Il patrimonio culturale tra pubblico e privato: modelli organizzativi e strumenti giuridici
Le fondazioni lirico-sinfoniche come organizzazioni pubbliche in forma privatistica
Sommario: 1. La trasformazione degli enti pubblici in persone giuridiche di diritto privato. - 2. L'operazione di riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche. - 3. Le fondazioni lirico-sinfoniche tra diritto pubblico e diritto privato. - 4. Statuto giuridico delle fondazioni lirico-sinfoniche. - 5. Segue: atti e procedimenti. - 6. Segue: responsabilità degli amministratori e disciplina del personale.
Theatre Foundations as Public-private Bodies
The article looks back at the
transformation process of Lyric-Symphonic Foundations which were once
considered public bodies but which, since 1996, have been qualified as legal
persons governed by the Civil Code and can now be considered as partially
private bodies. A recent reform of 2010, still to be completed, has continued
this transformation process, conferring on some of the top cultural foundations
possessing specific economic and financial characteristics, the possibility to
obtain greater organizational and management autonomy. A delicate issue has
thus arisen concerning whether these foundations should be governed by public
or private law in some important areas such as accounting, responsibility of
administrators and regulation of contracts. This article takes a brief look at
these issues, which are still largely open in the Italian legal system.
1. La trasformazione degli enti pubblici in persone giuridiche di diritto privato
Nell'ambito del complesso e articolato fenomeno della trasformazione di enti pubblici (economici e non) in persone giuridiche private (ascrivibili al primo libro ovvero al quinto libro del codice civile), fenomeno che ha caratterizzato le politiche dell'organizzazione pubblica negli ultimi vent'anni (circa), la vicenda delle c.d. fondazioni lirico-sinfoniche, si pone invero come emblematica, e porta in sé tutte le contraddizioni, le incertezze, le perplessità di quella politica, nel suo trascorrere, spesso senza senso e ragione, dal pubblico al privato, e poi nella sostanza dal privato al pubblico; prescindendo dalla considerazione della struttura e delle finalità dei diversi modelli organizzativi che in un sistema ben ordinato attengono rispettivamente al pubblico e al privato.
Il fenomeno è noto e ha investito anzitutto gli enti pubblici economici trasformati in società per azioni. Il modello tipico dell'ente pubblico economico, come organizzazione ascritta al diritto pubblico quanto agli aspetti propriamente organizzativi, ma esercente attività di impresa, e perciò assoggettata nella sua attività, segnatamente nei confronti dei soggetti terzi, al diritto privato, è stato soppiantato da quello della società per azioni in mano pubblica, soggetto, a differenza del primo, del tutto ascritto alla sfera privata, almeno in principio, tanto sul versante dell'organizzazione quanto su quello dell'attività.
Sul punto, a partire dal decreto legge 5 dicembre 1991, n. 386, convertito con legge 29 gennaio 1992, n. 35, e dal decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con legge 8 agosto 1992, n. 359, i più importanti enti pubblici economici, come l'Iri, l'Eni, l'Ina, ecc., sono stati trasformati in spa, attribuendo la titolarità delle azioni al ministero del Tesoro (oggi ministero dell'Economia e delle finanze). E il successivo decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito in legge 30 luglio 1994, n. 474, com'è noto, ha disciplinato le procedure di trasferimento delle azioni dalla mano pubblica ai privati, avviando la c.d. politica delle dismissioni.
In secondo luogo, il fenomeno ha investito una serie di enti pubblici del settore culturale, operanti con strumenti del tutto ascrivibili al diritto privato (contratti d'opera, contratti d'appalto, locazioni, ecc.), ma tuttavia perseguenti finalità pubbliche (mostre e spettacoli, gestioni museali, ricerca scientifica e tecnologica, ecc.), trasformati in persone giuridiche private, associazioni e fondazioni, del primo libro del codice civile.
Sul punto, la delega di cui all'art. 11, comma 1, lett. b), della legge 15 marzo 1997, n. 59, prevedeva la "trasformazione in associazioni o in persone giuridiche di diritto privato degli enti che non svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico, nonché gli altri enti per il cui funzionamento non è necessaria la personalità di diritto pubblico" (con evidente riferimento al tipo di attività e alla relativa strumentazione giuridica). Sulla base di questa delega, con una serie di decreti legislativi degli ultimi anni '90 sono stati trasformati in persone giuridiche di diritto privato una serie di enti operanti, appunto, nel settore culturale, come l'Istituto nazionale per il dramma antico, la Biennale di Venezia, la Triennale di Milano, ecc.
In terzo luogo, il fenomeno della trasformazione di enti pubblici in soggetti formalmente privati, ha investito anche enti ed organizzazioni pubbliche senz'altro operanti nell'esercizio di funzioni di pubblica amministrazione in senso tecnico, attraverso l'utilizzo di poteri amministrativi, perseguendo scopi di rilevante interesse pubblico, addirittura caratterizzanti la stessa funzione di governo dello Stato; per i quali in nessun modo sarebbe stato predicabile quel requisito del non svolgimento di funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico, che la delega della legge 59/1997, prevedeva come uno dei presupposti della trasformazione.
Nell'ambito di questo terzo fenomeno di trasformazione si rileva ad esempio la trasformazione dell'Anas che gestisce la politica della viabilità dello Stato in spa, della Sace, che gestisce la politica di sostegno delle imprese italiane operanti all'estero, dell'Agenzia del demanio, che gestisce l'amministrazione degli immobili statali al fine della loro valorizzazione, e così via. In questi ultimi casi, il fenomeno della trasformazione investe, in maniera più rilevante che negli altri, delicati problemi di disciplina applicabile; sia sul versante dell'organizzazione (quali istituti propri dell'organizzazione pubblica si applicano anche a questa società per azioni?), sia sul versante delle disciplina degli agenti, titolari di organi o funzionari, per i quali si pone il problema di stabilire se ad essi si applica per determinati aspetti lo statuto dei funzionari pubblici segnatamente in ordine alla responsabilità; sia in ordine alla disciplina dell'attività giuridica, che resta in parte ascritta al diritto pubblico, laddove essi mantengono la titolarità di poteri amministrativi.
Su tutti questi problemi, la giurisprudenza si è adoperata, nel silenzio o nella confusione delle norme legislative, a trovare soluzioni accettabili, le quali tuttavia si sono orientate piuttosto a valorizzare gli aspetti pubblicistici dell'organizzazione e dell'attività di questi soggetti relegando a conseguenze marginali le qualificazioni privatistiche che pure essi ricevono dalla legge.
2. L'operazione di riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche
Le fondazioni lirico-sinfoniche sono oggetto, com'è noto, di una recente operazione di riordino, peraltro ancora in corso, a partire dal decreto legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito in legge 29 giugno 2010, n. 100, che ha delegato il governo ad adottare uno o più regolamenti, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (regolamenti di delegificazione), al fine di rivedere l'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni, come disciplinate dal precedente decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367. Quest'ultimo decreto legislativo (situato nell'ambito del primo fenomeno di trasformazione degli enti pubblici in persone giuridiche di diritto privato cui s'è accennato, ma oggetto di propria disciplina, cioè non coinvolto nel processo di trasformazione di cui alla legge 59/97), ha disposto la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli enti lirici (già disciplinati come persone giuridiche di diritto pubblico, dalla legge 14 agosto 1967, n. 800), definiti come quelli "di prioritario interesse nazionale che operano nel settore musicale".
Questa normativa ha previsto le procedure di trasformazione e i relativi effetti, particolarmente sottolineando la necessità di prevedere la partecipazione al patrimonio della fondazione di soggetti privati con apporti rilevanti ma tuttavia non superiori al 40% del patrimonio stesso. L'obiettivo di coinvolgere i privati, mediante apporti patrimoniali, nella gestione degli enti lirici (caratterizzati, com'è noto, da costi altissimi e non sufficienti ritorni) sta alla base di tutta l'operazione di riforma del settore.
Tuttavia, la trasformazione degli enti in fondazioni di diritto privato, secondo questa disciplina (conforme in ciò a quella prevista in ordine agli altri enti trasformati in fondazioni di diritto privato sulla base della legge 59/1997), non dà luogo senz'altro alla sottoposizione degli enti stessi alla disciplina del codice civile, se non per gli aspetti residuali, ma ne mantiene i caratteri precedenti di stampo pubblicistico, rigidamente disciplinandone l'organizzazione, con pochi margini lasciati all'autonomia statutaria. E così, il procedimento di approvazione della deliberazione di trasformazione è affidato alla discrezionalità del governo, la disciplina degli organi, presidente, consiglio di amministrazione, sovrintendente, collegio dei revisori, è prevista direttamente dalla legge; la gestione finanziaria è soggetta al controllo della Corte dei conti, le scritture contabili e di bilancio seguono schemi stabiliti dall'autorità di governo, la vigilanza sull'attività delle fondazioni è affidata all'autorità di governo, con rilevanti poteri anche di carattere ispettivo. E così via. E la prima dottrina sottolinea la contraddittorietà dell'operazione come quella sostanzialmente limitata ad una mera modifica del "nome" senza attingere alla "sostanza", delle fondazioni di diritto privato.
Una persona giuridica di diritto privato, notava autorevolmente Di Maio [1] "in cui la fonte costituita dal Codice civile ha carattere residuale rispetto alla normativa recata dal decreto" non si è mai vista! E la stessa legittimità costituzionale dell'operazione veniva posta in dubbio [2].
Invero, la trasformazione, al di là dei suoi aspetti formali, non ha prodotto una sostanziale modificazione, né dell'attività degli enti, né dell'assetto finanziario degli stessi, che resta fondamentalmente dipendente dagli apporti finanziari dello Stato o di altri enti pubblici. Insomma, nella sostanza, questi enti pur trasformati restano quelli che erano, cioè enti che perseguono scopi di interesse pubblico, i quali perciò restano operanti mediante l'utilizzo di risorse finanziarie provenienti dalla finanza pubblica.
Il recente processo di riordino di cui al cit. art. 1 del d.l. n. 64/2010, è inteso ad accentuare i caratteri, si potrebbe dire imprenditoriali, delle fondazioni lirico-sinfoniche (almeno, stando alle affermazioni del legislatore!). Infatti, il nuovo assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni demandato alla disciplina regolamentare del governo, dovrebbe essere improntato a principi di economicità, di imprenditorialità, di corretta gestione, ecc.; alla valorizzazione di figure manageriali di comprovata e specifica esperienza alle quali affidare la responsabilità delle gestioni; mentre i criteri di ripartizione del contributo statale dovrebbero essere riformati in modo tale da valorizzare i risultati anche in termini economici delle relative gestioni, tuttavia salvaguardando gli scopi culturali dei singoli enti.
Di particolare interesse in questa nuova disciplina è la previsione di "forme organizzative speciali" che possono essere concesse a quelle fondazioni lirico-sinfoniche che presentano determinati caratteri, quali, come dice la norma, l'assoluta rilevanza internazionale, eccezionali capacità produttive per rilevanti ricavi propri o per il significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati, e così via. Caratteri quindi che insieme coniugano l'importanza dell'ente in quanto tale nella sua dimensione culturale, e allo stesso tempo, la capacità dell'ente stesso di catturare apporti privati di rilevante entità. Fondamentale, è il requisito di possedere la "capacità di conseguire l'equilibrio economico-patrimoniale" come requisito per ottenere il riconoscimento delle "forme organizzative speciali".
Questa disciplina ha trovato finora attuazione solo attraverso il regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 2011, n. 117, che determina i criteri e le modalità per il riconoscimento a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche delle "forme organizzative speciali" di cui alla citata norma legislativa.
In conseguenza, sono state riconosciute come Fondazioni dotate di forme organizzative speciali, la Fondazione teatro alla Scala di Milano (decreto ministeriale 16 aprile 2012, reg. Corte dei conti 4 ottobre 2012) e la Fondazione accademia nazionale di Santa Cecilia (decreto ministeriale 23 gennaio 2012, reg. Corte dei conti 4 ottobre 2012), e stati approvati i relativi statuti di questi due enti.
Allo stato perciò l'applicazione della nuova disciplina è limitata a queste figure.
3. Le fondazioni lirico-sinfoniche tra diritto pubblico e diritto privato
Le "forme organizzative speciali" danno luogo ad una maggiore accentuazione dei profili privatistici dell'organizzazione; e al diritto privato è fatto riferimento come disciplina applicabile, "per quanto non espressamente previsto dal regolamento" (art. 1, comma 2, d.p.r. 117/2011). Però lo stesso regolamento richiama anche le disposizioni del precedente d.lg. 367/1996, in ordine a molteplici aspetti dell'organizzazione e dell'attività degli enti, nonostante le "forme organizzative speciali": la disciplina in tema di gestione patrimoniale di cui all'art. 15 del d.lg. 367/1996, quella in materia di scritture contabili e di bilancio di cui all'art. 16, quella in materia di vigilanza, di insolvenza, di amministrazione straordinaria, di personale, ecc., di cui agli artt. 19 ss. E resta ferma la soggezione al controllo della Corte dei conti della gestione finanziaria delle fondazioni prevista dall'art. 15 del decreto. Peraltro ciò sarebbe stato inevitabile visto che anche queste fondazioni restano ascritte agli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria ai sensi dell'art. 100 della Costituzione, e della legge 21 marzo 1958, n. 259.
L'organizzazione di queste fondazioni è disciplinata dai relativi statuti. Il regolamento prevede che nella disciplina degli organi siano distinti gli organi di indirizzo dagli organi di gestione (ai quali deve essere assicurata adeguata autonomia decisionale) e dagli organi di controllo; che negli organi di indirizzo siano rappresentati i soci fondatori di diritto nonché i soci fondatori privati in proporzione agli apporti finanziari alla gestione o al patrimonio della fondazione. Prevede altresì l'approvazione ministeriale dei programmi di attività e ampi poteri di vigilanza da parte del ministero per i Beni e le attività culturali. In materia di personale è previsto che la fondazione abbia facoltà di contrattare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, un autonomo contratto di lavoro, ciò che indubbiamente costituisce una significativa manifestazione dell'autonomia dell'ente.
La norma legislativa che ha avviato il nuovo processo di riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche (art. 1, d.l. 64/2010) è stata oggetto di un approfondito scrutinio di costituzionalità con sentenza 18-21 aprile 2011, n. 153, su ricorso della regione Toscana che ha prospettato l'illegittimità costituzionale della norma sotto diversi profili, segnatamente in ordine alla presunta violazione della competenza legislativa regionale in materia di spettacolo e attività culturali. La sentenza della Corte è di grande importanza [3], al di là dei profili di competenza che pure sono rilevanti, per l'individuazione della natura di questi enti come enti sostanzialmente pubblici pur in presenza della qualificazione normativa come fondazioni di diritto privato. La sentenza si pone lungo un filone giurisprudenziale ben noto, che tende a valorizzare, come si è accennato, l'aspetto sostanziale della pubblicità al di là dell'aspetto formale attribuito espressamente dalla norma (si veda, tra le tante la sentenza della Corte costituzionale n. 466 del 1993). Ed essa costituisce una delle fonti ordinamentali che sorreggono la nozione dottrinale di organizzazioni pubbliche in forma privatistica [4].
E' proprio l'individuazione della natura (sostanziale) dell'ente al di là della sua qualificazione formale, che consente alla Corte di superare la questione di competenza posta dalla regione, che altrimenti sarebbe stata fondata perché la materia dello spettacolo e delle attività culturali è materia di legislazione concorrente, nella quale perciò spetta allo Stato solo la fissazione dei principi e non l'adozione di regolamenti (art. 117, comma 3 e 6, Cost.). Infatti, secondo la Corte, la norma impugnata, che prevede il riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche con l'eventuale previsione di forme organizzative speciali e la potestà regolamentare in capo al governo in ordine alla disciplina puntuale di queste organizzazioni, attiene alla materia "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali" (art. 117, comma 2, Cost.). Cioè si tratta, secondo la Corte, della disciplina di enti pubblici, i quali per la loro dimensione e per gli scopi perseguiti di rilevante interesse nazionale, sono ascritti, come tali, all'ambito statale e non all'ambito regionale o locale.
Le fondazioni lirico-sinfoniche, secondo la Corte che considera anche come diritto vivente la giurisprudenza ordinaria e amministrativa in materia (Cass., S.U., n. 2637/2006; Tar Liguria, sez. II, 22 gennaio 2009, n. 230; Tar Sardegna, sez II, 23 maggio 2008, n. 1051), "nonostante l'acquisizione della veste giuridica formale di fondazioni di diritto privato, conservano, pur dopo la loro trasformazione, una marcata impronta pubblicistica". Ciò perché ad esse sono affidati compiti espressamente qualificati come di interesse nazionale (ciò che era stato riconosciuto dalla stessa Corte con sentenza 9-15 febbraio 2000, n. 59 alla Biennale di Venezia); restano soggette al controllo della Corte dei conti, usufruiscono del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, sono incluse tra gli organismi di diritto pubblico ai sensi del codice dei contratti pubblici. Mentre le finalità ad esse attribuite, quali la diffusione dell'arte musicale, la formazione professionale di quadri artistici, l'educazione musicale della collettività, sono finalità squisitamente nazionali. E da ultimo, ma si direbbe con preminente rilevanza, emerge il profilo del finanziamento statale che resta assolutamente prevalente (la Corte sottolinea "gli ingenti flussi di denaro con cui lo Stato ha sovvenzionato e continua a sovvenzionare tali soggetti").
Le finalità delle fondazioni, d'altra parte, appaiono come "esplicazione dei principi fondamentali dello sviluppo della cultura e della tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione" di cui all'art. 9 Cost., "che solo una normativa di sistema degli enti strumentali dettata dallo Stato può contribuire a realizzare adeguatamente".
Dopo la sentenza della Corte, il carattere di diritto privato di queste fondazioni affermato dal legislatore, resta del tutto evanescente. E più complicata diventa l'opera dell'interprete che è tenuto ad affrontare problemi di disciplina applicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche, come a tutte le altre persone giuridiche private derivanti dalla trasformazione di enti pubblici; problemi resi ancor più complicati dai recenti interventi legislativi che introducono in capo a queste persone giuridiche vincoli ed obblighi di natura pubblicistica. Talché l'ambito della normazione privatistica applicabile a questi enti, che non può essere esclusa in radice dato che la qualificazione normativa un significato non può non averlo, è ridotto in uno spazio veramente esiguo.
4. Statuto giuridico delle fondazioni lirico-sinfoniche
La disciplina delle fondazioni lirico sinfoniche dotate di forme organizzative speciali che ne valorizzano alcuni caratteri privatistici (come in ordine al rapporto di lavoro cui si è accennato, e in ordine alle capacità di porre in essere operazioni finanziarie e patrimoniali ivi compresa la partecipazione a società di capitali: v. statuto Scala di Milano art. 2, comma 4), sulla base di questa configurazione pubblicistica delimitata dalla Corte (ma comune alla gran parte degli enti pubblici trasformati e rientranti nel novero delle organizzazioni pubbliche in forma privatistica), deve essere costruita dall'interprete mediante l'innesto di istituti di diritto pubblico che investono profili di organizzazione e di attività. Se ne illustrano brevemente alcuni.
Anzitutto, occorre ricordare che le fondazioni lirico-sinfoniche sono previste tra le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di contabilità e di finanza pubblica. Com'è noto, questo elenco è redatto per ciascun anno dall'Istat (l'ultimo adottato è del 28 settembre 2012, in G.U. 28 settembre 2012, n. 227). L'inclusione dei diversi enti nell'elenco comporta una serie di conseguenze a fini statistici e a fini di contabilità nazionale (ciò che direttamente non incide sulla disciplina applicabile agli enti in ordine alla propria organizzazione e alla propria attività); ma comporta anche, al di là di questo aspetto meramente statistico, anche applicazioni in ordine a diversi aspetti di disciplina.
In particolare, ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 (attuativo della legge di contabilità) gli enti compresi nell'elenco delle amministrazioni pubbliche che hanno natura privatistica (e tra questi naturalmente sono comprese le fondazioni lirico-sinfoniche) e quindi seguono le regole della contabilità civilistica (espressamente richiamata, con deroghe, dall'art. 16 d.lg. 367/1996, applicabile anche alle fondazioni dotate di forme organizzative speciali), sono soggetti ad una serie di prescrizioni intese, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, a rendere omogenei i procedimenti "di programmazione, gestione, rendicontazione e controllo". E in particolare, "le società, gli altri enti e organismi tenuti al regime di contabilità civilistica" ma compresi tra le amministrazioni pubbliche, sono soggetti a particolari criteri e modalità per la predisposizione del budget economico, ai fini "della raccordabilità dello stesso con gli analoghi provvedimenti previsionali predisposti dalle amministrazioni pubbliche che adottano la contabilità finanziaria" (art. 16, d.lg. 367/1996). Sono tenute a predisporre documenti di carattere finanziario, in sede di bilancio di esercizio e in sede di consuntivo, al fine della trasformazione dei dati economico-patrimoniali in dati di natura finanziaria, sulla base di regole appositamente stabilite (art. 17, d.lg. 367/1996).
Gli enti compresi nell'elenco Istat, in virtù di richiami legislativi, sono altresì tenuti ad una serie di vincoli ed obblighi a carattere pubblicistico, come ad esempio, la riduzione dei compensi di componenti degli organi di amministrazione e controllo (art. 6, comma 6, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122), la riduzione delle spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e spese di rappresentanza (art. 6, comma 7, d.l. 78/2010), il divieto di spese di sponsorizzazione (art. 6, comma 9), il contenimento delle spese in tema di impiego (art. 9 d.l. 78/2010).
Per quanto concerne la disciplina degli atti giuridici, nella maggior parte dei casi, si tratta di atti giuridici di diritto privato a carattere negoziale, i quali, come tali, conservano ovviamente il loro regime. Ma, com'è noto, la contrattazione dei soggetti pubblici segue delle regole particolari (c.d. evidenza pubblica) per quanto concerne il procedimento di individuazione e di scelta del contraente; disciplina questa che è venuta accentuando i suoi aspetti cogenti per effetto dell'entrata in vigore di norme comunitarie che investono i principali contratti delle pubbliche amministrazioni. Si pone dunque il problema per le fondazioni lirico-sinfoniche, come per tutti gli enti pubblici trasformati, nelle diverse tipologie di cui s'è detto, in persone giuridiche private, se esse siano tenute, nella loro attività contrattuale, alle procedure di evidenza pubblica. Su questa questione, un punto è certo: che laddove si tratta di contratti soggetti alla normativa comunitaria (appalti di lavori, forniture o servizi di importo superiore alla c.d. soglia comunitaria), le fondazioni sono tenute a seguire le procedure ivi stabilite. Esse risultano infatti ascritte, dal punto di vista del diritto comunitario, alla categoria degli organismi di diritto pubblico, alla luce delle normative comunitarie, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (Corte giust. 15 gennaio 1998, C-44/1996; 10 novembre 1998, C-360/1996; 15 maggio 2003, C-214/00; 22 maggio 2003, C-18/01), nonché della giurisprudenza nostrana (si veda da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 23 gennaio 2006, n. 182). L'affermazione di questa natura delle fondazioni è contenuta nella sentenza della Corte costituzionale sopra citata, ma è da ritenere pacifica riscontrandosi in esse i caratteri di cui all'art. 3, comma 26, del Codice dei contratti pubblici, decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, quanto agli scopi di interesse generali, quanto alla personalità giuridica, quanto alle modalità del finanziamento pubblico (di diverso avviso, ma non condivisibile, Trib. Milano, 22 ottobre 2010).
E si ricordi che si tratta di procedure che nel nostro ordinamento positivo vengono qualificate come procedimenti amministrativi in senso tecnico, soggetti perciò alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Resta viceversa aperta la questione, sul punto, se al di fuori dell'ambito applicativo della disciplina comunitaria, le persone giuridiche in oggetto siano tenute a seguire le procedure di evidenza pubblica in tutta la loro attività contrattuale.
Al di là dell'attività contrattuale, per tutti gli enti pubblici trasformati si pone il problema, com'è noto, se essi restino titolari di poteri amministrativi in senso tecnico, e quindi adottino atti sottoposti alla giurisdizione del giudice amministrativo. La giurisprudenza ha riconosciuto in molteplici casi (Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1206; 25 marzo 2004, n. 1617; Cass., S.U., 5 aprile 2007, n. 8518) la titolarità di poteri amministrativi in capo alle persone giuridiche private derivanti dalla trasformazione (anche, e segnatamente, società per azioni, come Poste spa, Ferrovie spa, ecc.), ma in ordine alle fondazioni lirico-sinfoniche, operanti già nel precedente regime, come s'è detto, con strumenti negoziali, questo problema non dovrebbe porsi. Per cui, al di là dei provvedimenti di aggiudicazione dei contratti pubblici (laddove sottoposti alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, come organismi di diritto pubblico) gli atti delle fondazioni seguono il regime privatistico e sono soggetti alla giurisdizione del giudice ordinario.
6. Segue: responsabilità degli amministratori e disciplina del personale
Sulla disciplina della responsabilità degli amministratori ed agenti, si pone il problema se resta ferma la particolare disciplina prevista dalle leggi sulla Corte dei conti, che sottopone amministratori ed agenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici all'azione di responsabilità per danni all'erario, di competenza della procura della Corte dei conti (Testo Unico delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti, regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 44 ss, e legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1); azione di responsabilità che, com'è noto, non è prevista nell'ambito dell'ordinamento delle persone giuridiche private (i cui amministratori ed agenti rispondono per i danni prodotti ai terzi o ai soci secondo il regime civilistico).
Sul punto, si può constatare un orientamento che sembra ormai sufficientemente consolidato della nostra giurisprudenza (segnatamente della Corte di cassazione), secondo il quale la trasformazione in persone giuridiche private degli enti pubblici non modifica il regime delle responsabilità, nel senso che resta ferma la particolare disciplina dell'azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti (Cass., S.U., 22 dicembre 2003, n. 19667; 26 febbraio 2004, n. 3899). Ciò è affermato con riferimento a soggetti (si badi, anche a quelli, anzi segnatamente a quelli, che esercitano attività imprenditoriale, derivanti cioè dalla trasformazione di enti pubblici economici, secondo il fenomeno che ho indicato per primo), nei quali la presenza finanziaria pubblica resta dominante e l'attività esercitata resta impostata sui medesimi oggetti rispetto a quella già imputata agli enti pubblici trasformati. La questione fu messa a punto, com'è noto, da Corte cost. n. 466/1993 secondo la quale le "figure di società per azioni previste nell'ordinamento (...) non si esauriscono in quelle disciplinate dal codice civile...", mentre il più recente orientamento della Cassazione restrittivo in ordine alla giurisdizione della Corte dei conti nell'ambito di società per azioni a partecipazione pubblica (Cass., S.U., 19 dicembre 2009, n. 26806; 22 dicembre 2009, n. 27092, ord. 5 luglio 2011, n. 14655) non si estende alle nostre fondazioni, perché relativo alle sole spa a partecipazione pubblica, per espresso riferimento al regime codicistico dell'azione di responsabilità.
Il personale, per effetto della trasformazione, è trasformato a sua volta in personale di diritto privato, disciplinato dal codice e dalle leggi civili sul lavoro nell'impresa. Ciò significa che ad esso non si applica il Testo Unico pubblico impiego, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nelle parti in cui questo testo (che pure disciplina com'è noto, il regime privatizzato dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) contiene una serie di norme pubblicistiche derogatorie rispetto al diritto comune. E il regolamento sulle "forme organizzative speciali" è sul punto, chiaramente orientato nel senso del regime privatistico del personale (v. art. 3, comma 5, d.p.r. 117/2001).
In materia di personale, si pone tuttavia, anche per le fondazioni lirico-sinfoniche, come in genere per tutti gli enti trasformati nei quali la presenza pubblica sul versante finanziario e organizzativo rimane rilevante, il delicato problema, che presenta anche rilevanti profili di costituzionalità, di stabilire il regime delle assunzioni, il quale, com'è noto, negli enti pubblici, anche dopo la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, è disciplinato da norme pubblicistiche, sia per quanto attiene alla capacità degli enti di assumere nuovo personale, capacità limitata dal regime delle dotazioni organiche e da singole norme di divieto poste dalla legge; sia per quanto attiene alle modalità delle assunzioni che devono avvenire, salve esplicite deroghe poste dalla legge, per pubblico concorso (v. da ultimo Corte cost. n. 274/2003, ma anche Cass. S.U. ord. 26 maggio 2004, n. 10183; Cass. S.U. 15 ottobre 2003, n. 15403; Cons. St., IV, 3 novembre 2004, n. 7107; v. art. 18, comma 1 e 2, decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, che, seppure riferito alle società pubbliche deve ritenersi applicabile come principio generale anche per le fondazioni, prevede il reclutamento del personale mediante procedura selettiva trasparente, pubblica ed imparziale).
Note
[1] A. Di Majo, Le neofondazioni della lirica: un passo avanti e due indietro, in Corriere Giuridico, n. 1/1997.
[2] Cfr. E. Freni, La trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato, in Giornale diritto amministrativo, n. 12/1996.
[3] Si veda la cospicua nota di F. Santonastaso, Riorganizzazione legislativa delle fondazioni nel settore lirico-sinfonico e qualificazione pubblicistica. Verso una tecnica legislativa delle privatizzazioni non più affidata alla sola "magia delle parole"? (Corte cost., sentenza 21 aprile 2011, n. 153), in Giurisprudenza Costituzionale, n. 4/2011, pag. 3251.
[4] Sul punto, per un esame di tutti gli aspetti ordinamentali di questa categoria, v. Cerulli Irelli, Amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011.
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