Recensione a
Leonardo J. Sánchez-Mesa Martínez, La restauración inmobiliaria en la regulación del patrimonio histórico
(Thomson Aranzadi, Cizur Menor, 2004, pp. 1-401)
di Giuseppe Piperata
1. Il 30 aprile 1993 il Tribunal Superior de Justicia di Valencia si pronunciava a proposito di una controversia riguardante l'intervento di restauro operato sul Teatro di Sagunto; intervento non privo di critiche, in quanto esso era consistito nella costruzione di un nuovo teatro in stile romano sopra le rovine del teatro originario. La sentenza in questione rappresenta il punto logico di partenza ma, soprattutto, un elemento fondamentale intorno al quale ruota la bella monografia che Leonardo J. Sánchez-Mesa Martínez ha dedicato al tema del restauro dei beni del patrimonio storico e artistico. E questo non solo per l'importanza della richiamata pronuncia del giudice valenciano, la quale ha avuto l'effetto di stimolare sui temi del restauro dei beni culturali l'interesse della dottrina giuspubblicistica spagnola, cui ha fatto seguito un interessante dibattito che ha visto anche l'intervento di illustri maestri come Lorenzo Martín-Retortillo Baquer e Santiago Muñoz Machado. Quanto perché tale sentenza rappresenta il parametro attraverso il quale l'Autore individua e sviluppa i principali problemi, in primo luogo teorici, che connotano la regolazione giuridica dell'attività di restauro dei beni del patrimonio storico-culturale, a cominciare dall'esatto significato da dare al concetto di restauro così come utilizzato nella legislazione, fino al problema dei limiti alla discrezionalità amministrativa negli interventi che a tale tipologia di attività possono essere ricondotti.
2. La monografia di Leonardo Sánchez è una precisa ricostruzione della disciplina che l'ordinamento spagnolo dedica al restauro dei beni immobili del patrimonio culturale. Ma non solo. Nel lavoro di Sánchez frequenti e approfonditi sono anche i riferimenti al diritto italiano specifico sul tema e alle principali interpretazioni che di esso sono state date dalla dottrina. In parte, tale approccio è dovuto al fatto che, per primi, i giuspubblicisti italiani hanno dedicato una approfondita ed intensa riflessione ai beni culturali ed al loro regime giuridico, influenzando notevolmente anche gli studi di teoria giuridica che sui medesimi argomenti sono stati svolti nella dottrina spagnola. E' lo stesso Sánchez, infatti, a ricordare che una delle ricostruzioni classiche e più importanti di tale dogmatica, cioè il saggio di M.S. Giannini, I beni culturali, apparso in Italia nel 1976 sulla Rivista trimestrale di diritto pubblico, non è altro che "una teoria completa sul concetto di bene culturale" presentata come relazione al Congresso italo-spagnolo dell'anno precedente (p. 37). Ma c'è un altro fattore alla luce del quale può essere spiegato l'interesse dell'Autore per la disciplina italiana in materia di beni culturali e, in particolare, del loro restauro. Tale tema, infatti, ha rappresentato l'oggetto del dottorato di ricerca svolto da Leoardo Sánchez in Italia, i cui originari risultati hanno permesso un ulteriore lavoro di approfondimento conclusosi con la pubblicazione della monografia in questione.
Un secondo aspetto di carattere metodologico che emerge dal lavoro di Sánchez e che merita di essere segnalato è quello relativo all'approccio multidisciplinare utilizzato in alcuni passaggi dell'opera. Se vogliamo la scelta era obbligata: lo stesso Autore sottolinea che molte delle complessità che connotano il regime giuridico del restauro dei beni culturali è imputabile al carattere multidisciplinare della materia (p. 60 s.). Del resto, nell'analisi giuridica del restauro dei beni culturali il riferimento ad alte discipline è necessario in più occasioni, non solo a proposito di problemi concettuali, come ad esempio nella definizione dell'attività di restauro, ma anche a proposito della rilevanza di normative tecniche nel momento di regolazione giuridica dell'attività medesima.
3. Passando ai contenuti dell'opera, sembra corretto affermare che la monografia di Leonardo Sánchez si sviluppa intorno a quattro punti di analisi: il concetto giuridico, l'oggetto, i profili organizzativi e, infine, la natura e le previsioni specifiche del regime dell'attività di restauro dei beni immobili appartenenti al patrimonio storico-artistico. Al concetto giuridico di restauro non è solo dedicato l'intero capito III dell'opera. A ben vedere, il tentativo di delimitare una nozione di restauro rilevante giuridicamente prende le mosse già nel secondo capitolo, nel momento in cui l'Autore si sofferma, in particolare, sulla ricostruzione della disciplina di diritto internazionale riguardante la materia. In tale capitolo, infatti, viene illustrato il processo attraverso il quale il restauro, inizialmente attività oggetto di disciplina tecnica e diretta alla conservazione delle cose d'arte, comincia ad acquisire anche una valenza giuridica attraverso la predisposizione di una apposita normazione. Secondo Sánchez, è il coinvolgimento istituzionale della pubblica amministrazione nell'attività di intervento di recupero del patrimonio storico-artistico l'elemento che consente al restauro di acquisire anche una dimensione giuridica, considerato che al fine di rendere possibile tale intervento si impone la necessità di dettare anche un regime normativo particolare riguardante l'attività da svolgere (p. 73).
In tale prospettiva, l'Autore si preoccupa di individuare un concetto giuridico di restauro nei regimi normativi di diversi ordinamenti: quello internazionale (p. 90 ss.), quello spagnolo (p. 115 ss.), quello italiano e quello ecclesiastico (p. 176 ss.). Il richiamo all'ordinamento internazionale risulta particolarmente utile in chiave storica, in quanto consente di illustrare le concezioni di restauro che sono state adottate di volta in volta in sede di accordi tra Stati e poi riprese in sede di legislazione nazionale. Invece, i riferimenti all'ordinamento italiano ed ecclesiastico sono utilizzati in una prospettiva comparatistica rispetto all'ordinamento spagnolo, sul quale si concentra l'attenzione dello studioso.
Dall'analisi condotta emerge che in tutti gli ordinamenti presi in considerazione il restauro appare inteso prevalentemente in chiave conservativa, nel senso che l'istituto in questione rappresenta una modalità di intervento attraverso la quale garantire solo la conservazione del bene. In altri termini, le diverse discipline analizzate fanno proprio un concetto di restauro non talmente esteso da abbracciare anche interventi innovativi sui beni da conservare. Se la prospettiva conservativa data al concetto di restauro accomuna le discipline passate in rassegna, altrettanto non può dirsi con riferimento alla definizione giuridica data all'istituto in questione. Come sottolineato dall'Autore, tale diversità non solo appare con tutta evidenza nel raffronto tra ordinamento italiano e spagnolo, ma anche all'interno di quest'ultimo tra disciplina nazionale e "legislación autonómica". Infatti, se si guarda all'ordinamento statale spagnolo si deve sottolineare la scelta - da alcuni definita - minimalista del legislatore, il quale dedica al restauro solo l'art. 39 della 25 giugno 1985, n. 16, Ley del patrimonio histórico español (Lphe), senza dare una precisa definizione dell'istituto e sottoponendo allo stesso regime del restauro altri interventi di conservazione, come "mejora", "consolidación", "rehabilitación", " reconstrucción" (p. 158 ss.).
Diversa, invece, la soluzione adottata dal legislatore italiano nel recente Codice dei beni culturali del 2004, il quale ha preferito tener separati i possibili interventi di conservazione distinguendo il restauro dalla prevenzione e dalla manutenzione (p. 176 ss.). Ancora più estrema la soluzione adottata dalla Ley del patrimonio histórico de Canarias, 15 marzo 1999, n. 4, la quale all'art. 46 non solo indica un concetto giuridico di restauro, ma ne delimita i contenuti rispetto ad altre attività conservative come il consolidamento, il recupero, la ristrutturazione, ecc. (p. 169 ss.). Sánchez non risparmia critiche verso la legislazione statale spagnola in materia, in primo luogo, a causa della mancata definizione del concetto di restauro da parte dell'art. 39 della Lphe. Analoghe critiche sono rivolte anche nei confronti dei giudici spagnoli, i quali, potendo recuperare in via interpretativa una maggiore definizione giuridica degli interventi di restauro, invece, si sono limitati solo ad indicarne i limiti in negativo, cioè i confini fino ai quali tali attività possono essere portate. Di diverso avviso è l'Autore, secondo il quale il restauro richiede una qualificazione in termini positivi, in modo da differenziare l'attività in questione rispetto a tutte le altre tipologie di interventi conservativi, come fa, ad esempio, la legge sul patrimonio storico delle Canarie.
4. L'art. 39 della Lphe se, da un lato, omette di definire il concetto giuridico del restauro, dall'altro, però, fornisce alcuni criteri per individuare quei beni che possono formare oggetto di tale attività. In particolare, l'ambito oggettivo di applicazione del regime spagnolo del restauro riguarda i beni dichiarati di interesse culturale e i beni compresi in un apposito inventario generale previsto dalla medesima legge. Tuttavia, i criteri previsti dalla Lphe sono puramente indicativi e non sono da soli sufficienti a definire in maniera certa quali beni siano suscettibili di un intervento di restauro. Per tale ragione, l'intero capito IV è dedicato all'approfondimento dell'ambito oggettivo di applicazione del regime giuridico del restauro, con particolare riferimento all'ordinamento spagnolo. In tale prospettiva, l'Autore compie un'opera di delimitazione puntuale, per prima cosa individuando i beni oggetto di restauro alla luce delle indicazioni fornite dal legislatore. Ciò permette di raggiungere alcuni iniziali risultati: il restauro può avere ad oggetto solo beni materiali, nel senso che tale attività è preordinata alla conservazione materiale del bene culturale, dovendosi pertanto escludere la possibilità di estendere il regime in questione a quelle conoscenze ed attività le quali, essendo espressione rilevante della cultura tradizionale del popolo spagnolo, sono qualificate a tutti gli effetti come beni di interesse culturale ai sensi della Lphe; inoltre, l'intervento conservativo può riguardare non solo il singolo bene ma anche un "conjunto de bienes culturales", come può essere un centro storico (p. 194 ss.).
L'analisi, però, non si ferma a tali risultati. L'Autore, infatti, sa benissimo che la categoria dei beni culturali dotati di un sostrato materiale è molto ampia e la varietà dei beni che possono formare oggetto di restauro è tale da determinare alcuni problemi non secondari. In particolare, Sánchez sottolinea che "no es lo mismo restaurar un inmueble que restaurar una pintura, un códice o una escultura" (p. 207): pertanto, anche la natura o il valore culturale del bene sono elementi da tener presenti al momento della definizione dell'ambito oggettivo del restauro. Infatti, non si può escludere che vi siano beni culturali che per loro natura non siano suscettibili di un eventuale intervento conservativo, come per alcune manifestazioni dell'arte contemporanea, ad esempio dell'arte effimera. Sulla base di tali valutazione, l'Autore dedica particolare attenzione all'ordinamento italiano, in particolare alla circolare 117 del 1972, la quale, nel riprendere i contenuti della Carta italiana del restauro adottata nel medesimo anno, manifesta una certa sensibilità alla necessaria differenziazione delle modalità di intervento conservativo a seconda della natura del bene culturale oggetto di intervento. E' questo, secondo Sánchez, l'approccio corretto al problema dell'oggetto del restauro che deve caratterizzare la legislazione in materia di beni culturali, ma anche l'interpretazione che di questa deve essere fatta (p. 232 ss.). Per tale ragione, si spinge anche ad individuare alcune possibili classificazioni dei beni sulla base della loro natura o del loro valore culturale, al fine di predisporre alcuni criteri da utilizzare per modulare gli interventi conservativi di restauro. Così, a seconda dell'intensità dell'interesse culturale che connota il bene si può distinguere tra "grandes monumentos" e "monumentos minores", a seconda dell'ambito territoriale dell'interesse tra monumenti locali, regionali o nazionali, a seconda, infine, del possibile uso concreto tra "monumentos muertos" e "monumentos vivos". La classificazione proposta presenta profili di originalità e sicuramente può svolgere un'utile funzione di delimitazione dell'ambito oggettivo del restauro; allo stesso tempo, però, rischia di essere parziale e fondata su criteri troppo soggettivi.
5. Il capitolo V è dedicato alla ricostruzione del quadro dei soggetti competenti in materia di restauro. L'analisi al riguardo condotta daSánchez affronta la questione sia in verticale che in orizzontale: in verticale nel senso che viene puntualmente definita tutta la struttura amministrativa spagnola che a livello statale e regionale ruota intorno al restauro dei beni culturali; in orizzontale nel senso che l'Autore non si limita a registrare il ruolo svolto dai poteri pubblici, ma estende la sua attenzione anche all'emersione dei privati come soggetti attivi nella realizzazione delle politiche di conservazione dei beni culturali. Due, in particolare, i punti approfonditi dall'Autore che meritano di essere evidenziati in questa sede.
Il primo riguarda il richiamo operato da Sánchez alla vicenda cha ha portato nell'ordinamento spagnolo alla definizione di un assetto ripartito di competenze tra Stato e comunità autonome a proposito degli interventi di restauro sui beni culturali. La Costituzione spagnola, infatti, da un lato, riserva allo Stato la competenza esclusiva in tema di "defensa del patrimonio cultural, artístico y monumental español contra la exportación y la expoliación museos, bibliotecas y archivos de titularidad estatal, sin perjuicio de su gestión por parte de las Comunidades autónomas" (art. 149, c. 1, n. 28), mentre, dall'altro, a queste ultime affida le competenze riguardanti i musei, le biblioteche, i conservatori musicali e l'intero patrimonio monumentale di interesse della Comunità stessa (art. 148, c. 1, nn. 15 e 16). Non sono mancati problemi di bilanciamento, risolti soprattutto in seguito agli interventi da parte del Tribunal constitucional in sede interpretativa e dal legislatore in sede di attuazione del dettato costituzionale. In particolare, da tali vicende è emerso che molto spesso rispetto alle materie in questione può essere difficile individuare criteri idonei a separare in maniera netta le sfere di intervento dei diversi soggetti pubblici competenti, dovendosi, pertanto, affidare a principi più elastici come quello di leale collaborazione istituzionale o quello di sussidiarietà (p. 273 ss.). E' evidente che le vicende sinteticamente richiamate sono di particolare interesse per l'interprete italiano, considerato che in seguito alla riforma costituzionale del 2001 anche nel nostro ordinamento si pongono problemi di esatto bilanciamento del ruolo statale e di quello regionale a proposito degli interventi sui beni culturali. Di ciò è consapevole anche Sánchez, il quale dedica all'esperienza italiana un apposito spazio (p. 265 ss.).
L'altro punto che merita di essere segnalato è rappresentato dalle considerazioni che l'Autore svolge a proposito dell'intervento del settore privato nelle iniziative di tutela dei beni culturali. Il riferimento principale presente nell'analisi di Sánchez riguarda le associazioni senza scopo di lucro e, soprattutto, le fondazioni. In particolare, facendo riferimento ai vari tipi di fondazioni coinvolte (bancarie, di partecipazione, ecc.) e all'esperienza italiana e spagnola, viene messo in risalto il fatto che la veste fondazionale rappresenta sempre di più il modello ideale per consentire un maggiore coinvolgimento dei privati nelle politiche di valorizzazione, gestione e tutela dei beni culturali. Un accenno, poi, viene fatto anche alle forme funzionali di collaborazione pubblico-privato: mecenatismo, patrocinio e sponsorizzazione. Forse, considerato che molti interventi di restauro sui beni del patrimonio culturale vengono realizzati grazie a tali meccanismi di collaborazione, un maggiore approfondimento avrebbe arricchito di ulteriori spunti un'analisi di grande interesse.
6. L'ultimo capitolo dell'opera di Sánchez è la parte più densa dell'intera monografia, in quanto in essa vengono affrontate non solo l'analisi del dato positivo in materia di restauro, ma anche questioni teoriche di un certo spessore e vengono tratte alcune conclusioni di particolare interesse. L'oggetto del capitolo, se vogliamo, è l'analisi del procedimento necessario ad attivare e realizzare un intervento di restauro ai sensi della disciplina spagnola in materia di beni culturali. Tuttavia, l'Autore va oltre ad un semplice commento descrittivo della normativa nazionale e regionale, ad esempio, occupandosi anche del regime sanzionatorio previsto sia a livello penale che amministrativo, ma soprattutto ponendosi alcune questioni problematiche connesse all'aspetto funzionale della disciplina del restauro. Per Sánchez il regime giuridico del restauro dei beni culturali è allo stesso tempo un "régimen de limitación" ed un "régimen de fomento". In una prima direzione, la disciplina del restauro è destinata a regolare attività che implicano interventi di limitazione di diritti o facoltà dei singoli, i quali non possono sottrarsi ad una azione amministrativa giustificata alla luce di interessi pubblici da tutelare. Sotto questo aspetto, l'influenza nella ricostruzione dell'Autore della teorica delle attività amministrative di limitazione dei diritti elaborata dalla dottrina italiana, in primis da Santi Romano, è evidente. In una seconda direzione, invece, la medesima disciplina implica un intervento da parte dei pubblici poteri diretto a favorire le iniziative preordinate alla salvaguardia del patrimonio storico-culturale.
In ogni caso, sia alla base degli interventi amministrativi di limitazione e sia alla base di quelli di sviluppo con riferimento al restauro dei beni culturali è da riscontrare un ampio potere discrezionale da parte dei pubblici poteri chiamati ad agire. Proprio tale situazione determina, ad avviso dell'Autore, uno dei principali problemi che caratterizzano la disciplina giuridica del restauro: "el ejercicio de esta discrecionalidad plantea no pocos problemas en la medida en que en la actividad de restauración no todo es técnica ni todo ciencia, sino que presenta un fuerte sustrato humanístico y filosófico, vertiente esta que le aporta el matiz de relatividad que preside el vivo debate doctrinal vigente en seno de la misma y que desemboca, en ocasiones, en la presencia de una cierta inseguridad jurídica" (p. 312). Tale osservazione può essere colta in tutta la sua problematicità nel momento in cui viene riferita alla questione del controllo giurisdizionale sulla discrezionalità utilizzata dalla pubblica amministrazione per realizzare l'intervento di restauro. In particolare, l'esistenza di criteri tecnici predeterminati non esclude che di solito gli interventi di restauro siano fortemente influenzati da concezioni soggettive di tipo prevalentemente artistico di coloro che tali interventi sono chiamati a svolgere. In tale contesto, appare spesso difficile individuare, da un lato, fino a che punto la disciplina tecnica del restauro consenta interpretazioni elastiche da parte degli autori dell'intervento e, dall'altro, fino a che punto possa spingersi il sindacato del giudice in sede di controllo. Del resto, non sono mancati casi di vicende giurisprudenziali riguardanti interventi di restauro che hanno suscitato particolare clamore non solo all'interno del dibattito scientifico, ma anche nell'opinione pubblica. Si pensi, ad esempio, per l'Italia, al caso della condanna di alcuni funzionari ministeriali per danneggiamento in seguito al restauro della pavimentazione di Piazza della Signoria a Firenze e, per la Spagna, alla già citata vicenda che ha riguardato l'intervento di restauro sul Teatro di Sagunto.
Per Sánchez il problema non sembra poter essere risolto operando sul versante del controllo giurisdizionale. Al massimo, in quella sede si deve tener presente che nella disciplina tecnica del restauro convivono criteri a contenuto di facile accertabilità insieme ad altri che, invece, si prestano ad una maggiore indeterminatezza. Con la conseguenza che nell'utilizzazione di questi ultimi deve essere riconosciuta alla pubblica amministrazione una maggiore discrezionalità. Viceversa, ad avviso dell'Autore, una soluzione al problema sopra individuato potrebbe venire da una maggiore precisione nella definizione dei parametri tecnici della disciplina del restauro, da tenere costantemente aggiornati alla evoluzione concettuale che tale scienza subisce, ed anche da una più fattiva collaborazione tra amministrazioni centrali e regionali specializzate nella individuazione delle metodologie comuni da seguire nell'attività tecnico-scientifica del restauro. Inoltre, non manca un richiama a quanto in precedenza affermato a proposito della utilità di una differenziazione degli interventi di restauro a seconda della natura o del valore culturale delle categorie di beni sottoponibili ad interventi conservativi.
7. Il libro di Sánchez ha sicuramente il pregio di aprire una finestra su di un argomento di solito scarsamente trattato dalla dottrina giuridica che si è occupata dei beni culturali e, comunque, non in modo così organico e completo. Forse, come in parte già sottolineato, la ragione di ciò può essere individuata nel fatto che una trattazione sul tema del regime giuridico del restauro richiede un approccio spesso multidisciplinare e la capacità di utilizzare concetti non proprio riconducibili alla scienza giuridica. Anche in questo Sánchez dimostra una confidenza con le concezioni artistiche e la scienza del restauro e non manca di coinvolgere il lettore in divagazioni che a tali concezioni e a tale scienza fanno riferimento, anche se rimane, comunque, il fatto che nella sua opera centrale è l'approccio giuridico al problema del restauro dei beni culturali. Un lavoro, quindi, quello di Sánchez che colma una lacuna negli studi sul diritto dei beni culturali e, soprattutto, fornisce ulteriori elementi di stimolo al fine di spingere il dibattito dottrinale verso approfondimenti riguardanti la materia del restauro del patrimonio storico–artistico.