1. Per più aspetti l'atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, qui in commento, si raccomanda all'attenzione di quanti seguono le vicende giuridiche dei beni culturali.
Ciò non solo e non tanto per quella che parrebbe la ragione più evidente: l'essere l'atto il primo - e, a quanto si può presumere, ancora per non poco tempo unico [1] - frutto "concreto" dell'attività della commissione paritetica istituita sulla base dell'art. 150 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Come è noto, a tale commissione il decreto aveva affidato il compito di definire entro il 3 agosto 2001 l'elenco dei musei e degli altri beni culturali la cui gestione resta allo Stato e quelli per i quali essa è trasferita ad enti territoriali minori.
Sia chiaro, che la commissione abbia ritenuto di dare priorità [2] alla definizione dei "criteri tecnico-scientifici e standard minimi da osservare nell'esercizio delle attività trasferite" - secondo la formula del comma 6 dell'art. 150 -, appare ragionevole, e che il risultato raggiunto, ancorché parziale rispetto a quello voluto dal decreto, meriti comunque una segnalazione, è fuor di dubbio.
Il fatto è però che l'atto di indirizzo, ancorché in origine legato alla vicenda del trasferimento della gestione, ha assunto un'autonomia funzionale (come sembra adombrare la sua generica denominazione), sicché le ragioni del rilievo ben può dirsi che siano sganciate dall'occasione che ha determinato l'atto.
Prima però di soffermarci su tali ragioni pare opportuno accennare brevemente all'iter della formazione del documento. Il che consentirà anche di avviare il discorso sulla loro illustrazione.
2. Alla base dell'atto di indirizzo possono richiamarsi tre eventi: la costituzione alla fine del 1998 di un gruppo di lavoro, promosso dal coordinamento delle regioni, dall'Anci e dall'Upi, insieme all'Icom-Italia e all'Anmli, con il compito di occuparsi dei criteri tecnico-scientifici e degli standard relativi ai musei la cui gestione sarebbe stata trasferita alle autonomie territoriali e al contempo con l'obiettivo di richiamare sul tema del trasferimento l'attenzione del ministero per i Beni e le Attività culturali fino allora non manifestatasi in termini espliciti; la decisione del Mbac di partecipare con un proprio osservatore a tale gruppo di lavoro, nonché la decisione dello stesso Mbac di investire la commissione paritetica, nominata con il decreto ministeriale 11 maggio 1999, del compito di avviare una riflessione generale sulla normativa esistente in materia di gestione museale. Mentre con il primo atto del ministero si recuperava in chiave di cooperazione un'iniziativa unilaterale e sollecitatoria proveniente dalle autonomie, con il secondo si sganciava significativamente l'elaborazione dei criteri e degli standard da una prospettiva funzionale (criteri e standard in vista dell'"esercizio delle funzioni trasferite"), per inserirla in un'ottica qualitativa, di definizione dei requisiti necessari all'esistenza e al funzionamento dei musei in quanto tali, indipendentemente cioè dalla loro appartenenza in termini proprietari o gestionali. Prospettive queste entrambe recepite dalla commissione paritetica, che le assunse a criteri guida dei propri lavori.
In termini contenutistici l'atto di indirizzo si riporta al documento "standard per i musei italiani", elaborato dal gruppo di lavoro nel settembre del 1999 e acquisito dalla commissione paritetica. Tale documento, dal quale l'atto di indirizzo assumerà le partizioni fondamentali, attinge largamente all'esperienza normativa di altri paesi, sia pure adattandola alle specificità della situazione italiana.
Per dare sviluppo analitico alle linee sinteticamente tracciate da tale atto, con decreto ministeriale 25 luglio 2000 venne costituito un "gruppo tecnico di lavoro per la definzione degli standard", composto (ma anche supportato dall'esterno) da rappresentati del ministero, delle autonomie territoriali e da esperti, il quale si mosse anch'esso nella prospettiva di concertazione e secondo l'ottica generale fin dall'inizio affermatesi.
Nel marzo del 2001 il lavoro del gruppo tecnico si sono condensati nel documento "Criteri tecnico-scientifici e standard per i musei", che, dopo la sua approvazione da parte della commissione paritetica e con alcune modifiche proposte dal coordinamento delle regioni, dall'Anci e dall'Upi, è stato sottoposto, nella forma di "atto di indirizzo", alla conferenza unificata e nella seduta del 19 aprile u.s. ne ha ricevuto parere positivo.
Nel momento in cui si scrive il decreto di emanazione dell'Atto di indirizzo ha ricevuto la firma ministeriale, ma ancora è in attesa di pubblicazione.
Tale documento, per i cui contenuti si rinvia al lavoro di Giada Marchi in questa stessa rivista, riprende, come accennato, le partizioni (otto "ambiti funzionali") di quello del gruppo di lavoro, sviluppandole in una premessa, in una tabella tecnica e in una o più analisi di approfondimento [3].
3. Il percorso formativo delinea con sufficiente chiarezza i motivi di interesse dell'atto di indirizzo. Essi si collocano tanto sul versante della disciplina giuridica dei musei quanto su quello del rapporto centro-periferia.
Dall'atto di indirizzo emerge in primo piano la dimensione "autonoma" del museo. Il museo non è più considerato, secondo una lettura tradizionale, come una res, sia pure complessa e al limite specifica, appartenente al patrimonio di un soggetto, ma come entità che va considerata negli aspetti che la sostanziano e nei requisiti che ne caratterizzano (o che ne possono connotare) l'esistenza e il funzionamento. Il museo viene preso in esame nella sua missione e nelle ricadute in termini organizzativi e operativi che questa comporta.
Le scansioni dell'atto di indirizzo delineano implicitamente anche l'idea di accreditamento del museo. Come indicato nell'introduzione nel documento, il termine standard viene assunto in un significato ampio: come regola da seguire in termini cogenti oppure come linea-guida che va adattata in ragione delle singole realtà museali e dei contesti in cui esse si collocano. Ad ogni modo ci si muove all'interno di quella che viene definita la "cultura della gestione" del museo, intesa come dato caratterizzante il museo quale organizzazione tecnico-scientifica.
Nel documento non viene affrontato il tema della gestione in senso giuridico, cioè delle forme in cui va strutturata la dimensione sostanziale del museo. Tale profilo trascendeva in effetti l'obiettivo dato, costituito dalla determinazione delle condizioni, dei dati di invarianza del museo come istituzione tecnico-scientifica. E' del tutto evidente però che l'atto di indirizzo ha delle ricadute anche sotto questo profilo. In ogni caso, infatti, la forma giuridica, non potrà prescindere dal rispetto della dimensione sostanziale così delineata. Anzi la sua valenza si misurerà anche sul grado di idoneità a rispettare e a garantire tale dimensione.
L'attenzione al dato sostanziale ha avuto due ordini di conseguenze. Ha fatto venir meno il legame fra la fissazione dei criteri e degli standard e l'"esercizio delle attività trasferite"; ha generalizzato la platea dei musei destinatari del documento.
Pure se formalmente riportabile al comma 6 dell'art. 150 del d.lg. 112/1998, l'atto di indirizzo ha una valenza generale, considera cioè i musei a prescindere dal tema del trasferimento della gestione dallo Stato alle autonomie territoriali. In parallelo li considera senza preoccuparsi della loro titolarità, ossia indipendentemente dal fatto che essi siano statali o di altro ente pubblico, e prim'ancora se siano pubblici o privati. Di nuovo è il dato sostanziale che fa premio su considerazioni di altro genere.
Di non minor significato è il versante del rapporto centro-periferia. Pur se destinato ad assumere la forma di un atto unilaterale (decreto ministeriale) il documento risulta essenzialmente partecipato. E ciò non tanto per il consenso ricevuto dalla conferenza unificata, quanto piuttosto per le modalità che hanno accompagnato la sua elaborazione. Nato da un'iniziativa del sistema delle autonomie, l'atto ha visto nella sua formazione il concorso pressoché paritario dello Stato, delle regioni e degli enti locali come pure l'apporto di esperienze esterne.
Secondo un percorso non inusuale negli atti di indirizzo, la fase ascendente, partecipata, ha preceduto quella discendente, unilaterale. Ad essere praticata è stata, però, più esattamente, quella che potrebbe definirsi una "codecisione nella determinazione delle regole", qualcosa in più e di diverso rispetto alla partecipazione ad un processo decisionale promosso e condotto unilateralmente.
L'aspetto di maggiore rilievo è, però, la circostanza che detta codecisione non concerne le regole destinate a valere per il solo sistema delle autonomie. Va qui richiamato il dato della generalità sopra indicato. Ad essere codecise sono state le regole concernenti i musei in quanto tali, anche quelli statali e anche quelli privati. Detto in altre parole la periferia ha concorso a fissare regole destinate a valere anche per il centro, o, detto in termini più adeguati, per tutti.
E' possibile che la valenza tecnica del tema affrontato abbia reso possibile tale risultato. Resta pur sempre l'impressione che la "codecisione di regole ordinamentali", ossia il concorso fondamentalmente paritario dello Stato e del sistema delle autonomie nel fissare norme valide per l'ordinamento complessivamente inteso, non sia strettamente legato a questo tema, ma risulti suscettibile di ulteriori applicazioni. Ciò in una logica di "leale cooperazione" intesa nel significato più autentico. Se queste applicazioni ulteriori ci saranno, l'atto di indirizzo ben potrà essere ricordato non solo come un importante punto di scansione della vicenda giuridica dei musei.
[1] Cfr. le considerazioni formulate da D. Jalla, Il trasferimento della gestione dei musei e degli altri beni culturali statali: quattro anni dopo, in corso di pubblicazione in Economia della cultura, par. 1 e 9.
[2] Cfr. ancora D. Jalla, Il trasferimento, cit., par. 1.
[3] Per le indicazioni contenute in questo paragrafo si è attinto all'Introduzione dell'Atto di indirizzo nonché a D. Jalla, Il trasferimento, cit., par. 1, 4 e 7. Dello stesso autore v. anche L'etica delle regole. Quali standard per i musei italiani?, in M. Negri e M. Sani, Museo e cultura della qualità, Bologna 2001
.