I confini del patrimonio culturale
L’architettura come forma d’arte: fra libertà e tutela
di Matteo Monti
Sommario: 1. L'arte e l'architettura: fra tutela conservativa (art. 9 Cost.) e libertà artistica (art. 33 Cost.). - 2. La tutela dell'arte fra libertà negativa (permesso di costruire) e promozione (concorsi e finanziamenti). - 2.1. Il fatto d'arte architettonico e il permesso di costruire: i criteri estetici dei piani urbanistici come limite al "nuovo". - 2.2. La promozione dell'architettura artistica: i premi e i concorsi come forme di affirmative actions. - 3. La tutela dei beni artistici architettonici contemporanei: un'analisi multilivello. - 3.1. La tutela dell'architettura contemporanea a livello nazionale: il Codice dei beni culturali, la legge sul diritto d'autore e la prassi. - 3.2. La tutela dell'architettura contemporanea a livello locale: i "tentativi" di tutela della regione Emilia-Romagna e del comune di Reggio Emilia. - 4. Qualche breve conclusione: quale futuro per i beni architettonici artistici contemporanei?.
Architecture like artistic creation: between freedom and protection
The present paper aims to explore the protection granted to artistic architecture by the current legislation and its coherency with the Italian Constitution. Article 33 and Article 9 of the Italian Constitution enshrined a very peculiar and robust guarantee for art both from a creation point of view and a conservative point of view. The paper analyses the respect of this freedom and its connected principles looking at the administrative law in force, focusing on the urbanistic plans and the conservation tools with a multilevel approach. Finally, the paper shall suggest some possible solutions to avoid the infringement of the Constitutional articles and principles.
Keywords: Architecture; Protection; Artistic freedom.
1. L'arte e l'architettura: fra tutela conservativa (art. 9 Cost.) e libertà artistica (art. 33 Cost.)
L'architettura è una forma espressiva tanto antica quanto particolare per le intrinseche caratteristiche che la connotano. Essa è, infatti, contraddistinta da un messaggio (simbolico), ma anche da un carattere materico e funzionale che la distingue da altre forme espressive come un discorso, un quadro o una scultura. Dal punto di vista espressivo l'architettura può essere ricondotta a una manifestazione del pensiero simbolica: dalle grandiose architetture imperiali e religiose, fino al "valore semantico e latamente politico (...) di un castello normanno [che] illustra assai efficacemente la distanza sociale" [1]. Il messaggio anche politico dell'architettura [2] è facilmente riscontrabile nella sua funzione propagandistica fin dalle grandi esposizioni universali [3] o nel ruolo affidatole nei regimi totalitari, si pensi nel nostro paese al ruolo assunto dal Movimento Italiano per l'Architettura Razionale (Miar) [4]. "Che cosa rappresentino la pittura e la scultura lo sanno tutti: figure umane, paesaggi, oggetti, nature morte, nonché immagini fantastiche, antropomorfe, zoomorfe e fitomorfe. Definire che cosa rappresenti l'architettura è più difficile: generalmente non cose materiali, bensì temi simbolici: il senso della domus, il sentimento religioso, il valore civico, la modernità, la valenza politica: una fabbrica richiama la democrazia, un'altra l'autoritarismo, ecc." [5].
In relazione agli aspetti che connotano specificatamente l'architettura, il carattere della matericità/funzionalità è in parte condiviso con altre forme espressive come i libri, i disegni o le vignette satiriche. Richiamando la distinzione fra corpus mysticum e corpus mechanicum, si può evidenziare che se il primo è l'idea, il pensiero, il secondo è la sua manifestazione, la sua materializzazione. La matericità/funzionalità - da intendersi come costruito - è, tuttavia, solo una caratteristica opzionale dell'architettura, in quanto l'architettura è forma espressiva anche a livello di progetto. Si pensi in tal senso alle opere di Antonio Sant'Elia, ai progetti rinascimentali delle grandi città ideali, come la Sforzinda del Filarete, o alle architetture illuministe di Étienne-Louis Boullée. Queste osservazioni peraltro non riguardano solo il non-costruito: il progetto ha una sua dimensione espressiva anche qualora la fabbrica abbia una sua realizzazione; si pensi nell'opera dei grandi del passato a Palladio, che era uso distinguere la concezione ideale dal costruito e pubblicava raccolte di disegni, progetti e ideazioni architettoniche, o nel contemporaneo a Ignazio Gardella, come nel caso della Casa al Parco di cui il progettista ritenne opportuno pubblicare i progetti originali. Di questa secondo profilo dell'espressione architettonica il solo tratto realmente unico e peculiare è la funzionalità che lega l'architettura a un fine materiale nell'esistenza umana: essa è la "più nobile delle arti sorelle ed agli uomini più utile" (Leon Battista Alberti, Della Architettura [6]).
La forma espressiva architettonica [7], come tutte le forme espressive, può essere connotata da un carattere artistico [8] che ne determina l'inquadramento come arte o può caratterizzarsi come semplice manifestazione del pensiero, secondo un rapporto di species a genus. Che l'architettura possa essere manifestazione artistica è una considerazione ormai consolidata: "il pensiero contemporaneo non riconosce legittimità alle teorie dell'arte riguardanti specifiche attività creatrici. Non esiste una "estetica dell'architettura" differenziata da quella della poesia o della musica, della scultura o della pittura" [9]. In questo senso è andato il pensiero di Scott (L'architettura dell'Umanesimo), Croce (Alcune difficoltà concernenti la storia artistica dell'architettura) e Venturi (Sul metodo della storia dell'architettura); questa consapevolezza ha iniziato a svilupparsi a partire dal Rinascimento, durante il quale l'architettura assurse a una delle massime espressioni artistiche. L'idea vitruviana dell'utilitas, della firmitas e della venustas si è difatti evoluta, lasciando posto a una concezione di architettura come l'arte "più universale e più necessaria ed utile agli uomini, et al servizio et ornamento della quale sono l'altre due" (Vasari, Proemio, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori [10]). Su come poi la forma artistica architettonica debba essere riconosciuta sorge quella vexata quaestio che è il riconoscimento dell'arte.
Dal punto di vista costituzionale, l'inquadramento di un'espressione architettonica come artistica è (dovrebbe essere) foriera di notevoli conseguenze sul piano giuridico.
Nell'ordinamento repubblicano l'arte trova una sua tutela in una duplice prospettiva: quella creativa e quella conservativa.
La rilevanza della dimensione creativa può essere riscontrata in due disposizioni diverse: l'art. 33 della Cost. dal punto di vista della "libertà creativa" [11], che si pone in un rapporto di species a genus con quella dell'art. 21 Cost. [12], e l'art. 9 della Cost. dal punto di vista promozionale. Queste due disposizioni di protezione del costrutto "arte" comportano differenti postulati: dal lato creativo una speciale garanzia (o posizione di privilegio [13]) in relazione al contenuto [14] di una espressione artistica, che ne impedisce una censura o una finalizzazione a determinate scelte ideologico-politiche [15]; e da quello promozionale l'incentivazione del pluralismo nel campo artistico [16]. La valorizzazione del carattere di libertà negativa dell'arte si lega a una visione rafforzata dell'art. 33 Cost., che "va inteso ed interpretato nella sua autentica portata, che è quella di consentire all'arte ed alla scienza di esteriorizzarsi, senza subire orientamenti ed indirizzi univocamente e autoritativamente imposti" (Corte Cost. n. 57/1976). In relazione all'aspetto promozione che può sembrare in contraddizione con la libertà negativa dell'art. 33 Cost. [17] si deve rilevare che: "[L]a risposta non può che essere una: l'intervento pubblico si giustifica solo in quanto esso riesca ad alimentare il pluralismo, la pluralità delle espressioni culturali (...) la missione dell'intervento pubblico è di tipo suppletivo, di riequilibrio in favore delle energie intellettuali più deboli e depresse; ed è poi esattamente questo il mandato che la Costituzione assegna ai pubblici poteri" [18]. La promozione si deve dunque sviluppare rispetto a quelle opere artistiche che non trovino valorizzazione nel panorama mercantile [19], in funzione della tutela del pluralismo [20], affinché queste opere non finiscano per "cadere nell'oblio" [21].
La dimensione conservativa dell'arte si lega invece alla tutela del patrimonio artistico della Nazione, come disciplinato esplicitamente dall'art. 9 Cost. [22].
La domanda di ricerca di questo saggio concerne l'adeguatezza del regime di tutela del fatto d'arte architettonico nella normativa in vigore e la sua conformità al disposto costituzionale. Da questo punto di vista l'analisi si connoterà per un approccio multilivello che terrà conto delle discipline a livello nazionale, regionale e comunale, fra Sein e Sollen. Al fine di procedere all'analisi, data la complessità e diversità di disposti urbanistici e misure di tutela, la stessa verrà limitata a livello di autonomie al quadro legislativo della regione Emilia-Romagna e al piano urbanistico della città di Reggio Emilia.
Il paragrafo secondo sarà dunque dedicato alla tutela del fatto d'arte architettonico dal punto di vista della creazione (art. 33 Cost.) e promozione (art. 9 Cost.), guardando alla disciplina del permesso di costruire e alle attuali misure promozionali dell'architettura contemporanea.
Il paragrafo terzo, invece, sarà teso alla valutazione della tutela conservativa dell'architettura contemporanea artistica considerando la sua conformità al disposto dell'art. 9 Cost., analizzando la disciplina del Codice dei beni culturali, la legge sul diritto d'autore e le normative predisposte dagli enti locali.
Nelle conclusioni, riprendendo le osservazioni svolte, si sottolineeranno i necessari profili di riforma della legislazione in vigore per garantire una completa e piena attuazione del disposto costituzionale in materia di tutela dell'arte-architettura.
2. La tutela dell'arte fra libertà negativa (permesso di costruire) e promozione (concorsi e finanziamenti)
2.1. Il fatto d'arte architettonico e il permesso di costruire: i criteri estetici dei piani urbanistici come limite al "nuovo"
Dal punto di vista della creazione del fatto d'arte in ambito architettonico sicuramente la dimensione di maggior rilevanza nel quale va analizzata la tutela e il rispetto dell'art. 33 Cost. è quello della costruzione di nuovi edifici. Il panorama teorico nel quale si collocano queste brevi riflessioni è quello spesso conflittuale, in ambienti tecnici e accademici, fra architettura e urbanistica: "Nel ventre più intimo dell'ideologia conservativa ha resistito come un virus l'annosa e mai sopita contrapposizione tra urbanistica e architettura. Lo si legge nelle pagine gloriose di Bologna Centro Storico (Ed. Alfa, 1970): se pure si riconosceva, un po' a denti stretti, il compito dell'architetto nel "fare dell'arte, risolvere in chiave poetica la drammatica situazione urbana del nostro paese"; ci si opponeva invece decisamente "alla riesumazione di concetti relativi alla architettura come arte pura fine a se stessa, che risolve ogni intervento e riscatta qualsiasi situazione nell'espressione artistica". È significativo osservare come nel lungo elenco di obiettivi politici e tecnici del piano urbanistico di conservazione (...) la parola architettura non compaia mai" [23].
In base all'art. 4 del d.p.r. n. 380/2001 "Testo Unico Edilizia" (T.U.E.) i comuni possono determinare le clausole estetiche [24] a cui i nuovi edifici devono conformarsi. In materia la giurisprudenza amministrativa non ha una posizione univoca, ma in generale ne riconosce la validità e la limitata contestabilità [25]. I criteri estetici, ad oggi, sono utilizzati in sede di valutazione della conformità del progetto ai piani urbanistici da parte dello sportello unico per l'edilizia (nella disciplina previgente al procedimento partecipavano le commissioni edilizie [26]) e possono impedire l'edificazione di una fabbrica.
La questione "costituzionale" che sorge riguarda dunque il bilanciamento fra fabbrica artistica e piano urbanistico, e quindi fra libertà artistica e gestione normativo-urbanistica degli spazi urbani.
La "primarietà del valore estetico-culturale" rispetto alle esigenze urbanistiche è stata evidenziata dalla Consulta (Corte Cost. n. 151/1986), anche se probabilmente una specificazione va fatta. Se, infatti, il progetto architettonico, come forma di libertà di manifestazione del pensiero, non può certamente elevarsi ad un rango così assoluto da non essere contemperato con altri interessi, come i piani urbanistici [27], diverse considerazioni vanno invece svolte qualora la manifestazione del pensiero architettonico si connoti per un carattere artistico. Appurato il carattere artistico di una fabbrica in potenza - e qui la difficoltà di individuazione dello stesso - essa non potrebbe essere censurata, salvo in caso di necessità di tutela del patrimonio storico-culturale ex art. 9 Cost. Un esempio può illustrare meglio la problematica; in base all'attuale disciplina urbanistica un'opera artistica come la Cappella di Notre-Dame du Haut di Le Corbusier potrebbe incorrere nel diniego del permesso di costruire in base ai parametri estetici di un piano comunale che escluda, per esempio, forme non lineari o l'utilizzo di aperture circolari. Qualora si sia in presenza di un paesaggio tutelato o di un centro storico la disciplina appare completamente coerente con un bilanciamento che contemperi arte e paesaggio, ma in assenza di interessi estetici correlati all'art. 9 Cost. sembra essersi in presenza di una violazione dell'art. 33 Cost. Nel primo caso, infatti, il diniego del permesso di costruire non potrebbe essere inteso come una violazione della libertà artistica ex art. 33 Cost., in quanto la stessa sembra doversi bilanciare con altri interessi, quali la tutela del patrimonio storico ex art. 9 Cost. (nella forma garantita dalle sovrintendenze). Indubbiamente nessuno potrebbe contestare il diniego di costruzione di una cappella Ronchamp in mezzo al centro storico di Urbino o di un contesto rurale storicizzato come potrebbe essere quello di qualche caratteristico paesino toscano [28]. Al contrario, tuttavia, fuori dalle zone tutelate ex art. 9 Cost. apparirebbe sicuramente lesiva del disposto dell'art. 33 Cost. una limitazione dell'arte architettonica per motivi normativi tecnici [29]. Quest'ultima appare essere la principale problematica da rilevare in relazione alla libertà artistica, sul versante teorico. Nella prassi essa può risultare poco rimarchevole perlomeno in relazione alle opere delle c.d. Archistar [30], per la realizzazione delle quali non è raro che il comune possa superare gli ostacoli estetici mediante una variante al regolamento edilizio/urbanistico (scheda speciale di progetto). Serve tuttavia in generale domandarsi come si potrebbe tutelare la libertà artistica architettonica contro i vincoli estetici in zone prive di tutele paesaggistiche o storico-culturali. Riguardo a questa problematica si potrebbero individuare tre diverse strade: la reintroduzione dell'istituto della commissione edilizia nel processo di rilascio del permesso di costruire, il ricorso al permesso in deroga per interesse pubblico o l'impugnazione del diniego davanti al giudice amministrativo.
La prima via, che appare la più auspicabile, è quella di ricostituire e ripensare il ruolo della commissione edilizia come organo composto di esperti [31] che potrebbe valutare nel processo di rilascio del permesso di costruire la possibilità di derogare ai criteri estetici dei piani urbanistici per le opere di carattere artistico. Questo istituto potrebbe essere ricostituito nell'ambito applicativo dell'art. 4 T.U.E. Ovviamente la commissione per adempiere a questo compito "delicato" dovrebbe essere composta da soggetti qualificati in grado di "riconoscere" il carattere artistico di una fabbrica in fieri fin dalla presentazione del progetto [32] ed essere immaginata come strumento "propulsivo" e non solo censorio [33]; insomma in una dimensiona opposta rispetto alla funzione dalla stessa tradizionalmente svolta. Questo compito di "tutela dell'arte nascente" parallelo e complementare all'ordinaria procedura dello sportello unico sarebbe coerente con quella funzione tradizionalmente attribuita alle commissioni che erano tenute a valutare "tutti gli aspetti dell'intervento non sussumibili all'interno di parametri esclusivamente normativi" [34]. Da qui l'opportunità che esse siano deputate alla valutazione della possibile "deroga" alle clausole estetiche dei piani urbanistici; per fare un esempio di questo ruolo "valutativo-estetico" delle commissioni edilizie e al ruolo da sempre rivestito nella valutazione del dato artistico si pensi al caso dell'apposizione di cartelloni pubblicitari sullo Stadio Meazza di Milano, che, secondo la commissione territoriale, avrebbero generato "squilibrio nel valore armonico degli elementi strutturali con conseguente svalutazione dell'organicità della struttura, significativo esempio di architettura contemporanea" [35]. Si potrebbe, dunque, pensare a un parere "artistico" consultivo non vincolante simile a quello dell'art. 4 della l.r. dell'Emilia Romagna n. 15/2013 in materia di beni paesaggistici, che prevede che, qualora il dirigente dello sportello unico si discosti dal parere obbligatorio ma non vincolante della commissione, gli atti siano immediatamente trasmessi al sindaco per la procedura di riesame ex art. 27 della medesima legge.
Uno strumento alternativo (o anche complementare) di minor impatto potrebbe essere quello della deroga alle disposizioni estetiche dei piani urbanistici su iniziativa del sindaco, che in base all'art. 24 T.U.E., previa deliberazione del consiglio comunale e nel rispetto del codice dei beni culturali, può per interesse pubblico non rispettare le disposizione dei piani urbanistici. L'interesse pubblico [36] andrebbe in questo caso considerato come l'interesse allo sviluppo di un'opera artistica architettonica [37] che è inquadrabile fra quegli interessi immateriali che possono legittimare l'utilizzo di questa disposizione, come lo è garantire spazi di riunione a determinate comunità religiose [38]. Peraltro, da un'analisi della giurisprudenza amministrativa non appare intrusivo lo scrutinio sulla sussistenza dell'interesse pubblico, quanto quello su sicurezza, igiene et similia [39]. La suddetta deroga dovrebbe, però, essere assistita da autorevoli pareri che accertino l'artisticità dell'opera (esperti, commissione edilizia etc.): la tutela passerebbe poi nelle mani del sindaco e del suo consiglio comunale (una situazione non proprio in linea con la non politicità che dovrebbe caratterizzare la libertà dell'arte).
Infine, l'ultimo strumento di salvaguardia della libertà artistica potrebbe essere quello del ricorso giudiziale in caso di diniego del permesso di costruire, contestando - per l'appunto - la sussistenza del carattere artistico di un'opera che dovrebbe imporre la deroga ai criteri estetici dei piani urbanistici. La contestazione del provvedimento dovrebbe basarsi su consulenze tecniche che provini l'artisticità dell'opera e che richiederebbero allo stesso giudice amministrativo di avvalersene: appurati gli attuali orientamenti giurisprudenziali questa possibilità sembra alquanto inverosimile [40].
Fra le tre ipotesi percorribili a livello sistemico la prima appare quella da prediligere: la creazione di organi indipendenti, quali potrebbero essere le commissioni [41], risulterebbe infatti lo strumento ottimale per garantire la libertà artistica e il rispetto dell'art. 33 Cost. Si tratterebbe, peraltro, di formularne il funzionamento in chiave propulsiva [42]. Nelle passate legislature [43] le proposte di legge sulla qualità architettonica non sembravano tuttavia, perlomeno nello loro ultime formulazioni, occuparsi di questo vulnus costituzionale.
2.2. La promozione dell'architettura artistica: i premi e i concorsi come forme di affirmative actions
Il secondo profilo di interesse riguarda la promozione, le azioni positive in favore dell'arte architettura "debole" o, meglio, negletta dal mercato, come potrebbero essere opere di movimenti di avanguardia. Questo tipo di promozione, come si è avuto modo di rilevare nell'introduzione, è direttamente correlato al disposto dell'art. 9 Cost. nella sua funzione proattiva. Sembra, infatti, imperativo costituzionale non lasciare che la nuova dittatura in campo artistico sia la lex mercatoria, garantendo dunque quelle espressioni artistiche non in grado di "affermarsi "contro" il mercato" [44]. Nell'ambito dell'architettura, dato il costo imponente dell'erezione di una fabbrica, la "promozione" si può estrinsecare attraverso i premi e i concorsi di progettazione. Un esempio certamente interessante di concorso è stato quello per il rifacimento dell'ingresso del Museo degli Uffizi a Firenze, al quale parteciparono alcuni dei più importanti architetti del panorama mondiale. Le soluzioni progettuali proposte sono già state inserite in alcuni testi di storia dell'arte: se anche una sola soluzione sarà al fine selezionata (quella di Arata Isozaki), i contributi di Gregotti, Foster, Hollein, Aulenti e Botta rimarranno probabilmente fra le più importanti testimonianze artistiche di questo periodo. Orbene, soluzioni su questo stampo possono essere pensate e incentivate per valorizzare la presentazione e la creazione di edifici dal carattere artistico. In quest'ambito, nell'assenza di un quadro legislativo nazionale [45], un ruolo importante è stato giocato dalle regioni. In questa dimensione emerge la disciplina della regione Emilia-Romagna che, alla legge n. 16/2002, prevede un titolo II dedicato alla "Promozione dell'architettura contemporanea e salvaguardia del patrimonio architettonico". In particolare, l'art. 8, rubricato Promozione e valorizzazione dell'architettura contemporanea e delle opere d'arte negli edifici e spazi pubblici, dispone la promozione di architetture contemporanee mediante la concessione diretta di contributi per la loro realizzazione (comma 2) o indirettamente mediante la possibilità concessa ai RUE [46] comunali di prevedere per esse semplificazioni procedurali. A questa disposizione si aggiunge anche la più moderna legislazione in tema di urbanistica, l.r. n. 24/2017, che prevede all'art. 17 Concorsi di architettura e progettazione partecipata.
3. La tutela dei beni artistici architettonici contemporanei: un'analisi multilivello
3.1. La tutela dell'architettura contemporanea a livello nazionale: il Codice dei beni culturali, la legge sul diritto d'autore e la prassi
La dimensione della tutela conservativa dell'arte, correlata direttamente all'art. 9 Cost., dovrebbe garantire la conservazione di quelle architetture di cui sia stato rilevato il carattere artistico dall'autorità pubblica (MIBACT). Da questo punto di vista l'architettura contemporanea è sicuramente un campo di indagine privilegiato per verificare il rispetto del disposto dell'art. 9 Cost.
La prima considerazione che si può fare in tal senso è la lacuna del Codice dei beni culturali, imperniato sulla tutela vincolistica di tipo "temporale" (art. 10 Codice: 50 anni, 70 anni), che impedisce la tutela nel novero dei beni culturali delle architetture di recente costruzione: l'Auditorium Paganini di Renzo Piano, il Moma di Rovereto di Mario Botta, la Chiesa di Santa Maria Assunta a Riola di Vergato di Alvar Aalto, il Centro Islamico di Roma di Paolo Portoghesi come la Chiesa del Giubileo a Roma di Richard Meier potrebbero non trovare tutela nel periodo necessario all'"invecchiamento previsto" dal Codice, con il rischio che vengano alterati irrimediabilmente o addirittura demoliti edifici dall'indubbio valore artistico [47]. Va, inoltre, rilevato che all'invecchiamento dell'edificio deve accompagnarsi la dipartita dell'architetto, che sembra "dover spirare" per poter vedere tutelata la propria opera.
L'unico riferimento a una tutela delle architetture contemporanee nel Codice è quello dell'art. 11, co. 1, lett. e) che dispone una protezione per le "opere dell'architettura contemporanea di particolare valore artistico, di cui all'articolo 37" e lo stesso articolo 37 che dispone finanziamenti per interventi "conservativi su opere di architettura contemporanea di cui il ministero abbia riconosciuto, su richiesta del proprietario, il particolare valore artistico". Questa forma di protezione, in cui l'intervento ministeriale ha riconosciuto la dimensione meritevole di tutela di un'opera artistica, è in realtà molto poco efficace perché incentrata su un paradigma individualistico che delega alla voluntas del dominus l'opportunità di intervenire [48]. Infatti, nella nebulosità [49] del coordinamento degli artt. 11 e 37 con il 13 [50], serve rilevare come non sia alfine prevista alcuna forma di vincolo per le architetture contemporanee.
E, così, la tutela codicistica dell'arte-architettura appare attivabile solo una volta scaduto il tempo di invecchiamento dell'opera ex art. 10: paradossico delle storture del regime temporale è il caso della tutela per il "valore intrinseco" artistico dello stabilimento Olivetti a Pozzuoli di L. Cosenza, vincolato solo in determinate parti e non in quei corpi di fabbrica che non avessero ancora "compiuto gli anni". "È stato, così, parcellizzato il vincolo su un'opera che conserva una sua unità concettuale ed esecutiva ed è già minacciata dalla frammentazione dei diversi regimi proprietari subentrati all'Olivetti (...) lo stesso vincolo contribuisce alla frammentazione di un'architettura unica e irripetibile" [51].
Nelle more del processo di "invecchiamento" codicistico le architetture contemporanee dal carattere artistico risultano sfornite di qualsivoglia tutela pubblicistica (salvi gli escamotages che si vedranno) determinando un vulnus costituzionale rispetto all'art. 9 Cost.
L'unica forma di tutela legislativa prevista per l'architettura contemporanea appare essere quella della legislazione sul diritto d'autore (artt. 20 e 23 l. n. 633/1941 e art. 15 del regolamento di esecuzione, r.d. n. 1369/1942), individuata come principale strumento di tutela dell'arte architettonica contemporanea anche dal sito della direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane [52]. In base alla disciplina in esame, ottenuto il riconoscimento dell'artisticità dell'opera da parte del ministero, ex art. 15 r.d. n. 1369/1942, l'architetto-artista potrà opporsi alle modifiche non necessarie al fabbricato o effettuare lui stesso "lo studio e l'attuazione di tali modificazioni" se necessarie (art. 20 della l. n. 633/1941). In tal senso, sono interessanti le parole con cui si riconosce l'interesse artistico del Quartiere Iacp a Bollate di Michele Achilli e Guido Canella, in cui si evidenzia che: "D'altronde, avere accertato l'importante carattere artistico del quartiere Iacp di Bollate è un qualificante riconoscimento dell'opera degli architetti (...) ma non si può pensare che questa iniziativa possa essere estesa ad ogni loro opera" [53]. Si pensi, per alcuni casi eclatanti di tutela dell'architettura contemporanea in base alla disciplina del diritto d'autore, alla sede di Esso Italia (1978) di Julio Lafuente e Gaetano Rebecchini nel 2009 "per l'indubbia qualità artistica e l'espressività formale che la concezione strutturale del progetto dimostra", in cui l'arch. Lafuente prestò l'assenso per le modifiche all'edificio [54], ma anche al Cinema Olympia (1954) di Alberto Pucci e Vinicio Vecchi a Modena nel 2006 o all'Auditorium Paganini a Parma, realizzato su progetto di Renzo Piano nel 2001 e dichiarato di interesse con decreto del 23/12/2002 [55].
La disciplina in esame, prevista da un testo anteriore alla Costituzione, è impostata su una dimensione "privatistica" della tutela dell'arte, mentre il riconoscimento del carattere artistico da parte del Ministero dovrebbe condurre alla tutela in base all'art. 9 Cost. Se, da una parte, è interessante come la legislazione in oggetto riproponga la differenza fra libertà d'espressione e libertà artistica [56] correlata da due diversi livelli di tutela, dall'altra la suddetta disciplina non appare coerente con il disposto costituzionale rispetto alle implicazioni che contiene e alla prassi che ingenera. La disciplina in esame, infatti, comporta due tipi di problematiche: la prima connessa all'attivazione, la seconda al regime di tutela. Per quanto riguarda l'attivazione essa è correlata all'iniziativa dell'autore [57]: non vi è alcuna possibilità di attivazione pubblicistica. La preservazione e la conservazione di un'opera dichiarata artistica è rimessa alla predisposizione dell'architetto e alla sua lungimiranza nel richiedere il regime di tutela dell'art. 15. Nel caso delle modifiche, solo l'autore e non l'erede possono vagliare le stesse e ad esso non si può sostituire la PA: malgrado si possa riconoscere da parte della "P.A. il particolare valore artistico dell'opera" la giurisprudenza amministrativa per costante giurisprudenza ha sempre evidenziato come si tratti di "un diritto personale - e, soprattutto, intrasmissibile - legato alla sua creatività di artista" [58]. Un'ultima conferma di questo orientamento giurisprudenziale si è avuta in relazione alle modifiche sull'ex Cinema America di Roma di Angelo di Castro: la vicenda è d'interesse perché il Ministero ha riconosciuto il carattere artistico del bene su richiesta degli eredi, ai sensi della normativa sul diritto d'autore, ma il Tar Lazio [59] ha confermato l'intrasmissibilità della disciplina del vaglio sulle modifiche e il carattere esclusivamente privatistico della normativa in esame.
Peraltro anche quando l'opera sia di proprietà pubblica è sempre e solo l'architetto che può attivare il procedimento, come nel caso del Grattacielo Pirelli di Gio Ponti [60], e mai la pubblica amministrazione.
Dall'altro lato, ancora più problematico risulta il regime di tutela ingenerato dalla disciplina in esame; un esempio ne potrà meglio esplicare la portata limitante e limitata. Nel 2014 veniva tutelato in base alla legislazione sul diritto d'autore per il suo carattere artistico il Lido Comunale di Reggio Calabria (1964-1969) dello Studio associato La Face-Ziparo. La richiesta veniva inoltrata al Ministero dall'ultimo sopravvissuto dello Studio per garantire l'impianto sistematico dell'opera in vista delle modifiche che il comune voleva apportare. A seguito del decesso dell'Ing. La Face il Ministero si proponeva di intervenire e controllare le modifiche a seguito dell'attivazione dell'art. 15 con un atteggiamento attivo ("parere favorevole con prescrizioni" della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria). Nell'accogliere il ricorso del comune contro il ministero il Tar Calabria rilevò: "Dal quadro normativo sopra delineato ritiene il Collegio di poter trarre la conclusione che la P.A. [il Ministero], pur indotta dal lodevole intento di preservare l'integrità di un bene di indubbia importanza dal punto di vista artistico, secondo un giudizio di discrezionalità tecnica incontestato e incontestabile, abbia non correttamente interpretato la normativa di riferimento, con conseguente illegittimità dell'atto impugnato. Il riconoscimento di importanza del carattere artistico dell'opera, da parte dell'autorità statale, di cui al secondo comma dell'art. 20 non ha, infatti, valenza pubblicistica" [61]. Il paradosso era che l'opera non poteva essere soggetta - per i limiti temporali - alla tutela vincolistica dell'art. 13 del Codice, ma - dato il trapasso dell'artista - anche la tutela della legge sul diritto d'autore aveva perso qualsiasi valenza. Pertanto, se per la tutela pubblicistica l'architetto deve spirare, per la legge sul diritto d'autore l'architetto deve essere vivente (e possibilmente lucido, per tutelare al meglio l'interesse artistico-culturale pubblico - ex art. 9 Cost. - a modifiche ponderate che non stravolgano l'opera artistica).
La tutela di tipo privatistico e proprietario, benché si intrecci con quella pubblicistica [62], non sembra in grado di garantire la tutela dell'arte [63] come richiesta dal disposto dell'art. 9 Cost.: il paradosso di tale disciplina è che il Ministero può riconoscere l'artisticità di un'opera architettonica in base alla legge sul diritto d'autore, riconoscendo quindi una fabbrica che meriterebbe tutela ex art. 9 Cost., ma non può attivare autonomamente procedure di tutela [64].
In questo panorama di assenza di protezione per l'opera d'arte architettonica non "invecchiata" si sono sviluppati alcuni escamotages nella prassi applicativa del Codice che possono fungere da soluzioni tampone ma che non dovrebbero prevenire la predisposizione di una disciplina ad hoc, maggiormente garantista.
Il primo escamotage che ha avuto una certa applicazione nella prassi vincolistica [65] è quello della valorizzazione delle c.d. "architetture relazionali" [66], che consiste nell'utilizzo del combinato disposto degli artt. 10 co. 3 e 13 co. 1 del Codice. Un provvedimento di vincolo che ben esemplifica questa prassi è stato quello sulla Casa alle Zattere di I. Gardella a Venezia per la quale il vincolo venne apposto nel 2001 a 43 anni dall'edificazione per "il valore di testimonianza della cultura architettonica contemporanea" [67], riconoscendola fra le opere di Gardella come "unicum nella sua vasta attività" [68]. Il rationale usato ravvisa il preciso connotato "artistico" che è stato tutelato dal provvedimento in esame. Provvedimenti simili sono quelli disposti per tutelare a soli 30 anni dalla sua costruzione il Ponte sul Basento di S. Musmeci nel 2003 [69], la Scuola Media L. Da Vinci di M. Ridolfi e W. Frankl a Terni nel 2004 a 44 anni dalla sua realizzazione (della quale si evidenzia esplicitamente il "notevole interesse artistico" [70]) e infine la Ex Colonia Marina di G. De Carlo a Riccione vincolata dopo 46 anni nel giugno 2009 [71]. I decreti di vincolo così emessi riconoscono i caratteri unici delle strutture e il valore che le connota [72].
L'altro escamotage sviluppatosi nella prassi a tutela della architettura contemporanea di carattere artistico è quello dell'utilizzo del vincolo paesaggistico, in cui sono stati ricomprese fabbriche dal carattere artistico, come nel caso del decreto del 2003 su Metanopoli e il V Palazzo Uffici-Eni a San Donato Milanese. Il decreto tutelava anche il suddetto V Palazzo Uffici di R. Gabetti e A. Isola completato nel 1985; mediante la tutela paesaggistica è stato così tutelato un edificio dal carattere artistico all'interno di un complesso edilizio (realizzato tra il 1955 e il 1962 e quindi anch'esso sprovvisto dei termini temporali) ritenuto degno di tutela in ragione del suo "valore estetico" [73].
Le considerazioni fin qua svolte conducono a ritenere che l'attuale disciplina sia gravemente insufficiente nel tutelare la forma d'arte architettonica in conformità con l'art. 9 Cost. Appare dunque necessaria una riforma [74] del Codice che superi le teorie secondo cui solo il "valore dell'antico" [75]è in grado (ed è meritevole) di essere tutelato e che garantista una tutela pubblicistica dell'architettura artistica contemporanea che abbia come fine l'interesse pubblico [76]. L'impianto della l. n. 1089/1939 come poi trasposta nel Codice tende a non farsi carico del contemporaneo per lasciare libertà economica all'artista di disporne [77], ma non appare coerente con l'art. 9 Cost. Tuttavia interventi di miglioramento non si trovano nei d.d.l. sulla qualità architettonica presentati negli scorsi anni in Parlamento, ancora incentrati sulla tutela dell'arte architettonica contemporanea mediante la legislazione sul diritto d'autore [78].
3.2. La tutela dell'architettura contemporanea a livello locale: i "tentativi" di tutela della regione Emilia-Romagna e del comune di Reggio Emilia
Alle regioni spetta non la tutela, che è materia di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2, lett. s) Cost.), ma la valorizzazione dei beni culturali, insieme alla promozione e organizzazione di attività culturali, che ricade nel novero della competenza concorrente.
Per quanto riguarda le competenze comunali, la Corte costituzionale ha sancito in maniera chiara che "il comune può, nella sua autonomia, in relazione ad esigenze particolari e locali, imporre limiti e vincoli più rigorosi o aggiuntivi anche con riguardo a beni vincolati a tutela di interessi culturali ed ambientali" (Corte Cost. n. 378/2000). Forme di tutela dell'architettura contemporanea (artistica) possono, dunque, essere previste dai piani urbanistici comunali [79] e dai relativi regolamenti urbanistici edilizi.
In questo quadro competenziale, merita in primo luogo menzione la legislazione della regione Emilia-Romagna in relazione alla tutela dell'architettura contemporanea.
Nel 1974 la regione creò l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) che, ad oggi, contribuisce alla schedatura delle opere di rilevante interesse architettonico del secondo Novecento in regione [80]. Quest'iniziativa è importante soprattutto per il tentativo di sviluppare criteri [81] con i quali valutare la qualità artistica dell'architettura contemporanea, non ancora storicizzata, al fine poi di garantirne forme di tutela future: a tal proposito si può ricordare che sulla base del d.lgs. n. 112/1998, art. 149 co. 5, le regioni e gli enti locali possono proporre edifici da tutelare al livello centrale.
Inoltre, la Selezione Architettura Emilia-Romagna con cui l'IBC, mediante appositi bandi e concorsi, promuove l'inserimento in report delle architetture contemporanee dotate di valori artistici ha contribuito allo sviluppo di un'elevata sensibilità trasmigrata poi anche a livello comunale. In relazione a questo stimolo incentivante per i comuni serve evidenziare come l'art. 2 della l. r. n. 16/2002 preveda la possibilità di finanziamento da parte della regione di interventi di manutenzione degli immobili individuati dalla legislazione nazionale sui beni culturali, ma anche di quelli individuati dai piani urbanistici comunali: si prevedendo, così, forme di finanziamento parallele a quella statale, che possono riguardare anche opere artistiche architettoniche contemporanee.
La disciplina di quadro regionale trova poi riscontri in quella comunale, come ben dimostrato dai piani urbanistici del comune di Reggio Emilia. In particolare, il Piano strutturale comunale (PSC) della città di Reggio Emilia prevede all'art. 2.15, co. 1, lett. g) delle Norme di Attuazione (NA) la tutela de "gli edifici del 2° '900 che rappresentano testimonianze significative dell'architettura moderna (questi ultimi sulla base di una prima ricognizione effettuata dall'IBC - Istituto per i Beni Culturali)". Il disposto combinato con l'art. 4.1.3. delle NA del RUE (Regolamento Urbanistico edilizio) prevede per questi edifici di architettura contemporanea interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia. Qualsiasi intervento che preveda invece la demolizione, anche parziale, dei fabbricati deve essere autorizzato dalla commissione per la qualità architettonica e il paesaggio: come si vede anche in questo senso - riprendendo le valutazioni svolte nel paragrafo precedente - una valorizzazione dell'istituto della commissione edilizia potrebbe risultare il perno della tutela dell'arte architettonica contemporanea. Alcuni esempi di questo tipo di tutela [82] sono il Villaggio Architetti (Unità d'abitazione "Nebbiara") di O. Piacentini (1961), l'Arcispedale Santa Maria di E. Manfredini, il complesso Betulla 21 in via Mantegna ancora dello studio Manfredini (1983), la Nuova sede del Consorzio del Parmigiano Reggiano di G. Canali e I. Lupi (1983) e la Banca agricola Mantovana di C. Lucci (1963) nel centro della città.
L'ente regione e i piani urbanistici comunali sono dunque in grado di fornire forme di tutela (minima) all'architettura contemporanea cui sia riconosciuto un particolare valore artistico-architettonico; i limiti di azione di natura costituzionale che caratterizzano questo tipo di tutele non fanno ovviamente venir meno la necessità di promuovere una riforma legislativa a livello nazionale.
4. Qualche breve conclusione: quale futuro per i beni architettonici artistici contemporanei?
Le tematiche toccate in questo breve saggio permettono di evidenziare le lacune sistemiche nella nostra legislazione amministrativa, che in questo campo non sembra coerente con gli imperativi costituzionali contenuti negli artt. 33 e 9 Cost. Dal punto di vista della libertà creativa si è visto che l'assenza di uno strumento di deroga ai criteri estetici dei piani urbanistici nelle zone sprovviste di vincoli storico-paesaggistici rischia di minare e limitare l'espressione artistica garantita dall'art. 33 Cost. In questo senso, la soluzione migliore per contemperare esigenze urbanistiche (il decoro urbano) e la libertà artistica potrebbe essere quella di introdurre nel processo di rilascio del permesso di costruire l'intervento di una commissione edilizia composta di esperti che sia in grado di "riconoscere" le forme artistiche e impedirne la censura. Dal punto di vista della promozione appare, invece, necessaria l'implementazione dell'utilizzo di concorsi per la progettazione architettonica e urbana, come i d.d.l. sulla qualità architettonica si propongono da anni: bisogna scongiurare l'eventualità che alcune forme artistiche scompaiano nel marasma del mercato.
Per quanto riguarda invece la legislazione di tutela conservativa serve rilevare la completa assenza di protezione per le opere artistiche architettoniche che non abbiano segnato il trapasso temporale necessario per la tutela nel novero dei beni culturali. Per garantire il rispetto dell'art. 9 Cost. sembra imperativo predisporre una disposizione legislativa che garantisca il vincolo degli edifici dell'architettura contemporanea individuati dalle sovrintendenze come artistici, a prescindere dal fattore temporale. I d.d.l. sulla qualità architettonica degli ultimi anni non sono invece andati in questa direzione come nemmeno le modifiche del Codice. Insomma si potrebbe dire "niente di nuovo sul fronte occidentale". Tutto ciò malgrado il nostro paese sia sempre stato esempio virtuoso di tutela in ambito architettonico e paesaggistico e le autonomie locali più sensibili propongano soluzioni e si impegnino nel valorizzare la forma artistica architettonica. "[L]'architettura è un elemento fondamentale della storia, della cultura e del quadro di vita di ciascuno dei nostri paesi; essa rappresenta una delle forme di espressione artistica essenziale nella vita quotidiana dei cittadini e costituisce il patrimonio di domani" [83]. Il pericolo è che domani dell'arte architettonica di ieri (ossia di oggi) non rimanga niente a causa di veti estetici in fase di creazione, di obnubilazione delle opere di avanguardia nel mercato e della mancata tutela del costruito.
Note
[1] M. Ainis e M. Fiorillo, L'ordinamento della cultura, Milano, 2015, pag. 16.
[2] "Per sua stessa natura l'architettura non può prescindere dalla politica". R. De Fusco, Architettura come mass media: Note per una semiologia architettonica, Bari, 2005, pag. 21. Cfr. M. Ainis e M. Fiorillo, op. cit., pag. 16.
[3] "L'architettura diventava così anche una colossale manifestazione propagandistica e la moderna pubblicità nasceva nello stesso periodo". R. De Fusco, op. cit., pag. 71 e cfr. pag. 59 ss. Cfr. anche: G. Cimadomo e R. Lecardane, Il potere dell'architettura. L'ideologia di regime all'Esposizione Internazionale di Parigi 1937, in Diacronie, 2014, 18, pag. 1.
[4] L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, Bari, 1979, pag. 615. Per l'utilizzo propagandistico dell'architettura da parte del regime: G. Pettena, Architettura e propaganda fascista nei filmati dell'Istituto Luce, Torino, 2004.
[5] R. De Fusco, op. cit., pag. 152. Alle pagine seguenti si rimanda per le interessantissime considerazioni di semiotica. Sono rilevanti i richiami all'opera di G.K. Koenig, Architettura e comunicazione, Firenze, 1970 e U. Eco, La struttura assente, Milano, 1968. Per un'altra analisi della comunicazione architettonica cfr. J.J. Costonis, Icons and aliens-law, aesthetics, and environmental change, Chicago, 1989, pagg. 93-94. V. anche a titolo esemplificativo per l'analisi di alcuni messaggi contenuti nelle opere di Frank Llyod Wright e Mies van der Rohe: J.E. Haws, Architecture as Art? Not in My Neocolonial Neighborhood, in BYU L. Rev., 2005, pagg. 1644-1645.
[6] L.B. Alberti, Della Architettura (Traduzione Di Cosimo Bartoli), Milano, 1833, XVI.
[7] Anche su cosa effettivamente possa connotarsi come espressione architettonica sembra potersi aprire una querelle: si pensi all'assemblaggio di elementi prefabbricati. G. Ferrari, I diritti d'autore del progettista dell'opera architettonica, in Riv. dir. autore, 1979, pag. 466.
[8] Contra, chi ritiene che tutte le architetture rientrino nel novero dell'art. 33, perché "costruire è un'arte ed una scienza e secondo un generale principio di civiltà puntualmente recepito dall'art. 33 della nostra carta costituzionale "l'arte e la scienza sono libere". Il che significa che v'è un nucleo sostanziale di libertà del singolo di esprimersi nel costruire e più in generale nel modificare l'esistente, che è e deve restare intangibile per le istituzioni". P. Stella Richter, Architettura e ambiente, in Riv. giur. urb., 1999, 3-4, pag. 435. Ma a chi scrive pare che solo rispetto alle manifestazioni artistiche - e non a tutte le manifestazioni architettoniche - debba sussistere quello che l'Autore definisce "l'imperativo di consentire le esperienze future" (Id., pag. 436).
[9] B. Zevi, voce Architettura, in Enciclopedia Universale dell'Arte, vol. I, Novara, 1980-86, pag. 615.
[10] G. Vasari, Le Vite - Edizione Giuntina, vol. 1, pag. 28. Consultabile al sito vasari.sns.it.
[11] F. Rimoli, La libertà dell'arte nell'ordinamento italiano, Padova, 1992, pag. 153.
[12] Barile parla in relazione all'art. 33 Cost. di un "corollario" al principio dell'art. 21 Cost. (P. Barile, Libertà di manifestazione del pensiero e libertà dell'arte nell'ordinamento italiano, in Tutela, promozione e libertà dell'arte in Italia e negli Stati Uniti, (a cura di) G.C. di San Luca, Milano, 1990, pag. 189. Così anche M. Ainis e M. Fiorillo, op. cit., p. 106). Sembra infatti opportuno non considerare la libertà di espressione artistica come una di quelle espressioni tutelate dall'art. 21, ma ugualmente non pare potersi dissociare completamente dal parametro generale dello stesso art. 21: vi è un rapporto di specialità. La libertà di espressione artistica pare connotarsi come dotata di un quid pluris rispetto alla semplice manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost. Per altra parte della dottrina l'art. 33 Cost. sarebbe invece dotato di una dimensione autonoma: "non solo non è un corollario dell'art. 21, ma rifiuta con questo ogni legame diretto" (M. Grisolia, voce Arte, in Enc. Dir., vol. III, Milano, 1958, pag. 104. Cfr. F. Rimoli, op. cit., pagg. 25-26.). Non sembra peraltro necessario dissociare la libertà di espressione artistica dall'art. 21 per garantirle una tutela più forte, compresa la non applicabilità del buon costume e dell'ordine pubblico (come sembra proposto da F. Rimoli, op. cit., pag. 26); anzi sembra più idoneo il rapporto genus a species: ciò che non è arte è libertà di espressione, ciò che è arte è qualcosa di più della libertà di espressione, insomma l'art. 33 ha un "contenuto ed intento rafforzativo". (V. Crisafulli, La scuola nella Costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, pag. 68). Contra: G. Repetto, Il diritto alla cultura (versione provvisoria), Relazione presentata al Convegno annuale dell'Associazione Gruppo di Pisa, Cassino, 10-11 giugno 2016, in www.gruppodipisa.it, 2016, pag. 12 ss., a cui si rimanda anche per ulteriore bibliografia.
[13] S. Fois, Principi costituzionali e libera manifestazione del pensiero, Milano, 1975, pag. 90 ss.
[14] All'interno dell'Assemblea Costituente, infatti, nessuno si occupò dei possibili limiti a questa particolare libertà di espressione dovendosi dedurre, seguendo l'interpretazione di Michele Ainis, che i padri costituenti, anche memori del precedente assoggettamento dell'arte alle politiche del regime, abbiano inteso formulare una libertà illimitata. M. Ainis, Per una storia costituzionale dell'arte, in Pol. Dir., 1992, pag. 519. Così anche F. Rimoli, op. cit., pag. 335.
[15] Id., 162. "[T]ra le due fondamentali concezioni dell'arte: quella utilitaria (o moralistica) e quella pura (o estetica). Il costituente (...) ha cioè optato per la seconda". M. Grisolia, cit., pag. 104.
[16] Ex pluribus P. Barile, op. cit., pag. 190.
[17] S. Fois, Intervento introduttivo, in Tutela, promozione e libertà dell'arte, cit., pag. 187.
[18] M. Ainis e M. Fiorillo, op. cit., pag. 93.
[19] Cfr. F. Rimoli, op. cit., pag. 168. M. Ainis e M. Fiorillo, op. cit., pagg. 117-118 e pag. 186.
[20] P. Barile, op. cit., pag. 195.
[21] M. Ainis e M. Fiorillo, op. cit., pag. 186.
[22] Ex pluribus M. Cecchetti, Art. 9, in Commentario alla Costituzione, (a cura di) R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, vol. I, Torino, 2006. Per interessanti considerazioni generali sull'art. 9 e l'art. 33 Cost. si rimanda a: G. Repetto, op. cit.
[23] P. Orlandi, La Felicità del nuovo, in Quale e quanta: architettura in Emilia-Romagna nel secondo novecento, (a cura di) M. Casciato e P. Orlandi, Bologna, 2005, pag. 31.
[24] M. Petrachi, Note sul controllo estetico dei progetti edilizi nei centri, in Riv. giur. ed., 2015, 4, pag. 173.
[25] Un filone giurisprudenziale sembra ritenere legittimo negare il permesso di costruire solo in presenza di progetti contrastanti con precisi riferimenti normativi estetici dei regolamenti edilizi (Tar Veneto n. 2607/2007; Tar Bolzano n. 43/2010); un altro che, qualora non vi siano criteri specifici, si allarga quasi ad libitum la valutazione discrezionale della p.a. (Tar Friuli-Venezia Giulia n. 33/2008; Tar Puglia n. 3573/2003).
[26] In passato alle commissioni era infatti deputato questo compito, i motivi estetici tuttavia potevano portare solo alla richiesta di modifiche e non al diniego della "allora" concessione edilizia: A. Berra, La Commissione Edilizia, Milano, 1998, pag. 36-37.
[27] Al contrario di quanto sostenuto da Stella Richter (P. Stella Richter, Architettura e ambiente, cit., pag. 437) non tutte le opere architettoniche sono da ricondursi alla libertà della scienza e dell'arte dell'art. 33, ma tutte sono sicuramente da ricondursi all'art. 21 Cost. Certamente da questo punto di vista la garanzia rispetto alle seconde non può essere assoluta: il bilanciamento fra espressione architettonica non artistica e piano urbanistico, in relazione alle clausole estetiche, sembra doversi risolvere in favore del secondo a livello generale. L'Autore invece ritiene che le clausole estetiche possano limitare solo in via eccezionale "la libertà di nuove espressioni architettoniche nell'ambito delle zone non soggette a provvedimenti di vincolo conservativo" (Ibid.).
[28] Tuttavia non vi è alcun tabù nell'inserimento di opere di architettura contemporanea dall'indubbio valore all'interno di zone paesaggistiche o centri storici tutelati, previo accordo con la sovrintendenza. Si pensi all'Auditorium di Ravello di Oscar Niemeyer (U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, Torino, 2012, pag. 156); o riguardo all'inserimento in contesti storici a la ricostruzione di San Michele in Borgo a Pisa di Massimo Carmassi (Id., pag. 148).
[29] Posizione opposta sembra quella che inquadra come sempre in contrasto con la libertà artistica del progettista i vincoli estetici, salvo in casi particolari. Cfr. P. Stella Richter, Profili funzionali dell'urbanistica, Milano, 1984, pagg. 180-181. Per il vero anche l'Autore (alla nota 188, pag. 181) sembra riconoscere la distinzione fra libertà dell'arte e di pensiero.
[30] Cfr. U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 124.
[31] Questa è una nota tesi sostenuta da urbanisti e giuristi, ex pluribus cfr. P. Mantini, La Commissione edilizia tra diritto ed architettura, in Riv. giur. ed., 1997, 1, pag. 7. Si veda la l.r. n. 15/2013 dell'Emilia-Romagna che prevede una "Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio" composta da "componenti solo esterni all'amministrazione comunale, i quali presentano una elevata competenza, specializzazione ed esperienza" per vagliare progetti in materia di beni paesaggistici e di "edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale individuati dagli strumenti urbanistici comunali".
[32] Si veda F. Curti, Cinque risposte sulla valutazione dei progetti. Intervista a Giulio Barazzetta, in Urb. inf., 2001, pag. 23; in cui Giulio Barazzetta auspica un maggior coinvolgimento degli interlocutori delle scuole di architettura e nelle commissioni edilizie valutazioni estetiche sul merito dei progetti.
[33] Cfr. M. Petrachi, op. cit., pag. 186 ss.; e P.L. Paolillo, La commissione edilizia comunale, un marchingegno dai contorni scivolosi, in Territorio, 2006, 39, pag. 78.
[34] S. Bellomia, Riflessioni critiche sulla commissione edilizia comunale e sul suo declino, in Riv. giur. ed., pt. II, 2000, pag. 100.
[35] Questo ruolo di valutazione estetico-architettonica è stato ritenuto legittimo dal Cons. Stato n. 965/2007, malgrado l'assenza di vincoli sullo stadio in base al Codice dei beni culturali.
[36] Da ultimo Cons. St. n. 2761/2015. La sentenza riguardava il recupero del Fontego dei Tedeschi a Venezia, per il quale si necessitava una deroga per l'aumento di altezza e volume del fabbricato.
[37] L'interesse pubblico è peraltro sotteso agli stessi meccanismi di tutela del patrimonio artistico architettonico: "La tutela dei beni è determinata dal loro valore "culturale" e dal relativo interesse pubblico, da accertarsi con atto amministrativo discrezionale, soggetto al sindacato del giudice amministrativo" (Corte Cost. n. 118/1990). Sulla qualifica come interesse pubblico dell'arte si veda: G. Piva, voce Cose d'arte, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, Vol. XI, pag. 93.
[38] Comune di Parma delib. Cons. 21/6 in data 11 marzo 2008.
[39] Così il comune di Parma delib. Cons. 21/6 in data 11 marzo 2008; né il Tar Parma n. 792/2009 né il Cons. St. n. 683/2011 contestano la sussistenza dell'interesse pubblico. Cfr. G. Monaco, Parametri per l'individuazione della destinazione d'uso ed inderogabilità delle prescrizioni del p.r.g. in materia di destinazioni di zona, in Riv. giur. ed., 2010, 2, pag. 508.
[40] Il tema delle valutazioni estetiche rientra nella materia della discrezionalità tecnica delle c.d. valutazioni complesse (C. Ventimiglia, I confini del sindacato del G.A. sulla discrezionalità tecnica nella materia dei beni culturali, in Urb. App., 2011, 12, pag. 1468) e dopo la sent. n. 601/1999 del Consiglio di Stato (e l'art. 16 l. n. 205/2000) risulterebbe parzialmente sindacabile mediante Ctu (eccesso di potere per travisamento dei fatti - inattendibilità per l'insufficienza del criterio tecnico o per il vizio del procedimento applicativo). Appare necessario in un caso come quello proposto un "sindacato forte" del giudice amministrativo in ragione dell'opinabilità di detti atti della p.a. Sindacato forte che tuttavia è lontano dalla prassi dominante di c.d. "sindacato debole". Qualora il sindacato del giudice si volesse spingere invece al contenuto del regolamento (discrezionalità amministrativa pura) si potrebbe valutare la conformità del regolamento rispetto ai disposti costituzionali e di normativa primaria tutelanti la libertà artistica. Ipotesi anch'essa abbastanza difficile da verificarsi.
[41] Cfr. F. Rimoli, cit., pag. 249 e 264 ss.
[42] M. Cavicchini, Meccanica della qualità. Strumenti di un regolamento edilizio qualitativo, in Urb. Inf., 2001. L'Autore, interrogandosi sulla "meccanica" più idonea a fare emergere la qualità architettonica, individua un ruolo principale delle commissioni, essendo dopo il testo unico chiarito come "unico ed esclusivo terreno di legittimazione della commissione edilizia quello relativo ai profili estetico-architettonici" (Id., pag. 14), a maggior ragione se composta da soggetti culturalmente e professionalmente qualificati ed esterni al circuito politico. In parte in continuità con quanto avveniva in passato: Cons. St., par. n. 2447/2003.
[43] D.d.l. n. 74, Senato della Repubblica, XVII Legislatura, comunicato alla Presidenza il 15 marzo 2013; D.d.l. n. 1264, Senato della Repubblica, XVI Legislatura, comunicato alla Presidenza il 5 dicembre 2008.
[44] P. Stella Richter, Architettura e ambiente, cit., pag. 438. In relazione ai connessi problemi di imparzialità legati alle operazioni di promozione: G. Repetto, op. cit., pag. 43 ss.
[45] Presenti nei d.d.l. sulla qualità architettonica delle scorse legislature: art. 3 e art. 5 d.d.l. 1264 (XVI Legislatura) e art. 5 d.d.l. 74 (XVII Legislatura).
[46] Con la l. r. n. 24/2017 il legislatore emiliano-romagnolo ha modificato gli strumenti urbanistici generali imponendo l'adozione di un Pug (Piano Urbanistico generale) entro il 2021 e la sua approvazione entro il 2023.
[47] Per i tentativi di riforma, R. Tamiozzo, La legislazione dei beni culturali e paesaggistici, Milano, pag. 23 ss., nota 8. Cfr. D.d.l. 5 ottobre 1989 (AC1904), sulla riduzione dei tempi per la tutela, anche di autore vivente. Si veda per alcuni "sfregi" all'architettura contemporanea il paragrafo "Architetture manomesse", in Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pagg. 70-79.
[48] Cfr. M. Bonino e M. Comba e E. Piccoli, Verso una tutela pubblica dell'architettura contemporanea?, in Lo stato aculturale, (a cura di) R. Cassanelli e G. Pinna, Milano, 2005, pag. 75. Cfr. U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 199.
[49] "Maggiore chiarezza andrebbe, certo, auspicata a proposito della dichiarazione di interesse artistico o storico, ovvero dichiarazione dell'interesse culturale (art. 13), che si confonde poi con il riconoscimento del particolare valore artistico (art. 37, comma 5)". M. Porrino, Emilia-Romagna contemporanea, in Quale e quanta: architettura in Emilia-Romagna nel secondo novecento, cit., pag. 161.
[50] R. Tamiozzo, cit., pagg. 41-42.
[51] U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 196.
[52] Il sito internet della direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane riconosce come "L'architettura contemporanea è protetta dalla Legge sul Diritto d'Autore (legge n. 633/41), a condizione che si tratti di un'opera creativa e originale, che abbia cioè un 'importante carattere artistico'". Così alla pagina "La tutela dell'architettura contemporanea", http://www.aap.beniculturali.it/dirittoautore.html.
[53] U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 70.
[54] Id., pag. 67.
[55] Per l'elenco delle opere tutelate in base alla legislazione sul diritto d'autore: http://www.aap.beniculturali.it/pdf/ELENCO_DECRETI_633_date.pdf.
[56] Come rilevato anche nella formulazione del concetto di creatività assumono un ruolo i criteri estetici (P. Auteri, Diritto d'autore, in Diritto Industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, 2005, pag. 499) ma un conto è riconoscere l'estetica insieme ad altri elementi in funzione della creatività, un conto è riconoscerlo in funzione dell'arte della espressione artistica. Cfr. ex pluribus G. Galtieri, L'architettura nel diritto di autore, in Il diritto d'autore, 1978, 1-2, pag. 36; G. Ferrari, op. cit.; M.L. Franceschelli, In tema di protezione delle opere di architettura, in Il foro padano, 2013, 2, pt. 1, pag. 222.
[57] Secondo il Consiglio di Stato "non tutte le facoltà comprese nel diritto morale di autore possano trasmettersi agli eredi, bensì solo quelle che possano essere esercitate senza necessità dell'apporto personale e diretto dell'autore", quindi non quelle di "rivendicare la paternità dell'opera e il diritto di opporsi a modifiche lesive dell'onore e reputazione" (Cons. St. n. 4122/2001). Infatti solo l'architetto è titolare delle prerogative di modifica in quanto gli eredi "quandanche fossero in proprio dotati di adeguate capacità professionali ed artistiche, esprimono necessariamente delle personalità distinte da quelle degli autori" (Cons. St. n. 1749/2009): il paradigma è quello personalistico.
[58] Tar Reggio Calabria, n. 668/2015.
[59] Tar Lazio, n. 11798/2018. Su cui, per una sintesi della vicenda: C. Roggero, Diritti d'autore sulle opere delle arti figurative e dell'architettura dell'ex Cinema America di Roma, in www.dandi.media, 21 dicembre 2018.
[60] Cfr. M. Bonino, M. Comba, E. Piccoli, op. cit., pag. 73.
[61] Tar Reggio Calabria, n. 668/2015. Cfr. S. Cogliani, Opere architettoniche artistiche, sulle modifiche tutelato il diritto morale d'autore, in Quot. E.L. e P.A., 23 Lug 2015. Cfr. Cons. St. n. 4122/2001. La riespansione del paradigma proprietario avviene al momento della morte dell'autore, per cui l'accertamento della artisticità del bene non vale a garantirne la tutela pubblicistica.
[62] Cfr. sull'intersezione fra disciplina pubblicistica della tutela dell'interesse culturale e disciplina privatistica del diritto d'autore: Z.O. Algardi, L'opera d'arte in un auspicio di coesistenza delle normative sul diritto d'autore e sul patrimonio artistico, in Il diritto d'autore, 1978, 1-2, pag. 6-7.
[63] Cfr. A. Ferretti, La tutela del presente, in Rivista "IBC" XIII, 2005, 4, pag. 1.
[64] "Ma se l'Istituzione può sancire il valore culturale di un'opera anche recente su richiesta dell'autore, non si vede perché non possa farlo autonomamente, in quanto, fatta salva la diversa forma procedurale, i presupposti di merito e l'effetto del provvedimento sarebbero gli stessi". U. Carughi, Condizionamento e arbitrio nella tutela del territorio, in Riv. giur. ed., 2011, 2-3, pag. 63.
[65] Molti di questi provvedimenti sono stati emessi in vigenza del precedente testo unico (490/1999 - art. 2, co. 1, lett. b). Cfr. R. Tamiozzo, op. cit., pagg. 20-22.
[66] U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 54. L'utilizzo di questo strumento rischia per alcuni di far venire meno l'unicum che caratterizza il fatto d'arte. Id., pag. 53. Lo strumento è utilizzabile, come escamotage, ad esempio in relazione al "suo riferimento con la storia dell'arte (e dell'architettura in particolare)". P. Frabboni, Nuove prospettive per la tutela delle opere di architettura contemporanea, in Quale e quanta: architettura in Emilia-Romagna nel secondo novecento, cit., pag. 145.
[67] Decreto riportato da U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 56.
[68] Id., nota 10, pag. 87.
[69] Decreto emesso in base al vecchio art. 2 del Testo Unico n. 490/1999, il cui contenuto è oggi ripreso dall'art. 10. Il decreto evidenziava "l'unicità dell'opera che riveste interesse particolarmente importante sotto il profilo dell'arte". Id., pag. 57.
[70] Id., pag. 60.
[71] Id., pag. 63.
[72] In tal senso forse sarebbe stato più opportuno vincolarli in relazione alla storia dell'arte piuttosto che a quella dell'architettura. Id., pagg. 54-64 e pagg. 194-195.
[73] Id., pagg. 85-86.
[74] Ex pluribus: P. Stella Richter, Architettura e ambiente, cit., pag. 436.
[75] Secondo la c.d. teoria dei valori di A. Riegl. Cfr. A. Riegl, Il culto moderno dei monumenti, il suo carattere e i suoi inizi, Vienna 1903, in S. Scarrocchia, Alois Riegl: teoria e prassi della conservazione dei monumenti, Bologna 1995, pagg. 173-207.
[76] M. Bonino, M. Comba, E. Piccoli, cit., pag. 72. U. Carughi, Maledetti vincoli: la tutela dell'architettura contemporanea, cit., pag. 204.
[77] A. Ferretti, op. cit., pag. 4.
[78] Rispettivamente art. 4 d.d.l. 1264 e art. 7 d.d.l. 74.
[79] Cfr. Tar Lazio n. 1374/2014, relativa al riconoscimento delle "particolari qualità di carattere storico, artistico, urbanistico e architettonico" di una fabbrica da parte del comune di Ariccia per escludere l'edificio dall'applicazione della l.r. n. 21/ 2009 del Lazio. Il Tar riconosce la legittimità costituzionale della disposizione e la corretta valutazione architettonica. Così anche in altra sentenza si specifica in relazione alla medesima legge regionale che l'eccezione può riguardare anche la tutela di un "di un filone artistico" "con riferimento ad ogni tessuto della Città storica fino alle architetture contemporanee" (Tar Roma n. 1373/2014).
[80] Si rimanda al sito dell'IBC, Banca dati delle opere di rilevante interesse architettonico nel secondo Novecento.
[81] Il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici nel 2005 evidenziava come al contrario dell'architettura "invecchiata" i cui criteri di tutela sono chiari "così non è per l'architettura contemporanea, per la quale la vicinanza storica impone l'individuazione di criteri atti a cogliere gli aspetti, il più possibile oggettivi, del carattere artistico dell'opera". M. Ragni, Presentazione, in Quale e quanta: architettura in Emilia-Romagna nel secondo novecento, cit., pag. 12.
[82] Per una bibliografia sulle opere architettoniche che si enucleeranno si rimanda a: S. Daolio, Carlo Lucci, Vivere d'architettura 1938-1997, Pordenone, 1997; G. Trebbi (a cura di), Enea Manfredini Architetture 1939-1989, Milano, 1989; G. Polin, Guido Canali, Nuova sede di un consorzio caseario a Reggio Emilia, in Casabella, 1983, 492.
[83] Ris. Cons. Ue, 12 gennaio 2001, n. 13982/2000.