Europa e cultura
Aiuti di Stato nel settore culturale
Sommario: 1. Premessa. - 2. La disciplina degli aiuti di Stato: breve riepilogo. - 3. La c.d. deroga culturale. - 4. Ambito di applicazione. - 5. Applicazione dell'art. 87 par. 1 del Trattato CE. - 6. Cinema e settore audiovisivo. - 6.1. Recenti evoluzioni. - 6.2. Il "cultural test" e la prassi della Commissione. - 7. Considerazioni conclusive.
State aids in the cultural sector
The paper analyses the Commission's power to exempt aid to promote culture
and heritage conservation from the general prohibition laid down in Article
87 (1) EC. The so called cultural derogation has been used to approve aid
to the audiovisual sector, printed cultural media, museums, national heritage
as well as aid for theatre and music. Furthermore the paper examines the cases
where the public support may not constitute State aid because it may not affect
trade between Member States or because the aided cultural activity is not
economic with the meaning of EC state aid rules. Moreover the author analyses
the Commission's decisions in the film industry, in particular those where
the "cultural test" has been applied. In conclusion it results from
this review that the Commission is very much involved in the cultural sector
and this may represent an aspect of the erosion of Member States' competence
from the community action in this sector.
Gli aiuti di Stato nel settore culturale rappresentano il punto di avvio di questo lavoro che esaminerà, quale presupposto per l'applicazione della disciplina in materia, la qualifica, in termini di aiuto, di una misura a sostegno di beni e attività culturali e nello specifico le ipotesi in cui tale misura è esclusa. Nella impossibilità di esaminare tutte le diverse ipotesi applicative della deroga culturale si è scelto di soffermarsi sugli aiuti al cinema e al settore audiovisivo.
2. La disciplina degli aiuti di Stato: breve riepilogo
La disciplina degli aiuti di Stato alle imprese si basa sul principio della incompatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune, per tale ragione gli aiuti devono essere sottoposti ad un sistema obbligatorio di autorizzazione preventiva da parte dell'istituzione comunitaria competente: la Commissione ed eccezionalmente il Consiglio. Tali previsioni normative hanno lo scopo di evitare che attraverso l'intervento statale, si produca un'alterazione degli scambi tra gli Stati membri e l'inserimento di barriere non chiaramente visibili alla libera circolazione delle merci.
L'art. 87 del Trattato CE enuncia tale principio d'incompatibilità che è sostanzialmente un divieto di erogare aiuti che non siano dichiarati preventivamente compatibili con il mercato comune. L'art. 87, paragrafo 1 vieta gli aiuti concessi dagli Stati o mediante risorse statali che falsino o minaccino di falsare la concorrenza e gli scambi tra gli Stati membri. Una misura, ai sensi della norma citata, per essere considerata come aiuto deve soddisfare le seguenti condizioni: un vantaggio economico per l'impresa interessata; la concessione da parte di uno Stato, ovvero mediante risorse statali; la selettività della misura; gli effetti sulla concorrenza e l'incidenza sugli scambi tra Stati membri. Gli aiuti che corrispondono a tali criteri sono in linea di principio incompatibili con il mercato comune.
Il principio di incompatibilità non equivale, tuttavia, a un divieto totale, sono prefigurate, infatti, le ipotesi di deroga; alcune delle quali applicabili ipso iure (par. 2, art. 87), altre in forza di una valutazione ampiamente discrezionale della Commissione (par. 3, art. 87). L'esistenza delle deroghe giustifica l'esame dei progetti di aiuto di Stato da parte della Commissione. L'art. 88 disciplina, infatti, la procedura di controllo preventivo della compatibilità degli aiuti nuovi, nonché la procedura di controllo permanente sugli aiuti esistenti; in particolare l'art. 88, par. 3, obbliga gli Stati membri ad informare la Commissione di ogni progetto diretto a istituire o modificare aiuti prima di dare esecuzione alle misure in questione (c.d. principio di sospensione) e conferisce alla Commissione il potere discrezionale di decidere se la misura notificata costituisca aiuto ex art. 87, par. 1 ed in caso affermativo se possa beneficiare della deroga. Gli aiuti concessi dallo Stato membro senza la previa notifica e successiva approvazione della Commissione sono automaticamente "aiuti illegali". Da ultimo, l'art. 89 prefigura il potere del Consiglio di fissare, in via generale, con regolamento le condizioni per l'applicazione degli articoli 87 e 88, nonché le categorie di aiuti che sono dispensate dalla summenzionata procedura.
Negli ultimi anni la Commissione ha avviato un processo di modernizzazione e di semplificazione delle procedure in materia di aiuti di Stato. A tal fine il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 994/98 del 7 maggio 1998 che consente alla Commissione di adottare i c.d. regolamenti di esenzione per categoria, mediante i quali talune categorie di aiuti possono essere dichiarati compatibili con il Trattato purché soddisfino determinate condizioni, esentandole, quindi, dall'obbligo di notifica preventiva e di approvazione della Commissione. In effetti, questa lo scorso anno ha adottato un regolamento generale di esenzione per categoria che consolida in un unico documento tutti i precedenti regolamenti ed estende ad alcuni tipi di aiuti l'ambito nel quale trova applicazione l'esenzione dalla notifica [1]. Il nuovo testo semplifica e rende più veloce il controllo sugli aiuti di Stato. Di conseguenza gli Stati possono concedere aiuti che soddisfino le condizioni stabilite in tale regolamento senza necessità di notificarli preventivamente alla Commissione e di ottenerne l'autorizzazione [2].
Di recente nell'ambito del suddetto processo di modernizzazione, la Commissione ha adottato la Comunicazione relativa ad una procedura di esame semplificata per determinati tipi di aiuti di Stato (insieme al codice delle migliori pratiche applicabili nei procedimenti di controllo degli aiuti di Stato) [3]. Essa contiene un elenco illustrativo di misure di aiuto che in linea di principio e a determinate condizioni si prestano ad un esame semplificato nel quale la Commissione deve soltanto verificare che la misura sia conforme alle norme e alle pratiche esistenti, senza esercitare i propri poteri discrezionali; fatta salva comunque la possibilità per la Commissione di ricorrere alla procedura normale in particolari circostanze. Qualora tutte le condizioni prescritte siano soddisfatte, la Commissione si impegna ad adoperarsi per adottare una decisione in forma abbreviata di insussistenza dell'aiuto o di assenza di obiezioni entro 20 giorni dalla data di notifica (attualmente sono in media cinque i mesi per l'adozione di decisioni di autorizzazione di misure di aiuti di Stato). Questa nuova procedura, non solo dovrebbe essere più rapida, ma anche più trasparente. Gli interessati avranno, infatti, una nuova possibilità di formulare osservazioni su una determinata misura di aiuto quando ne sia pubblicata una sintesi sul sito web della Commissione. La Comunicazione si applica su richiesta dello Stato membro interessato alle misure notificate a partire dal 1 settembre 2009. Rimanendo nell'ambito del tema oggetto di esame, si sottolinea che sono inclusi in tale elenco (precisamente nella categoria delle misure corrispondenti alla prassi decisionale consolidata della Commissione - v. par. 5 lettera b) le "(...) misure di aiuto volte alla conservazione del patrimonio culturale nazionale concernenti attività connesse a siti storici, o monumenti nazionali antichi, purché l'aiuto si limiti alla "conservazione del patrimonio" ai sensi dell'art. 87, par. 3 lettera d); regimi di aiuti in favore di attività teatrali, danza e musica; regimi di aiuti per la promozione di lingue minoritarie; misure di aiuto a favore dell'editoria (...)", purché le caratteristiche di tali misure "corrispondano a quelle approvate in almeno tre decisioni precedenti della Commissione e che di conseguenza possono essere valutate immediatamente sulla base di detta prassi decisionale consolidata della Commissione".
Non rimane, dunque, che attendere per valutare in concreto i benefici in termini di trasparenza e di snellimento della procedura e riduzione dei tempi di adozione delle decisioni della Commissione.
Il Trattato di Maastricht ha riconosciuto, per l'Unione europea e i suoi Stati membri, l'importanza della promozione della cultura inserendola pertanto tra le attività politiche comunitarie cui fa espressamente riferimento l'art. 151 del Trattato CE. Tale articolo stabilisce che la Comunità contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune. Vengono quindi delineati espressamente gli obiettivi dell'azione culturale comunitaria, anche se il ruolo della Comunità viene circoscritto ad un'opera prevalentemente d'incoraggiamento della cooperazione culturale tra i diversi Stati membri e, solo eccezionalmente, d'integrazione delle politiche nazionali nella misura in cui gli obiettivi prefissati possano essere raggiunti meglio a livello comunitario.
Allo stesso tempo il Trattato di Maastricht ha introdotto all'art. 87, par. 3, lettera d) la possibilità specifica di un'eccezione al principio generale di incompatibilità previsto dal par. 1 in relazione agli aiuti concessi dagli Stati membri per promuovere la cultura. In particolare, possono considerarsi compatibili con il mercato comune "gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune". La norma presuppone, dunque, una valutazione della Commissione sui singoli finanziamenti nazionali alle attività culturali, al fine di verificare se alterino la concorrenza. Il controllo esercitato dalla Commissione rappresenta, dunque, un esempio di intervento volto al mantenimento di un mercato europeo aperto. In particolare, si ritiene che l'ampio margine di apprezzamento di cui gode la Commissione apra la strada ad una vera e propria politica della Commissione, che da una parte bilancia l'interesse alla tutela culturale di un Paese rispetto all'interesse comune di un mercato europeo aperto e concorrenziale, attraverso le decisioni sulle propose di aiuto; dall'altra condiziona ed orienta la condotta dei poteri pubblici nazionali, attraverso tali pronunce e l'esplicitazione dei relativi criteri nelle rilevanti comunicazioni interpretative [4].
Si tratta, dunque, di un'azione comunitaria indiretta da cui deriva una conseguente erosione delle competenze nazionali attraverso il controllo della Commissione sulle misure nazionali di aiuto.
Tale previsione normativa ha rappresentato il raggiungimento di un equilibrio necessario tra le esigenze di promozione della cultura e la tutela della libera concorrenza nel mercato unico; infatti, la cultura viene posta su un piano di uguaglianza, se non addirittura superiore, rispetto ai principi di concorrenza [5]. Del resto è stato fatto notare che tale eccezione ai principi della libera concorrenza è comunque assoggettata a delle condizioni restrittive che lascerebbero un margine di manovra limitato, di conseguenza tale formulazione è stata criticata da più parti della società civile, poiché comporta che gli aiuti nei settori in questione siano considerati un'eccezione ai principi generali della libera concorrenza, da concedere, perciò, a condizioni restrittive e limitate nel tempo [6]. E' stato sostenuto che la formulazione di tale norma non sosterrebbe un'interpretazione basata sulla presunta superiorità rispetto ai principi di concorrenza, addirittura la formulazione del par. 3, lettera d) dell'art. 87, se paragonata alle altre deroghe contenute nel medesimo articolo, comporterebbe che la deroga culturale sia applicata in maniera più restrittiva rispetto alle altre [7].
In proposito si parla anche di "eccezione culturale" intendendo con questo termine la possibilità di mantenere aiuti finanziari statali in settori di rilievo culturale, in generale sottraendoli alle regole di mercato. In tal senso, l'eccezione culturale rappresenterebbe nell'ambito dell'Unione europea, un elemento di decentramento di competenze secondo uno schema federalista. In un contesto di diversità culturale europea, gli Stati nazionali sono i pieni depositari delle loro espressioni culturali. In questa ottica, la possibilità di sostegno o aiuto pubblico rappresenta una difesa, sul piano economico, per la sopravvivenza della diversità culturale [8]. Di conseguenza, il concetto di diversità culturale, che ha come presupposto fattuale la coesistenza di gruppi culturali differenti all'interno di un medesimo spazio socio-geografico, rappresenta, il diretto sviluppo della nozione di eccezione culturale. Trattasi di un concetto trasversale che include a pieno titolo forme culturali quali il folklore o la c.d. traditional knolwedge e che individua meccanismi di tutela di settori culturali che non hanno una sfera di mercato sufficientemente ampia da consentire loro una prospettiva di crescita e di sviluppo, ovvero di prodotti che rappresentano distintivamente l'identità di un gruppo. Diversità culturale intesa, dunque, come diversità della cultura non sottoponibile al libero gioco delle forze di mercato in quanto espressione identitaria degli Stati membri [9].
Il settore culturale definito in senso lato riguarda, secondo una definizione ormai ufficiale, ogni manifestazione della civiltà umana [10].
Parte della dottrina ritiene che, mancando nel Trattato una definizione di cultura, spetterebbe agli Stati membri in base al principio di sussidiarietà definirla, come è espressamente previsto dalla Comunicazione sul cinema, la quale limitatamente al settore audiovisivo, è l'unica che contiene le condizioni in base alle quali un aiuto può essere considerato compatibile. In tale contesto, la Commissione avrebbe l'obbligo di esercitare un certo livello di controllo sul concetto di cultura degli Stati membri [11]. Di certo c'è che in virtù dell'art. 87, par. 3 lettera d) la Commissione ha approvato un numero elevato di misure nazionali a favore di beneficiari tra loro diversi quali: musei, beni culturali, teatro e musica, le pubblicazioni culturali e il settore audiovisivo e cinematografico [12].
Tale norma rappresenta un'eccezione al principio generale di incompatibilità degli aiuti di Stato ed in linea con un'interpretazione restrittiva della stessa, la Commissione ha richiesto che la nozione di cultura sia riferita al contenuto e alla natura della misura e non al suo mezzo o al suo canale distributivo in sé e per sé considerato [13].
Nel settore dell'editoria la Commissione ha approvato in diverse occasioni degli aiuti sulla base della deroga culturale [14]. Significativo è il caso CELF, in cui l'aiuto è stato fornito a favore di una società cooperativa (CELF) i cui membri -alcuni editori francesi- gestivano gli ordinativi di libri francesi provenienti da librerie con sede all'estero. In tale caso l'aiuto consisteva in un contributo finanziario sui costi di distribuzione, fornito per consentire agli editori di poter soddisfare piccoli ordinativi di opere francesi provenienti dall'estero, che altrimenti non sarebbero stati rimunerativi. La Commissione ha considerato l'obiettivo perseguito dal governo francese nel fornire l'aiuto al CELF di natura culturale, perché diretto a favorire la diffusione all'estero di opere di lingua francese. Sulla base di tali premesse, ha concluso che le autorità francesi hanno attuato una politica culturale che risponde agli obiettivi fissati dal Trattato (essendo la diversità culturale tra i principi fondanti del modello europeo) e tali aiuti non sono tali da incidere sulla concorrenza, potendo quindi pienamente rientrare nella deroga culturale [15].
Tale decisione, che si credeva mettesse la parola fine ad un lungo procedimento, è stata annullata lo scorso anno dal Tribunale di primo grado [16]. Di conseguenza, la Commissione ha di recente notificato alla Francia la decisione di estendere il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del Trattato CE in relazione alla misura in oggetto, invitando le autorità francesi, il beneficiario dell'aiuto e gli interessati a fornire le informazioni necessarie e a presentare le loro osservazioni [17]. In tale provvedimento la Commissione riconosce ancora una volta l'obiettivo politico culturale della misura, ma dubita che gli aiuti siano proporzionali all'obiettivo perseguito in base ai criteri generali di valutazione degli aiuti di Stato. Infatti, relativamente agli aiuti versati a CELF dopo l'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, la Commissione ritiene che essi perseguissero effettivamente un obiettivo culturale, che figura fra quelli contemplati dal Trattato, quale quello di favorire la diffusione di opere in lingua francese all'interno di Paesi non francofoni. Si tratterebbe di una politica volta ad incoraggiare la diversità culturale a livello internazionale. Al riguardo la Commissione sottolinea ancora una volta che il rispetto e la promozione della diversità culturale figurano tra i principi fondanti del modello europeo (art. 151, par. 1 e par. 4 del Trattato) e richiama la Convenzione dell'Unesco sulla diversità culturale di cui la Comunità è parte. Sulla base di queste considerazioni, la Commissione conclude che le autorità francesi hanno attuato una politica culturale che risponde agli obiettivi fissati dal Trattato, tuttavia ha riscontrato che allo stato attuale dubita che sia stato rispettato il criterio di proporzionalità [18].
Ad ogni modo, il caso CELF evidenzia la crescente consapevolezza a livello comunitario della necessità di attribuire rilevanza agli sforzi degli Stati membri di definire ed attuare le politiche culturali che diffondono la cultura nazionale al di là dei confini nazionali. Per la Commissione questo è un approccio che non solo corrisponde agli obiettivi culturali identificati dal Trattato, ma che riflette il dibattito attuale sulla diversità culturale a livello internazionale [19].
Al contrario alcune misure di aiuto che secondo la Commissione erano sprovviste di una chiara natura culturale sono state valutate in base all'art. 87, par. 3, lettera c) [20].
Ciò si è verificato ad esempio in un caso, molto controverso ma significativo per i principi in esso espressi, in cui la Commissione ha dichiarato compatibili ai sensi dell'art. 87, par. 3, lettera c) del Trattato e non già sulla base della deroga culturale gli aiuti concessi dall'Italia, sotto forma di sovvenzione in conto interessi, a favore di imprese operanti nel settore editoriale, nonché sotto forma di credito d'imposta, a favore di imprese che producono prodotti editoriali [21]. La Commissione, pur sottolineando ancora una volta che l'art. 151 del Trattato impone che la Comunità contribuisca alla diversità culturale, non ha riscontrato nel sistema d'aiuto in esame disposizioni concernenti lo stanziamento di fondi per la promozione esplicita della cultura, anzi i fondi sarebbero stati utilizzati interamente a sostegno più genericamente di investimenti realizzati da imprese che producono prodotti editoriali in lingua italiana.
La Commissione fissa inoltre un principio ben preciso sostenendo che, benché le misure di cui trattasi possano in ultima analisi favorire l'apprendimento e la diffusione della lingua e della cultura italiana, il fatto di considerarle come misure basate sulla cultura, in assenza di qualsiasi indicazione specifica di ordine pedagogico o di apprendimento linguistico equivarrebbe ad ampliare eccessivamente la nozione di cultura. Inoltre, in risposta all'argomentazione delle autorità italiane che abbinavano la promozione della cultura a quella del pluralismo dell'informazione, la Commissione ribadisce un concetto espresso in precedenza, secondo cui le esigenze educative e democratiche di uno Stato membro sono da considerarsi distinte dalla promozione della cultura [22].
Nel dicembre 2007 la deroga culturale, nell'ottica di una continua evoluzione del concetto di cultura adottato dalla Commissione, è stata per la prima volta applicata ai videogiochi. La Commissione, infatti, dopo aver in un primo tempo espresso dubbi sulla compatibilità della misura in questione con l'art. 87 e sulla peculiare finalità culturale dell'aiuto, ha approvato gli aiuti concessi in Francia sotto credito di imposta ad imprese produttrici di videogiochi [23].
Nella sua decisione la Commissione pone ancora una volta l'accento sul concetto di diversità culturale. Osserva in primo luogo che l'UNESCO riconosce il carattere culturale dell'industria dei videogiochi, nonché il suo ruolo in materia di diversità cultura e richiama espressamente la menzionata Convenzione Unesco sulla diversità culturale. Sulla base di tali considerazioni, sostiene che alcuni videogiochi possano avere anche una dimensione culturale.
La Commissione ribadisce poi la necessità del rispetto di un'interpretazione restrittiva della deroga culturale e conferma che spetta agli Stati garantire che il contenuto della produzione sovvenzionata sia di natura culturale. Del resto la Commissione conferma la propria funzione di controllo sul contenuto culturale, nel senso che spetta ad essa "verificare che le autorità francesi abbiano elaborato criteri verificabili che permettano di garantire che i videogiochi ammissibili al credito d'imposta abbiano un contenuto culturale". Giungendo a concludere in maniera positiva sulla base dell'analisi del nuovo test di selezione predisposto dalle autorità francesi, il quale garantisce che il contenuto dei videogiochi è effettivamente culturale e che la misura di aiuto soddisfa una reale finalità di promozione della cultura.
In conclusione appare chiaro che nelle decisioni della Commissione, anche sulla base delle sollecitazioni del panorama giuridico internazionale, la diversità culturale si vada affermando quale parametro integrativo per valutare l'ammissibilità di aiuti di Stato [24].
5. Applicazione dell'art. 87 par. 1 del Trattato CE
Prima di analizzare nel dettaglio il cinema, uno dei settori nei quali la deroga culturale ha trovato maggiore applicazione è bene esaminare quelle ipotesi in cui una misura di sostegno ai beni culturali non può essere qualificata in termini di aiuto; le ipotesi in esame sono sostanzialmente due: nella prima l'attività culturale che ha ricevuto il sostegno non è qualificabile come un'attività economica, nell'altra essa non incide sugli scambi tra Stati membri.
Quest'ultima ipotesi trova un particolare riscontro nel settore culturale in quanto molte attività culturali, con l'eccezione di quelle che godono di prestigio internazionale, si caratterizzano per un ambito di dimensione locale. Si pensi in particolare alle sovvenzioni rivolte al restauro di un monumento appartenente al patrimonio locale o regionale, che non è in grado di attirare visitatori provenienti da Stati diversi da quello in cui si trova. Relativamente ad un significativo numero di progetti locali la Commissione ha ritenuto che non incidessero sugli scambi tra Stati membri e non ricadessero quindi nell'art. 87, par. 1.
Ad esempio nel caso Ecomusée d'Alsace, che riguarda un aiuto disposto ad un museo che rappresenta il modo tradizionale di vita di un villaggio alsaziano, la Commissione ha rafforzato la sua conclusione che la misura notificata non rappresenta un aiuto di Stato, sottolineando che le attività museali, con l'eccezione di importanti musei rinomati a livello internazionale, non sono oggetto di scambio tra gli Stati membri, visto che gli abitanti degli Stati membri non oltrepassano le frontiere con l'obiettivo principale di visitare un museo [25]. Ciò nonostante la nozione di incidenza sugli scambi tra Stati membri nel controllo degli aiuti di Stato ha una soglia molto bassa che perfino le attività culturali con carattere estremamente locale possono potenzialmente incidere sugli scambi locali e perciò ricadere nello scopo dell'art. 87, par. 1. In ragione dell'evoluzione della giurisprudenza, la Commissione è sempre più riluttante a concludere sull'assenza dell'aiuto sulla base della considerazione che la misura non incide sugli scambi tra Stati membri [26].
Un'altra ipotesi in cui una sovvenzione pubblica non può costituire aiuto di Stato si verifica quando l'attività culturale che ha ricevuto il sostegno non è qualificabile come attività economica. A tal riguardo un aiuto può considerarsi tale se arreca un vantaggio economico per l'impresa interessata. La nozione d'impresa nel diritto comunitario ricomprende qualsiasi soggetto, autonomo centro d'imputazione giuridica, che svolga un'attività rilevante dal punto di vista economico. Non è richiesto, quindi, il fine di lucro, ma è sufficiente che l'attività sia svolta secondo criteri di economicità.
La qualificazione come imprese di alcuni beneficiari di misure di sostegno in settori culturali diversi dal cinema non è scontata. Infatti, la Commissione ha concluso per l'assenza di aiuto in diversi casi riguardanti la protezione e la ristrutturazione di monumenti e di patrimonio nazionale allorquando i proprietari degli edifici restaurati erano individui, chiese e istituzioni religiose che non svolgevano alcuna attività economica [27].
La Commissione ha inoltre in un numero di casi escluso che i musei siano delle imprese. Ad esempio nel caso citato Ecomusée d«Alsace, la Commissione ha concluso che le associazioni che gestiscono il museo non sono imprese visto che i loro compiti di preservare, conservare e mostrare al pubblico le collezioni e l'area del Ecomusée rappresentano le tipiche attività scientifiche di un museo.
Successivamente, la Commissione nel caso Aviodrome [28], ha operato una distinzione tra le attività non-economiche, scientifiche e didattiche delle istituzioni culturali, da ogni altra attività commerciale che potrebbe essere esercitata nei loro locali. In tale fattispecie, l'aiuto notificato serviva per finanziare non solo la costruzione di un museo dell'aviazione, ma anche delle infrastrutture commerciali, quali un ristorante e un cinema. Sebbene la Commissione generalmente riconosca che le attività museali non sono considerate delle attività economiche, ha tuttavia notato che, rispetto alle suindicate attività commerciali, ci potevano essere degli effetti spill-over della misura di sostegno pubblica fornita al museo; pertanto non si poteva escludere la presenza di un aiuto di Stato. Sulla base di tale motivazione, ha concluso per la presenza dell'aiuto in ragione del collegamento e dell'interconnessione tra le attività meramente museali e le attività indiscutibilmente commerciali.
In una decisione successiva (relativa alla garanzia prestata dallo Stato in favore dei musei nazionali austriaci, in base alla quale il ministro delle finanze si assumeva la responsabilità per le perdite e i danni agli oggetti dati in prestito a esposizioni temporanee organizzate da tali musei) la Commissione ha compiuto un passo ulteriore nella sua analisi della qualificazione dell'aiuto rivolto a istituzioni essenzialmente culturali, quali i musei [29]. Come è stato correttamente rilevato, la Commissione avrebbe potuto concludere che i musei federali non sono imprese e che l'organizzazione di mostre temporanee è parte o attività sussidiaria alla principale attività che è quella di preservare, studiare e mostrare le collezioni al pubblico per scopi educativi. Invece, la Commissione ha concluso che l'organizzazione di mostre presenta alcune caratteristiche commerciali infatti esse giocano un ruolo importante nel generare profitti per i musei che le organizzano sia in termini di biglietti di ingresso più costosi che di merchandising. La Commissione ha concluso che, se i musei federali austriaci organizzano mostre, essi devono essere considerati delle entità che svolgono attività economiche, a prescindere, dunque, se tutte le loro attività siano di natura commerciale o meno. A tal riguardo Come era stato sostenuto che da quella affermazione (in base alla quale l'organizzazione di mostre temporanee da parte di musei nazionali è un'attività economica), ne deriverebbe un'altra: quella di considerare un'attività economica anche l'apertura al pubblico delle loro collezioni permanenti. Una tale conclusione è giustificata dalla difficoltà di tracciare una chiara distinzione tra le funzioni centrali dei musei e il loro ruolo come organizzatori di mostre temporanee, visto che in entrambi i casi essi presentano al pubblico lavori d'arte e collezioni in cambio del pagamento di un biglietto di ingresso [30].
Recentemente in un caso simile la Commissione ha qualificato i musei pubblici della Repubblica Ceca come delle imprese soggette alla disciplina degli aiuti di Stato se organizzano delle mostre, proprio perché queste ultime sono da considerarsi delle attività economiche ai sensi e per gli effetti dell'art. 87, par. 1. In effetti i musei pubblici della Repubblica Ceca organizzando mostre speciali temporanee, prendendo in prestito anche oggetti provenienti da terzi e beneficiando, per alcuni di questi, dell'esenzione dal pagamento dei premi assicurativi offrivano un interessante programma espositivo capace di attrarre un numero maggiore di visitatori. L'organizzazione di queste mostre speciali, secondo quanto sostenuto dalla Commissione, consente agli organizzatori di aumentare i profitti, visto che i musei beneficiano non solo di sussidi statali, ma producono profitti anche dal biglietto di ingresso, dagli sponsor e dal merchandising [31].
A conclusione di questa breve sintesi rappresentativa dell'evolversi delle valutazioni della Commissione in ordine alla qualificazione dell'aiuto ai musei e quindi della loro qualificazione come imprese che svolgono un'attività economica si segnala la recentissima decisione nel caso N 293/2008.
La Commissione è giunta a sostenere che l'attività museale in generale è di natura economica e di conseguenza i musei sono qualificabili come imprese.
La Commissione ha in primo luogo rilevato che sussiste uno sforzo crescente da parte dei musei di modernizzarsi, di rendere popolare il loro contenuto e di renderlo più accessibile attraverso strumenti multimediali. Anche se questi progetti sono incoraggiati dalle autorità pubbliche con l'indiretto scopo di educare il pubblico, i musei si comportano in realtà come imprese che offrono un servizio sul mercato. Del resto la Commissione nota che potrebbero esserci dei musei che non sono imprese: ad esempio l'organizzazione di una mostra sulla storia locale in un museo di un piccolo villaggio potrebbe non essere considerata come un'attività economica [32].
Non c'è dubbio che la decisione citata potrebbe essere vista come una scelta opportunistica della Commissione mirata a sottomettere alla disciplina della concorrenza un'attività, nello specifico quella museale, che genera crescenti profitti ed è sempre più caratterizzata dalla crescita di importanti attori privati, che svolgono a livello mondiale un ruolo da protagonisti come moltiplicatori di investimenti. Al tempo stesso ciò potrebbe essere visto come un aspetto del fenomeno dell'erosione delle competenze degli Stati a favore dell'azione comunitaria in quel delicato settore che è la cultura.
6. Cinema e settore audiovisivo
Il cinema europeo è uno dei fondamenti dell'espressione culturale europea. Il suo valore culturale risiede nell'essere testimone della ricchezza di identità culturali in Europa e della varietà delle sue genti. Le opere audiovisive ed in particolare il cinema svolgono, dunque, un ruolo essenziale nel formare le identità europee. Tutte le opere audiovisive presentano d'altronde delle caratteristiche peculiari dovute alla loro duplice natura: sono beni economici che offrono notevoli opportunità per creare ricchezza e occupazione, ma al tempo stesso sono anche beni culturali che rispecchiano e modellano la società [33].
La Commissione europea ha adottato nel 2001 la c.d. Comunicazione sul cinema in cui illustra gli indirizzi programmatici ed espone i principi da seguire nell'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al settore cinematografico, per migliorare la produzione e la distribuzione delle opere cinematografiche in Europa evidenziando, innanzitutto, le difficoltà che incontrano i produttori nell'ottenere un sostegno finanziario iniziale che permetta di portare avanti i progetti di produzione [34].
Ha riconosciuto, di conseguenza, l'importanza fondamentale dell'attività degli Stati di promozione della produzione audiovisiva, per consentire alla cultura e alla capacità creativa locale di esprimersi rispettando la varietà e la ricchezza della cultura europea. Gli Stati membri applicano un'ampia gamma di misure di sostegno alla produzione audiovisiva di film e programmi televisivi. Tale sostegno è incentrato sulle fasi di creazione e di produzione di opere cinematografiche ed assume generalmente la forma di sovvenzioni o di anticipi rimborsabili. Annualmente si spendono nell'Unione europea circa 1,6 miliardi di euro in qualità di sostegno nazionale alla cinematografia [35]. La giustificazione logica di tali misure è basata su considerazioni di tipo culturale e sulle caratteristiche del settore. Il principale obiettivo è quello di garantire l'espressione della cultura e del potenziale creativo nazionale e regionale attraverso gli strumenti audiovisivi rappresentati dal cinema e dalla televisione. Inoltre tali misure sono mirate a generare una dinamica di sviluppo e di consolidamento del settore attraverso la costituzione di solide imprese di produzione e di un serbatoio permanente di competenze umane ed esperienza.
Infine, la Commissione ha definito i criteri specifici di compatibilità in base ai quali gli aiuti alla produzione di film per il cinema e la TV possono essere approvati quali aiuti destinati a promuovere la cultura ai sensi dell'articolo 87, par. 3, lettera d) del Trattato CE [36]. Tali criteri erano stati enunciati in precedenza nella decisione riguardante il sistema nazionale francese di sostegno alla produzione cinematografica (aiuti di Stato n. 3/1998 - Francia, Sostegno alla produzione cinematografica, 3 giugno 1998).
Nel valutare i sistemi di sostegno alla produzione cinematografica e televisiva, la Commissione deve verificare due condizioni:
- Il rispetto del criterio di legalità generale, vale a dire che gli aiuti in questione non contengano elementi in contrasto con disposizioni del Trattato CE relative a settori diversi da quello degli aiuti di Stato, ivi comprese le disposizioni in materia fiscale.
La Commissione deve verificare tra l'altro, che siano rispettati i principi che vietano la discriminazione in base alla nazionalità e sanciscono la libertà di stabilimento, la libera circolazione delle merci e la libertà di prestare servizi. La Comunicazione chiarisce che in osservanza di detti principi i sistemi di aiuti non devono, ad esempio, riservare gli aiuti ai soli cittadini dello Stato in questione; stabilire che i beneficiari debbano essere imprese nazionali costituite a norma del diritto commerciale nazionale; esigere per i dipendenti di imprese straniere che forniscono servizi cinematografici il rispetto delle norme del lavoro nazionali. Quando le disposizioni che violano detti principi non siano scindibili dal funzionamento del sistema di aiuti, la Commissione fa rispettare i principi in questione applicando le norme sulla concorrenza.
- Il rispetto di criteri specifici di compatibilità. In particolare:
a) Gli aiuti devono riguardare un prodotto culturale. Ogni Stato membro deve garantire che il contenuto della produzione sovvenzionata sia di natura culturale in base a criteri nazionali puntualmente verificabili; facendo riferimento al principio di sussidiarietà spetta a ciascun Stato definire tale criterio. Si è, dunque, reso necessario garantire la sussidiarietà in un settore che rientra principalmente nelle competenze nazionali o regionali, facendo in modo che le imprese europee possano trarre pienamente vantaggio dalla dimensione europea. Alla Commissione di conseguenza spetta il compito di controllare che le autorità nazionali abbiano delineato un sistema di selezione verificabile, capace di assicurare che potranno beneficiare dell'aiuto solamente prodotti culturali, come definiti dalle autorità nazionali. Solo nel caso in cui constati un errore manifesto nella definizione dei prodotti culturali, la Commissione potrà esaminare nella sostanza la definizione di cultura [37]. Questo criterio è diretto, dunque, ad escludere dal beneficio le produzioni a carattere prettamente commerciale.
b) Il produttore deve essere libero di spendere almeno il 20% del bilancio del film in altri Stati membri senza subire riduzioni della sovvenzione prevista dal sistema quale conseguenza dell'obbligo eventualmente imposto di "territorializzazione" della spesa. In altre parole, la Commissione ha accettato come criterio di ammissibilità la "territorializzazione" in termini di spesa fino ad un massimo dell'80% dei costi di produzione di un film o di un'opera televisiva che usufruisca di sovvenzioni.
c) L'intensità degli aiuti deve essere in linea di massima limitata al 50% del bilancio di produzione. La Commissione giustifica questa limitazione per stimolare le normali iniziative commerciali proprie di un'economia di mercato -stimolando dunque il mecenatismo da parte del settore privato- ed evitare una corsa agli aiuti tra gli Stati membri. Rappresentano un'eccezione a questo limite i film difficili e con risorse finanziarie modeste; in ossequio ancora una volta al principio di sussidiarietà, ciascuno Stato definisce secondo parametri nazionali il concetto di "film difficile e con risorse finanziarie modeste" [38].
d) Infine, non sono consentiti ulteriori aiuti a specifiche attività cinematografiche (ad esempio la post-produzione), onde garantire la neutralità dell'effetto incentivante degli aiuti e per evitare che lo Stato che eroga la sovvenzione attiri o protegga le attività in questione.
La Commissione ha formulato una serie di considerazioni in relazione ai criteri indicati: gli aiuti devono, innanzitutto, interessare il bilancio generale di uno specifico progetto cinematografico; il produttore deve essere libero di scegliere le voci del bilancio da spendere in altri Stati membri. I sistemi di aiuti che soddisfano tali requisiti dovrebbero rivelarsi capaci di sostenere la creazione di un prodotto audiovisivo senza per questo concorrere allo sviluppo di un'attività economica. Tali aiuti devono essere pertanto valutati alla luce della deroga culturale e non della deroga economica di cui all'art. 87, par. 3, lettera c). A tal proposito è bene ricordare che le imprese che producono film e programmi televisivi possono inoltre usufruire di altri tipi di sovvenzioni non connesse ad attività culturali, ma dirette ad assistere particolari attività economiche o ambiti regionali e concesse nell'ambito dei sistemi di aiuto nazionali orizzontali, approvati dalla Commissione in virtù delle deroghe di cui all'art. 87, par. 3 lettere a) e c) del Trattato CE (ad esempio aiuti regionali, aiuti alla PMI, a ricerca e sviluppo, formazione e occupazione).
Considerate, inoltre, le particolari caratteristiche della produzione cinematografica, la Commissione ritiene che il bilancio complessivo di una produzione audiovisiva corrisponda alla cifra messa in gioco per realizzarla ed ammette pertanto che, ai fini del calcolo degli aiuti, vada preso come riferimento il bilancio complessivo, indipendentemente dalla natura delle singole voci di spesa che esso contiene. Il fatto di sovvenzionare voci specifiche del bilancio di un film potrebbe trasformarsi in una preferenza nazionale per i settori interessati da dette voci e potrebbe rivelarsi incompatibile con la normativa comunitaria [39].
Infine, la Commissione ha precisato che i fondi forniti direttamente da programmi comunitari non costituiscono risorse statali, pertanto la loro presenza non incide sul calcolo del tetto massimo del 50%. I programmi in questione, inoltre, promuovono la distribuzione di film nazionali all'estero, di conseguenza i loro effetti non si aggiungono a quelli prodotti dai sistemi nazionali, che si concentrano invece sulla produzione e sulla distribuzione. L'Unione europea sostiene il settore cinematografico europeo mediante il programma MEDIA 2001 che destina, per il periodo 2007-2013, 755 milioni di euro per la formazione, nonché per lo sviluppo e la distribuzione dei film europei oltre frontiera.
Secondo quanto affermato dalla Commissione, tali criteri dovrebbero in sostanza consentire un equilibrato rapporto tra l'esigenza di rispettare la normativa comunitaria sugli aiuti di stato, l'obiettivo di sostenere la creatività culturale nell'ambito specifico qui trattato e la promozione dello sviluppo della produzione audiovisiva comunitaria. In termini generali è stato correttamente fatto notare che i summenzionati criteri sebbene non si basino su considerazioni di carattere puramente culturale, non hanno impedito alla Commissione di considerare compatibili con le norme comunitarie, all'insegna di una tutela forte della diversità culturale, numerose misure di aiuti nazionali anche in presenza di forme di territorializzazione [40].
6.1. Recenti evoluzioni
La Commissione aveva previsto fino al 2004 la validità dei criteri enunciati nella Comunicazione sul cinema ed anche i sistemi di aiuto degli Stati membri per la produzione cinematografica e televisiva erano stati autorizzati fino a quella stessa data limite.
La Commissione riteneva, inoltre, di non voler modificare tali criteri fino al momento in cui si fossero dimostrati inidonei ad evitare un'indebita distorsione della concorrenza all'interno dell'Unione. Si impegnava, inoltre, ad esaminare ulteriormente la questione del livello massimo di "territorializzazione" ammissibile, ritenendo, infatti, che i requisiti di territorialità frammentano il mercato interno dei beni e dei servizi di produzione audiovisiva, ostacolandone lo sviluppo e che l'eventuale distorsione della concorrenza generata dagli aiuti alla produzione cinematografica e televisiva deriverebbe più dai requisiti di territorialità che dal livello degli aiuti in sé. Quando tali requisiti superino il livello che può essere considerato accettabile in base ai criteri di necessità e di proporzionalità, essi oltrepasserebbero di fatto i confini della promozione culturale ed avrebbero essenzialmente finalità di tipo economico.
Successivamente la Commissione, pur sottolineando i propri timori con riguardo alle clausole di territorializzazione, ha ritenuto che queste clausole potessero essere ulteriormente giustificate, al fine di garantire il mantenimento delle competenze umane e tecniche occorrenti per realizzare opere a carattere culturale e ha prorogato con una nuova Comunicazione l'applicazione di tali criteri fino al 2007 [41]. La Commissione ha riconosciuto che il settore della produzione cinematografica è sotto pressione (così come sostenuto dagli Stati membri, i quali ritenevano che una modifica delle norme esistenti avrebbe potuto minacciare la stabilità del settore) e si è dimostrata disponibile a considerare la possibilità che in un futuro siano resi disponibili aiuti più ingenti. Ha altresì annunciato la propria intenzione di voler effettuare uno studio sugli effetti dei sistemi di aiuti di Stato, per esaminare in particolare l'impatto economico e culturale delle norme in materia di territorializzazione, specie tenendo conto dei loro effetti sulle coproduzioni. In seguito, la Commissione ha ulteriormente prorogato l'applicazione di tali criteri fino al 2009, per consentire di completare il suddetto studio, che avrebbe dovuto influenzare l'individuazione dei futuri criteri di compatibilità [42].
L'importanza di un simile studio poggia sulla considerazione che se è pur vero che una certa dose di territorializzazione della spesa è necessaria per mantenere le competenze umane necessarie per realizzare opere culturali, tuttavia le clausole che obbligano i produttori a spendere una considerevole parte del budget del film nel territorio dello Stato che offre la sovvenzione potrebbero costituire una barriera alla libera circolazione dei lavoratori, dei beni e dei servizi all'interno dell'Unione europea e al tempo stesso rafforzare la frammentazione del settore cinematografico europeo. In tale contesto, si pone la questione di individuare fino a che punto la deroga culturale consente agli Stati membri di sostenere "le industrie culturali nazionali" a detrimento delle libertà fondamentali del Trattato. Per trovare il giusto equilibrio tra la cultura -concetto definito a livello nazionale- e le libertà del mercato interno, si sperava che la Commissione nell'adottare nuove regole avrebbe tenuto nella dovuta considerazione i risultati dello studio sulla territorializzazione [43].
Ma così non è stato. All'inizio del 2009, la Commissione si è limitata a riconfermare per altri tre anni la validità dei criteri summenzionati [44], giustificando tale scelta sulla base della considerazione che lo studio citato non ha portato a conclusioni decisive a favore o meno dell'impatto economico o culturale delle spese legate alla territorializzazione. Pertanto, ha ritenuto necessario riflettere ulteriormente prima di proporre la modifica dell'attuale criterio di territorializzazione [45].
Tuttavia nella Comunicazione del 2009, la Commissione ha identificato le diverse tendenze che richiedono il perfezionamento dei criteri specifici di compatibilità degli aiuti alla produzione cinematografica e televisiva e di cui si dovrà anche tener conto in una futura Comunicazione sul cinema:
- Il sostegno ad aspetti diversi dalla produzione cinematografica e televisiva, come ad esempio la distribuzione cinematografica e la proiezione digitale
Sebbene la Comunicazione sul cinema si riferisca unicamente alla produzione di film, è stata recentemente applicata dalla Commissione anche allo sviluppo di progetti di film (inclusa la stesura della sceneggiatura) ed alla promozione e alla distribuzione di film [46].
Ad esempio nel recente caso Sostegno al cinema nella Regione Sardegna è stato stabilito che la compatibilità degli aiuti alla produzione di sceneggiature (seppur riguardanti un'attività a monte della produzione di un film e quindi non rientranti nel campo di applicazione della Comunicazione sul cinema) può essere valutata per analogia con i principi enunciati in detta Comunicazione, perché trattasi di un'attività che intervenendo prima dell'inizio del processo produttivo è destinata ad essere integrata nella produzione del film. Nel caso degli aiuti alla promozione e alla distribuzione la Comunicazione sul cinema può servire, invece, da riferimento pertinente, perché tali attività non fanno parte della produzione di un'opera cinematografica, ma vi sono comunque connesse, anche se sono meno strettamente collegate della sceneggiatura [47].
- Ulteriori piani regionali di sostegno al settore cinematografico
Per quanto concerne la posizione della Commissione con riguardo ai fondi regionali, sebbene la Comunicazione sul cinema faccia riferimento alla cultura regionale, i criteri di valutazione degli aiuti di Stato in essa contenuti non distinguono tra cultura nazionale e regionale. Ad esempio, il criterio culturale si riferisce semplicemente a "criteri nazionali verificabili" e il criterio territoriale si riferisce semplicemente sulla libertà di ciascuna casa produttrice di spendere parte del bilancio della produzione in altri Stati membri. Al tempo stesso, la prassi della Commissione ha dimostrato che l'attuale Comunicazione consente l'operatività sia dei fondi nazionali che regionali, così come testimonia la recente tendenza verso la creazione di un numero sempre maggiore di sistemi regionali di aiuti all'industria cinematografica, come nel caso Sostegno al cinema nella Regione Sardegna [48].
- La concorrenza tra alcuni Stati membri nell'utilizzo degli aiuti di Stato per attirare investimenti esteri
Su tale ultimo aspetto occorre precisare che negli ultimi anni sussiste a livello mondiale un considerevole aumento di concorrenza tra Paesi per indurre le grandi case produttrici di film, prevalentemente statunitensi, ad investire nel proprio territorio. In passato gli aiuti di Stato rispondevano alla logica di promuovere l'industria cinematografica nazionale e sulla base di questa premessa sono state dettate le regole attuali. La Comunicazione sul cinema era stata infatti modellata per i sistemi europei di aiuti ai film con l'obiettivo primario di sostenere le culture nazionali e quella europea. La Commissione ritiene, pertanto che sia fondamentale che i sistemi di aiuti nazionali rispettino tuttora le condizioni culturali stabilite nella Comunicazione e non siano meramente uno strumento dettato da considerazioni prettamente economiche piuttosto che culturali per attirare sul territorio massicci investimenti delle majors americane per la realizzazione di film che non hanno alcun legame né con le culture nazionali né con quella europea. Un simile approccio andrebbe a detrimento dell'intera industria cinematografica europea a vantaggio unicamente delle majors americane.
Se è vero che ciascun Stato deve definire autonomamente il concetto di cultura è pur vero che deve farlo "in base a criteri nazionali puntualmente verificabili". Ciò significa che la Commissione deve assicurare che gli Stati membri non abbiano commesso un errore manifesto nel definire lo scopo culturale dei loro sistemi di aiuti e che i criteri stabiliti assicurino il raggiungimento di tale obiettivo. Ad avviso di chi scrive non sussistono ragioni per escludere che la Commissione debba svolgere un simile controllo anche con riguardo agli aiuti indirizzati esclusivamente a richiamare le majors americane.
6.2. Il "cultural test" e la prassi della Commissione
Sulla base delle considerazioni sopra esposte, si comprende come la Commissione sia sempre più impegnata a fare in modo che gli schemi sottoposti alla valutazione di compatibilità siano effettivamente coerenti con le condizioni culturali. La valutazione degli schemi si fonda sull'analisi dei cosiddetti cultural test, ovvero delle "griglie" contenenti gli specifici criteri di eleggibilità, cui è associato un sistema di punteggio minimo e massimo ottenibile per ciascun film. I test sono proposti dalle autorità nazionali e sono sottoposti al vaglio della Commissione, allo scopo di verificare il concreto ed effettivo legame tra l'aiuto concesso e il prodotto culturale che ne beneficia.
E' in tale prospettiva che la Commissione ha approvato fino al 2012 lo schema d'aiuti britannico UK film tax incentive, basato su un cultural test modificato rispetto a quello originariamente notificato dalle autorità inglesi [49]. Per essere eleggibile a beneficiare di tale aiuto, un film deve superare il cultural test, ottenendo almeno 16 dei 31 punti disponibili per categorie di criteri diversi. Sussistono 4 categorie di criteri (c.d. sections) tra cui il c.d. contenuto culturale e il c.d. contributo culturale per i quali sono disponibili fino a 20 punti per assicurare che l'aiuto sia diretto ad un prodotto culturale. Il test originario era diviso in 3 sezioni ed era articolato in maniera tale che un film avrebbe potuto raggiungere il numero di punti sufficiente di 16 senza soddisfare nessuno dei criteri della sezione c.d. "contenuto culturale". Pertanto la Commissione non ha ritenuto tale test in grado di assicurare in maniera certa ed in ogni circostanza che l'aiuto sarebbe stato diretto a un prodotto culturale inglese. Di conseguenza, le autorità inglesi hanno modificato il test, la cui versione inclusa nella legislazione inglese di riferimento è sostanzialmente diversa dall'originaria [50].
Schema:
Section | Revised UK Cultural Test |
Original UK Cultural Test |
A) Cultural content |
16 (52%) |
4 (12%) |
B) Cultural contribution |
4 (13%) |
0 (0%) |
C) Cultural hubs |
3 (10%) |
13 (47%) |
D) Cultural practitioners |
8 (26%) |
13 (41%) |
Overall maximum |
31 (100%) |
32 (100%) |
In base a tale meccanismo, la Commissione ha concluso che il test culturale modificato assicura che il contenuto del film possa ragionevolmente essere definito come culturale. La definizione di film culturale britannico, per la prima volta valutata dalla Commissione nel caso appena esaminato, è stata successivamente utilizzata in diversi schemi di aiuto destinati a film britannici, che la Commissione ha approvato fino al 2012 [51].
Un altro esempio di applicazione del test culturale è rappresentato dal sistema di aiuti German film fund, approvato dalla Commissione fino a fine 2009 per incoraggiare la produzione di film, di documentari e di cartoni animati. L'aiuto è concesso unicamente a favore di film con un contenuto culturale, determinato sulla base ancora una volta di un cultural test. Tale sistema di aiuti rappresenta un modello diverso rispetto a quello britannico sia nella forma, trattandosi di sovvenzioni dirette alle case produttrici, che nella definizione di contenuto culturale. Il test di eleggibilità, infatti, risponde non solo all'obiettivo della promozione della cultura tedesca, ma anche a quello della promozione della cultura europea e contiene inoltre criteri specifici per i film che promuovono il patrimonio culturale universale. Nella sua valutazione, la Commissione ha esaminato in dettaglio i criteri proposti dalle autorità tedesche, la struttura del test ed è giunta alla conclusione che l'aiuto è diretto verso un prodotto con contenuto culturale [52].
Un'ulteriore conferma della tendenza degli Stati ad attirare gli investimenti esteri si trova nel German Film Support Scheme in cui sono state individuate due serie di criteri culturali che i film devono soddisfare per poter beneficiare dell'aiuto. La prima serie di criteri attiene alle produzioni specificatamente nazionali (ossia non co-produzioni) l'altra serie è stata fissata per le co-produzioni e i progetti di co-finanziamento europei e internazionali. Quest'ultima ha espressamente l'obiettivo primario di non rendere lo sviluppo delle co-produzioni internazionali più difficile con requisiti che si riferiscono solo all'area culturale tedesca [53].
Infine si segnala l'adozione da parte dell'Italia di un sistema di incentivi fiscali diretti al settore cinematografico. Si tratta in particolare del regime di aiuti approvato a fine 2008 e destinato alle attività di produzione cinematografica [54]. A tal proposito le autorità italiane hanno fatto leva sulla considerazione che l'identità culturale del cinema italiano è a rischio e sussiste, invece, una considerevole presenza di film commerciali ad alto budget, di origine per lo più statunitense determinata dalla frammentazione delle imprese cinematografiche italiane e da una forte presenza delle majors americane. Di conseguenza si è in presenza di un mercato del cinema incapace di sostenere i film a matrice culturale, caratterizzati da un impatto modesto sul pubblico e da costi di produzione in crescita. Con tale regime di aiuti le autorità italiane hanno inteso rafforzare le potenzialità culturali del cinema. A integrazione del summenzionato regime, la Commissione ha di recente approvato un pacchetto di incentivi fiscali innovativi destinati dall'Italia alle attività di produzione e distribuzione di film culturali europei, che ha come scopo quello di incoraggiare investimenti provenienti da settori diversi da quello della produzione cinematografica [55].
Nell'applicare la disposizione di cui all'art. 87, par. 3, lettera d), la Commissione ha seguito in linea di massima un approccio restrittivo, partendo anche dal presupposto che la deroga culturale non può essere estesa fino a ricomprendere altri tipi di considerazioni politiche (v. caso Kinderkanal und Phoenix). Ciò detto, più di recente la "diversità culturale" è divenuta un parametro per valutare l'ammissibilità di aiuti di Stato e la Commissione ha fatto leva su tale concetto per ritenere applicabile la deroga culturale ad esempio ai videogiochi. Alla diversità cultuale si è richiamata anche nel caso CELF, sottolineando ancora una volta che il rispetto e la promozione della diversità culturale figurano tra i principi fondati del modello europeo e richiamando in proposito la relativa Convenzione dell'Unesco.
D'altro canto, ciò che emerge dall'analisi condotta è una presenza pregnante della Commissione nel settore della cultura, manifestata ad esempio nella citata decisione sui videogiochi in cui ha ribadito la sua funzione di controllo sul contenuto culturale degli aiuti ad attività culturali, nel senso che spetta ad essa verificare che le autorità nazionali abbiano elaborato criteri verificabili che permettano di garantire che nella specie i videogiochi ammissibili abbiano un contenuto culturale. Stesso atteggiamento si riscontra nella recentissima decisione N 293/2008 in cui la Commissione è giunta a sostenere che i musei sono qualificabili come imprese, con conseguente sottoposizione alla disciplina della concorrenza dell'attività museale. Ad avviso di chi scrive, questo è un aspetto del citato fenomeno dell'erosione delle competenze degli Stati a favore dell'azione comunitaria nel settore della cultura: ossia la Commissione tende ad attirare sotto il proprio ambito di azione attività sempre più economicamente rilevanti.
L'azione comunitaria di controllo delle misure nazionali si riscontra del resto anche nel settore del cinema con riferimento all'utilizzazione del test culturale ed all'intervento invasivo nel richiedere che siano delineati in maniera precisa i criteri in base ai quali è valutata la natura culturale del film.
E' fuori dubbio che questo fenomeno potrebbe essere visto positivamente da coloro che ritengono l'intervento della Commissione opportuno e corretto alla luce del rispetto delle regole di concorrenza, invece negativamente da coloro che considerano gli Stati nazionali i pieni depositari delle loro espressioni culturali e auspicano un mantenimento delle priorità nazionali.
Infine, per quanto riguarda il settore del cinema, la Commissione si è limitata a riconfermare fino al 2012 la validità dei criteri di valutazione della compatibilità degli aiuti di Stato. Ha individuato, invece, diverse tendenze, tra cui la concorrenza tra Stati membri nell'utilizzo degli aiuti per attirare investimenti esteri. Non vi è dubbio che tali tendenze potrebbero portare in futuro, ad una modifica dei summenzionati criteri di compatibilità. Di sicuro la Commissione si è espressa in maniera favorevole a rivedere il criterio di territorializzazione anche e soprattutto in considerazione dell'evoluzione del mercato del cinema in Europa.
Note
[1] Regolamento n. 800/2008/CE della Commissione, del 6 agosto 2008, in GU L 214 del 9 agosto 2008, p. 3.
[2] Infine, occorre menzionare il regolamento relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore, che codifica l'applicazione della c.d. regola de minimis, in base alla quale l'aiuto di importo inferiore al massimale di 200.000 euro concesso ad un'impresa nel corso di tre esercizi finanziari e che soddisfa determinate condizioni non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87, par. 1, perché non si ritiene che incida sugli scambi o alteri la concorrenza e non è quindi soggetto all'obbligo di notifica (Regolamento n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006 in GU L 379 del 28 dicembre 2006, p. 5).
[3] Entrambi i documenti pubblicati in GU C 136 del 16 giugno 2009 rispettivamente p. 3 e p. 13.
[4] B. De Witte, The cultural dimension of Community law, in Collected Courses of the Academy of European Law 1993, Vo. IV Book 1, The Hague, p. 288; E. Chiti, la disciplina europea del cinema e dello spettacolo dal vivo, in Aedon, n. 3 /2007, pp. 1-7.
[5] Cfr. L. Bekemans, Le traité de Maastricht et l«éducation, la formation professionnelle et la culture, in Revue du Marché Inique Européen, 2/1993, p. 135
[6] Cfr. L. Mayer-Robitaille, Le statut ambivalent au regard de la politique communautaire, 2004, p. 503; I. Quadranti, La politica culturale europea nel periodo di riflessione sul futuro dell'Unione, in Aedon, n. 3/2006, pp. 1-8.
[7] T. Scharf - I. Orssich Slatevich, The application of State aid rules to culture and sports, in M. Sanchez Rydelsky (ed.) The Application of State Aid Rules to Culture and Sports, 2006, p. 516. I quali fanno notare come tale formulazione più restrittiva non avrebbe avuto de facto un impatto significativo sul controllo effettuato dalla Commissione; J. G. Westerhof - B. Zanettin, State aid to culture and sport, in EU Competition Law - Volume IV State Aid edited by W. Mederer - N. Pesaresi - M. Van Hoof, Leuven, 2008, p. 1402.
[8] S. Foà - W. Santagata, Eccezione culturale e diversità culturale. Il potere culturale delle organizzazioni centralizzate e decentralizzate, in Aedon, n. 2/2004, pp. 1-12.
[9] Cfr. D. Ferri, La Costituzione culturale dell'Unione europea, Padova, 2008, p. 54, che rileva come questa accezione di diversità culturale rispecchi il dato normativo della Convenzione UNESCO sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali del 2005, approvata dalla Comunità europea nel 2006 ed entrata in vigore nel 2007. L'art. 4, 1 comma definisce la diversità culturale come la molteplicità delle forme mediante le quali si esprimono le culture dei gruppi e delle società, e sancisce che la diversità culturale si manifesta non soltanto nelle variegate forme attraverso le quali il patrimonio culturale dell'umanità si esprime ma anche attraverso modi diversi di creazione artistica, di produzione, diffusione, distribuzione e godimento, quali che siano i mezzi e le tecnologie utilizzati.
[10] C. Pauwels, S. de Vinck, B. van Rompuy, Can State Aid in the Film Sector Stand the Proof of EU and WTO Liberalisation Efforts?. in European Studies, 2007, p. 24.
[11] J. G. Westerhof - B. Zanettin, opera citata, p. 1403. Del resto la stessa Commissione nella Comunicazione su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione del 10 maggio 2007 COM/2007/242 def al par. 2 ammette che "di norma si riconosce la difficoltà di definire il termine "cultura". Può indicare le arti, che comprendono una molteplicità di opere d'arte, beni e servizi culturali, e ha anche un significato antropologico. La cultura è alla base di un mondo simbolico di significati, convinzioni, valori, tradizioni, che si esprimono attraverso la lingua, l'arte, la religione e i miti; come tale svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo umano e nella costruzione complessa delle identità e delle abitudini dei singoli e delle collettività".
[12] Comunicazione della Commissione su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione del 10 maggio 2007 COM/2007/0242 def, par. 2.1.
[13] V. ad esempio decisione del 14 dicembre 2004, N458/04 Ayuda pública a Espacio Editorial Andaluza Holding, S.L. in GU C131 del 28 dicembre 2005, p. 12; decisione del 10 dicembre 2008, N 477/2008 German Film Support Scheme in GU C 88/2009 del 17 aprile 2009, p. 2.
[14] Tra cui v. anche decisione del 5.2.2003, N 268/2002 Regione Sicilia. Attuazione dell'articolo 31 della Legge Regionale n. 32/2000 a favore del settore dell'editoria in GU C/143/2003 del 16 giugno 2003, p. 2, in cui la Commissione ha applicato la deroga culturale in quanto la "finalità principale dell'intervento è la salvaguardia di agenzie di produzione culturale nell'isola".
[15] Decisione 2005/262/CE relative à l'aide mise à exécution par la France en faveur de la Coopérative d'exportation du livre français del 20 aprile 2004, in GU L 85/2005 del 2 aprile 2005, p. 27. V. il complesso iter che ha portato a questo provvedimento: decisione del 18 maggio 1993 NN 127/1992, che dichiarava illegittimo l'aiuto concesso a CELF, annullata dal Tribunale di primo grado per errori procedurali, che però ha confermato la correttezza dell'interpretazione dell'art. 87, par. 3, lettera d) operata dalla Commissione (sentenza del 18 settembre 1995, T-49/93 SIDE/Commissione, in Raccolta 1995, p. II-2501, par. 62). Successiva decisione della Commissione del 10 giugno 1998, C39/1996, in GU L 44/1999 del 18 febbraio 1999, p. 37; parzialmente annullata dal Tribunale, T-155/98 SIDE/Commissione (2002) ECR II -1179. Da cui poi la suddetta decisione 2005/262/CE. Per completezza v. anche Corte di Giustizia, 12 febbraio 2008, causa C-166/06 CELF/SIDE.
[16] Principalmente perché la Commissione ha commesso un errore di diritto relativamente agli aiuti versati prima dell'entrata in vigore del Trattato UE, nel considerare la compatibilità con il mercato comune dell'aiuto in virtù di una norma non ancora in vigore (l'art. 87, par. 3 lettera d), allorché avrebbe dovuto applicare le regole in vigore durante il periodo in causa (nella specie art. 87, par. 3, lettera c). Inoltre la Commissione ha sopravvalutato i costi realmente sopportati da CELF per i piccoli ordinativi, commettendo un errore di apprezzamento nell'esame della compatibilità dell'aiuto in questione. V. sentenza del 15 aprile 2008, T-348/04, SIDE/Commissione, disponibile sul sito www.europa.eu. Cfr. K. Bacon, European Community Law of State Aid, Oxford, 2009, p. 126.
[17] Decisione dell'8 aprile 2009 nel caso C39/1996 CELF in GU C 142/2009 del 23 giugno 2009, p. 6.
[18] La Commissione ha ritenuto opportuno, conformemente alla suddetta sentenza del Tribunale, valutare distintamente gli aiuti erogati dopo l'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea da quelli erogati prima. Di conseguenza, riguardo a questi ultimi. si interroga anche sull'applicabilità della deroga prevista all'articolo 87, par. 3, lettera c), in quanto dispone solo di pochi dati per verificare il rispetto del criterio della proporzionalità. In proposito è bene ricordare che il giudizio della Commissione circa la sussistenza o meno dei presupposti per la deroga deve essere condotto anche alla stregua del principio di proporzionalità, in base al quale l'intensità dell'aiuto deve essere proporzionata alla gravità dei problemi da risolvere in modo da ridurre al massimo le distorsioni alla concorrenza.
[19] E. Psychogiopoulou, The Integration of Cultural Considerations in EU Law and Policies, Leiden-Boston, 2008, p. 317.
[20] V. ad esempio decisione del 14 dicembre 2004, N 74/2004 Belgique Aide à la presse écrite flamande in GU C/136/2005 del 3 giugno 2005, p. 41.
[21] Decisione 2006/320/EC, relativa alle misure notificate dall'Italia in favore dell'editoria, del 30 giugno 2004 in GU L 118, del 3 maggio 2006, p. 8.
[22] Cfr. decisione del 29 settembre 1999, NN 88/98, Finanziamento da parte della BBC, tramite il canone, di un notiziario operante 24 ore su 24 senza pubblicità in GU C 78 del 18.3.2000, p. 6; decisione del 24 febbraio 1999, NN 70/98 Staatliche Beihilfe für die öffentlichen Fernsehprogramme Kinderkanal und Phoenix in GU C 238 del 21 agosto 1999, p. 3.
[23] Decisione dell'11 dicembre 2007 C47/2006 (ex. N648/2005) Crédit d'impôt pour la création de jeux vidéo in GU L/118/2008 del 6 maggio 2008, p. 16.
[24] Cfr. D. Ferri, opera citata, p. 200, secondo la quale la Commissione sembra accogliere una nozione antropologica di cultura.
[25] Decisione del 21 gennaio 2003, NN 136a/2002, Ecomusée d«Alsace, in GU C 96 del 24 aprile 2003. Cfr. anche decisione del 28 novembre 2007, N 377/2007 Support to Bataviawerf - Reconstruction of a vessel from the 17th century in GU C 35/2008 dell'8 febbraio 2008, in cui la Commissione rileva che: 1) le attività del cantiere navale e al tempo stesso museo all'aperto Bataviawerf attirano turisti provenienti non dal contesto internazionale, ma esclusivamente dall'area circostante; 2) è improbabile che dei turisti scelgano di fare un viaggio all'estero, nella specie in Olanda, con l'unico intento di visitare questo museo che non gode di fama internazionale.
[26] Cfr. T. Scharf - I. Orssich Slatevich, opera citata, p. 516, i quali, richiamando il caso Altmark, sottolineano che la mera assegnazione di un beneficio ad un'impresa, che inevitabilmente rafforza la sua posizione concorrenziale potrebbe presuntivamente incidere sugli scambi tra Stati membri. In particolare la Corte di Giustizia, sentenza del 24 luglio 2003 C-280/2003 in GU C 226, 20 settembre 2003, p. 1, al punto 77 ha sostenuto che "non è affatto escluso che una sovvenzione pubblica concessa a un'impresa attiva solo nella gestione di servizi di trasporto locale o regionale e non di servizi di trasporto al di fuori del suo Stato d'origine possa, tuttavia, incidere sugli scambi tra Stati membri". Di conseguenza, l'attività deve essere realmente di carattere locale (tale che un'incidenza sugli scambi è virtualmente impossibile) perché essa ricada al di fuori dello scopo dell'art. 87. Cfr. inoltre J. G. Westerhof - B. Zanettin, opera citata, p. 1406. Cfr. inoltre decisione del 26 novembre 2008 N 293/2008 Cultural Aid for multifunctional community cultural centres, museums, public libraries and complementary higher education centres in GU C 66/2009 del 20 marzo 2009; decisione dell'8 aprile 2009 N 540/2008 Cultural aid from Norvegian Funds in GU C 116/2009 del 21 maggio 2009; decisione del 22 febbraio 2008 N778/2007 State aid to "supramunicipal" cultural activities - Basque Country in GU C 94 del 16 aprile 2008.
[27] Decisione del 20 luglio 2005, N123/2005 Cultural Heritage Scheme to Promote Tourism in GU C 314 del 10 dicembre 2005, p. 2; decisione del 18 luglio 2007, N276/2007 Aid measures with a cultural objective under the Regional Development Operational Programmes in GU C 206/2007 del 05 settembre 2007, p. 1.
[28] Decisione del 15 ottobre 2003 N 221/2003 Aviodrome in GU C 301 del 12 dicembre 2003.
[29] Decisione del 10 ottobre 2007, NN 50/2007 State guarantee in favour of Austrian national museums in GU C 308 del 19 dicembre 2007, p. 10.
[30] J. G. Westerhof - B. Zanettin, opera citata, p. 1402.
[31] Decisione del 30 aprile 2008, NN 43/2007 Compensation for loss and damage on objects provided to large pubblic exihibitions in GU C 195 del 1 agosto 2008, p. 1.
[32] Decisione del 26 novembre 2008, N 293/2008 Cultural Aid for multifunctional community cultural centres, museums, public libraries and complementary higher education centres in GU C 66/2009 del 20 marzo 2009. In tale caso si sovvenzionavano (oltre i centri culturali e le biblioteche pubbliche) anche i musei per finanziare i seguenti investimenti: creazione di sale di lettura, spazi per di riposo, stanze per bambini; fornitura di strumenti per le dimostrazioni audiovisive; conversione - installazione di attrezzature interattive multimediali a scopi dimostrativi; installazione di terminali di computer per l'accesso al contenuto digitalizzato del museo; messa a disposizione in formato digitale del contenuto del museo su internet. Per un simile approccio cfr. anche decisione dell'8 aprile 2009, N 540/2008 Cultural aid from Norvegian Funds in GU C 116/2009 del 21 maggio 2009
[33] Cfr. L. Bellucci, Cinema e aiuti di Stato nell'integrazione europea - Un diritto promozionale in Italia e in Francia, Milano, 2006, p. 268.
[34] Comunicazione su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive del 26 settembre 2001, COM (2001) 534 def. in GU C 43 del 16 febbraio 2002.
[35] Cfr. comunicato stampa IP/09/138 della Commissione del 28 gennaio 2009, disponibile sul sito Internet: www.europa.eu.
[36] In tale contesto pare opportuno ricordare che sebbene prima dell'introduzione della deroga culturale si riteneva che la cultura in generale dovesse essere esentata dall'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato, la Commissione in realtà ha esaminato e approvato una serie di sistemi di aiuti alla cultura in base all'art. 87, par. 3 lettera c), inclusi aiuti al settore audiovisivo, cfr. G. Ress, Kultur und Europäischer Binnenmarkt, Stuttgart, 1991, p. 146; J. Broche - O. Chatterjee - I. Orssich - N. Tosics, State aids for films - a policy in motion, in Competition Policy Newsletter, 1/2007, p. 1.
[37] J. Broche - O. Chatterjee - I. Orssich - N. Tosics, opera citata, p. 44.
[38] Ad esempio nel recente caso German Film Support Scheme si stabilisce che l'intensità dell'aiuto rivolto alla produzione dei film può ammontare nei suddetti casi fino all'80% (intendendo per film con risorse finanziarie modeste quei film i cui costi di produzione sono inferiori alla media dei costi di produzione dei film promossi dal Federal Film Board nell'anno precedente; film difficili sono invece definiti i film che si ritiene abbiano una scarsa accettazione sul mercato e che quindi hanno scarse possibilità di commercializzazione in virtù del loro carattere sperimentale o perché ad esempio il loro contenuto o la presentazione artistica e/o tecnica comporta dei rischi elevati). In via eccezionale in caso di produzioni molto piccole e in presenza di film considerati al tempo stesso difficili e con risorse finanziarie modeste l'intensità degli aiuti per un cortometraggio può toccare il 100%. Cfr. decisione del 10 dicembre 2008, N 477/2008 in GU C 88/2009 del 17 aprile 2009, p. 2.
[39] Nel caso Sostegno al cinema nella regione Sardegna, decisione del 16 luglio 2008, N 60/2008 in GU C/217 del 26 agosto 2008, p. 2, la Commissione ha precisato come gli aiuti accordati a progetti di sceneggiatura di lungometraggi di interesse regionale, sebbene non sostengono l'insieme della produzione di un'opera, non potrebbero tuttavia essere interpretati come misura contraria alla disposizione che non autorizza supplementi di aiuto destinati ad attività specifiche. Nel caso di specie, non vi è alcun obbligo di spesa sul territorio regionale o nazionale. Tenuto conto dell'insieme delle caratteristiche della misura, la limitazione dell'aiuto unicamente alla sceneggiatura non è atta ad incentivare la realizzazione dell'attività sovvenzionata sul territorio regionale o nazionale. Non vi è quindi motivo di temere la presenza dei possibili rischi di distorsione citati dalla Comunicazione.
[40] D. Ferri, opera citata, p. 92. Cfr. decisione del 12 settembre 2008, N 202/2008 Hungarian film support scheme in GU C/273/2008 del 28 ottobre 2008, p. 1; decisione del 16 luglio 2008, N233/2008 Support for film projects and film culture projects in Latvia in GU C/229/2008 del 6 settembre 2008, p. 4.
[41] Comunicazione della Commissione, sul seguito alla comunicazione della Commissione su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive del 26 settembre 2001, del 30 aprile 2004, COM (2004) 171 def. in GU C 123 del 30.4.2004.
[42] Comunicazione della Commissione, relativa alla proroga della Comunicazione facente seguito alla comunicazione della Commissione su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive del 26 settembre 2001, in GU C 134 del 16 giugno 2007.
[43] J. Broche - O. Chatterjee - I. Orssich - N. Tosics, opera citata, p. 44.
[44] Comunicazione della Commissione relativa ai criteri di valutazione degli aiuti di Stato di cui alla Comunicazione della Commissione relativa a taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive del 26 settembre 2001 in GU C 31 del 7 febbraio 2009
[45] I risultati dello studio sull'impatto economico e culturale delle spese legate alla territorializzazione, sono stati pubblicati nel maggio 2008. Lo studio ha evidenziato il pericolo di una situazione di conflitto tra norme e di incertezza giuridica dovuta alla molteplicità di forme e contenuti dei requisiti di territorializzazione presenti negli attuali sistemi di aiuto europei. Ha inoltre sottolineato la mancanza di chiare indicazioni circa la possibilità che tali requisiti possano rappresentare un ostacolo agli accordi di coproduzione ed ha accertato come sia opinione comune che coproduzione e clausole di territorializzazione siano complementari (le coproduzioni sono intraprese per avere accesso alle sovvenzioni disponibili in altri Stati e tali sovvenzioni non sarebbero disponibili senza un grado di territorializzazione). Inoltre, non è stato possibile determinare se la territorializzazione è causa di un maggiore fatturato dell'industria audiovisiva di uno Stato membro o viceversa se la misura del fatturato crea pressione per una maggiore territorializzazione. I dati a disposizione dimostrano inoltre che i costi per la produzione di film sono maggiori in Paesi che applicano i requisiti di territorializzazione rispetto a quei Paesi in cui non si applicano. Infine, lo studio ha riscontrato che l'eliminazione delle regole sulla territorializazzione potrebbe portare ad un aumento della c.d. territorializzazione implicita; in sostanza se fossero rimosse dai sistemi di aiuti le clausole esplicite sulla territorializzazione, la situazione non cambierebbe in maniera rilevante e diventerebbe addirittura meno trasparente e come risultato la circolazione di film tra diversi Paesi e culture potrebbe essere resa più difficile. Cfr. Study on the economic and cultural impact, notably on co-productions, of territorialisation clauses of state aids schemes for films and audiovisual productions disponibile sul sito Internet: www.europa.eu, v. in particolare pp. XVI-XVIII dell'executive summary.
[46] Cfr. la decisione del 11 dicembre 2007, UK film development and production funds, NN 6/2006 in GU C/41 del 15 febbraio 2008 p. 1, in cui gli schemi di aiuti autorizzati si riferiscono oltre che alla produzione anche allo sviluppo, distribuzione e promozione di film culturali britannici. Decisione del 10 dicembre 2008, N 477/2008 German Film Support Scheme in GU C 88/2009 del 17 aprile 2009, p. 2.
[47] Ciò significa che la Commissione opererà una valutazione separata sulla necessità e la proporzionalità di tali misure direttamente in base all'art. 87, par. 3, lettera d). Nel caso, invece, di misure di sostegno all'organizzazione di seminari, festival, convegni e premi, la citata Comunicazione non costituisce, una base pertinente per analizzarne la compatibilità, né direttamente né per analogia, perché queste misure non sono collegate né direttamente né indirettamente alla produzione di un'opera cinematografica specifica. Tenuto conto del loro obiettivo, dette misure che favoriscono attività non connesse alla produzione di film sono state direttamente valutate in base all'art. 87, par. 3 lettera d), cfr. J. Broche - O. Chatterjee - I. Orssich - N. Tosics, opera citata, p. 44. V. decisione del 16 luglio 2008, Sostegno al cinema nella regione Sardegna, N 60/2008 in GU C/217 del 26 agosto 2008, p. 2. La Commissione ha approvato un regime triennale di aiuti che copre tutte le misure adottate dalla Sardegna per sostenere i film di interesse regionale e culturale e intende promuovere in via prioritaria la realizzazione, la produzione e la distribuzione dei film che riflettono la cultura sarda. Esso prevede prestiti a tasso agevolato per la produzione di lungometraggi, contributi per le sceneggiature dei lungometraggi e la produzione di cortometraggi e un sostegno per la distribuzione di lungometraggi e l'organizzazione di festival cinematografici.
[48] Cfr. Comunicato stampa della Commissione del 28 dicembre 2009 MEMO/09/33 disponibile sul sito Internet www.europa.eu; decisione del 4 giugno 2007, Filmförderung Hessen - Verlängerung der Beihilferegelung N 411/04, N238/2007 in GU C/154/2007 del 7 luglio 2007, p. 7; decisione del 19 maggio 2009, Film aid in Mecklenburg-Vorpommern, N386/2008, non ancora pubblicata.
[49] Decisione del 22 novembre 2006, UK Film Tax Incentive N 461/05 in GU C/9 del 13 gennaio 2007, p. 1. In tale schema, l'aiuto consiste in un aumento della deduzione fiscale e di un credito d'imposta esigibile in favore della produzione cinematografica. L'uno consente ad una casa produttrice di beneficiare per determinati costi di produzione di una deduzione maggiore di quella consentita dalla legislazione fiscale britannica ordinaria. L'altro, invece, consente all'impresa produttrice di film di ricevere un pagamento in denaro pari fino al 25% delle perdite fiscali.
[50] La sezione "contenuto culturale" comprende 4 criteri: grado di ambientazione del film in Gran Bretagna; quota dei principali personaggi che sono cittadini britannici o residenti in Gran Bretagna e percentuale dei dialoghi originali in lingua inglese. A seguito delle modifiche è stata inserita la nuova sezione "contributo culturale" che comprende tre criteri: diversità culturale, cultural heritage e creatività culturale (il film riflette rispettivamente la diversità culturale, il patrimonio culturale e la creatività culturale britannica). Le due sezioni nell'insieme rappresentano il 65% dei punti complessivamente disponibili (20 su 31 punti). Pertanto un film che soddisfa solamente i criteri contenuti nelle due sezioni potrebbe raggiungere i 16 punti necessari per superare il test. Inoltre, nel caso ipotetico di un film che soddisfi tutti criteri delle altre due sezioni, ottenendo quindi gli altri 11 punti disponibili e inoltre soddisfi pienamente anche il criterio dell'uso della lingua conquistando i 4 punti di spettanza non potrebbe ciò nonostante superare il test senza soddisfare almeno un ulteriore criterio culturale contenuto nelle sezioni in precedenza menzionate.
[51] Decisione dell'11 dicembre 2007, UK film development and production funds, NN 6/2006 in GU C/41 del 15 febbraio 2008, p. 1.
[52] Un film per potersi qualificare per l'aiuto deve innanzitutto soddisfare un numero minimo di criteri nella parte "contenuto culturale" (il c.d. pre-test). In aggiunta, il film deve raggiungere un punteggio minimo dei punti totali disponibili nel test. Cfr. decisione del 20 dicembre 2006, German Film Fund, Anreiz zur Stärkung der Filmproduktion in Deutschland N695/2006 in GU C 14 del 20 gennaio 2007, p. 2.
[53] Decisione del 10 dicembre 2008, N 477/2008, Deutsches Filmförderungsgesetz in GU C 88 del 17 aprile 2009, p. 2, che riguardava un regime di aiuto nella forma di sovvenzione a fondo perduto e di abbuono di interessi rivolti alla sceneggiatura, alla produzione, al marketing e alla distribuzione di film.
[54] Decisione del 18 dicembre 2008, N595/2008 - Incentivi fiscali alle attività di produzione cinematografica: autorizzazione dell'aiuto di Stato in GU C/38 del 17 febbraio 2009, p. 6. Il regime introduce tre misure fiscali distinte: due crediti d'imposta, l'uno volto a sostenere la produzione di film europei culturali e l'altro film di particolare interesse culturale, nonché uno scudo fiscale per i film culturali europei. Anche in questo regime è previsto un test culturale ed a ciascuna delle tre misure fiscali previste dal regime si applicano criteri culturali distinti. Per una prima analisi cfr. F. Portolano - Y. Pecoraro, A Few Dollars More? New Tax Provisions to Develop the Italian Film Industry, in Entertainment Law Review, Volume 20 Issue 6/2009, p. 230.
[55] Decisione del 22 luglio 2009, C25/2009 (ex N673/2008) Incentivi fiscali concessi dall'Italia alle attività di produzione cinematografica in GU C 196 del 20 agosto 2009, p. 9. Il pacchetto di incentivi prevede: credito d'imposta e agevolazione fiscale destinati ad imprese non appartenenti al settore cinematografico che investono nella produzione di film culturali europei; credito d'imposta destinato a distributori ed esercenti di opere cinematografiche che investono nella produzione di film di particolare interesse culturale; e credito d'imposta e agevolazione fiscale destinati a distributori di film culturali europei. Inoltre, ha contemporaneamente avviato un'indagine formale in merito alla proposta di sostegno al cinema digitale, poiché sospetta che la misura possa andare a vantaggio principalmente dei grandi multiplex, che dovrebbero avere minore necessità di un sostegno.