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Giornata di studio su "L'istituzione del ministero per i Beni e le Attività culturali" nel quadro delle riforme amministrative

 

L'autonomia pilota: l’esperienza di Pompei

di Giuseppe Gherpelli

Vorrei sgombrare prima di tutto il terreno dai frequenti equivoci che accompagnano spesso, in questi ultimi tempi soprattutto, l’informazione su come sta procedendo l'esperienza avviata a Pompei.

Ho sentito e letto che segnerebbe il passo, che avrebbe diverse difficoltà, e sempre questi commenti, avanzati quasi sempre senza nulla sapere di ciò che stiamo facendo, fanno esclusivo riferimento ad una idea che non esito a definire inesatta, quella per cui l’autonomia di Pompei avrebbe come contenuto essenziale il contributo dei privati alla gestione del patrimonio culturale.

Se è vero che la legge che regola il conferimento di autonomia a Pompei contiene anche importanti agevolazioni fiscali ai privati, su cui comunque più avanti tornerò, è vero che l’impianto stesso della legge in realtà si preoccupa soprattutto di definire ambiti, strumenti gestionali e modalità operative grazie ai quali la soprintendenza possa organizzarsi in funzione di un generale miglioramento delle proprie prestazioni.

Il contributo che posso provare, dunque, a dare ai lavori del convegno è sostanzialmente riconducibile ad un quesito : può l’esperienza avviata a Pompei significare qualcosa nel processo di riforma del ministero per i Beni e le Attività culturali?

La domanda, in realtà, ne presuppone un’altra : serve alla soprintendenza di Pompei l’applicazione dell’art. 9 della l. 352/1997? Infatti, solo se ha elementi di positività per sé e in sé l’esperimento può avere qualche rilevanza d’ordine più generale.

L’autonomia concessa a Pompei ha un valore dichiaratamente strumentale: si tratta di un mezzo per ottenere risultati verificabili e teoricamente estensibili. È vero, la soprintendenza di Pompei rappresenta uno spaccato fra i più complessi e ricchi di caratteri dell’insieme costituito dagli organismi periferici del ministero : in essa, nella sua storia relativamente breve, si sono intrecciati un po' tutti i temi della gestione dei beni culturali del nostro paese, e si può affermare che vi si sono accumulate quasi tutte le difficoltà e le contraddizioni di cui soffre l’amministrazione del patrimonio culturale italiano. E se è così, l’introduzione di elementi di novità al suo interno non può che essere presa come motivo di riflessione anche per le altre istituzioni del ministero.

Sia pure con la consapevolezza che si tratta di prime impressioni relative ad un esperimento appena avviato, e che sconto inevitabilmente l’approssimazione linguistica e il noviziato, tento di proporvi una serie di spunti concernenti possibili risposte ai quesiti iniziali, convinto soprattutto che essi avranno valore solo se agiranno da stimolo a osservazioni e suggerimenti di cui avverto un grande bisogno.

Alcuni dati possono aiutare la comprensione del fenomeno. La soprintendenza di Pompei esercita le sue competenze su un territorio che comprende 23 comuni dell’area circumvesuviana, gestisce in termini diretti 4 siti archeologici e 1 museo aperti al pubblico; per essa lavorano 711 dipendenti del Ministero, 97 lavoratori socialmente utili, alcune decine di trimestralisti, alcuni obiettori di coscienza. Il numero dei visitatori supera da qualche anno 2.250.000 unità, di cui oltre il 55% di provenienza straniera.

Dal 25 marzo 1998, giorno in cui si è insediato il consiglio di amministrazione, la soprintendenza di Pompei ha cominciato ad applicare la l. 352/1997, che le ha assegnato, in attesa della riorganizzazione del ministero, autonomia scientifica, finanziaria, amministrativa e gestionale, ed il relativo regolamento recante norme per il funzionamento amministrativo contabile approvato con Decreto Ministeriale 27 febbraio 1998, n.66.

I primi passi sono stati quelli della costituzione e attivazione degli organi gestionali (il consiglio di amministrazione, costituito dal soprintendente, che lo presiede, dal direttore amministrativo, dal funzionario di più alto livello e di maggiore anzianità), di controllo (il collegio dei revisori dei conti, costituito da due rappresentanti del ministero per i Beni e le Attività culturali e da un rappresentante del ministero del Tesoro, che lo presiede) e consultivi (il comitato costituito dai 23 sindaci, dai rappresentanti della provincia di Napoli e della regione Campania, dal soprintendente e dal direttore amministrativo).

Contemporaneamente è stata bandita la gara per l’affidamento del servizio di cassa, che si è conclusa nel giugno del 1998, così che è stato possibile instaurare materialmente il rapporto effettivo con l’istituto di credito risultato vincitore soltanto alla metà di settembre dell’anno scorso.

E’ da notare che per poter procedere secondo i dettami della legge, il consiglio di amministrazione ha deliberato il primo bilancio preventivo nella stessa seduta di insediamento, avendo avuto a disposizione per l’elaborazione soltanto 15 giorni lavorativi, ed avendo dovuto affrontare problematiche assai ardue sia di carattere interpretativo che di ordine contabile ed amministrativo.

Alle soglie dell’estate i due ministeri vigilanti, quello del Tesoro e quello dei Beni e delle Attività culturali, hanno approvato il bilancio preventivo, che è divenuto quindi esecutivo nell’ultimo semestre dell’anno d’esercizio. In 11 mesi di attività, il consiglio di amministrazione si è riunito 16 volte, e non solo perché la legge impone una riunione mensile. Il collegio dei revisori dei conti si è riunito sette volte, il Comitato dei sindaci, come lo chiamiamo, si è insediato ed ha già operato due scelte molto importanti, quella di dare vita ad un Ufficio di Piano a cui è stato affidato il compito di predisporre una mappa ragionata di tutti gli strumenti urbanistici attivi nella zona e quella di avanzare al ministero del Tesoro e della Programmazione economica il progetto relativo ad un piano di fattibilità concernente lo sviluppo culturale e turistico dell’area vesuviana.

L’autonomia finanziaria è già un dato di fatto. Dall’agosto del 1998 la soprintendenza incassa direttamente, sul proprio conto corrente bancario, le somme introitate grazie alla vendita dei biglietti di ingresso a scavi e museo, alle royalties derivanti da concessioni di beni o servizi, da erogazioni liberali, oltre che dai conferimenti del Ministero per i Beni e le Attività culturali e di altri soggetti pubblici.

L’autonomia amministrativa, entro gli ovvi confini della legislazione relativa, viene esercitata utilizzando il bilancio approvato, deliberando in sede di consiglio di amministrazione ogni spesa debitamente imputata agli specifici capitoli, procedendo subito dopo, senza altre autorizzazioni, agli acquisti di beni o servizi decisi, presentando la rendicontazione consuntiva alla Corte dei conti.

L’avvio di questi processi decisionali ha proceduto di pari passo con l’analisi delle procedure amministrative adottate e la progettazione, ormai conclusa, di una generale e radicale revisione delle stesse. Già oggi la Soprintendenza riesce a pagare tutti i propri fornitori entro sessanta giorni, ed ha ottenuto un generale miglioramento di tutte le performances al riguardo.

L’autonomia gestionale ha richiesto preventivamente una analisi sistematica dell’organizzazione esistente, che ha prodotto una necessaria, ulteriore attività di approfondimento degli obbiettivi strategici della soprintendenza, essendosi riscontrate in talune aree dell’organico una preoccupante perdita di consapevolezza e/o di partecipazione.

L’autonomia scientifica richiederebbe di per sé una trattazione assai ampia e problematica e, anche perché non mi pare che il convegno abbia immediata necessità di approfondimenti anche in questa direzione, preferisco non addentrarmici.

Se il legislatore ha assegnato alla soprintendenza di Pompei, che resta un organismo periferico del ministero, il compito di sperimentare concretamente alcuni livelli di autonomia, è certamente perché ne vuole verificare la validità in funzione di due finalità precipue, il miglioramento dei modelli organizzativi e l’aumento d’efficacia e trasparenza della spesa.

In quest’ottica, anche, si è mosso il consiglio d’amministrazione, cominciando ad introdurre forme e anche funzioni di controllo di gestione, oltre che di sistematica attenzione all’applicazione e alla evoluzione delle procedure da adottare e in via di adozione. Si sono riscontrate criticità prevalentemente nella individuazione delle responsabilità decisionali, nella produzione e nella organizzazione della documentazione cartacea ( quella informatizzata era praticamente assente), nelle scelte delle procedure d’acquisto, nello stesso coordinamento fra le decisioni d’acquisto e le disponibilità alla spesa.

Lo sforzo principale, comunque, in materia di riorganizzazione, consiste nel razionalizzare una struttura che fatica a conciliare le due specifiche direzioni verso cui far marciare la soprintendenza, la tutela, intesa come ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere il patrimonio di cui è consegnataria, e la valorizzazione, intesa come ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione del patrimonio e ad incrementarne la fruizione.

Una buona assimilazione della missione di ogni settore di intervento è lo scopo che ha guidato il gruppo di lavoro subito costituito non appena si sono insediati gli organi di comando gestionali. E’ stato così possibile identificare progressivamente, dopo le situazioni di maggiore complessità, le potenziali soluzioni gestionali da adottare.

La ridefinizione delle principali attività connotanti le due grandi direttrici della tutela e della valorizzazione, ha permesso di attribuire a ciascuna di esse settori specifici di intervento: alla prima, l’analisi del territorio, l’analisi del patrimonio, la progettazione tecnica degli interventi e i collaudi, gli scavi e le prospezioni, gli espropri e i vincoli, i restauri e la manutenzione; alla seconda, l’analisi di mercato, la programmazione degli interventi, la vigilanza, i servizi per il pubblico, il marketing, la customer satisfaction.

Attribuiti i compiti, si è provveduto a verificare quali attività, amministrative, tecniche e scientifiche devono essere messe in campo a supporto degli ambiti prima descritti. Inevitabilmente, si è poi proceduto alla individuazione dei profili professionali necessari e alla loro formale e sostanziale presenza negli organici attuali, sia in termini qualitativi che in termini quantitativi.

Ne è risultata, come prevedibile, una situazione di alta criticità, sia per gli evidenti squilibri fra ciò che servirebbe e ciò di cui si dispone, sia per la pratica impossibilità per la soprintendenza di poter procedere in modo autonomo in tema di assetti del personale.

Ciò nonostante, si è avviata sul tema una importante consultazione con tutte le organizzazioni sindacali, che sono cinque, e dal confronto sono emersi elementi utili, talché il consiglio di amministrazione ha già predisposto una prima proposta di nuovo organigramma della soprintendenza di Pompei.

Nella fase di sviluppo della proposta, abbiamo avviato una analisi gestionale, che ci ha permesso di mettere a fuoco, per ogni struttura/organizzazione di responsabilità, le risorse utilizzate, le attività svolte, i "prodotti" ottenuti, le procedure operative seguite. Per fare un piccolo esempio, forse assai significativo, cito la ricognizione indicativa sulla natura e l’entità degli acquisti, nonché delle procedure d’acquisto seguite nei dodici mesi precedenti l’autonomia.

Essa ha dimostrato che, se in termini di importi il 22% degli acquisti è avvenuto tramite affidamento diretto, il 59% tramite gara ufficiosa e il 19% tramite gara, in termini assoluti di transazioni, sulle 397 transazioni effettuate, 363 sono state effettuate tramite affidamento diretto, 36 tramite gara ufficiosa, e solamente 1 tramite gara pubblica. Se questa situazione è certamente dovuta specialmente all’assenza di qualsiasi analisi preventiva del fabbisogno di approvvigionamenti, e forse anche a consuetudini che celano alcune forme di pigrizia, non si può negare che nel contesto dell’area circumvesuviana questi dati sono fonte di fortissima preoccupazione.

Il nuovo organigramma che ne è scaturito, pur non potendo prevedere alcun autonomo intervento concernente nuovi profili professionali e livelli per il personale, tuttavia prospetta una forte razionalizzazione dell’esistente, una differente prospettiva di funzioni e mansioni, una diversa configurazione del modo stesso d’intendere il lavoro organizzato entro la soprintendenza, quali la definizione di obbiettivi misurabili, con l’indicazione dei costi e dei ricavi, l’assegnazione del raggiungimento degli obbiettivi ad autentici centri di responsabilità individuati in relazione alla struttura organizzativa, lo sviluppo di proiezioni economico finanziarie per ogni centro di responsabilità in relazione agli obbiettivi assegnati, le aggregazioni delle singole proiezioni in un’unica "proiezione" aziendale, la rilevazione periodica dei dati consuntivi economici ed operativi, l’analisi degli scostamenti fra obbiettivi e risultati.

Abbiamo, in pratica, impostato un modello di riferimento per organizzare un vero e proprio sistema di governo della "azienda Pompei", cercando poi di predisporre gli strumenti utili di supporto (budget, sistemi amministrativi di contabilità, sistemi gestionali di contabilità, sistema degli indicatori di performance, reporting) "tarandoli" sul modello.

L’introduzione di innovazione tecnologica e metodologica, in parte già avviata con notevoli risultati, ha aiutato a comprendere, anche, la assoluta priorità da assegnare agli interventi di aggiornamento e formazione del personale. Si tratta, presumibilmente, del maggiore investimento da fare nelle nostre attività, ed è indispensabile non solo per colmare lacune storicamente consolidate, ma anche per costruire le premesse di una più dinamica e partecipe presenza del personale nella definizione stessa dei programmi di lavoro dell’ufficio, oltre che di una condizione di lavoro più consona alla dignità umana di quanto oggi avvenga.

In questa prospettiva, anche il ricorso a professionalità esterne, per compiti definiti (progetti speciali, training on the job, ecc.) e per tempi delimitati, è apparso ed appare utile e necessario anche al personale della soprintendenza.

Occorre anche dire, esplicitamente, che il processo autonomistico della soprintendenza di Pompei ha acquisito, senza che noi lo richiedessimo, una velocità maggiore e una più netta configurazione di obbiettivi e strumentazione dopo la decisione del ministero per i Beni e le Attività culturali di diminuire in modo drastico gli annuali conferimenti ordinari, con ciò di fatto asserendo che ormai la soprintendenza dovrà ( con l’eccezione delle spese per il personale) fare i conti, per il suo funzionamento, ma anche per i suoi programmi di tutela e valorizzazione, sulle entrate derivanti dagli incassi di biglietteria, dalla vendita di servizi e dalle erogazioni liberali.

Tutto ciò ha come conseguenza immediata, già operante, che solo con una politica di snellimenti organizzativi e procedurali, di immediata realizzazione dei servizi per il pubblico (oggi, come è noto, praticamente assenti), di promozione a tutti i livelli, di comunicazione adeguata, sarà possibile avvicinarsi al fabbisogno effettivo.

Ne deriva che, proprio nei settori in cui più vistose sono le carenze strutturali della soprintendenza, si dovrà fare il massimo degli sforzi possibili, in certa misura rendendo irreversibile il processo di "aziendalizzazione" della soprintendenza stessa.

Non posso nascondere che in questo primo anno, ormai, di attività "autonoma", altre urgenze hanno premuto sugli amministratori, tanto da compromettere in taluni casi la disponibilità temporale, in altri perfino la serenità di giudizio che sarebbero stati indispensabili per affrontare con serietà la mole di lavoro sopra richiamata.

Mi riferisco a vicende diverse, per molti aspetti non fra loro collegate, ma comunque generate in parte dalla legge sull’autonomia, in parte da situazioni già da tempo determinatesi dentro o attorno alla soprintendenza.

Ne accenno, per testimoniare, non per cercare alibi a possibili ritardi d’azione, ma anche per introdurre nel dibattito temi che mi auguro possano poi essere affrontati.

Tra le conseguenze giuridico amministrative derivate dalla applicazione della l. n.352/1997, abbiamo voluto e dovuto approfondire e sviluppare il tema dei benefici fiscali introdotti dall’articolo 9, così da proporre ai soggetti privati interessati ad intervenire nel progetto Pompei un preciso e stimolante quadro dei vantaggi derivanti dalla legge, e la comprensione e la formulazione di una sintesi espositiva dei suddetti benefici si è manifestata di particolare urgenza in quanto questi ultimi vengono resi disponibili dalla legge per gli anni 1997 ( trascorso integralmente prima che la soprintendenza potesse dirsi autonoma), 1998 (trascorso in buona parte per approntare gli organismi, la strumentazione gestionale e contabile, e appunto le chiavi di lettura dei benefici) e il 1999.

Di fatto, in assenza di proroghe, il beneficio del credito d’imposta, per altro assai innovativo e interessante, rischia obbiettivamente di non poter essere utilizzato che in parte minimale, quasi irrilevante. C’è poi da constatare che una ulteriore difficoltà è venuta, in sede di applicazione di benefici a privati, in materia di concessione del diritto d’immagine di beni archeologici di competenza della soprintendenza a quelle imprese che, assicurando interventi per il restauro, ne facciano richiesta.

L’enorme differenza delle richieste d’uso, e, soprattutto, le grandi differenze fra le destinazioni d’uso, hanno messo duramente alla prova la capacità dell’ufficio di valutare temi d’ordine commerciale di natura assai complessa, e che richiederebbero competenze iperspecialistiche.

Per poter comprendere e valutare effettivamente il valore nel mercato mondiale di ciò che può essere prodotto, resto solo all’esempio che mi preme, attorno al patrimonio pompeiano, le potenzialità di questa o di quella impresa che propone utilizzi a vario titolo, servono esperienze irrintracciabili oggi negli organici ministeriali, e c’è da dire al riguardo che, proprio per non arrecare danni all’erario con valutazioni approssimative quando non dilettantesche, come capita di vedere in diverse applicazioni della legge Ronchey, sarebbero di grande importanza investimenti in materia di formazione e di acquisizioni vere di competenze all’interno degli organici del Ministero.

La soprintendenza, che si è trovata anche nella necessità di porre differenti quesiti all’amministrazione finanziaria circa la soggettività tributaria della soprintendenza, ha dovuto poi affrontare tematiche assolutamente inesplorate, quando si è sentita proporre di acquisire partecipazioni azionarie in società per azioni, coinvolgimenti diretti nelle attività ricomprese nei progetti inseriti in patti o contratti d’area, quando ha dovuto quando ha dovuto rispondere ad una proposta di co-produzione internazionale di un cd-rom su Pompei avanzata dalla Réunion des musées nationaux, quando ha preso in considerazione l’ipotesi di introdurre la voce immobilizzazioni finanziarie nel proprio bilancio.

L’autonomia, però, ha voluto dire anche occuparsi in dimensioni diverse di problemi che non sono più ordinaria amministrazione o optional su cui sorvolare. Il contenzioso sul servizio di ristorazione, l’introduzione del servizio di biglietteria elettronica, il confronto col drammatico evolversi della situazione dei lavoratori socialmente utili o dei dipendenti di una azienda che aveva avuto in concessione lavori sui Fondi per gli Investimenti e l’Occupazione, sono motivi di immediato e diretto interesse della soprintendenza, così come i rapporti con le amministrazioni locali da cui dipendono le sorti degli interventi infrastrutturali e d’ordine logistico inestricabilmente connessi con le scelte in materia di valorizzazione.

Fin qui alcuni dei dati e delle informazioni che mi è sembrato giusto riferire, per quanto rappresentino solo una parte del lavoro svolto. E torno dunque ai due quesiti iniziali.

Personalmente non ho dubbi. Posso affermare che a distanza di quasi dodici mesi dall’avvio del nostro esperimento si possono cominciare a delineare significativi, incontestabili vantaggi per le attività della soprintendenza.

Aumenta considerevolmente la capacità di elaborare programmi di attività, di commisurarli concretamente a una capacità di investimento data e non solo sperata, di predisporre progetti concretizzabili in tempi definiti, con procedure chiare e date, con risparmi consistenti, con possibilità di modificare quando non invertire il percorso se i risultati dell’intervento previsto si rivelano insoddisfacenti.

Si eliminano le diseconomicità più evidenti in fretta, si acquisiscono visioni d’insieme di servizi prima frammentati, si introducono dinamiche assolutamente inedite in tema di approvvigionamenti. Il personale, se segnala impazienza, ed è così, la manifesta soprattutto in funzione del desiderio di entrare nei processi innovativi, di poter usufruire, a tutti i livelli, di opportunità raramente prima sperimentate, specialmente se corredate di nuove acquisizioni di tecnologie e metodologie: e quando ciò è stato possibile, ha già rivelato una incredibile, almeno per me, capacità di apprendimento e di sviluppo creativo, sorprendendo anche i più professionali fra i pochissimi collaboratori a termine ingaggiati come formatori dalla soprintendenza.

Insomma, alla soprintendenza l’autonomia giova; rimette in moto risorse umane frequentemente depresse o immotivate, mette in circolazione idee ed esperienze a velocità notevole, suscita spirito di appartenenza, riapre speranze. Provoca anche in qualcuno, ed è inevitabile, preoccupazione ed ansia, ma se si tiene una coerente tabella di marcia, prima o poi i benefici toccheranno tutti, anche i più diffidenti rispetto al nuovo.

Quando sono arrivato a Pompei, ho registrato infondate paure di privatizzazione ed ho dovuto, e ancora devo, fare i conti con incomprensioni immotivate al riguardo. Mi sembra di poter tranquillamente affermare che l’esperienza che stiamo facendo recupera integralmente la vitalità, le potenzialità di apparati che davvero solo così, cioè attraverso una riappropriazione di sé, possono sperare, credo, di contrastare processi di autoeliminazione del resto latenti.

Per questo il nostro esperimento ha due necessità di fondo: accelerare il proprio cammino senza tentennamenti e ritardi, che si rivelerebbero esiziali, ed eliminare al più presto i limiti che già si possono intuire in un disegno legislativo che affrontando con coraggio una ipotesi innovativa aveva già trovato per strada, dovendosene fare carico, qualche compromesso di troppo. La legge può essere modificata, noi diciamo che lo deve, per poter rendere più spedito il nostro cammino, anche perché crediamo che si tratti di modificazioni largamente condivisibili, ora che si può già fare riferimento ad esperienze effettuate e verificabili. Nei prossimi giorni presenteremo le nostre riflessioni al riguardo, e contiamo di poter affrontare presto un confronto serrato e serio con chi di dovere.

Se funziona per la soprintendenza di Pompei, la autonomia può funzionare anche per le altre soprintendenze, indipendentemente dal fatto che possano contare da subito su risorse proprie e ingenti. A ben vedere, e lo abbiamo seguito con la dovuta attenzione, il nostro percorso può essere ripetuto, naturalmente con gli adattamenti necessari, ma con i medesimi risultati, da quegli istituti che hanno anche minori problemi d’ordine organizzativo e gestionale.

Quella voce, più d’una per la verità, che mi ha spesso detto "in bocca al lupo, ma potevano cominciare da qualcosa di meno complesso" potrebbe rivelarsi ingenerosa o imprudente; Pompei è in grado di "autogestirsi", e ci sta arrivando.

Vorrei concludere con una considerazione, da antico sostenitore e assiduo praticante delle autonomie. Non sono in grado, immerso come sono in una esperienza difficilissima e che mi mette a dura prova, e per carenze personali, di partecipare oggi ad un sereno dibattito su destini generali del patrimonio culturale italiano.

Mi permetto però di dire, e mi scuserete la banalità di queste affermazioni, che prima di decidere dissoluzioni o devoluzioni, cessioni o concessioni, occorre capire bene ciò di cui si dispone, se non altro per non dissipare nulla.

Chiunque possiede beni e li gestisca deve valorizzarli al massimo anche quando, o forse soprattutto quando si accinge a prendere in considerazione l’idea di "alienarli". So che non siamo a questo punto, so che si sta lavorando per trovare soluzioni ragionevoli a problemi complessi, veramente ardui.

E anche oggi abbiamo avuto una notevole dimostrazione della serietà con cui li si sta affrontando. Eppure ho l’impressione, che non è certamente frutto di raptus pompeiani, i quali semmai talvolta mi porterebbero a molte miglia di distanza, ho l’impressione, dicevo, che una dose massiccia di saggia autonomia distribuita fra tutte le soprintendenze e gli istituti del ministero potrebbe ancor cambiare in meglio le carte in tavola, senza escludere affatto, anzi rafforzandola, la possibilità di percorrere altre strade, anche esse, però, da viversi sperimentalmente.

Più autonomia non significa azzerare altre soluzioni, ma piuttosto costruirle forse meglio, con maggiore consapevolezza, e con la coscienza di avere fatto ciò che si deve nei confronti di una storia fatta da uomini che sono riusciti, in mezzo a straordinari rivolgimenti d’ogni genere, a consegnarci e conservarci il più straordinario patrimonio culturale del mondo.

 



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