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Editoriale

La ratifica della convenzione di Faro: un cammino da avviare

di Marco Cammelli

Italy's ratification of the Faro Convention: A path to start
In the present Editorial the Director of Aedon looks at the perspectives opened by Italy's ratification of Faro Convention.

Keywords: Faro Convention; Cultural Heritage; Intangible Cultural Heritage.

Con la ratifica della convenzione di Faro, più esattamente della "Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società" (da ora, Convenzione), si chiude un lungo percorso cominciato nel 2005 in Portogallo, proseguito con la sottoscrizione da parte del Governo italiano nel 2013 e concluso con la definitiva approvazione della Camera dei Deputati il 23 settembre 2020.

È una data importante per quello che fin qui è avvenuto e soprattutto per quanto si dovrà fare in futuro e che non si limita alla doverosa armonia da assicurare tra Convenzione e il vigente ordinamento italiano in materia di patrimonio culturale ma richiede da parte di tutti gli attori in gioco una attenta riflessione su impostazioni, concetti e modalità di azione tanto complessa e approfondita quanto lo è nel nostro Paese la tradizione e l'esperienza in questo ambito, che ai principi della Convenzione dovrà imparare a rapportarsi.

La Rivista si è più volte occupata della Convenzione nei contenuti generali (Carmosino, 1/2013 e Gualdani, 3/2020) e negli aspetti più specifici come il paesaggio (Carpentieri, 2/2018), le immagini e relativa riproduzione (Casini, 3/2018), i beni culturali immateriali (Gualdani, 1/2019), e altrettanto lo si è fatto come autori della più recente edizione del manuale (Diritto del patrimonio culturale, II ed., Bologna, 2020) soprattutto con riguardo alle parti relative al patrimonio, ai beni e relativa tutela (Sciullo), alla valorizzazione e gestione (Casini), al paesaggio (Piperata).

Ma naturalmente la ratifica apre un orizzonte ben più ampio e assai impegnativo, che proprio perché tale va affrontato evitando chiusure e resistenze (ormai) fuori tempo, anche dal punto di vista strettamente giuridico, e semplificazioni o fughe in avanti sorrette in pari modo dall'entusiasmo per la stagione che si apre e dall'impazienza per la lunga attesa sofferta.

La Convenzione infatti tocca, rileggendoli in modo innovativo in ragione della prospettiva in cui si pone e che enuncia fin dal titolo (patrimonio culturale e valore per la società), tutti i più importanti nodi della materia aprendo raffronti impegnativi con il sistema prevalente nel nostro Paese: separazione a tutela dei beni vs. apertura ai singoli e alla comunità; saperi professionali e ruolo degli apporti esterni e del volontariato; esclusività del pubblico (rectius: statale) e cooperazione con il privato; centro e centralità ministeriale e interconnessione con il sistema regionale e locale; concezione in positivo del patrimonio culturale vs approccio impeditivo. Basterebbe applicare tutto ciò al paesaggio o al tema sempre più pressante della legittimazione agli occhi della società che per troppi è ancora declinata in termini di semplice aderenza alla previsione legislativa, senza considerare che legalità e legittimazione sono cose diverse, per rendersi contro delle infinite implicazioni che ne discendono.

In più, vi è una moltitudine di aspetti più specifici ma rilevanti sul piano giuridico che vanno attentamente esaminati, basti pensare alla non semplice convivenza tra l'accezione assai più ampia dei beni (materiali e immateriali) che per la Convenzione rientrano nel patrimonio culturale a cominciare dalle modalità stesse della loro identificazione, con l'inevitabile elasticità che ne consegue, e quella che nel nostro ordinamento potremmo chiamare la "necessaria tipicità" del bene culturale e dei suoi elementi strutturali (istituti e luoghi) in ragione della disciplina giuridica e delle implicazioni che ne discendono sul piano della disponibilità, della titolarità, della circolazione, della riproducibilità delle immagini, della stessa loro attività (v. la qualificazione come servizi pubblici essenziali).

Ma proprio tutto ciò prova che bisogna evitare di restare impigliati nelle tensioni tra resistenti a oltranza, per i quali già il solo accostamento del turismo al patrimonio culturale è in odore di simonia, e gli ingenui sostenitori del tutto e subito. Posizioni, le une e le altre, fuori luogo e rischiose perché il cammino da compiere è lungo e richiede la piena consapevolezza dei tanti temi, tra i più centrali e delicati, investiti in vario modo dalla Convenzione e frutto come si è detto di impostazioni assai diverse.

Non tenerne conto, per di più al buio perché si tratta appunto di una convenzione quadro che richiede comunque analisi aggiornate a oggi della realtà e una adeguata progettazione delle innovazioni su un terreno che di tensioni ne conosce anche troppe. Perché è vero che il blocco tecnico-amministrativo del ministero (e non solo: anche dei soggetti che intorno vi gravitano) necessita di dosi massicce di apertura, di innovazione e di aggiornamento, peraltro oggetto in questi ultimi anni di uno sforzo su più fronti di cui la Rivista ha dato conto, ma è altrettanto vero che si tratta di capacità tecniche e risorse culturali decisive anche per la realizzazione di quanto la Convenzione prevede.

In questo momento, e nel prossimo futuro, è dunque necessario ripensare concetti e saperi e aggiornare un patrimonio storico di esperienze professionali che certo non sono esclusive di singoli apparati ministeriali (basta guardare oltre e pensare all'Università, ai musei e centri culturali di grandi città o del privato non profit) ma che vanno curati e valorizzati perché indispensabile premessa del resto. E nello stesso tempo farlo nella consapevolezza che aprire agli individui il diritto al sapere e al godimento della bellezza, alle comunità la lettura e il riconoscimento della propria storia e delle proprie radici, alle imprese e ai sistemi locali la praticabilità di uno sviluppo sostenibile è ormai un passaggio necessario.

La Rivista, come fa già nel presente numero Annalisa Gualdani, seguirà con attenzione la Convenzione e quanto ne deriva e darà il proprio contributo anche grazie agli interventi che ci proponiamo di ospitare fin dai prossimi numeri.

 

 

 



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