Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di
Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici
a cura di Roberto Chieppa
giugno-settembre 2008
Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.
Cons. Stato, VI, 23 giugno 2008, n. 3154, Pres. Varrone, Est. Barra Caracciolo. Sull'obbligo di restituzione dei beni di valore culturale che siano stati appresi da uno Stato avvalendosi dell'uso della forza.
E' legittimo il decreto avente ad oggetto il passaggio della "statua marmorea acefala di Afrodite", c.d. "Venere di Cirene", dal demanio al patrimonio dello Stato", al fine di procedere al trasferimento della statua presso gli istituti museali della Repubblica di Libia.
Il regime giuridico di appartenenza dell'opera in questione, sia al patrimonio indisponibile in base all'art. 826, comma 2, del Codice civile, sia, in alternativa, al demanio statale (per effetto dell'inserimento della statua nelle collezioni museali) in base all'art. 822, comma 2, cod. civ., non è assolutamente inderogabile, e il trasferimento della proprietà del bene è possibile in forza di "fatti giuridici di diritto pubblico" contemplati dalle leggi speciali, tra cui gli obblighi internazionali di restituzione di cose di interesse culturale.
In base ai principi di diritto internazionale generale, aventi fondamento consuetudinario ed applicazione interna sovraordinata alle leggi ordinarie in virtù dell'art. 10, comma primo, Cost., sussiste l'obbligo di restituzione dei beni di valore culturale che siano stati appresi da uno Stato avvalendosi dell'uso della forza (con occupazione militare, ovvero con annessione coloniale sempre in virtù di azione militare).
Il principio di autodeterminazione include anche l'identità ed il patrimonio storico e culturale connessi al territorio di ciascuno Stato sovrano o comunque propri di una popolazione soggetta a governo straniero; ne discende che la tutela di tale identità culturale-territoriale comporta, a carico di chi la violi, anche con un precedente uso della forza riconducibile a dominazione coloniale od eventi bellici risalenti nel tempo, un obbligo di restituzione dei beni culturali in cui si materializza il contenuto ideale identitario violato.
Cons. Stato, VI, 23 giugno 2008, n. 3156, Pres. Barbagallo, Est. Chieppa. Sull'imposizione di un vincolo in ordine a un monumento, sottratto alla competenza delle provincia autonoma di Bolzano in sede di normativa di attuazione dello Statuto.
Costituisce un implicito riconoscimento della valenza storico-artistica di un bene, pur essendo poi necessaria l'imposizione del vincolo, l'affermazione dell'importanza di un monumento sotto il profilo storico da parte delle norme di attuazione dello Statuto speciale del Trentino Alto Adige (d.p.r. 20 gennaio 1973, n. 48 che esclude dalla competenza provinciale due beni definiti di interesse nazionale, tra cui il "Monumento all'Alpino", di Brunico).
Il provvedimento di imposizione di un vincolo è adeguatamente motivato con riguardo ad un ampio valore simbolico del "Monumento all'Alpino", di Brunico, distrutto nel 1943 in seguito all'occupazione tedesca e ricostruito ex novo nel 1951 dallo scultore gardenese Rodolfo Moroder e successivamente oggetto di numerosi attentati, che la distrussero nuovamente fino all'attuale permanenza del solo busto dell'Alpino e di un frammento lapideo.
L'imposizione del vincolo non impedisce al comune di procedere alla risistemazione della piazza, anche essa parzialmente vincolata, derivando dal vincolo non l'immutabilità dei luoghi, ma la necessità che ogni modificazione sia preventivamente autorizzata.
Cons. Stato, VI, 11 luglio 2008, n. 3507, Pres. Ruoppolo, Est. Giovagnoli. Sulla legittimazione ad impugnare provvedimenti in materia di beni culturali da parte di enti rappresentativi di interessi diffusi.
Un ente esponenziale che persegue lo scopo statutario di tutela del patrimonio storico, artistico e culturale non è legittimato ad impugnare atti potenzialmente idonei a pregiudicare un bene culturale a fruizione collettiva quando risulti che la sua azione è carente di stabilità e continuità, essendo l'associazione nata con il fine principale perseguire l'azione giurisdizionale popolare in veste diversa.
Cons. Stato, VI, 22 settembre 2008, n. 4569, Pres. Ruoppolo, Est. Scola. Sui termini per l'esercizio del diritto di prelazione e sul riparto di competenze tra Giunta e Consiglio comunale.
Il termine di sessanta giorni previsto per l'esercizio della prelazione dall'art. 62, comma 3, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla data di notifica della denuntiatio ed anche in questa materia risulta applicabile il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario, sicché le norme in tema di notificazioni di atti processuali vanno ora interpretate nel senso che "la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario [ovvero, come nel caso di specie, al messo comunale].
Al fine di individuare la corretta ripartizione delle competenze nell'adozione degli atti di prelazione di cui all'art. 62 del d.lg. 42/2004, occorre distinguere fra l'atto di cui al comma 3 dell'art. 62, con cui viene in concreto esercitato il diritto di prelazione, determinandosi il trasferimento del bene in capo all'ente che l'abbia adottato (l'atto in questione rientra pleno jure fra quelli inerenti alla materia degli "acquisti ed alienazioni immobiliari" di cui è menzione all'art. 42, comma 2, lettera l), Tuel-decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con la relativa competenza del Consiglio comunale), e quello di cui al comma 2 dell'art. 62, cit. (con cui l'ente interessato formuli nei confronti del competente ministero la propedeutica proposta di prelazione): atteso il carattere meramente preparatorio di tale atto, prodromico rispetto al trasferimento della titolarità del bene, esso non può correttamente essere ascritto al novero di quelli menzionati nell'art. 42, Tuel, con la conseguenza che la relativa competenza correttamente va ascritta all'ambito operativo della Giunta comunale (v. art. 48, Tuel).
Cons. Stato, VI, 17 luglio 2008, n. 3609, Pres. Barbagallo, Est. Contessa. Sulla motivazione del provvedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.
In sede di esame del contenuto dell'autorizzazione paesistica, il ministero per i Beni e le Attività culturali può motivatamente valutare se la gestione del vincolo sia avvenuta con un atto legittimo, rispettoso di tutti i principi, e annullare l'autorizzazione che risulti illegittima sotto qualsiasi profilo di eccesso di potere, compreso il travisamento dei presupposti fattuali posti a fondamento dell'esercizio dell'attività autorizzatoria (nel caso di specie, l'autorizzazione annullata era stata fondata sul presupposto, risultato erroneo, della totale non visibilità dell'intervento dal sottostante lago).
Cons. Stato, VI, 4 agosto 2008, n. 3893, Pres. Barbagallo, Est. Buonvino. Sull'immediata applicabilità alle regioni di alcune norme del Codice del paesaggio e sulla vigenza di norme regionali preesistenti.
L'art. 137 del d.lg. 42/2004, come modificato dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, mira semplicemente a ridisciplinare, sul piano strutturale-organizzativo, le Commissioni provinciali, per le quali l'originaria formulazione del Codice prevedeva, che: "con atto regionale è istituita per ciascuna provincia una commissione con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a) e b) e delle aree indicate alle lettere c) e d) dell'articolo 136". Così operando, peraltro, il legislatore nazionale, con norma valida per tutte le regioni, si è limitato a dare facoltà alle stesse di istituire non più necessariamente una Commissione per ogni provincia, ma, se del caso, anche una sola Commissione per tutta la regione, senza, peraltro, imporre in alcun modo, l'una o l'altra opzione. Modifiche di portata strutturale-organizzativa così modeste e destinate, potenzialmente, a trovare, nelle singole regioni, soluzioni variamente differenziate date le opzioni offerte, non possono assurgere al rango di fondamentali norme di principio di riforma economico-sociale; tanto più che non si tratta di norma destinata ad operare quale forma di tutela diretta dei beni paesaggistico-ambientali o volta a incidere direttamente sui titolari degli stessi o introdotta a diretto beneficio della collettività.
Deve, pertanto, ritenersi che, per ciò che attiene alla regione Sardegna sia tuttora pienamente vigente il disposto di cui all'art. 33 della legge regionale n. 45 del 22 dicembre 1989, il quale prevede una peculiare composizione delle Commissioni provinciali di cui all'art. 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.
Cons. Stato, VI, 23 settembre 2008, n. 4576, Pres. Barbagallo, Est. Taormina. Sulla partecipazione del privato al procedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.
Ai sensi dell'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241, e del decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495, deve ritenersi sussistente il diritto dell'interessato ad essere avvisato dell'avvio del procedimento relativo all'adozione del provvedimento ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate ai sensi dell'art. 7 l. 1497/1939, in quanto è conforme al pubblico interesse che l'amministrazione si pronunci sulla base di ogni elemento fornito dall'interessato, il quale può rappresentare all'organo statale che, pur se l'autorizzazione è carente per difetto di motivazione, non sussistono ragioni sostanziali per disporne l'annullamento.
Il termine assegnato al privato per la presentazione memorie e osservazioni non può essere talmente ridotto da risultare incongruo e non garantire la possibilità per il privato destinatario del provvedimento di controdedurre in fase procedimentale (il termine era nella specie di giorni 18).