Incontro di studio L'intervento pubblico per la
promozione
delle attività culturali – Cinema e spettacolo dal vivo
(Roma, 9 ottobre 2007)
Alcune riflessioni preliminari sul finanziamento pubblico allo spettacolo dal vivo
di Luca Zan
Presso il dipartimento di Scienze aziendali dell'Università di Bologna stiamo conducendo una ricerca sul finanziamento pubblico allo spettacolo dal vivo per conto del ministero [1]. La particolarità di questa ricerca è che non ragioniamo semplicemente sui dati di finanziamento così come normalmente si conoscono, partendo dall'esito del processo di assegnazione dei fondi: piuttosto abbiamo analizzato il processo stesso di allocazione, nel rapporto tra finanziamenti richiesti e ottenuti. Senza voler qui anticipare in modo sistematico le emergenze empiriche di questa ricerca che verrà a breve presentata, mi limito ad alcune considerazioni di larga massima a partire dal lavoro che da oltre un anno stiamo conducendo.
1. Una considerazione solo apparentemente di "feeling" è che si è trattato di una ricerca maledettamente noiosa (interessante sì, ma noiosa), A di là del dato impressionistico, questo tradisce un elemento importante della complessiva impalcatura del finanziamento pubblico allo spettacolo, vale a dire un elevato - esasperato? - grado di procedurizzazione, burocratizzazione, di riduzione a calcolo puramente numerico (gli inglesi parlerebbero di accountingization, di ragionierizzazione). All'inizio della ricerca temevamo (col senno di poi, c'era da sperare) di trovarci in qualche momento impreparati rispetto alle scelte in oggetto, per mancanza di conoscenze approfondite in alcuni dei settori di finanziamento (se uno ha conoscenze e passioni approfondite nella musica colta, non necessariamente ha lo stesso livello di conoscenza e preparazione nelle problematiche del teatro o del balletto). E invece nulla: nel corso di un anno di lavoro non abbiamo mai intercettato traccia di discussioni su questioni che richiedano una competenza ancorché minima di specifiche forme artistiche nel processo di allocazione. Per capire le politiche culturali nello spettacolo basta conoscere Excel; l'estetica non serve, né un discorso sulla qualità. Il risultato è paradossale: la "nostra" noia è un dato organizzativamente importante, segnala la totale marginalizzazione di scelte di merito (e la necessità di competenze adeguate) nel processo di allocazione del finanziamento pubblico.
2. Un secondo elemento di interesse - con possibile valenze anche sul piano più propriamente teorico e epistemologico, almeno nella prospettiva degli studi di management - è la relazione tra norma e applicazione, spesso concepita in modo lineare, non problematica. Da questo punto di vista, in via provocatoria si potrebbe dire che poco interessano i dibattiti sulle "politiche culturali" che in realtà sono dibattiti su politiche amministrative per la cultura, che poi si traducono solo parzialmente in prassi amministrative. Non penso a distorsioni particolari introdotte nel processo di amministrazione della norma (da studioso di management mi verrebbe da dire nel processo di "gestione" della norma). Il problema è che raramente la norma è in grado di definire in via esaustiva e deterministica il comportamento dell'organizzazione che deve applicarla, e si rendono possibili comportamenti "emergenti", non previsti, o in parte antitetici a dichiarazioni di principio contenute nella norma. In breve, uno degli elementi più interessanti che emergono dalla ricerca è la varietà del grado in cui le finalità dichiarate dalla norma vengono perseguite, e l'emergere di fenomeni e comportamenti di fatto nella amministrazione della norma che portano a risultati non previsti dalla norma stessa (talora con effetti perversi, come nel caso delle fondazioni lirico sinfoniche, o nel caso della totale mancanza di rinnovamento dei soggetti finanziati e la marginalizzazione delle nuove istanze).
3. Un terzo elemento è la tendenziale non trasparenza del sistema, per larga parte farcito con una retorica di progetto che viene perseguita solo di rado. Non è solo il problema di un 48% del Fus, ad essere bloccato per le Fondazioni lirico sinfoniche, come spesso si afferma nel dibattito: si può dimostrare che nei comportamenti di fatto circa l'84 del finanziamento allo spettacolo dal vivo è stabile, assegnato in via continuativa alle stesse organizzazioni nel tempo, e che solo il 12% è effettivamente destinato a "progetti", valutati in quanto tali. Ancora, non è una critica ai comportamenti di fatto nell'amministrazione della norma. Peraltro gli eccessi della "retorica del progetto" sono noti a chi si occupa di management (col rischio di non premiare mai quello che ordinariamente si fa e il back-office delle organizzazioni, costringendole a inventare qualcosa di "altro", spesso con aggravio di risorse). Che il funzionamento si prenda più dell'80% non turba: turba e disturba che questo venga celato in una logica di progetto, che non è il linguaggio (prima ancora della strumentazione) adeguato a calibrare risorse di funzionamento. In altre parole: si decida in che misura si vuole finanziare funzionamento/ordinario/back-office e quanto si vuole finanziare progetti/iniziative, e poi si scelgano strumentazioni diverse e coerenti.
(Sorvolo qui sui problemi di scarsa trasparenza legati alla "creatività" del legislatore in tutto quel gioco di norme ad hoc che stanno dietro al cosiddetto "ExtraFus", che piuttosto che un semplice "rabbocco di risorse" - mi si passi l'espressione - si accompagna ad un complesso e forse un po' bizantino processo di "rabbocco di norme").
Elemento di fondo che la nostra ricerca dimostra è come la qualità intrinseca (dell'organizzazione o del progetto) sia di fatto elemento marginale nei processi di allocazione. Il che, per organizzazioni altamente "reputazionali" come queste, va detto, è un po' sconcertante.
Note
[1] "Risorse per lo Spettacolo. Ricerca esplorativa su trasparenza, accountability e efficacia della spesa pubblica nel comparto dello spettacolo dal vivo". Collaborano alla ricerca Sara Bonini Baraldi, Paolo Ferri, Mari Lusitani, Marcello Mariani. La ricerca è stata finanziata da Art'è, Giovanni Battista Colombo, Tecton.