La gestione dei beni culturali
I musei autonomi: il caso delle Gallerie Nazionali di Arte Antica
di Maria Giusti
Sommario: 1. Introduzione: la riforma del ministero e i musei autonomi. - 2. Il caso delle Gallerie Nazionali di Arte Antica. - 3. Le risorse organiche. - 4. Le risorse economiche. - 4.1. Le risorse prodotte dal museo. - 4.2. Le risorse ricevute dal settore pubblico. - 5. Il rapporto con i visitatori: una maggior attenzione alle esigenze di valorizzazione. - 6. Il rapporto con la scuola e l'università. - 7. I rapporti con gli altri istituti culturali che incidono nella medesima area: il costituendo sistema museale nazionale. - 8. Il rapporto con il centro: il grado di autonomia riconosciuto. - 9. Osservazioni per "non concludere".
The autonomous museums: the case of the Gallerie Nazionali di Arte Antica
In 2014, the reform of the Italian Ministry for Culture and Tourism etsablished autonomous museums. This article is aimed at verifying the extent to which the new regulatory framework is translating into concrete results and which are the main problems of the new organizational model. To this end, the author took on a case study to assess the effects of the implementation of autonomy within Le Gallerie Nazionali di Arte Antica of Rome. The analysis is organized in four sections. The first one focuses on Le Gallerie Nazionali di Arte Antica's internal organization and suitability of its human and economic resources, in order to verify whether the assets required to achieve economical, effective and efficient management are being set up within the museum. The second section considers Le Gallerie Nazionali's external relationships, in order to attest: if the museum is achieving greater democratization and accessibility of cultural heritage; if it is involving students, schools and universities to a greater extent; if it is contributing to the development of greater cooperation with the other cultural institutions. The third section examines the relationship between autonomous museums and the central Ministry, in order to understand if the level of autonomy awarded allows the new institutions to pursue a flexible, dynamic and innovative management. The last one sets out the conclusions.
Keywords: Reform of Mibact; Autonomous Museums; Gallerie Nazionali di Arte Antica.
1. Introduzione: la riforma del ministero e i musei autonomi
Com'è noto, con il d.p.c.m. 29 agosto 2014, n. 171 [1] l'amministrazione preposta ai beni culturali ha ridisegnato nuovamente sé stessa. Motivata dalla richiesta di integrare cultura e turismo e sotto la scure dell'esigenza di riduzione della spesa, la riforma avviata si propone di non essere un mero riordino di poltrone e uffici ma di aprire un nuovo progetto strategico. L'obiettivo è cercare di far fronte ai problemi che, nonostante i numerosi interventi di riforma e riorganizzazione precedenti, hanno continuato ad affliggere l'amministrazione dei beni culturali, con il fine ultimo di rilanciare la crescita e la produttività. Con questa riforma, che trovava già tracciate nelle raccomandazioni finali della Commissione D'Alberti [2] alcune delle scelte più innovative a cui potersi rifare, sono stati realizzati molti cambiamenti.
I più rilevanti concernono i musei statali, rispetto ai quali, recependo proposte e esigenze evidenziate da anni [3], si vuole segnare "la fine di un''eclissi' durata più di un secolo" [4]. Tramite il combinato disposto del d.p.c.m. citato e del d.m. 23 dicembre 2014 (il c.d. decreto musei), i musei sono stati infatti sganciati dalle soprintendenze ed è stata superata la tradizione tutta italiana che li aveva relegati a uffici in esse incorporati, e da esse indistinguibili su un piano formale, organizzativo, finanziario e operativo. Ai musei statali italiani è stata pertanto finalmente riconosciuta la natura di istituti: essi hanno così cessato di rappresentare delle mere "universitas rerum", delle collezioni aperte al pubblico, e sono stati dotati di una propria effettiva identità e di propri fondamentali strumenti organizzativi, quali statuti, bilanci, carte di servizi, direttori e requisiti minimi in materia di organizzazione.
In materia di musei statali, vi è un'altra, importante novità: il riconoscimento ad alcuni di essi, quelli di maggior interesse nazionale [5], della qualifica di uffici dirigenziali, generali e non [6], e di una speciale forma di autonomia, scientifica, finanziaria, contabile e organizzativa. In essi, oltre al direttore, cardine dei nuovi assetti organizzativi e delle innovazioni che si vogliono realizzare, operano un consiglio di amministrazione, un comitato scientifico e un collegio dei revisori dei conti.
L'istituzione e qualificazione di questi musei come istituti autonomi risponde all'esigenza di renderne possibili gestioni flessibili, dinamiche e innovative, a lungo sacrificate dalla burocratizzazione e dalle duplicazioni dei passaggi dei livelli decisionali, e di favorirne i rapporti con l'esterno, le comunità locali, i privati cittadini e le imprese. Ovviamente, il riconoscimento di una maggior autonomia si è accompagnato all'esigenza di un incremento della trasparenza e capacità di rendiconto di questi istituti. Si è accompagnato, inoltre, all'esortazione che di essi siano effettuate gestioni capaci di prendere in prestito dalle esperienze aziendali le competenze idonee a consentire sistemi economici, efficaci e efficienti.
2. Il caso delle Gallerie Nazionali di Arte Antica
L'obiettivo di questo articolo è analizzare le modalità attuative della riforma in materia di musei speciali autonomi [7], onde verificare se le potenzialità insite nel dato normativo si stiano o meno traducendo in risultati concreti e quali siano gli aspetti più problematici del nuovo modello organizzativo. A tal fine si è deciso di assumere un caso di studio e di concentrarsi sull'esperienza applicativa delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, un unico museo costituito da due sedi, Palazzo Barberini e Galleria Corsini, oggi ufficio autonomo di livello dirigenziale non generale diretto da Flaminia Gennari Santori. Tramite l'analisi dei dati forniti dal Mibact e dalle Gallerie, oltre che attraverso le informazioni ottenute durante il confronto con la Direttrice, nel corso dell'articolo verranno messi in luce i risultati raggiunti dal museo e le maggiori difficoltà incontrate durante questi primi due anni di cambiamento.
L'analisi è articolata nel seguente modo:
• Nella prima parte è esaminata la situazione interna del museo in materia di risorse organiche e finanziarie, onde comprendere se presso le Gallerie si stiano o meno progressivamente costituendo le condizioni necessarie a portare avanti management economici, efficaci ed efficienti.
• Nella seconda parte ci si concentra sull'interazione del museo con l'esterno. Più precisamente: è analizzata l'interazione delle Gallerie con i visitatori, onde verificare se si stia realizzando, come vuole il riformatore, una maggior apertura e democratizzazione dei nostri musei; viene esaminata l'interazione delle Gallerie con la scuola e l'università, così da comprendere se, come richiesto dalla riforma, si stia rafforzando il gap tra il settore del patrimonio culturale e quello dell'istruzione e della ricerca; infine, ci si concentra sull'interazione del museo con gli altri istituti culturali che si trovano nella medesima area, onde verificare se tra essi si stia o meno sviluppando una cultura di maggior collaborazione e condivisione, necessaria per la progressiva realizzazione di un sistema museale civico e regionale, a sua volta presupposto per il futuro sviluppo di un sistema museale nazionale.
• Nella terza parte si riflette sul rapporto del museo con il ministero centrale, onde comprendere se il grado di autonomia riconosciuto renda possibile gestire questi istituti secondo un approccio flessibile, dinamico e innovativo.
• L'ultima parte contiene, infine, delle osservazioni per "non concludere".
Com'è noto, l'autonomia dei grandi musei non si estende alle risorse umane e il personale chiamato a lavorare in questi istituti continua ad essere individuato ed assegnato dal ministero [8].
Tenuto conto dei cambiamenti introdotti dal processo di riforma, con il d.m. 6 agosto 2015 è stata effettuata una nuova ripartizione delle dotazioni organiche del Mibact, la quale ha sostituito quella dettata dal lontano 1997 [9]. Realizzare una redistribuzione razionale del personale ministeriale tra gli uffici riformati si è rilevata un'operazione assai complessa: non si procedeva ad una verifica circa la reale consistenza e effettiva ripartizione di esso da molto tempo, visto che nelle precedenti 4 riorganizzazioni non lo si era mai fatto [10]. Ne è seguita l'indizione di una procedura di mobilità territoriale interna, su base volontaria, riservata al personale di ruolo del ministero, diretta a consentire che tutti gli uffici periferici, inclusi quelli creati ex novo dalla riforma, avessero le rispettive dotazioni organiche [11]. Successivamente, con il d.m. 14 settembre 2016, è stata effettuata una nuova ed ulteriore determinazione delle risorse organiche. Ciò in virtù del fatto che il precedente d.m. del 2015 aveva previsto la possibilità di procedere in tempi brevi a una verifica della congruità della ripartizione effettuata, nonché ad eventuali modifiche.
Nonostante l'importante tentativo di razionalizzazione effettuato, la situazione organica dei musei autonomi è attualmente critica. Il personale di questi istituti è infatti insufficiente da un punto di vista di numerico (d'altronde non potrebbe essere altrimenti, considerando che si tratta di uffici di un minitero che soffre le conseguenze di anni di mancati concorsi) e per certi aspetti non adeguatamente preparato, perché privo di competenze tecniche che, a lungo considerate non necessarie e quindi mai attivate a livello ministeriale, oggi, in seguito al riconoscimento di autonomia e alla rivoluzione culturale che si sta cercando di imporre, sono divenute indispensabili. Mancano gli esperti giuridici per la gestione dei contratti, gli esperti di amministrazione per la gestione contabile e finanziaria, gli esperti di marketing, promozione, comunicazione e nuove tecnologie. A mancare sono cioè coloro che, capaci di parlare i nuovi linguaggi, dovrebbero oggi affiancare il direttore nello svolgimento dei suoi numerosi compiti. A queste difficoltà si aggiunge che, dal momento che il personale dipende dal ministero, portare avanti una gestione di questi musei modellata sui principi aziendali si dimostra assai difficile: far avanzare chi lo merita e intentare procedimenti disciplinari contro chi invece non lavora come dovrebbe risulta infatti pressoché impossibile [12].
Per quanto concerne il caso specifico delle Gallerie Nazionali, in merito alle carenze numeriche in organico la Direttrice afferma: "In seguito alle nuove ripartizioni organiche il personale dei musei autonomi è aumentato in misura consistente rispetto al passato. Questo raffronto tra l'organico presente prima della riforma e quello presente dopo è però falsante: oggi dobbiamo adempiere a funzioni ulteriori a quelle proprie del passato e l'offerta del museo e l'aspettativa del pubblico sono aumentati notevolmente, con la conseguenza che il lavoro da svolgere è molto maggiore. Tenendo conto di questo dato di partenza, si può affermare che il rapporto tra il personale che numericamente servirebbe e quello che effettivamente è oggi in servizio risulta persino aggravato rispetto al passato.
Sono comunque ottimista perché la situazione sta lentamente migliorando. In seguito ai nuovi concorsi avremo infatti due nuovi funzionari storici dell'arte, un ulteriore funzionario amministrativo e un funzionario per la promozione. Si tratta però di persone che arrivano sulla base di concorsi, graduatorie e criteri su cui noi non abbiamo alcun controllo, con la conseguenza che la costruzione della nostra squadra avviene in maniera meramente accidentale" [13].
Ad oggi, non ancora conclusesi le procedure di mobilità interna e in attesa dell'arrivo di nuovi funzionari dai concorsi recentemente banditi, il confronto tra la pianta organica richiesta dalla direzione delle Gallerie e quella effettiva evidenzia l'assenza di 29 dipendenti. Più precisamente: quanto alla terza area, l'amministrativo è solo uno benché ne servissero 3, gli storici dell'arte anziché 6 sono 4, dei due addetti alle tecnologie considerati necessari non ne è arrivato nessuno e mancano l'architetto, il bibliotecario, l'informatico e l'addetto alla promozione; quanto alla seconda area, gli amministrativi anziché 10 sono 6, i tecnici invece che 15 sono 13 e i vigilanti sono 47 benché ne fossero stati richiesti 60. Quanto a questi ultimi, la Direttrice afferma: "Le carenze nell'area di vigilanza e custodia da noi rappresentano un problema strutturale. Spesso, non essendovi abbastanza custodi, la domenica siamo costretti a chiudere il secondo piano del Palazzo Barberini. Per far fronte a questa problematica investiamo in custodi aggiuntivi, e questo incide in maniera significativa sulle modalità con cui vengono impiegate le risorse del museo" [14].
Come anticipato in via generale, ciò che manca, prima che un organico numericamente sufficiente, è un personale adeguato rispetto ai nuovi compiti attribuiti ai musei autonomi. Dichiara a riguardo Flaminia Gennari Santori: "Da noi, come nella maggior parte degli istituti autonomi, vi sono esigenze fondamentali che il personale interno non è in grado di soddisfare, in quanto non ha conoscenze e competenze sufficienti in materia di codice degli appalti, di diritto amministrativo, di fundraising e di altre nozioni indispensabili per portare avanti la rivoluzione museale. Per questo tutti i direttori dei musei autonomi, chi in un modo e chi in un altro, si sono attivati per costruire escamotages tramite cui acquisire le professionalità mancanti dall'esterno" [15].
Per quanto concerne le Gallerie, esse hanno considerato poco vantaggioso acquisire le professionalità esterne tramite Ales [16], "modalità questa poco funzionale, in quanto in questi casi è Ales ad individuare i soggetti da mandarci, senza che ci sia data la possibilità di sceglierli" [17]. Non si sono neanche avvalse della possibilità di soddisfare le esigenze cui non possono far fronte con il personale in servizio costruendo, per il biennio 2017-2018, segreterie tecniche al loro interno, tramite contratti di collaborazione con esterni di provata competenza [18]. "Si tratta di un meccanismo potenzialmente molto utile; il problema è che non permette di portare avanti collaborazioni per periodi superiori a nove mesi, arco di tempo troppo breve" [19].
La direzione, onde non essere vincolata dal termine dei nove mesi e con il fine di poter scegliere direttamente i propri collaboratori, ha ritenuto più vantaggioso conferire incarichi ad esterni tramite procedure negoziate senza previa indizione di bandi di gara [20] o tramite affidamenti in economia [21].
Afferma Flaminia Gennari Santori: "I collaboratori esterni, alcuni dei quali lavorano per noi quasi pro bono, sono molti. Alcuni svolgono un ruolo di natura tecnico-autoriale e, interfacciandosi con la nostra utenza, hanno maggior visibilità. Si tratta dell'esperto in materia di progettazione di spazi, del digital media curator, dell'addetto allo sviluppo del sito web, dell'esperto in materia di comunicazione visiva, dell'ufficio stampa e del fotografo.Vi sono poi: un consulente per il bilancio, che ci sta aiutando anche per tutto ciò che concerne le normative amministrative e che sta inoltre facendo formazione ai nostri interni; un consulente geometra ingegnere, che segue tutti i progetti sulla sicurezza e sulle manutenzioni e gestisce buona parte degli interventi del nostro ufficio tecnico dove manca un architetto; un esperto di economia della cultura e dell'industria culturale, che sta lavorando al capitolato per le gare per i servizi aggiuntivi e che aiuterà le Gallerie anche nella realizzazione di un business plan strategico per i prossimi 2/3 anni; infine, dei consulenti legali specializzati in diritto amministrativo e dei beni culturali, indispensabili per trovare soluzioni rapide per le questioni dei concessionari dei servizi aggiuntivi e per tutto ciò che concerne le convenzioni che facciamo con altre istituzioni. Se queste collaborazioni esterne ci permettono di alleviare in parte il drammatico depauperamento delle competenze verificatesi all'interno della p.a., va però tenuto fermo che si tratta di procedure che costituiscono delle forzature, di modalità che non dovrebbero essere quelle corrette e che di certo non ci permettono di "creare e fare squadra" nel lungo termine" [22].
Quello del personale è, in sintesi, un problema determinante. Le soluzioni più scontate, tra loro alternative, sembrano due: prevedere un'estensione dell'autonomia anche al personale, superando l'attuale impostazione centralista in materia, o realizzare nuove assunzioni a livello ministeriale che tengano conto delle esigenze dei musei e assicurino una rispondenza delle figure professionali alle nuove competenze tecniche necessarie.
Quanto alla prima prospettiva, essa sembra oggi irrealizzabile. Il Ministro Franceschini ha infatti dichiarato che, benché si fosse inizialmente ipotizzato che la fase successiva della riforma sarebbe consistita nel dare autonomia anche per la gestione del personale, la soluzione a cui si è poi giunti è diversa: effettuato un confronto approfondito con le esperienze internazionali, il ministero è giunto alla conclusione che "anche i siti e i musei che hanno il più alto numero di visitatori e di introiti, e quindi Pompei, il Colosseo e gli Uffizi, se avessero a proprio carico il personale, non starebbero in piedi" [23], perché incapaci di sostenerne i costi.
Quanto alla seconda ipotesi, quella per cui all'assenza di un personale numericamente sufficiente e con le adeguate competenze si faccia fronte mediante nuove assunzioni, rappresenta certamente un segnale estremamente positivo il fatto che, dopo anni di mancati concorsi, le assunzioni autorizzate dal 2015 al 2018 sono ormai oltre 1.500 [24]. Effettuate in deroga ai limiti fissati dalle disposizioni vigenti in materia di ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, alle condizioni per l'indizione di nuovi concorsi e al turn-over nelle pubbliche amministrazioni, sono state rese possibili proprio dalla criticità della situazione messa in luce in seguito alla verifica circa la reale consistenza e distribuzione del personale ministeriale [25].
Si tratta però di passi non risolutivi se non legati a interventi ulteriori in tal senso, soprattutto considerando che nei prossimi anni molti funzionari dovrebbero andare in pensione. Si auspica quindi che queste assunzioni segnino l'inizio di una politica costante e continuativa di inserimento di nuovi professionisti all'interno del Mibact e che i profili professionali, i requisiti culturali e le competenze richieste nei bandi siano ridefiniti in sintonia con le innovazioni apportate dalla riforma.
Mentre in passato la gestione economica dei musei statali era priva di evidenza oggettiva perché indistinta da quella dell'ente di appartenzanza e in essa confusa, ad oggi la presenza dei bilanci permette di avere coscienza delle risorse economiche ricevute e prodotte da questi istituti e delle modalità del loro impego. La funzione del bilancio non è però solo quella di consentire un superamento delle gravi lacune precedentemente esistenti circa le informazioni economico monetarie all'interno dell'amministrazione preposta ai beni culturali, e quindi di permettere di capire quanto i musei costano e quanto di conseguenza occorre investire per farli funzionare. Il bilancio, strumento tramite cui è possibile realizzare una parziale valutazione delle performances poste in essere, è volto anche a sviluppare la capacità dei musei di render conto delle scelte effettuate e dei risultati conseguiti e, quindi, ad incrementarne la responsabilizzazione [26].
4.1 Le risorse prodotte dal museo
In coerenza con l'autonomia finanziaria che è stata loro riconosciuta, i musei autonomi possono trattenere le somme prodotte tramite le proprie attività, amministrandole autonomamente per le proprie esigenze senza doverle riservare all'erario in vista di una successiva ed ipotetica riassegnazione. Ciò in deroga a quanto previsto in genere per gli istituti e i luoghi della cultura statali dall'art. 110, comma 2, del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42. Si tratta di un importante cambiamento, già sperimentato con la soprintendenza speciale di Pompei e con le soprintendenze speciali strutturate in poli, chiamate a gestire i musei statali nelle grandi città d'arte. Essa permette infatti ai musei autonomi di impiegare i propri introiti per programmare la propria attività, e dunque per finanziare le proprie spese e i propri investimenti. In tal modo dovrebbero potersi superare i problemi di cassa che avevano determinato molte difficoltà alla spesa corrente di questi istituti, in quanto potevano verificarsi intervalli molto lunghi tra il momento in cui realizzavano incassi e quello, tra l'altro eventuale, in cui tali incassi sarebbero potuti tornare nella loro disponibilità.
La possibilità dei musei autonomi di trattenere le somme prodotte dalla propria attività riguarda però solo l'80% di esse. Il d.m. 19 ottobre 2015, "Sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura statale", ha infatti istituito un fondo di solidarietà finanziato da una percentuale pari al 20% degli introiti complessivi annui di ogni istituto e luogo della cultura statale. L'assegnazione di queste risorse è disposta dalla direzione generale Musei a favore degli istituti della cultura statali aventi introiti insufficienti a consentire una copertura delle loro spese e a garantirne il normale funzionamento. Questo meccanismo, giustificato da finalità di perequazione e dalla notevole differenza di standing economico tra i musei statali, è diverso da quello che era stato delineato per le soprintendenze speciali. L'art. 4, comma 3, del d.p.r. 29 maggio 2003, n. 240, prevedeva infatti una sottrazione degli introiti per finalità di perequazione solo eventuale e, soprattutto, riferita a una percentuale indeterminata, "una quota non superiore al trenta per cento delle entrate". Il meccanismo oggi istituto comporta invece una sottrazione che è certa, in quanto avviene ogni anno, e che è riferita ad una percentuale degli introiti determinata preventivamente. Si tratta di un cambiamento importante: sappiamo infatti che non è possibile portare avanti gestioni efficienti, razionalizzare i costi e raggiungere gli obiettivi se non si ha la possibilità di contare su risorse finanziarie certe.
Per quanto concerne il tema dell'autonomia finanziaria, sono rilevanti anche le nuove disposizioni dettate in materia di mecenatismo culturale dal decreto c.d. Art-Bonus [27] e in materia di sponsorizzazioni dal nuovo Codice dei contratti pubblici [28], che hanno facilitato le modalità tramite cui gli istituti culturali possono acquisire risorse private. Perché si possa parlare di un'effettiva autonomia finanziaria non è infatti sufficiente riconoscere ai musei il parziale potere di trattenere i propri introiti: è indispensabile che, parallelamente, vengano realizzate le condizioni idonee a permettere loro di acquisire tali risorse con maggior facilità, consentendoli di esplorare percorsi di finanziamento più efficaci e meno complessi di quelli propri del passato. Perché i risultati non tardino ad arrivare è però fondamentale che le strutture interne ai musei autonomi siano sufficientemente organizzate sul piano amministrativo e legale e che non vi siano carenze di personale qualificato a prendere iniziative o a trattare proposte di sponsorizzazione o di donazione. Perché il mondo dell'iniziativa privata si interessi effettivamente ai beni culturali, deve infatti essergli proposto un interlocutore preparato e coerente.
Per quanto concerne le Gallerie Nazionali, le risorse economiche da esse prodotte nel corso di questi primi due anni di lancio dell'autonomia sono state rappresentate da:
• Gli introiti da biglietteria.
In considerazione dell'incremento del pubblico e dell'applicazione di un maggiorazione al biglietto di ingresso, questa tipologia di entrata è in costante aumento [29]. I dati rilasciati dall'ufficio statistico del Mibact [30] evidenziano infatti che: nel 2013 gli introiti da biglietteria sono stati di 462.826,00 €, nel 2014 di 475.717,00 €, nel 2015 di 544.016,00 € e nel 2016 di 514.195,00 €. L'incremento percentuale nel corso di questi anni è stato quindi del +11,1%. Quello relativo al 2017 è stato invece stimato del +41,8%, ma si tratta di un dato provvisorio, suscettibile di variazione.
• I loan fee, gli introiti derivanti dalla concessione d'uso di opere esposte in mostre organizzate da soggetti terzi.
Afferma a riguardo Flaminia Gennari Santori: "Noi chiediamo canoni per il prestito di opere d'arte solo se la richiesta proviene da società private con fini di lucro, e mai quando proviene da un museo pubblico. La richiesta di canoni costituisce un deterrente dal richiedere troppe opere e ci permette di ottenere delle entrate, ma non può ovviamente essere considerato dei mezzi principali tramite cui acquisire risorse economiche. Per quanto ci concerne, ci sta consentendo di ottenere delle somme irrisorie, e che tali devono rimanere" [31].
• Gli introiti derivanti dai rapporti con le imprese private.
Dichiara in merito la Direttrice: "Durante il primo anno di autonomia le risorse da imprese private si sono ottenute esclusivamente tramite l'affitto di spazi [32], una procedura rispetto alla quale il nostro personale è rodato. Quanto alle elargizioni liberali, nel corso di questi primi due anni non ne abbiamo ricevute [33]. Ciò è dipeso, oltre che dalla mancanza di personale adeguatamente competente in materia, dal fatto che i finanziamenti privati arrivano quando si vede che c'è un cambiamento, una nuova progettualità, e che l'istituto ha un'identità forte, risultati questi che richiedono un tempo di rodaggio assai lungo. Mi auguro che nel corso del prossimo anno riusciremo ad essere molto più propositivi e fattivi da questo punto di vista. Per quanto concerne le sponsorizzazioni, il primo anno non ne abbiamo ricevute, mentre questo secondo anno abbiamo attivato un progetto molto rilevante" [34].
Il riferimento è a "WeACT - Agire insieme. La Tecnologia per Arte, Cultura, Turismo, Territorio", contratto di sponsorizzazione tecnica stipulato tra le Gallerie Nazionali e un'associazione composta da un gruppo di imprese ed enti associati a Civita [35]. Il progetto, frutto di un lavoro di analisi del museo da parte delle imprese nonché di un ascolto delle delle necessità espresse dalla direzione, si basa sull'adozione di soluzioni tecnologiche innovative volte ad attrarre nuovi pubblici e a migliorare la fruizione del museo. Sono stati previsti interventi specifici per realizzare: il monitoraggio ambientale e l'efficientamento energetico; la gestione e il controllo centralizzato dei sistemi di sicurezza fisica attraverso una piattaforma software di supervisione; la predisposizione di un'applicazione volta a facilitare la fruizione delle collezioni della Galleria Corsini; l'attivazione di strumenti di digital marketing; l'ampliamento dei servizi di pagamento digitali; un progetto esecutivo per lo sviluppo del mobile ticketing; l'acquisizione di immagini ad alta definizione con laser scanner a colori e la ricostruzione fotogrammetrica 2D e 3D ai fini della conservazione e della fruizione di alcune opere [36].
4.2. Le risorse ricevute dal settore pubblico
La previsione che i musei autonomi possono parzialmente trattenere i proventi delle propria attività e la predisposizione delle condizioni legali idonee a rendere più facilmente realizzabili forme virtuose di partenariato pubblico privato non sono dipese dalla volontà di scaricare lo Stato da responsabilità finanziarie in merito a questi istituti. Vi è stata al contrario la consapevolezza che in questa prima fase di cambiamento, e compatibilmente con la difficile situazione economica contingente, è indispensabile un significativo investimento di risorse pubbliche [37].
Per quanto concerne le Gallerie Nazionali, la Direttrice afferma: "I finanziamenti statali sono stati molto rilevanti. Il primo anno abbiamo chiesto circa 1.655.000,00 € e ci sono stati dati tutti. Il secondo anno i finanziamenti statali sono stati leggermente ridotti, di circa 200.000,00 €. Ciò è dipeso dal fatto che nel mentre erano stati istituiti molti più musei autonomi e che risultava necessario distribuire le risorse tra più istituti. Benché 200.000,00 € non rappresentino una somma particolarmente rilevante, è molto importante che alla riduzione dei contributi si proceda progressivamente, man mano che questi musei riusciranno a costruire un'effettiva autonomia finanziaria. L'obiettivo che mi sono riproposta oggi è quello di arrivare al 2022 capaci di produrre autonomamente circa 2.000.000,00 € all'anno da investire in materia di programmazione e progettazione. Vorrei cioè che da questo punto di vista divenissimo autonomi e che queste spese fossero integralmente autosostenute da noi, continuando a dipendere dal ministero solo per quanto concerne i costi di funzionamento.
Delle somme pubbliche importanti arrivano poi da leggi, decreti o bandi per progetti di vario genere che mettono a disposizione delle somme di denaro per la realizzazione di progetti specifici (per la sicurezza, per i recuperi di ribasso d'asta ecc.). È molto importante capire i flussi di questi finanziamenti, onde evitare di trovarsi impreparati. Per questo stiamo incrementando molto le progettazioni (ad es. in materia di ripristino e restauro di alcune sale del palazzo, come la sala paesaggio, o di climatizzazione della serra ecc.), così da poterle presentare non appena vi siano fondi a riguardo.
Ciò che rappresenta un problema strutturale in merito ai finanziamenti pubblici, è che si viene a sapere anno per anno quanto si riceverà dal ministero. L'assenza di una certezza plurienale circa i contributi statali rende infatti complesso ideare e portare avanti dei progetti strategici nel lungo termine. Per questo sarebbe fortemente auspicabile avere dei piani di finanziamento costruiti sull'arco di un triennio" [38].
La possibilità di fare una programmazione strategica di lungo periodo sembra però essere stata assicurata dalla certezza di rilevanti fondi europei. In virtù del Piano cultura e turismo, approvato dal comitato interministeriale per la programmazione economica, un miliardo di euro del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 sono stati infatti stanziati per realizzare interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e di potenziamento del turismo culturale [39]. Di queste somme, 9.000.000,00 € sono stati destinati alle Gallerie Nazionali. Afferma la Direttrice: "useremo questi fondi per incrementare i servizi per il pubblico, per restaurare la facciata di Palazzo Barberini e il giardino, per completare il riallestimento delle collezioni e per organizzare due mostre" [40].
5. Il rapporto con i visitatori: una maggior attenzione alle esigenze di valorizzazione
Un obiettivo sostanziale del riformatore è quello di realizzare una maggior apertura e democratizzazione del patrimonio culturale, ampliando il novero delle persone che possano trarre un beneficio da esso. Di qui la previsione che anche la funzione di valorizzazione debba essere agganciata, come quella di tutela, a una struttura che tenga e che le dia una solida base, e la conseguente realizzazione di una distinzione tra gli organi preposti alla tutela (le soprintendenze) e quelli preposti alla valorizzazione (i musei, i poli museali regionali e la direzione generale Musei). Non si è voluto in tal modo indebolire il ruolo delle soprintendenze, con il fine di permettere una gestione dei musei più libera e meno controllata, tutta indirizzata al trionfo della "dinamica del fare cassa" e della valorizzazione economica. L'obiettivo di questa distinzione è stato piuttosto quello di identificare in maniera più chiara le funzioni all'interno del ministero, così da permettere un esercizio migliore di entrambe [41]. Liberare le soprintendenze dalle preoccupazioni gestionali e amministrative relative ai musei dovrebbe consentire ad esse di riprendere la loro attività di studio e ricerca e di svolgere al meglio i compiti conservativi connessi alla tutela del patrimonio culturale ed ambientale del paese [42]. Prevedere una struttura apposita in materia di valorizzazione dovrebbe a sua volta permettere di costruire condizioni idonee a migliorare il rapporto dei musei con i visitatori. Se è chiaro che la tutela, l'architrave del sistema, resta fondamentale e imprescindibile, si deve infatti scongiurare il rischio che essa risulti fine a sé stessa: deve dispiegarsi su beni di cui poi, tramite apposite strutture, sia possibile assicurare un'effettiva pubblica fruizione [43]. Ciò nella consapevolezza che l'esistenza dei musei non si autolegittima in sé stessa, ma nel rapporto con il pubblico fruitore e nella misura in cui tale rapporto funziona ed è soddisfacente.
Nella direzione di una maggior apertura e democratizzazione del patrimonio culturale va la previsione, ex art. 35 del d.p.c.m. n. 171/2014, secondo cui i direttori dei musei autonomi, nel rimodulare l'importo dei biglietti di ingresso e gli orari di apertura, devono assicurarne la più ampia fruizione.
Afferma a riguardo Flaminia Gennari Santori: "Per quanto riguarda i prezzi di ingresso, li abbiamo modificati. Inizialmente abbiamo istituito un biglietto cumulativo di 10 € per entrambe le sedi che vale dieci giorni, fondamentale per spingere i flussi dei visitatori a frequentare, oltre che Palazzo Barberini, anche la Galleria Corsini, meno conosciuta e bisognosa di un rilancio. Da settembre del 2017, quando abbiamo iniziato ad esporre la tela di Picasso Parade, lo abbiamo poi alzato a 12 €. Visto che è entrato nelle abitutini dei visitatori e vista la serrata programmazione di mostre temporanee senza costi aggiuntivi, abbiamo deciso di mantenerelo così. Nel corso dei prossimi due anni voglio poi iniziare a lavorare sulla costruzione di una politica molto più capillare ed estesa in materia di offerte diversificate, costruendo modalità di fidelizzazione, di ottenere ridotti, card, membership ecc. Una politica di questo tipo, con due sedi così differenti e in due parti così diverse della città, è assolutamente realizzabile. Per quanto riguarda gli orari di ingresso, purtroppo non siamo riusciti a modificarli. Palazzo Barberini continua ad essere aperto dalle h. 8.30 alle 19, mentre avrei voluto che lo fosse dalle h. 10 alle 18. In questo modo non avremmo arrecato alcun danno al pubblico, perché la mattina presto e nel tardo pomeriggio il museo non è frequentato; anzi, risparmiando molto in energia e climatizzazione, avremmo ottenuto maggiori risorse da investire nel miglioramento del servizio ai visitatori. Il problema è che gli orari sono legati a una contrattazione sindacale nazionale che stabilisce le turnazioni dei custodi. Un custode che fa tante turnazioni riesce a guadagnare delle cifre considerevoli. Se il museo è aperto solo otto ore, i custodi perdono le turnazioni. Mi auguro che di queste questioni si cominci a parlare, perché si tratta di ostacoli su cui noi, purtroppo, non possiamo fare nulla" [44].
Nella direzione di una maggior apertura del patrimonio culturale va anche, ex art. 4 del decreto musei, la previsione di aree di marketing. L'obiettivo non è spingere i musei a realizzare un bieco asservimento ai gusti del pubblico potenzialmente più ampio, tramite la realizzazione di un'offerta costruita su una presa facile e indifferente alla rielaborazione critica dei contenuti [45]. La sfida lanciata dal marketing museale è, piuttosto, quella di mettere i musei nelle condizioni di porsi dialogicamente in ascolto della società e di comprenderne le diverse esigenze ed aspettative, di modo poi da poter costruire una molteplicità di offerte che siano capaci di suscitare attenzione, coinvolgimento e partecipazione nelle varie categorie di utenti. I pubblici abituali degli esperti, quelli occasionali, quelli ancora solo potenziali, soprattutto i "non pubblici"; quelle fasce cioè tutt'altro che marginali della popolazione che si trovano ancora in una situazione di estraneità alla vita culturale.
Dichiara in merito Flaminia Gennari Santori: "L'ascolto del pubblico è fondamentale, perché ci permette di comprenderne i bisogni e le necessità, e quindi di farci ragionare su quale possa essere la mission, l'identità di questo museo e, pertanto, su quali siano le modalità più opportune tramite cui orientare le nostre politiche ed iniziative. Per quanto concerne Palazzo Barberini, il nostro social media manager, studiando le presenze sul nostro sito e sui nostri social, ha capito che le persone che arrivano dal digitale sono locali. Un' ulteriore prova del fatto che il nostro pubblico è fortemente romano risiede nel grande incremento di visitatori registrato nei c.d. mesi morti, in cui non vi sono flussi turistici. Si tratta di scoperte molto interessanti, che mi fanno pensare che Palazzo Barberini debba diventare un riferimento per i romani, un luogo dove essi sappiano di poter andare e trovare sempre qualcosa di diverso. D'altronde è l'unica galleria di arte antica di Roma che non è una quadreria, e che quindi ha un allestimento che può cambiare continuamente e avere una sua dinamicità interna" [46].
Ha la medesima finalità di attrarre nuovi pubblici la richiesta che i musei incrementino il loro utilizzo del digitale e la loro presenza sui social network, costruendo una comunicazione che sia più accessibile e maggiormente consapevole della contemporaneità. L'obiettivo sembra essere soprattutto quello di coinvolgere i pubblici dei più giovani, i c.d. "nativi digitali", che si cerca infatti oggi di attrarre con particolare impegno.
Sotto questo punto di vista le Gallerie Nazionali hanno raggiunto risultati positivi. Il nuovo sito web, sviluppato da VIVA! Srl e attivo da gennaio 2017, ad agosto 2017 ha registrato 61.455 utenti singoli e più di 290.000 visualizzazioni. È stato pensato come uno spazio razionale volto a favorire un facile accesso alle informazioni e a suscitare l'interesse degli utenti tramite le immagini delle opere e delle architetture dei palazzi. Anche la comunicazione sui social è stata interamente ripensata e rilanciata, così da restituire un'immagine più moderna, dinamica e coinvolgente del museo. A partire dai primi mesi del 2017 sono stati infatti inaugurati: un nuovo account Twitter, che ha attualmente 12.930 follower; un nuovo account Instagram, che permette di far conoscere la storia delle opere e del loro contesto attraverso le immagini, veicolando la conoscenza tramite modalità divertenti e di svago, e che ha 1.566 follower; una nuova pagina Facebook comune per le due sedi, volta a sottolineare la loro interdipendenza e a evidenziarne i possibili dialoghi, che è stata aggiunta alle due pagine già esistenti relative a ciascuna sede e che ha attualmente 3.000 follower.
Un ruolo chiave per assicurare l'attrattività dei musei e per farne, come vuole il riformatore, dei luoghi vitali e inclusivi [47] è svolto poi dai servizi per il pubblico. La loro presenza dovrebbe infatti tradursi in una serie di opportunità che integrino l'esperienza della visita e che consentano un maggior comfort, sia culturale (si pensi alla fornitura di informazioni e spiegazioni, come nel caso delle audioguide o delle visite guidate), che fisico (si pensi alla possibilità di una sosta al bar o di ricorrere a un servizio di prenotazione che eviti attese e code). Dai musei speciali autonomi ci si aspettano pertanto soluzioni innovative in merito ad essi e un loro adeguamento ai livelli diffusi nelle più importanti esperienze internazionali e alle esigenze di un pubblico sempre più esigenze. Ad oggi non è però possibile effettuare un giudizio circa le operazioni di questi istituti in materia di servizi per il pubblico: le concessioni dei più importanti servizi sono ancora in proroga e persiste il ritardo nel bandire nuove gare.
Per quanto concerne le Gallerie Nazionali, la Direttrice afferma: "Intendiamo investire una percentuale rilevante dei fondi CIPE nell'ambito dei servizi per il pubblico. A Corsini ci limiteremo a fare dei nuovi servizi igienici, mentre a Barberini intendiamo rinnovare integralmente gli spazi biglietteria, guardaroba e mostre e realizzare una caffetteria, un bookshop e nuovi servizi igienici. Circa la questione delle proroghe, che da noi vanno avanti da nove anni, stiamo cercando delle soluzioni insieme ai nostri consulenti legali, che hanno iniziato a collaborare con noi solo dalla primavera del 2017" [48].
Al fine di favorire una migliore fruizione e rendere più piacevoli le visite, a Palazzo Barberini è stato poi intrapreso un riallestimento degli spazi e della collezione, che dovrebbe concludersi alla fine del 2018. Afferma Flaminia Gennari Santori: "Al termine del riallestimento l'area fruibile sarà rappresentata da metà del piano terra e da tutto il primo piano. Il secondo piano, non adatto alle esigenze museologiche, verrà invece chiuso al pubblico (in esso faremo gli uffici e "l'università al museo"). I quadri che vi sono attualmente esposti verranno trasferiti nell'ala sud del piano nobile, che inaugureremo ad aprile con una mostra temporanea organizzata in collaborazione con il MAXXI. Terminato il riallestimento, i mq fruibili saranno più o meno gli stessi di ora, ma le sale destinate alla fruizione saranno più belle, più grandi e più adeguate. La funzionalità del museo e il confort dei visitatori ne risulteranno rafforzati.
Nel corso del 2019 intendiamo invece rinnovare i sistemi di antifurto di tutta la sede, procedendo progressivamente tramite la cantierizzazione di aree limitate, di modo che in ogni momento siano chiusi solo piccoli comparti del palazzo e che non venga leso il servizio al visitatore. Questi lavori sono necessari perché i dispositivi di antifurto che vi sono ora, basati sulla presenza di sensori dietro le opere, non funzionano come dovrebbero. Cambieremo integralmente questo sistema tramite l'inserimento di allarmi a tendina (dalle cornici delle opere scenderanno dei raggi, capaci di emettere dei suoni nel caso in cui qualcuno vi si avvicini troppo)" [49].
La maggior attenzione all'analisi della società, alla qualità della comunicazione e alle opportunità che derivano dall'innovazione tecnologica e tutti gli altri sforzi compiuti dalle Gallerie per rendere il museo più accogliente sono stati premiati dai visitatori [50]. Ciò soprattutto durante il 2017, il secondo anno di lancio dell'autonomia. Se i dati diffusi dal Mibact evidenziano che nel triennio 2013-2016 vi è stato un incremento dei visitatori del museo del solo +2,3% [51], il trend del 2017 appare infatti estremamente più positivo. Fermandosi alla situazione di agosto, le rilevazioni messe a disposizione dalla segreteria delle Gallerie, che hanno confrontato la percentuale dei visitatori nei primi due quadrimestri del 2016 e del 2017, hanno evidenziato che: nel primo quadrimestre del 2017 i visitatori del museo sono stati 59.717 e sono aumentati rispetto allo stesso periodo del 2016 dell'11,53% (e ciò nonostante vi sia stata una domenica gratuita in meno, perché quella di gennaio cadeva il primo gennaio); nel secondo quadrimestre del 2017, i visitatori sono stati 44.156 e sono aumentati rispetto allo stesso periodo del 2016 del 9,24% (il fatto che siano diminuiti rispetto al precedente quadrimestre del 2017 deriva dalla circostanza che l'estate costituisce da sempre un momento di bassa affluenza per le Gallerie).
Un ulteriore e ancor più marcato incremento dei visitatori si è avuto nel corso dell'ultimo quadrimestre del 2017. Dichiara infatti la Direttrice: "A novembre del 2017 abbiamo avuto il 70% dei visitatori in più rispetto a novembre dell'anno scorso. Alla fine dell'anno, tenuto conto delle percentuali dei visitatori nel corso di tutti i mesi, avremo un incremento del pubblico del 22% rispetto al 2016. Si tratta di risultati molto positivi, legati anche al fatto che stiamo esponendo la tela di Picasso Parade. L'anno prossimo però, quando entreremo nella fase dei lavori, i visitatori diminuiranno. Per questo sarebbe fondamentale poter fare una programmazione strategica basata sul lungo periodo" [52].
La mancanza di dati a riguardo ha purtroppo reso impossibile verificare se l'incremento, oltre che sul piano numerico, sia avvenuto anche su quello della differenziazione, se vi sia cioè stata la partecipazione di nuove categorie di utenti.
6. Il rapporto con la scuola e l'università
Tra gli obiettivi del riformatore vi è anche quello di rafforzare il legame tra l'amministrazione preposta ai beni culturali e il settore della scuola, dell'università e della ricerca. Ciò in coerenza con quanto richiesto dall'art. 9 Cost., in cui "la promozione dello sviluppo della cultura e quella della ricerca scientifica e tecnica sono giustamente affiancate" [53]. Di questo obiettivo sono manifestazione, tra le altre, la previsione da parte del d.p.c.m. della nuova direzione generale Educazione e Ricerca, la costituzione del Gruppo di lavoro paritetico del Consiglio universitario nazionale del MIUR e del Consiglio speriore beni culturali e paesaggistici del Mibact e la recente istituzione della Scuola del patrimonio.
Da questo punto di vista, le Gallerie Nazionali stanno ottenendo risultati soddisfacenti e si sono riproposte obiettivi ambiziosi per i prossimi anni. Afferma infatti Flaminia Gennari Santori: "Ci siamo impegnati a sviluppare l'offerta formativa rivolta agli studenti e ad inserire il museo all'interno di diversi programmi curriculari. Abbiamo attivi molti tirocini, circa venticinque. I ragazzi svolgono dei periodi di ricerca e attività all'interno del museo, acquisendo anche un'esperienza diretta del suo funzionamento e delle sue modalità di gestione. Per noi, d'altra parte, rappresentano una risorsa importante. Lavorano ai cataloghi e alle didascalie, realizzano visite guidate e ci aiutano a tenere aperto il secondo piano, garantendo la fruibilità dell'appartamento settecentesco. Mi piacerebbe molto attivare insieme a loro anche un help desk, così da rafforzare ulteriormente il rapporto delle Gallerie con i visitatori.
Abbiamo poi attivato molti rapporti di alternanza scuola-lavoro, un'opportunità importante per realizzare attività di educazione al patrimonio culturale secondo forme attive e partecipative e, insieme, per permettere ai musei di guardare al patrimonio con gli occhi dei più giovani e di esplorare e comprendere quali siano le loro esigenze. Per un'istituzione con carenze organiche come la nostra, vi è però il rischio che per far funzionare correttamente questi programmi si distolgano troppe energie dal servizio ai visitatori.
Quanto ai progetti futuri, l'anno prossimo vorrei intraprendere uno studio di fattibilità per attivare, entro i prossimi cinque anni, un programma biennale e ben retribuito di fellowships post-scuola di specializzazione/master/dottorato per la formazione alle professioni museali. Questo perché sono convinta che oggi vi è un gran bisogno di formazioni professionali per gli operatori museali. I funzionari delle Gallerie, dopo la riforma, hanno tutti dovuto reimparare a lavorare, perché hanno molti più compiti rispetto al passato. Per come prima venivano portati avanti questi musei, in termini di organizzazione di mostre molto veniva fatto dagli esterni, i concessionari, mentre il personale interno veniva coinvolto nell'allestimento di solo una o due grandi mostre l'anno Oggi è diverso, nel corso del 2016 e del 2017 abbiamo organizzato ben 11 mostre. Dal punto di vista della produzione di eventi c'è quindi davvero molto bisogno di formazione.
Sempre nei prossimi cinque anni, vorremmo infine avviare il progetto 'università al museo', usando alcune sale del secondo piano del Palazzo Barberini come aule per l'insegnamento di fronte alle opere d'arte. La collezione delle Gallerie Nazionali permette di attivare un programma di questo tipo, perché è piena di cose bizzarre e interessanti" [54].
7. I rapporti con gli altri istituti culturali che incidono nella medesima area: il costituendo sistema museale nazionale
Tra gli obiettivi del riformatore vi è poi anche quello di promuovere una cultura di maggior cooperazione tra i vari istituti culturali, anzitutto statali, in prospettiva anche pubblici non statali e privati, purché essi rispettino alcuni standard di qualità. Si vogliono in tal modo integrare servizi, attività e competenze di istituti che "hanno vissuto sin qui in buona parte indipendentemente l'uno dall'altro" [55]. Ciò dovrebbe consentire di realizzare economie di scala che rendano più sostenibile la gestione complessiva dei musei, evitare la marginalizzazione dei piccoli istituti meno visitati, condividere procedure e standard di qualità e rafforzare un'immagine unitaria dei luoghi della cultura italiani. Si tratta di un'importante occasione per rilanciare la gestione dei musei in un'ottica di vasta area e che rappresenta la volontà politica di superare la logica di separazione/contrapposizione fra Stato, enti locali e regioni [56].
Il perseguimento di questo disegno dovrebbe svolgersi su due livelli. Da una parte vi sono i poli museali regionali. Essi non sono chiamati solo a promuovere strategie e obiettivi comuni tra gli istituti statali che li compongono; devono infatti anche coordinare la valorizzazione di tutti i luoghi della cultura presenti sul loro territorio regionale di riferimento, indipendentemente dal loro assetto proprietario, di modo da promuovere dal basso questa cultura di maggior collaborazione tramite la progressiva formazione di diversi sistemi museali cittadini e regionali [57]. Dall'altra vi è la direzione generale Musei, chiamata a coordinare le diverse entità costituite dai poli e a formare un effettivo sistema museale di livello nazionale [58]. Quanto alla puntuale determinazione delle concrete modalità di organizzazione e funzionamento di questo processo, essa è stata rimessa alla Commissione di studio per l'attivazione del Sistema museale nazionale, istituita con il d.m. 1° giugno 2015 e le cui relazioni sono state recentemente rese disponibili [59]. Verisimilmente, i risultati di questo complesso e ambizioso disegno si potranno vedere solo nel lungo termine.
Per quanto concerne il caso delle Gallerie Nazionali, la Direttrice afferma: "Quanto alla creazione di collaborazioni con gli altri enti culturali che incidono sulla nostra medesima area, presupposto per la progressiva formazione di un sistema museale a livello nazionale, essa è attualmente ancora rimessa alle buone volontà dei singoli e alle loro eventuali convergenze scientifiche e tematiche. Per quanto ci concerne, ad oggi abbiamo attiva una collaborazione con il Quirinale (durante la mostra Picasso, da loro ospitata, noi esponiamo la tela Parade), e ne attiveremo una a breve con il MAXXI per la mostra 'Ritratto-autoritratto, dal Cinquecento al Ventunesimo secolo'" [60].
8. Il rapporto con il centro: il grado di autonomia riconosciuto
Per quanto concerne infine il rapporto degli istituti autonomi con il ministero centrale, la Direttrice delle Gallerie Nazionali afferma: "Ad oggi è stato delineato secondo un impianto fortemente dirigistico. Io credo che sarebbe opportuno che nel corso del tempo venga costruito sulla base di un'impostazione meno dirigistica e più strategica. Sarebbe cioè auspicabile che i musei autonomi, di cui sarà necessario progressivamente chiarire la natura giuridica, trattandosi di istituti amministrativi nuovi e un po' anomali, siano messi nelle condizioni di poter ideare dei piani strategici di lungo termine da presentare al ministero per ricevere un'approvazione e i relativi finanziamenti, venendo poi lasciati nella libertà di attuarli in modo dinamico, flessibile e spedito" [61].
Questo discorso è giustificato dalla circostanza che la disciplina relativa ai musei speciali autonomi ad oggi sembra rispondere alla necessità di soddisfare contemporaneamente, tra le altre, due esigenze difficli da bilanciare: il riconoscimento dell'autonomia, rivendicazione antica, e il permanere di un forte controllo sui nuovi istituti, che non si vogliono avulsi dalla restante struttura ministeriale.
Di questa seconda esigenza sono espressione diversi elementi, tra i quali: la circostanza che l'autonomia non si estende al personale, con la conseguenza che in materia di dotazioni organiche questi musei continuano a dipendere dal Mibact; la previsione per cui il 20% dei ricavi dai musei autonomi generati, così come quelli di tutti gli istituti della cultura statali, deve essere utilizzato per finalità di perequazione e che quindi è sottratto al museo che quei ricavi ha prodotto, di cui risulta pertanto attenuato il profilo dell'autonomia finanziaria; la circostanza che il direttore, nell'autorizzare il prestito delle collezioni di sua competenza, deve sentire il parere delle direzioni generali competenti e, per i prestiti diretti all'estero, anche quello del Direttore generale Musei [62], con la conseguenza che la procedura in materia dei prestiti resta assai complessa; la circostanza che il direttore, nello stabilire gli orari di apertura dei musei e l'importo dei biglietti, deve rispettare le linee guida dettate dalla direzione generale Musei e, quanto alla determinazione dei prezzi, debba sentire inoltre sia la direzione generale Musei che il polo museale regionale di riferimento [63], fatti che potrebbero rendere difficile al direttore modellare l'offerta in relazione alle peculiarità del luogo in cui il museo di cui è a capo è inserito e alle abitudini delle persone che vi si muovono; il fatto che gli statuti dei musei in oggetto, ai quali sono stati peraltro applicate clausole standard, devono essere licenziati a livello ministeriale [64], con il conseguente rischio che non ci si trovi di fronte a dei veri e propri atti identitari [65]; la circostanza che i loro bilanci e conti consuntivi devono essere approvati dalla direzione generale Musei, su parere conforme della direzione generale Bilancio [66]; più in generale, la previsione per cui devono agire in coerenza con le direttive e gli altri atti di indirizzo del ministero [67] e l'affermazione secondo cui sono sottoposti alla vigilanza del ministero, che la esercita, di intesa con la direzione generale Bilancio, tramite la direzione generale Musei [68].
Le ragioni di queste previsioni, d'altra parte, rispondono ad esigenze tutt'altro che trascurabili. La mancata estensione dell'autonomia al personale è dipesa, come già evidenziato, dalla convinzione che anche i musei che hanno il più alto numero di introiti non sarebbero in grado di sostenere i costi relativi alle risorse organiche. La circostanza che la possibilità di trattenere i ricavi riguardi solo l'80% degli introiti è d'altra parte giustificata dalla differenza di standing economico tra i musei statali. E se questo è un obbligo che grava su tutti i luoghi della cultura statali, non può che salutarsi con favore il fatto che incomba anche su quelli autonomi, i musei di maggior interesse nazionale e con le più ampie possibilità di crescita. L'inserimento di clausole standard all'interno dei loro statuti, tra le altre cause, è dipeso dalla consapevolezza che non tutti i cda dei musei autonomi, purtroppo, presentano le professionalità capaci di parlare il linguaggio giuridico indispensabile per la redazione degli atti identitari [69]. Le altre previsioni, infine, dipendono dalla più generale esigenza di mantenere una forma di vigilanza sull'operato dei nuovi direttori, ai quali non si è concessa una totale fiducia. D'altronde le loro scelte possono avere impatti rilevanti sull'assetto sociale e persino economico del paese, stando essi a capo di istituti che possono muovere volumi significativi di denaro pubblico e di un patrimonio capace di attrarre migliaia di turisti, con importanti ricadute generali sull'economia locale. Strutture che, d'altra parte, sono ad oggi istituti pubblici, finanziati (ancora) prevalentemente da soldi pubblici e chiamati ad erogare un servizio pubblico.
Seguendo la tripartizione proposta da Daniele Jalla [70], che ha distinto tra i musei uffici, pienamente integrati nell'ente di appartenenza, i musei parzialmente autonomi e quelli del tutto indipendenti, può dirsi che i musei in oggetto rientrano nella seconda categoria.
Non fanno parte integrante di un ente dal quale risultando indistinguibili su un piano organizzativo, finanziario e operativo, ma non costituiscono neanche entità pienamente indipendenti dotati di personalità giuridica, come sarebbe stato possibile se fosse stato loro riconosciuto lo statuto di fondazione. Operazione questa sconsigliata dalla circostanza che le fondazioni non hanno sempre dato prova nel nostro paese di un funzionamento ottimale e resa, tra l'altro, impossibile dagli ingenti costi che avrebbe comportato: il personale dei musei, in vista di una loro trasformazione in fondazione, avrebbe richiesto di essere trasferito in altri enti del Mibact, con la conseguenza che sarebbe stato necessario sopportare i costi di una loro integrale sostituzione [71].
Com'era stato per alcuni musei civici e provinciali, i musei in oggetto continuano quindi a far parte di un ente che li controlla, godendo però al suo interno di una parziale autonomia. La parziale autonomia di cui questi istituti sono stati dotati deve però funzionare in un'amministrazione assai diversa da quella, agile e snella, in cui sono calati i musei comunali, in cui i tempi di attraversamento sono molto rapidi, visto che "il padrone è dietro l'angolo" [72]. Ciò che appare problematico è infatti proprio che l'ente, il tutto di cui questi musei fanno parte e con cui la parzialità dell'autonomia si gioca, è l'elefantiaco Mibact: il permanere di un controllo pervasivo, e sotto diversi aspetti di una forma di dipendenza (in primis quello del personale), e di situazioni in cui occorre sentire, ricevere pareri e autorizzazioni, in un ministero come questo può infatti condurre a molte difficoltà, ritardi e duplicazioni dei livelli decisionali.
Ancora straordinaria per la sua attualità l'opinione di Massimo Severo Giannini, che, in luogo di una struttura pesante, centralizzata e rigida, aveva suggerito la creazione di un'agenzia autonoma dei beni culturali, resa impossibile dai "tardigradi" che all'epoca si schierarono contro una sua istituzione [73].
9. Osservazioni per "non concludere"
Nel corso di questa analisi sono stati evidenziati i primi risultati raggiunti e le maggiori difficoltà incontrate dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica durante i primi due anni di lancio dell'autonomia.
Per quanto concerne i risultati, si è evidenziato che esse hanno conseguito un notevole incremento dei visitatori, soprattutto durante il 2017. La previsione di una struttura dedicata ai fini della valorizzazione e la richiesta che i musei si pongano maggiormente il problema della propria rilevanza sociale, mostrando più attenzione alle esigenze della società, alle potenzialità insiste nel marketing, nell'innovazione tecnologica e nella realizzazioni di progettazioni aperte e inclusive, stanno portando i loro frutti. Benché il numero dei visitatori non possa considerarsi un dato esaustivo circa le performances museali, non può negarsi che un incremento di essi rappresenta un risultato da salutare con favore. D'altra parte l'esistenza dei musei non si autolegittima in se stessa, ma nel rapporto con il pubblico fruitore, e nella misura in cui tale rapporto funziona ed è soddisfacente [74].
Anche la relazione con il settore della scuola e dell'università sembra in progressivo miglioramento: le Gallerie hanno attualmente attive diverse attività di educazione al patrimonio culturale e si sono proposte progetti ambiziosi in materia per i prossimi anni. Stessa cosa può dirsi per quanto concerne il rapporto con i privati: le nuove progettualità sviluppate dal museo e la circostanza che la sua identità sta diventando più forte stanno determinando, progressivamnte, un nuovo interesse delle imprese nei loro confronti, come si evince dall'attivazione dell'importante progetto WeAct3.
Per quanto concerne invece l'attivazione di forme di collaborazioni con gli altri istituti culturali che operano nella medesima area, stando al caso delle Gallerie Nazionali sembrerebbe che esse siano ancora rimesse alle buone volontà dei singoli e alle loro eventuali convergenze scientifiche e tematiche. La strada da fare ai fini dell'attivazione di un sistema museale è ancora molto lunga. D'altronde è inevitabile, trattandosi di un disegno ambizioso e complesso.
Lasciando il piano dei rapporti con l'esterno e passando a quello del funzionamento interno, si è evidenziato che da un punto di vista economico presso le Gallerie si stanno costruendo le condizioni necessarie a portare avanti i cambiamenti auspicati. Lo stato sta infatti investendo risorse finanziarie significative ai fini del loro funzionamento e l'esortazione che essi incrementino il loro livello di responsabilizzazione e imparino progressivamente ad acquisire maggiori risorse proprie, accompagnata da una normativa più favorevole in materia di rapporti con i privati, sta progressivamente portando i suoi frutti. L'auspicio è allora che lo Stato prosegua anche negli anni futuri con l'impegno economico manifestato durante questa prima fase e che alla riduzione dei contributi si proceda progressivamente, man mano questi istituti riusciranno a costruire un'effettiva autonomia finanziaria, affrancandosi dall'an e dal quantum dei trasferimenti statali, dalle condizioni economiche di quest'ultimo e dalla disponibilità della classe politica del momento a considerare la cultura come un valore.
Più complessa, invece, la situazione relativa alle risorse organiche (d'altronde lo è di riflesso a quella dell'intero Mibact). Sotto questo punto di vista è necessario, affinché le ambizioni prospettate possano realizzarsi, che il disegno normativo si relazioni con le condizioni e le risorse a disposizione dei nuovi musei: cambiate le norme, occorre trovare il modo per dare ai musei gli strumenti per poterle rendere pienamente operative.
In parte problematico è anche, ad oggi, l'impianto dirigistico tramite cui è stato delineato il rapporto tra gli istituti autonomi e il ministero centrale, che limita infatti l'efficacia dell'autonomia concessa rendendo complesso per le Gallerie portare avanti dei progetti strategici modulati sul lungo termine secondo un impianto pienamente dinamico, innovativo e spedito.
Benché ogni istituto autonomo verta in condizioni assai diverse (conseguenza delle diverse condizioni di partenza al momento del comune riconoscimento dell'autonomia, delle differenti locazioni geografiche, superfici espositive, consistenze delle collezioni, potenzialità di sviluppo ecc.), i dati rilasciati dal Mibact e le interviste effettuate in passato con altri direttori di musei autonomi [75] permettono di ritiene che la situazione messa in luce in merito alle Gallerie Nazionali possa considerarsi, nelle sue linee di fondo, rappresentativa di una realtà più estesa e in parte condivisa.
Quel che può dirsi è, allora, che la riforma ha aperto uno scenario nuovo e positivo, segnando una svolta profonda e incoraggiante in materia di gestione museale e permettendo ai musei, non più meri luoghi fisici in cui vengono custoditi oggetti ma istituti in grado di farsi realizzatori di azioni di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale, di raggiungere risultati soddisfacenti. Lo provano d'altronde i successi rispetto ai quali sono possibili riscontri quantitativi: a tre anni dalla riforma, i visitatori nei luoghi della cultura statali sono passati da 38,5 milioni a 45,5 milioni e gli incassi hanno raggiunto i 175 milioni di euro, secondo un trend esponenziale confermato anche nel 2017, nei cui primi nove mesi si è avuta infatti una crescita del 9,4% dei visitatori e del 13,5% degli introiti [76].
La strada da fare è però, come inevitabile, ancora lunga. Oltre che far fronte alle difficoltà messe in luce in merito ai musei autonomi, servirà, tra le altre: attivare il sistema museale e creare le condizioni affinché l'appartenenza ad esso possa essere un vantaggio per tutti i soggetti che vi partecipano, a prescindere dall'assetto proprietario; concentrarsi sul funzionamento dei poli museali regionali, mettendo i direttori dei poli delle regioni in cui incidono i maggiori istituti nelle condizioni idonee a poter esercitare effettivamente tutte le numerose funzioni ad essi attribuite; delineare le modalità necessarie ad vitare la marginalizzazione degli istituti meno conosciuti e a far confluire i flussi turistici dai grandi attrattori alla c.d. Italia minore.
L'auspicio è allora che "non si concluda" e che i governi futuri continuino a ritenere che l'attenzione alla crescita economica non può sviare dall'attenzione alla crescita culturale ("come ci ha insegnato Carlo Azeglio Ciampi, se funzionano i nostri musei, se funzionano i nostri cinema, se funzionano i nostri teatri, allora funziona meglio tutta l'economia del Paese" [77]) e a procedere, per passi graduali, nella medesima direzione intrapresa, facendo fronte alle criticità che stanno venendo alla luce e realizzando gli interventi correttivi che appariranno necessari. I risultati nel lungo periodo potrebbero essere estremamente positivi.
Note
[1] Trattasi del "Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89".
[2] Si tratta della Commissione di studio per il rilancio dei beni culturali e del turismo e per la riforma del ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa, istituita dal Ministro Massimo Bray nel 2013.
[3] Si confrontino, tra gli altri: Commissione Franceschini, Dichiarazione LXXIII-Musei, in Per la salvezza dei beni culturali in Italia, Roma, 1967, vol. I, pagg. 111-112; il documento conclusivo della Prima conferenza nazionale dei musei del 1990; T. Alibrandi e P.G. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 1995, vol. III, pag. 177 ss.; i disegni di legge d'iniziativa del Senatore Covatta (A.S. 548 del 1992), del Senatore Chiarante (A.S. 572 del 1992) e del Ministro Paolucci (A.S. 1649 del 1995); il modello di regolamento sperimentale per i musei statali realizzato nel 2008 dalla commissione composta da Paolo Forte e Girolamo Sciullo; Commissione D'Alberti, in Relazione Finale, pag. 22 e 23.
[4] Cit. D. Jallà, La riforma dei musei statali italiani, in Il Giornale delle fondazioni, 23 aprile 2018.
[5] Trattasi, quali uffici dirigenziali di livello non generale, de: la Galleria dell'Accademia di Firenze; le Gallerie Estensi di Modena; le Gallerie Nazionali d'Arte Antica di Roma; la Galleria Nazionale delle Marche; la Galleria Nazionale dell'Umbria; il Museo Archeologico Nazionale di Napoli; il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; il Museo Archeologico Nazionale di Taranto; il Museo Nazionale del Bargello; il Palazzo Ducale di Mantova; il Palazzo Reale di Genova; il Parco Archeologico di Paestum; i Musei Reali di Torino; il Complesso Monumentale della Pilotta; il Museo delle Civiltà; il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia; il Museo Storico e Parco del Castello di Miramare; il Parco Archeologico dei Campi Flegrei; il Parco Archeologico dell'Appia Antica; il Parco Archeologico di Ercolano; il Parco Archeologico di Ostia antica; Villa Adriana e Villa d'Este. Quali uffici di livello dirigenziale generale, de: la Galleria Borghese; le Gallerie dell'Accademia di Venezia; le Gallerie degli Uffizi; la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma; il Museo di Capodimonte; il Museo Nazionale Romano; il Parco Archeologico del Colosseo; il Parco Archeologico di Pompei; la Pinacoteca di Brera; la Reggia di Caserta.
[6] Si tenga presente che la qualificazione di ufficio dirigenziale generale piuttosto che non generale rileva solo sul trattamento economico dei direttori e sulle linee di comando nelle quali sono inseriti (il direttore degli uffici dirigenziali non generali, ex art. 20, comma 1, d.p.c.m. n. 171/2014, risponde infatti gerarchicamente al direttore generale Musei, che esercita nei suoi confronti poteri di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, in caso di necessità e urgenza, informato il Segretario generale, avocazione e sostituzione; per quello degli uffici dirigenziali generali funziona invece la relazione diretta con il Segretario generale).
[7] Per un'analisi esaustiva della normativa relativa ai musei autonomi (non apparsa opportuna in questa sede, dedicata appunto in via principale all'analisi della sua attuazione), si rinvia a P. Forte, I nuovi musei statali: un primo passo nella giusta direzione, in Aedon, 2015, 1, e C. Carmosino, Il completamento della riforma organizzativa del Mibact: i nuovi istituti autonomi e il rafforzamento dei poli museali, in Aedon, 2016, 1.
[8] L'art. 8 del decreto musei stabilisce infatti che la dotazione organica iniziale dei musei dotati di autonomia speciale è individuata con uno o più decreti ministeriali emanati ai sensi dell'articolo 30, comma 4, del d.p.c.m. n. 171/2014.
[9] Cfr. il d.p.c.m. 8 gennaio 1997, recante "Rideterminazione delle dotazioni organiche delle qualifiche dirigenziali, dellequalifiche funzionali e dei profili professionali del personale del Ministero per i beni culturali e ambientali".
[10] Cfr. L. Casini, "L'essenziale è invisibile agli occhi": patrimonio culturale e riforme, in Aedon, 2015, 3.
[11] Cfr. il decreto direttoriale 25 gennaio 2016.
[12] Al di là del caso specifico delle Gallerie Nazionali, di cui si dirà a breve, queste affermazioni sono giustificate, per quanto concerne gli altri musei autonomi, dalle interviste da me condotte in passato con Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi, Mauro Felicori, Diretore della Reggia di Caserta.
[13] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[14] Ibidem.
[15] Ibidem.
[16] Ales, Arte Lavoro e Servizi S.p.A., è la società in house del Mibact, chiamata a svolgere attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e di sostegno agli uffici tecnico-amministrativi ministeriali.
[17] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[18] Cfr. art. 22, comma 6, d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96.
[19] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[20] Cfr. art. 221 d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, oggi abrogato dal d.lg. 18 aprile 2016, n. 50.
[21] Cfr. art. 125 d.lg. n. 163/2006.
[22] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[23] Cit. D. Franceschini, in Dialogo sui beni culturali: Franceschini e Carandini si confrontano sui risultati della riforma del MiBACT, Forum del Fondo ambiente italiano, in Patrimoniosos.it.
[24] Cfr. L. Casini, "Learning by experience"? La riforma del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo", in Aedon, 2017, 3.
[25] L. Casini, in seminario Bilancio gestionale del nuovo modello organizzativo dei grandi musei dello Stato, Maxxi, Roma, 24 gennaio 2017.
[26] Come afferma A. Cancellato, nel mondo della cultura non si vuole più permettere di "operare con il retro pensiero che "tanto paga pantalone", ovvero uno Stato che prima fa la voce grossa ma alla fine rimedia alla crisi" (cit. A. Cancellato, Introduzione al 12° rapporto annuale federculture 2016, Roma, 2016, pag. 12).
[27] Si tratta del d.l. 31 maggio 2014, n. 83, "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo", convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106. Per un approfondimento circa il funzionamento dell'Art bonus cfr. R. Lupi, L'Art Bonus come sovvenzione pubblica in forma di "credito d'imposta", in Aedon, 2014, 3.
[28] Per un approfondimento circa la nuova normativa in materia di sponsorizzazione dei beni culturali cfr. F. Albisinni, I contratti pubblici concernenti i beni culturali, in Giorn. dir. amm., 2016, 4.
[29] Si tratta di un trend che non concerne solo le Gallerie Nazionali ma che è comune ai musei speciali autonomi, come dimostrano i dati rilasciati dall'ufficio statistico del Mibact (cfr. i dati su: http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1510560877867_BROCHURE_12nov.pdf).
[30] Cfr. Ibidem.
[31] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma Palazzo Barberini.
[32] I dati rilasciati dalla segreteria del museo evidenziano che tramite gli affitti di spazi nel 2016 sono stati ottenuti 95.880,00 €, fino a novembre 2017 154.000,00 €.
[33] Si tenga presente che presso altri istituti autonomi i risultati in materia di elargizioni liberali sono stati più positivi. I dati presenti sul sito Art Bonus evidenziano infatti che ad oggi: le Gallerie degli Uffizi hanno ricevuto 600.000,00 €; i Musei Reali di Torino 382.000,00 €; la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma 124.000,00 €; le Gallerie Estensi di Modena 47.456,89 €; il Parco Archeologico di Paestum 30.100,00 €; le Gallerie dell'Accademia di Venezia 5.000,00 €; il Museo Archeologico Nazionale di Napoli 3.650,00 €; il Palazzo Ducale di Mantova 1.500,00 €; il Complesso Monumentale della Pilotta 1.000,00 €; il Museo di Capodimonte 100,00 € (cfr. i dati su: http://artbonus.gov.it/lista-interventi.html). In via generale, invece, gli introiti complessivi provenienti dall'Art Bonus sono stati 47.500.000,00 nel 2015 € e 79.500.000,00 € nel 2016 (cfr. G. Sciullo, I beni culturali quali risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, in Aedon, 2017, 3).
[34] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[35] Trattasi di Avvenia, Consorzio Glossa, Data Management PA, Enea, Ericsson, Gruppo DAB, Logotel, Mastercard, Oracle, Vodafone e Wind Tre.
[36] Cfr. https://www.civita.it/News/Roma-WeACT3-Agire-insieme.-Un-progetto-per-Barberini-Corsini-Gallerie-Nazionali.
[37] Questa affermazione, al di là del caso specifico delle Gallerie Nazionali, di cui si dirà a breve, è giustificata dall'analisi dei bilanci degli altri musei autonomi, oggi disponibili in rete. Si tenga presente, in linea più generale, che le risorse pubbliche destinate al patrimonio culturale mostrano un andamento crescente: il bilancio Mibact nel triennio 2015-2017 è aumentato infatti del 36%, salendo ad oltre 2 miliardi" (cfr. G. Sciullo, I beni culturali quali risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, cit.).
[38] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[39] Cfr. http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_973494502.html.
[40] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[41] Cfr. L. Casini, Il "nuovo" statuto giuridico dei musei italiani, in Aedon, 2014, 3.
[42] Circa le difficoltà dei soprintendenti di conciliare l'esercizio della funzione di controllo sul territorio con quello della gestione museale, si confrontino, tra gli altri: R. Bianchi Bandinelli,"Tavola Rotonda" durante i lavori della Commissione parlamentare mista (1957), in Per la salvezza dei beni culturali, Roma, 1967, vol. II, pag. 157 ss.; A. Emiliani, Musei e Museologia, in Storia d'Italia, Torino, 1973, vol. II, pagg. 1632-1633.
[43] Emblematico di questa atmosfera è il c.d. Decreto Colosseo, "Misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione". "Rilevata la straordinaria necessità e urgenza di adottare misure che assicurino la continuità del servizio pubblico di fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione", esso ha infatti stabilito che l'apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura, al pari della protezione ambientale e della vigilanza sui beni culturali, rientra tra i servizi pubblici essenziali, con la conseguenza che le disposizioni sull'esercizio del diritto di sciopero previste dalla legge12 giugno 1990, n. 146 a garanzia delle prestazioni in servizi essenziali si estendono oggi, oltre che alla scuola, la sanità e i trasporti, anche ai musei, i monumenti, gli istituti e i luoghi della cultura.
[44] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini. Si tenga presente che, per quanto concerne il personale di custodia, un passo avanti importante è stato realizzato dal d.m. 30 giugno 2016, che, cercando di ripristinare una cultura della sostenibilità e una logica razionale, ha abrogato il precedente d.m. 13 aprile 1993. Quest'ultimo, onde soddisfare le logiche sindacali dirette a creare nuovi posti di lavoro, aveva introdotto un parametro univoco in materia di sicurezza, stabilendo che "Ad ogni sala media/grande è assegnato un solo addetto alla vigilanza; se le sale sono medio/piccole ad ogni due sale adiacenti è assegnato un solo addetto alla vigilanza" (art. 2, comma 4). Ciò benché sia evidente che nella maggior parte dei musei è sufficiente un solo custode per più sale, laddove d'altra parte in alcuni ne servono più d'uno per una singola sala. Non esiste infatti un format standard per migliorare l'organizzazione della sicurezza, poiché le necessità di ogni istituzione sono distinte, con la conseguenza che ciascuna deve poter adottare piani di sicurezza declinati sulle proprie specificità (cfr. Commissione di studio per l'attivazione del sistema museale nazionale, in Prima Relazione, pag. 5 ss.
[45] Cfr. a riguardo A. Bollo, Il marketing della cultura, Roma, 2015 e M. Montella, Economia e gestione dell'eredità culturale, Vicenza, 2016.
[46] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[47] Cfr. art. 35, comma 4, lett. b), d.p.c.m. 171/2014.
[48] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[49] Ibidem.
[50] Si tratta di un trend comune ai musei speciali autonomi, i cui visitatori sono infatti aumentati in maniera consistente, come evidenziano i dati diffusi dall'ufficio statistico del Mibact (cfr. i dati su: http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1510560877867_BROCHURE_12nov.pdf).
[51] Cfr. Ibidem.
[52] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[53] Cit. L. Casini, Ereditare il futuro, Bologna, 2016, pag. 175.
[54] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[55] Cit. D. Jallà, La riforma dei musei statali italiani, cit.
[56] Cfr. Ibidem.
[57] Cfr. art. 34 d.p.c.m. n. 171/2014.
[58] Cfr. art. 20 d.p.c.m. 171/2014.
[59] Cfr. http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/visualizza_asset.html_1405601034.html.
[60] Flaminia Gennari Santori, in intervista da me condotta il 21 dicembre 2017, Roma, Palazzo Barberini.
[61] Ibidem.
[62] Cfr. 35, comma 4, lett. h), d.p.c.m. n. 171/2014.
[63] Cfr. art. 35, comma 4, lett. c) e d), d.p.c.m. n. 171/2014.
[64] Cfr. art. 2, comma 3, decreto musei.
[65] Il dubbio è che ci si trovi di fronte agli "pseudostatuti" di cui parlava M.S. Giannini, laddove affermava che "talora vengono detti statuti degli atti normativi che non promanano dall'ente pubblico, bensì dallo Stato. Sono degli statuti nel senso, molto lontano, di leges singulares che disciplinano un ente, ma questo non ha potestà statuaria. Anche se può proporre modifiche di statuto, è sempre la legge dello Stato che le adotterà" (Cit. M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1993, pag. 151).
[66] Cfr. art. 20, comma 3, d.p.c.m. n. 171/2014.
[67] Cfr. art. 11, comma 1, decreto musei.
[68] Cfr. art. 14, comma 1, decreto musei.
[69] Si rivela, a riguardo, che l'affermazione, ex art. 11, comma 2, del decreto musei, secondo cui il cda, oltre che dal direttore del museo, che lo presiede, è composto da quattro membri scelti tra "esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale" non è stata del tutto felice: il rischio è che vengano scelti come membri di tali organi solo esperti di storia dell'arte, non anche i soggetti dotati delle competenze tecniche e giuridiche necessarie per un corretto ed agevole svolgimento di alcuni dei compiti al cda affidati.
[70] Cfr. D. Jallà, Il museo contemporaneo, introduzione al nuovo sistema museale italiano, Torino, 2003, pag. 26 e 27.
[71] Cfr. L. Casini, Valorizzazione e gestione, il quale, in merito al modello della fondazione museale e delle sue difficoltà in sede applicativa, cita il caso del Museo egizio di Torino, che "ha visto ridursi di oltre l'80% il numero di dipendenti dopo la trasformazione in fondazione" (Cit. L. Casini, Valorizzazione e gestione, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli. L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Bologna, 2017, pag. 221).
[72] D. Jallà, in intervista telefonica da me condotta telefonicamente il 14 novembre 2016.
[73] Cit. M.S. Giannini, Uomini, leggi e beni culturali, in Futuribili, 1971, n. 30-31, 33-45, pagg. 289 ss.
[74] Come afferma M.V. Marini Clarelli il museo, infatti, "non è un'istituzione necessaria: potrebbe non essere mai esistito e potrebbe cessare di esistere. Rispetto alla scuola e all'ospedale non ha una giustificazione sociale altrettanto evidente. Il museo deve perciò riaffermare continuamente il proprio diritto all'esistenza, sia nel sistema della cultura sia in quello della società" (Cit. M.V. Marini Clarelli, Il museo nel mondo contemporaneo, la teoria e la prassi, Roma, 2011, pag. 13).
[75] Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi, Mauro Felicori, Diretore della Reggia di Caserta.
[76] Cfr. http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1510560877867_BROCHURE_12nov.pdf.
[77] Cit. A. Cancellato, durante la Conferenza "Impresa Cultura, 12° rapporto annuale federculture 2016", tenutasi al Maxi il 19 ottobre 2016.