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Spettacolo

Contratto a tempo determinato e Fondazioni lirico-sinfoniche. Riflessioni intorno alle modifiche introdotte dall'art. 1 della legge n. 81/2019 [*]

di Micaela Vitaletti e Domenico De Feo

Sommario: 1. Premessa. - 2. Il processo di sottrazione dalla disciplina generale sui contratti a termine per il personale artistico e tecnico delle Fondazioni. - 2.1. Sull'aspetto dinamico del contratto a termine: il divieto di conversione. - 2.2. Il tentativo di estensione del divieto di conversione ai vizi genetici del contratto a termine: la delimitazione del divieto ad opera dell’intervento della Corte Costituzionale. - 2.3. Le "ragioni obiettive" quale misura di prevenzione dell’abuso dei contratti a termine: il monito della Corte di Giustizia. - 3. La nuova disciplina. - 3.1. L'obbligo di indicazione della causale giustificatrice e le differenze con il regime generale. - 3.2. L'esigenza di impiego di "ulteriore" personale. - 3.3. Il significato del lemma "anche" riferito alla produzione musicale quale causale giustificatrice. - 3.4. Indicazione dello "spettacolo" e coerenza con la direttiva Europea. - 3.5. Sostituzione dei lavoratori assenti e ruolo della contrattazione collettiva. - 4. La durata complessiva massima dei contratti a termine. - 5. Violazione delle norme imperative sul contratto a termine e divieto di conversione. Il sostanziale recepimento della disciplina operante nel pubblico impiego. - 5.1. Segue. Il risarcimento del danno.

Fixed term contract and Lyric-Symphonic Foundations. Reflections about the news introduced by the art. 1 of the Law no. 81/2019
The article, after analyzing the evolution of discipline of fixed term contracts in the Symphonic Opera's field, focuses on the new rules introduced by law n. 81/2019.

Keywords: Symphonic Opera; Fixed Term Contracts.

1. Premessa

La prima parte dell'art. 1 del d.l. 28 giugno 2019, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 81, "annette", all'art. 29 del d.lg. 15 giugno 2015, n. 81 [1], uno specifico complesso di regole destinato al personale artistico e tecnico delle Fondazioni di produzione musicale assunto con contratto di lavoro a tempo determinato.

Il suddetto personale era già stato "espunto" dall'ambito di applicazione della disciplina sui limiti di durata e sulla successione dei contratti a termine di cui agli artt. 19, commi 1-3 e 21 ad opera del terzo comma dell'art. 29, cui ora segue la nuova regolamentazione.

L'intervento legislativo del 2019 costituisce in tal senso l'ultimo tassello di una articolata e spinosa vicenda che arriva da lontano, risalendo - come noto - alla trasformazione degli Enti Lirico-Sinfonici in Fondazioni di diritto privato ad opera del d.lg. 29 giugno 1996, n. 367, con conseguente attrazione dei rapporti di lavoro nell'ambito di applicazione delle disposizioni del codice civile e delle leggi speciali [2].

Prima di affrontare l'esegesi del nuovo assetto normativo, appare utile ripercorrere nelle sue linee essenziali quella vicenda - una sorta di mappatura degli interventi più significativi - che sembra costituire lo sfondo su cui si staglia l'obiettivo, dichiarato al primo comma dell'art. 1 della legge n. 81/2019, "di assicurare il rilancio delle fondazioni in termini di programmazione e di sviluppo, la prosecuzione delle loro attività istituzionali e il conseguente accrescimento dei settori economici connessi anche mediate il ricorso al lavoro a tempo determinato".

2. Il processo di sottrazione dalla disciplina generale sui contratti a termine per il personale artistico e tecnico delle Fondazioni

L'obiettivo non è nuovo [3], ma gli interventi legislativi (molteplici) che si sono avvicendanti nel tempo, più che restituire un impianto sicuro entro cui consentire alle Fondazioni di operare, hanno rivelato una certa "debolezza" nella ricostruzione giuridica, poco incline a uniformarsi - come si vedrà - a canoni e principi generali "interni" ed "esterni" all'ordinamento domestico, tanto da aver subìto più di una censura da parte del diritto giurisprudenziale.

Il tessuto su cui è intervenuta la legge n. 81/2019 è, dunque, l'esito di una regolamentazione plurale e frammentata, in qualche modo privata ab origine di un rapporto di coerenza con la disciplina dei contratti a termine entro cui era ricaduta.

In particolare, le deroghe al regime generale previsto per i contratti a tempo determinato si annidano tendenzialmente attorno al rimedio sanzionatorio che stabilisce la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato in caso di violazione delle disposizioni sulla successione dei contratti a tempo determinato e sui vizi genetici del contratto medesimo.

La necessità sottesa alla previsione del divieto di conversione dei contratti che attraversa l'intera legislazione in materia sembra essere quella di escludere una variazione ex post dell'organico e, dunque, un aumento della spesa pubblica. Del resto, l'impegno finanziario dello Stato ha costituito la leva, sotto altri profili, per ritenere persistente una "marcata impronta pubblicistica" delle Fondazioni Lirico Sinfoniche [4] con esiti paradossali sia in termini di sintassi del diritto, sia in termini di affidamento dei consociati nella sicurezza giuridica delle disposizioni da applicare ai lavoratori che operano nel settore.

2.1. Sull'aspetto dinamico del contratto a termine: il divieto di conversione

Il processo di sottrazione delle Fondazioni Lirico Sinfoniche dai meccanismi di stabilizzazione previsti ex lege si arresta, in un primo momento, al solo aspetto dinamico del rapporto negoziale. L'art. 22 del d.lg. 367/1996 esonera, infatti, il personale, assunto a termine, dall'ambito di applicazione dell'art. 2 della legge 18 aprile 1962, n. 320 che prevedeva la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato nella sola ipotesi di violazione del regime delle proroghe e dei rinnovi.

Con l'entrata in vigore del d.lg. 6 settembre 2001, n. 368, attuativo della Direttiva 1999/70/CE, il regime delle preclusioni resta invariato, con il rinvio normativo ai soli artt. 4 e 5 relativi all'istituto della proroga, della trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato in caso di violazione degli intervalli di tempo tra un contratto e il successivo e in caso di superamento del periodo complessivo di contratti a termine presso il medesimo datore di lavoro [5].

Il successivo art. 3, comma 6, del d.l. n. 64/2010, così modificato dalla legge di conversione 29 giugno 2010, n. 100, conferma il divieto di conversione alle sole ipotesi di cui all'art. 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, e successive modifiche, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 [6].

In altri termini, continuava ad essere vietata la trasformazione dei rapporti di lavoro soltanto in caso di violazione della disciplina dei rinnovi contrattuali [7] [8], così come confermato anche dalla giurisprudenza formatasi dopo l'entrata in vigore della normativa in esame, in ragione della formulazione letterale e del contenuto sostanziale delle disposizioni a cui l'art. 3 rinviava, refrattarie ad "una interpretazione estensiva, fino al punto di ricomprendere la disapplicazione [del regime di conversione anche in caso di mancanza dell'] atto scritto e (...) delle ragioni giustificative dell'apposizione del termine" [9], in altri termini dei vizi genetici del contratto a tempo determinato.

L'art. 3, inoltre, esentava i rapporti di lavoro a termine alle dipendenze delle Fondazioni Lirico Sinfoniche dall'ambito di applicazione del secondo comma dell'art. 1 del d.lg. 368/2001 che priva di effetto l'apposizione del termine che non risulta direttamente o indirettamente da atto scritto, così consentendo alle parti di poter accedere a quegli strumenti processuali idonei a provare il termine apposto, diversi dalla forma scritta, non fruibili in via generale dai lavoratori assunti a termine (i quali potranno soltanto ricorrere al deposito del contratto).

2.2. Il tentativo di estensione del divieto di conversione ai vizi genetici del contratto a termine: la delimitazione del divieto ad opera dell'intervento della Corte Costituzionale

È dopo l'intervento del d.l. n. 64/2010 che il legislatore tenta un'ulteriore erosione del regime della conversione dei contratti, esonerando da quest'ultimo anche le ipotesi di violazione delle norme in materia di stipulazione del contratto.

Il tentativo viene posto in essere mediante l'art. 40, comma 1-bis, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, che, qualificato come norma di interpretazione autentica, rilegge l'art. 3 del d.l. 64/2010 nel senso che il divieto di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato non è circoscritto alla sola materia dei rinnovi e a quella connessa delle proroghe, ma investe ogni ipotesi di violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, così estendendo il divieto anche alle ipotesi di vizi genetici del contratto a termine [10].

La tenuta della disposizione è messa, tuttavia, in discussione dall'intervento della Corte Costituzionale con la sentenza 10 giugno 2015, n. 260 che ne dichiara l'illegittima nella parte in cui l'art. 3 del d.l. 64/2010 si interpreta "nel senso che alle fondazioni lirico-sinfoniche non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine" [11].

La Corte in qualche modo fa emergere, censurandolo, l'effettivo senso teleologico dell'art. 40, non volto a fornire una interpretazione univoca della norma, quanto piuttosto teso ad estendere "il divieto di conversione del contratto a tempo determinato oltre i confini originariamente tracciati" come risulta, da un lato, dall'original intent del legislatore fissato nei lavori parlamentari, ove affiora il disappunto verso una "giurisprudenza estesa su tutto il territorio nazionale, che ha inteso in senso restrittivo il divieto di stabilizzazione sancito nel 2010, limitandolo alle ipotesi dei rinnovi".

Dall'altro, secondo il significato proprio delle parole, la Corte ribadisce l'autonomia concettuale del lemma "rinnovo" da quello dell'illegittimità del termine, apposto al primo contratto [12], ove "se il rinnovo attiene alla successione dei contratti e all'aspetto dinamico del rapporto negoziale, la questione scrutinata nel giudizio principale verte su un vizio genetico, che inficia il contratto sin dall'origine" [13].

La sentenza della Corte Costituzionale pone così un evidente argine al tentativo di alleggerimento delle tutele offerte dall'ordinamento ai rapporti di lavoro a termine alle dipendenze delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, già segnati da una evidente "specialità" rispetto alle disposizioni generali e dal contenuto ondivago di quelle norme in contrasto, come ricordato dalla Corte, con l'esigenza di certezza del diritto, "frustrando così l'affidamento di una vasta categoria di cittadini nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto" [14].

2.3. Le "ragioni obiettive" quale misura di prevenzione dell'abuso dei contratti a termine: il monito della Corte di Giustizia

L'opera di "contenimento" della Corte Costituzionale non si limita, tuttavia, ad evitare un estensione del divieto di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato alle sole ipotesi che attengono al profilo dinamico del rapporto negoziale, ma ricorda come la Corte di Giustizia abbia enfatizzato il ricorso alle ragioni obiettive quale condizione per prevenire gli abusi dei contratti a tempo determinato rispetto a quelle ipotesi, come nel caso di successione di contratti a termine, in cui il comando legislativo non è supportato da alcuna sanzione e, dunque, da nessuna delle misure individuate dalla clausola cinque della Direttiva 1999/70/CE [15].

L'assenza di una "sanzione" a valle, che possa prevenire l'abuso della successione dei contratti a termine, non esonera, infatti, la normativa interna dall'adottare un diverso rimedio per limitare l'uso improprio dei contratti a termine, ben potendo la scelta del legislatore ricadere sulla previsione di ragioni obiettive che consentano di limitare a priori il ricorso al contratto a termine, dovendo, come ricorda da ultimo la sentenza della Corte di Giustizia 25 ottobre 2018, n. 859, C-331/2017 [16], essere riferite a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare l'utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato [17].

Il monito della Corte di Giustizia, se pur riferito al d.l. 64/2010, come si vedrà, si riversa pure sulla disciplina successivamente introdotta dal d.lg. 81 del 2015, poi modificata dal d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96 [18], che, come prima anticipato, esonera il personale con contratto a termine delle Fondazioni Lirico sinfoniche dall'ambito di applicazione di cui all'articolo 19, commi da 1 a 3, e 21 [19] (ovvero da limiti di durata non superiore a dodici mesi o di ventiquattro mesi in presenza di almeno una delle condizioni ivi stabilite; dal limite complessivo di ventiquattro mesi dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro; divieto di conversione in caso di violazione delle disposizioni in materia di proroghe e rinnovi).

3. La nuova disciplina

Non sorprende, allora, l'ultimo intervento, almeno per ora in ordine cronologico, da parte del legislatore volto - così sembrerebbe - a sanare le "mancanze" prima evidenziate, fornendo un costrutto organico alla materia dei contratti a termine nel settore della produzione musicale.

Anzi si può dire, fin da subito, che la nuova disciplina del contratto a termine del personale tecnico ed artistico delle fondazioni de quibus si sia spinta ben oltre le prescrizioni della Corte di Giustizia, avendo introdotto, tra le misure di contrasto previste alla clausola 5 della Direttiva [20], non soltanto la ragione giustificatrice del termine apposto al contratto, ma anche la durata massima complessiva dei contratti a termine che possono essere instaurati con il medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello [21], oltre a stabilire uno specifico regime sanzionatorio in caso di violazione di norme inderogabili riguardanti la costituzione, la durata, la proroga o i rinnovi di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

3.1. L'obbligo di indicazione della causale giustificatrice e le differenze con il regime generale

Andando con ordine, l'art. 1, comma 3-bis, stabilisce che può essere sottoscritto un contratto a tempo determinato in presenza di esigenze contingenti o temporanee generate dalla eterogeneità della produzione artistica ovvero, nel rispetto di quanto previsto dal contratto collettivo di categoria, dalla sostituzione di lavoratori assenti, con atto scritto a pena di nullità.

Il legislatore si discosta, pertanto, da quanto previsto dalla disciplina generale per stabilire nello specifico le condizioni che legittimano la temporaneità del rapporto di lavoro.

La discrasia rispetto alle causali introdotte dall'art. 19 del d.lg. 81/2015, così come modificato dal d.l. 87/2018, si spiega per via della peculiarità del settore che difficilmente avrebbe potuto accedere alle assunzioni a termine secondo quanto ivi previsto. Più nello specifico, il suddetto art. 19 rinvia, da un lato, alle esigenze estranee all'ordinaria attività [22], incompatibili con le finalità istituzionali delle Fondazioni, tipicamente "chiuse" (diffusione dell'arte e della cultura musicale), e con il tipo di professionalità richiesta ai lavoratori (si pensi ad un professore di orchestra, o ad un maestro del coro, ovvero ancora ad una ballerina). Dall'altro, l'art. 19 fa riferimento alle "esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria" [23], anche esse avulse dal settore, che segue le c.d. stagioni musicali programmate con cadenza annuale, imposte dalle necessità preventive di organizzazione degli spettacoli (si pensi alla contrattualizzazione delle prime parti e/o dei direttori di orchestra e/o al nolo degli allestimenti scenici e dei costumi) e dalla gestione delle campagne abbonamenti, con la conseguenza che le modifiche del cartellone sono rare e davvero eccezionali.

Le suesposte considerazioni rendono pertanto ragione del permanere dell'esclusione, pur all'esito dell'introduzione della disciplina "restrittiva" del Decreto Dignità, dell'applicabilità della disciplina comune al personale tecnico ed artistico delle fondazioni lirico-sinfoniche (l'art. 29 del d.lg. 81 del 2015 non è infatti stato toccato dalla Riforma del 2018).

In ogni caso, anche al fine di bilanciare quello che potrebbe in apparenza sembrare un disequilibrio tra discipline, essendo quella comune sensibilmente più rigorosa e restrittiva, va ricordato che l'art. 19, comma 1, d.lg. 81/2015, stabilisce che il primo contratto a tempo determinato tra le parti, di durata non superiore ai 12 mesi, può essere previsto senza la specifica della motivazione dell'assunzione, mentre non esiste analoga disposizione per il personale tecnico ed artistico delle fondazioni lirico-sinfoniche, le cui assunzioni a termine devono sempre essere "causali".

3.2. L'esigenza di impiego di "ulteriore" personale

Ciò premesso, l'incipit del comma 3-bis dell'art. 29 del d.lg. 81 del 2015, così come introdotto dall' art. 1 del d.l. 28 giugno 2019, n. 59, chiarisce però che l'assunzione presiede alle esigenze contingenti e temporanee determinate dalla eterogeneità delle produzioni artistiche "che rendano necessario l'impiego anche di ulteriore personale artistico e tecnico".

L'impiego del termine "ulteriore" è piuttosto ambiguo e potrebbe autorizzare qualche interprete a ritenere che la norma abbia inteso reintrodurre il vincolo di necessità diretta tra la produzione artistica e l'assunzione, con conseguente obbligo per il datore di lavoro di specificare, accanto alla indicazione dello spettacolo, anche il peculiare apporto tecnico o creativo del lavoratore nella realizzazione dell'opera; in altre parole, il contributo professionale tecnico-artistico del lavoratore dovrebbe essere indispensabile per la buona realizzazione dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale stabile [24].

Il che significherebbe riportare in vita i principi elaborati dalla giurisprudenza con riferimento alla causale di cui all'art. 1, secondo comma, lett. e), della legge 230 del 1962 ("nelle assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi"), che si riteneva facesse riferimento sia alla temporaneità dell'esigenza datoriale, sia alla singolarità della produzione, che doveva presentare connotazioni tali da distinguerla dalle altre che caratterizzano l'attività imprenditoriale, sia infine all'unicità dell'apporto artistico del lavoratore assunto a termine.

È evidente che tale lettura della disposizione determinerebbe l'assoluta residualità nel settore della tipologia negoziale de qua, cui in pratica potrebbe farsi ricorso solo in caso di assunzione di "prime parti", o di figure di riconosciuta levatura artistica nel mondo dello spettacolo, ovvero ancora di peculiarissime esigenze di partitura (che, ad esempio, rendano necessario l'eccezionale rinforzo del corpo orchestrale, o l'impiego di strumenti rari). Il che non può essere, tenuto altresì conto della generale tendenza dell'ordinamento, avvalorata dallo stesso Decreto Dignità (che - non va dimenticato - ha confermato l'acausalità, pur circoscrivendola al primo contratto inter partes ed al limite temporale di dodici mesi), di rendere il contratto a tempo determinato uno strumento di gestione flessibile delle risorse umane.

Si potrebbe d'altro canto affermare che il termine "ulteriore" stia ad indicare la possibilità per le fondazioni di ricorrere alle assunzioni a tempo determinato oltre che per (in aggiunta a) esigenze temporanee ed eccezionali, anche nell'ambito della quota di personale di cui all'art. 23, primo comma, del d.lg. 81 del 2015, prescindendo cioè dal ricorrere di una necessità "straordinaria". Tale lettura, pur suggestiva, non tiene conto del fatto che il d.l. 59 del 2019, anche alla luce dei lavori parlamentari che ne hanno segnato il travagliato percorso, ha mirato ad introdurre un sistema "chiuso" di norme precipuamente finalizzate a regolamentare le assunzioni a termine del personale tecnico ed artistico nelle fondazioni lirico-sinfoniche: dunque, salvo espressi richiami ai principi comuni, si deve ritenere che la disciplina applicabile a tali lavoratori è solo quella - per così dire - "speciale" dettata per lo specifico comparto.

Inoltre, accedere alla tesi appena prospettata contraddirebbe la stessa ratio legis ed, in particolare, l'esigenza di adottare misure urgenti per adeguare la normativa di settore ai precetti comunitari.

3.3. Segue... Il significato del lemma "anche" riferito alla produzione musicale quale causale giustificatrice

Ulteriori considerazioni attengono all'espressione "anche" associata all'indicazione dello spettacolo o della produzione artistica contenuta nel medesimo primo periodo del comma 3-bis dell'art. 29.

Il fondamentale nodo interpretativo da sciogliere riguarda il valore dell'avverbio "anche": ci si deve chiedere cioè se il Legislatore ritenga sufficiente che nel contratto sia riportato lo spettacolo o se invece debba essere indicata pure la causale, che, con funzioni aggiuntive/specificative, precisi i contenuti e le concrete peculiarità dell'esigenza sottesa all'assunzione con riferimento alla produzione artistica nella quale la prestazione a tempo determinato venga a collocarsi.

Orbene, sembra ragionevole ritenere che l'avverbio in questione sia utilizzato per introdurre una delle possibili declinazioni dell'obbligo generale di indicazione della causale, al fine di concedere ai contraenti un'opportunità semplificativa: ferma restando la facoltà di questi ultimi di inserire una ragione giustificatrice dell'assunzione di contenuto diverso (adeguata ovviamente all'esigenza tecnico-organizzativo-produttiva sottesa alla stipulazione del contratto a termine), l'onere di indicazione è soddisfatto pure con il solo riferimento alla specifica produzione artistica in seno alla quale la prestazione del lavoratore a termine debba essere svolta.

Del resto, a conferma delle conclusioni cui si è giunti, occorre considerare che l'assunzione a tempo determinato ben può esser resa necessaria per far fronte ad una esigenza temporanea non direttamente connessa alla preparazione ed esecuzione di uno spettacolo: si pensi al non infrequente caso in cui il professore di orchestra sia impiegato in una registrazione discografica, oppure allo scenografo chiamato a collaborare per la realizzazione di un allestimento da fornire a terzi.

3.4. Segue... Indicazione dello "spettacolo" e coerenza con la direttiva Europea

A questo punto occorrerà valutare se la sola indicazione dello spettacolo sia sufficiente ad integrare una delle tre misure individuate dalla Direttiva Comunitaria e, in particolare, quella che prescrive la indicazione di "ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti".

La Corte di Giustizia dell'Unione europea, con sentenza 26 febbraio 2015, in causa C-238/14 (Commissione europea contro Granducato di Lussemburgo), ha statuito che per "ragioni obiettive" devono intendersi "circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l'utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura dei compiti per l'espletamento dei quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro".

Nella logica comunitaria di prevenzione degli abusi, la indicazione delle ragioni dell'assunzione sembrerebbe essenzialmente finalizzata a cristallizzare l'esigenza posta a fondamento dell'assunzione a tempo determinato, in quanto solo criteri oggettivi, trasparenti e - per così dire - immodificabili consentono di verificare se il rinnovo dei contratti a termine risponda effettivamente ad un'esigenza reale.

Orbene, il riferimento alla concreta necessità di produrre uno o più specifici spettacoli, circoscritta in un ambito temporale determinato e coincidente con la durata degli spettacoli medesimi, sembra soddisfare pienamente la prescrizione della Direttiva comunitaria e le indicazioni della Corte di Giustizia.

In punto di specificità, non vi è chi non veda come ogni singola rappresentazione operistica o musicale possieda caratteristiche peculiari, ad esempio in relazione alle esigenze scenografiche, dei costumi, ovvero alla difficoltà oggettiva della partitura, che la rendono unica, singolare e la distinguono dal panorama delle altre produzioni eventualmente inserite nella programmazione stagionale di un teatro.

Quanto, poi, al già richiamato vincolo di "necessità diretta" [25] cui faceva riferimento la giurisprudenza formatasi sull'art. 1, comma 1, lett. e), della legge 230 del 1962 [26], possono svolgersi diverse considerazioni.

La necessità diretta è intanto desumibile dalla normativa complessiva che limita la possibilità per le fondazioni lirico-sinfoniche di dar corso "liberamente" (e cioè in una logica imprenditoriale puramente privatistica) alle assunzioni a tempo indeterminato, anche in vista del rispetto dei vincoli di bilancio.

Occorrerà poi considerare le esigenze produttive legate alla notevole mole di rappresentazioni concertistiche e/o operistiche, ivi comprese le repliche, che notoriamente ogni anno sono poste in cartellone: tali esigenze, tenuto conto della intrinseca varietà delle produzioni (derivante dalle peculiarità tecnico-artistiche proprie di ciascuna rappresentazione, dalle mutevoli scelte interpretative dei direttori di orchestra, etc.) non possono di certo essere stabilmente sopperibili con il normale organico.

Infine, ma non da ultimo, va considerato che la prestazione artistica è di per sé infungibile e legata all'apporto tecnico-professionale unico ed irripetibile del singolo artista: anche a fronte della medesima partitura musicale, le interpretazioni possono essere di fatto molteplici in quanto legate alle personalissime sensibilità e capacità del singolo, come una sorta di unicum irripetibile. In altre parole, il contributo artistico varia in base all'individuo, ciò impedendo che la prestazione possa dirsi omologata/analoga/conforme a quella svolta da altri.

Ed ancora, non può non apparire chiara la caratteristica naturale ed intrinseca dell'attività dello spettacolo: la temporaneità della prestazione. Il carattere della temporaneità, per le ipotesi di specie, si risolve dunque nella prova che la prestazione lavorativa sia stata effettivamente impiegata solo per l'esecuzione dello spettacolo indicato nel contratto.

3.5. Sostituzione dei lavoratori assenti e ruolo della contrattazione collettiva

Da ultimo appare utile fare un breve cenno all'ipotesi di sostituzione dei lavoratori assenti quale motivo che giustifica la temporaneità del contratto, anche essa indicata al comma 3-bis dell'art. 19.

Si tratta di una ipotesi tradizionalmente prevista dall'ordinamento e comune alla disciplina generale dei contratti a termine. Evitando, pertanto, di soffermarsi su profili già indagati, appare di interesse il riferimento alla contrattazione collettiva di categoria, quasi a supporto del significato da attribuire all'espressione "sostituzione" dei lavoratori assenti che evoca la sospensione, a vario titolo, della prestazione di lavoro, fatta eccezione per le ipotesi vietate dall'art. 20 del d.lg. 81/2015 [27].

Il rinvio alla contrattazione collettiva di categoria, ovvero al solo contratto collettivo nazionale, potrebbe sembrare ad abundantiam, proprio per il carattere "aperto" attribuito al termine "sostituzione", se non fosse che la negoziazione collettiva può costituire veicolo per perimetrare le ipotesi di sostituzione dei lavoratori assenti, offrendo una lettura restrittiva della disposizione o, a contrario, includere situazioni che la specificità del settore può restituire in concreto.

Dunque, bisognerà attendere gli accordi sindacali per verificare se gli stessi si limiteranno a trasporre pedissequamente la disposizione, oppure sceglieranno di puntellare la medesima mediante la previsione di ipotesi volte a ridurre e/o implementare l'ambito di applicazione dei contratti a termine.

4. La durata complessiva massima dei contratti a termine

Il legislatore che, come accennato, poteva arrestare l'intervento normativo alla previsione delle ragioni giustificatrici, introduce, invece, anche per il settore, la durata complessiva dei contratti a termine per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, che "non potrà superare complessivamente, a decorrere dal 1° luglio 2019, fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi, i trentasei mesi, anche non continuativi, anche all'esito di successive proroghe o rinnovi" (il decreto legge convertito stabiliva una durata massima di quarantotto mesi).

Dunque, recependo l'ulteriore monito della Corte di Giustizia nella richiamata sentenza 25 ottobre 2018, 859 C-331/2017 (c.d. sentenza Sciotto), viene esteso al comparto il limite di durata complessiva massima, così immettendo nel settore due delle tre misure dettate dalla Direttiva Comunitaria di riferimento per la prevenzione degli abusi in materia di assunzioni a tempo determinato.

La disposizione in esame pone una delicata questione interpretativa: ci si deve chiedere infatti se il computo dei mesi lavorati ai fini del raggiungimento del tetto massimo di legge debba decorrere dall'indicata data del 1° luglio 2019, con conseguente "azzeramento" degli eventuali periodi di lavoro pregressi tra le parti per l'espletamento di mansioni di pari livello e categoria legale, o se invece questi ultimi debbano essere tenuti in considerazione e, dunque, cumulati con quelli di un eventuale nuovo contratto a tempo determinato.

Al fine di risolvere il problema occorrerà partire dalla considerazione che, prima dell'entrata in vigore della legge di conversione n. 81/2019, al personale tecnico ed artistico delle fondazioni lirico-sinfoniche non si applicavano, a parte durante la vigenza del decreto legge n. 59/2019 poi convertito, limiti di durata massima al contratto tempo determinato e, dunque, il numero di mesi complessivamente lavorati con contratto a tempo determinato per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale era del tutto inconferente. La data del 1° luglio 2019 si pone dunque come una sorta di spartiacque: è il dies a quo dal quale iniziare a computare i periodi di lavoro a termine. Se il Legislatore avesse inteso valorizzare anche i mesi lavorati antecedentemente all'introduzione del comma 3-bis, non avrebbe fatto riferimento a date specifiche; è proprio invece l'inequivoco tenore dell'inciso "a decorrere dal 1° luglio 2019" che porta a concludere nel senso sopra detto.

Del resto, l'indicazione di una decorrenza, ove non interpretata nel senso suggerito, resterebbe completamente priva di senso.

Dev'essere infine evidenziato che, non contenendo il d.l. 59/2019 alcuna indicazione di decorrenze ai fini del computo degli allora quarantotto mesi, l'introduzione nella legge di conversione di uno specifico termine non può che essere interpretato come conferma della volontà legislativa di fissare un punto di partenza per il calcolo dei mesi lavorati ai fini del raggiungimento della soglia massima consentita di contratti di lavoro a tempo determinato.

Si potrebbe obiettare che la Corte di Giustizia, con la c.d. sentenza Sciotto prima citata, abbia di fatto esteso anche al personale tecnico ed artistico delle fondazioni lirico-sinfoniche il vincolo della causalità dell'assunzione ed i limiti di durata. Tuttavia la Corte non fa altro che ricordare l'obbligo degli ordinamenti interni di stabilire almeno una delle misure previste dalla clausola 5, senza imporre, né invero avrebbe potuto, il limite dei trentasei mesi. Ed è questo quello che è avvenuto per mezzo della disposizione di legge in esame.

5. Violazione delle norme imperative sul contratto a termine e divieto di conversione. Il sostanziale recepimento della disciplina operante nel pubblico impiego

L'effettività [28] della disciplina sopra considerata non viene, tuttavia, garantita dalla conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, con ciò discostandosi compiutamente dalla regolamentazione generale del settore privato, ma attraverso l'estensione della tutela risarcitoria operante nel pubblico impiego e contenuta nell'art. 36, quinto comma, del d.lg. 165 del 2001.

In caso, dunque, di illegittima apposizione del termine, proroga, rinnovo o ripetuta reiterazione contra legem, è precluso al giudice disporre la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, sussistendo soltanto il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni subiti.

Si tratta, evidentemente, di una ulteriore attestazione della "specialità" del rapporto di lavoro del personale artistico e tecnico delle fondazioni lirico-sinfoniche che fonda le proprie radici anche nella marcata impronta pubblicistica che caratterizza queste ultime, pur dopo la trasformazione da enti a soggetti di diritto privato, così come più volte ribadito anche dalla giurisprudenza intervenuta in materia [29].

La prossimità con il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (più che con l'ambito privatistico), del resto, è rinvenibile anche nella necessità per le Fondazioni Lirico Sinfoniche di procedere al reclutamento di personale a tempo indeterminato e determinato "previo esperimento di apposite procedure selettive pubbliche", nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità, e di quelli ulteriori declinati dal terzo comma dell'art. 35 d.lg. 165 del 2001 [30].

In tal senso può pertanto essere richiamata quella giurisprudenza che ha escluso la violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. tra lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, stante la diversità dell'apparato sanzionatorio tra pubblico e privato, chiarendo che il principio di uguaglianza, ove impone di trattare situazioni uguali in modo uguale e situazioni diverse in modo diverso, non può essere richiamato rispetto a fattispecie evidentemente differenti. La c.d. privatizzazione del pubblico impiego riguarda soltanto lo svolgimento del rapporto di lavoro, ma non il momento della sua costituzione, permanendo invariate le specifiche esigenze di selezione del dipendente pubblico che, a garanzia dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), di regola impongono il ricorso alle procedure concorsuali [31].

Né sembrano sussistere contrasti con la Direttiva Europea che, come già riportato, non impone una misura volta a limitare l'abuso del contratto a termine, ma introduce un insieme di misure di cui almeno una deve essere adottata dall'ordinamento. Negli stessi termini si era poi già espressa la Corte di Giustizia, precisando in particolare che "l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato dev'essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un'altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico" [32]. Si valorizza dunque il ruolo del giudice del rinvio nell'apprezzamento della idoneità delle pertinenti disposizioni del diritto interno a perseguire le finalità fissate dalla direttiva comunitaria [33].

Il quadro sopra descritto, letto alla luce degli insegnamenti della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale, sembra pertanto legittimare l'opzione legislativa del diverso regime di tutela riservato al personale artistico e tecnico in discussione, negando per l'effetto la configurabilità di pretese disparità di trattamento con i dipendenti del settore privato.

5.1. Segue. Il risarcimento del danno

Del risarcimento del danno, non sono, tuttavia, chiariti misura e criteri di quantificazione.

Logica vorrebbe che sia preso a riferimento l'art. 32, quinto comma, L. 4 novembre 2010, n. 183, che, nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, ragguaglia il risarcimento del lavoratore illegittimamente estromesso alla scadenza del termine ad una indennità onnicomprensiva da liquidare tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, graduandone la misura sulla base dei criteri di cui all'art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

Si potrebbe però obiettare che il richiamo alla disposizione del Collegato Lavoro sia insufficiente a ristorare il pregiudizio in quanto, nella prospettiva del quinto comma dell'art. 32, il risarcimento del danno si somma alla sanzione della conversione del contratto, mentre nel caso del personale artistico e tecnico delle fondazioni lirico-sinfoniche (e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni) verrebbe a costituire l'unico rimedio per il lavoratore.

È altrettanto vero però che la regola generale di integralità della riparazione e di equivalenza della stessa al pregiudizio cagionato al danneggiato non ha copertura costituzionale [34], purché sia garantita l'adeguatezza del risarcimento [35].

Inoltre, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione [36], chiamate a pronunciarsi sui criteri da utilizzare per la liquidazione del danno subito nel caso di abusivo ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione, hanno statuito che non è possibile far coincidere il danno con la mancata conversione, posto che il pregiudizio è risarcibile solo se ingiusto e tale non può ritenersi la conseguenza che sia prevista da una norma di legge, non sospettabile di illegittimità costituzionale o di non conformità al diritto dell'Unione. La misura risarcitoria prevista dall'art. 36, comma 5, del d.lg. 165 del 2001, interpretata in conformità al canone di effettività della tutela, conduce ad escludere che si possa utilmente fare ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo per essere gli stessi evidentemente incongrui, e cioè inadeguati alla fattispecie. Può invece farsi riferimento ai criteri di cui all'art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto. Da ciò non deriva una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, in quanto, per il primo, l'indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, mentre per il secondo agevola l'onere probatorio del danno subito.

Si può altresì ipotizzare una perdita di chance nel senso che, se la fondazione avesse operato legittimamente, emanando un bando di concorso per il posto interessato, il lavoratore, che si duole dell'illegittimo ricorso al contratto a termine, avrebbe potuto parteciparvi e risultarne vincitore. Le energie lavorative del dipendente sarebbero state "convogliate" verso altri impieghi possibili ed in ipotesi verso una occupazione alternativa a tempo indeterminato. Tutto ciò richiede, evidentemente, una preventiva compiuta allegazione da parte del lavoratore, nonché il rigoroso assolvimento dei relativi oneri probatori.

Sotto tale profilo, come del resto anche guardando alle ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine in precedenza oggetto di riflessione, i futuri arresti giurisprudenziali potranno senz'altro contribuire a verificare quale potrà essere l'interpretazione prevalente in materia.

 

 

Note

[*] Il contributo è frutto di una riflessione comune degli Autori. In ogni caso, è possibile attribuire la stesura dei par. da 1 a 2.3 a Micaela Vitaletti e i par. da 3 a 5.1 a Domenico De Feo.

[1] Il riferimento è al comma 3-bis dell'art. 29 del d.lg. 81/2015. Tra i diversi contributi in materia di contratti a termine, G. Ludovico, Contratto a tempo determinato "versus" contratto a tutele crescenti: gli obiettivi e i risultati del "Jobs Act" tra flessibilità e incentivi economici, in Dir. relaz. ind., 2018, 1, pagg. 63-104; L. Menghini. Contratto di lavoro a termine e contratto a tempo indeterminato: attualità di una alternativa, in Labor - Il lavoro nel diritto, 2018, 3, pagg. 253-281; P. Albi, Il rapporto fra contratto a tempo determinato e contratto a tempo indeterminato nella legislazione più recente, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2015, pagg. 625-634; C. Alessi, Il lavoro a tempo determinato dopo il d.lg. 81 del 2015, in Commentario breve alla Riforma "Jobs Act", (a cura di) G. Zilio Grandi, M. Biasi, Cedam, Padova, 2015, pag. 27; P. Saracini, Il contratto a termine nel "Jobs Act", in Diritti lavori mercati, 2015, 2, pagg. 419-427. Per le modifiche apportate dal c.d. Decreto Dignità, d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, P. Passalacqua, La nuova stagione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato dopo il decreto dignità, in Lav. giur., 2019, pagg. 25-58;V. Speziale, La riforma dei contratti a termine. Intervento ai Seminari di Bertinoro "Dal contratto di Governo agli interventi legislativi", Bologna, 28-29 novembre 2018; A. Sartori, Prime osservazioni sul decreto "dignità": controriforma del "Jobs Act" con molte incognite, Commento a d.l. 12 luglio 2018, n. 87, in Riv. it. dir. lav., 2018, pagg. 651-678; A. Bollani, Contratto a termine e somministrazione nelle scelte del legislatore del 2018, in DPL, inserto, n. 40/2018; F. Scarpelli, Convertito in legge il "decreto dignità": al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, in Giustiziacivile.com, 3 settembre 2018, pag. 3 ss.

[2] V. Cerulli Irelli, Le fondazioni lirico-sinfoniche come organizzazioni pubbliche in forma privatistica, in Aedon, 2012, 3, pag. 6; P. Carpentieri, Il diritto amministrativo dell'eccellenza musicale italiana: l'organizzazione e il finanziamento delle fondazioni lirico-musicali, in Aedon, 2018, 3, pag. 23; Cass. civ., 18 febbraio 2005, n. 3360 "per effetto della trasformazione, disposta con efficacia retroattiva dal citato d.l. n. 345 del 2005 a partire dal 23 maggio 1998, diviene così un dato acquisito che gli enti lirici e le istituzioni concertistiche assimilate non fanno più parte del complesso delle "pubbliche amministrazioni", come definito dal d.lg. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, con conseguente inapplicabilità delle norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche raccolte dall'indicato decreto"; Cass. civ., 3 marzo 2010, n. 5029 "in definitiva, la qualità dell'ente, mutata da pubblica amministrazione a figura soggettiva privata, comporta la contestuale trasformazione della natura giuridica del rapporto di lavoro dipendente, che diventa un comune rapporto di lavoro subordinato, con salvezza di eventuali regole speciali dettate dalla normativa di trasformazione (...). Si è in presenza non solo di una privatizzazione del rapporto di lavoro, bensì di una vera e propria privatizzazione del soggetto datore di lavoro. Il rapporto di lavoro viene così per espressa disposizione di legge disciplinato dal d.lg. 367 del 1996, art. 22 e dal codice civile"; vedi anche Cass. civ. 12 marzo 2014, n. 5748.

[3] A titolo esemplificativo decreto legge n. 91/ 2013, art. 11, primo comma, "al fine di fare fronte allo stato di grave crisi del settore e di pervenire al risanamento delle gestioni e al rilancio delle attività delle fondazioni lirico-sinfoniche"; C. Barbati, Il rilancio dello spettacolo nelle scelte urgenti del decreto "valore cultura", in Aedon, 2013, 3, pag. 10.

[4] Corte Cost. n. 153/2011; vedi F. Santonastaso, Riorganizzazione legislativa delle fondazioni nel settore lirico-sinfonico e qualificazione pubblicistica. Verso una tecnica legislativa delle privatizzazioni non più affidata alla sola "magia delle parole"?, in Giur. cost., 2011, 4, pagg. 3252-3265, che aveva recepito quell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale "nonostante l'acquisizione della veste giuridica formale di fondazioni di diritto privato, tali soggetti abbiano conservato, pur dopo la loro trasformazione, una marcata impronta pubblicistica (Corte Cass., sez. un. civ., sentenza n. 2637 del 2006; Tar Liguria, sez. II, sentenza n. 230 del 2009; Tar Sardegna, sez. II, sentenza n. 1051 del 2008)".

[5] F. Lunardon, Eccezionalità del contratto a termine e ragioni giustificatrici, in Arg. dir. lav., 2007, pag. 668; A. Maresca, Apposizione del termine, successione di contratti a tempo determinato e nuovi limiti legali (primi problemi applicativi dell'art. 5, commi 4-bis e ter, d.lg. 368/2001), in Scritti in onore di Edoardo Ghera, Tomo I, Bari, Cacucci, pagg. 641-669; L. Menghini, Il lavoro a termine, in I contratti di lavoro, in A. Vallebona, Trattato dei contratti, diretto da P. Rescigno e E. Gabrielli, Torino, 2009, I, pag. 1104 ss.; V. Speziale, La nuova legge sul lavoro a termine, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2001, 91, pagg. 361-415.

[6] S. Mainardi, D. Casale, Il personale delle Fondazioni lirico-sinfoniche dopo la conversione del decreto legge n. 64/2010, in Aedon, 2010, 3.

[7] Più nello specifico, gli artt. 3, ai comma 2, 3 e 4, stabilivano il divieto delle "assunzioni di personale amministrativo, artistico e tecnico, anche in adempimento di obblighi di legge, che comportino aumenti del contingente numerico di personale a qualunque titolo in servizio presso i predetti enti ed istituzioni alla data del 31 ottobre 1973, nell'ambito di ciascuna delle predette categorie (...) dei rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato".

[8] Cass. civ. 26 maggio 2011, n. 11573 "risulta di piena evidenza che i divieti (e le conseguenze nullità) ivi stabiliti si riferiscono non già a qualsivoglia contratto a tempo determinato, ma soltanto ai loro rinnovi e sempre che da tali rinnovi derivi la trasformazione dei contratti medesimi in contratti a tempo indeterminato In tali termini questa Corte si è recentemente pronunciata in analoga fattispecie, (...), rilevando peraltro che il successivo d.l. 64 del 2010, art. 3, comma 6, convertito in legge 100 del 2010, ha disposto che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi la legge 22 luglio 1977, n. 426, art. 3, commi 4 e 5, e successive modificazioni, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del d.lg. 6 settembre 2001, n. 368 pur dopo l'entrata in vigore della norma interpretativa", Cass. civ. 19 maggio 2014, n. 10924; Cass. civ. 12 maggio 2014, n. 10217; Cass. civ. 27 marzo 2014, n. 7243; Cass. civ. 20 marzo 2014, n. 6547; Cass. civ. 12 marzo 2014, n. 5748; Cass. civ. 30 luglio 2013, n. 18263; Cass. civ. 26 maggio 2011, n. 11573.

[9] Cass. civ. 12 marzo 2014, n. 5748 "il d.l. n. 64 del 2010, art. 3, comma 6, convertito in legge con modificazioni, con legge 29 giugno 2010, n. 100, nella parte in cui dispone che dalle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del d.lg. 6 settembre 2001, n. 368, continua ad applicarsi la legge 22 luglio 1977, n. 426, art. 3, commi 4 e 5, ha un valore meramente confermativo della inapplicabilità ai rapporti di lavoro del personale dipendente delle norme in tema di rinnovi dei contratti a tempo determinato, dovendosi intendere tale termine riferito alla continuazione del rapporto di lavoro dopo la sua scadenza e oltre la durata indicata dal legislatore, alla riassunzione del lavoratore effettuata prima della scadenza del periodo minimo fissato dalla legge, nonché, infine, alle assunzioni successive effettuate senza soluzione di continuità. L'art. 3 non riguarda invece i vizi afferenti alla mancanza dell'atto scritto e alla insussistenza delle ipotesi tipiche ovvero delle ragioni di carattere produttivo che legittimano l'apposizione del termine".

[10] L. Casini, Il decreto valore cultura: "senza pietre non c'è arco", in Giorn. dir. amm., 2014, 2, pagg. 117-131.

[11] V. De Michele, La Corte costituzionale e la conversione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro dei dipendenti saltuari dello spettacolo, in Dir. merc. lav., 2016, 1/2, pagg. 181-19; V. De Michele, Le ragioni oggettive "retroattive" del contratto a termine nella sentenza n. 260/2015 della Corte costituzionale, in Lav. giur., 2016, 2, pagg. 151-163; L. Menghini, Fondazioni lirico-sinfoniche e contratti di lavoro a termine, in Riv. giur. lav., 2016, 2/2, pagg. 164-176; F. Ghera, Interpretazione autentica di leggi sul lavoro a termine e diritto alla stabilizzazione, in Giur. cost., 2015, 6, pagg. 2261-2270.

[12] Corte Cost. 11 dicembre 2015, n. 260 "non a caso, il legislatore esclude ogni equiparazione tra il rinnovo e l'illegittimità originaria del termine nella disciplina dei contratti a tempo determinato. "Rinnovo" è termine tecnico, riscontrabile in tutta la legislazione sui contratti a tempo determinato, e approda inalterato fino agli sviluppi più recenti. L'intero assetto normativo è attraversato da questi principi, che caratterizzano il corso della sua complessa evoluzione e trovano significativi elementi di conferma dapprima nell'art. 3, quarto e quinto comma, della legge n. 426 del 1977, tributaria del regime pubblicistico degli enti lirici, nell'art. 22, comma 2, del d.lg. 367 del 1996, che esonera le fondazioni, oramai privatizzate, dall'osservanza delle disposizioni dell'art. 2 della legge n. 230 del 1962 sulle proroghe e sui rinnovi, in seguito nell'art. 11, comma 4, del d.lg. 368 del 2001, che, su impulso della direttiva comunitaria, riproduce tale disposizione derogatoria nell'innovare la disciplina dei contratti a tempo determinato. Anche l'art. 29, comma 3, del d.lg. 81 del 2015, ribadisce, con riguardo alle proroghe e alle successioni dei contratti, la disciplina derogatoria dei contratti a tempo determinato nelle fondazioni lirico-sinfoniche".

[13] In tal senso si è poi espressa la Corte di Cassazione 5 gennaio 2018, n. 155, affermando in particolare che "non è conforme a diritto la ritenuta inapplicabilità alle Fondazioni lirico sinfoniche della disciplina comune dettata in materia di contratto a termine. Ne discende la fondatezza del motivo di doglianza con cui si denunci la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 1 e 2, e 11, commi 1 e 4 del d.lg. n. 368 del 2001 alla luce di un "orientamento conforme" e "restrittivo" legittimamente inteso a leggere il divieto di conversione a tempo indeterminato del rapporto a termine instaurato con le Fondazioni lirico sinfoniche come circoscritto alla sola materia dei rinnovi e a quella connessa delle proroghe ed insuscettibile di essere esteso ad ogni ipotesi di violazione della disciplina comune, cui, al contrario, deve farsi riferimento per valutare l'eventuale ricorrenza di tali violazioni, tra cui rientra la specifica indicazione della causale giustificativa, e determinare il regime sanzionatorio applicabile, comprensivo della conversione a tempo indeterminato del rapporto". Da ultimo, va ricordata la recentissima sentenza 7 marzo 2019, n. 6680, in base alla quale "la specialità della disciplina del contratto a tempo determinato del personale delle fondazioni liriche, per il resto interamente sottoposto alla disciplina del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato dell'impresa (d.lg. n. 367 del 1996, art. 22; d.lg. 368 del 2001, art. 1) è, dunque, limitata all'inapplicabilità delle disposizioni relative alle proroghe ed ai rinnovi, come già prevedevano la legge 426 del 1977, art. 3, la legge 230 del 1962, art. 2, e, da ultimo, il citato art. 11 del d.lg. 368 del 2001(...)" La sentenza ricorda che il principio ivi riportato è stato fissato a partire "dalla trasformazione delle Fondazioni lirico sinfoniche (a partire, dunque, dal 23 maggio 1998), e fino all'entrata in vigore del d.lg. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati da dette Fondazioni si applica la disciplina prevista dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, con l'unica esclusione costituita dell'art. 2 legge cit., relativa alla proroghe, alla prosecuzione ed ai rinnovi dei contratti a tempo determinato, come stabilito dal d.lg. n. 367 del 1996, art. 22. Inoltre, dopo l'entrata in vigore del d.lg. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati dal personale delle Fondazioni lirico-sinfoniche previste dal d.lg. n. 367 del 1996, si applicano le disposizioni di cui al d.lg. n. 368 del 2001, con le uniche esclusioni costituite dall'art. 4, relativo alle proroghe, e dall'art. 5, relativo alle prosecuzioni ed ai rinnovi (...)".

[14] L'affidamento nella sicurezza giuridica costituisce invero un valore fondamentale dello Stato di diritto, costituzionalmente protetto nel nostro ordinamento, così come affermato da Corte Cost. 17 dicembre 1985, n. 349; Corte Cost. 14 luglio 1988, n. 822; Corte Cost. 4 aprile 1990, n. 155; Corte Cost. 10 febbraio 1993, n. 39; Corte Cost. 26 gennaio 1994, n. 6; Corte Cost. 28 febbraio 1997, n. 50; Corte Cost. 23 dicembre 1997, n. 432; Corte Cost. 22 novembre 2000, n. 525; Corte Cost. 24 luglio 2009, n. 236; Corte Cost. 11 giugno 2010, n. 209; Corte Cost. 19 luglio 2013, n. 225; Corte Cost. 10 giugno 2016, n. 133; Corte Cost. 24 gennaio 2017, n. 16; con riferimento alla giurisprudenza comunitari Corte di giustizia, 15 luglio 2004, causa C-459/02; 14 febbraio 1990, causa C-350/88; 3 maggio 1978, causa C-112/77); vedi la relazione di R. Bin, Il diritto alla sicurezza giuridica come diritto fondamentale, in Principio di regionevolezza delle decisioni giurisdizionali e diritto alla sicurezza giuridica, in Giornate di Studio, in Castello di Modanella - Rapolano Terme, Siena, 8 - 9 giugno 2018.

[15] V. Leccese. La compatibilità della nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinate con la direttiva n. 99/70, in Riv. giur. lav., 2014, 4/1, pagg. 709-72. La clausola 5 prevede che "per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti di lavoro". Sulla clausola di non regresso, L. Corazza, Lavoro a termine e clausole di non regresso, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2008, 119, pagg. 499-531.

[16] V. De Michele, La sentenza Sciotto della Corte Ue e la conversione a tempo indeterminato nel pubblico impiego nel nuovo scontro con la Consulta e nel recente dialogo con la Cassazione, in WP CSDLE "Massimo D'Antona".IT - 383/2019.

[17] Corte Giust. 26 febbraio 2015, nella causa C-238/14; per una analisi della giurisprudenza comunitaria, M.P. Aimo, La disciplina europea sul lavoro a termine: punti di forza e di debolezza del diritto vivente, in Diritti lavori mercati, 2016, 3, pagg. 553-576; G. Santoro Passarelli, Contratto a termine e temporaneità delle esigenze sottostanti, in Arg. dir. lav., 2015, 1/2, pagg. 189-194.

[18] Vedi nt. 1.

[19] Si applica invece il limite posto dall'art. 23 sul numero complessivo di contratti a tempo determinato che non può essere superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione, salva l'esenzione da tale limite (comma 2, lettera d) dei rapporti instaurati per specifici spettacoli.

[20] Vedi nt. 15.

[21] La legge fissa in trentasei mesi la durata massima del contratto a termine. Si specifica che il d.l. n. 59 del 2019 prevedeva una durata complessiva massima di quarantotto mesi ma ha poi prevalso, in sede di conversione, l'esigenza di uniformare la disciplina di settore a quella comune.

[22] L'art. 1, comma 1, n. 1), lett. a), del d.l. citato, nel reintrodurre nell'ordinamento il principio di causalità dell'assunzione a termine, ha stabilito che, decorsi dodici mesi dal primo rapporto di lavoro a termine, il contratto deve essere riconducibile ad "esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività (...)".

[23] V. art. 1, comma 1, n. 1), lett. b), del decreto in esame.

[24] In tal senso, ex plurimis, Cass. civ. 8 maggio 2015, n. 9380; Cass. civ. 20 marzo 2014, n. 6547; Cass. civ. 11 dicembre 2012, n. 22657; Cass. civ. 14 settembre 2012, n. 15455; Cass. civ. 5 settembre 2005, n. 17752.

[25] Da intendersi come apporto fornito dal soggetto esterno in termini di contributo tecnico, non fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato già alle dipendenze del Teatro.

[26] Si veda nt. 24.

[27] Esse fanno riferimento, tra le altre ipotesi, alla sostituzione di lavoratori in sciopero, alla sostituzione di lavoratori in integrazione salariale straordinaria con le medesime mansioni ed alla mancanza di qualsiasi valutazione dei rischi.

[28] Corte Giust. UE nell'ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13.

[29] Gli indici della connotazione pubblica delle fondazioni erano del resto stati ben delineati dalla Corte Costituzionale nella già richiamata sentenza 21 aprile 2011, n. 153, che aveva - tra gli altri - evidenziato il perseguimento di finalità di interesse collettivo e di portata nazionale (diffusione dell'arte musicale), la preminente rilevanza dello Stato nei finanziamenti (attraverso il Fondo Unico per lo Spettacolo), l'assoggettamento al controllo della Corte dei Conti, la inclusione nel novero degli organismi di diritto pubblico soggetti al d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice degli appalti).

[30] Nella sostituzione ad opera della legge 81 del 2019, qui in esame, del secondo comma dell'art. 22 del d.lg. 29 giugno 1996, n. 367, secondo cui le fondazioni "procedono al reclutamento del personale con contratti di lavoro a tempo indeterminato, previo esperimento di apposite procedure selettive pubbliche. Con propri provvedimenti, le fondazioni stabiliscono criteri e modalità per il reclutamento del personale di cui al primo periodo nel rispetto dei princìpi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei princìpi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165". Va detto poi che la legge in commento stabilisce altresì che le fondazioni debbano trasmettere al Ministero vigilante una proposta di dotazione organica, elaborata sulla base dello schema tipo adottato dal ministro per i Beni e le Attività culturali, di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze, proposta che dev'essere approvata con decreto entro sessanta giorni dalla trasmissione. In pratica, il potere organizzativo datoriale, che costituisce una delle espressioni più significative della libertà imprenditoriale, è "mediato" dall'assorbente e - per così dire - pregiudiziale intervento ministeriale: non solo nelle fondazioni lirico-sinfoniche si entra solo per concorso, ma anche nel rispetto dei cogenti limiti della pianta organica varata all'esito dell'approvazione ministeriale. Sono sanzionati da nullità i contratti di lavoro stipulati in assenza delle procedure selettive, fatto salvo - ovviamente - l'obbligo ex art. 2126 c.c. di retribuire le prestazioni rese.

[31] La Corte Costituzionale, con sentenza 27 marzo 2003, n. 89, con riferimento al quinto comma dell'art. 36 del d.lg. 165/2001, ha chiarito che il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione, in quanto meccanismo imparziale che, offrendo le migliori garanzie di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del merito, garantisce l'efficienza dell'azione amministrativa (ex plurimis, sentenze 25 marzo 2014, n. 134; 24 settembre 2013, n. 277). La regola del pubblico concorso è derogabile solo in casi eccezionali; dette deroghe sono sottoposte ad un vaglio di ragionevolezza, devono essere conformi a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico e devono essere delimitate in modo rigoroso (cfr. Corte Cost. 10 ottobre 1997, n. 320; 17 giugno 2010, n. 213; 22 febbraio 2006, n. 81; 15 dicembre 2010, n. 9).

[32] Corte Giust. UE 7 settembre 2007, C-180/2004; cfr. altresì, Corte Giust. UE, ordinanza 12 dicembre 2013, C-50/13, che richiama numerosi precedenti della stessa Corte: Corte Giust. UE 15 aprile 2008, C-268/06; Corte Giust. UE, 26 gennaio 2012, C-586/10. La legittimità nel settore pubblico di misure effettive di prevenzione e sanzione degli abusi diverse dalla conversione a tempo indeterminato del rapporto è stata ribadita dalla stessa Corte europea nella nota sentenza Angelidaki. Corte Giust. UE, sez. III, 23 aprile 2009, 250-C-378/07 a C-380/07.

[33] In tal senso, v., per la giurisprudenza di legittimità più recente, Cass. civ. 15 marzo 2016, n. 5072, in Foro. It., 2016, I, pag. 2994, nota G. Perrino in Argomenti di diritto del lavoro, 2016, pag. 855, nota V. Frasca. Si veda inoltre, ex plurimis, Cass. civ. 15 giugno 2010, n. 14350. Contra, Trib. Trani, 15 marzo 2012, n. 1545, secondo il quale "In materia di pubblico impiego, una sequenza di contratti a tempo determinato per oltre trentasei mesi complessivi, tutti carenti di esplicita giustificazione, manifesta di per sé la sua illegittimità, cui deve conseguire la sanzione prevista dalla legge della conversione dei contratti in un unico contratto a tempo indeterminato (art. 5, co. 2, d.lg. n. 368/2001). Nella fattispecie, infatti, non può trovare applicazione il divieto di conversione di cui all'art. 36, d.lg. n. 165/2001, atteso che l'attuale ordinamento non contempla alcuna sanzione idonea ad ovviare all'utilizzo abusivo del predetto tipo di contratto nel pubblico impiego, come richiesto dalla normativa comunitaria". Anche il Consiglio di Stato si è più volte pronunciato sulle conseguenze della violazione delle regole in materie di lavoro a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni, in particolare su quelle risarcitorie, e sul rapporto che esiste tra il lavoro a termine nelle pp.aa. e il principio del pubblico concorso, evidenziando in particolare che l'effettività della tutela è rinvenibile sia nella responsabilità amministrativa cui sono sottoposti i dirigenti che violano la disciplina imperativa dei collaborazioni flessibili con la pubblica amministrazione, sia nello speciale regime risarcitorio che assicura al lavoratore pubblico un danno minimo presunto: in tal senso, v., da ultimo, Cons. St., sez. VI, 6 ottobre 2018, n. 5720. Vedi D. Mezzacapo, Profili problematici della flessibilità nel lavoro pubblico: note critiche a margine della sentenza n. 89/2003 della Corte Costituzionale, in Lav. p.a., 2003, pag. 514.

[34] Corte Cost. n. 148 del 1999.

[35] Corte Cost. n. 199 del 2005.

[36] Cass. civ. S.U. 15 marzo 2016, n. 5072.

 

 

 



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