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Organizzazione e riorganizzazione ministeriale

Il conferimento dell’incarico di direttore di museo: devoluzione della controversia al giudice ordinario e ipotesi sulle tutele accordabili all’aspirante ingiustamente pretermesso

di Giancarlo Ricci

Sommario: 1. Gli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche fra disciplina generale e normative settoriali. - 2. Il conferimento di incarico dirigenziale nei poli museali: l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 28976/2020 e la devoluzione della giurisdizione sulla controversia al giudice ordinario. - 3. I precedenti conformi e la divergente (ma isolata) opinione del Consiglio di Stato. - 4. La valutazione prognostica in ordine alle possibili tutele per il soggetto ingiustamente pretermesso nella procedura di conferimento dell’incarico.

The assignment of museum director role: devolution of the dispute to the ordinary civil judge and hypothesis about the protections that can be granted to the unjustly excluded aspirant
This paper aims to analyse the order issued by the Italian Corte di Cassazione on 17 December 2020, no. 28976, which established that the dispute over the conferral of managerial office in museums falls under the jurisdiction of the ordinary (civil) judge, due to the “private” and “non-competitive” nature of the procedure aimed at appointing a museum director, also considering also the mostly fiduciary character of this assignment. The Author focuses on previous consistent decisions, with particular regard to the case law on managerial roles in health administrations and local authorities. Subsequently, after an analysis of the aspiration to the managerial assignment as a legitimate interest of private law - to which corresponds the obligation of the public administration to comply with the principles of correctness and good faith - the Author deals with the possible legal remedies for the cases of unlawful exclusion from the assignment of the managerial role, highlighting how the remedy most frequently emerging from the case law is the compensation for the damage deriving from the loss of chance.

Keywords: Managerial Assignement; Museum Director; Ordinary Jurisdiction.

1. Gli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche fra disciplina generale e normative settoriali

Nell’alveo del “consistentissimo” contenzioso fra amministrazioni pubbliche e loro dipendenti [1], e più specificamente sul versante dei complicati e più volte rimodellati rapporti fra p.a. e dirigenza pubblica [2], fa capolino il significativo filone di controversie in materia di incarichi dirigenziali, con particolare riferimento alla fase del conferimento o del rinnovo dello stesso [3]. Del resto, nella materia de qua la densità del quadro normativo crea un reticolo di complessità regolative [4] entro le cui pieghe si aprono numerosi varchi per l’attivazione del contenzioso.

In tema, la norma generale è quella di cui all’art. 19, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Di questa disposizione, ai fini che interessano, rileva in special modo il comma 1, sui requisiti valutabili a fini di conferimento dell’incarico [5], nonché il comma 1-bis - introdotto dal d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (c.d. decreto Brunetta) anche sull’abbrivio di una significativa giurisprudenza che andava predicando l’adeguamento della disciplina a principi di trasparenza e pubblicità [6] - con cui si è inteso superare la logica del conferimento ad personam, introducendo obblighi minimi di pubblicità della procedura (compresa l’enunciazione dei criteri di scelta) e di necessaria valutazione delle candidature pervenute [7].

Alla norma generale si affiancano poi talune disposizioni di carattere settoriale che, in ragione degli ambiti di riferimento, dettano regole tendenzialmente dirette a integrare (o talvolta a derogare) il disposto dell’art. 19 d.lgs. n. 165/2001. È il caso della normativa sul conferimento di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni sanitarie, di cui all’art. 15-ter d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 [8], e di quella sugli incarichi negli enti locali, ai sensi dell’art. 110, comma 1, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 [9], sul cui rilievo, ai fini della presente trattazione, si avrà modo di ritornare in seguito.

La pronunzia oggetto del presente commento verte, invece, sul disposto dell’art. 14, comma 2-bis, d.l. 31 maggio 2014, n. 83, convertito in l. 29 luglio 2014, n. 106, che regola il conferimento di incarichi di direzione nei poli museali e negli istituti di cultura di rilevante interesse nazionale: questi, recita la norma, “possono essere conferiti, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura, anche in deroga ai contingenti di cui all’art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, e successive modificazioni, e comunque nei limiti delle dotazioni finanziarie destinate a legislazione vigente al personale dirigenziale del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo”.

Il successivo d.m. 27 novembre 2014 ha puntualmente regolamentato l’iter che conduce al conferimento dell’incarico, nell’ambito di quella che viene espressamente definita dallo stesso decreto “procedura di interpello”. Il decreto prevede la costituzione di apposite commissioni costituite da “esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale” (art. 3, comma 3), cui è demandata la valutazione comparativa dei curricula presentati dai candidati, con conseguente individuazione di una “rosa” di aspiranti meritevoli da sottoporre al ministro o al direttore generale (a seconda che gli incarichi si riferiscano a istituti museali considerati come uffici dirigenziali generali o non generali), ai fini della proposta di conferimento dell’incarico da formulare, da parte del ministro, alla Presidenza del Consiglio (nel primo caso) ovvero del conferimento diretto da parte del direttore generale del ministero (nel secondo caso) [10].

2. Il conferimento di incarico dirigenziale nei poli museali: l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 28976/2020 e la devoluzione della giurisdizione sulla controversia al giudice ordinario

In punto di contenzioso sul conferimento (o sul rinnovo) di incarico dirigenziale, assume rilievo determinante il disposto dell’art. 63, comma 1, d.lgs. 165/2001, alla cui stregua “sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi [11].

In verità, dall’osservazione della casistica giurisprudenziale si evince che, ove insorga una controversia sul conferimento o sul rinnovo dell’incarico dirigenziale, la statuizione sul merito sia sovente preceduta da quella sul regolamento di giurisdizione. Il che appare prima facie di non agevole comprensione, stante il chiaro tenore della disposizione, prima richiamata, sul riparto, che propende expressis verbis per la devoluzione della causa al giudice ordinario.

A svelare l’arcano concorre la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione, ove rileva che il primo comma dell’art. 63 d.lgs. 165/2001 va coordinato sistematicamente con il quarto comma, per il quale “restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. Da cui la ricorrente massima per la quale la giurisdizione sul conferimento o il rinnovo dell’incarico dirigenziale è in linea di principio in capo al giudice ordinario (essendo questa la regola, come rilevato dalla giurisprudenza), fermo restando tuttavia la translatio iudicii in capo al giudice amministrativo ove emerga che il conferimento o il rinnovo avvenga all’esito di una procedura avente carattere sostanzialmente concorsuale [12].

In altri termini, lo spartiacque ai fini del riparto di giurisdizione si definisce alla luce della previa qualificazione giuridica della procedura finalizzata al conferimento dell’incarico: a seconda cioè che essa sia di forma concorsuale, e dunque attratta nel raggio di operatività dell’art. 97, comma 4 Cost., oppure manifesti natura non concorsuale, com’è tipicamente nel caso degli interpelli o delle procedure con finalità idoneative, in effetti sovente utilizzate dalle pubbliche amministrazioni per selezionare il/i soggetto/i cui conferire l’incarico dirigenziale.

La dialettica fra i nomina iuris, con le conseguenti implicazioni sul lato della devoluzione della giurisdizione, ricorre pienamente nel caso di specie. Il ricorrente - un soggetto professionalmente qualificato escluso, a suo dire ingiustamente, dalla “rosa” degli aspiranti al prestigioso incarico di direttore di un importante polo museale - agisce innanzi al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento degli atti della procedura, stante l’asserita illegittimità delle valutazioni operate dalla commissione e dei criteri di attribuzione dei punteggi.

Il ministero propone regolamento di giurisdizione dinanzi alle sezioni unite della Corte di Cassazione, sostenendo che la natura non concorsuale della procedura ne implichi la devoluzione al giudice ordinario ex art. 63, comma 1 d.lgs. n. 165/2001.

Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17 dicembre 2020, n. 28976, accolgono la tesi perorata dall’amministrazione pubblica, dichiarando di conseguenza la giurisdizione del giudice ordinario.

Gli argomenti addotti a sostegno del decisum sono così sintetizzabili. Premesso che la controversia concernente l’impugnazione degli atti della procedura per conferimento di incarico di direttore museale è “da leggere alla luce della previsione dell’art. 14, comma d.l. n. 83/2014, convertito in legge n. 106/2014”, le sezioni unite si soffermano quasi esclusivamente sul carattere plurifasico della procedura, in capo alla commissione di esperti, rappresentata dalla selezione dei curricula (prima fase), svolgimento dei colloqui (seconda fase) e individuazione dei candidati da sottoporre alla valutazione del ministro o del direttore generale (terza fase).

Secondo la Corte, la procedura di valutazione, pur non scevra da elementi di formalizzazione in ossequio ai principi di pubblicità e trasparenza, non assume carattere propriamente concorsuale: ciò perché non si prevede la formazione di “una graduatoria con i punteggi” e soprattutto si attribuisce all’ultima fase, consistente nell’individuazione di una terna di nominativi da sottoporre al ministro o al Dirigente generale (a seconda della tipologia di incarico) per la “scelta fiduciaria”, carattere “palesemente dominante rispetto all’intero percorso”.

Da qui, acclarata la natura privatistica dell’atto finale di individuazione del candidato e di relativo conferimento dell’incarico, il collegio desume, in virtù di una sorta di vis attractiva a ritroso, il “carattere sostanzialmente non concorsuale della procedura d’interpello”, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario.

Ciò, si puntualizza, anche in ragione del principio di derivazione costituzionale di concentrazione delle tutele, che osta, in linea di principio, alla scomposizione delle diverse fasi della procedura oggetto di impugnativa e conseguente disarticolazione della giurisdizione a seconda che si faccia riferimento ai primi due step (oggetto di formalizzazione/procedimentalizzazione) o al terzo (individuazione dei candidati ai fini del conferimento dell’incarico da parte del dirigente apicale o dell’organo politico) [13].

3. I precedenti conformi e la divergente (ma isolata) opinione del Consiglio di Stato

L’ordinanza si pone in dichiarata linea di continuità con due precedenti statuizioni, di analogo tenore, rese dalle sezioni unite della Corte di Cassazione su fattispecie pressoché identiche: vale a dire le ordinanze 28 febbraio 2019, n. 6040 e 18 gennaio 2019, n. 1413.

In esse, analogamente a quanto statuito dall’ordinanza in commento, la procedura d’interpello è stata inquadrata dalle sezioni unite della Corte di Cassazione quale sequela di atti compiuti dalla Commissione di valutazione al di fuori della logica concorsuale stricto sensu: i commissari hanno infatti effettuato una mera verifica delle candidature, senza apprestare una graduatoria coi punteggi e rimettendo, nella parte finale dell’iter, al dirigente apicale o allo stesso ministro il compito di operare la “scelta discrezionale”, circoscritta a uno dei nominativi indicati nella “terna frutto della scrematura operata dalla commissione”.

In simili fattispecie, pertanto, le sezioni unite hanno già ritenuto di devolvere la giurisdizione al giudice ordinario, il quale ha esercitato, in virtù del principio di concentrazione delle tutele, il potere di disapplicazione degli atti amministrativi presupposti ritenuti illegittimi ai sensi dell’art. 63, comma 1, penultima parte, d.lgs. n. 165/2001 [14].

Il menzionato trittico di ordinanze sembra superare il difforme orientamento che, in materia, si è formato nella giurisprudenza amministrativa, in particolare con la sentenza del Consiglio di Stato 2 febbraio 2018, n. 677 [15].

Il contesto è costituito dal noto contenzioso sulla legittimità o meno del conferimento di incarico di direttore museale o di area archeologica ad esperti sprovvisti della cittadinanza italiana [16].

La sentenza del Consiglio di Stato, nello statuire sul punto, ha ritenuto di trattenere per sé la causa, rigettando la domanda del ministero volta a ottenere la declaratoria di giurisdizione del giudice ordinario.

L’assunto su cui s’incentra principalmente la pronunzia del collegio riguarda, anche stavolta, la qualificazione giuridica della procedura finalizzata al conferimento dell’incarico. Diversamente dal trittico di ordinanze delle sezioni unite, il Consiglio di Stato ravvisa la necessità di ricondurre le disposizioni di legge sulle procedure di incarico di direttore museale ai rigidi canoni dell’art. 97, comma 4, Cost.

Segnatamente, per i giudici di Palazzo Spada, la procedura pubblica di tipo comparativo di cui alla normativa supra richiamata [17] implica lo svolgimento di due fasi caratterizzate dall’esercizio di poteri tecnico-discrezionali da parte della commissione, che dunque svolge funzioni pubbliche mediante adozione di atti autoritativi; il che basta, ad avviso del collegio, a configurare la sussistenza di un pubblico concorso, ai sensi dell’art. 63, comma 4 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 7 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 [18].

Orbene, ancorché non manchino nella dottrina amministrativistica convinti assertori della natura pan-pubblicistica delle procedure di conferimento di incarico dirigenziale, con le dovute conseguenze sul piano della devoluzione della giurisdizione [19], pare potersi affermare che la tesi sostenuta da Consiglio di Stato n. 677/2018, pur suggestiva, sia del tutto isolata nel più recente panorama giurisprudenziale.

E ciò non solo perché, come si è rilevato in riferimento al caso di specie, essa risulta contraddetta dal trittico di ordinanze delle sezioni unite rese fra il 2019 e il 2020. Ma anche in virtù del più comprensivo richiamo a quella giurisprudenza che, con riferimento tanto agli incarichi ex art. 19 d.lgs. 165/2001 [20], quanto a quelli conferiti in forza di normative settoriali (riferite a sanità ed enti locali), ritiene pacificamente che l’organo giudicante chiamato a occuparsi delle controversie in materia debba essere il giudice ordinario, cui spetta anche il potere di disapplicazione degli atti amministrativi presupposti, formanti la sequela procedimentale che conduce al conferimento di incarico, qualora illegittimi [21].

Entrando nel dettaglio, si consideri il caso del conferimento di incarico di direttore di strutture sanitarie regolato dall’art. 15-ter d.lgs. 502/1992. Tale fattispecie è considerata dalla giurisprudenza pienamente assimilabile a quella esaminata dalle sezioni unite nell’ordinanza in commento, trattandosi di procedure che non integrano concorso in senso tecnico, in quanto articolate secondo uno schema che si conclude con la scelta fiduciaria del direttore generale, il quale attinge a un elenco di soggetti di cui una commissione constatati previamente l’idoneità all’incarico, sulla base di determinati requisiti di professionalità e capacità manageriali [22].

Analogo discorso può condursi in relazione al conferimento di incarico dirigenziale a termine ex art. 110, comma 1, d.lgs. n. 267/2000, posto che, secondo la costante giurisprudenza, l’individuazione del soggetto beneficiario rappresenta anche in questa fattispecie l’esito di una valutazione discrezionale, che rimette all’amministrazione la scelta, di natura fiduciaria, del candidato da collocare in posizione di vertice, ancorché all’esito di un giudizio comparativo fra curricula diversi [23].

4. La valutazione prognostica in ordine alle possibili tutele per il soggetto ingiustamente pretermesso nella procedura di conferimento dell’incarico

Una volta acclarate le ragioni per cui la giurisdizione sulla controversia in esame è devoluta al giudice ordinario, occorre ragionare - secondo una visuale prognostica che si avvale, peraltro, di consolidate evidenze casistiche - sul regime delle tutele che il giudicante è in grado di apprestare nei confronti del soggetto che sia stato, del caso, ingiustamente pretermesso nell’ambito della procedura.

E, ancor prima, sugli ambiti entro cui può esercitarsi il sindacato del giudice ordinario chiamato, per l’appunto, a decidere in ordine alla legittimità della procedura finalizzata al conferimento dell’incarico di direttore di museo.

Starting point è la consolidata massima giurisprudenziale secondo la quale l’aspirante all’incarico dirigenziale è titolare giammai di un diritto soggettivo, bensì di un interesse legittimo di diritto privato da farsi valere come posizione meritevole di tutela ai sensi dell’art. 2907 c.c., a fronte della quale si pone l’obbligo della p.a. di tenere una condotta conforme ai principi di buona fede e correttezza contrattuale, ex artt. 1175 e 1375 cod. civ.; il che, data la permanente peculiarità del rapporto di lavoro pubblico, consente altresì di attuare i principi di imparzialità, buon andamento ed efficienza (corollario del buon andamento) di cui all’art. 97 Cost. [24].

Un aspetto certamente problematico attiene alla latitudine e all’intensità del sindacato del giudice ordinario, a fronte di una disposizione, quale l’art. 19, comma 1-bis d.lgs. n. 165/2001 invero scarsamente prescrittiva, sia sul quomodo della procedura di valutazione, sia sull’esistenza di un obbligo di motivazione in capo all’amministrazione conferente l’incarico [25].

Orbene, va detto che se, già in termini generali, la giurisprudenza tende a ritenere non incompatibile con la natura privatistica della procedura e il carattere fiduciario della nomina la sussistenza di un obbligo in capo alla p.a., alla stregua dei vincoli di ordine costituzionale, non solo di attenersi alla procedimentalizzazione, ma altresì di esternare le motivazioni dell’atto di conferimento [26], nel caso di specie tale assunto diviene addirittura incontestabile in ragione di un dettato normativo che enumera espressamente l’esistenza di vincoli procedimentali e di un obbligo motivazionale. Il riferimento è al già menzionato d.m. 27 novembre 2014, dal quale si enucleano obblighi in capo alla commissione di procedere a valutazione comparativa di domande e curricula, con susseguente esplicitazione delle motivazioni e argomentazioni a sostegno dell’individuazione del candidato da proporre ovvero da nominare [27].

Non si pone, dunque, alcun dubbio in ordine alla sussistenza, nella fattispecie in esame, di un vincolo di valutazione comparativa fra gli aspiranti all’incarico e di conseguente motivazione degli esiti cui si è pervenuti e delle scelte conseguenzialmente operate [28].

Il che, da un lato, integra il lacunoso dettato dell’art. 19, comma 1-bis d.lgs. n. 165/2001; dall’altro, e specialmente, offre il destro al giudice ordinario per un sindacato che a quel punto non sarà limitato, come paventato da parte di taluni [29], solo alla valutazione sull’osservanza degli adempimenti formali della procedura (per esempio: pubblicità, composizione della commissione, scelta dei nominativi effettivamente inseriti nella “rosa”) oppure esteso, al più, alle determinazioni con contenuto lato sensu discriminatorio, investendo per contro l’intero sviluppo dell’iter decisorio, in particolare avendo riguardo alla corretta comparazione fra le posizioni soggettive “in campo”, alla luce dei curricula presentati e dei colloqui svolti [30].

Sarà dunque (anche) la pretermissione ingiustificata, ovvero giustificata in modo non corrispondente a quanto emerso nel corso della procedura valutativa, a integrare un “vizio” (inteso in senso tecnicamente improprio) di quest’ultima. E il giudice potrà esercitare un sindacato tanto più incisivo, quanto più il dovere di motivazione sarà stato puntualmente osservato [31].

Strettamente connesso a quanto sin qui rilevato è il tema delle tutele che il giudice ordinario può apprestare a favore dell’aspirante all’incarico che risulti ingiustamente pretermesso.

Il dato certo - e la giurisprudenza lo richiama costantemente - è che, a fronte di una posizione soggettiva dell’aspirante che si qualifica come di interesse di diritto privato e non di diritto soggettivo, il potere del giudice di adottare sentenze di natura costitutiva (art. 63, comma 2, d.lgs. n. 165/2001) sia nel caso di specie sostanzialmente inibito [32].

Ciò in quanto non si configura il diritto dell’aspirante - ancorché questi sia dotato di adeguati requisiti di natura professionale e/o di altri di cui all’avviso di interpello - ad ottenere un certo incarico, neppure per via giudiziale o a titolo di restitutio in integrum in ipotesi di accertato inadempimento, da parte dell’amministrazione, degli obblighi di buona e fede e correttezza contrattuale.

Dalla casistica formatasi in giurisprudenza, si evince piuttosto che le tutele assicurabili al candidato possano consistere, alternativamente, o nella condanna della p.a. alla ripetizione della procedura, in luogo di quella invalidata, o nella tutela per equivalente, consistente nel diritto al risarcimento del danno per perdita di chance, non mancando peraltro pronunzie che estendono la tutela anche al danno professionale e/o all’immagine.

Nel primo caso, il giudicante, demolita la procedura inficiata da elementi di illegittimità, ordina alla p.a. di procedere a una nuova valutazione [33] in modo conforme ai principi di buona fede e correttezza, che, nel caso di specie, sarebbero “conformati” dai contenuti prescrittivi promananti dalla normativa regolamentare. Trattasi, come si è detto, di una forma “attenuata” di risarcimento in forma specifica [34], atteso che non siamo al cospetto di una pronunzia costitutiva del diritto (che non c’è) all’incarico, bensì solamente alla “ripetizione” secundum ius della procedura di valutazione comparativa.

L’altro rimedio, invero maggiormente ricorrente nella casistica giurisprudenziale, consiste nel risarcimento per equivalente del danno subito dal soggetto che, avendo dato disponibilità e presentato domanda, risulti pretermesso alla stregua di un giudizio non sufficientemente o adeguatamente motivato. In tal caso, la tutela consiste in genere nell’accordare il risarcimento del danno che è derivato dalla perdita di chance.

Presupposto della tutela è che il ricorrente fornisca, ex art. 1223 cod. civ., puntuale prova in ordine alla concreta, e non solo astratta, probabilità che, in ipotesi di corretto espletamento della procedura, nonché di corretto esercizio della valutazione comparativa, egli avrebbe, sulla base di giudizio probabilistico, conseguito l’incarico dirigenziale [35]. Sicché il mancato assolvimento dell’onere probatorio impedisce al giudicante di riconoscere il risarcimento del danno, non emergendo adeguatamente la chance di cui si assume la “mortificazione”.

Il parametro di commisurazione del risarcimento è generalmente rappresentato dalla misura (o da una quota di essa) del trattamento retributivo non percepito e che sarebbe spettato in ipotesi di conferimento di incarico [36], risultando meno frequente l’ulteriore articolazione della tutela mediante riferimento al pregiudizio alla professionalità (sul presupposto dell’alto profilo di responsabilità insita nell’incarico) o all’immagine [37].

 

Note

[1] B. Cimino, Il giudice del lavoro che “rema contro”, in Riv. trim. dir. pubbl., 2019, pag. 200.

[2] S. Mancini, Dirigenza pubblica: incarichi e tutele, in Lav. prev. oggi, 2021, pag. 111.

[3] Ead., op.ult. cit., pag. 113.

[4] Per un esaustivo riepilogo A. Zoppoli, P. Monda, Gli incarichi dirigenziali: conferimento, rinnovo e revoca, in Il lavoro pubblico, (a cura di) G. Amoroso, V. Di Cerbo, L. Fiorillo, A. Maresca, Milano, 2019, pag. 973 ss.

[5] “Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell’amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell’incarico”.

[6] Cfr. L. Ieva, Gli incarichi dirigenziali nel lavoro pubblico, in Foro Amm., 2016, pagg. 1692-1693, che richiama anche la pertinente disposizione della legge delega (art. 6, comma 2, lett. h), l. 4 marzo 2009, n. 15).

[7] “L’amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta”.

[8] “Gli incarichi di cui all’articolo 15, comma 4, sono attribuiti, a tempo determinato, dal direttore generale, secondo le modalità definite nella contrattazione collettiva nazionale, compatibilmente con le risorse finanziarie a tal fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, tenendo conto delle valutazioni triennali del collegio tecnico di cui all’articolo 15, comma 5. (...) Ai predetti incarichi si applica l’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 29/1993 e successive modificazioni. Sono definiti contrattualmente, nel rispetto dei parametri indicati dal contratto collettivo nazionale per ciascun incarico, l’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell’incarico, salvo i casi di revoca, nonché il corrispondente trattamento economico”.

[9] “Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”.

[10] Da sottolineare, al riguardo, che ai sensi del decreto ministeriale, la commissione procede alla “valutazione comparativa delle domande e dei curricula dei candidati”, per poi esplicitare la valutazione così effettuata “nelle motivazioni illustrate nelle premesse del decreto di conferimento dell’incarico”; nel caso di incarico di dirigenza generale, rimesso alla competenza dell’organo politico, è altresì previsto che “nella proposta sono indicate le motivazioni e le argomentazioni che hanno determinato la scelta del candidato”. Per una sintesi delle misure che disciplinano l’individuazione dei direttori degli istituti museali v. V. Luciani, La nomina di cittadini “comunitari” alla direzione di musei italiani: il dialogo intermittente tra giurisprudenza amministrativa e giurisprudenza comunitaria, in Dir. rel. ind., 2018, pagg. 296-297; nonché L. Sacchi, La selezione della dirigenza per il governo e l’amministrazione del patrimonio culturale, in Aedon, 2019, 1, pagg. 4-5.

[11] Sul riparto di giurisdizione ex art. 63 d.lgs. n. 165/2001 v. A. Riccardi, La tutela del lavoratore pubblico tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, in Lav. p.a., 2020, spec. pag. 51 ss.

[12] Cfr. Cass. sez. un. ord. 28 febbraio 2019, n. 6040; Cass. sez. un. ord. 5 aprile 2017, n. 8799; Cass. sez. un. ord. 8 giugno 2016, n. 11711; Cass. sez. un. ord. 30 settembre 2014, n. 20571.

[13] Sull’applicazione del principio di concentrazione delle tutele, alla luce della sua ratio, v. ex plurimis Cass. sez. VI, ord. 17 giugno 2020, n. 11687; Cass. sez. un. ord. 5 dicembre 2018, n. 31370.

[14] Con esclusione però dei casi in cui vengono in rilievo atti esterni alla procedura, di natura propriamente macro-organizzativa, derivandone l’esigenza di disarticolazione della giurisdizione, con devoluzione al giudice amministrativo del segmento di causa sull’atto di macro-organizzazione: v. in tal senso Cass. sez. un. ord. 28 febbraio 2019, n. 6040: “l’obiettivo di concentrazione delle tutele deve in questo caso cedere di fronte alla particolarità della richiesta del ricorrente, che ha lamentato la lesione della sua posizione di interesse legittimo conseguente all’esercizio di un potere autoritativo da parte dell’amministrazione”; analogamente, in fattispecie di conferimento di incarico nell’ente locale, Cass. sez. un. ord. 15 gennaio 2021, n. 616.

[15] La sentenza, che ha confermato, in parte qua, Tar Lazio 24 maggio 2017, n. 6171, è passata quasi inosservata: qualche riferimento solamente in M. Ramajoli, Sulle nomine dei direttori dei musei decide il giudice ordinario, in Giorn. dir. amm., 2019, pag. 495.

[16] Su cui diffusamente V. Luciani, La nomina di cittadini “comunitari” alla direzione di musei italiani: il dialogo intermittente tra giurisprudenza amministrativa e giurisprudenza comunitaria, cit., pag. 298 ss.; la querelle è stata peraltro risolta in senso favorevole ai direttori “non italiani” (e dunque al ministero che li aveva “nominati”) da Cons. St., Adunanza Plenaria 25 giugno 2018, n. 9, su cui v. S. Amorosino, La conclusione della “telenovela” giurisdizionale sui direttori stranieri dei musei, in Urb. app., 2018, pag. 441 ss.; M. Gnes, Il superamento del requisito di cittadinanza dei dirigenti pubblici, in Gior. dir. amm., 2018, pag. 609 ss.; G. Massari, La selezione dei dirigenti nei “super-musei”: nuove riflessioni sugli atti interni contrari al diritto Ue, ibidem, pag. 616 ss.

[17] V. supra, par. 1.

[18] A ciò si aggiunga l’ulteriore assunto (“un altro e dirimente ordine di considerazioni”, recita la motivazione della sentenza) in ordine alla natura giuridica dell’atto di conferimento dell’incarico, desumibile da un contesto normativo nel quale l’art. 14, comma 2-bis d.l. n. 83/2014, conv. in legge n. 106/2014 va interpretato alla luce della disposizione generale sul conferimento di incarichi dirigenziali, vale a dire l’art. 19, d.lgs. n. 165/2001. Il Consiglio di Stato sostiene che il “provvedimento” di cui parla l’art. 19 cit., senza ulteriormente aggettivarlo, costituente atto genetico dell’incarico, non possa che essere, in forza di basilari principi giuspubblicistici, di natura amministrativa, laddove solamente al successivo contratto individuale che ad esso “accede” può attribuirsi natura di diritto comune, con la conseguente divergente determinazione in ordine alla giurisdizione sulle controversie: del giudice amministrativo sul provvedimento di incarico, del giudice ordinario sul contratto individuale. Senonché l’assunto contraddice il consolidato orientamento della giurisprudenza, saldamente assestato sulla natura privatistica dell’atto di conferimento dell’incarico da parte della p.a.: sul punto v. ex multis A. Zoppoli, P. Monda, Gli incarichi dirigenziali: conferimento, rinnovo e revoca, cit., 979.

[19] Cfr. da ultimo P.L. Portaluri, Pensieri scomposti sugli incarichi dirigenziali, in federalismi.it, 24 febbraio 2021, pag. 147 ss.; nonché M. Ramajoli, op. ult. cit., pag. 494 ss.

[20] Cfr. Cons. St., sez. IV, 25 ottobre 2017, n. 4910.

[21] Cfr. F.G. Albisinni, I direttori dei musei: funzioni europee o solo domestiche?, in Giorn. dir. amm., 2017, pag. 514, il quale rileva “forti similitudini con la procedura di selezione pubblica dei direttori dei musei che, come ricordato, consiste in una procedura idoneativa”; v. anche M.P. Monaco, L’annullamento della nomina dei direttori dei musei: la vicenda processuale, ibidem, 504; M. Ramajoli, Sulle nomine dei direttori dei musei decide il giudice ordinario, cit., pag. 491.

[22] Nella giurisprudenza ordinaria, in tal senso, v. Cass. sez. un. ord. 21 settembre 2020, n. 19668; Cass. sez. lav. ord. 15 gennaio 2020, n. 712; Cass. sez. un. ord. 17 febbraio 2017, n. 4227; Cass. sez. un. ord. 13 ottobre 2015, n. 21060; cfr. anche Cass. sez. un. ord. 24 novembre 2020, n. 26673, che applica il medesimo principio al conferimento d’incarico a docente universitario, venendo in essere questioni relative alla “attività assistenziale” (svolta congiuntamente alla “attività didattica e di ricerca”), che insistono, dunque, sul segmento di funzioni concernenti i rapporti (di natura privatistica) con l’azienda sanitaria e non con l’istituzione universitaria. Nella giurisprudenza amministrativa, analogamente, Cons. St., sez. III, 5 gennaio 2021, n. 160; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2019, n. 2531; Tar Abruzzo, sez. I, 31 ottobre 2020, n. 305.

[23] Cfr. Cons. St., sez. V, 4 aprile 2017, n. 1549; Cons. St., sez. II, 7 settembre 2020, n. 5398; Tar Sicilia - Catania, sez. II, 8 ottobre 2020, n. 2490; v. anche Cass. sez. lav. ord. 20 maggio 2020, n. 9294.

[24] In giurisprudenza, fra le più recenti, Cass. sez. lav. ord. 12 aprile 2021, n. 9566; Cass. sez. lav. ord. 28 febbraio 2020, n. 5546; Cass. sez. lav. ord. 15 gennaio 2020, n. 712; Cass. sez. lav. ord. 1° dicembre 2017, n. 28879. In dottrina cfr. A. Zoppoli, P. Monda, Gli incarichi dirigenziali: conferimento, rinnovo e revoca, cit., pagg. 982-983; M. Lanotte, Mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale e assegnazione in posizione di staff: vizi di motivazione e diritti tutelabili, in Mass. giur. lav., 2006, pag. 961.

[25] Al riguardo v. ancora A. Zoppoli, P. Monda, Gli incarichi dirigenziali: conferimento, rinnovo e revoca, cit., pagg. 984-985.

[26] Cfr. Cass. sez. lav. ord. 15 gennaio 2020, n. 712; Cass. sez. lav. ord. 15 ottobre 2018, n. 25727; Cass. civ., sez. lav., 2 febbraio 2018, n. 2603. V. anche Corte dei Conti, sez. centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, Adunanza 20 aprile 2018.

[27] V. anche supra, par. 1, nota 10.

[28] In fattispecie analoga Cass. sez. lav. ord. 9 gennaio 2019, n. 268. Precisa la giurisprudenza che l’interesse legittimo di diritto privato rilevabile in capo al soggetto aspirante all’incarico non può che essere tutelato con riguardo all’intera sequela procedimentale, sicché anche gli atti della commissione esaminatrice (e non solo le delibere di conferimento) sono passibili di sindacato da parte del giudice ordinario, in quanto prodromici, e passibili di disapplicazione qualora ritenuti illegittimi: v. Cass. ord. 17 febbraio 2017, n. 4227; analogamente, in dottrina, C. Di Nardo, La tutela del dirigente nel procedimento di conferimento degli incarichi dirigenziali dopo la riforma Brunetta, in Lav. p.a., 2010, p. 952, secondo cui il sindacato del giudice va esteso “all’intero procedimento seguito, in quanto espressione dell’agire della pubblica amministrazione”.

[29] Cfr. M. Ramajoli, Sulle nomine dei direttori dei musei decide il giudice ordinario, cit, p. 497; B. Cimino, Il giudice del lavoro che “rema contro”, cit., 207.

[30] Ampiamente in tal senso, nel contesto di una riflessione sulle procedure di conferimento di incarico nelle amministrazioni sanitarie, come si è già rilevato, caratterizzate da consistenti elementi di analogia con quella oggetto dell’ordinanza in commento, v. M. Nicolosi, Incarichi di direzione di struttura sanitaria complessa e tutela risarcitoria prima della l. n. 189 del 2012 (“riforma Balduzzi”), in Arg. dir. lav., 2014, pagg. 1076-1077; cfr. anche G. Ferraù, Incarichi dirigenziali e forme della tutela giurisdizionale dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in La. giur., 2007, pag. 79.

[31] Dovere che nel caso di specie si configura senz’altro ai sensi della normativa regolamentare di settore, non confliggendo con il principio di irrilevanza dei motivi dell’atto negoziale, né coincidendo con gli obblighi di motivazione di cui all’art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241, con cui pure qualcuno ha ravvisato una sorta di identità della “sostanza normativa”: così E.M. Barbieri, Sulla natura del conferimento di incarichi dirigenziali nel pubblico impiego privatizzato, in Mass. giur. lav., 2008, pag. 893; nonché L. Ieva, Gli incarichi dirigenziali nel lavoro pubblico, cit., pag. 1698.

[32] Fra le più recenti cfr. Cass. sez. lav. ord. 28 febbraio 2020, n. 5546.

[33] Cass. sez. lav. ord. 9 gennaio 2019, n. 268; Trib. Roma 15 luglio 2020, n. 4531, in Lav. prev. oggi, 2021, pag. 110; Trib. Messina, 20 aprile 2011, in Giust. civ., 2012, I, pag. 237.

[34] Così S. Mancini, Dirigenza pubblica: incarichi e tutele, cit., pag. 124.

[35] Cfr. Cass. sez. lav. 9 marzo 2021, n. 6485; Cass. sez. lav. ord. 12 giugno 2020, n. 11367; Cass. sez. lav. 10 novembre 2017, n. 16694; Cass. sez. lav. 17 luglio 2015, n. 15074. Il lavoratore deve provare che la chance perduta consista nella concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un nuovo incarico o una opportunità lavorativa o di carriera: così Cass. sez. lav., 17 dicembre 2020, n. 29012. In dottrina, ex multis, V. Maio, Le perdite di chances nel rapporto di lavoro e le recenti evoluzioni della responsabilità civile, in Arg. dir. lav., 2018, pag. 101 ss.

[36] Cfr. Cass. sez. lav., ord. 10 novembre 2017, n. 26694; Cass. sez. lav. 6 dicembre 2012, n. 21943.

[37] Cfr. Trib. Monza, 20 maggio 2020, n. 59 (nota di M.N. Bettini); Trib. Parma, 14 aprile 2006, in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 2006, pag. 952; Trib. Forlì, 15 ottobre 2004, in Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2004, pag. 1171.

 

 



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