Corte costituzionale
Sentenza 23-26 maggio 2005, n. 205
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Piero Alberto Capotosti; Giudici: Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Annibale Marini, Giovanni Maria Flick, Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici), promosso con ricorso della regione Toscana, notificato il 4 settembre 2002, depositato in cancelleria il 13 successivo ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi 2002.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2005 il giudice relatore Romano Vaccarella;
uditi l'avvocato Fabio Lorenzoni per la regione Toscana e l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato il 3 settembre 2002 (iscritto al n. 56 del registro ricorsi del 2002), la regione Toscana impugna l'articolo 10, commi 1 e 2, lettere d), e), f), della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici), per violazione degli articoli 76 e 117, terzo e quarto comma, della Costituzione.
1.1. Il primo dei due commi delega il governo ad adottare, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto (e, limitatamente ai beni culturali e ambientali, la codificazione) delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, cinematografia, teatro, musica, danza e altre forme di spettacolo dal vivo, sport nonché proprietà letteraria e diritto d'autore.
Il successivo comma 2 detta i principi ed i criteri direttivi cui dovrà attenersi il governo nell'emanare i decreti legislativi nel modo seguente:
1) con riguardo ai beni culturali e ambientali, "aggiornare gli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali, anche attraverso la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, senza determinare ulteriori restrizioni alla proprietà privata, né l'abrogazione degli strumenti attuali e, comunque, conformandosi al puntuale rispetto degli accordi internazionali, soprattutto in materia di circolazione dei beni culturali; riorganizzare i servizi offerti anche attraverso la concessione a soggetti diversi dallo Stato (...); adeguare la disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali, modificando le soglie per il ricorso alle diverse procedure di individuazione del contraente in maniera da consentire anche la partecipazione di imprese artigiane di comprovata specializzazione ed esperienza, ridefinendo i livelli di progettazione necessari per l'affidamento dei lavori, definendo i criteri di aggiudicazione e prevedendo la possibilità di varianti oltre i limiti percentuali ordinariamente previsti, in relazione alle caratteristiche oggettive e alle esigenze di tutela e conservazione dei beni; ridefinire le modalità di costituzione e funzionamento degli organismi consultivi che intervengono nelle procedure per la concessione di contributi e agevolazioni in favore di enti ed istituti culturali, al fine di una precisa definizione delle responsabilità degli organi tecnici, secondo principi di separazione fra amministrazione e politica e con particolare attenzione ai profili di incompatibilità; individuare forme di collaborazione, in sede procedimentale, tra le amministrazioni per i beni e le attività culturali e della difesa, per la realizzazione di opere destinate alla difesa militare" (lettera d);
2) con riguardo allo spettacolo (cinematografia, teatro, musica, danza e altre forme di spettacolo dal vivo), "razionalizzare gli organismi consultivi e le relative funzioni, anche mediante soppressione, accorpamento e riduzione del numero e dei componenti; snellire le procedure di liquidazione dei contributi e ridefinire le modalità di costituzione e funzionamento degli organismi che intervengono nelle procedure di individuazione dei soggetti legittimati a ricevere contributi e di quantificazione degli stessi; adeguare l'assetto organizzativo degli organismi e degli enti di settore; rivedere il sistema dei controlli sull'impiego delle risorse assegnate e sugli effetti prodotti dagli interventi" (lettera e);
3) quanto allo sport, "armonizzare la legislazione ai principi generali a cui si ispirano gli Stati dell'Unione europea in materia di doping; riordinare i compiti dell'Istituto per il credito sportivo, assicurando negli organi anche la rappresentanza delle regioni e delle autonomie locali; garantire gli strumenti di finanziamento anche a soggetti privati" (lettera f).
1.2. Lamenta la regione Toscana, relativamente ai beni culturali e ambientali, la violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto - essendo riservate alla legislazione concorrente le materie della "valorizzazione dei beni culturali e ambientali" e della "promozione e organizzazione di attività culturali" - i criteri indicati dalla norma impugnata avrebbero un "contenuto specifico e di dettaglio, tanto da rendere impossibile giuridicamente una disciplina limitata solo alla predeterminazione dei principi fondamentali". Ciò che risulterebbe particolarmente evidente con riguardo alla previsione delle possibili modalità di gestione dei beni in esame, delle ipotizzate procedure per la concessione di contributi ed agevolazioni in favore di enti ed istituti culturali o della revisione della normativa sugli appalti.
Relativamente al secondo oggetto della delega, osserva la regione ricorrente che dalla autonomia dello "spettacolo" rispetto alle altre attività culturali - sancita già dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997. n. 59), che all'art. 148, comma 1, lettera f), considerava le seconde separatamente dal primo, disciplinato nel successivo capo sesto del titolo quarto del medesimo testo legislativo - e dal riconoscimento (art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616) di un'autonomia delle funzioni regionali in tema di attività di prosa, musicali e cinematografiche, rispetto alle tradizionali attività culturali, discenderebbe che la materia dello "spettacolo", non menzionata nei commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost., rientrerebbe nella competenza legislativa e regolamentare regionale residuale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.: norma che, sotto tale aspetto, risulterebbe violata dall'art. 10, commi 1 e 2, lettera e), della legge 6 luglio 2002 n. 137 del per l'assenza di qualsiasi titolo di legittimazione (anche solo trasversale) del potere legislativo statale.
Ma, anche ove si dovesse ritenere che lo "spettacolo" sia un settore ricavabile dalla più ampia materia delle "attività culturali", sussisterebbe egualmente, ad avviso della ricorrente, la violazione della potestà legislativa concorrente prevista dall'art. 117, terzo comma, Cost., per la materia della "promozione ed organizzazione delle attività culturali", tenuto conto del carattere dettagliato, puntuale e specifico dei criteri dettati dal legislatore con la norma impugnata; segnatamente, laddove "si prevedono procedure di erogazione di contributi e controlli sull'utilizzo delle risorse che costituiscono l'oggetto tipico della disciplina della materia rimessa alla potestà legislativa regionale".
In ogni caso, la previsione, tra i criteri direttivi della delega, dell'adeguamento dell'assetto organizzativo degli organismi e degli enti di settore, risulterebbe lesiva della potestà legislativa residuale delle regioni, ove intesa come riferita anche ad enti diversi dallo Stato e dagli enti pubblici nazionali il cui ordinamento e organizzazione amministrativa l'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., affida alla potestà legislativa statale.
Rileva, ancora, la ricorrente - relativamente al terzo oggetto della delega - che la Costituzione riserva alla competenza legislativa concorrente l'"ordinamento sportivo" (art. 117, terzo comma), mentre la parte residuale della materia (ad es. la promozione di attività sportive e la realizzazione dei relativi impianti ed attrezzature), non ricompresa in alcuna delle elencazioni del secondo o del terzo comma dell'art. 117 Cost., ricadrebbe nell'area della potestà legislativa residuale delle regioni ai sensi del quarto comma della medesima norma costituzionale. Pertanto, ritiene la regione che, poiché la disposizione impugnata individua, con riguardo all'ordinamento sportivo, criteri così specifici e dettagliati da non lasciare alcuno spazio ad una legislazione di principi, essa lede di per sé l'art. 117, comma terzo, Cost., mentre, con riguardo agli ulteriori aspetti della materia dello "sport" (laddove fa riferimento alla necessità di garantire strumenti di finanziamento anche a soggetti privati) è immediatamente lesiva dell'art. 117, quarto comma, Cost. che non ammette nella specie alcun intervento statale.
1.3. La regione Toscana censura, infine, l'art. 10 (rectius: commi 1 e 2), della l. 137/2002, per contrasto con gli articoli 76 e 117 della Costituzione, nella parte in cui delega il governo ad emanare la disciplina in materie oggetto per lo più di potestà legislativa concorrente, laddove dovrebbe essere il parlamento a fissare i principi ed i criteri direttivi, con una legge organica emanata nell'esercizio della propria funzione legislativa. I decreti legislativi, ad avviso della ricorrente, non si presterebbero alla definizione di norme di principio, essendo essi stessi strumenti destinati ad attuare principi posti dalla legge di delega ed inoltre i criteri così stabiliti favorirebbero l'introduzione di nuovi ulteriori principi, con il conseguente restringimento dello spazio di intervento legislativo regionale.
2. Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale conclude per l'infondatezza del ricorso, considerando che l'oggetto della delega legislativa, fissato dal comma 1 nel riassetto del ministero per i Beni e le Attività culturali e, con riguardo ai soli beni culturali e ambientali, nella codificazione delle disposizioni legislative, ricade nell'ambito di materie assegnate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Ed infatti, in primo luogo la riorganizzazione del ministero, imposta dal nuovo assetto costituzionale con la conseguente necessità di "adeguamento agli articoli 117 e 118 della Costituzione" (così l'art. 10, comma 2, lettera a), sarebbe ascrivibile alla materia degli "organi dello Stato" contemplata dall'art. 117, secondo comma, lettera f), Cost., tra quelle di competenza centrale esclusiva. Del pari, la codificazione delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali costituisce un servizio che solo lo Stato può assumere nell'esercizio della propria competenza statale esclusiva in materia di "ordinamento civile e penale" così come individuata dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Collocato in tal modo l'oggetto della delega al di fuori della sfera legislativa regionale, ad avviso dell'avvocatura non residuerebbe alcun margine per censurare i principi e i criteri direttivi con cui lo Stato intende esercitare la propria potestà legislativa.
Soggiunge l'avvocatura che, in ogni caso, nessuno dei criteri posti dall'art. 10, comma 2, singolarmente considerati, invaderebbe le competenze legislative riservate alle regioni.
Non, con riguardo alla lettera d) della norma impugnata, l'aggiornamento degli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali che, toccando la tecnica di tutela e non la politica di tali beni, ricadrebbe nell'area normativa disegnata dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.; non la costituzione di fondazioni aperte alla volontaria partecipazione di regioni, enti locali e fondazioni bancarie che, "senza determinare ulteriori restrizioni alla proprietà privata, né l'abrogazione degli strumenti attuali" avrebbe il solo scopo di consentire la costituzione di fondazioni anche ad opera dello Stato; non, ancora, la riorganizzazione, anche attraverso la concessione, dei servizi e l'adeguamento della disciplina degli appalti che concernerebbero, rispettivamente, solo i servizi e gli appalti relativi a beni statali. Analogamente, la ridefinizione delle modalità di costituzione e funzionamento degli organi consultivi che intervengono nelle procedure per la concessione di contributi e agevolazioni in favore di enti ed istituzioni culturali, riguardando sia organi che contributi statali, rientrerebbe nella materia "organi dello Stato" prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera f), Cost., così come la individuazione di forme di collaborazione tra le amministrazioni, comprese quelle statali, per i beni e le attività culturali e della difesa, per la realizzazione di opere destinate alla difesa militare, avrebbe lo scopo di coordinare le esigenze della "tutela" (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) con quelle della "difesa" (art. 117, secondo comma, lettera d), Cost.).
Osserva inoltre la difesa erariale come la ricorrente, censurando l'art. 10, comma 2, lettera e), della l. 137/2002 laddove "non assicura che lo Stato non possa provvedere al di fuori della sua competenza costituzionale", finirebbe per formulare una inammissibile impugnazione non della disposizione legislativa in sé, ma della interpretazione non conforme alla Costituzione che lo Stato potrebbe farne.
In ogni caso, nessun criterio enunciato dalla norma in esame risulterebbe in sé censurabile. Infatti, la razionalizzazione riguarderebbe i soli organismi consultivi statali esistenti dei quali sia consentita la soppressione, l'accorpamento o la riduzione del numero e dei componenti, così come lo snellimento concernerebbe le procedure per la erogazione dei contributi statali, comprese quelle che attengono alla individuazione dei soggetti destinatari e dei controlli. Del pari, l'adeguamento dell'assetto organizzativo riguarderebbe i soli organismi ed enti di settore statali.
Infine, in materia di "sport" (art. 10, comma 2, lettera f), l'armonizzazione della legislazione con i principi generali cui si ispirano gli Stati dell'Unione europea in materia di doping concernerebbe la materia dei "rapporti con l'Unione europea" (art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.), realizzando l'adeguamento a principi che fanno oggi parte dell'"ordinamento civile". Allo stesso modo, competerebbe unicamente allo Stato, ai sensi dell'art. 117, quinto comma, Cost., la fissazione delle norme di procedura per l'attuazione da parte delle regioni degli atti dell'Unione, così come il riordino dell'Istituto per il credito sportivo, nei cui organi è assicurata la rappresentanza regionale, trattandosi, per un verso, di ente nazionale (art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.) e, per altro verso, potendo essere richiamate, così come anche per gli strumenti di finanziamento ai privati, le materie enumerate dall'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Da ultimo, l'avvocatura generale, avendo ribadito il carattere non innovativo delle norme delegate (desumibile dal comma 2 dell'art. 10, laddove dispone che i decreti legislativi non debbono comportare "nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato"), contesta in radice l'argomento, speso dalla ricorrente, per cui non potrebbero essere posti con decreto legislativo principi fondamentali per la legislazione concorrente, osservando come esso non sia stato accompagnato dalla indicazione delle singole disposizioni affette da tale illegittimità.
Inoltre, ancora più a monte, occorrerebbe osservare come l'impugnazione de qua abbia ad oggetto la sola legge di delega che, in quanto tale, "si esaurisce nei rapporti tra parlamento e governo", cui rimangono estranee le regioni le quali possono lamentare solo lesioni determinate da leggi materiali, tra le quali non è certamente quella di delega.
3. Con memoria depositata il 9 marzo 2005, l'avvocatura generale dello Stato torna a ribadire, riguardo ai beni culturali ed ambientali, che i principi dettati dalla legge di delega impugnata - segnatamente per l'aggiornamento degli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali - concernono la "tutela", intesa come "diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale" e, come tale declinata dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Strumentali a questa esigenza vanno quindi considerati "la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati", nonché la riorganizzazione "di servizi offerti anche attraverso la concessione a soggetti diversi dallo Stato mediante la costituzione di fondazioni" e gli appalti relativi ai "lavori pubblici concernenti i beni culturali".
L'avvocatura generale, inoltre, richiamata la sentenza n. 255 del 2004 di questa Corte che iscrive lo "spettacolo" tra le "attività culturali di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.", osserva come la stessa ricorrente riconosca che la legge di delega contiene solo principi e criteri direttivi e che, comunque, è possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma ove la stessa non "sia riferita ad organismi ed enti diversi da quelli in relazione ai quali lo Stato ha competenza legislativa".
L'avvocatura rammenta infine tutte le proprie considerazioni concernenti la delega in tema di "sport".
4. Anche la regione Toscana ha depositato memoria, con la quale, in primo luogo, chiede venga dichiarata cessata la materia del contendere con riguardo alle censure relative al comma 2, lettera d), dell'art. 10 impugnato, per sopravvenuta carenza di interesse, essendo intervenuto il decreto legislativo attuativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) con contenuto ricognitivo delle norme già esistenti in materia e coerente con le competenze regionali.
La ricorrente ritiene invece che l'attuazione della delega per lo "spettacolo" - avvenuta con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 (Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), già impugnato col ricorso n. 46 del 2004 perché invasivo delle competenze regionali - confermi la prospettata illegittimità costituzionale della legge di delega la quale, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza 8 luglio 2004, n. 255, non ha effettuato il necessario adeguamento al mutato quadro costituzionale ed al rispetto del principio di leale collaborazione, da realizzarsi attraverso la previsione di modalità procedurali basate su un effettivo coinvolgimento regionale, necessario nella regolazione dell'attività cinematografica da inscrivere entro la materia concorrente della "promozione e organizzazione di attività culturali". Inoltre, la disposizione impugnata illegittimamente consentirebbe, ed ha in effetti consentito, al legislatore delegato di ordinariamente disciplinare procedure statali di liquidazione dei contributi e di individuazione dei soggetti legittimati, in violazione di quanto stabilito dalla richiamata sentenza 255/2004.
La regione Toscana ribadisce infine le proprie censure di illegittimità costituzionale della legge di delega con riguardo ai criteri direttivi per l'emanazione di decreti legislativi in materia di "sport" e, in particolare, a quello che garantisce "strumenti di finanziamento anche a soggetti privati" in quanto non è previsto alcun "diretto coinvolgimento delle regioni, anche esse titolari di potestà legislativa nella specifica materia", in violazione del disposto della sentenza 16 dicembre 2004, 424.
Considerato in diritto
1. La regione Toscana impugna in via principale l'articolo 10, commi 1 e 2, lettere d), e), f), della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del governo e della presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici), in quanto assume violato: 1) l'art. 117, terzo comma, Cost., laddove, nelle materie concorrenti della "valorizzazione dei beni culturali ed ambientali" e della "promozione e organizzazione di attività culturali", fissa (lettera d) principi e criteri direttivi caratterizzati da contenuto specifico e dettagliato, tanto da rendere giuridicamente impossibile la successiva emanazione di una disciplina limitata solo alla predeterminazione dei principi fondamentali; 2) l'art. 117, quarto comma, Cost., laddove, nell'autonoma materia legislativa residuale dello "spettacolo", detta (lettera e) una propria normativa in assenza di qualsiasi legittimazione a legiferare; ovvero, in subordine, ancora l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, nella materia di competenza concorrente della "promozione e organizzazione delle attività culturali", fissa principi e criteri direttivi caratterizzati da contenuto puntuale, specifico e dettagliato; 3) l'art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui nella materia di competenza legislativa concorrente dell'"ordinamento sportivo", detta (lettera f) principi e criteri direttivi caratterizzati da contenuto specifico e dettagliato ovvero appare suscettibile di invadere la competenza residuale regionale (art. 117, quarto comma, Cost.); 4) gli artt. 76 e 117 Cost., laddove delega il governo a dettare norme in materie che, in quanto di competenza concorrente, dovrebbero essere direttamente disciplinate dal parlamento.
2. L'ordine logico delle questioni impone di trattare preliminarmente la censura (prospettata per ultima dalla ricorrente) che investe la stessa utilizzabilità da parte dello Stato della legge di delega in materie di competenza legislativa concorrente: ciò che viene negato assumendo che, dovendo limitarsi a fissare in tali materie i principi fondamentali, lo Stato dovrebbe emanare una legge organica perché, da un lato, "i decreti legislativi non si prestano alla definizione di norme di principio" e, dall'altro lato, "i criteri stabiliti per la delega, lungi dal consentire l'enucleazione dei principi fondamentali destinati al legislatore regionale, favoriscono l'introduzione di nuovi, ulteriori principi che inevitabilmente riducono lo spazio dell'intervento legislativo regionale".
2.1. La questione non è fondata
2.2. Il carattere assiomatico di tale censura - alla quale specularmente corrisponde l'eccezione di inammissibilità fondata sulla assoluta e aprioristica non lesività della legge di delega, la quale sarebbe incapace di invadere, se non attraverso il decreto legislativo delegato, la sfera di competenza concorrente delle regioni - è stato già affermato anche recentemente da questa Corte. In particolare, nella sentenza n. 50 del 2005 la Corte ha osservato che "la lesione delle competenze legislative regionali non deriva dall'uso, di per sé, della delega, ma può conseguire sia dall'avere il legislatore delegante formulato principi e criteri direttivi che tali non sono, per concretizzarsi invece in nome di dettaglio, sia dall'aver il legislatore delegato esorbitato dall'oggetto della delega, non limitandosi a determinare i principi fondamentali (...). Il rapporto tra la nozione di principi e criteri direttivi, che concerne il procedimento legislativo di delega, e quello di principi fondamentali della materia, che costituisce il limite oggettivo della potestà statuale nelle materie di competenza concorrente, non può essere stabilito una volta per tutte".
Va quindi ribadito, da un lato, che ben può lo Stato, in materie di competenza concorrente, dettare i principi fondamentali per mezzo di leggi delegate (sentenze n. 303 del 2003; n. 259 del 1993; incidentalmente, n. 280 del 2004) e, dall'altro lato, che la legge delega può essere oggetto di impugnazione se i principi ed i criteri direttivi fissati sono essi stessi, tenuto "conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e delle ragioni e finalità poste a fondamento della legge di delegazione", invasivi della sfera di competenza regionale (sentenze n. 280 del 2004; n. 125 del 2003; n. 163 e n. 425 del 2000): sia la censura sia la contrapposta eccezione devono, in breve, concernere specifiche previsioni legislative e non già lo strumento in sé, tanto meno assumendo che esso "favorirebbe" norme delegate dettagliate.
3. La suindicata disposizione stabilisce che "allo scopo di promuovere la diffusione della cultura italiana e di sostenere lo sviluppo delle attività di ricerca e studio è autorizzata la spesa di 100.000 euro per l'anno 2004. Le disponibilità di cui al presente comma sono destinate prioritariamente all'erogazione di contributi, anche in forma di crediti d'imposta, a favore degli istituti di cultura di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, per la costruzione della propria sede principale. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni attuative del presente comma. Lo schema del decreto è trasmesso al parlamento per l'espressione del parere delle competenti commissioni".
Secondo la ricorrente, l'intervento finanziario previsto dalla norma può essere ricondotto alle materie concernenti la valorizzazione dei beni culturali oppure la ricerca scientifica, entrambe di competenza concorrente e quindi tali da escludere ogni attività legislativa dello Stato se non per la sola determinazione dei principi fondamentali, tra i quali non rientra la previsione del finanziamento oggetto della norma impugnata.
Illegittima è certamente, secondo la regione Emilia Romagna, la previsione di un decreto ministeriale in materia che non è di competenza esclusiva dello Stato.
4. Relativamente alle censure formulate avverso l'art. 10, comma 2, lettera f) in tema di sport, va rilevato che, come entrambe le parti deducono e come risulta a questa Corte, non è stato emanato nel termine di diciotto mesi previsto dall'art. 10, comma 1, il decreto legislativo attuativo della delega.
La regione insiste, nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, nelle censure formulate avverso i criteri e principi direttivi di cui alla lettera f) cit. ma tali censure sono inammissibili essendone evidente l'assoluta genericità, in quanto - relativamente al parametro dell'art. 117, terzo comma, Cost. - la regione si limita a dedurre soltanto (senza alcuna altra illustrazione o argomentazione) che "la specificità ed il dettaglio dei criteri dettati dal legislatore delegante non lasciano spazio ad una legislazione di principi" e, relativamente al parametro dell'art. 117, quarto comma, Cost., a rivendicare la propria competenza in un settore ("promozione di attività sportive e realizzazione dei relativi impianti e attrezzature") del quale la legge di delega non fa parola.
5. Quanto alle censure formulate avverso l'art. 10, comma 2, lettera e), se ne deve dichiarare, per un verso, l'infondatezza e, per altro verso, l'inammissibilità.
E' infondata la questione sollevata sul presupposto che esista - fuori di quelle elencate nell'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. - una materia "spettacolo" che, in quanto non menzionata, rientrerebbe tra quelle di competenza residuale: è sufficiente, in proposito, richiamare quanto statuito, in senso contrario, da questa Corte con la sentenza n. 255 del 2004.
La censura, invece, proposta in relazione all'art. 117, terzo comma, Cost., laddove contempla come materia di competenza legislativa concorrente la "promozione ed organizzazione delle attività culturali" è inammissibile, essendo evidente la genericità ed apoditticità della mera enunciazione che "i criteri (...) sono puntuali, dettagliati e specifici", seguita dall'esemplificazione di "procedure di erogazione di contributi, controlli sull'utilizzo delle risorse (...) l'adeguamento dell'assetto organizzativo degli organismi e degli enti di settore"; in assenza di qualsiasi illustrazione delle ragioni per le quali la previsione di qualsiasi procedura di erogazione o di qualsiasi controllo ovvero di qualsiasi adeguamento organizzativo di qualsiasi ente o organismo di settore sarebbero invasivi della competenza legislativa regionale, non può che essere dichiarata l'inammissibilità della censura (alla quale, ai fini in questione, non può conferire concretezza quanto nella memoria si deduce relativamente al decreto legislativo emanato in attuazione della delega).
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale proposta, relativamente all'art. 10, comma 2, lettera d), della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del governo e della presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici), in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., dalla regione Toscana con il ricorso in epigrafe;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale proposta, relativamente all'art. 10, comma 2, lettera e), della medesima legge, in riferimento all'art. 117, quarto comma, Cost., dalla regione Toscana con il ricorso in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale proposta, relativamente all'art. 10, comma 2, lettera f), della medesima legge, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., dalla regione Toscana con il ricorso in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta, relativamente all'art. 10, comma 2, lettera e), in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., dalla regione Toscana con il ricorso in epigrafe;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta, relativamente all'art. 10, commi 1 e 2, della medesima legge, in riferimento agli articoli 76 e 117 Cost., dalla regione Toscana con il ricorso in epigrafe.