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Uno sguardo alla legislazione regionale

La disciplina regionale della cultura: il caso della regione Veneto

di Klaudia Kurcani

Sommario: 1. Una breve premessa: l’affermazione della cultura nelle sue varie declinazioni. - 2. Alcune osservazioni preliminari. - 2.1. Principi e ambito applicativo della legge. - 2.2. Gli ambiti di intervento degli enti territoriali in materia di cultura. - 2.3. Gli strumenti di programmazione degli interventi nel settore culturale. - 3. Gli strumenti per la valorizzazione della cultura. - 3.1. Il patrimonio culturale di proprietà regionale e le attività culturali e lo spettacolo. - 3.2. Qualche osservazione conclusiva. - 4. Quali prospettive per il futuro?.

The regional discipline of culture: The region Veneto’s case
The paper discusses the Veneto’s regional law on culture and pays attention to the several principles, objectives and measures set out in the law and which are intended as a guide for the region. In this panorama, a key role is played by the process of valorization and promotion of culture, which is a resource and is often expressed as intangible or tangible cultural heritage. The paper explains that the culture is expression of the local identity and it’s a manifestation of the different customs, practices, places, objects, artistic expressions and values. Culture, in all its different manifestations, has so a multilayer and economic dimension. Lastly, the paper outlines the prospects for the future and addresses some issues that might arise in the implementation of the law.

Keywords: Culture; Regional law; Cultural heritage; Intangible cultural heritage.

1. Una breve premessa: l’affermazione della cultura nelle sue varie declinazioni

Il concetto di cultura è evocativo di molteplici significati, alcuni di immediata percezione, altri di più difficile, e talvolta ancora incerta, delimitazione.

La cultura presenta uno stretto legame con la società e si evolve e conforma in ragione degli eventi che investono la stessa e, proprio a causa dei suoi confini incerti e talvolta cangianti, delimitarne i contorni esatti non è mai apparso semplice. Con gli anni si è assistito ad una sua lenta e graduale affermazione in termini di diritto fondamentale e quale strumento funzionale allo sviluppo dell'identità della comunità.

Verso la fine del diciannovesimo secolo la "coltura" ricomprendeva solo l'istruzione e qualche intervento sui beni artistici [1]. Nel periodo fascista si è registrato ad un ampliamento dei settori culturali, il quale si è accompagnato da pervasivi meccanismi di controllo da parte del potere centrale [2].

L'avvento della Costituzione ha rappresentato una tappa importante nel percorso di affermazione della cultura, in quanto essa ha trovato espresso riconoscimento a livello costituzionale. L'art. 9 recita che "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnologica e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione" [3] e l'art. 33 dispone che "l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento".

Le previsioni costituzionali fanno della cultura un primario compito della Repubblica e pongono le basi per "un'ingerenza della mano pubblica sulla spontanea evoluzione della vita culturale", sebbene tale intervento possa talvolta generare conflitti [4]. Si assiste così alla creazione di un modello di "Stato culturale", che rappresenta una variante dello Stato di democrazia [5].

La Costituzione delinea altresì il riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di tutela, valorizzazione e promozione dei beni e delle attività culturali [6].

L'importanza della cultura viene affermata anche a livello sovranazionale; l'Unione Europea ha infatti osservato come la promozione delle attività culturali e la conservazione del patrimonio storico-artistico siano funzionali alla realizzazione della politica culturale ed assicurino il pieno sviluppo "delle culture degli stati membri, nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali e del retaggio culturale comune" [7]. La consacrazione della cultura in questi termini assume quindi una dimensione tanto nazionale, quanto sovranazionale.

Nel quadro così delineato si inserisce la legge della regione Veneto 16 maggio 2019, n. 17, la quale ha inteso disciplinare gli interventi relativi alla valorizzazione dei beni culturali e alla promozione e organizzazione delle attività culturali e dello spettacolo [8].

L'ambito applicativo della legge ricomprende, da un lato, sia i beni culturali, che rientrano a loro volta nel più ampio concetto di patrimonio culturale, espressione utilizzata per la prima volta nella dichiarazione I della commissione Franceschini [9].

Dall'altro, però, essa non si esaurisce in questa categoria tradizionale, ma si estende e ricomprende ulteriori settori. La cultura, così come intesa al giorno d'oggi, ha fatto propri i progressi tecnologici e le dinamiche di globalizzazione che hanno investito la società, dando vita a nuovi terreni d'azione.

Un settore innovativo e ampiamente strategico per la cultura è, ad esempio, quello della creatività. Il Mibac, nel 2008, nel Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo, ha evidenziato come cultura e creatività rappresentino un binomio indissolubile e come "la creatività, gli enti e le industrie della cultura rappresentano un importante macrosettore del sistema economico italiano, composto da tre comparti strategici: il patrimonio storico-artistico, l'arte contemporanea e l'architettura, l'industria culturale con beni e servizi ad alto contenuto simbolico, le imprese di cultura materiale espressione del territorio e della comunità" [10].

Prende così forma un nuovo modo di intendere la cultura, la quale si estende a settori innovativi, che sono frutto dello sviluppo dell'industria culturale e creativa, quali il design, la moda, la pubblicità, il cinema, la televisione, la radio e l'editoria [11].

La cultura, oltre ad essere declinata in molteplici ed innovativi modi, presenta un legame, che è andato rafforzandosi sempre di più negli anni, con l'economia, la ricerca e l'innovazione.

Dal rapporto del 2018 "Io sono cultura - l'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi" emerge come il sistema produttivo culturale e creativo nel 2018 abbia sfiorato i 96 miliardi di euro e come "cultura e creatività abbiano un effetto moltiplicatore sul resto dell'economia" [12]. La cultura rappresenta così un "ingrediente essenziale" dello sviluppo di un Paese ed un elemento per lo sviluppo socio-economico del territorio [13].

Tanto premesso, è opportuno soffermarsi su alcune specificità che la nozione presenta. Un primo profilo imprescindibile dal quale bisogna prendere le mosse per comprendere più a fondo il fenomeno è quello del pluralismo, che indica la coesistenza tanto "della necessaria e virtuosa tensione tra la doverosità per le istituzioni di promozione e tutela (art. 9 Cost.)", quanto "della libertà di arte e scienza (art. 33 Cost.)", binomio che potrebbe talvolta generare tensioni [14].

Un ulteriore elemento su cui conviene porre l'accento attiene alla dimensione multilivello della cultura, la quale rappresenta sia un interesse cui l'azione pubblica è volta al soddisfacimento (mediante la messa in atto di azioni volte alla tutela, valorizzazione e promozione), che uno strumento di affermazione delle specificità della comunità e presenta così uno stretto legame con il contesto, sia territoriale che sociale, nel quale si inserisce.

La cultura, inoltre, può essere declinata in molteplici modi, che vanno da quelli tradizionali e coincidenti con il patrimonio culturale, a dimensioni più innovative, che tengono conto di nuove dinamiche di azione che hanno investito ed investono costantemente il settore.

Alla luce di questa breve ricostruzione, la cultura rappresenta un involucro pregno di molteplici significati. Essa è la risultante di un percorso di continui mutamenti e adeguamenti alle evoluzioni della società ed è funzionale all'affermazione dell'individualità del singolo, giungendo poi a divenire una declinazione più ampia delle specificità territoriali e dell'identità di un'intera Nazione.

2. Alcune osservazioni preliminari

Prima di analizzare le previsioni contenute nella legge regionale del Veneto in materia di cultura, si rendono necessarie alcune riflessioni preliminari.

Una di queste attiene ai rapporti tra la legge regionale e il principio di valorizzazione dei beni culturali così come disciplinato dal codice dei beni culturali e del paesaggio.

A far data dalla riforma del titolo V della Costituzione si è assistito ad una regionalizzazione della funzione di valorizzazione dei beni culturali e ad un rafforzamento del ruolo del legislatore regionale in materia di cultura. Le funzioni inerenti ai beni culturali sembrano così "polarizzarsi nella tutela e nella valorizzazione" [15].

Le previsioni costituzionali sono poi state cristallizzate nel codice dei beni culturali e del paesaggio; in prima battuta, l'art. 7, comma 1, d.lg. n. 42/2004, specifica che le previsioni codicistiche rappresentano dei principi fondamentali delineati dallo Stato e nella cui cornice viene esercitata la potestà legislativa delle regioni. Negli stessi termini si è pronunciata altresì la Consulta, la quale ha evidenziato come le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio debbano intendersi una "normativa di attuazione dell'art. 9 della Costituzione, acquisendo così il carattere di parametro interposto" [16].

Il codice si occupa inoltre del ruolo svolto dal legislatore regionale in questo panorama. Gli artt. 102 e 112, d.lg. n. 42/2004, specificano che la legge regionale disciplina, nel rispetto dei principi fissati dal legislatore statale, "le attività di fruizione e valorizzazione solo con riferimento ai beni presenti negli istituti e luoghi di cultura non appartenenti allo Stato o dei quali lo Stato abbia trasferito la disponibilità alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali" [17].

Allo Stato viene invece riconosciuta la competenza a disciplinare la fruizione e la valorizzazione dei beni che si trovino nella sua disponibilità [18]. L'assetto delle competenze viene così ancorato al rapporto che lo Stato e le regioni hanno con il bene culturale [19]. Ciò, da un lato, riduce inevitabilmente il ruolo svolto dalle regioni in materia di valorizzazione e affida, dall'altro, allo Stato funzioni che vanno al di là della mera individuazione dei principi fondamentali in materia [20].

La valorizzazione, inoltre, sempre secondo il codice, è volta a "promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura" e può essere gestita in forma diretta o indiretta [21].

Sul riparto di competenze Stato-regioni in materia di beni e attività culturali non sono mancanti gli interventi della Consulta, la quale ha di volta in volta cercato di tratteggiarne i confini esatti.

La Corte ha a più riprese evidenziato come le attività di promozione e organizzazione delle attività culturali siano affidate alla legislazione concorrente di Stato e regioni, ex art. 117, comma 3 Cost. e come nel "novero delle attività culturali vadano ricomprese tutte quelle attività riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura" [22]. La Consulta è giunta al punto di riconoscere uno spazio al legislatore regionale per interventi in materia di tutela, per legittimare i quali ha fatto ricorso alla categoria dei beni "a rilevanza culturale" [23]. I giudici hanno così ritenuto possibile un intervento regionale, il quale "non è sostitutivo, ma solo aggiuntivo rispetto a quello statale" [24].

Un altro profilo che merita di essere evidenziato riguarda i rapporti con la nozione codicistica di bene culturale, la quale accompagna l'intero tessuto normativo regionale. La legge regionale infatti ne afferma i profili caratteristici, traslandoli e disciplinandoli a livello regionale.

L'art. 4 della legge, ad esempio, delimitando gli ambiti di intervento regionale, vi ricomprende i beni culturali così come definiti dal d.lg. n. 42/2004. La legge inoltre, riprendendo il profilo dell'immaterialità dei beni culturali già disciplinati nel codice, dedica un intero articolo al patrimonio culturale immateriale [25].

Lo stesso accade per i principi in materia di valorizzazione, che la disposizione regionale utilizza come base per prospettare le azioni e attività che enti territoriali e privati sono tenuti a porre in essere per il perseguimento degli obiettivi che la legge si prefissa.

Previsioni statali e disposizioni regionali sembrano così intrecciarsi costantemente e correre su binari paralleli e non potrebbe essere altrimenti, in quanto l'impianto codicistico rappresenta la cornice giuridica entro la quale viene consentito al legislatore regionale di muoversi e legiferare in materia di cultura.

2.1. Principi e ambito applicativo della legge

Nel panorama così tratteggiato si inserisce la legge della regione Veneto n. 17/2019 per la cultura. Conformemente a quanto disposto dall'art. 117, comma 3, Cost., dall'art. 8, commi 3 e 4 della legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 [26], nonché dal d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, la legge disciplina gli interventi regionali in materia di valorizzazione dei beni culturali e di promozione e organizzazione delle attività culturali e dello spettacolo [27]. L'intervento ha rivisto la normativa in materia di cultura, disponendo l'abrogazione della maggior parte delle leggi regionali di settore vigenti.

La prima parte della legge contiene norme di principio e programmatiche, le quali informano l'azione regionale e rappresentano una guida per la stessa.

La legge si apre con il riconoscimento della cultura quale "diritto e risorsa fondamentale per la crescita umana, per lo sviluppo sociale ed economico della comunità, per la promozione dei diritti umani, del dialogo tra le persone e della qualità della vita" [28]. Questa previsione rappresenta una fisiologica presa di consapevolezza dell'importanza e centralità del ruolo della cultura per la comunità locale e per il territorio e l'identità del Veneto [29].

La regione opera nel rispetto di una pluralità di principi dettagliati all'art. 2, quali, e per citarne solo alcuni, la libertà e il pluralismo culturale, la partecipazione della comunità regionale alla elaborazione delle politiche culturali e dei soggetti pubblici e privati alla vita artistica e culturale, nonché il riconoscimento dell'iniziativa dei cittadini singoli.

La regione riconosce inoltre il ruolo dei diversi livelli di governo territoriale (conformemente al principio di sussidiarietà) e delle specificità del patrimonio culturale veneto e del territorio, con conseguente valorizzazione dell'identità locale.

Particolare attenzione viene altresì prestata alla sostenibilità economica degli interventi pubblici, al raccordo delle politiche culturali con politiche di altri settori, alla promozione di una fruizione completa e autonoma dell'offerta culturale e dell'accesso ai beni e alle attività culturali da parte dei giovani [30].

L'idea in virtù quella quale la cultura riflette le peculiarità di un dato territorio rappresenta il fil rouge intessuto nella legge. Più volte, infatti, viene affermata l'importanza dell'identità locale e l'azione regionale rappresenta lo strumento che ne consente l'estrinsecazione e l'affermazione. Le azioni prospettate si inseriscono entro un perimetro che deve tenere conto e raccordarsi con ambiti che sono afferenti ed ancillari al settore culturale, quali la tutela del paesaggio, il governo del territorio, le politiche in materia sociale [31] e la cultura emerge così nella sua dimensione fluida e multilivello.

Dopo aver delineato i principi che devono informare l'azione regionale, vengono dettagliate le varie finalità che la stessa deve perseguire. Tra le principali emerge la valorizzazione, conoscenza e conservazione del patrimonio culturale materiale e immateriale del Veneto e del patrimonio di interesse religioso. Il patrimonio culturale è stato definito come "oggetto di situazioni soggettive (potestà) del potere pubblico che incidono non sulla cosa (che è solo il supporto materiale del bene), ma sul valore culturale della stessa, permettendo di comprendere che tale potestà o dominio pubblico può essere correlata a un bene che non ha un supporto materiale" [32].

Particolare importanza viene altresì attribuita all'equilibrata distribuzione dell'offerta culturale nel territorio, nonché alla qualificazione dei musei, archivi e biblioteche e allo sviluppo e diffusione dei servizi offerti. La legge riconosce altresì l'importanza delle diverse culture che sono espressione della storia, delle tradizioni e del patrimonio linguistico delle comunità locali.

L'azione regionale deve inoltre assicurare la qualità dei servizi e delle produzioni culturali, sostenere la ricerca, lo studio e la progettualità nei diversi settori della cultura, consentire la costruzione dei sistemi regionali degli istituti e luoghi della cultura e dello spettacolo e, ancora, intervenire sulla riqualificazione e razionale distribuzione degli spazi culturali e di spettacolo e sostenerne la gestione.

La legge prosegue poi evidenziando come accanto alle attività di valorizzazione si pongano quelle di promozione dello spettacolo dal vivo e dell'offerta culturale della regione, del cinema, dell'audiovisivo e della cultura cinematografica. L'azione regionale si estende così verso ambiti innovativi, che sono espressione dell'attività di impresa culturale e creativa.

La regione intende promuovere l'educazione alla lettura e della lettura per la sua fondamentale valenza nella crescita delle persone, il ruolo dei luoghi della cultura materiale e immateriale ed il partenariato pubblico-privato [33].

La cultura, così come tratteggiata nella legge, tiene conto, da un lato, delle specificità del tessuto territoriale e rappresenta, dall'altro, uno strumento volto alla crescita e allo sviluppo individuale e collettivo della società, sia in termini sociali che economici.

Le previsioni sembrano fondere, in un'unica formulazione, una molteplicità di principi ed obiettivi, i quali sono indipendenti ma al contempo tra loro interconnessi ed emerge così la dimensione multilivello della cultura, la quale si può declinare in molteplici modi ed è funzionale al perseguimento e all'affermazione di altrettanti obiettivi specifici.

2.2. Gli ambiti di intervento degli enti territoriali in materia di cultura

La legge si preoccupa poi di definire gli ambiti di intervento regionale e degli enti locali, riprendendo quella che ricorda una struttura "a rete". L'azione regionale si inserisce entro un perimetro ben delimitato e ricomprendente i beni culturali, il patrimonio culturale costituito da beni materiali e immateriali [34], i servizi culturali forniti da musei, archivi, biblioteche e altri istituti e luoghi di cultura [35] e le azioni e iniziative culturali promosse dalla regione, nonché da altri organismi, quali gli enti pubblici o privati. Un ulteriore ambito di intervento è quello relativo alle attività di studio, ricerca e diffusione del patrimonio, alle attività teatrali e musicali e a quelle che favoriscono la formazione, l'educazione e la partecipazione del pubblico.

La cultura non può essere intesa come divisa dai beni, nei quali infatti compenetra; è stata la stessa Corte costituzionale ad evidenziare come "la cultura non assuma un rilievo autonomo, separato e distinto dal bene ma si compenetri nelle cose che ne costituiscono il supporto materiale e, quindi, non possa essere protetta separatamente dal bene" [36]. Sul punto di comprendere cosa debba intendersi per bene culturale, la dottrina, già a partire dal secolo scorso, ha evidenziato come i beni culturali siano "una nozione liminale, ossia nozione a cui la normativa giuridica non dà un proprio contenuto, una propria definizione per altri tratti giuridicamente conchiusi, bensì opera mediante rinvio a discipline non giuridiche" [37].

Accanto ai beni e al patrimonio culturale, si pongono gli istituti e i luoghi della cultura, ricomprendenti i musei, gli archivi, le biblioteche e altri istituti e luoghi di cultura, i quali svolgono un ruolo fondamentale nella promozione e nello sviluppo della cultura. I musei, ad esempio, sono stati definiti quali "istituzioni permanenti, senza scopi di lucro, aperte al pubblico, volte a compiere ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente, le acquisiscono, le conservano, le comunicano e le espongono a fini di studio, educazione e diletto" [38].

Passando a delineare gli ambiti di intervento delle province e della città metropolitana di Venezia, la legge specifica come esse siano preposte al coordinamento territoriale dei servizi culturali e alla promozione di attività culturali e di spettacolo di rilevanza locale. La regione, nel rispetto delle autonomie territoriali, favorisce l'esercizio aggregato di funzioni e servizi tra le province e la città metropolitana di Venezia, conformemente al sistema di autonomie così come delineato dalla Costituzione.

I comuni, a loro volta, nel rispetto della programmazione regionale, provvedono all'istituzione, funzionamento e sviluppo degli istituti e luoghi della cultura di loro competenza o loro trasferiti a qualsiasi titolo, promuovendone l'autonomia gestionale e concorrendo al funzionamento dei servizi, delle attività culturali e alla gestione dei beni di proprietà provinciale. I comuni si occupano inoltre dello "sviluppo e della diffusione dei servizi e delle attività culturali e di spettacolo di interesse locale, anche incentivando e valorizzando la creazione di reti territoriali" [39].

La legge delinea altresì forme di cooperazione tra lo Stato, gli enti locali e i soggetti privati, in quanto l'esercizio delle funzioni regionali in materia di cultura implica il coinvolgimento di una pluralità di attori. La giunta regionale svolge un ruolo fondamentale in tal senso, in quanto elabora e propone atti di coordinamento, intese e accordi "per l'accrescimento del livello di integrazione nell'esercizio delle funzioni concernenti i beni, i servizi, le attività culturali e i loro sistemi" [40].

Le previsioni prestano così particolare attenzione alla messa in atto di strumenti di coordinamento, i quali consentono un corretto esercizio delle funzioni di cui gli enti territoriali sono titolari e, più nello specifico, rappresentano "uno degli elementi portanti del diritto del patrimonio culturale per il rilievo e la trasversalità da cui è caratterizzato" [41]. Il dialogo tra i vari soggetti coinvolti rappresenta quindi un elemento fondamentale e imprescindibile dal quale partire e pone le basi per la creazione di un sistema efficiente volto alla valorizzazione e promozione della cultura nelle sue varie declinazioni [42].

2.3. Gli strumenti di programmazione degli interventi nel settore culturale

Dopo aver delineato i principi, gli obiettivi nonché gli ambiti di intervento degli enti territoriali, la legge prosegue individuando le misure di programmazione delle azioni regionali. Una di queste è il programma triennale della cultura, il quale pianifica gli interventi relativi ai beni e al patrimonio culturale, nonché al sistema regionale degli istituti della cultura e delle attività culturali e dello spettacolo. Il programma individua le linee di indirizzo strategiche e le priorità di intervento, gli obiettivi e le modalità di realizzazione degli stessi, nonché i criteri per la delimitazione delle iniziative di interesse e rilevanza regionale. Il programma deve, tra le altre cose, dettagliare le modalità di finanziamento e di verifica del funzionamento degli interventi che si intendono eseguire e prevedere un raccordo delle politiche culturali con quelle in materia di istruzione, formazione, turismo, ambiente, territorio, industria e attività produttive [43].

Alla programmazione di lungo periodo si affianca quella attuativa, rappresentata dai piani annuali distinti per settore. Il piano individua, da un lato, gli ambiti di intervento di interesse e rilevanza regionale, la cui attuazione è affidata a soggetti pubblici o privati, oppure è promossa direttamente dalla regione e dettaglia, dall'altro, i criteri, le modalità e gli strumenti di attuazione e ripartizione delle risorse per ambiti di intervento, le modalità per il monitoraggio ed il controllo sull'utilizzo dei finanziamenti, sullo stato di realizzazione degli interventi e sul loro impatto sul territorio, nonché le modalità di comunicazione degli interventi [44].

La legge si premura poi di illustrare alcuni strumenti che possono essere impiegati per intervenire in materia: la regione, ad esempio, può indire bandi ed altre procedure di evidenza pubblica per la concessione di contributi, può erogare finanziamenti o altri vantaggi economici, o ancora, può stipulare accordi o intese con lo Stato, gli enti locali o altri soggetti pubblici e privati coinvolti nel settore. I finanziamenti possono consistere, ad esempio, nell'istituzione di fondi per lo sviluppo delle attività, nell'erogazione di investimenti per il settore culturale e nel riconoscimento di agevolazioni fiscali. Da queste previsioni emerge la dimensione economica della cultura e i vari interventi delineati cristallizzano gli obiettivi da perseguire ed individuano, al contempo, gli strumenti che consentono di dare loro forma e corpo.

La giunta può inoltre partecipare ad organismi di settore, il cui apporto potrebbe rappresentare un contributo strategico per l'attuazione della legge, può collaborare con soggetti pubblici e privati per la realizzazione di iniziative che concorrono allo sviluppo del sistema nel suo complesso e, ancora, partecipare a programmi e progetti interregionali, macroregionali, nazionali, comunitari e internazionali [45].

Accanto a queste azioni, e sempre in un'ottica di valorizzazione e promozione della cultura, viene disposta l'istituzione di un organismo ad hoc, denominato Consulta regionale della cultura, al quale sono affidate funzioni consultive e propositive per il perseguimento degli obiettivi individuati nel programma triennale [46].

La giunta, inoltre, deve istituire il sistema informativo integrato della cultura nel Veneto, il quale è tenuto alla diffusione, valorizzazione e comunicazione dei dati relativi ai beni, servizi e alla produzione culturale in tutte le sue forme. Al sistema informativo sono affidate varie funzioni, che vanno dalla raccolta, elaborazione, conservazione e pubblicazione dei dati, alla garanzia della qualità, del pubblico accesso, della trasparenza e del controllo degli stessi, favorendone al contempo l'accessibilità, l'apertura e il riutilizzo a vantaggio della collettività [47].

La regione riconosce il valore economico, sociale e civile delle imprese culturali e creative. Per questo motivo, mentre da un lato ne promuove la nascita e lo sviluppo, garantisce il sostegno all'imprenditoria giovanile e favorisce l'internazionalizzazione e l'innovazione del prodotto culturale, dall'altro ne incentiva la produzione e la distribuzione sul territorio regionale e supporta la collaborazione tra il sistema dell'istruzione e formazione e quello produttivo. La regione si attiva così anche sul fronte dell'"economia creativa" [48], creando meccanismi di gestione economica del settore, funzionali allo sviluppo della cultura. La regione può inoltre costituire o partecipare a fondazioni e associazioni senza scopi di lucro, che perseguono le finalità dettagliate dalla legge. La giunta regionale svolge altresì un ruolo fondamentale nella promozione delle professionalità culturali [49] ed essa ha la facoltà di organizzare conferenze regionali, le quali possono investire diversi ambiti tematici, sempre consentendo la partecipazione di soggetti pubblici e privati che operano nel territorio regionale.

3. Gli strumenti di intervento per la valorizzazione della cultura

La legge si premura poi di introdurre specifiche disposizioni sui beni e le attività culturali: il titolo II della legge viene infatti suddiviso in tre differenti capi, uno consacrato ai beni e servizi culturali, uno relativo al patrimonio culturale di proprietà regionale e un altro inerente alle attività culturali e allo spettacolo.

Sul punto, sia concessa una breve riflessione sulle attività di valorizzazione e promozione. Le prime previsioni in materia erano volte alla conservazione e protezione del patrimonio culturale [50]. Con il passare degli anni si è assistito ad una lenta e graduale presa di consapevolezza che non bastava più adottare misure di mera conservazione, ma che ad esse ne andassero affiancate altre, volte alla valorizzazione e promozione dei beni e delle attività culturali [51]. La nozione di valorizzazione rimanda una categoria aperta ed è stata introdotta con l'art. 1, d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, il quale prevedeva che il ministero dei Beni culturali e Ambientali (oggi Mibact) dovesse occuparsi della tutela e valorizzazione dei beni culturali [52] (queste azioni si sono poi estendono a tutti i settori della cultura). Le attività di tutela e valorizzazione concorrono così a "preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura" [53]. Queste attività, affinché siano piene ed effettive, non possono essere intese "in senso meramente statico, come pura conservazione dell'esistente", ma devono tenere conto delle perenni e continue evoluzioni che investono la società, divenendo così la cultura una categoria dinamica e in continuo mutamento [54].

Fatta questa premessa, è interessante analizzare i molteplici strumenti messi a punto dalla regione Veneto per assicurare la valorizzazione e la promozione dei beni e delle attività culturali.

Il capo primo del titolo secondo si apre con una previsione che dispone come la giunta regionale promuova e sostenga la valorizzazione, conoscenza, conservazione e salvaguardia dei beni culturali presenti nel proprio territorio, mediante la messa in atto di specifiche azioni. In primo luogo, la giunta supporta finanziariamente i progetti per il recupero, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali di interesse storico, architettonico, artistico e archeologico, gli interventi relativi al patrimonio immobiliare con destinazione culturale [55], nonché le attività di musei, archivi, biblioteche, complessi monumentali, aree e parchi. I musei rappresentano "il terminale vivo della cura dei beni culturali, oltre che la prova tangibile della relatività della distinzione tra tutela e valorizzazione" e si pongono al crocevia tra conservazione e valorizzazione del patrimonio, nonché tra ricerca e promozione della cultura [56].

Nello stesso alveo si inserisce la previsione relativa alle iniziative volte a promuovere e migliorare l'accessibilità agli istituti e luoghi della cultura e a quelle relative allo studio, alla ricerca, all'educazione al patrimonio culturale, nonché all'aggiornamento professionale degli operatori economici.

Dopo aver tratteggiato queste azioni, la legge individua le attività che esprimono le specificità culturali del patrimonio regionale, storico, artistico, architettonico; tra queste, particolare importanza assumono quelle di conservazione e valorizzazione del complesso delle Ville venete, delle città murate, del patrimonio fortificato, del patrimonio di interesse archeologico e paleontologico del Veneto, di quello bibliografico e dei luoghi riconducibili alla personalità della cultura veneta. Emerge in modo netto e chiaro il legame tra tessuto territoriale e cultura, quest'ultima intesa quale risorsa identitaria del Veneto.

La legge si premura poi di dedicare un articolo al patrimonio culturale immateriale, prevedendo come la giunta ne promuova e sostenga la conoscenza, la salvaguardia e la valorizzazione. Per patrimonio culturale immateriale si intendono "le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, i saperi, come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi, che le comunità, i gruppi e gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale" [57]. La dottrina, già a partire dal secolo scorso, ha posto l'accento sulla dimensione immateriale del patrimonio culturale, affermando come il bene culturale "non è bene materiale, ma immateriale: l'essere testimonianza avente valore di civiltà è entità immateriale che inerisce ad una o più entità materiali, ma giuridicamente è da queste distinte, nel senso che esse sono supporto fisico ma non bene giuridico" [58]. Riuscire ad afferrare il concetto di immateriale non è facile e sul punto è stato osservato come potrebbe talvolta risultare difficoltoso comprendere "come del patrimonio culturale facciano parte non solo gli artefatti e il corredo materiale dell'uomo, ma anche i costumi, il sistema di valori, le credenze, le regole di comportamento, il linguaggio" [59].

Il Veneto riconosce e valorizza altresì i beni materiali iscritti nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità e i beni immateriali protetti dall'UNESCO e sostiene le attività di catalogazione e digitalizzazione dei beni culturali presenti sul territorio.

La legge consacra una previsione specifica al patrimonio librario e culturale, nei cui confronti la giunta esercita funzioni di tutela e attiva forme di coordinamento con le sovrintendenze regionali. La giunta può inoltre definire i requisiti e le modalità con cui procedere al riconoscimento regionale di musei, archivi e biblioteche, di proprietà pubblica e privata [60].

Nel panorama così delineato si inserisce il Sistema regionale degli istituti della cultura, composto da musei, archivi e biblioteche. Il Sistema è uno strumento di cooperazione tra gli istituti, volto a valorizzare i rapporti con il territorio, qualificare l'offerta di servizi ed attività culturali e promuovere il patrimonio culturale; viene nuovamente riaffermata l'esigenza di assicurare il coordinamento e la collaborazione tra i vari attori coinvolti. La regione favorisce così la crescita del territorio attraverso la promozione e lo sviluppo dei servizi culturali erogati dal Sistema. Gli interventi intendono incentivare, da un lato, la cooperazione come modalità di lavoro, assicurando l'equilibrio nei servizi culturali offerti fra i diversi ambiti territoriali e promuovere, dall'altro, lo sviluppo degli stessi, favorendo l'apertura al pubblico degli istituti [61].

L'azione regionale si estende anche all'arte contemporanea e l'ente territoriale favorisce "l'innovazione, la conoscenza e la fruizione dei linguaggi culturali dell'arte contemporanea, quali elementi strategici per lo sviluppo e la promozione degli istituti e dei luoghi della cultura, del territorio e della riqualificazione urbana" [62].

Il capo primo del titolo secondo si chiude con una previsione che dispone come la regione incentivi la valorizzazione culturale dei beni paesaggistici e degli ecomusei. La giunta si mobilita promuovendo la valorizzazione dei primi ed interviene altresì nella promozione, istituzione sul territorio e disciplina degli ecomusei, intesi quali "organizzazioni culturali connotate da identità geografiche, peculiarità storiche, paesaggistiche e ambientali visibili nei patrimoni di cultura materiale e immateriale espressi dalle comunità locali" [63].

3.1. Il patrimonio culturale di proprietà regionale e le attività culturali e lo spettacolo

La legge si sofferma poi sul patrimonio culturale di proprietà regionale. La giunta si occupa della conservazione dei beni culturali di proprietà regionale, promuovendone la catalogazione, la fruizione pubblica e la valorizzazione. Similare attività viene svolta anche per l'archivio regionale della produzione editoriale e per la mediateca regionale. La giunta garantisce infatti la raccolta, conservazione e fruizione dei documenti facenti parte dell'Archivio regionale della produzione editoriale. La Mediateca regionale opera inoltre al fine di "conservare, promuovere e diffondere la conoscenza del Veneto mediante la salvaguardia, diffusione e valorizzazione del patrimonio audiovisivo e fotografico riguardante la storia, il patrimonio artistico e culturale, nonché l'evoluzione del territorio del Veneto" [64].

Il capo terzo disciplina invece le attività culturali e lo spettacolo. La giunta pone in essere una pluralità di azioni volte a sostenere, agevolare e promuovere le attività culturali, mediante il coordinamento ed il raccordo delle politiche culturali e l'attivazione di iniziative che incoraggiano forme giuridiche di aggregazione fra soggetti partecipati dalla regione stessa. L'organo regionale sostiene la realizzazione delle attività culturali ed editoriali, promuovendo lo sviluppo, la diffusione e valorizzazione delle strutture culturali attive in Veneto e favorendo la collaborazione fra istituzioni pubbliche e privati.

Il sistema regionale dello spettacolo è composto da soggetti, pubblici o privati, che esercitano le funzioni di produzione, distribuzione, organizzazione, promozione e formazione del pubblico.

La giunta promuove e sostiene altresì le attività di spettacolo dal vivo, definendo le linee di sviluppo strategico, sostenendo la valorizzazione ed il ripristino di sale cinematografiche e favorendo iniziative di produzione e distribuzione dello spettacolo dal vivo.

Particolare importanza viene poi riconosciuta alla diversificazione dell'offerta e alla valorizzazione della programmazione promossa da giovani e da nuovi autori, alla promozione della formazione dello spettatore, del personale tecnico e artistico e di forme di coordinamento tra i soggetti coinvolti e spettacoli nel settore della danza, del teatro e della musica.

La regione identifica infatti nel sistema regionale del cinema e dell'audiovisivo uno strumento di promozione e crescita culturale che concorre allo sviluppo economico e sociale delle comunità locali. Per questo motivo, al fine di favorire la diffusione nel territorio della cultura cinematografica, promuove e sostiene molteplici attività funzionali all'affermazione e allo sviluppo del settore [65]. La cultura si estende così verso nuovi terreni d'azione, che inglobano anche lo spettacolo e la cinematografia.

La legge prevede inoltre l'istituzione di un organismo ad hoc, denominato Osservatorio dello spettacolo dal vivo che, ai fini dello sviluppo e dell'evoluzione del settore, analizza l'offerta di spettacolo nel territorio in tutte le sue forme e a cui vengono affidati specifici compiti e funzioni [66].

Le previsioni contenute nella legge danno così corpo ai principi imperanti in materia e la cultura emerge nella sua dimensione multilivello, nella quale si intrecciano una pluralità di azioni ed obiettivi, tutti funzionali all'affermazione della cultura nelle sue svariate declinazioni.

3.2. Qualche osservazione conclusiva

L'analisi della legge regionale rende necessarie alcune precisazioni. La prima riguarda il rapporto tra cultura e crescita socioeconomica della società, il quale porta questi settori ad influenzarsi vicendevolmente. La cultura possiede infatti un valore economico che si estrinseca mediante forme di valorizzazione e promozione (profilo che è stato a più riprese evidenziato dalla legge), tanto da essersi forgiato il concetto di "economia della cultura" [67]. Le azioni in materia culturale hanno portato all'emersione e al rafforzamento della dimensione economica della cultura e alla presa di consapevolezza del ruolo strategico che essa svolge per lo sviluppo economico [68]. La valorizzazione, anche in termini economici, della cultura è un'attività che si affianca alla tutela; sul punto, in dottrina è stato osservato come la valorizzazione economica sia "doverosa per la sua corrispondenza ai valori espressi dall'art. 9, ma anche dall'art. 97 Cost" [69]. Nello stesso senso si è altresì espressa la giurisprudenza, la quale, in una recente pronuncia, ha evidenziato come, tra i valori meritevoli di tutela, venga ricompreso anche il "patrimonio culturale e l'interesse storico-culturale, che meritano una tutela sia come valore culturale in sé, dunque indipendentemente dalla considerazione economica, sia anche come qualificatore e attrattore turistico del contesto, e dunque come apprezzabile elemento di valorizzazione dell'immateriale economico dell'intero ambiente circostante" [70].

La cultura presenta uno stretto legame con l'economia, sebbene queste due nozioni possano talvolta rappresentare un binomio "di cui diffidare e che divide e polarizza" [71]. Esse possono coesistere pacificamente, ma anche porsi in conflitto, soprattutto qualora la cultura venga utilizzata unicamente per generare reddito, con il rischio che così ne venga leso il suo intrinseco valore; o, ancora, qualora gli strumenti economici messi in atto non consentano di valorizzare in modo efficace ed effettivo il settore culturale. Proprio per questo motivo, è fondamentale trovare un punto di equilibrio tra cultura ed economia, affinché esse rappresentino una risorsa l'una per l'altra.

Un secondo profilo che merita di essere evidenziato attiene alla pluralità di attori coinvolti nell'azione culturale e al coinvolgimento dei privati nelle politiche culturali. Dal combinato disposto degli artt. 5, 117 e 118 Cost., emerge come lo Stato, le regioni e gli enti locali svolgano un ruolo centrale in materia di tutela e valorizzazione del settore culturale, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione [72]. In quella che sembra ricordare una struttura "a rete", un ruolo cardine viene altresì svolto dal ministero per i Beni e le Attività culturali e del Turismo [73].

Per quanto qui interessa, si evidenzia come la legge si soffermi più volte sul ruolo strategico delle autonomie territoriali e, proprio per questo motivo, è fondamentale che tra di esse si instauri un dialogo armonico volto ad una loro sincronica collaborazione.

Le attività di valorizzazione e promozione si caratterizzano per la loro dinamicità, profilo che emerge anche dal d.lg. n. 42/2004, il quale sancisce come "l'intervento di valorizzazione non sia dominio esclusivo del pubblico, dovendo le istituzioni favorire la partecipazione a tali processi anche dei privati, singoli o associati" [74]. La valorizzazione, anche economica, del settore culturale ha così reso necessario rafforzare i meccanismi di collaborazione pubblico/privato.

Negli anni è andata infatti delineandosi la necessità di esternalizzare le attività di valorizzazione, promozione, utilizzazione e fruizione del settore culturale e ciò ha portato alla creazione di strumenti di gestione alternativi, che consentono la partecipazione anche di soggetti privati; tra questi, si possono segnalare le liberalità, le sponsorizzazioni o ancora le concessioni di servizi nei musei [75], tutti strumenti funzionali sia alla protezione che alla fruizione dei beni. Il legislatore nazionale, nel 2014, ha inoltre ideato un meccanismo volto ad incentivare gli interventi dei privati nel settore culturale e dello spettacolo (c.d. "Art Bonus" [76]).

Circa i rapporti tra pubblico e privato è stato evidenziato come la valorizzazione e la tutela della cultura "continueranno a richiedere, anche in futuro, un forte ed efficace ruolo di governo del pubblico, ma non potranno fare a meno dell'apporto dei privati (anche non profit) quando esso si risolva a vantaggio di questo patrimonio" [77]. Se questo è vero, è opportuno altresì tenere presente che il coinvolgimento dei privati non comporta "un'abdicazione del pubblico al suo ruolo rispetto alle attività che devono essere svolte in un contesto attento a finalità diverse da quelle economiche" [78].

Nel quadro che così si crea, si intersecano una molteplicità di realtà pubbliche e private, che è necessario valorizzazione e tutelare.

4. Quali prospettive per il futuro?

Il quadro che è stato fin qui delineato rende opportune delle osservazioni conclusive. In primo luogo, la legge ha inteso valorizzare il ruolo degli enti territoriali e dei privati in materia culturale, promuovendo un esercizio congiunto di funzioni, servizi e azioni tra di loro, sempre tenendo a mente le specificità del tessuto territoriale locale.

La cultura, inoltre, non si presenta come un compartimento stagno e separato da altri settori, ma è disseminata in tutto il territorio e si intreccia con "le attività, gli insediamenti, la storia e i saperi delle rispettive comunità, dai quali non è né culturalmente né materialmente separabile" [79]. Essa assume così una dimensione dinamica, quale processo costantemente in fieri, oggetto di continui mutamenti volti alla conformazione delle specificità del presente, senza però perdere di vista le peculiarità del passato. La cultura è infatti funzionale alla preservazione "dell'identità e della memoria dei popoli, favorisce il dialogo e lo scambio interculturale tra tutte le nazioni" e rappresenta "uno strumento importante per la crescita e lo sviluppo sostenibile della società, anche in termini di prosperità economica" [80].

Il successo dell'azione regionale potrebbe così dipendere da una serie di fattori. In primo luogo, dal momento che la legge delinea una pluralità di ambiti di intervento, azioni ed obiettivi, sarà decisivo riuscire a trovare un punto di equilibrio tra le attività di valorizzazione, gestione e promozione, affinché esse "non corrano su binari separati o in compartimenti stagni, ma si coordinino, armonizzandosi, in uno scambio costante di fili invisibili" [81].

Un altro elemento strategico per l'efficacia della legge, a fronte del pluralismo istituzionale che caratterizza il settore, attiene al raggiungimento di un effettivo coordinamento tra i vari attori coinvolti. Gli strumenti messi in campo per il loro raccordo (quali, ad esempio, intese e accordi per l'accrescimento del livello di integrazione), devono consentire l'instaurazione un dialogo armonico e sincronico.

La legge pone inoltre l'accento sul fattore tempo, evidenziando come la cultura ne sia fortemente influenzata e disponendo l'adozione di strumenti programmatori ad hoc, che consentano di programmare, nel breve e medio periodo, le azioni regionali e gli obiettivi da conseguire. La cultura si pone al crocevia tra tempo e società, in quanto deve stare costantemente al passo con le trasformazioni che investono quest'ultima.

Tirando le fila dell'analisi che è stata fin qui svolta, si evidenzia come la legge regionale abbia inteso valorizzare, da un lato, il ruolo della cultura ed il rapporto tra beni, servizi culturali e comunità, in quanto quest'ultima necessita di quel complesso di beni e attività che rientrano nella definizione di cultura e come abbia consentito, dall'altro, di raggiungere quel difficile equilibrio tra valorizzazione e promozione della cultura, nelle sue molteplici forme, e protezione dei valori culturali che con essa si affermano.

La sfida ultima per l'azione regionale rimane quindi quella di riuscire a conformarsi alle continue trasformazioni che investono il settore, cercando al contempo di afferrare e fare propri i vari modi con cui la cultura si manifesta.

 

Note

[1] G. Vacchelli, Lo stato e la coltura, Roma, Tip. Camera, 1889, pag. 22 ss., il quale evidenzia altresì i nodi problematici che caratterizzano il settore, connessi soprattutto alla conservazione e allo sviluppo della "coltura".

[2] Cfr. A. Ragusa, Costituzione e cultura. Il dibattito in tema di beni culturali nei lavori dell'Assemblea costituente, in Storia e futuro, n. 22, 2010.

[3] Sull'inquadramento costituzionale della cultura, e, più nello specifico, sull'art. 9, si rinvia a F. Merusi, Significato e portata dell'art. 9 della Costituzione, in Aspetti e tendenze del diritto costituzionale: scritti in onore di C. Mortati, III, Milano, Giuffrè, 1977, pag. 802 ss.

[4] Così M. Ainis e M. Fiorillo, I beni culturali, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, (a cura di) S. Cassese, II, Milano, Giuffrè, 2013, pag. 1460 ss., dove gli autori evidenziano come sia proprio "dallo Stato che possono venire le insidie più pericolose per l'autonomia della cultura".

[5] Questo profilo viene evidenziato da E. Spagna Musso, Scritti di diritto costituzionale, I, Milano, Giuffrè, 2008, pag. 431 ss., il quale si sofferma sul concetto di Stato di cultura, definendolo "una formula giuridico-costituzionale con cui si designa lo Stato di democrazia classica allorché tuteli la propria democraticità anche tramite la garanzia degli istituti direttamente formativi della cultura in base al riconoscimento del particolare rapporto che collega questa alla sua forma".

[6] L'assetto così come delineato all'art. 117 a seguito della riforma del titolo V della Costituzione prevede che la tutela dei beni culturali sia affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione degli stessi, così come la promozione e l'organizzazione delle attività culturali, siano di competenza legislativa concorrente. Sul punto, è intervenuta la Corte Costituzionale, la quale ha evidenziato come la tutela, se avviene tramite legislazione delegata, necessita di una previa intesa in sede di conferenza Stato-regioni: in tal senso, si segnala la pronuncia della Corte cost., 9 luglio 2015, n. 140, nella quale la Consulta pone l'accento sullo stretto legame tra tutela e valorizzazione e Corte cost., 25 novembre 2016, n. 251. Sui nodi problematici che tale assetto potrebbe presentare, si rinvia a G. Sciullo, Corte costituzionale e nuovi scenari per la disciplina del patrimonio culturale, in Aedon, 2017, 1. Sulla cooperazione tra gli enti territoriali coinvolti si veda a G. Pastori, La cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale (art. 5), in Aedon, 2004, 1.

[7] Art. 167, comma 1, Tfue. L'Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti in materia di cultura (art. 167, comma 3, Tfue).

[8] Art. 1, legge 16 maggio 2019, n. 17.

[9] La commissione Franceschini è stata istituita dalla legge 26 aprile 1964, n. 310, con il compito di svolgere un'indagine per la tutela delle cose di interesse storico, artistico, archeologico e del paesaggio. Il lavoro ha evidenziato le condizioni drammatiche nelle quali versava il patrimonio culturale italiano ed ha definito il bene culturale come "ogni bene che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà". Sulla nozione di bene culturale si veda L. Casini, voce Beni culturali (dir. amm.), in Dizionario di diritto pubblico, (diretto da) S. Cassese, Milano, Giuffrè, pag. 679 ss. e A. Bartolini, voce Beni culturali (dir. amm.), in Enc. dir., Annali VI, Milano, Giuffrè, 2013, pag. 93 ss.

[10] Questi profili sono stati acutamente evidenziati da G. Piperata nel suo contributo Cultura, sviluppo economico e... di come addomesticare gli scoiattoli, in Aedon, 2018, 3. Sul punto, si rinvia altresì al Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo, (a cura di) W. Santagata, Milano, Università Bocconi Editore, 2009. Cfr. anche W. Santagata, Economia della cultura, in Treccani XXI Secolo (2009).

[11] Cfr. Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo, cit.

[12] Per un più ampio approfondimento si rinvia al rapporto del 2018 "Io sono cultura - l'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi", elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere. Lo studio si focalizza sul Sistema Produttivo Culturale e Creativo, ovvero su "quell'insieme di attività produttive che concorrono a generare valore economico e occupazione e che sono in parte riconducibili ai settori della dimensione culturale e creativa (Core) e in parte ad attività che, pur non facendo parte della filiera, impiegano contenuti e competenze culturali per accrescere il valore dei propri prodotti (Creative Driven)" (pag. 38).

[13] In questi termini S. Cassese, L'evoluzione degli istituti della cultura, in Cultura come diritto: radici costituzionali, politiche e servizi, testi raccolti a seguito dell'incontro tenutosi a Roma il 17 ottobre 2018 presso la sede dell'Associazione Civita, pag. 10. Cfr. anche G. Sciullo, I beni culturali quali risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, in Aedon, 2017, 3.

[14] M. Cammelli, Il diritto del patrimonio culturale: una introduzione, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata e G. Sciullo, Bologna, il Mulino, pag. 19.

[15] Queste le parole di G. Sciullo, Tutela, in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 146. Quanto al profilo relativo alla delimitazione della nozione di valorizzazione, la Consulta, nelle sentenze n. 232/2005 e 140/2015, ha evidenziato come la valorizzazione rappresenti una "materia-attività, nella quale assume rilievo il profilo teleologico della disciplina e nella quale la coesistenza di competenze normative rappresenta la generalità dei casi".

[16] Corte cost., pronuncia n. 194/2013.

[17] Art. 112, comma 2, d.lg. n. 42/2004.

[18] Sul punto, si rinvia alla parte seconda, titolo secondo, d.lg. n. 42/2004, in materia di "fruizione e valorizzazione", e, più nello specifico, all'art. 112, commi 1 e 2.

[19] Questo profilo viene abilmente evidenziato dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 26/2004, nella quale i giudici evidenziano come le competenze legislative tra Stato e regioni siano ripartite secondo il criterio della disponibilità del bene.

[20] Così C. Barbati, Organizzazione e soggetti, in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 79. Cfr. Corte cost., n. 26/2004, dove i giudici sottolineano come il riparto di competenze così come tratteggiato a seguito della riforma del titolo V riprenda sostanzialmente quanto veniva previsto dall'art. 152, d.lg. n. 112/1998. Per quanto riguarda, poi, la potestà regolamentare, la Corte costituzionale ha evidenziato come lo Stato sia legittimato ad esercitarla in materia di valorizzazione quando riguarda beni di cui ha la titolarità, mentre spetta agli enti territoriali quando si tratta di beni culturali di appartenenza pubblica.

[21] Art. 6, comma 1, d.lg. n. 42/2004. Si veda altresì G. Sciullo, Tutela, cit., pag. 145, il quale evidenzia come la funzione di valorizzazione sia emersa in tempi recenti e consenta "non solo di assicurare la conservazione dei beni culturali, ma anche di promuovere le potenzialità come fattori di diffusione dei valori della cultura" e L. Casini, Valorizzazione e gestione, in Diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 191 ss.

[22] Corte cost., pronunce n. 255/2004 e 285/2005.

[23] Corte cost., sentenza n. 194/2013.

[24] Cfr. pronunce Corte cost. n. 232/2005, 401/2007 e 194/2013. I giudici evidenziano come "non solo lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni devono assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione".

[25] Ad esempio, l'art. 7-bis, del codice, si occupa del patrimonio culturale immateriale, la cui categoria viene ripresa e disciplinata all'art. 18 della legge regionale del Veneto.

[26] Sul punto, si rinvia al Commento allo Statuto della Regione del Veneto, (a cura di) L. Benvenuti, G. Piperata, L. Vandelli, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, 2012. Si segnala altresì che il Veneto, nella nota di aggiornamento al documento di Economia e Finanza Regionale DEFR (2017-2019), approvato con DCR n. 168 del 7 dicembre 2016, ha considerato la cultura quale "risorsa, strumento di sviluppo, di innovazione economica e sociale".

[27] La legislazione regionale in materia di cultura è divenuta sempre più estesa; a mero titolo esemplificativo non esaustivo si segnalano le seguenti leggi: l.r. Emilia-Romagna, 22 agosto 1994, n. 37, Norme in materia di promozione culturale e l.r. Emilia-Romagna, 24 marzo 2000, n. 18, Norme in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali; l.r. Toscana, 25 febbraio 2010, n. 21, Testo unico delle disposizioni in materia di beni, istituti e attività culturali; l.r. Lombardia 7 ottobre 2016, n. 25, Politiche regionali in materia culturale - Riordino normativo; l.r. Piemonte 1 agosto 2018, n. 11, Disposizioni coordinate in materia di cultura; l.r. Lazio, 15 novembre 2019, n. 24, Disposizioni in materia di servizi culturali regionali e di valorizzazione culturale.

[28] Art. 2 (Principi), l.r. 16 maggio 2019, n. 17.

[29] Sul concetto di autogoverno e di identità culturale della regione Veneto, che rappresenta il fil rouge non solo della legge regionale ma altresì dello statuto del Veneto, si rinvia a G. Piperata, Art. 2 - Autogoverno del popolo veneto, in Commento allo Statuto, cit., pag. 54 ss. e G. Ernesti, Art. 2 - Autogoverno del popolo veneto, in Commento allo Statuto, cit., pag. 45 ss.

[30] Questo il tenore letterale dell'art. 2. Più in generale, per una ricostruzione delle specificità della regione Veneto, si rinvia a F. Cortese, Art. 1 - La Regione del Veneto, in Commento allo Statuto, cit., pag. 36 ss., il quale delinea "i lineamenti essenziali della fisionomia del Veneto e della sua autonomia".

[31] Più nello specifico, sul rapporto tra governo del territorio e beni culturali, si rinvia a C. Barbati, Governo del territorio, beni culturali e autonomie: luci e ombre di un rapporto, in Aedon, 2009, 2.

[32] In questi termini, S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in Rass. arch. Stato, 1975, pag. 134, il quale, ricostruendo i vari punti sui quali occorreva riflettere per la riforma legislativa dei beni culturali, ha evidenziato come il primo sia proprio quello relativo all'ampiezza della nozione.

[33] Art. 3 (Finalità), l.r. n. 17/2019.

[34] Art. 4 (Ambiti dell'intervento regionale), comma 1, lett. a), l.r. n. 17/2019: "I beni culturali e il patrimonio culturale costituto da beni materiali e immateriali, testimonianza della storia delle comunità, del territorio e dell'ambiente, come identificati nella Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, per la scienza e la cultura, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 27 settembre 2007, n. 167".

[35] Cfr. art. 101, d.lg. n. 42/2004. Gli istituti e i luoghi della cultura sono i musei, le biblioteche, gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

[36] Corte cost., 9 marzo 1990, n. 118, punto 4 considerato in diritto.

[37] Queste le parole di M.S. Giannini, I beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1976, pag. 8. Si veda anche L. Casini, "Todo es peregrino y raro..." Massimo Severo Giannini e i beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2015, pag. 987 ss.

[38] C. Barbati, Organizzazione e soggetti, cit., pag. 122, che riprende la definizione dell'art. 35 del d.p.c.m. n. 171/2014, la quale propone una definizione di museo che rinvia a quella offerta dallo Statuto dell'International Council of Museums (Icom).

[39] Art. 5 (Ambiti d'intervento degli enti locali), l.r. n. 17/2019.

[40] Art. 6 (Forme di collaborazione con lo Stato, con gli enti locali e con i soggetti privati), comma 2, l.r. n. 17/2019.

[41] Sul punto, si rinvia a M. Cammelli, Cooperazione, in Diritto del patrimonio, cit., pag. 285 ss., il quale dettaglia le varie forme di cooperazione possibile, ponendo l'accento altresì sui profili problematici che ciò potrebbe comportare.

[42] Così, G. Sciullo, I beni culturali quale risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, cit., il quale individua le previsioni del codice dei beni culturali che affermano tale importanza (artt. 5, 18, 29, 52, 103, 112, 114 e 115) e afferma come la cooperazione tra i soggetti pubblici rappresenti "una vera e propria esigenza sistemica".

[43] Così l'art. 7 (Programma triennale della cultura), l.r. n. 17/2019, nel quale viene dettagliato altresì l'iter di adozione del programma ed il contenuto che lo stesso deve avere.

[44] Art. 8 (Piani annuali), l.r. n. 17/2019. Il comma 3 specifica che l'attuazione dei piani avviene mediante uno o più provvedimenti attuativi.

[45] Art. 9 (Modalità di intervento), l.r. n. 17/2019.

[46] Art. 10 (Consulta regionale della culturale), l.r. n. 17/2019. L'articolo dettaglia le modalità di nomina e la composizione della Consulta.

[47] Art. 12 (Sistema informativo regionale della cultura), l.r. n. 17/2019.

[48] Art. 13 (Imprese culturali creative), l.r. n. 17/2019.

[49] Art. 15 (Promozione delle professionalità culturali), l.r. n. 17/2019. La giunta promuove a) le professionalità dei servizi culturali, delle arti performative e dell'industria, b) le professionalità degli addetti alla cura, gestione e comunicazione del patrimonio culturale e c) la collaborazione, anche mediante specifici accordi, con università, enti di ricerca, organismi di formazione e associazioni professionali presenti in regione (art. 15, comma 2).

[50] Cfr. S. Cassese, I beni culturali: dalla tutela alla valorizzazione, in Giorn. dir. amm., 1998, pag. 673 ss. Per un inquadramento generale dei beni pubblici, tra cui anche quelli culturali, si rinvia a M. Renna, La regolazione amministrativa dei beni a destinazione pubblica, Milano, Giuffrè, 2004, il quale presta particolare attenzione al regime dei beni culturali, sia pubblici che appartenenti a privati, evidenziando come per i beni culturali immobili, la demanialità già insiste in nuce (pag. 53) e concentrandosi poi sui beni pubblici culturali e sulle modalità di alienazione previste dall'ordinamento e su come essi possano essere sdemanializzati e circolare tra i privati, mantenendo la propria pubblicità sostanziale (pag. 230 ss.).

[51] M. Ainis e M. Fiorillo, I beni culturali, cit., pag. 1479, i quali evidenziano come la nozione di valorizzazione abbia esordito nell'ordinamento dei beni culturali con l'art. 1, d.p.r. 3 dicembre 1975, n. 805 e come storicamente, sul piano legislativo, la valorizzazione dei beni culturali sia rimasta nettamente penalizzata rispetto all'attività di tutela. Sul punto, si rinvia altresì a L. Casini, Ereditare il futuro. Dilemmi sul patrimonio culturale, Bologna, il Mulino, 2016.

[52] Così l'art. 1, d.p.r. 3 dicembre 1975, n. 805, ora abrogato: "Il Ministero per i beni culturali e ambientali provvede alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali ambientali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari secondo la legislazione vigente. Tutela ogni altro bene del patrimonio culturale nazionale che non rientri nella competenza di altre amministrazioni statali o che gli sia attribuito da altre leggi successive".

[53] Art. 1, comma 2, d.lg. n. 42/2004.

[54] Sul punto, sia consentito il rinvio alla relazione finale della Commissione per il rilancio dei beni culturali e del turismo e per la riforma del ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa, in Riv. trim. dir. pubbl., 2014, pag. 161 ss., nella quale viene evidenziato come i beni del paesaggio e del patrimonio storico debbano essere tutelati al fine di poter consentire lo sviluppo della cultura e della ricerca. Si veda altresì il contributo di L. Casini, Valorizzazione e gestione, cit., pag. 201 ss. e G. Piperata, La valorizzazione economica dei beni culturali: il caso dei musei e delle collezioni, in Atti del convengo "La valorisation économique des biens culturels locaux en France et en Italie", tenutosi a Tolosa, 21 novembre 2014, pubblicati in Aedon, 2016. Cfr. anche S. Cassese, L'evoluzione degli istituti della cultura, cit., pag. 10, il quale, usando una metafora, evidenzia come "se in passato il bene culturale poteva anche stare rinchiuso dentro una cassaforte, oggi si tende a considerare soltanto quello che sta fuori dalla cassaforte, e che dunque consente, attraverso la propria fruizione, l'erogazione di un servizio alla collettività".

[55] Art. 16 (Funzioni e modalità di intervento), comma 2, l.r. n. 17/2019, che dispone come l'erogazione del finanziamento sia subordinata all'impegno del beneficiario a consentire la fruizione pubblica dell'immobile oggetto di intervento.

[56] P. Chirulli, Il governo multilivello del patrimonio culturale, in Dir. amm., 2019, pag. 726 ss. Cfr. G. Sciullo, Musei e codecisione delle regole, in Aedon, 2001, 2 e G. Piperata, Sciopero e musei: una prima lettura del d.l. n. 146/2015, in Aedon, 2015, 3.

[57] Coerentemente con quanto previsto dalla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale, ratificata con legge 22 settembre 2007, n. 167.

[58] Questa l'interessante tesi di M.S. Giannini, I beni culturali, cit., pag. 32 ss., il quale affermava in proposito che "fruibilità significa obbligo di permettere la fruizione". Più in generale, sulla nozione di patrimonio culturale immateriale, si rinvia a: G. Morbidelli, Il valore immateriale dei beni culturali, in Aedon, 2014, 1, il quale abilmente ripercorre le molteplici declinazioni delle immaterialità dei beni culturali; A. Bartolini, L'immateriale dei beni culturali, in Aedon, 2014, 1, L. Casini, "Noli me tangere": i beni culturali tra materialità e immaterialità, in Aedon, 2014, 1 e, più in generale, G. Morbidelli e A. Bartolini (a cura di), L'immateriale economico nei beni culturali, Torino, Giappichelli, 2016.

[59] S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, cit., pag. 132.

[60] Art. 23 (Riconoscimento regionale), l.r. n. 17/2019.

[61] Art. 24 (Azioni per lo sviluppo del sistema degli istituti della cultura), l.r. n. 17/2019.

[62] Art. 26 (Interventi regionali per l'arte contemporanea), l.r. n. 17/2019.

[63] Art. 27 (Beni paesaggistici ed ecomusei), comma 2, l.r. n. 17/2019.

[64] Art. 30 (Mediateca regionale), comma 1, l.r. n. 17/2019.

[65] A titolo esemplificativo e non esaustivo, la giunta promuove e sostiene rassegne, festival, circuiti e altri eventi, la ricerca, la raccolta, la catalogazione, la conservazione, la valorizzazione e l'utilizzo della documentazione cinematografica e audiovisiva e la formazione del pubblico. La giunta interviene altresì nella produzione cinematografica e audiovisiva, favorendo lo sviluppo delle imprese che operano nel territorio, valorizzando le risorse professionali settoriali e sostenendo iniziative dirette ad attrarre in Veneto produzioni cinematografiche e audiovisive (artt. 36 e 37, l.r. n. 17/2019).

[66] Art. 38 (Osservatorio dello spettacolo dal vivo), l.r. n. 17/2019.

[67] Cfr. W. Santagata, Economia della cultura, cit.

[68] Questo aspetto è stato abilmente evidenziato da G. Piperata, Cultura, sviluppo economico e... di come addomesticare gli scoiattoli, cit.

[69] Così M. Cammelli, Immateriale economico e profilo pubblico del bene culturale, in L'immateriale economico nei beni culturali, cit., pag. 94 ss.

[70] Cons. St., sez. V, 3 settembre 2018, n. 5157. Sul punto, si rinvia a G. Piperata, Cultura, sviluppo economico e... di come addomesticare gli scoiattoli, cit., il quale ha posto in risalto il ragionamento dei giudici di Palazzo Spada emerso dalla pronuncia. Sul concetto di immateriale economico, sia consentito il rinvio a M. Cammelli, Immateriale economico e profilo pubblico del bene culturale, cit., pag. 91 ss.

[71] G. Piperata, Cultura, sviluppo economico e... di come addomesticare gli scoiattoli, cit., il quale, premettendo come non sia semplice per un giurista parlare di cultura e sviluppo economico, evidenzia come la valorizzazione economica del patrimonio trovi il suo fondamento su ragioni pratiche e come "la cultura sia ormai considerata un driver per l'economia". Contra, M.J. Sandel, Quello che i soldi non possono comprare, Milano, Feltrinelli, 2013.

[72] Sul punto, si rinvia a M. Cammelli, Il decentramento difficile, in Aedon, 1998, 1, il quale ritiene che un profilo rilevante su cui conviene porre l'accento è rappresentato dalle "forme di raccordo tra i diversi livelli e i settori limitrofi, in quanto si tratta di vere e proprie cerniere sempre importanti" e M. Ainis, Il decentramento possibile, in Aedon, 1998, 1.

[73] Sull'istituzione del ministero ad opera del d.lg. 20 ottobre 1998, n. 368, si veda, tra i molti, S. Amorosino, Riflessioni sul futuribile ministero per le attività ed i beni culturali e sul riparto di funzioni tra Stato, regioni ed enti locali, in Gazzetta ambiente, 1997, pag. 7 ss. Sull'analisi circa il ruolo, la struttura e le funzioni del Mibact, C. Barbati, Organizzazione e soggetti, cit., pag. 83 ss. Sulle trasformazioni che hanno investito il ministero, si rinvia a M. Cammelli, I tre tempi del Ministero dei beni culturali, in Aedon, 2016, 3.

[74] Queste le parole di G. Piperata, La valorizzazione economica dei beni culturali: il caso dei musei e delle collezioni, cit. Cfr. C. Barbati, Organizzazione e soggetti, cit., pag. 82 ss., la quale evidenzia come sia l'art. 111 del codice dei beni culturali a ribadire, al comma 1, che "alle attività di valorizzazione dei beni culturali possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati" e, al comma 2 che "la valorizzazione è a iniziativa pubblica o privata".

[75] La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione di soggetti privati nella valorizzazione del patrimonio (art. 6, comma 3, d.lg. n. 42/2004). Più in generale, sul rapporto pubblico-privato in materia culturale, si rinvia a C. Barbati, Organizzazione e soggetti, cit., pag. 80 ss. e C. Barbati, Pubblico e privato per i beni culturali, ovvero delle "difficili sussidiarietà", in Aedon, 2001, 3. Sullo strumento delle sponsorizzazioni, si rinvia a G. Piperata, Servizi per il pubblico e sponsorizzazioni dei beni culturali: gli artt. 117 e 120, in Aedon, 2008, 3.

[76] L'Art Bonus è un credito d'imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura, disciplinato dall'art. 1 del d.l. n. 83/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 106/2014.

[77] Queste le parole di G. Sciullo, I beni culturali quale risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, cit. Cfr. M. Cammelli, Il diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 20.

[78] Questo profilo è stato acutamente evidenziato da G. Piperata, Cultura, sviluppo economico e... di come addomesticare gli scoiattoli, cit.

[79] M. Cammelli, Il diritto del patrimonio culturale, cit., pag. 27. Più in generale, per una riflessione del futuro dei beni culturali, si rinvia a S. Cassese, Il futuro della disciplina dei beni culturali, in Giorn. dir. amm., 2012, pag. 781, il quale evidenzia come "le grandi tendenze sono quattro: aumento della domanda di fruizione, ampliamento della disciplina dei beni culturali all'ambiente e al paesaggio, globalizzazione della regolamentazione, ''crisi'' o comunque messa in discussione della stessa nozione di bene culturale. Ognuna di queste tendenze è al centro di una tensione che provoca difficoltà, arretramenti, cambi di rotta, arresti".

[80] In questi termini, la Dichiarazione di Firenze del 30 marzo 2017, dalla quale emerge l'invito di tutti gli Stati "a dare la precedenza alla tutela e alla fruizione del patrimonio culturale". Si veda anche G. Sciullo, I beni culturali quale risorsa collettiva da tutelare - una spesa, un investimento, cit., il quale evidenzia come il patrimonio culturale sia stato al centro della prima riunione dei ministri della cultura dei Paesi del G7, culminata nella Dichiarazione di Firenze del 30 marzo 2017.

[81] M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, cit., pag. 1482.

 

 



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