dei beni proposti, di qualità artistica non così significativa da farli ritenere interessanti per il patrimonio artistico nazionale.

Rispetto alla composizione della commissione interministeriale si riportano, in ultimo, alcuni cambiamenti nella conformazione della stessa, sia per quanto attiene ai rappresentanti del ministero per i Beni e le Attività Culturali che del ministero dell'Economia e delle Finanze. Il d.m. Mibact del 30 settembre 2016, n. 440, dal titolo 'Integrazione della composizione della Commissione per l'esame delle proposte di cessione di beni culturali offerti in pagamento di imposte' - preso atto delle dimissioni della dott.ssa Caterina Bon di Valsassina e Mandrisio e del prof. Tomaso Montanari [33] - nomina la dott.ssa Daniela Porro (in qualità di Presidente) e il dott. Fabio Isman (in qualità di componente rappresentante del Mibact). Nel 2018 la composizione della commissione interministeriale viene integrata, a partire dal 31 gennaio, dal dott. Guido Oscar Costa, in sostituzione del dott. Renato d'Agostino [34].

I bilanci finanziari della Ragioneria Generale dello Stato riportano, all'interno dello stato di previsione del ministero dell'Economia e delle Finanze, il capitolo circa la "somma da versare all'entrata del bilancio dello stato per crediti d'imposta derivanti dalla cessione di beni di interesse culturale in luogo del pagamento di imposte" [35]. L'analisi delle previsioni di spesa degli ultimi anni rivela come la cifra messa a disposizione da parte del ministero dell'Economia ha subito delle variazioni. Nel 2012 sono stati stanziati 871.632 euro, prevedendo di incrementare la somma a 1 milione nel 2013 per poi riscendere a 993.002 euro nel 2014 [36]. Nel 2016 la previsione di spesa è invece più bassa, 31.809 euro, e rimane invariata anche per il 2017 e il 2018 [37]. Tale somma venne ritenuta evidentemente insufficiente dal momento che, probabilmente in seguito a una richiesta da parte del ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, nel 2017 venne elevata a 1 milione e 500 mila euro per il triennio 2017/2019 [38].

Nonostante questa maggiore disposizione finanziaria, la procedura a disposizione dei proprietari che volessero proporre dei beni culturali in pagamento di imposte risulta, come evidenziato, ancora lunga, complicata e di esito incerto-soprattutto per quanto riguarda i tempi di valutazione. Tale incertezza mina fortemente l'iniziativa del settore privato [39].

È possibile dunque affermare che in Italia la dazione di beni culturali in pagamento di imposte non ha finora rappresentato uno strumento giuridico di arricchimento patrimoniale e l'assenza di un numero importante di casi applicativi non permette di evincere dei criteri di indirizzo generale perseguite dall'amministrazione nell'accettazione delle proposte pervenute e nella determinazione del valore dei beni proposti.

I tratti che sembrano caratterizzare maggiormente tale normativa fiscale a favore dei proprietari di beni culturali sembra essere quello di una "sfiducia" reciproca tra settore privato e amministrazione, che si accompagna a una pressoché diffusa ignoranza di tale possibilità. Le due situazioni si alimentano l'un l'altra: i professionisti del settore (commercialisti, avvocati fiscalisti etc.) evidentemente sono i primi, consapevoli delle lungaggini e delle incertezze amministrative, a non consigliare ai propri clienti la cessione di opere d'arte come mezzo per estinguere i propri debiti fiscali. I tempi non certi di conclusione della procedura, la difficoltà di valutazione economica dei beni proposti (spesso stimati dalla commissione interministeriale a un valore inferiore rispetto a quello suggerito dal proponente), la mancata incentivazione nel giovare di tale meccanismo per il pagamento delle imposte dirette (per le quali si deve anticipare il pagamento) nonché il timore di notifica dei beni proposti in cessione sono motivazioni, fatti salvi casi particolari, non incentivanti a intraprendere questo percorso che, in fin dei conti, si rivela più una complicazione che un beneficio [40].

6. Uno sguardo al di là delle Alpi: il pagamento di imposte mediante cessione di beni culturali in Francia

La Francia rappresenta un esempio virtuoso per quanto riguarda il meccanismo di funzionamento e diffusione della disciplina in esame [41].

La promulgazione della legge "volta a favorire la conservazione del patrimonio artistico nazionale" [42], più conosciuta sotto il nome di 'Legge sulle dazioni', risale al 31 dicembre 1968.

Oltre a questa, gli altri riferimenti normativi sono l'art. 1716 del Codice Generale delle Imposte (Code Générale des Impôts) e gli articoli 384 e 310 G dell'allegato II del CGI.

In questi articoli viene specificata innanzitutto la natura dei beni facenti oggetto di cessione, e quindi: opere d'arte, libri, oggetti da collezione o documenti di alto valore artistico o storico; beni immobili la cui locazione, interesse ecologico o paesaggistico possano giustificare la conservazione nel loro stato naturale; zone boschiere, foreste o spazi naturali che possano essere incorporati nel demanio forestale dello Stato.

Il meccanismo di dazione di questi beni può essere attivato a condizione che il debito di imposta sia uguale o superiore a 10 000 euro; le condizioni di accettazione della cessione, nonché il valore stimato dei beni, vengono poi fissate per decreto dal Consiglio di Stato. Il proponente ha facoltà di accettare le condizioni di acquisto determinate dallo Stato così come può ritirare la sua richiesta di estinzione del debito fiscale tramite cessione di beni culturali o naturali fintanto che l'accordo non sia perfezionato.

L'analisi dei dossier viene effettuata da una commissione interministeriale chiamata a pronunciarsi circa l'interesse artistico o storico nonché sul valore dei bei offerti in cessione; il parere della Commissione è preso in considerazione dal ministro della Cultura che proporrà al ministro del Tesoro l'accordo di accettazione o rifiuto.

Tale meccanismo di cessione di beni culturali o naturali per il pagamento di imposte è stato applicato per la prima volta nel 1972, quattro anni dopo l'emanazione della legge, concretizzandosi con l'acquisto del Portrait de Diderot di Fragonard destinato al Musée du Louvre. Nonostante i primissimi anni di inefficacia, il meccanismo della dazione è stato regolarmente utilizzato in Francia negli ultimi 45 anni con risultati notevoli.

I principali motivi del successo di tale normativa fiscale risiedono nelle caratteristiche della procedura di applicazione: il proponente innanzitutto rimane proprietario del bene fino al perfezionarsi dell'accordo, avendo la facoltà di rinunciare in qualsiasi momento alla cessione per estinguere il proprio debito fiscale tramite adempimento.

Caratteristica molto importante della procedura di dazione è data dalla sospensione dei termini di pagamento dell'imposta nel momento della proposta e per tutta la sua durata, nonché dal non insorgere di interessi finanziari dovuti al ritardo di pagamento (nel caso una proposta di cessione non andasse a buon fine).

In ultimo, si può menzionare l'attenzione dello Stato a non trascurare gli interessi dei proprietari privati che si interfacciano con l'amministrazione. A tal proposito, si cerca di rispettare un bilanciamento di interessi grazie all'intervento di una commissione interministeriale (detta Commissione delle dazioni), composta da due rappresentanti del ministero delle Finanze e del Tesoro, due rappresentanti del ministero della Cultura e il presidente nominato dal Primo ministro. Il ruolo del presidente della commissione interministeriale è stato rilevante sin dall'inizio: Maurice Aicardi (il primo a ricoprire questo ruolo) è stato fondamentale non solo nell'organizzare il lavoro della Commissione, ma soprattutto nel convincere i collezionisti a contribuire all'arricchimento delle collezioni nazionali. I successivi presidenti hanno anch'essi permesso il buon andamento dei lavori, sapendo sfruttare i rapporti con gli artisti contemporanei e i loro collezionisti in modo da acquistare anche opere d'arte moderna e contemporanea attraverso il meccanismo della dazione. Sin dalla sua costituzione la commissione interministeriale ha lavorato senza rilevanti interruzioni e si riunisce periodicamente ad intervalli di tre mesi.

Dal 1972 al 2007 sono state ricevute settecento proposte di dazione; tra queste la percentuale di accettazione si attestava intorno al 58% mentre si è registrato un 42% di rifiuti. In termini finanziari, nei quarant'anni successivi al 1972 il valore liberatorio dei beni entrati nelle collezioni statali grazie al meccanismo della dazione ammontava a 809 milioni di euro [43].

Nota rilevare, infine, che è grazie al meccanismo della dazione di opere d'arte in pagamento di debiti fiscali che si è avuta la costituzione del prestigioso Museo Picasso, con sede nell'ex Hôtel Salé di Parigi, grazie alla dazione di opere provenienti dall'eredità dell'artista stesso [44].

7. Conclusioni

Le due esperienze analizzate sembrerebbero, ad un primo sguardo, non comparabili, in termini di attuazione, diffusione e conoscenza della normativa in esame. Il caso italiano non fornisce statistiche aggiornate circa l'ammontare di beni culturali acquistati dallo Stato in luogo del pagamento di imposte e tale esiguità non permette di individuare dei criteri dottrinali che guidano l'azione dell'amministrazione nell'accettare o meno determinate proposte di dazione. L'attività stessa della commissione interministeriale è stata, sin dalla sua prima costituzione, talmente frazionata da risultare difficile individuare il ruolo che tale istituzione ha ricoperto nella funzione di valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, nell'arricchimento delle collezioni statali o nel gestire i rapporti tra amministrazione responsabile dei beni culturali e settore privato.

Si è notato come, al contrario, in Francia la dazione di beni culturali in pagamento di imposte sia uno strumento giuridico ben conosciuto e utilizzato da parte di collezionisti e artisti; gli effetti per il sistema museale nazionale sono positivi.

A cosa sono dovute tali differenze? Alcune ragioni dello scarso successo della legge 512/82 sono state già menzionate nei paragrafi precedenti, ulteriori elementi possono essere tratti dalla comparazione con il dettato normativo francese.

Una prima importante differenza è ravvisabile già nella descrizione della natura dei beni che possono essere proposti in cessione allo Stato in luogo dell'adempimento fiscale: in Italia gli artt. 5 e 6 della l. 512/82 fanno riferimento ai "beni indicati negli artt. 1, 2 e 5 della l. 1 giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni [45], gli archivi o singoli documenti dichiarati di notevole interesse storico a norma dell'art. 36 del d.p.r. 30 settembre 1963, n. 1409, nonché' le opere di autori viventi o la cui esecuzione risalga anche ad epoca inferiore al cinquantennio, di cui lo Stato sia interessato all'acquisizione". Per quanto riguarda la Francia l'art. 1716-bis del Code Générale des impôts al primo comma riporta "Les droits de mutation à titre gratuit, l'impôt sur la fortune immobilière et le droit de partage peuvent être acquittés par la remise d'œuvres d'art, de livres, d'objets de collection, de documents, de haute valeur artistique ou historique, ou d'immeubles situés dans les zones d'intervention du Conservatoire de l'espace littoral et des rivages lacustres définies à l'article L. 322-1 du code de l'environnement dont la situation ainsi que l'intérêt écologique ou paysager justifient la conservation à l'état naturel ou d'immeubles en nature de bois, forêts ou espaces naturels pouvant être incorporés au domaine forestier de l'Etat".

La differenza principale tra le due disposizioni si riscontra nella qualificazione che i beni proposti in cessione in Francia devono rispecchiare: si tratta di opere dall'alto valore artistico o storico (de haute valeur artistique ou historique). In Italia non si riscontra la stessa previsione e quindi beni di qualsiasi valore possono essere proposti in cessione allo Stato, determinando una situazione in cui "le proposte avanzate dai privati sono spesso di qualità modesta a fronte di valori dichiarati molto ingenti e trovano l'opposizione del ministero di beni culturali" [46].

Probabilmente l'introduzione di criteri qualitativi, limitando il numero delle proposte giunte all'analisi della commissione interministeriale, renderebbe più agevole il lavoro della stessa limitando l'attenzione solamente a beni che possiedono un valore storico artistico che potrebbe andare incontro all'interesse statale. Anche se ciò ovviamente non risolverebbe l'altro problema evidenziata, quello della capienza di risorse finanziare.

Se la prima differenza attiene al merito della natura dei beni proponibili in dazione, una seconda riguarda i profili procedimentali. La normativa francese è uniforme nel predisporre la sospensione dei termini di pagamento dell'imposta nel momento della proposta e per tutta la sua durata. In Italia ciò avviene solamente per quanto disciplinato dall'art. 6 della legge n. 512/1982 (pagamento dell'imposta di successione mediante cessione di beni ereditari), non essendo, al contrario, sospesi i termini di pagamento delle imposte dirette. Una tale discrepanza non solo è fonte di confusione, dovendo fare attenzione alle diverse procedure per i due tipi di imposta, ma con molta probabilità è anche fortemente scoraggiante per chi volesse cedere beni culturali in pagamento di imposte dirette. Il beneficio di non dover procedere all'adempimento viene infatti meno, in quanto sospeso - e con una tempistica incerta - in attesa del decreto interministeriale di accettazione o rifiuto della cessione dei propri beni culturali.

La terza differenza riguarda l'andamento dei lavori della commissione interministeriale, i quali si contraddistinguono per un carattere discontinuo in Italia mentre sono costanti in Francia. Si è già avuto modo di sottolineare quali siano le conseguenze negative, sia per l'amministrazione che per i proprietari di beni culturali, che derivano da tale discontinuità (lunghi periodi di inattività che determinano tempistiche di istruttoria molto lunghe e diffidenza da parte del settore privato). Un ultimo elemento che emerge dalla comparazione, da aggiungersi ai precedenti, è il mancato prestigio, in Italia, della commissione interministeriale (che potrebbe apparire tautologico in quanto alla mancata costituzione della Commissione stessa corrisponde necessariamente un'assenza di prestigio). Si è fatto cenno all'influenza e alla rilevanza dei presidenti della commissione interministeriale in Francia, molti di loro sono ricordati per l'importante lavoro di mediazione svolto nel mettere in contatto il mondo dell'arte (collezionisti, galleristi e artisti) con l'amministrazione perseguendo un'opera di valorizzazione del patrimonio culturale nazionale.

Nota conclusiva può essere l'auspicio affinché in Italia si interrompa il carattere discontinuo che ha caratterizzato l'applicazione della legge 512/82 sin dalla sua emanazione onde la possibilità, in termini più generali, che 'importanti agevolazioni fiscali divengano parte integranti delle politiche culturali' [47]. Una prospettiva in tal senso è ravvisabile nell'artbonus (credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura), introdotto in Italia nel 2014 [48] anche per tentare un allineamento del nostro paese ad altre realtà virtuose di gestione del patrimonio culturale, possibilità che potrebbe essere ancor meglio valorizzata in un contesto più sistematico di supporto (anche da parte di privati) alla cultura.

 

Note

[1] Cfr., fra gli altri, C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, 2017, Bologna, il Mulino, pagg. 191-209. In precedenza, L. Casini, La valorizzazione dei beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, 3, pagg. 651-707.

[2] Circa l'opportunità di comparazione tra Italia e Francia nel settore dei beni culturali si rimanda a L. Casini, La codificazione del diritto dei beni culturali in Italia e Francia, in Giorn. dir. amm., 2005, 1, pag. 98. Nello stesso numero si segnala anche S. Cassese, Codici e codificazioni: Italia e Francia a confronto, 95. Norme che prevedono la dazione in pagamento di opere d'arte sono previste anche in altri paesi, primi fra tutti in Inghilterra ('Acceptance of property in satisfaction of tax', Inheritance Tax Act 1984, art. 230) e negli Stati Uniti. Tuttavia le differenze profonde tra l'Italia e questi ultimi, sia a livello di previsione normativa che di diffusione, non permettono una comparazione adeguata.

[3] F. Ismab, Una legge inapplicabile, in Art & Dossier, volume 131, febbraio 1998, pagg. 43-45.

[4] R. Guttuso, Che cos'è dunque un bene culturale?, in R. Guttuso, Scritti, (a cura di) M. Caparezza, Milano, Bompiani, 2013, pag. 1799.

[5] Per la letteratura specializzata in legislazione dei beni culturali si fa riferimento a: T. Alibrandi, P. Ferri, N. Pasolini Dall'Onda, Il nuovo regime tributario dei beni culturali: commento alla l. 2 agosto 1982, n. 512, Milano, Giuffré, 1983, in particolare pagg. 175-203; T. Alibrandi, P. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, Giuffré, 1995, III ed., pagg. 472-488, IV ed. pagg. 540-556; M. C. Fregni, Il regime fiscale, in Diritto e gestione dei beni culturali, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli, G. Sciullo, 2013, Bologna, Il Mulino, pagg. 277-280; L. Casini, La valorizzazione dei beni culturali, cit., in particolare pag. 680-681; C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, cit., pagg. 232-238. In senso più generale, sul valore economico dei beni culturali e i meccanismi di definizione del valore delle opere d'arte si rimanda a F. Forte e M. Mantovani, Manuale di economia e politica dei beni culturali, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004.

[6] In tal senso D. Solarino, Riflessioni sulla legge 2 agosto 1982, n. 512 con particolare riferimento all'articolo 6, Bollettino tributario d'informazioni, 1985, n. 6, 461 ('La legge 512/82 cerca di realizzare la tutela attraverso una politica che non sia solo di limiti, bensì anche di incentivi, una politica dinamica'); R. Tamiozzo, La legislazione dei beni culturali e ambientali. Guida ragionata per studenti, specializzandi e operatori, amministrativi e tecnici, delle pubbliche istituzioni di tutela, Milano, Guffré, 2000, pag. 219.

[7] Così. G. Falsitta, Prefazione, in G. Falsitta (a cura di), Il regime tributario e amministrativo dei beni culturali. Atti del convegno svoltosi a Saint Vincent, 1986, Il fisco, 5: "Tre sembrano gli obiettivi assegnabili in astratto ad una razionale disciplina di diritto tributario dei beni culturali e di fatto assegnati dai suoi propugnatori alla legge n. 512. Con essa si è inteso, innanzi tutto, tentare di incrementare il patrimonio in beni culturali di pertinenza pubblica; in secondo luogo si è voluto facilitare o rendere meno gravoso e costoso il possesso-conservazione dei beni in questione da parte dei privati che ne siano proprietari; e infine si è cercato di facilitare la circolazione o commercio giuridico, evitando sostanziali forme di manomorta'.

[8] Cfr. http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/332620.pdf.

[9] Senatore G. Scevarolli, in Assemblea - Resoconto stenografico della 434esima seduta (pomerid.), 18 maggio 1982, Senato della Repubblica VIII Legislatura, pag. 22797.

[10] Senatore G. Scevarolli, cit., pag. 22798.

[11] Senatore G. Scevarolli, cit., pag. 22799.

[12] Ibidem.

[13] L'attività amministrativa successiva alla proposta di cessione è descritta da T. Alibrandi, P. Ferri e N. Pasoli Dall'Onda, in Il nuovo regime tributario dei beni culturali. Commento alla l. 2 agosto 1982, n. 512, cit., pag. 191. Questa si articola in tre momenti, così come prescritto ai commi terzo e quarto degli artt. 6 e 7 l. 512/82: 1) attestazione per ogni singolo bene dell'esistenza delle caratteristiche previste dalla vigente legislatura di tutela; 2) dichiarazione dell'interesse dello Stato all'acquisto del bene; 3) determinazione delle condizioni e del valore della cessione.

[14] Ibidem, 192, circa la valutazione relativa all'interesse all'acquisto 'La legge parla di dichiarazione dell'interesse, ma è evidente che non può trattarsi di una attività di accertamento, anche se con aspetti tecnico-discrezionali, del tipo di quella che presiede alla verifica delle caratteristiche tipologiche del bene. Qui debbono necessariamente subentrare anche apprezzamenti di ordine più strettamente amministrativo, del tipo di quelli che presiedono alle deliberazioni di altre forme di acquisto di beni culturali (come, ad esempio, in materia di prelazione)'. A seguire, 193 'In sostanza, occorre che risulti la ragione in base alla quale l'acquisizione del bene allo Stato soddisfa ad un pubblico interesse inerente alla materia culturale'.

[15] Il termine di sei mesi a disposizione dell'Amministrazione non risulta a pena di decadenza avendo questo natura ordinatoria.

[16] Il termine di accettazione del contribuente è invece da considerarsi perentorio.

[17] Corte di Cassazione, sez. tributaria, 22 settembre 2003, n. 13992, 11esimo motivo della decisione.

La sentenza in esame, sul ricorso proposto dal ministero dell'Economia e delle Finanze contro la Fondazione palazzo Albizzini - collezione Burri, riguarda un'istanza di rimborso della differenza tra il valore stimato di undici opere di Alberto Burri cedute in pagamento di imposte dirette (di cui si accennerà in seguito), e le imposte pagate.

[18] "La norma è stata poco applicata nel passato perché il MEF è sempre stato restio a rinunciare a introiti monetari immediati in cambio dell'arricchimento di un patrimonio artistico giudicato comunque sovrabbondante" M. Lolli Ghetti, in Lo stato dell'arte l'arte dello Stato. Le acquisizioni del ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Colmare le lacune - ricucire la Storia, (a cura di) M. G. Bernardini, M. Lolli Ghetti, Roma, Gangemi Editore, 2015, pag. 18.

[19] Notiziario 34-35, La cessione di beni culturali in pagamento di imposte, Ufficio Studi Mibac, https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/documents/1266575102348_Cessione_di_beni_culturali_in_pagamento_imposta_41_43.pdf.

[20] Circa le conseguenze dovute alla mancata emanazione delle norme regolamentari previste dalle l. 512/82 si segnalano due diversi orientamenti. V. Ferrara nel Notiziario 34-35, ibidem, constata come 'Si deve purtroppo rilevare che l'effettiva acquisizione da parte dello Stato dei beni culturali offerti (...) trova la causa ostativa nell'assenza delle norme regolamentari previste dalla legge stessa (...) Il Ministro per i beni culturali e ambientali ha provveduto a sollecitare i Ministri delle finanze e del tesoro per una rapida soluzione della questione che riveste particolare importanza per l'Amministrazione dei beni culturali'.

Opinione contraria è espressa pochi anni dopo da T. Alibrandi e P. Ferri, cit., III ed., pag. 477, nota n. 83, secondo i quali 'Non sembra peraltro che la mancanza delle previste norme regolamentari ossa ostacolare l'applicazione delle disposizioni di legge, attesa la loro sufficiente completezza'. Nell'edizione successiva, 545, nota n. 74, viene ribadito lo stesso concetto, rafforzato dal fatto che 'Le nuove disposizioni che hanno riprodotto con modifiche gli artt. 6 e 7 hanno ulteriormente puntualizzato la procedura sì da costituire al momento norme immediatamente operative'. Della stessa opinione anche A. E. Granelli, Il pagamento delle imposte dirette e indirette mediante cessione dei beni culturali, in Il regime tributario e amministrativo dei beni culturali. Atti del convegno svoltosi a Saint Vincent, cit., pag. 112.

[21] L'eccessiva lunghezza della procedura di accettazione nonché la valutazione economica delle opere effettuata dall'Amministrazione sono stati motivi di ricorso da parte della Fondazione Burri; si vedano Corte di Cassazione, sez. tributaria, 22 settembre 2003, n. 13992 e Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. II-quater, Sent. 4 dicembre 2014, n. 12266. Non è stata rinvenuta altra giurisprudenza riguardo la cessione di beni culturali in pagamento di imposte oltre a questi riferimenti appena citati; si rimarca quindi una corrispondenza tra l'eccezionalità dell'utilizzo della normativa in esame e le pronunce giurisprudenziali in materia.

[22] F. Isman, Vietato donare. La 512: una legge inattuata, in Art & Dossier, volume 72, ottobre 1992, pagg. 39-42.

[23] La commissione interministeriale ricostituitasi nel maggio 2010 interromperà nuovamente i lavori poco più di un anno dopo, a causa della caduta del Governo avvenuta nel novembre 2011.

[24] In tal senso (riguardo specialmente la quantificazione delle opere e la durata della procedura) le argomentazioni di M. del Vaglio e S. Lanzaro, Nella procedura di pagamento delle imposte mediante cessione di opere d'arte non è sindacabile la valutazione data dall'Amministrazione finanziaria, Riv. giur. trib., 2015, 3, pag. 245 ss., in particolare 248 "È la stessa scarsa efficienza di questa procedura ad essere la causa della sua limitata adozione da parte dei contribuenti. (...) è piuttosto chiaro che il contribuente che decida di avvalersi di questa soluzione - pagamento delle imposte dirette mediante cessione di beni culturali - è fortemente interessato a evitare una riscossione tributaria pendente. (...) Se alla insostenibile lentezza della procedura si aggiunge anche l'impossibilità per il contribuente di sindacare la valutazione dell'Amministrazione circa il bene da cedere in luogo del pagamento del tributo, ecco che la procedura perde tutto il suo appeal, risultando sostanzialmente inappropriata e non funzionale".

[25] Circa i contributi della letteratura tributaria si segnalano: A. Casertano, Il regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale, Legislazione e giurisprudenza tributaria, 1982, 3, pag. 2851; G. Moro Visconti e L. Mottolese, Beni culturali Regime tributario, in Il fisco, 1984, 36, pag. 4809; D. Solarino, Riflessioni sulla legge 2 agosto 1982, n. 512 con particolare riferimento all'articolo 6, cit.; L. Consoli, I beni culturali nella legislatura tributaria, in Vita notarile, 1985, XXXVII, pag. 439 ss., in particolare pagg. 456-460; A.E. Granelli, Il pagamento delle imposte mediante cessione di beni culturali, cit., pag. 111; A. Macchia, La cessione dei beni culturali per il pagamento delle imposte sul reddito, in Il regime tributario e amministrativo dei beni culturali. Atti del convegno svoltosi a Saint Vincent, cit., pag. 197; E. Vitali, Opere d'arte in pagamento di imposte, in Corriere giuridico, 1986, pag. 1299; G. Scichilone, Note in tema di cessione di beni culturali in pagamento di imposte, in Riv. dir. trib., 1993, I, pag. 367; M. Iervolino, Il trattamento tributario agevolato dei beni di interesse storico, artistico ed ambientale, in Tributi. Quaderni, circolari e risoluzioni. Rassegna mensile di economia, tecnica e legislazione tributaria, 2000, 6, pagg. 702-710; L. G. Pascali, Le agevolazioni fiscali in materia di beni culturali, in Il fisco, 2002, 23; L. Rosa, Note in merito al pagamento di imposte mediante la cessione di opere d'arte, in Bollettino tributario d'informazioni, 2004, 5, pag. 385; V. Ficari, Le diverse dimensioni della corrispettività, onerosità, gratuità e liberalità nel diritto tributario dell'impresa, in Riv. dir. trib., 2014, 7-8, pag. 803ss., in particolare paragrafo 5.4 'Cessione di beni culturali al fine del pagamento di tributi'; M. del Vaglio e S. Lanzaro, Nella procedura di pagamento delle imposte mediante cessione di opere d'arte non è sindacabile la valutazione data dall'Amministrazione finanziaria, cit., commento alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. II-quater, Sent. 4 dicembre 2014, n. 12266.

Nei manuali di diritto tributario si rinvengono riferimenti estremamente sommari circa la possibilità di pagamento di imposte mediante cessione di beni culturali, costante è il richiamo al carattere discrezionale dell'accettazione da parte dell'Amministrazione nonché l'atipicità e la complessità del procedimento. Tra questi: G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, parte generale, Padova, Cedam, V ed., pagg. 267-268 (la dazione di beni culturali è inquadrata tra le obbligazioni facoltative, 'ipotesi eccezionali nelle quali l'obbligazione di imposta, pur sorgendo originariamente quale obbligazione pecuniaria, può peraltro venire assolta dal contribuente oltreché in danaro anche con la dazione di beni diversi dal danaro'); F. Paparella, Le situazioni giuridiche soggettiva e le loro vicende, in Diritto Tributario, (a cura di) A. Fantozzi, Torino, UTET, 2012, pag. 501 ('Questa particolare modalità di pagamento si fonda sull'iniziativa del soggetto obbligato tramite la proposta di cessione, alla quale consegue un procedimento complesso volto a verificare l'interesse dello Stato...); nello stesso volume R. Esposito, La riscossione, 798 ('Evidenti profili di discrezionalità caratterizzano l'applicazione dell'istituto del pagamento di tributi mediante la cessione di beni culturali (...) l'amministrazione dovrà comparare l'interesse all'acquisizione del bene (...) con la possibilità alternativa di ottenere il fisiologico pagamento in denaro'); P. Boria, Diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2016, pag. 517 ('Spazi ancora maggiori di discrezionalità tecnica nell'ambito dell'applicazione dell'istituto del pagamento di tributi mediante la cessione di beni culturali').

[26] C. Balocchini, Pagare le tasse in opere d'arte (in Italia) si può, ma non si può dire, Artribune, 12 dicembre 2011.

[27] Decreto Mibact a firma di Dario Franceschini del 10 ottobre 2014.

[28] La composizione della Commissione è stabilita all'art. 1 del decreto e, nel momento della sua ricomposizione, comprendeva i seguenti membri: la dott.ssa Caterina Bon di Valsassina e Madrisio (presidente della Commissione), la dott.ssa Maria Grazia Bellisario e il Prof. Tomaso Montanari come rappresentanti del ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Il ministero dell'economia e finanze ha invece designato quali propri rappresentanti il dott. Renato D'Agostino, la dott.ssa Gabriella Iacobacci e la dott.ssa Rosa Romano.

[29] E. Jorio, E. Caterini, Pagare le imposte con la cessione di opere d'arte da ottobre è possibile, in Fisco e Tasse, 3 dicembre 2014, https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/12056-il-debito-fiscale-assolto-mediante-la-cessione-di-opere-d-arte.html.

[30] Tali riferimenti sono dettati sulla base dell'art. 39 decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006).

[31] In applicazione di quanto disposto dall'art. 20 del decreto legislativo 46 del 1999 e in linea con la risoluzione n. 43 E del 15 febbraio 2002 dell'Agenzia delle Entrate.

[32] Si ringrazia la dott.ssa Caterina Bon di Valsassina e Mendrisio per i documenti condivisi e per il confronto avuto durante la ricerca.

[33] Le dimissioni del prof. Tomaso Montanari sono state motivate in una lettera indirizzata a Dario Franceschini in cui si sosteneva come, nelle condizioni attuali e con i fondi messi a disposizione dal MEF, "il lavoro della Commissione è del tutto inutile: o, meglio, è utile solo all'accanita propaganda che si sforza di rappresentare agli occhi degli italiani la falsa immagine di un governo sollecito verso il bene del patrimonio culturale". Alcuni passaggi della lettera del 17 maggio 2016 sono riportati in "Montanari lascia Mibact: non presto mio lavoro a propaganda", http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=124748.

[34] Cfr. decreto Mibac del 15 ottobre 2018, n. 435, Integrazione della Commissione per l'esame delle proposte di cessione di beni culturali offerti in pagamento di imposte di cui agli articoli 6 e 7 della legge 2 agosto 1982, n. 512.

[35] Per un rimando all'origine della necessità di limitare le voci di spesa circa la "somma da versare all'entrata del bilancio dello stato per crediti d'imposta derivanti dalla cessione di beni di interesse culturale in luogo del pagamento di imposte" si rimanda a A. Macchia, La cessione dei beni culturali per il pagamento delle imposte sul reddito, cit., pagg. 199-200: "Le Amministrazioni finanziarie si sono poste il problema della necessità di limiti generali a possibili, reiterate acquisizioni che andrebbero a incidere sulla cosiddetta integrità del bilancio (sbilanciando, cioè, le entrate tributarie per il mancato introito) ed hanno conseguentemente stabilito gli strumenti giuridici, per una limitazione nell'acquisto di questi beni, coerente con i principi generali dell'ordinamento contabile. (...) Ciò ha comportato l'istituzione di un capitolo di spesa nel bilancio del ministero dei beni culturali, capitolo che costituirà la misura e il limite alle cessioni realizzabili, e dal quale si opererà il riversamento dello stanziamento nei capitoli di entrata relativi ai tributi soddisfatti mediante la cessione".

[36] Dati riportati nella tabella n. 2, Stato di previsione del ministero dell'Economia e delle Finanze, in Ripartizione in capitoli - piani gestionali del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014. Consultabile al sito http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Bilancio_di_previsione/Bilancio_finanziario/2012/Decreto-di/ministero_dellxeconomia_e_delle_finanze.pdf.

[37] Dati riportati in ministero dell'Economia e delle Finanze - Bilancio per capitoli 2016, Ripartizione in capitoli - piani gestionali del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018. Consultabile al sito http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Bilancio_di_previsione/Bilancio_finanziario/2016/Decreto-di/02_economia_e_finanze.pdf.

[38] Dati riportati nella tabella contenuta in Allegato tecnico - ministero dell'Economia e delle Finanze - DLB 2017-2019, consultabile al sito http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/attivita_istituzionali/formazione_e_gestione_del_bilancio/bilancio_di_previsione/bilancio_finanziario/BF-2017_2019/.

[39] I giudici amministrativi nel 2014 hanno sottolineato come quella in esame sia una "vicenda amministrativa che non si verifica di frequente e che impone particolare attenzione anche in relazione alle peculiari responsabilità dell'amministrazione procedente", Tar Lazio, 12266/2014.

[40] Si ringrazia l'avv. Emiliano Rossi per il confronto avuto circa l'effettiva applicabilità della normativa in esame.

[41] Per un'analisi dottrinale della normativa francese si fa riferimento alla bibliografia principale in materia: J. Chatelain, Donation at dation en droit public financier: la loi du 31 décembre 1968 tendant à favoriser la conservation du patrimoine artistique nationale, in Revue française de finances publiques, 1984, pagg. 91-123; S. Lavigne, La conservation du patrimoine artistique national: la dation en paiement par remise des œuvres d'art, in Actualité juridique du droit administratif, 28 juin 1988, pagg. 382-385; J. Fingerhut, Le 25e anniversaire de la loi du 31/12/1968 instituant la dation en paiement, in Les Petites affiches, 17 décembre 1993, pagg. 13-17; J.R. Pellas, La fiscalité du patrimoine, Paris, LGDJ, 2003; J.P. Changeux, La dation en paiement: quarante ans de succès, in La revue du trésor, n. 5, mai 2008, pagg. 338-344; M.-Ch. Esclassan, Finances publiques et patrimoine culturel. Un dispositif original pour l'enrichissement des collections publiques: la dation en paiement, in L'art et le droit, Ecris en hommage à P.L. Frier, (a cura di) M. Deguergue, Paris, Publications de la Sorbonne, 2010, pagg. 143-167.

[42] Si tratta della Loi n. 68-1251 du 31 décembre 1968 tendant à favoriser la conservation du patrimoine artistique national, Journal Officiel du 03/01/1969 p. 77.

[43] Dati contenuti nella pubblicazione "La Dation en paiement, quarante ans de succès" ad opera della Commission interministérielle d'agrément pour la conservation du patrimoine artistique national, 2008.

[44] Alla morte dell'artista, avvenuta nel 1973, e in accordo con le sue volontà, vennero cedute allo Stato 50 opere di arte antica e contemporanea comprese nella sua collezione privata; una seconda cessione avvenuta nel 1978, sempre da parte degli eredi del maestro, riguardò altre cento opere d'arte. Infine, nel 1992 venne definitivamente acquistato dallo Stato in dazione per il pagamento di imposte l'archivio personale di Pablo Picasso, comprendente 200.000 beni di natura diversa.

[45] Attualmente il riferimento normativo è l'art. 2 del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 il quale definisce la composizione del patrimonio culturale della Repubblica.

[46] M. Lolli Ghetti, Lo stato dell'arte l'arte dello Stato. Le acquisizioni del ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Colmare le lacune - ricucire la Storia, cit., pag. 18.

[47] Cfr. L. Casini, Ereditare il futuro. Dilemmi sul patrimonio culturale, Bologna, Il Mulino, 2016, pag. 99.

[48] Decreto legge 31 maggio 2014, n. 83, Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo. Il sito istituzionale dedicato all'artbonus è https://artbonus.gov.it/.

 

 



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