Recensione
Good and Plenty: The Creative Successes of American Arts
Funding,
di Tyler Cowen, Princeton
and Oxford, Princeton University Press, 2006, pp. 194.
1. In questo studio, Tyler Cowen, economista presso la George Mason University, (Va, Usa), affronta, come si evince dal titolo, il tema del finanziamento alla cultura nel sistema americano.
Il tema, che attiene al "ruolo" da riconoscere alla parte pubblica nella promozione della cultura, in realtà, è di quelli che da tempo, in Italia ed in Europa, occupano l'attenzione di giuristi ed economisti della cultura.
Ci si confronta, dunque, con un problema, quello del finanziamento pubblico delle attività culturali, che pur tradizionalmente ricondotto al dibattito sulle modalità e condizioni della presenza pubblica, è poi diventato, nella più recente elaborazione, quello della ricerca di un equilibrio tra "Stato" e "mercato". Ci si riferisce, tra gli altri, ad un recente contributo di Walter Santagata, La fabbrica della cultura - Mulino 2006 -, il quale segnala la necessità, in una società globale, di pervenire ad una ridefinizione delle politiche culturali, prediligendo un sistema orientato al recupero di creatività e dunque alla produzione piuttosto che conservazione di cultura.
Ed in effetti, la necessità di affrontare alcune priorità - l'esigenza di razionalizzare la spesa pubblica, le nuove questioni poste dalla globalizzazione del mondo dell'arte e dell'industria culturale e dalla diffusione delle nuove tecnologie - ha spostato l'attenzione della dottrina verso la ricerca di nuove politiche culturali.
Anche Cowen si fa interprete di questa necessità, affrontando il tema nella medesima prospettiva accolta in ambito europeo.
In sostanza, muovendo dall'analisi delle due contrapposte tesi elaborate dalla dottrina economica, quella che sostiene l'opportunità di un intervento pubblico diretto dello Stato a sostegno delle manifestazioni artistiche e quella, propugnata dai liberisti, che opta per forme di intervento indiretto, l'A. riflette sul modo di riannodare le due posizioni mostrando "how close the two views might be brought together". Una soluzione, quest'ultima, già rinvenibile nella letteratura in materia, a partire, fra gli altri, dal contributo di Carla Barbati che nel saggio Istituzioni e spettacolo: pubblico e privato nelle prospettive di riforma, del 1996, edito dal Mulino, declina il rapporto tra intervento pubblico e iniziativa privata, con riferimento al settore delle attività culturali, in termini di complementarietà.
Ed è proprio attorno a queste categorie - finanziamento diretto e finanziamento indiretto - che Cowen sviluppa l'intera ricerca. Il volume si compone, infatti, di cinque capitoli di medesima estensione: il primo, "Warring Perspective" assolve una funzione introduttiva. L'A. dichiara lo scopo del suo lavoro e descrive, sia pure a livello essenzialmente teorico, i vari approcci alle politiche culturali, fra i quali individua come particolarmente significativi, quello estetico e quello economico, "the Decentralization Argument" e "the Prestige Argument". Il che lo porta, appunto, a confrontare ciascuno di essi con le due più generali categorie. Nella consapevolezza che "we can not resolve these difference on a purely theoretical level", Cowen dedica i successivi due capitoli alla storia delle politiche culturali americane e del finanziamento alla cultura, verificando le forme di volta in volta assunte dagli interventi pubblici. Il quarto capitolo è dedicato ad alcune riflessioni sul regime giuridico di tutela della proprietà intellettuale. Il volume si chiude infine con le considerazioni dell'A. su "what exactly should be done and why".
La ricerca offre dati e informazioni circa gli interventi, sia diretti sia indiretti, effettuati dal governo, analizzandone presupposti e conseguenze. Il punto di osservazione accolto dall'A. è quello delle scelte del governo federale, ciò senza alcun riferimento alle politiche dei singoli Stati membri.
Questa sistematica porta l'A. a confrontarsi ripetutamente con il "modello europeo". Un approccio che si spiega con la necessità, particolarmente sentita dall'A., di riabilitare la politica culturale americana, mostrando come nel modello elaborato negli Stati Uniti, pur in assenza di un apposito organismo a livello ministeriale a ciò deputato, il ruolo del governo rispetto a tali tematiche si sia rivelato molto più efficace di quello svolto da molti Stati europei.
L'obiettivo principale delle riflessioni svolte dall'A., sembra, comunque, ravvisabile nell'intento di riportare il dibattito intorno alla politica culturale su un tema centrale che non attiene a quello concernente "how much money a given strumental agency should receive" ma piuttosto a quello che riguarda "what general steps a government can take to promote a wide variety of healthy" and "diverse funding sources for the arts".
Ciò sul presupposto che il modello americano sia in grado più di ogni altro di promuovere la creatività in campo artistico, separando l'arte da ogni implicazione politica e conciliando al contempo le ragioni dei sostenitori dell'approccio estetico con quelle dei sostenitori dell'approccio di tipo meramente economico.
Quale presupposto di una efficace politica culturale, Cowen propone, d'altro canto, il superamento della tradizionale e secca contrapposizione tra "approccio estetico" e "approccio economico".
2. Come si è detto, nello svolgere queste sue riflessioni, Cowen considera partitamente gli interventi indiretti e quelli diretti.
Sui sussidi indiretti si fondano le scelte del governo americano in tema di cultura. L'autore si sofferma nel secondo capitolo nella descrizione di tale sistema, mostrando come, a differenza del modello europeo generalmente basato su forme di intervento pubblico diretto, esso si riveli molto più efficiente nel sostegno alla cultura.
Si tratta di un modello che, fondato prevalentemente su un sistema di tassazione, attraverso la previsione di forme di esenzione per le fondazioni e di deduzione fiscale per i cittadini e per le società, favorisce il mecenatismo e promuove l'arte nelle sue più svariate manifestazioni.
L'autore evidenzia come sia proprio il sistema di tassazione a costituire la maggiore fonte di finanziamento per la cultura, mostrando ancora una volta come, per converso, nel modello europeo, stante l'incapacità dei governi di garantire simili benefici fiscali, il mecenatismo sia quasi del tutto inesistente.
Ciò senza contare come tale approccio escluda qualsiasi interferenza diretta del governo nelle scelta dei destinatari dei finanziamenti. Si tratta di un sistema che, promuovendo una pluralità di iniziative "decentrate" serve a garantire la neutralità dello Stato centrale rispetto alle attività culturali.
L'A., peraltro, ritiene che il successo del modello americano vada al di là delle scelte in tema di tassazione e si spieghi alla luce di più ampi interventi che, pur riguardando svariati aspetti delle politiche del governo, finiscono con il favorire l'arte e promuovere la creatività.
Accanto a questi Cowen pone i sussidi indiretti alle istituzioni religiose, la pubblicità fornita dal governo a molti artisti attraverso l'istituzione di premi, il sostegno fornito a quegli artisti, che quali pubblici impiegati erano in grado di mantenersi grazie allo stipendio percepito dallo Stato, considerati gli scarsi introiti percepiti con la loro arte.
Del pari, anche il sistema universitario americano viene descritto dall'A. come un importante veicolo per il finanziamento alla cultura, sia, appunto, quale datore di lavoro di artisti sia quale centro culturale (dedito, tra le altre, all'organizzazione di mostre, concerti etc.). Ciò senza considerare i sussidi "concessi" al sistema educativo, tanto pubblico quanto privato, attraverso forme di esenzione e deduzione fiscale.
3. Nel terzo capitolo l'A. si sofferma sui sussidi diretti descrivendone l'evoluzione e mostrandone le poche luci e le molte ombre. Ciò sul presupposto che il sostegno diretto all'arte non promuova la creatività sul piano artistico.
Viene così illustrato il processo attraverso il quale si sviluppa il sistema dei sussidi diretti all'arte: partendo dal 1800, epoca in cui si è sviluppata la cultura americana, passando attraverso il "New Deal", durante il quale, attraverso il Work Progress Administrations sono stati elaborati i più ampi programmi culturali del mondo.
L'autore mette in evidenza come i programmi culturali avviati dal governo, pur inizialmente promossi per ragioni diverse da quelle strettamente artistiche, si siano comunque rivelati efficaci.
Così, per quel che concerne il Wpa, un'istituzione che occupandosi di incentivare le attività di artisti privi di altre fonti di reddito, e ciò al di là dello specifico valore delle rispettive produzioni artistiche, ha realizzato una vera forma di decentralizzazione che ha consentito al programma di funzionare.
Forme di sussidio diretto alla cultura sopravvivono anche alla scomparsa del Wpa, intorno alla metà del secolo scorso. Il riferimento è tra le altre a quella forma di promozione della cultura americana realizzata durante il periodo della guerra fredda: l'arte è stata vista come un'arma contro l'Unione sovietica ed uno strumento per affermare il dominio degli Stati Uniti.
La nascita del National Endowment for the Arts - un'agenzia governativa indipendente il cui presidente si interfaccia direttamente con il presidente degli Stati Uniti - segna una nuova tappa nella politica culturale americana. Il Nea, preposto alla distribuzione di fondi ad artisti e ad istituzioni, sulla base delle valutazioni espresse da commissioni di esperti, è stato a lungo al centro del dibattito sulle politiche culturali.
Si tratta di un dibattito che l'autore si prefigge di riportare a questioni che egli definisce più rilevanti e ciò anche sulla scorta della considerazione che il finanziamento direttamente erogato da tale istituzione costituisce solo una piccola parte della politica culturale americana. Il sostegno all'arte proviene infatti da un ampio spettro di istituzioni riconducibili al settore pubblico: così per la Smithsonian Institution, il Corporation for public Broadcasting, l'Institute for Museum and library services, The Art-in.Architecture, The National Trust for Historic preservation, The National Endowment for the humanities nonché il Department of the Interior funds e The United States Army.
Al Nea, in particolare, l'A. riconosce il merito di aver promosso una forma di decentralizzazione dei sussidi alla cultura distribuendo fondi agli Stati e alle Agenzie culturali regionali. Il che, ove si consideri che la restante attività dell'istituzione rappresenta appena il 10% dei fondi complessivamente destinati dal governo al supporto diretto all'arte, finisce in effetti con il ridimensionarne la rilevanza nell'ambito delle politiche culturali.
Accanto alle istituzioni americane, Cowen ricomprende, tra le fonti di sostegno diretto all'arte, il finanziamento diretto da parte dei governi europei alle manifestazioni culturali cui assistono gli americani che visitano l'Europa nonché i sussidi che gli stessi Stati europei forniscono a quegli artisti americani che, proprio per ottenere finanziamenti, si spostano a lavorare in Europa.
Ed in effetti, a giudizio dell'A., proprio la diversità tra il modello americano e quello europeo fa sì che in un contesto più generale l'uno ricavi benefici dall'altro. Tuttavia Cowen muove da tale premessa per sottolineare come ancora una volta siano gli europei a trarre i maggiori benefici dal sistema americano.
La ricerca di un modello efficace di finanziamento diretto porta infine l'A. a segnalare come in una moderna democrazia non sia proponibile un sistema di sussidi pubblici diretti alla cultura. Ciò in quanto un efficace sistema di sussidi dovrebbe essere svincolato dalle preferenze del pubblico.
Non a caso l'A. richiama, quale modello di successo, i primi programmi del Nea che hanno effettivamente contribuito, attraverso una distribuzione di fondi agli artisti disoccupati, allo sviluppo dell'arte in tutte le sue forme puntando così sulla promozione della creatività artistica piuttosto che su singoli autori.
Ciò per evidenziare come, quando il Nea si è successivamente allontanato da tale sistema per abbracciare un'ottica conservatrice - in senso letterale più che politico - trasformandosi in un'agenzia finalizzata alla ricerca di consenso politico, l'istituzione si è avviata al declino.
Tali considerazioni forniscono all'A. l'occasione per ripropone la questione del rapporto tra i due modelli di sostegno alla cultura: quello indiretto e quello diretto. Si tratta, ad avviso di Cowen, di una contrapposizione che può risolversi attraverso un bilanciamento tra gli effetti negativi dell'uno con quelli positivi dell'altro ed in particolare, quanto ai sussidi diretti, migliorandone la qualità. Ciò che implicherebbe:
a) che le agenzie e le istituzioni culturali operino liberamente le scelte in ordine alle forme artistiche da supportare
b) che si focalizzi l'attenzione sulla ricerca di nuovi talenti
c) l'acquisita consapevolezza che il fine delle politiche culturali non può essere quello di distribuire, attraverso l'arte, la felicità alla gente.
4. Il quarto capitolo è dedicato al contesto giuridico nel quale si muovono le politiche culturali: le forme di protezione della proprietà intellettuale. Si tratta secondo l'A., di una questione molto più importante di quella riguardante le scelte circa il modello di sostegno pubblico.
Il problema della tutela della proprietà intellettuale appare particolarmente pregnante in un momento in cui Internet sembra minacciare il sistema di distribuzione delle risorse. Con il risultato di una disciplina che si affida a strumenti tradizionali oramai inadeguati e che per ciò stesso è costretta a fare i conti con le nuove esigenze del mercato.
Cowen evidenzia come l'evoluzione della tecnologia, lungi da far crollare l'intero sistema culturale, richieda piuttosto uno sforzo di adeguamento: ciò sia con riferimento al sistema giuridico che all'intero sistema di produzione dell'arte. In sostanza, l'autore riflette più che sui riflessi negativi dell'avvento di Internet sulle potenzialità che tale strumento può offrire: l'emergere di nuove espressioni artistiche e di nuovi sistemi di selezione dei prodotti e degli stessi artisti oltre che di nuove professioni legate al settore.
In definitiva, la soluzione proposta riflette un'ipotesi di regolazione dei diritti della proprietà intellettuale che si rifà ad un modello liberista.
5. Nell'ultimo capitolo l'A. riprende per un verso le questioni teoriche precedentemente affrontate e per altro verso la qualificazione che egli stesso ha svolto degli interventi statali per trarne delle conclusioni di particolare interesse circa il sistema americano.
E' evidente la valutazione positiva che la ricostruzione offerta propone in ordine al sistema dei sussidi indiretti: l'A. ribadisce che, ove si prendano in considerazione quelli che egli considera gli argomenti più significativi del dibattito sull'intervento pubblico nelle attività culturali, "l'argomento decentralizzazione" e l'"argomento prestigio", il sistema dei sussidi indiretti appare di gran lunga preferibile.
Sotto il primo profilo, solo la decentralizzazione dei sussidi consente di superare il rischio di politicizzazione delle politiche culturali insito nelle scelte relative alla destinazione di fondi che siano affidate al livello governativo. Del pari l'elemento "prestigio" attiene al valore simbolico dell'arte in termini di competizione sociale tra individui.
L'approccio prescelto induce l'A. a concludere sostenendo come si debba pensare al ruolo dello Stato non quale erogatore di sussidi diretti finalizzati a soddisfare il bisogno estetico dei cittadini, ma quale contesto giuridico di riferimento per lo sviluppo di ampie e diverse concezioni estetiche.
D'altro canto il valore estetico pervade tutta la vita umana e non soltanto l'arte: una questione dunque rispetto alla quale un intervento statale non avrebbe alcuna legittimazione. Un sistema, quello proposto, che ad avviso dell'A., implica e presuppone la capacità di individuare dei valori di riferimento per il pubblico. Tra questi Cowen propone la capacità di innovazione, lo spirito di intraprendenza e la disponibilità dei privati a donare, sia in linea generale che con riferimento all'arte.
Il volume offre una preziosa ricostruzione degli assetti nel settore della produzione culturale americana e, fornendo una "fotografia" del dibattito in corso, consente di fare chiarezza su aspetti significativi delle politiche culturali statunitensi.
Con il risultato di una lettura che viene condotta dall'autore secondo un personale percorso riflessivo, mettendo in luce il successo del sistema americano ed offrendo al contempo nuove strategie di intervento.