testata

La digitalizzazione del patrimonio culturale

Tutela delle banche di dati: patrimonio culturale e mercato unico digitale

di Claudio Di Cocco

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Il regime di protezione delle banche di dati nell'Unione europea e nell'ordinamento italiano. - 2.1. La banca di dati come opera dell'ingegno. - 2.2. Il diritto sui generis e la tutela dell'investimento "rilevante". - 2.3. I limiti interni al regime di protezione delle banche di dati, alla luce della direttiva 2001/29/CE. - 3. La riforma del diritto d'autore operata con la direttiva 2019/790/UE e la tutela del patrimonio culturale: le nuove eccezioni in riferimento al regime di protezione delle banche di dati. - 3.1. Istituti di tutela del patrimonio culturale, banche di dati e Data Mining. - 3.2. Banche di dati e conservazione del patrimonio culturale. - 3.3. Istituti di tutela del patrimonio culturale, banche di dati e opere fuori commercio.

Protection of databases, cultural heritage and digital single market
This paper focuses on the European legal protection of databases and addresses its evolution with particular reference to the theme of the preservation of cultural heritage. The intersection between technological development, digital market and cultural heritage has led the European legislator to introduce, through the directive (EU) 2019/790, new exceptions to the protection regime of databases, with results that do not appear to be entirely satisfactory.

Keywords: Protection of Databases; Sui Generis Right; Copyright, Cultural Heritage; Text and Data Mining; Research Activity; Out-of-commerce works; Exceptions and Limitations to Copyright.

1. Introduzione

La disciplina di protezione delle banche di dati introdotta a metà degli anni '90 con la direttiva 96/9/CE [1] aveva il precipuo obiettivo di "assicurare un livello adeguato e uniforme di tutela alle banche di dati" [2] in un mercato europeo che conosceva al tempo una rapida crescita, in particolare con riferimento ai "beni e servizi riguardanti le banche di dati in linea" [3]. Secondo il legislatore europeo, infatti, l'inadeguatezza e la disomogeneità nel regime di tutela delle banche di dati nei vari stati membri rischiavano di compromettere i meccanismi di funzionamento del mercato interno e creare distorsioni nello sviluppo del settore [4].

L'approvazione della direttiva in parola ha rappresentato un importante snodo nel dibattito interno alle istituzioni europee sugli interventi da effettuare in materia di diritto d'autore in relazione ai cc.dd. nuovi beni informatici; un dibattito sviluppatosi a partire dai primi anni '80 sulla spinta di una crescente diffusione delle tecnologie informatiche, che aveva portato nel 1988 alla pubblicazione del Libro verde "Il diritto d'autore e le sfide tecnologiche - Problemi di diritto d'autore che richiedono un'azione immediata" [5] e successivamente, fra le altre, all'introduzione nel 1991 della disciplina di protezione dei programmi per elaboratore [6].

Nonostante la rilevanza del tema, l'intersezione fra tutela delle banche di dati e protezione del patrimonio culturale è stata sostanzialmente trascurata nella direttiva 96/9/CE. In particolare, le possibilità di libero utilizzo riservate agli istituti di tutela del patrimonio culturale per adempiere alla propria primaria missione di conservazione del patrimonio culturale risultavano limitate nella direttiva 96/9/CE, senza che alcuna disposizione fosse espressamente dedicata all'argomento. Lo stesso dicasi nella successiva direttiva 2001/29/CE [7], nonostante nel frattempo il dibattito sulle cc.dd. libere utilizzazioni fosse divenuto centrale, tanto da costituire uno degli ambiti di intervento più significativi del provvedimento europeo del 2001.

Lo scenario è infine significativamente mutato con la recente approvazione della direttiva (UE) 2019/790 [8], che introduce alcune specifiche limitazioni ed eccezioni al regime di tutela delle banche di dati a favore della protezione del patrimonio culturale. Richiamati i tratti salienti del peculiare regime di tutela delle banche di dati, così come disegnato dal legislatore europeo nel 1996 ed attuato nell'ordinamento italiano, il presente contributo è dedicato ad esplorare tali nuove disposizioni e a proporre alcune prime osservazioni sull'esito dell'intervento operato per rispondere alle esigenze della tutela del patrimonio culturale e degli istituti ad essa preposti nel nuovo contesto del mercato unico digitale.

2. Il regime di protezione delle banche di dati nell'Unione europea e nell'ordinamento italiano

Come noto, la scelta del legislatore europeo nel 1996 è stata in primis quella di confermare il diritto d'autore quale "forma adeguata di diritto esclusivo degli autori delle banche di dati" [9], nel solco di quanto statuito dalle più importanti fonti di diritto internazionale, quali la Convenzione di Berna in riferimento alle "raccolte di opere" (art. 2, comma 5), gli accordi GATT/TRIPs del 1994 (art. 10, comma 2) e il WIPO Copyright Treaty del 1996 (art. 5) per le "compilazioni" [10], nonché di quanto da sempre sostenuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritarie in materia di raccolte di dati su supporto cartaceo.

Costituisce, viceversa, una peculiarità la previsione da parte della direttiva 96/9/CE di una definizione di "banca di dati", in questo caso evidentemente avendo avvertito il legislatore europeo la necessità di una precisa individuazione delle caratteristiche del bene proteggibile [11]: la banca di dati viene descritta come "una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo". La definizione ricomprende sia le banche di dati elettroniche sia quelle cartacee o su altro supporto, consentendo ad entrambe le tipologie di accedere alla tutela prevista, in conformità agli orientamenti emersi in sede internazionale, sia nei TRIPs Agreement, sia nel successivo WIPO Copyright Treaty.

Relativamente ai concetti di "indipendenza", "disposizione sistematica o metodica" ed "accessibilità individuale", il Considerando n. 17 della direttiva 96/9/CE chiarisce come "con il termine 'banca di dati' si intende definire una raccolta di opere, siano esse letterarie, artistiche, musicali o di altro genere, oppure di materiale quali testi, suoni, immagini, numeri, fatti e dati" e che "la definizione di un'opera audiovisiva, cinematografica, letteraria o musicale in quanto tale non rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva". Si lascia così intendere come tali caratteristiche della banca di dati, in particolare il requisito dell'indipendenza degli elementi, siano incompatibili con la peculiare correlazione che si riscontra fra gli elementi presenti negli altri tipi di opere (le note nell'opera musicale, i fotogrammi nell'opera cinematografica e le parole nell'opera letteraria), correlazione che fa acquistare significato ad elementi privi di particolare valore se singolarmente considerati.

La definizione normativa di banca di dati richiede poi che i suoi contenuti siano "sistematicamente o metodicamente disposti", così escludendo le raccolte non ordinate o puramente casuali di più elementi. Ciò, per altro, non significa che i dati debbano essere anche "fisicamente" memorizzati in forma organizzata (aspetto chiarito nel Considerando n. 21 della direttiva 96/9/CE): perché vi sia un ordine sistematico o metodico sarà sufficiente che i materiali siano ordinati in uno o più indici, o che siano accompagnati da codici che ne consentano la catalogazione e il reperimento secondo un criterio prestabilito, o che infine siano coordinati secondo collegamenti di tipo ipertestuale [12].

Da ultimo, l'accessibilità individuale dei dati consiste nella possibilità di accedere alla singola informazione (indipendente) in modo diretto [13]: tale caratteristica risulta necessaria per distinguere le semplici raccolte di dati dalle banche di dati normativamente intese. Le opere che risultino dalla fusione o dalla interazione di più apporti, anche indipendenti, ma realizzati in funzione di un risultato nuovo, che non consente la fruizione separata dei singoli contributi (secondo scelte proprie dell'utilizzatore), non sono pertanto annoverabili nella categoria delle banche di dati [14].

La presenza di una definizione fa sì che solo una raccolta che possieda tutte le caratteristiche richieste dalla definizione sarà sussumibile nella categoria normativa delle banche di dati e potrà godere (ricorrendone gli ulteriori presupposti previsti) della protezione apprestata dalla direttiva.

Una seconda peculiarità nella disciplina in commento risulta la previsione di un diverso diritto a protezione della banca di dati, che affianca il tradizionale diritto d'autore. Al legislatore europeo apparve chiaro come quest'ultimo non fosse in grado di rispondere pienamente alle legittime aspettative e necessità di protezione dei soggetti coinvolti nella predisposizione e distribuzione di una banca di dati, specialmente se elettronica. In particolare, risultava privo di qualsivoglia tutela lo sforzo necessario per reperire e predisporre il contenuto della banca di dati, cioè l'insieme dei dati e delle informazioni inserite nell'opera. Il diritto d'autore, come noto, tutela infatti esclusivamente la forma espressiva dell'opera dell'ingegno (nel caso di una banca di dati, rappresentata dalla sua struttura [15]), non il suo contenuto, risultando privo di rilievo (e di considerazione) l'investimento economico e di risorse eventualmente necessario per la predisposizione dell'opera. Il requisito di accesso alla tutela d'autore, l'originalità (seppure, nel caso delle banche di dati, riferito al meno rigoroso parametro della riconoscibilità dell'"impronta personale" dell'autore), è inoltre qualità che, proprio per le caratteristiche tipiche delle moderne banche di dati elettroniche, queste ultime spesso non possiedono affatto [16].

Tenendo conto di tale aspetto, la disciplina della direttiva ha previsto un adeguamento della disciplina sul diritto d'autore, confermato quale strumento valido per la tutela della forma espressiva di una banca di dati, ma altresì ha introdotto un diverso diritto attribuito al "costitutore" di una banca di dati: un diritto a protezione dell'investimento rilevante necessario per realizzare, verificare o presentare la banca di dati, indipendente e parallelo all'eventuale diritto d'autore (e, pertanto, totalmente svincolato dalla sussistenza dei requisiti di creatività e originalità richiesti da quest'ultimo).

Vediamone in breve i contenuti essenziali, così come vigenti nell'ordinamento italiano, anche alla luce di alcuni dei più significativi chiarimenti interpretativi forniti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea.

2.1. La banca di dati come opera dell'ingegno

L'attuazione italiana della direttiva europea, avvenuta con la novella introdotta nella legge italiana sul diritto d'autore [17] dal decreto legislativo del 6 maggio 1996, n. 169 [18], riprende pedissequamente la definizione di banca di dati contenuta nella direttiva di cui si è detto, inserendola all'art. 2 l.d.a. Nello stesso articolo, così come la direttiva, si specifica come la tutela della banca di dati in base al diritto d'autore non si estenda al suo contenuto e lasci impregiudicati i diritti esistenti sullo stesso

L'art. 1 l.d.a., così come modificato dall'art. 1 del d.lg. 169/1999, prevede che siano protette dal diritto d'autore, oltre alle altre opere ivi citate (tra cui i programmi per elaboratore), "le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore" [19].

Le categorie di banche di dati che possono assurgere ad opere dell'ingegno sono dunque due: quelle cc.dd. selettive, in cui i contenuti sono stati scelti e selezionati in modo originale dall'autore, e quelle cc.dd. non selettive, creative invece non per i contenuti prescelti, bensì per l'originale disposizione dei materiali [20]. Per entrambe, il criterio da utilizzare per valutare se la singola banca di dati possa considerarsi opera dell'ingegno ed accedere alla relativa tutela della sua struttura (costituita, appunto, dalla scelta e/o dalla disposizione dei materiali) è rappresentato dal generale requisito dell'originalità, ma qui inteso quale "creazione dell'ingegno propria dell'autore", risultando esclusa qualunque altra valutazione in base ad "altri criteri" [21].

Nel caso di banche di dati selettive, l'originalità andrà ricercata nella scelta dei materiali inseriti nell'opera, con un giudizio che potrà fondarsi sulla verifica circa l'eventuale esistenza di una precedente raccolta con i medesimi contenuti. Molte delle banche di dati elettroniche oggi presenti sul mercato non potranno conseguentemente essere ritenute opere dell'ingegno in base al criterio dell'originalità della selezione dei materiali. Infatti, attraverso la raccolta di grandi quantità di informazioni, resa possibile dalle tecnologie di memorizzazione e gestione informatica dei dati, sempre più si assiste alla creazione di banche di dati tendenzialmente esaustive, in cui una vera e propria selezione dei materiali non avviene [22].

La banca di dati non creativa in relazione alla selezione dei materiali contenuti potrà, tuttavia, eventualmente risultare tale in base all'originale "disposizione del materiale", purché quest'ultimo risulti "sistematicamente o metodicamente disposto" [23].

Il contenuto del concetto di "disposizione del materiale" introdotto dal legislatore comunitario pare trarre origine da quanto emerso nell'esperienza maturata in ambito statunitense: al termine "disposizione" si può ritenere debba essere attribuito un significato analogo a quello dei termini "coordination" e "arrangement" rinvenibili nel Title 17, Sect. 101 dell'US Code, così come modificato dal Copyright Act del 1976 [24]. L'orientamento maggioritario nella dottrina e nella giurisprudenza statunitensi ritiene che l'elemento del "coordinamento" sia rinvenibile allorquando si procede a realizzare un particolare linkage tra i dati archiviati, attraverso la creazione di collegamenti a struttura reticolare (per mezzo, ad esempio, dell'inserimento di rinvii, note, ecc.). Viceversa, il concetto di "organizzazione" sarebbe da ricercarsi in un determinato ordine sequenziale di disposizione dei dati (come, in ipotesi, un ordine cronologico, tematico, ecc.) [25]. Conseguentemente, il concetto di "disposizione del materiale" appare comprendere il requisito del coordinamento e/o dell'organizzazione: la mancanza assoluta di entrambi questi requisiti impedirebbe all'autore della banca di dati l'accesso alla tutela del diritto d'autore.

Il significato da attribuire alla locuzione "disposizione del materiale" assume una peculiare fisionomia in riferimento alle banche di dati elettroniche. In via di estrema semplificazione, da un punto di vista informatico, la struttura di una banca di dati si può rappresentare come composta da tre fondamentali elementi: i) la struttura fisica di memorizzazione dei dati (primo livello), nel quale i dati in realtà non rispettano alcuna particolare disposizione; ii) lo schema (secondo livello); iii) i programmi applicativi utilizzati per la fruizione della banca di dati (terzo livello) [26].

Una banca di dati elettronica, per quanto attiene ai dati contenuti e volendo prescindere dalle modalità con le quali questi sono presentati dalle componenti software al fruitore finale, si presenta dunque "without arrangement and form" [27].

Se il coordinamento e l'organizzazione dei dati in una banca di dati cartacea vengono realizzati tradizionalmente, ad esempio, mediante note e rinvii, nella banca di dati elettronica sono invece i collegamenti e le correlazioni tra i dati realizzati attraverso i sistemi software (preposti alla gestione dei links) e dai retrieval programs a concretizzarli. Pertanto, nella banca di dati elettronica la disposizione del materiale è data proprio dallo "schema", avente carattere di programma per elaboratore, e non dalla vera e propria struttura fisica di memorizzazione. Si distingue così fra lo schema di una banca di dati, che permette di ottenere l'organizzazione e il coordinamento dei dati attraverso l'instaurazione di collegamenti e di intercorrelazioni fra loro, e programmi preposti invece alla fruizione vera e propria della banca di dati da parte degli utenti.

Le disposizioni di cui agli artt. 1, comma 3, e 2, lettera a), della direttiva 96/9/CE, che parrebbero escludere dalla protezione riservata alla banca di dati elettronica le sue componenti software in quanto tali, vanno allora lette in relazione alle caratteristiche peculiari accennate [28].

Non sussistendo in realtà "fisicamente" alcun "particular arrangement to protect", risulterebbe priva di significato la stessa disciplina di tutela che volesse basare la sua applicazione su tale criterio [29]. L'art. 1, comma 3, e l'art. 2, lett. a) della direttiva 96/9/CE vanno allora intesi, necessariamente, nel senso che solo le componenti software finalizzate alla "costituzione" della banca di dati elettronica antecedentemente al suo utilizzo, nonché al suo "funzionamento" in senso stretto, sono escluse dalla tutela, mentre invece i programmi per elaboratore intrinsecamente legati al contenuto stesso della banca di dati (lo schema) vi rientrerebbero a pieno titolo [30].

Accogliere questa interpretazione consente di salvaguardare il contenuto precettivo delle norme di cui all'art. 3, comma 1, direttiva 96/9/CE e all'art.1 l.d.a. (volte a tutelare le banche di dati che, per la "disposizione del materiale", siano da considerarsi creative) e, nello stesso tempo, di tenere conto della circostanza che il valore aggiunto di una banca di dati elettronica creativa "sta tutto, paradigmaticamente, nella ideazione del reticolo ipertestuale o nella pertinenza dei risultati dell'analisi, qualitativa e quantitativa, delle occorrenze lessicali e sintagmatiche che consentono di accedere ai dati e/o ai testi che interessano l'utilizzatore" [31].

In merito alla titolarità degli eventuali diritti d'autore sulla banca di dati, questi spetteranno, a norma dell'art. 4 della direttiva 96/9/CE, alla persona fisica o al gruppo di persone fisiche che l'hanno creata. In ambito nazionale, trovano in proposito applicazione le generali norme di cui agli artt. 6 e ss. l.d.a.

Stante normalmente la partecipazione di più soggetti alla realizzazione di una banca di dati (tipicamente opera plurisoggettiva), la banca di dati potrà presentarsi quale opera collettiva o in comunione. Potrà, inoltre, trovare applicazione anche l'art. 4 l.d.a., laddove la banca di dati si presenti (come spesso accade) quale opera creativa frutto dell'elaborazione di opere preesistenti.

Oltre che nei casi di cui all'art. 11 l.d.a. [32], una persona giuridica potrà essere titolare delle privative economiche sulla banca di dati nei casi disciplinati dall'art. 12-bis l.d.a. Alla luce della modifica apportata dal d.lg. 169/1999, tale norma dispone infatti che i diritti di utilizzazione economica sulle banche di dati create dal lavoratore dipendente, in esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal datore di lavoro, spettino a quest'ultimo [33].

In merito al diritto morale (e salva l'applicazione dell'art. 11 l.d.a.), la sua titolarità rimarrà invece, in ogni caso, in capo al singolo autore persona fisica, oppure alle persone fisiche qualificate come autori secondo le disposizioni relative all'eventuale specie di opera plurisoggettiva a cui la banca di dati potrà appartenere.

Il contenuto dei diritti patrimoniali sulla banca di dati originale è disciplinato dall'art. 64-quinquies l.d.a., così come introdotto dal d.lg. 169/1999. Sulla propria banca di dati, all'autore è riconosciuto il diritto esclusivo di eseguire o autorizzare: la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma; la sua traduzione, il suo adattamento, una sua diversa disposizione e ogni altra modifica, oltre a qualsiasi riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati di queste operazioni; qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca di dati; qualsiasi presentazione, dimostrazione o comunicazione al pubblico della banca di dati, ivi compresa la sua trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma.

Il contenuto dei diritti riservati all'autore della banca di dati va naturalmente oggi individuato in base alle definizioni di "riproduzione", "comunicazione al pubblico" e "distribuzione" introdotte dal d.lg. 68/2003 [34] di attuazione della direttiva 2001/29/CE, attraverso la quale il legislatore europeo è intervenuto per attualizzare la portata di dette privative alla luce della c.d. rivoluzione digitale. Di particolare interesse, sotto quest'ultimo profilo, risulta la formulazione del diritto di comunicazione al pubblico, il quale comprende anche la "messa a disposizione del pubblico dell'opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente" (cioè attraverso Internet) [35].

In riferimento ai diritti patrimoniali di cui all'art. 64-quinqiues sopra ricordati, l'esercizio del diritto dell'autore sulla banca di dati non può impedire le attività ivi elencate, qualora queste operazioni siano poste in essere da parte dell'utente legittimo della banca di dati o di una sua copia, nel caso in cui tali attività siano necessarie per l'accesso al contenuto della stessa banca di dati e per il suo normale impiego; se poi l'utente legittimo è autorizzato ad utilizzare solo una parte della banca di dati, l'esercizio delle attività non soggette al principio del previo consenso dell'autore dovranno avere ad oggetto unicamente tale parte (art. 64-sexies, comma 2, l.d.a.).

2.2. Il diritto sui generis e la tutela dell'investimento "rilevante"

Il diritto sui generis o diritto del costitutore, secondo la locuzione adottata nell'ordinamento italiano, rappresenta certamente l'elemento più innovativo della normativa dedicata alle banche di dati. Disciplinato dal capitolo III della direttiva 96/9/CE (artt. 7-11) e dal Titolo II-bis l.d.a. (artt. 102-bis e 102-ter) [36], "scopo del diritto sui generis è quello di tutelare il costitutore di una banca di dati contro l'appropriazione dei risultati ottenuti investendo nella ricerca e raccolta del contenuto della banca di dati" [37]. La tutela mediante tale diritto è pertanto applicabile solo ed esclusivamente alle banche di dati la cui realizzazione (in particolare, per l'attività di costituzione, verifica o presentazione [38]) ha richiesto un "investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo", investimento che, appunto effettuato dal "costitutore", può consistere non solo nell'impegno di mezzi finanziari, ma anche di "tempo, lavoro ed energia" [39].

Perché l'investimento possa dirsi "rilevante", questo non dovrà essere apprezzato in senso assoluto, bensì calibrato in rapporto al settore, al livello degli investimenti normalmente effettuati da altri soggetti o dal medesimo soggetto (in precedenza, in contemporanea ed anche successivamente) per operazioni analoghe. Nella stima del carattere rilevante dell'investimento andranno poi considerati tutti i costi dell'operazione, dunque sia quelli necessari per la raccolta dei dati, sia quelli per la loro successiva elaborazione e trattamento [40].

A prescindere dalla eventuale tutelabilità della banca di dati quale opera dell'ingegno, la disciplina identifica in capo al costitutore il diritto di vietare atti di "estrazione" e "reimpiego" di tutto o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati, quando questa è il risultato di un investimento rilevante.

Il concetto di "estrazione" viene definito come "il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma" (art. 102-bis, comma 1, lett. b), l.d.a.). Per "reimpiego" si intende invece "qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma" (art. 102-bis, comma 1, lett. c), l.d.a.) [41].

L'estrazione o il reimpiego ripetuti e sistematici non sono comunque consentiti, anche se aventi ad oggetto parti non sostanziali del contenuto della banca di dati, qualora presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca di dati o arrechino un pregiudizio ingiustificato al costitutore (art. 102-bis, comma 9, l.d.a.).

Il significato da attribuire alla locuzione "parte sostanziale" risulta di più complessa ricostruzione: pur costituendo elemento chiave per l'applicazione della disciplina de qua, il legislatore comunitario fa unicamente riferimento ad una valutazione che deve avvenire in termini "qualitativi o quantitativi" [42].

Se nel corso del tempo sono state prospettate diverse possibili interpretazioni [43], sul tema è successivamente intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea, che ha avuto modo di chiarire come la nozione di "parte sostanziale", "valutata sotto il profilo quantitativo, del contenuto di una banca di dati [...] si riferisce al volume dei dati estratti e/o reimpiegati della banca di dati e deve essere valutata in relazione al volume del contenuto totale della banca di dati", mentre valutata sotto il profilo qualitativo "si riferisce alla rilevanza dell'investimento collegato al conseguimento, alla verifica o alla presentazione del contenuto dell'oggetto dell'operazione di estrazione o di reimpiego, indipendentemente dal fatto che tale oggetto rappresenti una parte quantitativamente sostanziale del contenuto generale della banca di dati tutelata" [44].

Il concetto di parte sostanziale risulta rilevante anche in merito alle attività consentite all'utente legittimo della banca di dati: il costitutore di una banca di dati messa per qualsiasi motivo a disposizione del pubblico non può impedire le attività di "estrazione o reimpiego di parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi e quantitativi, del contenuto della banca di dati per qualsivoglia fine effettuate dall'utente legittimo" (art. 102-ter, comma 3, l.d.a.). Nel caso in cui l'utente sia autorizzato ad estrarre o reimpiegare soltanto una parte della banca di dati, la norma citata si applicherà solo a quella specifica parte della banca di dati. Le eventuali clausole contrattuali pattuite in violazione di dette possibilità sono da considerarsi nulle (art. 102-ter, comma 3, l.d.a.).

L'utente legittimo di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico sarà comunque soggetto ad una limitazione di ordine generale, che consiste nel non poter "eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca di dati o che arrechino un ingiustificato pregiudizio al costitutore della banca di dati" (art. 102-ter, comma 2, l.d.a.), così come dovrà astenersi dall'arrecare "pregiudizio al titolare del diritto d'autore o di un altro diritto connesso relativo ad opere o prestazioni contenute in tale banca" (art. 102-ter, comma 1, l.d.a.).

Nel caso del diritto del costitutore (avente contenuto esclusivamente patrimoniale), titolare della privativa ab origine potrà risultare non solo una persona fisica, ma anche giuridica, e del diritto si potrà disporre in tutti i modi e le forme consentiti dalla legge.

Il legislatore comunitario ha inoltre esplicitato come il diritto del costitutore sussista a prescindere "dalla tutelabilità della banca di dati a norma del diritto d'autore o di altri diritti", nonché "dalla tutelabilità del contenuto della banca di dati in questione a norma del diritto d'autore o di altri diritti", diritti sui contenuti che restano impregiudicati anche laddove sulla banca di dati insista il diritto del costitutore (art. 7, direttiva 96/9/CE, comma 4, concetti poi ripresi nell'art. 102-bis, comma 3, l.d.a.).

La durata del diritto del costitutore è fissata in via generale in quindici anni, da computarsi dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data di completamento della costituzione della banca di dati. Per le banche di dati in qualunque modo messe a disposizione del pubblico prima dello scadere di detto periodo, il diritto del costitutore si estinguerà trascorsi quindici anni dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data della prima messa a disposizione del pubblico. Dunque, i due termini possono eventualmente e (almeno) parzialmente cumularsi fra loro.

L'art. 102-bis, comma 8, l.d.a. stabilisce inoltre che "se vengono apportate al contenuto della banca di dati modifiche o integrazioni sostanziali comportanti nuovi investimenti rilevanti [Omissis], dal momento del completamento o della prima messa a disposizione del pubblico della banca di dati così modificata o integrata, e come tale espressamente identificata, decorre un autonomo termine di durata della protezione".

La disposizione da ultimo richiamata è stata a suo tempo fortemente criticata, per i rischi di divenire, in concreto, uno strumento per estendere indefinitamente la durata del diritto del costitutore, in contrasto con lo stesso generale principio in materia di limitazione temporale delle privative patrimoniali nel diritto d'autore [45]. Pare a chi scrive, tuttavia, che i rilievi in merito e la preoccupazione circa un potenziale effetto anticoncorrenziale possano essere superati adottando l'interpretazione della norma, proposta in dottrina [46], che prevede l'estensione della tutela applicabile all'intera banca di dati (e non unicamente alle parti nuove o modificate), ma con libera utilizzabilità dei contenuti della precedente versione, una volta che su quest'ultima saranno scaduti i relativi termini di protezione del diritto sui generis.

Il diritto in parola viene riconosciuto in riferimento alle sole banche di dati costituite da "cittadini" di uno Stato membro dell'Unione europea o residenti abituali nel territorio della stessa. Qualora il costitutore siano "imprese e società", al fine di accertare la sussistenza del diritto, occorre verificare che le stesse siano state costituite secondo la normativa di uno Stato membro dell'Unione europea e che abbiano la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro d'attività principale all'interno dell'Unione; tuttavia, qualora la società o l'impresa abbia all'interno dell'Unione europea soltanto la propria sede sociale, deve sussistere un legame effettivo e continuo tra l'attività della medesima e l'economia di uno degli Stati membri (art. 11 direttiva 96/9/CE; art. 102-bis, comma 5, l.d.a.).

Si noti come la formulazione appena ricordata non faccia menzione delle pubbliche amministrazioni o degli enti pubblici fra i soggetti a favore dei quali sono riconosciute le privative del costitutore. Tale scelta appare coerente con la natura di privativa squisitamente economica del diritto del costitutore e della ratio di tale diritto, cioè quella di "salvaguardare i costitutori di banche di dati dall'indebita appropriazione dei risultati dell'investimento finanziario e professionale effettuato per ottenere e raccogliere il contenuto" (Considerando n. 39), "in modo che il costitutore della banca possa ottenerne un beneficio economico" (Considerando n. 48).

Tuttavia, a dispetto del tenore letterale della norma richiamata, non può oggi dubitarsi che anche un ente pubblico possa risultare, sebbene al ricorrere di determinate condizioni, titolare del diritto del costitutore.

Sul punto, infatti, è intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea che, dopo aver chiarito come per costitutore debba intendersi colui che ha preso l'iniziativa e si è assunto "il rischio di destinare un investimento rilevante, in termini di risorse umane, tecniche e/o finanziarie al conseguimento, alla verifica o alla presentazione del contenuto di una banca di dati" [47], ha individuato "nell'esercizio di un'attività economica" la circostanza necessaria perché l'investimento rilevante effettuato da un soggetto possa determinare il riconoscimento del diritto del costitutore [48]. La Corte europea (richiamando la propria giurisprudenza sul punto) ha quindi ribadito come nel concetto di "impresa" vada ricompresa "qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento [...], costituendo "attività economica qualunque attività consistente nell'offrire beni o servizi in un determinato mercato [...]. Pertanto, lo Stato stesso o un ente statale possono agire come impresa [...]". Viceversa, "le attività che si ricollegano all'esercizio di pubblici poteri non presentano un carattere economico [...]" e "un soggetto di diritto, segnatamente un ente pubblico, può essere considerato un'impresa unicamente per quanto riguarda una parte delle sue attività, se queste ultime corrispondono a quelle che devono essere qualificate come attività economiche [...]" [49].

La Corte europea, in riferimento al caso sottoposto al suo giudizio, ritiene pertanto che "un'attività di raccolta di dati relativi ad imprese, basata su un obbligo legale di dichiarazione imposto a queste ultime e sui correlativi poteri coercitivi, rientra nell'esercizio di pubblici poteri. Di conseguenza, un'attività di tal genere non configura un'attività economica" e non consentirà di poter riconoscere il diritto sui generis [50].

2.3. I limiti interni al regime di protezione delle banche di dati, alla luce della direttiva 2001/29/CE

Oltre alla durata dei diritti patrimoniali d'autore e del diritto del costitutore di cui si è detto, un ulteriore c.d. limite interno alla protezione delle privative sulle banche di dati è rappresentato dal principio dell'esaurimento. In merito, la direttiva 96/9/CE ne ha prevista l'applicazione anche con riferimento alla protezione delle banche di dati, stabilendo, però, come la trasmissione on-line di una banca di dati non costituisca una consegna di beni, bensì una "prestazione di servizi", risultando pertanto sottratta al principio dell'esaurimento [51]. Tale impostazione ha poi trovato accoglimento in via generale nella riforma introdotta con la direttiva 2001/29/CE, così che il diritto di distribuzione rimane soggetto al principio dell'esaurimento, sempre che la prima vendita o il primo atto di trasferimento della proprietà nella Comunità dell'originale o di copie dell'opera sia effettuato dal titolare del diritto o con il suo consenso, mentre non sarà applicato laddove l'opera sia stata messa a disposizione del pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente e ciò anche nel caso in cui sia stata consentita la realizzazione di copie dell'opera (cfr. art. 4, comma 2, direttiva 2001/29/CE e art. 17, comma 3, l.d.a.). Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico, viceversa, non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico, ivi compresi gli atti di messa a disposizione del pubblico (cfr. art. 3, comma 3, direttiva 2001/29/CE e art. 16, comma 2, l.d.a.).

Quanto indicato dal legislatore comunitario trova puntuale riscontro nella disciplina nazionale, dove il diritto esclusivo di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca di dati viene sottoposto all'applicazione del principio dell'esaurimento comunitario solo nell'ipotesi di una "prima vendita di una copia nel territorio dell'Unione europea da parte del titolare del diritto o con il suo consenso" (art. 64-quinquies, comma 1, lett. c), l.d.a.).

Il medesimo principio dell'esaurimento trova applicazione in via generale anche in riferimento al diritto del costitutore (cfr. art. 7, comma 2, lett. b), direttiva 96/9/CE e art. 102-bis, comma 2, l.d.a.).

In merito al regime delle deroghe o delle cc.dd. libere utilizzazioni, nella direttiva 96/9/CE si è reputato opportuno prevedere unicamente alcuni limitati casi obbligatori, demandando agli Stati membri la scelta circa l'introduzione di ulteriori ipotesi di limitazione delle prerogative sulle banche di dati, elencate nella stessa direttiva 96/9/CE (cfr. artt. 6 e 9, direttiva 96/9/CE). Salvo il riconoscimento delle previste facoltà riservate all'"utente legittimo", di cui si è già detto, la scelta operata dal legislatore italiano è stata restrittiva, sia con riferimento ai diritti d'autore, sia al diritto del costitutore [52].

Il d.lg. 169/1999 ha previsto come non siano soggette ad autorizzazione da parte del titolare dei diritti d'autore (art. 64-sexies, comma 1, l.d.a.):

- l'accesso o la consultazione della banca di dati quando abbia esclusivamente finalità didattiche o di ricerca scientifica, non svolta nell'ambito di un'impresa e nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito, purché si indichi la fonte (ma le eventuali operazioni di riproduzione permanente della totalità o di parte sostanziale del contenuto su altro supporto restano comunque soggette all'autorizzazione del titolare del diritto);

- l'impiego della banca di dati per fini di sicurezza pubblica o per effetto di una procedura amministrativa o giurisdizionale.

L'ultimo comma dell'art. 64-sexies l.d.a. chiarisce come le disposizioni contenute in detto articolo "non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio al titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego della banca di dati".

Alle suddette deroghe dovrebbero sommarsi (sebbene il d.lg. 169/1999 nulla preveda sul punto) i casi previsti dalle norme di applicazione generale in materia di libere utilizzazioni (oggi "Eccezioni e limitazioni" [53], artt. 65-71-decies l.d.a., così come da ultimo sostituiti dal d.lg. 68/2003 di attuazione della direttiva 2001/29/CE [54]), cioè delle ipotesi nelle quali l'autore non può opporsi all'utilizzazione della propria opera. Tale applicabilità ha però sollevato dubbi in parte della dottrina, a motivo della natura di disciplina speciale dell'art. 64-sexies l.d.a. [55].

In merito al diritto sui generis, nel d.lg. 169/1999 si prevede unicamente come non siano soggetti al principio del previo consenso del costitutore il prestito al pubblico quando effettuato dai soggetti di cui all'art. 69, comma 1, l.d.a. [56], prestito che non costituisce in alcun caso, per espressa previsione, un atto di estrazione o di reimpiego (art. 102-bis, comma 1, lett. b) e c), l.d.a.).

Sulla possibilità di applicare al diritto del costitutore le generali libere utilizzazioni previste nell'allora Capo V del Titolo I, il d.lg. 169/1999 nulla prevede, tanto da risultare fonte di un vivace dibattito all'indomani della sua approvazione [57]. La questione è stata definitivamente superata grazie all'art. 71-decies l.d.a., così come introdotto dal d.lg. 68/2003, che ha previsto espressamente come le eccezioni e limitazioni al diritto d'autore contenute nel Capo V, Titolo I della l.d.a. si applichino anche, fra gli altri, al Capo I del Titolo II-bis l.d.a., appunto dedicato al diritto del costitutore [58].

Restano inattuate nell'ordinamento italiano le norme comunitarie che fanno riferimento alla deroga, tanto al diritto d'autore quanto al diritto del costitutore, per la libera utilizzazione a "fini privati di una banca di dati non elettronica" (art. 6, comma 2, lett. a) e art. 9, comma 1, lett. a), direttiva 96/9/CE). Per quanto attiene all'impiego della banca di dati per "finalità didattiche o di ricerca scientifica", la norma comunitaria prevede la possibilità di introdurre tale eccezione sia con riferimento al diritto d'autore (art. 6) sia al diritto sui generis (art. 9), purché si indichi la fonte: viceversa, l'art. 64-sexies l.d.a. riguarda solo il primo e subordina l'impiego per tali finalità all'autorizzazione del titolare del diritto nel caso l'attività di accesso e consultazione includa la riproduzione permanente della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati [59].

Le scelte operate dal legislatore non hanno mancato di sollevare critiche, in particolare con riferimento al diritto del costitutore. Le preoccupazioni, condivise dallo stesso legislatore europeo [60], si sono concentrate sui suoi possibili effetti "monopolistici", potenzialmente in grado di divenire uno strumento per imporre un'"esclusiva sulle idee", frenando così la creazione di nuovi prodotti e limitando la libera concorrenza e la circolazione dei dati [61].

Che l'assetto assunto in via definitiva dalla direttiva 96/9/CE non appaia del tutto soddisfacente e atto ad evitare possibili derive monopolistiche (anche a motivo di una sua formulazione non sempre chiara) è testimoniato da alcuni casi sottoposti al vaglio della Corte di giustizia europea [62].

Nei due rapporti ad oggi stilati ex art. 16 della direttiva 96/9/CE si esprime un forte scetticismo circa la capacità del diritto sui generis di costituire un reale "incentivo alla produzione", mentre le preoccupazioni per un suo utilizzo strumentale al fine di imporre un controllo monopolistico sui contenuti non viene indicato come criticità di primaria rilevanza nell'ultimo rapporto del 2018 [63]. Preoccupazioni in merito continuano, invece, ad essere espresse dalla dottrina [64].

3. La riforma del diritto d'autore operata con la direttiva 2019/790/UE e la tutela del patrimonio culturale: le nuove eccezioni in riferimento al regime di protezione delle banche di dati

La riforma operata a livello europeo con la direttiva 2001/29/CE, voluta per adeguare l'istituto del diritto d'autore al nuovo contesto caratterizzato dall'affermarsi della società dell'informazione, ha ridisegnato i diritti patrimoniali d'autore, introdotto la tutela delle misure tecnologiche e delle informazioni sul regime dei diritti ed è intervenuta in modo significativo sulle cc.dd. libere utilizzazioni, divenute "eccezioni e limitazioni" (di particolare rilievo per il tema che qui ci impegna [65]).

Tale provvedimento esplica i suoi effetti, come abbiamo accennato, anche sulla disciplina di protezione delle banche di dati, così come introdotta dalla direttiva 96/9/CE: tuttavia, quest'ultima non è stata oggetto di rilevanti interventi in tale sede e, anzi, ne vengono espressamente fatte salve le disposizioni (cfr. Considerando n. 20 e art. 1, direttiva 2001/29/CE) [66]. Permangono, così, le criticità accennate nei precedenti paragrafi, fra cui, in particolare, il coordinamento fra le eccezioni e limitazioni generali al diritto d'autore (molte delle quali, anche secondo la direttiva 2001/29/CE, da adottarsi in via facoltativa da parte degli Stati membri) e quelle specificatamente previste per le banche di dati [67].

Allo stesso modo, nella direttiva del 2001 il tema della protezione del patrimonio culturale, così come già nella direttiva 96/9/CE, non è stato destinatario di specifica attenzione. Ciò sebbene l'intersezione fra nuove tecnologie, regime di protezione delle banche di dati e patrimonio culturale lasciasse già intravedere al tempo nuove esigenze e nuove opportunità per la valorizzazione e la salvaguardia di quest'ultimo. Ben diversa considerazione è stata, invece, riservata all'argomento nel testo della recente direttiva (UE) 2019/790, dedicata al diritto d'autore e ai diritti connessi nel mercato unico digitale [68].

In quest'ultimo provvedimento europeo, che ha come obiettivo primario l'adeguamento della disciplina di protezione del diritto d'autore alle esigenze future "in modo da non limitare l'evoluzione tecnologica", la conservazione del patrimonio culturale diviene anzi una delle questioni centrali: il regime di protezione delle banche di dati viene così fatto oggetto di una serie di disposizioni pensate per favorire le attività (insieme ad altri) degli istituti di tutela del patrimonio culturale [69].

Per perseguire tale risultato, il legislatore europeo ha individuato l'esigenza di integrare i casi sottoposti ad eccezioni e limitazioni a vantaggio (oltre che della ricerca, dell'innovazione e dell'istruzione) della conservazione del patrimonio culturale, alla luce dei nuovi tipi di utilizzazione indotti dalle tecnologie digitali. Tale necessità, andata palesandosi vieppiù nell'ultimo decennio [70], ha così portato ad intervenire sulla disciplina delle eccezioni e limitazioni prevista, in particolare, dalle direttive 2001/29/CE e (per quanto qui di specifico interesse) 96/9/CE, la cui natura spesso facoltativa rischiava di avere un impatto negativo sul mercato interno, in particolare negli utilizzi transfrontalieri [71]. Nello stesso tempo, un equilibrato bilanciamento fra interessi dei titolari dei diritti e quelli degli utilizzatori resta elemento imprescindibile anche nel nuovo mercato unico digitale e, sotto tale profilo, viene ribadita l'importanza delle misure tecnologiche di protezione, purché queste, a loro volta, non impediscano agli utilizzatori di beneficiare delle eccezioni e delle limitazioni previste [72].

3.1. Istituti di tutela del patrimonio culturale, banche di dati e Data Mining

Un primo ambito di intervento riguarda l'uso di tecnologie di "estrazione di testo e di dati" (c.d. Text and Data Mining, di seguito indicato con l'acronimo "TDM"). Trattasi di una tecnologia che consente un'analisi automatizzata (attraverso algoritmi e calcolatori elettronici) di una grande quantità di informazioni in formato digitale (testi, suoni, immagini o dati), al fine di acquisire nuove conoscenze, rilevare tendenze, pattern, statistiche, ecc.

Il TDM costituisce già oggi attività ampiamente diffusa e sfruttata anche dagli enti di ricerca, ivi compresi gli istituti di tutela del patrimonio culturale. Tuttavia, la disciplina di protezione del diritto d'autore rende incerta per detti enti la legittimità nell'utilizzo di sistemi di TDM o i limiti entro cui possa essere ritenuta tale. Ciò è vero, rileva il legislatore europeo, in particolare laddove i materiali siano costituiti da, o contenuti in, una banca di dati, rispetto alla quale l'interferenza potrebbe derivare non solo dal diritto d'autore, ma anche dal diritto sui generis (cfr. Considerando n. 8, direttiva UE 2019/790).

Sebbene, poi, siano previste nella normativa europea vigente alcune eccezioni e limitazioni per usi a fini di ricerca scientifica, che il legislatore europeo ritiene eventualmente applicabili ad atti di estrazione di testo e di dati, tali eccezioni e limitazioni rientrano fra quelle facoltativamente adottabili dagli Stati membri e non appaiono pienamente adeguate all'utilizzo delle nuove tecnologie in parola nel settore della ricerca scientifica. Anzi, da una loro più attenta analisi, pare difficile che l'eccezione sulla riproduzione temporanea priva di valoro economico (art. 5, comma 1, direttiva 2001/29/CE) o quella facoltativa relativa alla "finalità illustrativa per uso didattico o di ricerca scientifica" (art. 5, comma 3, direttiva 2001/29/CE) risultino applicabili in una serie significativa di casi: la prima, a motivo di una spesso necessaria riproduzione "permanente" dei materiali nei processi di TDM; la seconda, in quanto, oltre alle difficoltà legate alle diverse interpretazioni del concetto di "finalità illustrativa" nei vari ordinamenti, richiede l'indicazione della fonte e dell'autore, adempimento di fatto impossibile da realizzare in un'attività di TDM, considerato l'elevato numero di fonti e materiali tipicamente impiegati (adempimento, quest'ultimo, derogabile per "impossibilità" nella disciplina europea, ma non sempre in quelle degli Stati membri). Anche l'eccezione relativa alle "finalità didattiche o di ricerca scientifica" prevista dagli artt. 6 e 9 della direttiva 96/9/CE, di cui si è detto, sconta il limite imposto dalla citazione della fonte.

Inoltre, anche laddove l'accesso ai contenuti fatti oggetto di TDM fosse pienamente legittimo in base alla stipula di condizioni contrattuali, tali condizioni potrebbero limitare o escludere attività di TDM.

Se si tiene conto di come la qualità dei risultati di un'attività di TDM dipenda spesso non solo dall'efficacia degli algoritmi impiegati e dalle risorse hardware disponibili, ma proprio dalla quantità di dati su cui poter applicare il proprio modello di 'estrazione', ben si comprende l'importanza del profilo in parola: di fatto, risulterebbe assai complesso, se non concretamente impossibile, richiedere l'autorizzazione all'utilizzo a tutti gli eventuali titolari dei diritti dei materiali da sottoporre a un'attività di TDM, salvo limitare a tal punto il numero di fonti da compromettere il più delle volte la stessa utilità del ricorso a tecniche di TDM.

Il legislatore europeo, pertanto, ha ritenuto necessario superare questi ostacoli, introducendo un'eccezione obbligatoria che consenta la riproduzione e l'estrazione (del contenuto di una banca di dati), da parte degli organismi di ricerca e degli istituti di tutela del patrimonio culturale, ai fini dell'estrazione, esclusivamente per scopi di ricerca scientifica, di testo e di dati da opere o altri materiali cui essi hanno legalmente accesso [73] (art. 3, direttiva UE 2019/790). La disposizione obbliga quindi gli Stati membri ad intervenire per prevedere la nuova eccezione ai diritti di cui all'art. 5, comma 1, lett. a) (diritto di riproduzione di una banca di dati protetta dal diritto d'autore), e all'art. 7, comma 1 (diritto di vietare l'estrazione e/o il reimpiego del contenuto di una banca di dati protetta dal diritto sui generis), della direttiva 96/9/CE, all'art. 2 della direttiva 2001/29/CE, nonché all'art. 15, comma 1 della stessa direttiva (UE) 219/790 [74].

Cosa debba intendersi per "istituto di tutela del patrimonio culturale" è indicato all'art. 2, comma 1, n. 3, della direttiva: "una biblioteca accessibile al pubblico, un museo, un archivio o un istituto per il patrimonio cinematografico o sonoro". Nel Considerando n. 13 viene, inoltre, chiarito come non rilevi, per le biblioteche accessibili al pubblico e i musei, il tipo di opere o altri materiali che detengono nelle loro collezioni permanenti, mentre rientrano nella definizione anche le "biblioteche nazionali e gli archivi nazionali e, per quanto concerne i loro archivi e le loro biblioteche accessibili al pubblico, vi dovrebbero altresì far parte gli istituti di istruzione, gli organismi di ricerca e gli organismi di radiodiffusione pubblici".

Nel solco di quanto avvenuto in diversi ordinamenti nazionali sul tema [75], in base alla definizione di "organismo di ricerca" contenuta all'art. 2, comma 1, n. 1, l'operatività dell'eccezione è limitata alle sole attività di ricerca svolte da organismi di ricerca "senza scopi di lucro" o che reinvestono tutti gli utili nella propria attività di ricerca scientifica ovvero nell'ambito di una "finalità di interesse pubblico riconosciuta dallo Stato membro", sebbene debba essere consentito di avvalersi dell'eccezione anche nel caso in cui le attività di ricerca siano svolte nel "quadro di partenariati pubblico-privato", facendo eventualmente affidamento sugli strumenti tecnologici dei partner privati per effettuare l'estrazione di testo e di dati (cfr. Considerando nn. 11 e 12, direttiva UE 2019/790).

Si noti come tale limitazione non pare investire gli "istituti di tutela del patrimonio culturale", in riferimento ai quali nulla è detto o richiesto nel testo della direttiva, se non quanto sopra ricordato: pertanto, la possibilità per essi di avvalersi dell'eccezione prevista dall'art. 3 in parola risulterebbe prescindere dalla natura pubblica o privata di tali istituti, dagli scopi (lucrativi o meno) perseguiti o dal ricorrere di una finalità di interesse pubblico.

La norma dell'art. 3 in commento prevede che le copie delle opere o degli altri materiali di titolarità altrui, realizzate nell'ambito di un'attività di TDM in base alla prerogativa prevista, debbano essere memorizzate con un "adeguato livello di sicurezza" e che possano essere poi conservate sempre per scopi di ricerca scientifica, che comprendono anche la verifica dei risultati della ricerca stessa.

Ai titolari dei diritti sulle opere oggetto di attività di TDM è consentito applicare misure di protezione tecnologica al fine di garantire "la sicurezza e l'integrità delle reti e delle banche dati in cui sono ospitate le opere o altri materiali", purché tali misure non vadano "al di là di quanto necessario per il raggiungimento di detto obiettivo" [76]. Trattasi, evidentemente, di una disposizione volta a realizzare quel bilanciamento dei contrapposti interessi degli utilizzatori e dei titolari dei diritti di cui si è accennato. Sempre in merito a quest'ultimo profilo, il legislatore europeo richiede agli Stati membri di "incoraggiare" i soggetti coinvolti (titolari dei diritti, organismi di ricerca e istituti di tutela del patrimonio culturale) affinché definiscano fra loro concordemente le migliori prassi per l'applicazione delle misure di sicurezza a protezione delle copie delle opere e delle misure di protezione tecnologica dei materiali. Sull'efficacia che potrà avere quest'ultima disposizione sia permesso esprimere quale perplessità.

A motivo della natura e dei limiti dell'eccezione in parola, il legislatore europeo ritiene che il pregiudizio potenzialmente da essa derivante ai titolari dei diritti dovrebbe risultare "minimo", cosicché gli Stati membri sono invitati a non prevedere in merito una remunerazione per i titolari di diritti a compensazione degli usi delle opere previsti dall'eccezione (Considerando n. 17).

Alle attività di TDM è dedicato anche il successivo art. 4 della direttiva (UE) 2019/790 (che non pregiudica, per espressa indicazione, l'applicazione dell'art. 3): in questo caso gli Stati membri sono richiesti di introdurre un'eccezione o una limitazione ai diritti di cui all'art. 5, comma 1, lett. a) (diritto di riproduzione di una banca di dati protetta dal diritto d'autore), e all'art. 7, comma 1 (diritto di vietare l'estrazione e/o il reimpiego del contenuto di una banca di dati protetta dal diritto sui generis), della direttiva 96/9/CE, all'art. 2 della direttiva 2001/29/CE, all'art. 4, comma 1, lettere a) e b), della direttiva 2009/24/CE e all'art. 15, comma 1 della stessa direttiva UE 2019/790, ma per riproduzioni ed estrazioni, eseguite da un qualunque soggetto, effettuate da opere o altri materiali cui detto soggetto abbia legalmente accesso ai fini dell'estrazione di testo e di dati.

In questo caso, le condizioni per potersi avvalere dell'eccezione non attengono alla qualificazione del soggetto interessato ad usufruirne, né alle finalità perseguite, bensì riguardano unicamente la necessità di un accesso legale alle opere o materiali (anche quando l'opera o altri materiali sono stati messi a disposizione del pubblico online) e il rispetto dell'eventuale espressa riserva (manifestata in modo appropriato) del titolare dei diritti circa i suddetti utilizzi delle opere e dei materiali. Nel caso di contenuti resi disponibili al pubblico online, tale riserva, per risultare appropriata, dovrà avvenire attraverso l'uso di strumenti che consentano una lettura automatizzata, "inclusi i metadati e i termini e le condizioni di un sito web o di un servizio", mentre per i contenuti resi disponibili in altro modo si potranno utilizzare mezzi diversi, quali accordi contrattuali o anche una dichiarazione unilaterale. Ai titolari dei diritti, anche in questo caso, sarà consentito adottare misure tecnologiche di protezione a garanzia del rispetto delle eventuali riserve di utilizzo esercitate. Colui che si sia avvantaggio dell'eccezione in parola ed abbia provveduto a riproduzioni ed estrazioni di opere e altri materiali potrà in questo caso conservarle esclusivamente per il tempo necessario ai fini dell'estrazione di testo e di dati (cfr. art. 4 e Considerando n. 18, direttiva UE 2019/790).

Le motivazioni di una tale previsione sono esplicitate nel Considerando n. 18 della direttiva: al di là del settore della ricerca scientifica, le tecniche di TDM sono oggi ampiamente utilizzate da soggetti di diversa natura e per molteplici scopi. Nello stesso tempo, appare appropriato che i titolari dei diritti mantengano in via generale la possibilità di concedere licenze per gli utilizzi delle proprie opere o altri materiali a tali fini e salva l'applicazione dell'eccezione di cui all'art. 3 di cui si è detto. Tuttavia, l'incertezza giuridica in cui potrebbero trovarsi i potenziali utilizzatori interessati ad attività di TDM rispetto alla possibilità di effettuarle legittimamente su opere e materiali a cui hanno avuto legalmente accesso, rende opportuna l'introduzione dell'eccezione o limitazione di cui si è detto.

La disposizione da ultimo presentata è tra quelle che hanno sollevato maggiori perplessità sotto il profilo di un equo bilanciamento degli interessi in gioco, a motivo dello scarso margine di manovra lasciato agli operatori del mercato interessati a svolgere attività di TDM: in molti casi potrebbe risultare difficile, per questi (specialmente se realtà di dimensioni limitate), evitare la complessa - e tipicamente assai onerosa (se non proibitiva) - negoziazione con un numero elevato di titolari dei diritti per ottenere le autorizzazioni necessarie [77].

3.2. Banche di dati e conservazione del patrimonio culturale

Altra norma di specifico interesse ai fini della presente trattazione [78] è quella contenuta nell'art. 6 della direttiva (UE) 2019/790, rubricata "Conservazione del patrimonio culturale", in quanto avente come destinatari i soli istituti di tutela del patrimonio culturale.

La norma impone agli Stati membri di introdurre un'eccezione ai diritti di cui all'art. 5, comma 1, lett. a) (diritto di riproduzione di una banca di dati protetta dal diritto d'autore), e all'art. 7, comma 1 (diritto di vietare l'estrazione e/o il reimpiego del contenuto di una banca di dati protetta dal diritto sui generis), della direttiva 96/9/CE, all'articolo 2 della direttiva 2001/29/CE, all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2009/24/CE e all'articolo 15, paragrafo 1, della stessa direttiva (UE) 2019/790 in parola per consentire agli istituti di tutela del patrimonio culturale di realizzare copie di qualunque opera o altri materiali presenti permanentemente nelle loro raccolte [79], in qualsiasi formato o su qualsiasi supporto, ai fini di conservazione di detta opera o altri materiali e nella misura necessaria a tale conservazione.

La facoltà concessa in questo caso agli istituti di tutela del patrimonio culturale risulta ampia e non prevede forme di ristoro o remunerazioni di sorta per i titolari dei diritti. L'esigenza a cui la norma intende rispondere, considerata evidentemente di primaria rilevanza, è garantire agli istituti di tutela del patrimonio culturale la possibilità di esercitare pienamente la loro funzione di "conservazione delle loro raccolte per le generazioni future" [80], sfruttando le nuove tecnologie digitali a tale fine. Ancora una volta, la disomogeneità negli approcci sul tema da parte degli ordinamenti degli Stati membri rende opportuno un intervento che autorizzi atti di riproduzione "a fini di conservazione" da parte degli istituti di tutela del patrimonio culturale, facilitando così la cooperazione transfrontaliera, la condivisione dei mezzi di conservazione e la creazione di reti transfrontaliere per la conservazione di tale patrimonio nel mercato interno. In caso contrario, rileva il legislatore europeo, l'uso inefficiente delle risorse potrebbe avere un impatto negativo sulla stessa conservazione del patrimonio culturale.

L'eccezione introdotta lascia piena libertà circa la scelta dello strumento, del mezzo o della tecnologia conservativa ritenuta più adeguata, così come il formato o il supporto da utilizzare, nonché il numero di copie da effettuare o il momento in cui provvedervi, naturalmente tenendo conto della misura necessaria a fini di conservazione: ciò consentirà di far fronte, ad esempio, all'obsolescenza tecnologica o al degrado dei supporti originari o risultare utile per assicurare le opere o gli altri materiali. Anche in questo caso, poi, tenendo conto di come gli istituti di tutela del patrimonio culturale potrebbero non disporre dei mezzi tecnici o della competenza per procedere direttamente agli atti necessari per la conservazione delle loro collezioni, in particolare nell'ambiente digitale, l'eccezione consente loro di affidarsi a terzi (anche basati in altri Stati membri) per la realizzazione delle copie, soggetti terzi che agiranno per loro conto e sotto la loro responsabilità [81].

A garanzia che quanto statuito negli artt. 3 e 6 illustrati non sia aggirato o limitato pattiziamente, il legislatore ha espressamente previsto l'inderogabilità per via contrattuale delle eccezioni ivi previste, la cui operatività è dunque del tutto sottratta alla volontà delle parti. Non lo stesso dicasi per l'eccezione di cui all'art. 4 di cui si è detto, che viceversa potrà essere derogata per via contrattuale [82].

3.3. Istituti di tutela del patrimonio culturale, banche di dati e opere fuori commercio

Le tecnologie digitali consentono di realizzare nuove ed efficacissime forme di circolazione del patrimonio culturale, abilitando un accesso potenzialmente universale al sapere. Tali opportunità, tuttavia, possono trovare un freno nella impossibilità di determinare il titolare delle privative da cui ottenere le autorizzazioni necessarie (le cc.dd. "opere orfane", di cui alla direttiva 2012/28/UE) o, viceversa, nelle difficoltà a reperire opere o altri materiali "fuori commercio".

L'intervento operato dal legislatore europeo nell'art. 8 della direttiva (UE) 2019/790 ha il precipuo scopo di mettere in condizione gli istituti di tutela del patrimonio culturale di beneficiare di un quadro giuridico chiaro per poter dare corso a progetti di digitalizzazione (anche su larga scala) e alla diffusione, anche transfrontaliera, di opere o altri materiali considerati appunto "fuori commercio" [83]. La scelta di riservare tale opportunità a detti istituti nasce dalla volontà di valorizzare il loro ruolo e le loro raccolte, tenendo conto delle difficoltà che tipicamente si presentano nell'ottenimento delle necessarie autorizzazioni preventive dai singoli titolari dei diritti su opere fuori commercio [84].

Ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste, un'opera potrà essere reputata "fuori commercio" "quando si può supporre in buona fede che l'intera opera o altri materiali non sia disponibile al pubblico attraverso i consueti canali commerciali dopo aver effettuato uno sforzo ragionevole per determinare se sia disponibile al pubblico" (art. 8, comma 5, direttiva UE 2019/790) [85].

Per realizzare il dichiarato obiettivo, vengono introdotte due disposizioni.

La prima prevede che gli Stati membri dispongono che un organismo di gestione collettiva possa concludere un "contratto di licenza non esclusiva a fini non commerciali con un istituto di tutela del patrimonio culturale per la riproduzione, la distribuzione, la comunicazione al pubblico o la messa a disposizione del pubblico di opere o altri materiali fuori commercio presenti in modo permanente nella raccolta di detto istituto, indipendentemente dal fatto che tutti i titolari dei diritti oggetto della licenza abbiano o meno conferito un mandato all'organismo di gestione collettiva". Ciò a condizione che: a) l'organismo di gestione collettiva, sulla base dei suoi mandati, sia sufficientemente rappresentativo dei titolari di diritti nel pertinente tipo di opere o altri materiali e nella tipologia di diritti oggetto della licenza; e b) sia garantita parità di trattamento a tutti i titolari di diritti per quanto concerne le condizioni della licenza (art. 8, comma 1, direttiva UE 2019/790) [86]. La licenza concessa dovrà, inoltre, consentire l'utilizzo delle opere o degli altri materiali fuori commercio da parte dell'istituto di tutela del patrimonio culturale in qualsiasi Stato membro (art. 9).

La seconda, stabilisce invece l'introduzione da parte degli Stati membri di un'eccezione ai diritti di cui all'art. 5, comma 1, lettere a), b), d) ed e) (rispettivamente diritto di riproduzione, di traduzione e adattamento, di comunicazione, di riproduzione di una banca di dati protetta dal diritto d'autore), e all'art. 7, comma 1 (diritto di vietare l'estrazione e/o il reimpiego del contenuto di una banca di dati protetta dal diritto sui generis), della direttiva 96/9/CE, agli artt. 2 e 3 della direttiva 2001/29/CE, all'art. 4, comma 1, della direttiva 2009/24/CE e all'art. 15, comma 1, della stessa direttiva (UE) 2019/790 per consentire agli istituti di tutela del patrimonio culturale di mettere a disposizione, a fini esclusivamente non commerciali, opere o altri materiali fuori commercio presenti in modo permanente nella loro raccolta [87]. Ciò a condizione che: a) sia indicato il nome dell'autore o di qualsiasi altro titolare di diritti individuabile, salvo in caso di impossibilità; b) tali opere o altri materiali siano messi a disposizione su siti web non commerciali. Questa eccezione, tuttavia, si potrà applicare solo ai tipi di opere o altri materiali per i quali non esistono organismi di gestione collettiva "sufficientemente rappresentativi" di cui alla prima disposizione ricordata [88].

L'art. 10 della direttiva richiede altresì l'assolvimento di un onere pubblicitario, prevedendo che tutte le informazioni pertinenti riguardanti gli eventuali utilizzi che si intendono effettuare in base alle disposizioni dell'art. 8 in commento siano "rese accessibili in modo permanente, semplice ed efficace in un portale unico online pubblico" (gestito dall'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale), almeno sei mesi prima che le opere o altri materiali siano oggetto di detti utilizzi [89].

Al titolare dei diritti sulle opere fuori commercio, la direttiva garantisce comunque la possibilità di richiedere ad nutum che le proprie opere siano escluse dai meccanismi di concessione delle licenze o dall'applicazione dell'eccezione appena descritte [90], così riappropriandosi del pieno controllo della propria opera: la richiesta potrà essere avanzata in qualunque momento, dunque anche dopo che una licenza sia stata eventualmente conclusa o sia già stato avviato l'utilizzo in base all'eccezione. In queste ultime ipotesi, gli utilizzi in corso si dovranno concludere entro un "termine ragionevole" e l'organismo di gestione collettiva, laddove detti utilizzi avvengano nel quadro di una licenza collettiva, dovrà cessare di rilasciare licenze una volta informato della volontà del titolare in tal senso [91].

Sebbene la disposizione da ultimo richiamata sia evidentemente volta a riequilibrare gli interessi in gioco, introducendo un meccanismo in grado di sottrarre in ogni momento l'opera "fuori commercio" dagli utilizzi previsti ex art. 8 della direttiva (UE) 2019/790, non si è mancato di far notare come ciò non appaia pienamente soddisfacente e non riesca a far venire meno alcune criticità sottese alla norma: in effetti, difficilmente questa pare poter, in ogni caso, evitare di arrecare un "pregiudizio degli altri vincoli giuridici applicabili, come le disposizioni nazionali in materia di diritti morali", come invece predicato dal legislatore europeo (Considerando n. 37 direttiva UE 2019/790) [92].

Non vi è dubbio che l'articolato intervento del legislatore comunitario rappresenti un importante tassello rispetto al fondamentale tema della preservazione del patrimonio culturale nel contesto digitale, in quanto volto (per quanto qui di specifico interesse) ad evolvere il regime di protezione delle banche di dati (in particolare, i relativi casi di eccezione e limitazione), al fine di dare risposta alle esigenze degli istituti di tutela del patrimonio culturale e consentire una valorizzazione del loro ruolo. Sotto tale profilo, gli obiettivi delle disposizioni presentate paiono potersi certamente condividere, inserendosi nel solco di quell'adeguamento dell'istituto del diritto d'autore al "mercato unico digitale" da più parti (giustamente) invocato per poterne cogliere le innumerevoli opportunità e consentirne un pieno ed equilibrato sviluppo.

L'assetto definitivo prescelto, tuttavia, presta il fianco alle perplessità esposte e pare poter inficiare, almeno in parte, il giudizio complessivo sull'intervento operato. Le scelte compiute risultano evidentemente il frutto di posizioni di compromesso, la cui sintesi normativa non è riuscita del tutto efficacemente a coniugare le contrastanti esigenze, da un lato, dei titolari dei diritti, dall'altro dei soggetti interessati all'utilizzazione dei materiali protetti.

Ricorrere allo spazio concesso dal legislatore europeo per eventualmente trovare rimedi in sede di attuazione nazionale (da realizzarsi entro il 7 giugno 2021 [93]), ancorché potrebbe contribuire a meglio bilanciare gli interessi in gioco, non appare in via generale soluzione pienamente in sintonia con l'obiettivo primario della direttiva in parola: se, infatti, proprio la disomogeneità fra le scelte operate a livello nazionale (così come in precedenza concesse dalla stessa normativa europea) ha determinato il legislatore comunitario a questo nuovo intervento, per tale via evidentemente il rischio è quello di creare una frizione con la prioritaria esigenza di uniformità e di certezza giuridica nel mercato unico digitale [94]. Un ulteriore elemento di complessità, quest'ultimo, che rischia di aggiungersi agli altri profili critici della disciplina accennati, aspetti su cui, con tutta probabilità, alla Corte di giustizia UE saranno richiesti non facili interventi interpretativi.

 

Note

[1] Direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 1996, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, in G.U.C.E. 27 marzo 1996, n. L 77. Quanto mai vasta la bibliografia in argomento. Nella dottrina italiana, fra i molti, si vedano: P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), in AIDA, 1997, pag. 5 ss.; L.C. Ubertazzi, Le banche dati, in Diritti d'autore e connessi. Scritti, Milano 2003, pag. 71 ss.; A. Lavagnini, Sub art. 2 l.a. e Sub artt. 64-quinquies-64-sexies, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, (a cura di) L.C. Ubertazzi, Padova, 2012, pag. 1520 ss.; A. Pizzoferrato, Banche dati e diritti di proprietà intellettuale, in Contr. impr., 2000, 1, pag. 287 ss.; V. Di Cataldo, Banche-dati e diritto sui generis: la fattispecie costitutiva, in AIDA, 1997, pag. 20 ss.; L. Chimienti, I data bases nella direttiva 9/96 e nel d.lgs. 6 maggio 1999, n. 169, in Dir. inf. informatica, 2000, 1, pag. 199 ss.; G. Guglielmetti, Attuazione della direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche dati (d.lg. 6 maggio 1999, n. 169), in Nuove leggi civ. comm., 2003, 4-5, pag. 1231 ss.; P. Auteri, Attuazione della direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche dati (d.lg. 6 maggio 1999, n. 169), in Nuove leggi civ. comm., 2003, 4-5, pag. 1178 ss.

[2] Cfr. Considerando n. 48, direttiva 96/9/CE.

[3] Cfr. Considerando n. 2, direttiva 96/9/CE.

[4] Cfr. Considerando nn. 2-4, direttiva 96/9/CE.

[5] COM (88) 172 def. del 7 giugno 1988.

[6] Direttiva 91/250/CEE del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore, in G.U.C.E. 17 maggio 1991, n. L 122, poi codificata nella direttiva 2009/24/CE del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore in G.U.C.E. 5 maggio 2009, n. L 122.

[7] Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001 sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, in G.U.C.E. 22 giugno 2001, n. L 167/10.

[8] Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, in G.U.C.E. 17 maggio 2019, n. L 130.

[9] Cfr. Considerando n. 5, direttiva 96/9/CE.

[10] Cfr.: Convenzione di Berna sulla protezione dei lavori letterari ed artistici del 24 luglio 1971, nel testo modificato il 28 settembre 1979, art. 2, co. 5; art. 10, co. 2, dell'allegato 1.C dell'Uruguay Round Act (Accordi GATT/TRIPs-Trade-Related aspects of Intellectual Property rights), adottato a Marrakech il 15 aprile 1994 (ratificato in Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747, G.U. 10 gennaio 1995, n. 7); art. 5 del Trattato elaborato in seno all'Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (OMPI), adottato a Ginevra nel 1996 (approvato dall'Unione europea con la Decisione del Consiglio 2000/278/CE, del 16 marzo 2000, G.U.C.E. 11 aprile 2000, n. L 89/6).

[11] I programmi per elaboratore, ad esempio, non sono definiti nella relativa disciplina di tutela (oggi Direttiva 2009/24/CE).

[12] Cfr. G. Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, in Contr. impr. Eur., 1997, 1, pag. 180.

[13] Sul concetto di accessibilità individuale vd. L. Mansani, Musei, esposizioni e banche dati, in AIDA, 1999, pag. 187.

[14] Sarebbero così escluse le opere composte, mentre vi potrebbero rientrare le opere collettive; cfr. G. Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, cit., pag. 177 ss.

[15] Sull'esatta determinazione del concetto di "struttura" in relazione alla banca di dati, quale oggetto della tutela del diritto d'autore, vd. A. Musso, Ipertesti e thesauri nella disciplina del diritto d'autore, in AIDA, 1998, pag. 219.

[16] Tale circostanza è stata messa in evidenza nella famosa sentenza della Corte Suprema americana relativa al caso Feist Publications Inc. vs Rural Telephone Service Company Inc. (Corte Suprema degli Stati Uniti, 27 marzo 1991, pubblicata in Foro It., 1992, 4, pag. 37).

[17] Legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, in G.U. 16 luglio 1941, n. 166 (di seguito "l.d.a.").

[18] D.lg. del 6 maggio 1996, n. 169, Attuazione della direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, G.U. 15 giugno 1999, n. 138. L'adozione della direttiva è avvenuta con legge 24 aprile 1998, n. 128, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1995 - 1997, G.U. 7 maggio 1998, n. 104.

[19] La normativa sulle banche di dati non specifica, a differenza di quanto avvenuto in materia di programmi per elaboratore, a quale specifico genere di opera appartenga o vada assimilata la banca di dati. Sulla possibile qualificazione della banca di dati elettronica nell'ambito delle categorie di cui all'art. 2 l.d.a. vd. L.C. Ubertazzi, Le banche dati, cit., pag. 74.

[20] Cfr. P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 9.

[21] Cfr. Art. 3, co. 1, della direttiva 96/9/CE, La circostanza è chiarita anche nei Considerando nn. 15 e 16 della direttiva: in particolare, non dovrà essere effettuata "alcuna valutazione della qualità o del valore estetico della banca di dati" (Considerando n. 16).

[22] Cfr. A. Pizzoferrato, Banche dati e diritti di proprietà intellettuale, cit., pag. 302 ss.; P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 9.

[23] Precedentemente all'emanazione della direttiva 96/9/CE, la giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi più volte in merito: si veda Corte cass., 2 dicembre 1993, n. 11953, in Riv. dir. ind., 1994, 2, pag. 157 ss., con nota di P.A.E. Frassi, La tutela delle compilazioni di informazioni attraverso il diritto d'autore, cit., e in AIDA, 212, 1994, pag. 258 ss., con nota di M. Ricolfi.

[24] Cfr. P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 9. In particolare, l'espressione "disposizione" ed il suo significato, così come poi fatti propri dal legislatore comunitario, sono emersi dall'ampio dibattito sviluppatosi negli Stati Uniti all'indomani del c.d. caso Feist (Corte Suprema degli Stati Uniti, 27 marzo 1991, Feist Publications Inc. vs Rural Telephone Service Company Inc., in Dir. inf. informatica, 1992, 1, pag. 120 ss., con nota di A. Zoppini, Itinerari americani ed europei nella tutela delle compilazioni: dagli annuari alle banche dati).

[25] Cfr. P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 9.; B. Cunegatti, G. Scorza, Multimedialità e diritto d'autore: multimedia, banche di dati, software e MP3 alla luce della Direttiva 2001/29/CE, Napoli, 2001, pag. 52.

[26] Per un approfondimento di questi profili, da un punto di vista tecnico-informatico, si vedano: C. Batini, G. De Petra, M. Lenzerini, G. Santucci, La progettazione concettuale dei dati, Milano, 2002, passim; G. Sartor, P. Guidotti, P. Baldini, Manuale di informatica giuridica, Bologna, 1997, pag. 211 ss.

[27] Cfr. National Business Lists Inc. vs. Dun & Bradstreet List Inc., 552 F. Supp. 89, 97 (N.D. III. 1982), cui fa riferimento P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 11.

[28] "La tutela della presente direttiva non si applica ai programmi per elaboratori utilizzati per la costituzione o il funzionamento di banche di dati accessibili grazie a mezzi elettronici", art. 1, co. 3, direttiva 96/9/CE. Le norme della direttiva 96/9/CE si applicano "fatta salva la normativa comunitaria concernente [Omissis] la tutela giuridica dei programmi per elaboratore", art. 2, lettera a), direttiva 96/9/CE. Entrambe le norme citate non hanno trovato una precisa trasposizione nell'ordinamento italiano, ma il loro contenuto è da ritenersi certamente vincolante per gli Stati membri in base ai generali principi in materia; cfr. B. Conforti, Diritto internazionale, Napoli 2002, pag. 171 ss., pag. 330 ss., in particolare pagg. 333-334.

[29] Cfr. P. d, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 11.

[30] Per altro, non è escluso che il criterio di organizzazione possa essere contenuto nello stesso "software di funzionamento della banca dati", G. Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, cit., pag. 180; cfr. anche P. Dal Poggetto, Diritto d'autore e diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, in Contr. impr,, 1997, 1, pag. 343 ss.

[31] Così P. Spada, Banche dati e diritto d'autore (il "genere" del diritto d'autore sulle banche di dati), cit., pag. 12; vd. anche M. Orlandi, Motori di ricerca e diritto d'autore, in AIDA, 1998, pagg. 274-275; B. Cunegatti, Le banche di dati, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell'Internet (a cura di G. Cassano), Milano 2002, pag. 1031. Cfr. Considerando n. 20 della direttiva: "la tutela prevista dalla presente direttiva può applicarsi anche agli elementi necessari per il funzionamento o la consultazione di determinate banche di dati, come ad esempio il tesauro e i sistemi di indicizzazione".

[32] Risulta discusso se il diritto d'autore attribuito ai sensi dell'art. 11 l.d.a., che si ritiene applicabile a tutte i generi di opere (banche di dati comprese), comprenda sia i diritti di utilizzazione economica sia quelli morali e se l'attribuzione all'ente sia a titolo derivativo od originario.

[33] Sull'argomento vd. P. Galli, Sub art. 12-bis l.a., in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit., pag. 1382 ss.; A. Pizzoferrato, Banche dati e diritti di proprietà intellettuale, cit., pag. 310 ss.; Trib. Catania, 8 gennaio 2001, in AIDA, 796, 2001, pag. 610 ss., con note di M. Bertani; O. Carosone, L'opera dell'ingegno creata nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Milano 1999.

[34] D.lg. 9 aprile 2003, n. 68, Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, in G.U. 14 aprile 2003, n. 87.

[35] Sui diritti di riproduzione, comunicazione e distribuzione nella direttiva 2001/29/CE si vedano: G. Guglielmetti, Riproduzione e riproduzione temporanea, in AIDA, 2002, pag. 3 ss.; M. Ricolfi, Comunicazione al pubblico e distribuzione, in AIDA, 2002, pag. 48 ss.; in merito al d.lg. 68/2003 vd. G. D'Ammassa, s.v. artt. 1-8 d.lg. 68/2003, in Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 68 in attuazione della Direttiva 2001/29/CE, (a cur di) G. Sena, P.A.E. Frassi, G. D'Ammassa, S. Giudici, D. Minotti, F. Morri, Milano, 2003, pag. 11 ss.

[36] Sulla natura del diritto del costitutore, quale diritto connesso, la dottrina italiana è divisa. Propendono per una sua assimilazione ai diritti connessi, fra gli altri: V.M. De Sanctis, I soggetti del diritto d'autore, Milano, 2000, pag. 128; L.C. Ubertazzi, Le banche datis, cit., pag. 146; P. Spada, "Creazione ed esclusiva", trent'anni dopo, in Riv. dir. civile, 1997, 1, pag. 228; G. Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, cit.; M. Bertani, Impresa culturale e diritti d'esclusiva, Milano 2000, pag. 191 ss.Contra V. Meli, Le "utilizzazioni libere" nella direttiva 96/9/CE sulla protezione giuridica delle banche di dati, in AIDA, 1997, pag. 108; M. Fabiani, Banche dati e multimedialità, in Diritto autore., 1999, 1, pag. 6; P.A.E. Frassi, Creazioni utili e diritto d'autore, Milano, 1997, pag. 276 ss.; M.S. Spolidoro, Il contenuto del diritto connesso sulle banche di dati, in AIDA, 1997, pagg. 45-46.

[37] Motivazioni del Consiglio, n. 14, lett. a), in G.U.C.E. 30 ottobre 1995, n. C 288, pag. 26. Il costitutore viene indicato nella direttiva 96/9/CE come colui che "prende l'iniziativa e si assume il rischio di effettuare gli investimenti", Considerando n. 41, direttiva 96/9/CE.

[38] Sull'oggetto necessario dell'investimento, inteso come "ricerca di elementi esistenti" e loro "raccolta", con esclusione dei mezzi impiegati per la "creazione degli elementi costitutivi del contenuto" di una banca di dati, così come "verifica del contenuto della banca di dati", che esclude le "operazioni di verifica nel corso della fase di creazione di elementi successivamente raccolti", vd. sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 9 novembre 2004, procedimento C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd. In senso conforme: sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, 9 novembre 2004, procedimento C-444/02, Fixtures Marketing Ltd c. Organismos Prognostikon Agnon Podosfairou; procedimento C-338/02, Fixtures Marketing Ltd v. Svenska Spel AB; procedimento C-46/02, Fixtures Marketing Ltd v. Oy Veikkaus Ab.

[39] Considerando n. 40, direttiva 96/9/CE.

[40] V. Di Cataldo, Banche-dati e diritto sui generis: la fattispecie costitutiva, cit., pag. 24; in senso conforme B. Cunegatti, Le banche di dati, cit., pag. 1027. Nella direttiva 96/9/CE si fa riferimento ad un "investimento rilevante" sotto il profilo "qualitativo o quantitativo" (art. 7, direttiva 96/9/CE).

Va rilevato come il criterio "qualitativo" appaia di difficile determinazione, non essendo specificato in cosa concretamente si sostanzi. Per altro, di detti criteri di qualificazione dell'investimento non si rinviene traccia nell'art. 102-bis l.d.a.

La dottrina prevalente ritiene che l'investimento, per potersi considerare "rilevante", debba comunque essere elevato o perlomeno "consistente": cfr. L. Nivarra, Le liste di discussione, in AIDA, 1998, pag. 206;G. Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, cit., pag. 183; V. Di Cataldo, Banche-dati e diritto sui generis: la fattispecie costitutiva, cit., pag. 24.

[41] Sul contento da attribuire ai concetti di estrazione e reimpiego, che non presuppongono un accesso diretto alla banca di dati di cui trattasi, né sono compromessi laddove il contenuto della banca di dati sia stato reso accessibile al pubblico dal costitutore o con il suo consenso, si veda la già citata sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 9 novembre 2004, procedimento C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd. Nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 9 ottobre 2008, procedimento C-304/07, Directmedia Publishing GmbH c. Albert-Ludwigs-Universität Freiburg, la corte ha avuto modo di chiarire come anche il prelievo di elementi da una banca di dati per via di una sua semplice "visualizzazione su schermo" costituisca un atto di estrazione.

[42] Cfr. art. 7, co. 1 e art. 8, co. 1 direttiva 96/9/CE; art. 102-ter, co. 3 l.d.a. La dottrina non ha mancato di sottolineare i potenziali effetti negativi di tale indeterminatezza: M.S. Spolidoro, Il contenuto del diritto connesso sulle banche di dati, cit., pagg. 59-60; P. Dal Poggetto, La protezione giuridica delle banche dati mediante il diritto d'autore ed il diritto sui generis, in Informatica e diriritto, 1, 1997, pagg. 164-165; nella dottrina straniera, vd. P. Samuelson, J.H. Reichman, Intellectual property rights in data?, in Vanderbilt Law Rep., 50, 1997, pag. 51 ss.

[43] Cfr. G. Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, cit., pag. 177 ss.; M. Bertani, Impresa culturale e diritti d'esclusiva, cit., pag. 342 ss. In giurisprudenza si veda, fra le altre: Trib. Catania, 8 gennaio 2001, cit.

[44] Corte Giust. Ue, 9 novembre 2004, procedimento C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd.

[45] V. Di Cataldo, Banche-dati e diritto sui generis: la fattispecie costitutiva, cit., pag. 26; P. Samuelson, J.H. Reichman, Intellectual property rights in data?, cit., pag. 103.

[46] Cfr. M. Bertani, Impresa culturale e diritti d'esclusiva, cit., pag. 356 ss.

[47] Corte Giust. Ue, 9 ottobre 2008, procedimento C-304/07, Directmedia Publishing GmbH c. Albert-Ludwigs-Universität Freiburg.

[48] Corte Giust. Ue, 12 luglio 2012, procedimento C-138/11, Compass-Datenbank GmbH c. Republik Österreich.

[49] "Infatti, nei limiti in cui un ente pubblico svolga un'attività economica che può essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, in ordine a una siffatta attività tale ente agisce come impresa mentre, qualora la suddetta attività economica sia indissociabile dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, tutte le attività svolte da tale ente rimangono attività che si ricollegano all'esercizio dei suddetti poteri [...]", par. 38, sentenza Corte di giustizia dell'Unione europea, 12 luglio 2012, cit.

[50] Corte Giust. Ue, 12 luglio 2012, procedimento C-138/11, cit. In senso conforme, in ambito nazionale, si veda Tribunale di Roma, ordinanza del 5 giugno 2008. Laddove una pubblica amministrazione risultasse titolare del diritto sui generis in riferimento ad una data banca di dati, si ritiene che le relative prerogative dovrebbero comunque cedere il passo ai principi sanciti in materia di riutilizzo dell'informazione del settore pubblico previsti nella direttiva 2003/98/CE del 17 novembre 2003 (come modificata dalla direttiva 2013/37/UE del 26 giugno 2013). La prevalenza della direttiva 2003/98/CE sul diritto sui generis assegnato ad una pubblica amministrazione è sottolineato nel rapporto European Commission, Evaluation of Directive 96/9/EC on the legal protection of databases, SWD(2018) 146 final, Bruxelles, 25 aprile 2018, pag. 42. Sul tema: C. Sappa, IP e banche dati della pubblica amministrazione (Nota a ord. Trib. Roma 5 giugno 2008), in AIDA, 2010, pag. 692 ss.

[51] Cfr. Considerando n. 33, direttiva 96/9/CE.

[52] Sul tema vd. V. Meli, Le "utilizzazioni libere" nella direttiva 96/9/CE sulla protezione giuridica delle banche di dati, cit., pag. 86 ss.; A. Lavagnini, Sub artt. 64-quinquies-64-sexies, cit., pag. 1531 ss.; B. Cunegatti, C. Di Cocco, La protezione dell'investimento del costitutore di una banca di dati, in Dir. prat. società, 25, 1999, pag. 46 ss.; A. Pizzoferrato, Banche dati e diritti di proprietà intellettuale, cit., pag. 308 ss.

[53] Si noti come, nonostante l'intitolazione dell'art. 5 della direttiva 2001/29/CE parli di "Eccezioni e limitazioni", secondo la Corte di giustizia UE "siffatte eccezioni o limitazioni comportano a loro volta diritti a vantaggio degli utenti di opere o di altri materiali protetti", sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 29 luglio 2019, procedimento C-469/17, Funke Medien NRW GmbH c. Repubblica federale di Germania.

[54] Fra le disposizioni in merito introdotte dalla direttiva 2001/29/CE, si ricorda il generale principio del c.d. three-step test (già previsto all'art. 10, co. 2, del WIPO Copyright Treaty), contenuto al co. 5 dell'art. 5, in base al quale le limitazioni ed eccezioni previste devono essere applicate esclusivamente i) in determinati casi speciali che ii) non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e iii) non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare.

[55] Norma, quella dell'art. 64-sexies l.d.a., che risulterebbe di conseguenza l'unica applicabile in materia. La posizione dottrinale prende le mosse dalla facoltà riservata agli Stati membri dalla direttiva 96/9/CE di prevedere eccezioni ai diritti esclusivi sulle banche di dati corrispondenti a quelle previste tradizionalmente nella normativa interna (cfr. art. 6, co. 2, lett. d), direttiva 96/9/CE), facoltà di cui il legislatore nazionale appunto non si è avvalso. Sotto tale profilo, se è vero che la riforma introdotta dalla direttiva 2001/29/CE pare propendere per un'applicazione generale a tutte le opere dell'ingegno delle eccezioni e limitazioni previste, va anche rilevato come la stessa direttiva in parola faccia salve e non pregiudichi le disposizioni della direttiva 96/9/CE (cfr. art. 1, direttiva 2001/29/CE). Cfr. G. Giannelli, Banca dati e diritto antitrust, in AIDA, 2001, pag. 174; M. Ricolfi, Il diritto d'autore, in Diritto industriale, (a cura di) N. Abriani, G. Cottino, M. Ricolfi, Padova, 2001, pag. 464; V. Meli, Le "utilizzazioni libere" nella direttiva 96/9/CE sulla protezione giuridica delle banche di dati, cit., pag. 86 ss.; A. Musso, Diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie e artistiche, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, (a cura di) F. Galgano, Bologna, 2008, pag. 329.

[56] Trattasi delle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici.

[57] Sul regime di deroghe applicabile al diritto del costitutore, prima della modifiche introdotte dal d.lg. 68/2003, sia consentito rinviare a B. Cunegatti, C. Di Cocco, La protezione dell'investimento del costitutore di una banca di dati, cit., 46 ss.

[58] Sulla possibilità di estendere al diritto del costitutore anche l'applicazione delle eccezioni di cui all'art. 64-sexies l.d.a. si vedano: M. Bertani, Impresa culturale e diritti d'esclusiva, cit., pag. 422; A. Pizzoferrato, Banche dati e diritti di proprietà intellettuale, cit., pag. 309; A. Musso, Diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie e artistiche, cit., pag. 329.

[59] Cfr. art. 6, co. 2, lett. b) e art. 9, co. 1, lett. b), direttiva 96/9/CE.

[60] L'art. 16, co. 3, direttiva 96/9/CE prevede verifiche periodiche circa gli effetti della direttiva sulle regole della libera concorrenza e, in caso di alterazione di queste, l'adozione di misure adeguate a contrastare tale squilibrio, in particolare attraverso "l'istituzione di un regime di licenze obbligatorie".

Cfr. Considerando n. 45 ("il diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati non costituisce in alcun modo un'estensione della tutela del diritto d'autore a semplici fatti o dati"), n. 46 ("L'esistenza di un diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati della totalità o di una parte sostanziale di opere, dati o elementi di una banca di dati non dà luogo alla creazione di un nuovo diritto su queste stesse opere, dati o elementi") e n. 47 ("la protezione sulla base del diritto 'sui generis' non deve essere esercitata in modo tale da favorire gli abusi di posizione dominante, [...],"le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicata l'applicazione delle regole di concorrenza, siano esse comunitarie o nazionali"), direttiva 96/9/CE; cfr. Motivazioni del Consiglio, n. 15, in G.U.C.E. 30 ottobre 1995, n. C 288, 27 (in cui si dà conto dell'iniziale previsione di un sistema di licenze obbligatorie, poi accantonato nel testo finale della direttiva 96/9/CE avendo circoscritto l'applicabilità del diritto sui generis alla sola totalità o a parti sostanziali del contenuto della banca di dati). Sull'argomento si vedano: M. Libertini, Raccolte di dati e concorrenza sleale, in AIDA, 1997, pag. 210 e ss.; C. Osti, Banche dati e antitrust, in AIDA, 1997, pag. 295 ss.; G. Giannelli, Banca dati e diritto antitrust, cit., pag. 161 ss.

[61] Cfr. M.S. Spolidoro, Il contenuto del diritto connesso sulle banche di dati, cit., pag. 60 ss.; V. Di Cataldo, Banche-dati e diritto sui generis: la fattispecie costitutiva, cit., pag. 26; P. Samuelson, J.H. Reichman, Intellectual property rights in data?, cit., passim; C. Colston, Challenges to information retrieval - A global solution?, in International journal of law and information technology, 2002, 10, 3, pag. 294 ss. Contra P. Auteri, Diritto di autore, in Diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, (a cura di) P. Auteri, G. Floridia, V. Mangini, G. Olivieri, M. Ricolfi, P. Spada, Torino, 2005, pag. 521 ss. Sul tema v. anche: L. Mansani, Il mercato delle informazioni digitali tra regole di concorrenza e diritti di proprietà, in Conc. e mercato, 1997, 5, pag. 217 ss.; F. Macario, La proprietà intellettuale e la circolazione delle informazioni, in Trattato di diritto privato europeo, (a cura di) N. Lipari, Padova, 1997, vol. 1, pag. 398 ss. In merito all'accesso alle cc.dd. informazioni grezze e, più in generale, ai profili concorrenziali nel settore delle banche di dati elettroniche (di cui al celebre "caso Magill", Sentenza della Corte di giustizia europea, 6 aprile 1995, cause riunite C-241/91, C-242/91, Radio Telefis Eireann, Indipendent Television publications Ltd., Intellectual property Owners Inc. c. Commissione delle Comunità europee, Magill TV Guide Ltd.) si vedano: A. Frignani, Proprietà intellettuale e regole di concorrenza nell'U.E. Recenti sviluppi, in Riv. dir. ind., 1996, 3, pag. 151 ss.; D. Sarti, Antitrust e diritto d'autore, in AIDA, 1995, pag. 120 e ss. Sul tema v. anche M. Libertini, Raccolte di dati e concorrenza sleale, cit., pag. 210 ss.; M. Bertani, Proprietà intellettuale e nuove tecniche di appropriazione delle informazioni, in AIDA, 2005, pag. 312 e ss.

Più recentemente, sul tema dell'abuso di posizione dominante legato al rifiuto di fornire dati indispensabili per la creazione di banche di dati derivate, si veda la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 29 aprile 2004, procedimento C-418/01, IMS Health GmbH & Co. OHG c. NDC Health GmbH & Co. KG.

[62] Il diritto sui generis, spesso travisato nei suoi contenuti e scopi, risulta in più occasioni essere stato strumentalmente utilizzato nel tentativo di veder garantito un ferreo controllo sui contenuti e sulle informazioni: cfr. i casi citati alla precedente nota n. 41.

[63] Commission of the European communities - DG Internal Market, First Evaluation of the Directive 96/9/EC on the Legal Protection of Databases, 12 dicembre 2005; European Commission - Commission staff working document - Evaluation of Directive 96/9/EC on the legal protection of databases, SWD(2018) 147 final, Bruxelles, 25 aprile 2018.

Nel primo documento si legge: "the 'sui generis' right comes precariously close to protecting basic information", "[...] there has been a considerable growth in database production in the US, whereas, in the EU, the introduction of 'sui generis' protection appears to have had the opposite effect. With respect to 'non-original' databases, the assumption that more and more layers of IP protection means more innovation and growth appears not to hold up" (par. 5.2, 24), "Empirical data underlying this evaluation show that its [del diritto sui generis, n.d.r.] economic impact is unproven. In addition, no empirical data that proves that its introduction has stimulated significant growth in the production of EU databases could be submitted so far" (par. 6.2, 26).

Nel secondo rapporto del 2018, mentre si sottolinea nuovamente come "the conclusions of the 2005 evaluation report still apply - the Directive has been quite effective in harmonising database protection in Europe, but there is no evidence to conclude that the sui generis right has been fully effective in stimulating investment in the European database industry, nor in creating a fully functioning access regime for stakeholders" (pag. 46), rispetto ai possibili effetti monopolistici (sebbene si rilevi come "What remains unclear is the articulation between unfair competition law and the sui generis right in countries where both protections exist. The main question is whether the sui generis right should work alternatively or cumulatively with unfair competition rules" e che "Apart from the legal uncertainty, the valid concern with cumulating these protections is the resulting overprotection for makers and potential chilling effect for users", pag. 33), si conclude che "Regarding the potential negative effects of the sui generis right, i.e. linked to intended or unintended data lock-up and related anti-competitive consequences, currently there is no evidence pointing to relevant problems, notably in view of the limited scope of application of the right following CJEU case law" (pag. 46). Il documento affronta anche il tema della scarsa coerenza fra le disposizioni della direttiva 96/9/CE e quelle della direttiva 2003/98/CE del 17 novembre 2003 relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, che porta ad alcune distorsioni nella loro interpretazione (pagg. 40-42).

[64] Sull'opportunità di introdurre correttivi al regime di tutela delle banche di dati, da ultimo, si veda V. Falce, L'insostenibile leggerezza delle regole sulle banche dati nell'unione dell'innovazione, in Riv. dir. ind., 2018, 4-5, pag. 377 ss.

[65] Sul tema v.: P. Spada, Copia privata ed opere sotto chiave, in Riv. dir. ind., 2002, 6, pag. 591 ss.; N. Abriani, Le utilizzazioni libere nella società dell'informazione: considerazioni generali, in AIDA, 2002, pag. 98 ss.; A.M. Gambino, Le utilizzazioni libere: cronaca, critica e parodia, in AIDA, 2002, 127 ss.; C. Galli, Le utilizzazioni libere: ricerca, in AIDA, 2002, pag. 135 e ss.; D. Galletti, Le utilizzazioni libere: copia privata, in AIDA, 2002, pag. 146 ss.; M. Di Rienzo, Le utilizzazioni libere: non profit, in AIDA, 2002, pag. 235 ss.

[66] Sulla natura di lex specialis, rispetto alle disposizioni della direttiva 2001/29/CE, delle discipline richiamate e fatte salve dall'art. 1 di detta direttiva, si veda la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 3 luglio 2012, procedimento C-128/11, UsedSoft GmbH c. Oracle International Corp, par. 51.

[67] Cfr. European Commission, Evaluation of Directive 96/9/EC on the legal protection of databases, SWD(2018) 146 final, cit., pag. 75.

[68] Per un primo commento sui contenuti della direttiva si vedano: F. Abbondante, La Direttiva "Copyright" 2019/790: diritti economici vs diritti fondamentali, in Rivista di Diritto delle Arti e dello Spettacolo, 2019, 1, pag. 9 ss., G. Zammataro, Il futuro del Copyright nel Mercato Unico Digitale: l'arduo contemperamento di interessi nella Direttiva2019/790, in giustiziacivile.com, 2019, 8, pag. 1 ss.

[69] L'analisi che segue è appunto dedicata a presentare le norme della direttiva (UE) 2019/790 di maggior interesse in riferimento all'intersezione fra regime di protezione delle banche di dati e protezione del patrimonio culturale ad opera dei relativi istituti a ciò preposti.

[70] Cfr. European Commission Staff Working Document - Impact Assessment on the modernisation of EU copyright rules, Bruxelles, 14 settembre 2016, SWD(2016) 301 final, Part 1/3, pag. 120 ss. Una stima del numero di istituti di tutela del patrimonio culturale presenti nell'Unione europea (musei aperti al pubblico, biblioteche pubbliche, ecc.) e della straordinaria consistenza del patrimonio culturale da questi custodito (opere d'arte, manufatti, fotografie, libri, ecc.) è contenuta nella parte 3 di detto rapporto.

[71] Cfr. Considerando n. 5, direttiva (UE) 2019/790. La direttiva in parola, salvo i casi previsti all'art. 24 legati all'eccezione di cui all'art. 5, non modifica e non pregiudica le norme stabilite, fra le altre, dalla direttiva 96/9/CE (cfr. art. 1).

[72] Tali aspetti erano stati affrontati nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 9 dicembre 2015, "Verso un quadro normativo moderno e più europeo sul diritto d'autore", COM(2015) 626 final, documento i cui contenuti hanno costituito il punto di partenza del percorso che ha portato all'adozione della direttiva (UE) 2019/790.

[73] La nozione di accesso legale viene chiarita al Considerando n. 14 della direttiva e comprende l'accesso ai contenuti sulla base di una politica di accesso aperto, di accordi contrattuali o mediante altri mezzi legali, incluso anche l'accesso a "contenuti gratuitamente disponibili online".

[74] Sul tema: R. Caso, Il conflitto tra diritto d'autore e ricerca scientifica nella disciplina del text and data mining della direttiva sul mercato unico digitale, in Dir. ind., 2020, 2, pag. 118 ss.; L. Mansani, Le eccezioni per estrazione di testo e dati, didattica e conservazione del patrimonio culturale, in AIDA, 2020, pag. 3 ss.

[75] Sulle scelte effettuate da alcuni stati nazionali in materia vedi L. Mansani, Le eccezioni per estrazione di testo e dati, didattica e conservazione del patrimonio culturale, cit., pagg. 5-6.

[76] I limiti nell'adozione di tali misure sono specificati nel Considerando n. 16 della direttiva (UE) 2019/790.

[77] Cfr. P. Samuelson, The EU's Controversial Digital Single Market Directive, in Communication of the ACM, November 2018, Vol. 61, No. 11, pagg. 20-23 (disponibile all'indirizzo: cacm.acm.org/magazines/2018/11/232195-the-eus-controversial-digital-single-market-directive/fulltext).

[78] Per ragioni di economicità espositiva, non si procede in questa sede a commentare l'art. 5 della direttiva (UE) 2019/790 dedicata all"Utilizzo di opere e altri materiali in attività didattiche digitali e transfrontaliere", che a sua volta introduce un'eccezione o una limitazione "ai diritti di cui all'articolo 5, lettere a), b), d) ed e), e all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 96/9/CE, agli articoli 2 e 3 della direttiva 2001/29/CE, all'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2009/24/CE e all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva in commento per consentire l'utilizzo digitale di opere e altri materiali esclusivamente per finalità illustrativa ad uso didattico, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito, purché tale utilizzo: a) avvenga sotto la responsabilità di un istituto di istruzione, nei suoi locali o in altro luogo o tramite un ambiente elettronico sicuro accessibile solo agli alunni o studenti e al personale docente di tale istituto; e b) sia accompagnato dall'indicazione della fonte, compreso il nome dell'autore, tranne quando ciò risulti impossibile [...]". Sul tema si veda: V. Falce, La nuova direttiva copyright e l'eccezione di insegnamento tra vincoli e limiti, in Contr. impr., 2020, 2, pag. 784 ss.

[79] Cosa debba intendersi per opera o altri materiali "present[i] permanentemente nelle loro raccolte" è chiarito nel Considerando n. 29: "Ai fini della presente direttiva è opportuno ritenere che un'opera e altri materiali siano presenti in modo permanente nella raccolta di un istituto di tutela del patrimonio culturale allorché gli esemplari dell'opera o degli altri materiali siano di proprietà di tale istituto o stabilmente in suo possesso, ad esempio a seguito di un trasferimento di proprietà, di accordo di licenza, di obblighi di deposito legale o di accordi di custodia permanente".

[80] Cfr. Considerando n. 25 direttiva (UE) 2019/790.

[81] Cfr. Considerando nn. 25-28 direttiva (UE) 2019/790.

[82] Cfr. art. 7 direttiva (UE) 2109/790. La norma in parola trova applicazione anche in riferimento all'eccezione di cui all'art. 5 della direttiva (UE) 2019/790. Lo stesso articolo art. 7 prevede l'applicazione alle eccezioni introdotte dagli artt. da 3 a 6 del c.d. three-step test di cui al co. 5 dell'art. 5 della direttiva 2001/29/CE di cui si è detto, confermandone la portata generale quale 'sistema di controllo' per l'applicazione delle limitazioni ed eccezioni.

Sempre agli artt. da 3 a 6 dovranno applicarsi anche le disposizioni di cui all'art. 6, co. 4, primo, terzo e quinto capoverso della direttiva 2001/29/CE, in materia di misure tecnologiche di protezione.

[83] Sul tema R. Servanzi, Il patrimonio culturale e le opere fuori commercio nella direttiva "digital copyright", in Il Nuovo Diritto delle Società, 2019, 5, pag. 657 ss.; G. Carraro, Le eccezioni per le opere fuori commercio, in AIDA, 2020, pag. 22 ss.

[84] Si segnala come nel disegno di legge delega per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790 (S. 1721), approvato in Senato il 29 ottobre 2020, al co. 1 dell'art. 9, "Principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE", si preveda di "a) applicare la definizione di 'istituti di tutela del patrimonio culturale', nell'accezione più ampia possibile, al fine di favorire l'accesso ai beni ivi custoditi".

[85] Vi possono essere ricompresi diversi tipi di opere e altri materiali, tra cui fotografie, software, fonogrammi, opere audiovisive e opere d'arte uniche, incluso ove non siano mai state disponibili in commercio. Queste ultime possono comprendere manifesti, volantini, giornali di trincea o opere audiovisive amatoriali, ma anche opere o altri materiali mai pubblicati (Considerando n. 37, direttiva UE 2019/790).

[86] Le licenze dovranno essere richieste da un organismo di gestione collettiva rappresentativo per lo Stato membro in cui ha sede l'istituto di tutela del patrimonio culturale (art. 8, co. 6).

[87] Sul più generale tema relativo alla riproduzione dei beni culturali vedi L. Casini, Riprodurre il patrimonio culturale? I "pieni" e i "vuoti" normativi, in Aedon, 2018, 3.

[88] In aggiunta, gli Stati membri potranno comunque stabilire requisiti specifici, quali una data limite, per determinare se un'opera e altri materiali possono essere concessi in licenza in conformità alla prima disposizione ricordata o utilizzati in virtù dell'eccezione prevista dalla seconda. Tali requisiti non potranno comunque travalicare quanto "necessario e ragionevole" e non precluderanno la possibilità di ritenere fuori commercio un insieme di opere o altri materiali nel suo complesso allorché sia "lecito presumere che lo siano tutte le opere o altri materiali" (art. 8, co. 5, direttiva UE 2019/790). Inoltre, gli utilizzi di opere o altri materiali in virtù dell'eccezione in parola si considereranno aventi luogo esclusivamente nello Stato membro in cui ha sede l'istituto di tutela del patrimonio culturale (art. 9, direttiva UE 2019/790).

[89] Cfr. Considerando n. 41 direttiva (UE) 2019/790.

[90] Sul regime applicabile laddove le opere fuori commercio o i relativi titolari dei diritti presentino un collegamento con un paese terzo, si veda la specifica disciplina dettata dal comma 7 dell'art. 8 in commento.

[91] L'esclusione richiesta dal titolare dei diritti non dovrebbe incidere sul diritto a ricevere una remunerazione per l'utilizzo effettivo delle proprie opera in virtù della licenza già concessa. Cfr. Considerando n. 35 direttiva (UE) 2019/790.

[92] Cfr. G. Carraro, Le eccezioni per le opere fuori commercio, cit., pagg. 30-31. L'autore evidenzia come laddove un autore avesse volontariamente obliato una propria opera, questa, divenuta "fuori commercio", in base alla disposizione in commento potrebbe invece essere nuovamente immessa in circolazione, potenzialmente all'insaputa dell'autore, violando così non solo le sue prerogative morali, ma il suo diritto alla libera manifestazione del pensiero. Considerando, poi, come sia le opere "mai state in commercio" sia quelle "mai pubblicate" siano fatte rientrare dalla norma nella categoria delle opere "fuori commercio", l'eventuale loro utilizzo ex art. 8 direttiva (UE) 2019/790 parrebbe destinato a collidere inevitabilmente con le prerogative morali dell'autore ex artt. 24 e 93 l.d.a., quando non anche con altre disposizioni quali quelle in materia di tutela della vita privata (nell'ipotesi, ad esempio, in cui i materiali fossero rappresentati da corrispondenze epistolari versate in un archivio).

[93] In base a quanto pubblicato dall'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea (alla pagina eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/NIM/?uri=CELEX:32019L0790), ad oggi (ottobre 2020) risultano tre gli Stati membri ad aver provveduto: Francia, Repubblica Ceca e Ungheria.

In Italia, il d.d.l. S.1721, "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020", che contiene i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva da parte del Governo, è stato approvato dal Senato della Repubblica in data 29 ottobre 2020.

[94] Agli Stati membri viene, fra l'altro, concesso di adottare o mantenere in vigore disposizioni più ampie, purché compatibili con le eccezioni e limitazioni di cui alle direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, per tutti gli utilizzi o gli ambiti oggetto delle eccezioni o delle limitazioni di cui alla direttiva (UE) 2019/790.

 

 



copyright 2020 by Società editrice il Mulino
Licenza d'uso


inizio pagina