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Regione Marche

Ricorso per illegittimità costituzionale
dell'art. 33, legge finanziaria per il 2002

(28 febbraio 2002)



Ricorso ai sensi dell'art. 127, comma 2 della Costituzione della Regione Marche, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, a ciò autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 282 dell'11 febbraio 2002, (omissis)

Contro lo Stato, in persona del presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 11, 17, comma 2, 27, comma 13, 29, 30, 33, 41, 52, comma 17, 70, 71, 60, comma 1, lettera d), 64, 66, 67, nonché 52, commi 10, 39 e 83, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002"), pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2001, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost., nei termini di seguito prospettati.

Fatto

1. La legge n. 448 del 28 dicembre 2001, indicata in epigrafe, contiene una serie di disposizioni che la Regione Marche ritiene lesive della propria sfera di competenza ai sensi dell'art. 127, secondo comma, Cost.

Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:

(Omissis)

l'art. 33 ("Servizi dei beni culturali"), che aggiunge all'art. 10, comma 1, del d.lg. n. 368 del 1998 (istitutivo del Ministero per i beni e le attività culturali) una nuova lettera b-bis), che consente al Ministero di "dare in concessione a soggetti diversi da quelli statali la gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica e alla valorizzazione del patrimonio artistico", secondo modalità, criteri e garanzie da definirsi con regolamento ministeriale, del quale vengono individuati puntualmente i principali contenuti;

(Omissis)

2. La Regione Marche (con deliberazione della giunta n. 282 dell'11 febbraio 2002) ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte le norme sopra richiamate della legge statale n. 448 del 2001, perché illegittime e lesive dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di

Diritto

(Omissis)

Illegittimità dell'art. 33, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente, per la violazione degli artt. 117, commi terzo e sesto. nonché 118 Cost.

L'art. 33 è costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, commi terzo e sesto, Cost., per la parte in cui disciplina con norme di dettaglio e immediatamente operative, e comunque non derogabili da parte del legislatore regionale (in quanto attributive di una competenza al Ministero per i beni e le attività culturali), una materia - la valorizzazione dei beni culturali - che rientra tra quelle elencate nell'art. 117, terzo comma, della Costituzione e affidate alla legislazione concorrente dello Stato (per i soli principi fondamentali) e delle Regioni, nonché per la parte in cui attribuisce al Ministro un potere regolamentare chiaramente escluso dall'art. 117, sesto comma, in base al quale, nelle, materie di legislazione concorrente e di legislazione residuale regionale, la potestà regolamentare spetta in via esclusiva alle regioni.

6.1. Nessun dubbio può sussistere sul fatto che l'art. 33 della legge n. 448 del 2001 abbia ad oggetto la valorizzazione dei beni culturali.

E' pur vero che essa si riferisce propriamente ad attività di "gestione" ma è anche vero che la "gestione", secondo la definizione normativa che ne fornisce l'art. 148, comma 1, lett. d), del d.lg. n. 112 del 1998, consiste in: "Ogni attività diretta, mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali [e ambientali], concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione".

Dunque, la "gestione" dei beni culturali partecipa contestualmente di entrambi i profili della "tutela" e della "valorizzazione", risultando in concreto riferibile all'una o all'altra secondo la specifica finalità che, di volta in volta, si trovi a perseguire.

Non è dubitabile che, nel caso di specie, la "gestione" di cui trattasi è riferita esclusivamente alle finalità relative alla "valorizzazione", non solo per l'inequivoco tenore letterale della norma ma anche per il riferimento esplicito alle definizioni contenute nell'art. 152, comma 3, del d.lg. n. 112 del 1998 che, per l'appunto, si rivolge alla sola "valorizzazione" dei beni culturali.

Da questo punto di vista, nessuna rilevanza possono assumere gli equivoci richiami contenuti nella disposizione impugnata, laddove il legislatore si occupa di definire l'oggetto del regolamento ministeriale, indicando esplicitamente anche profili concernenti la tutela.

Pertanto l'art. 33 della legge n. 448 del 2001 determina una palese lesione della sfera di competenza regionale, così come definita dall'art. 117, terzo e sesto comma, Cost.

6.2. Analogamente a quanto si è già evidenziato al punto 5.3, il contrasto della disposizione impugnata con il nuovo sistema di competenze introdotto dalla riforma costituzionale di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001 è evidente anche nell'ipotesi in cui si ammetta che lo Stato possa ritenersi abilitato a riservarsi funzioni amministrative che richiedano l'esercizio unitario a livello centrale, contestualmente dettandone la relativa disciplina, anche in materie che l'art. 117 della Costituzione attribuirebbe formalmente alla potestà normativa regionale. Tale ipotesi potrebbe trovare fondamento nel sistema complessivo delineato dagli artt. 118, primo comma e 117, secondo comma, lett. g), nonché dal principio generale ricavabile dall'art. 117, sesto comma, ult. alinea, secondo cui ad ogni ente territoriale che risulti titolare di funzioni amministrative non può non essere riconosciuta una potestà regolamentare rivolta specificamente a disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento di tali funzioni.

Nel caso di specie, non si può negare che lo Stato, con la norma in esame, disciplini una particolare modalità di esercizio di funzioni amministrative che ad esso già spettavano in base alla legislazione vigente anteriormente all'entrata in vigore dei nuovi artt. 117 e 118 della Costituzione. E non si nega, d'altronde, che alla regione sia impedita in questa sede la contestazione della legittimità costituzionale della disciplina legislativa previgente.

Tuttavia, a meno di non ammettere che il nuovo sistema costituzionale delle competenze risulti ad oggi del tutto irrilevante e che dunque lo Stato possa liberamente disciplinare le funzioni amministrative che gli erano riconosciute prima della riforma costituzionale, senza attenersi ai nuovi principi imposti dagli artt. 117 e 118 Cost., occorre ritenere che, dopo l'entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, lo Stato può legittimamente dettare norme per l'organizzazione e lo svolgimento di una funzione amministrativa solo nell'ambito di un intervento che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative relative ad un determinato ambito materiale, distinguendo rigorosamente le funzioni da riservare al livello centrale in attuazione e nel rispetto dei parametri di cui all'art. 118, comma 1, e solo per tali funzioni provvedendo a dettare la relativa disciplina.

Pertanto, come già sottolineato al punto 5.3, in assenza di una simile operazione complessiva, è da escludere che lo Stato possa legittimamente procedere ad interventi di semplice integrazione parziale della disciplina previgente, la cui conformità a Costituzione deve essere oggi valutata alla luce delle nuove disposizioni degli artt. 117 e 118 Cost.



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