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Lo spettacolo dal vivo

Il personale delle Fondazioni lirico-sinfoniche dopo la conversione del decreto legge n. 64/2010

di Sandro Mainardi e Davide Casale

Sommario: 1. Le privatizzazioni e la questione del personale nel settore delle Fondazioni liriche. - 2. Linee di coerenza con la riforma del lavoro nelle amministrazioni pubbliche. - 3. La contrattazione collettiva del settore lirico e le disposizioni del d.l. 64/2010. - 4. Segue. La contrattazione aziendale. - 5. Il lavoro a termine. - 6. Il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato. - 7. Le altre disposizioni relative ai singoli rapporti di lavoro.

The Opera house foundations personnel
This essay explains the last provisions concerning employment in performing arts sector and specifically the decree n. 64/2010 about the main 14 opera houses in Italy. Following the privatization of opera houses in the nineties, employment relations have been regulated by employment law of private sector, while the financing still comes by public authorities mainly. The economic crisis has deeply influenced also this sector, as well as the other ones of culture field: public contributions are constantly decreasing and they are not sufficient to assure the remuneration of the employed by most opera houses anymore. The 2010 reform introduces restrictions, in particular in new hirings as well as in the increasing of salaries. A new discipline of collective relations is also provided, including direct control of national bargaining by the Ministry of culture and a strict hierarchy between national agreements and local ones.

1. Le privatizzazioni e la questione del personale nel settore delle Fondazioni liriche

Si può affermare senza timore di smentita che il tema della gestione del personale e delle relazioni sindacali nell'ambito delle Fondazioni lirico-sinfoniche costituisce uno dei principali motivi di innesco della micro-riforma di settore confluita nella legge di conversione del decreto legge 30 aprile 2010, n. 64.

Se la fondamentale leva che ha mosso l'intervento del legislatore è infatti costituita dall'urgenza di arginare il deficit strutturale delle Fondazioni italiane, ponendo mano in via di urgenza alle "voci" di spesa che si ritengono avere maggiormente contribuito al dissesto finanziario degli enti [1], appare chiaro come lo stesso legislatore individui nei trattamenti economico - normativi del personale il luogo ove maggiore è stata l'incapacità delle riforme degli anni '90 di affermare uno dei principali "valori" della regolamentazione del lavoro in chiave privatistica, quello che associa flessibilità e garanzie con i principi di economicità della gestione.

In questa direzione si era in effetti mosso il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, il cui articolo 22 - confermato dal d.l. di privatizzazione n. 345 del 2000 [2] - continua a stabilire che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle Fondazioni lirico-sinfoniche sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e sono costituiti e regolati contrattualmente (comma 1), mentre i trattamenti retributivi sono determinati dal contratto collettivo nazionale di lavoro (comma 4). La disposizione aveva cioè lo scopo di rendere coerente la dinamica di disciplina dei rapporti di lavoro, anzitutto riguardo al loro fondamento contrattuale, con la più generale operazione di trasformazione degli enti lirici in Fondazioni imposta dallo stesso decreto legislativo del 1996 [3], la quale ha fisiologicamente comportato la "privatizzazione" dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali del settore.

Si tratta, naturalmente, di un fenomeno diverso da quello della c.d. privatizzazione del pubblico impiego, dove il datore di lavoro è e resta pubblico nella forma giuridica e nelle modalità organizzative macro, entrambe ascritte al diritto pubblico, agendo la riforma unicamente sulle fonti di disciplina dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali oltre che sulla natura giuridica dei poteri gestionali della p.a. con riguardo alle relazioni di lavoro.

La trasformazione degli enti in Fondazioni ha invece mutato, oltre che il datore come parte del contratto di lavoro, la stessa natura giuridica dello stesso nell'attribuzione e nello svolgimento di un'attività, concentrandosi l'intervento del legislatore proprio sulla devoluzione delle funzioni a soggetti distinti dall'ente pubblico, caratterizzati e disciplinati da regolamentazioni e modelli giuridici diversi da quelli di derivazione pubblicistica.

Per la trasformazione degli enti lirico-sinfonici in Fondazioni non si è trattato dunque solo di una privatizzazione dei rapporti di lavoro, come era invece avvenuto per larga parte del personale pubblico; bensì di una vera e propria privatizzazione del datore di lavoro, con l'effetto di rendere inapplicabile ai dipendenti degli enti lirici, da quel momento, la speciale disciplina di adattamento delle regole privatistiche appositamente prevista per il pubblico impiego dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 prima e dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 poi, trovando qui applicazione in via diretta il diritto privato del lavoro, nella sua più ampia e generale dimensione.

La disciplina lavoristica generale di questo genere di vicende modificative è contenuta nell'art. 31 del d.lg. 165/2001 (rubricato "Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività") il quale garantisce, tramite il richiamo all'art. 2112 c.c., la continuità dei rapporti di lavoro in essere nonché la conservazione dei trattamenti economico normativi presso il soggetto cessionario dell'impresa (o di un suo ramo) [4]. Tuttavia, come di consueto si verifica in questo genere di operazioni, il legislatore ha qui introdotto un'espressa disposizione la quale ribadisce la garanzia di continuazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato alla data della trasformazione degli enti in Fondazioni, nonché l'anzianità di servizio all'epoca maturata (art. 22, comma 5 del d.lg. 367/1996).

Oggi dunque i dipendenti delle Fondazioni liriche (amministrativi, tecnici, artisti) sono a tutti gli effetti lavoratori privati. E se le Fondazioni liriche, perseguendo la diffusione dell'arte musicale, la formazione professionale degli artisti e l'educazione musicale della collettività, risultano senza scopo di lucro (cfr. art. 1, comma 1 del d.lg. 367/1996), alla luce del tenore testuale del citato art. 22 la disciplina del settore privato è applicabile ai loro dipendenti, senza neppure il filtro di compatibilità che l'art. 2239 c.c. in generale stabilisce per rapporti di lavoro subordinato che non sono inerenti all'esercizio di un'impresa.

Le uniche peculiarità sono quelle espressamente stabilite dalla disciplina speciale introdotta dallo stesso decreto. In tema di trattamento economico, ad esempio, l'art. 22, comma 4 cit. precisa che restano riservati alla Fondazione lirica i diritti di sfruttamento economico degli spettacoli prodotti, organizzati o comunque rappresentati, ed in generale delle esecuzioni musicali svolte nell'ambito del rapporto di lavoro. In materia di compatibilità delle attività di lavoro autonome ulteriori rispetto al rapporto alle dipendenze della Fondazione lirica, è stabilito, all'art. 23, uno speciale regime di autorizzazione. In tema tutela della professionalità, inoltre, l'art. 22, comma 3 dispone che l'art. 2103 c.c., circa il limite dell'equivalenza delle mansioni posto allo jus variandi datoriale, si applichi al personale artistico a condizione che esso superi la verifica d'idoneità professionale, nei modi disciplinati dalla contrattazione collettiva.

A fronte di questa avvenuta completa privatizzazione dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali degli enti lirici che ha caratterizzato l'ultimo decennio, il d.l. 64/2010 di certo non rappresenta, sotto il profilo che qui interessa, una integrale inversione di rotta verso modelli di tipo pubblicistico; tuttavia, nonostante il carattere contingente ed eterogeneo del provvedimento, il legislatore invia segnali di chiara sfiducia circa l'effettiva capacità degli attori del settore di interpretare in modo virtuoso gli strumenti del diritto privato nell'ambito delle relazioni di lavoro, attraverso una gestione manageriale anche dei momenti di difficoltà finanziaria che hanno segnato, con generalità, le ultime stagioni delle Fondazioni liriche.

E' da dire infatti che i provvedimenti normativi susseguitisi negli anni recenti non hanno potuto porre argine alla situazione di grave deficit che i bilanci di molte delle quattordici Fondazioni liriche italiane hanno maturato da tempo. Taluno di essi è peraltro andato incontro ad una dichiarazione dì incostituzionalità della Consulta [5].

La scarsità dei finanziamenti da parte di soggetti privati e le riduzioni del finanziamento statale dello Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, in parte destinato al sostentamento delle Fondazioni liriche [6] rappresentandone la fonte di finanziamento principale [7], hanno decretato il sostanziale prematuro fallimento dell'operazione di privatizzazione, ben al di là delle responsabilità che oggi paiono attribuirsi alla gestione privatistica dei rapporti di lavoro, specie sul versante delle relazioni collettive.

2. Linee di coerenza con la riforma del lavoro nelle amministrazioni pubbliche

Appare allora chiara, in questo senso, la forte assonanza dell'intervento nel settore lirico con la ben più ampia manovra che ha recentemente investito il pubblico impiego privatizzato, per effetto della posa in opera del Piano industriale della pubblica amministrazione varato nel 2008 dal ministro per la Funzione pubblica Renato Brunetta (legge 6 agosto 2008, n. 133; legge 4 marzo 2009, n. 15; decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150).

Anche per le Fondazioni liriche, infatti, la sfiducia del legislatore verso la gestione contrattuale delle relazioni di lavoro si è tradotta in un forte intervento di natura eteronoma, il quale investe principalmente le dinamiche della contrattazione collettiva di settore, introducendo soluzioni di riduzione/contenimento della spesa per il personale che appaiono sottratte al confronto con le organizzazioni sindacali (es. blocco ex lege delle assunzioni; limiti alle assunzioni a termine; riconoscimento transitorio di eventuali trattamenti economici aggiuntivi solo in caso di pareggio di bilancio).

Si tratta, con tutta evidenza, di una sorta di "terapia d'urgenza", che ha già innescato un forte contenzioso sindacale, senza tuttavia affrontare alcuni fondamentali nodi in materia di organizzazione e gestione del personale, anche con riguardo alle dinamiche di flessibilità in uscita per eccedenza di personale [8]. L'approccio appare prima facie piuttosto miope e senz'altro parziale, in quanto la riforma costruisce oggi questa terapia unicamente attorno ad alcuni temi della gestione del personale e delle relazioni sindacali, senza tuttavia estendere il ragionamento verso i profili delle funzioni che le Fondazioni sono chiamate a svolgere in un contesto sociale in continua trasformazione, del riassetto istituzionale dei vari enti e, soprattutto, senza tenere conto delle diversità organizzative che necessariamente si ripercuoto sulla questione del personale.

Come nell'ambito della manovra "Brunetta", allora, pur risultando confermato l'assetto privatizzato e contrattualizzato dei rapporti di lavoro, il legislatore produce un significativo ridimensionamento del ruolo sindacale e della contrattazione collettiva, attraverso disposizioni che, in primo luogo, sono dirette a modificare gli assetti contrattuali, in chiave di controllo della spesa. Se tuttavia si riflette sul fatto che tale intervento viene svolto in un ambito interamente "privatizzato", nel senso di cui poc'anzi si diceva, l'impatto di sistema appare qui assai più significativo, perché il modello di relazioni sindacali delle Fondazioni si allontana in modo irreversibile da quello proprio dell'impresa privata.

3. La contrattazione collettiva del settore lirico e le disposizioni del d.l. 64/2010

Già da tempo, infatti, alla disciplina legale privatistica si affianca la regolamentazione fornita dagli accordi e contratti collettivi stipulati per questa categoria di lavoratori. L'ultima sottoscrizione risale al Ccnl 29 luglio 2003, siglato da Slc-CglL, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Fials-Cisal, per i lavoratori, e dall'Associazione nazionale Fondazioni liriche e sinfoniche (Anfols) per i datori. Tale contratto collettivo ha novellato quello del 1° giugno 2000, rinnovandolo fino alla fine del 2005. Con successivo rinnovo economico dell'11 dicembre 2006 è stato coperto il periodo fino alla fine dello stesso anno. Salvo un contratto collettivo di adesione ad un fondo di previdenza complementare stipulato in data 11 maggio 2007, non vi sono più stati rinnovi: con tutta evidenza, si tratta di una regolamentazione che necessita di aggiornamento, anche alla luce dei numerosi provvedimenti legislativi frattanto intervenuti in materia di rapporti di lavoro.

Nell'affidare al governo una delega di delegificazione con regolamenti per la revisione, entro diciotto mesi, dell'attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle Fondazioni lirico-sinfoniche, il decreto stabilisce l'introduzione di una "disciplina organica del sistema di contrattazione collettiva" (art. 1, comma 1, lett. e). Sul piano procedurale il legislatore impone un confronto con le organizzazioni (art. 1, comma 1-bis, lett. b), il quale dovrebbe avere orizzonti ben più ampi della revisione del sistema sindacale, perché diretto a "revisionare gli aspetti carenti della riforma attuata con il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367".

Tuttavia, rispetto all'importanza di contenuti della delega, molto scarni appaiono i criteri direttivi sul piano sostanziale. Ciò rischia di sollevare immediate questioni di non poco momento, anche dal punto di vista sistematico: come noto, infatti, per ragioni storiche e giuridiche di rango costituzionale (art. 39 Cost.), il sistema italiano di relazioni industriali, fatta eccezione per il settore pubblico, non è organicamente regolato in via eteronoma, né per quanto riguarda gli aspetti procedurali della contrattazione, né per quanto riguarda ambito e tipo di efficacia che gli accordi raggiunti possiedono rispetto ai contratti individuali di lavoro e nel rapporto con altre fonti di regolamentazione. E' dunque facile prevedere che l'ampiezza della delega di delegificazione - "senza regole e senza limiti" -, in materia così sensibile e delicata, possa immediatamente innescare un contenzioso che investe la stessa legittimità dell'intervento del legislatore sui temi della contrattazione collettiva e delle relazioni sindacali del settore.

Data la mancanza di espressi criteri dettati dalla legge, il riferimento per l'esercizio del potere regolamentare del Governo in materia di contrattazione sembra unicamente rappresentato dall'art. 2 del decreto stesso, il quale detta invece disposizioni immediatamente applicabili, le quali però sembrano al tempo stesso assumere carattere transitorio proprio in virtù dell'ampiezza della delega di delegificazione, la quale dovrebbe investire appunto, come si diceva, (tutta) la "disciplina organica del sistema di contrattazione collettiva".

Con formulazione invero non impeccabile, l'articolo 2 del decreto stabilisce che la delegazione rappresentativa individuata dalle Fondazioni lirico-sinfoniche abilitata a sottoscrivere, per la parte datoriale, il contratto nazionale di lavoro, d'ora innanzi dovrà avvalersi dell'Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni) disciplinata dall'art. 40 del d.lg. 165/2001, così come significativamente modificato dall'art. 58 del d.lg. 150/2009. Le competenze inerenti alla contrattazione collettiva del personale dalle Fondazioni lirico-sinfoniche sono esercitate dal ministro per i Beni e le Attività culturali. L'accordo è sottoposto al controllo della Corte dei conti, previo parere del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero dell'Economia e delle Finanze.

Il vulnus alla libertà sindacale dei soggetti sino ad ora rappresentativi appare piuttosto importante. A cominciare dalla stessa legittimazione a trattare per la delegazione di parte pubblica, che vede tramontare il ruolo genuinamente datoriale svolto esclusivamente dall'Anfols, a favore di una forma anfibia di rappresentanza tecnico/politica data dall'insolito connubio tra competenza contrattuale del ministero per i Beni e le Attività culturali e supporto tecnico dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran).

Senza poter qui lungamente intrattenersi sulle difficoltà e le crisi di legittimazione che l'Aran ha vissuto in questi anni nel settore del pubblico impiego privatizzato - circostanza che, per vero, fa dubitare dell'utilità di un ulteriore coinvolgimento dell'Agenzia, anche solo in chiave tecnico-giuridica, verso settori di contrattazione estranei al pubblico impiego -, il tratto di maggior rilievo risiede nell'investitura diretta di un organo politico, il ministero, nella gestione delle competenze contrattuali. Tale elemento, per l'indeterminatezza ed ampiezza dell'indicazione di legge (si dice appunto: "competenze inerenti alla contrattazione collettiva") non solo determina una possibile espropriazione della stessa capacità delle Fondazioni di esprimere una propria istanza sindacale rappresentativa a livello nazionale; ma intacca in modo clamoroso il principio, da sempre affermato dopo la privatizzazione del settore pubblico, di una netta separazione tra organismi preposti alla gestione (anche delle relazioni sindacali) ed organi di matrice politica, del tutto esclusi da tali compiti (cfr. art. 4 d.lg. 165/2001). Il ruolo del Mibac, proprio per i termini utilizzati dalla legge, sembra infatti più ampio di quello, proprio dei Comitati di Settore del pubblico impiego (art. 41 d.lg. 165/2001), diretto ad esprimere un indirizzo politicamente vincolante verso il soggetto datoriale legittimato alla contrattazione, estendendosi, con quali limiti non è dato prevedere, verso vere e proprie competenze negoziali.

Il risultato è quello di un forte accentramento soggettivo delle competenze contrattuali in capo al soggetto politico, carattere che, probabilmente, non potrà che divenire strutturale a seguito dell'esercizio della delega di delegificazione per la materia della contrattazione collettiva da parte dello stesso Mibac.

L'attrazione anomala della contrattazione del settore lirico verso il modello utilizzato dalle amministrazioni pubbliche risulta poi confermata dal controllo esercitato da parte della Corte dei Conti sull'ipotesi di accordo, previo parere del ministero dell'Economia e delle Finanze e del Dipartimento della funzione pubblica. Se il riferimento è al procedimento di contrattazione del pubblico impiego, non potrà che riconoscersi carattere giuridicamente vincolante al controllo della Corte dei Conti, dovendosi escludere che l'ipotesi di accordo possa divenire definitivamente contratto collettivo in difetto di controllo positivo da parte del Giudice contabile (arg. ex art. 47, commi 5-7 d.lg. 165/2001). Piuttosto, mentre per il settore pubblico il controllo della Corte dei Conti è espressamente limitato dalla legge alla "attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio.." (art. 47, comma 5), qui, in assenza di specificazioni, il controllo potrebbe spingersi in termini di legittimità verso il merito e la sostanza delle regole determinate dall'autonomia negoziale, provocando un ulteriore elemento di frizione con i principi cardinali di libera determinazione sindacale.

In ogni caso, la nuova disciplina pone un problema molto concreto, da tempo risolto invece per il settore pubblico, costituito dall'assenza di criteri tramite cui la parte datoriale para-pubblica (diciamo così) potrebbe e dovrebbe selezionare le controparti trattanti e le controparti stipulanti. Problema di cui si forse è avveduto il legislatore, il quale ha stabilito che, in sede di prima applicazione e "fino alla verifica della maggiore rappresentatività dei lavoratori dipendenti dalle Fondazioni", il contratto nazionale di lavoro può essere stipulato con i sindacati firmatari del contratto vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge (art. 2).

4. Segue. La contrattazione aziendale

In sintesi, il legislatore del 2010 sembra riportare la regolamentazione collettiva di questo personale dall'area del lavoro alle dipendenze di soggetti privati all'area del lavoro pubblico privatizzato. Tale opzione, tuttavia, risulta poco coerente con la natura privata delle Fondazioni liriche che sono datrici di lavoro e, soprattutto, con la natura privata dei relativi rapporti di lavoro. Ai lavoratori delle Fondazioni lirico-sinfoniche, infatti, spettano necessariamente le libertà sindacali garantite dalla Carta costituzionale, inclusa la libertà di autorganizzazione delle e nelle negoziazioni collettive, nei termini consolidati dall'ordinamento intersindacale.

A rafforzare questo binario di legge, il d.l. 64 del 2010 (art. 3) riscrive l'art. 3-ter, comma 5 del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con legge 31 marzo 2005, n. 43, consolidando ulteriormente il vincolo gerarchico già previsto tra contratto nazionale e contratti integrativi delle Fondazioni liriche. Si stabilisce infatti che, a decorrere dall'entrata in vigore "del nuovo contratto collettivo nazionale, le clausole e gli istituti dei contratti integrativi aziendali stipulati in contrasto con i principi di cui ai commi 2 e 4 e con il medesimo contratto collettivo nazionale non possono essere applicati e vengono rinegoziati tra le parti. Sono comunque nulli e improduttivi di effetti i preaccordi o le intese non formalmente qualificabili come contratti integrativi aziendali ai sensi del comma 4". Il comma 2 ora richiamato riguarda la collaborazione tra Fondazioni liriche allo scopo di ottenere economie (cfr. il d.m. d'attuazione 28 febbraio 2006), mentre il comma 4 parimenti richiamato impone che i contratti integrativi aziendali delle Fondazioni lirico-sinfoniche siano sottoscritti "esclusivamente nelle materie e nei limiti stabiliti dal contratto collettivo nazionale di lavoro"; essi inoltre "non possono disciplinare istituti non esplicitamente loro demandati dal medesimo contratto collettivo e non possono derogare a quanto previsto in materia di vincoli di bilancio".

A corredo di questo giro di vite sulla contrattazione integrativa, la legge di conversione ha introdotto, nell'art. 3 del d.l. 64/2010, un comma 3-bis in base al quale i contratti integrativi aziendali in essere alla data di entrata in vigore del decreto "possono essere rinnovati solo successivamente alla stipulazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro", determinando così una stretta dipendenza, anche di tipo cronologico, tra contratto di primo e di secondo livello.

La matrice tecnica delle nuove norme appare un po' confusa: non è dato capire se l'impossibilità di applicare le norme contrattuali di secondo livello in contrasto con i limiti e vincoli di bilancio, ovvero difformi rispetto alle materie demandate dalla contrattazione nazionale, determini un'ipotesi di nullità delle clausole in deroga, essendo tale forma di invalidità prevista solo per il caso in cui i preaccordi o le intese aziendali non siano formalmente qualificabili come contratti integrativi aziendali ai sensi del comma 4 dell'art. 3-ter del d.l. 7/2005. Salvo a ritenere che, la difformità del contratto aziendale nei termini previsti dal comma 4, determini di per sé l'impossibilità di qualificare formalmente il contratto come tale, determinando dunque il radicale vizio della nullità dell'intesa in parte qua.

Il significato complessivo di queste disposizioni, le quali sembrano richiamare interamente l'assetto ed il rapporto tra livelli contrattuali del settore pubblico tra contratto nazionale di comparto ed integrativo di amministrazione (cfr. il novellato art. 40, comma 3-quinquies, d.lg. 165/2001), è quello di tenere sotto stretta vigilanza la contrattazione collettiva aziendale delle Fondazioni, ritenuta causa, in questi anni, della maggiore (ed incontrollata) dispersione di risorse a favore del personale dipendente.

Se ciò appare comprensibile, specie in virtù della natura delle contribuzioni (pubbliche) che vanno a costituire i fondi per la contrattazione collettiva aziendale delle Fondazioni lirico-sinfoniche, occorre però rendere avvertiti del fallimentare esito che disposizioni di tal fatta hanno determinato nella loro funzione di controllo della spesa impegnata dalla contrattazione integrativa. Costituisce cioè dato empirico verificato - appunto nella contrattazione integrativa del settore pubblico privatizzato - che l'introduzione di clausole di inderogabilità di matrice reale, assistite dalla regola della nullità delle clausole difformi, non realizza un efficace deterrente verso le determinazioni dell'autonomia collettiva a livello aziendale, risultando troppo densa la spinta acquisitiva e troppo debole la corrispondente capacità di parte datoriale di affermare piattaforme negoziali di rigore all'interno della singola realtà organizzativa.

Sicché, in questi anni, poiché nessuno, come ovvio, ha dimostrato interesse a far valere la sanzione di nullità dei contratti integrativi innanzi al Giudice ordinario del lavoro, la stessa sanzione ha costituito invece presupposto giuridico dell'azione di responsabilità mossa da parte delle sezioni regionali della Corte dei Conti verso dirigenti ed amministratori pubblici che, incuranti del monito di legge, hanno determinato danni ingenti all'erario, contrattando ben oltre i limiti di materia e di bilancio a suo tempo consentiti [9].

Difficile dunque ritenere, benché le dimensioni quantitative del fenomeno siano nel settore lirico ben più contenute, e dunque "controllabili", che la mera previsione di invalidità/inapplicabilità rafforzata dal nuovo decreto possa estirpare prassi antiche e consolidate del settore pubblico e para-pubblico: luoghi dove manca una reale figura datoriale che realizzi una vera contrapposizione sindacale, giustificata dalla altrettanto reale e concreta contrapposizione di interessi sul piano dei rapporti di lavoro. Forse per questo motivo, il comma 4 dell'art. 3, con automatico blocco di diverse determinazioni economiche in sede di contrattazione aziendale, prevede che "al fine di perseguire l'obiettivo della sostenibilità finanziaria delle Fondazioni lirico-sinfoniche, atteso lo stato di crisi, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino alla stipulazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro e dei successivi contratti integrativi con le modalità di cui al presente articolo, eventuali trattamenti economici aggiuntivi sono riconosciuti solo in caso di pareggio di bilancio, fatti salvi i diritti acquisiti".

5. Il lavoro a termine

L'approccio ambivalente del legislatore del 2010, che mantiene per i dipendenti delle Fondazioni liriche una disciplina di tipo privatistico, ibridata però con innesti che riecheggiano la regolamentazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, emerge con riguardo non solo alle relazioni collettive ma anche al rapporto individuale.

Per quanto concerne il lavoro a termine, l'art. 3, comma 6 del d.l. 64/2010 conferma l'applicabilità alle Fondazioni liriche dell'art. 3, commi 4 e 5 della legge 426/1977, commi che impedivano la conversione a titolo sanzionatorio in rapporti a tempo indeterminato: tale applicabilità è ivi espressamente stabilita per il periodo successivo alla trasformazione da enti in Fondazioni ed antecedente al d.lg. 368/2001.

Quest'ultimo provvedimento infatti, nel ridisciplinare organicamente la materia del lavoro a termine, ha previsto nell'art. 11, comma 4 che al personale artistico e tecnico delle Fondazioni di produzione musicale previste dal d.lg. 367/1996, non si applicano le norme di cui agli artt. 4 e 5 del decreto del 2001 stesso: alle Fondazioni liriche, cioè, non si applica la disciplina della proroga, della scadenza del termine, della successione di contratti e delle relative conseguenze sanzionatorie in termini di maggiorazione retributiva e conversione del rapporto a tempo indeterminato [10]. Non toccano dunque le Fondazioni nemmeno il limite complessivo di durata di 36 mesi e le altre disposizioni introdotte appunto negli artt. 4 e 5 del d.lg. 368/2001 da parte dell'art. 1, comma 40 del d.lg. 247/2007 (c.d. pacchetto welfare), compresi i diritti di precedenza nelle assunzioni.

Lo stesso art. 3, comma 6 del d.l. 64/2010 completa tale impostazione con ulteriori due esenzioni. In primo luogo, esonera le Fondazioni liriche dall'applicazione del principio secondo cui il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato, principio contenuto nel comma 01 dell'art. 1 del d.lg. 368/2001, comma introdotto dal citato art. 1, comma 40 del d.lg. 247/2007. In secondo luogo, esonera le Fondazioni liriche anche dall'obbligo di forma scritta per i contratti a termine che abbiano una durata superiore a 12 giorni, obbligo stabilito nell'art. 1, comma 2 del d.lg. 368/2001.

Quest'ultima esclusione appare d'importanza non secondaria, poiché viene così fortemente attenuato anche il principale requisito per l'assunzione a termine, cioè quello casuale stabilito dall'art. 1, comma 2 del d.lg. 368/2001. Il rispetto dell'obbligo di effettuare assunzioni a termine solo a fronte di temporanee "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" perde così il principale strumento di verifica giudiziale, costituito dalla stesura per iscritto di queste ragioni nel contratto di lavoro. Viene pertanto aperta la possibilità alle Fondazioni liriche di giustificare tramite testimonianza o altri mezzi l'apposizione della clausola del termine ai contratti di lavoro stipulati. Sul piano di principio, la modifica è assai significativa, collocando la disciplina di questo settore in una logica opposta al quella del lavoro a termine in generale. Sul piano pratico essa non è dirompente, poiché l'attività teatrale e lirico sinfonica è per definizione basata su esigenze temporanee ed obbiettivi specifici, con la conseguenza che sarebbe comunque stato tendenzialmente agevole per le Fondazioni liriche giustificare anche formalmente assunzioni a tempo determinato.

Restano viceversa applicabili le altre disposizioni del d.lg. 368/2001, in particolare i divieti di assunzione di cui all'art. 3, tra cui la proibizione del crumiraggio indiretto esterno, cioè l'assunzione a termine di lavoratori per sostituire gli scioperanti. Dato che il personale artistico è per definizione scarsamente fungibile (e che al teatro ed alla lirica ovviamente non è applicabile la legge 146/1990 sullo sciopero nei servizi essenziali), la mera indizione di uno sciopero comporta tendenzialmente l'impossibilità di dare corso allo spettacolo. In tali casi peraltro la Fondazione può non retribuire i lavoratori che non intendevano aderire all'agitazione, qualora la loro prestazione sia resa inutile; ma non può annunciare anticipatamente l'annullamento ufficiale dello spettacolo allo scopo di minimizzare il disagio per il pubblico, trattandosi altrimenti d'illegittima serrata preventiva [11]. Secondo l'orientamento consolidato, infatti, il singolo dipendente può riservarsi fino all'ultimo momento la decisione sul se aderire all'agitazione. In proposito i lavoratori dello spettacolo dispongono di uno strumento di pressione molto forte nel breve periodo, che però ha evidenti effetti controproducenti sulla reputazione di affidabilità dell'istituzione artistica stessa.

Sempre a proposito delle assunzioni a tempo determinato, la parte finale dell'art. 3, comma 5 del d.l. 64/2010 stabilisce che le Fondazioni liriche possono avvalersi delle tipologie contrattuali disciplinate dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la nota riforma c.d. Biagi del mercato del lavoro. Il generale rinvio che, come detto, l'art. 22 del d.lg. 367/1996 effettua alle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa rende pleonastico l'espresso richiamo ora effettuato al d.lg. 276/2003, richiamo che dunque ha una valenza più politica che tecnica. Non si sarebbe comunque dubitato della possibilità delle Fondazioni liriche di effettuare assunzioni tramite tutte le tipologie in senso lato a termine (contratto di inserimento, contratto di apprendistato, contratto di lavoro intermittente o a chiamata, le cui ipotesi comprendono anche il lavoro nello spettacolo [12]), seppur soltanto entro il limite del 15 per cento dell'organico, esclusi i c.d. aggiunti, stabilito dallo stesso art. 3, comma 5 (sicché il contingentamento quantitativo di cui all'art. 10, comma 7 del d.lg. 368/2001, pur non escluso, è da intendersi come possibilità per l'autonomia collettiva di stabilire una percentuale più bassa).

Questo rinvio specifico al d.lg. 276/2003 rischia però di avere conseguenze ultronee rispetto all'intento del legislatore, poiché potrebbe dedursene l'inapplicabilità ai dipendenti delle Fondazioni liriche delle tipologie contrattuali contenute nel decreto legislativo del 2003 diverse da quelle per le "assunzioni a tempo determinato", cioè il lavoro ripartito e quello a tempo parziale che siano senza termine di durata; nonché, soprattutto, i contratti a progetto, che non comportano "assunzione", trattandosi come noto di collaborazioni autonome. Sarebbe però un'interpretazione non condivisibile, poiché il rinvio al d.lg. 276/2003 effettuato dall'art. 3, comma 5 del d.l. 64/2010 ha solo la funzione di ribadire la legittimità delle assunzioni a termine, in un contesto in cui lo stesso comma pone viceversa limiti alle assunzioni a tempo indeterminato.

6. Il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato

L'art. 3, comma 5 del d.l. 64/2010 stabilisce infatti il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato per l'intero 2011 da parte delle Fondazioni liriche, nonché il divieto di proseguire o indire procedure concorsuali per tale scopo. Le uniche eccezioni ammesse sono le assunzioni per le "professionalità artistiche necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza indispensabili all'attività produttiva". Tale verifica viene devoluta in pratica al ministro per i Beni e le Attività culturali, al quale il comma assegna un potere di autorizzazione. Anche qui viene introdotta un'anomala disciplina di stampo pubblicistico, che non solo impone ad un soggetto privato un blocco delle assunzioni, ma soprattutto devolve al ministro un penetrante potere di autorizzazione in deroga. Si tratta sostanzialmente di una prosecuzione del blocco stabilito specificamente per le Fondazioni liriche per gli anni 2008, 2009 e 2010 da parte dell'art. 2, comma 392 della legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244 (che a sua volta seguiva al blocco per gli anni 2006 e 2007 stabilito dall'art. 1, comma 595 della legge finanziaria 266/2005, che nemmeno ammetteva deroghe su autorizzazione del ministro).

Dall'anno 2012, invece, il blocco viene notevolmente allentato, in quanto le Fondazioni, ferme restando le compatibilità di bilancio, potranno assumere un numero di persone equivalente a quelle cessate, purché entro i limiti della spesa relativa a tale personale nell'anno precedente (cioè per il 2012 la spesa effettuata nel 2011). In sede di conversione del decreto legge, sono stati inseriti un comma 8-bis che esonera completamente dal blocco delle assunzioni la "Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari" di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, purché autorizzate da ministro; e un comma 5-bis che esonera dal blocco per il 2011 le Fondazioni i cui ultimi tre bilanci siano in pareggio, purché abbiano un rapporto percentuale tra i ricavi dalle vendite e delle prestazioni e l'ammontare del contributo statale non inferiore al 40 per cento nell'ultimo bilancio approvato. Anche qui emerge l'intento del legislatore di spingere le Fondazioni liriche verso una privatizzazione che non sia solo formale ma anche sostanziale, tanto che esse tendano a sostentarsi sempre più autonomamente.

7. Le altre disposizioni relative ai singoli rapporti di lavoro

Allo scopo di permettere la funzionalità, e quindi la redditività, dell'attività artistica delle Fondazioni, il nuovo decreto legge interviene anche sulla disciplina delle attività di lavoro autonomo degli artisti dipendenti. Incidendo sull'assetto stabilito dall'art. 23 del d.lg. 367/1996, l'art. 3, comma 1 del d.l. 64/2010 ricalca la disciplina di cui all'art. 2, comma 3 del d.lg. 498/1992, richiedendo la necessaria autorizzazione della persona del sovrintendente, e rinviando per il resto alla contrattazione collettiva nazionale ed aziendale. Quest'ultima dovrà stabilire anche limiti di impegno orario percentuale in relazione a quello dovuto per il rapporto di lavoro con la Fondazione.

Lo stesso art. 3, comma 1 del nuovo decreto stabilisce addirittura che qualora il nuovo contratto collettivo nazionale non venga sottoscritto entro la fine del 2011, sono vietate, a decorrere dal 1 gennaio 2012, tutte le prestazioni di lavoro autonomo rese da tale personale. La seconda parte del primo comma predetto mantiene ferme le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1 [13], 273 [14], 274 [15] e 508 [16] del Testo unico della scuola n. 297/1992 e quelle di cui all'articolo 9, commi 1 e 2 della legge 498/1992, le quali stabiliscono che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato del personale amministrativo, artistico e tecnico degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate è incompatibile con qualsiasi altro lavoro dipendente pubblico o privato.

Più che limitare le attività artistiche aggiuntive, invero, sarebbe stato forse preferibile puntare sul rigoroso (e sanzionato) rispetto delle attività programmate dalla Fondazione di cui l'artista è dipendente. Ciò però presuppone una buona funzionalità dell'attività organizzativa della Fondazione, la quale sia in grado di programmare per tempo un calendario tale da saturare l'impegno orario dei suoi artisti.

Allo scopo di contenere la spesa per il personale, l'art. 3, commi 7-8 modifica l'età pensionabile per i tersicorei ed i ballerini. Sul piano di principio l'intervento è significativo, trattandosi di una riduzione dell'età pensionabile al confronto con la previgente disciplina speciale, in controtendenza rispetto ai generali orientamenti, anche europei, che mirano all'innalzamento dell'età di pensionamento. Peraltro si tratta di un alleggerimento per le casse delle Fondazioni liriche: ma non per le casse pubbliche in generale, trattandosi in realtà di un mero spostamento dell'onere finanziario sull'Enpals. Anzi, al termine del blocco delle assunzioni del 2011 questi pensionamenti potranno comportare nuove assunzioni sostitutive.

L'intervento riguarda comunque un ristretto novero di dipendenti, come si deduce dalla esigua entità del finanziamento di 2 milioni di euro stanziato (che in sostanza rappresenta un finanziamento indiretto per le Fondazioni). La previgente disciplina richiedeva, con un minimo di 20 anni di anzianità assicurativa e contributiva, un'età minima di 52 anni per gli uomini e 47 anni per le donne nel sistema retributivo o misto. In base al nuovo decreto legge del 2010, già al raggiungimento dei 45 anni di età si ottiene la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, calcolata con il coefficiente cui normalmente si ha diritto al raggiungimento dell'età massima di 65 anni. L'art. 3, comma 7 del d.l. 64/2010 ha così abrogato la previgente disciplina speciale di cui all'art. 4, comma 13 del d.lg. 182/1997 [17].

Per i due anni successivi all'entrata in vigore della legge di conversione n. 100/2010, la possibilità di rimanere in servizio, fermo restando il predetto limite massimo di pensionamento di vecchiaia di 47 anni per le donne e 52 anni per gli uomini, è stata mantenuta tramite l'introdotta possibilità di presentare domanda di opzione rinnovabile per una prosecuzione annuale, domanda che doveva essere presentata entro l'agosto 2010. Coloro che invece compiranno l'età per il conseguimento del diritto successivamente, ma entro il 30 giugno 2012, dovranno presentare istanza almeno tre mesi prima del compimento del 45esimo anno di età (cfr. anche la circ. Enpals n. 12 del 6 ottobre 2010, che ha sostituito la circ. n. 7 del 23 luglio 2010 dello stesso ente). Merita ricordare che anche a questi lavoratori si applica la nuova disciplina della decorrenza pensionistica di cui all'art. 12 del d.l. 78/2010 per coloro che maturano il diritto dopo il 2010 (su cui v. la circ. Inps n. 126 del 2010).

Note

Il contributo è frutto di una comune riflessione degli Autori. Sandro Mainardi ha scritto i §§. 1-4; Davide Casale i §§. 5-7”.

[1] Cfr. al riguardo M. Tutino, Il decreto della discordia, in Aedon, n. 2/2010.

[2] I primi due commi dell'art. 1 del decreto legge 24 novembre 2000, n. 345, convertito con modificazioni con legge 26 gennaio 2001, n. 6, hanno stabilito la trasformazione degli enti lirici in Fondazioni a decorrere dal 23 maggio 1998, con il subentro nei diritti, negli obblighi e nei rapporti attivi e passivi, e l'applicabilità, per quanto non espressamente previsto dal decreto stesso, del d.lg. 367/1996 e del codice civile.

[3] Sulla disciplina legale di questo processo, v. da ultimo P. Forte, Fondazioni, privatizzazione, concorrenza nella lirica: un cammino ancora in corso, in Aedon, n. 1/2009. Per un'analisi di carattere economico del contesto, v. L. Zan, La trasformazione delle organizzazioni culturali in Fondazione: la prospettiva manageriale, in Aedon, n. 2/2003.

[4] Cfr. S. Mainardi, D. Casale, Cessione di attività culturali della pubblica amministrazione e rapporti di lavoro, in Aedon, 1/2007.

[5] Cfr. Corte cost. 18 novembre 2000, n. 503, in Foro it., 2001, I, 30, la quale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 76 della Costituzione, il decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134, in quanto tale decreto disciplinava un oggetto estraneo alla delega conferita dalla legge n. 59 del 1997 (con l'art. 11, comma 1, lettera b): esso infatti, anziché riordinare organicamente enti pubblici nazionali in attesa di riforma, modificava e in senso restrittivo - eliminando, in particolare, lo strumento dell'intesa con le regioni interessate - aspetti procedimentali del riordino di enti lirici nazionali già oggetto di un'organica e di poco anteriore revisione legislativa (attuata con il decreto legislativo n. 367 del 29 giugno 1996, sulla base dell'art. 2 della legge 28 dicembre 1995, n. 549), presupposta, tra l'altro, dall'art. 156 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Sull'assetto delle fonti successivo alla riforma del Titolo V Cost. cfr. C. Barbati, Lo spettacolo: il difficile percorso delle riforme (dalla Costituzione del 1948 al "nuovo" Titolo V e "ritorno"), in Aedon, n. 1/2003, e, più recentemente, C. Tubertini, La disciplina delle attività culturali nella legislazione regionale: un "nuovo" bilancio, in Aedon, 1/2007.

[6] Cfr. il d.m. ministero per i Beni e le Attività culturali 29 ottobre 2007, recante Criteri generali e percentuali di ripartizione quote Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, destinata alle Fondazioni lirico-sinfoniche, nonché da ultimo il d.m. ministero per i Beni e le Attività culturali 13 febbraio 2009, prot. 514 c 18.01.04-3.

[7] Per un approfondimento v. L. Zan, S. Bonini Baraldi, P. Ferri, M. Lusiani e M.M. Mariani, Il finanziamento pubblico allo spettacolo dal vivo: una ricerca empirica, in Aedon, 2/2008.

[8] Cfr. M. Tutino, op.cit., 3.

[9] Per una analisi del fenomeno del "danno da contrattazione integrativa", v. A. Viscomi, Contrattazione integrativa, nullità della clausola difforme e responsabilità "diffusa", in Lav. Pubb. Amm., 2007, 859 ss.

[10] Amplius L.M. Dentici, Abrogazioni, disciplina transitoria e sanzioni nel d.lg. n. 368/2001, in A. Garilli, M. Napoli (a cura di), Il lavoro a termine in Italia e in Europa, Giappichelli, Torino, 2003, 180-182.

[11] Così Trib. Palermo 15 giugno 2009, Fials c. Fondaz. teatro municipale Palermo, in Riv. It. Dir. Lav., 2010, II, 181, con nota di Nucci. Vedi anche T. Bologna, 24 aprile 2009, Fials c. Fondaz. teatro comunale Bologna, in Orient. giur. lav., 2009, I, 271, con nota di Nucci, che ha stabilito che, nell'ipotesi di proclamazione ed attuazione di uno sciopero, gli avvisi con i quali il datore di lavoro rifiuti preventivamente le prestazioni dei lavoratori che decidano di non aderire all'astensione collettiva, sono dotati di una oggettiva valenza dissuasiva sull'esercizio futuro del diritto costituzionalmente tutelato; tali avvisi, pertanto, integrano gli estremi di condotta antisindacale di cui all'art. 28 stat. lav.

[12] Cfr. il d.m. ministero del lavoro 23 ottobre 2010, che rinvia all'elenco contenuto nel r.d. 2657/1923, il cui punto 43 del r.d. 2657/1923 comprende gli "artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici" (voce aggiunta dal r.d. 28 aprile 1938, n. 784 e poi così modificata dal d.p.r. 30 aprile 1976, n. 517).

[13] Il comma stabilisce che "Il divieto di cumulo di impieghi di cui all'articolo 508 del presente testo unico non si applica al personale docente dei conservatori di musica e delle accademie di belle arti, nei limiti di quanto previsto nell'articolo 273".

[14] L'art. 273 ha il seguente tenore: "Contratti di collaborazione. 1. I conservatori di musica, per lo svolgimento di attività didattiche ed artistiche per le quali non sia possibile provvedere con personale di ruolo, possono stipulare contratti di collaborazione con il personale dipendente da enti lirici o da altre istituzioni di produzione musicale, previa autorizzazione dei rispettivi competenti organi di amministrazione. Analogamente possono provvedere i predetti enti e istituzioni di produzione musicale nei confronti del personale docente dipendente dai conservatori, previa autorizzazione del competente organo di amministrazione del conservatorio. 2. Tali contratti di collaborazione, se stipulati dai conservatori di musica, vengono disposti secondo l'ordine di apposite graduatorie compilate in base alle norme relative al conferimento delle supplenze. I contratti medesimi possono riferirsi esclusivamente all'insegnamento di discipline corrispondenti all'attività artistica esercitata. 3. I contratti di collaborazione hanno durata annuale e si intendono tacitamente rinnovati nel caso in cui il posto non venga occupato da un docente di ruolo. 4. I titolari dei contratti assumono gli stessi obblighi di servizio dei docenti. 5. Il compenso per le attività previste nel contratto di collaborazione ha carattere onnicomprensivo e deve essere pari all'entità del trattamento economico complessivo che compete ad un docente di ruolo alla prima classe di stipendio con esclusione della tredicesima mensilità, delle quote di aggiunta di famiglia e di ogni altra indennità di cui le norme vigenti vietano il cumulo. 6. Dopo un quinquennio anche non consecutivo di attività contrattuale il compenso viene calcolato con le modalità di cui al precedente comma sulla base della seconda classe di stipendio del personale di ruolo. 7. Gli enti possono stipulare con il personale docente dei conservatori di musica e delle accademie di belle arti contratti annuali o biennali, rinnovabili per le attività di rispettiva competenza. 8. Nello stato di previsione del ministero della pubblica istruzione è iscritto, in apposito capitolo, uno stanziamento per far fronte all'onere derivante ai conservatori per la stipula dei contratti di collaborazione. 9. Il ministero della pubblica istruzione provvede ogni anno alla ripartizione di tale stanziamento tra i conservatori in relazione alle esigenze accertate".

[15] L'art. 274 riguarda i contratti di collaborazione per il personale in servizio alla data del 13 luglio 1980.

[16] L'art. 508 disciplina le incompatibilità: "1. Al personale docente non è consentito impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto. 2. Il personale docente, ove assuma lezioni private, è tenuto ad informare il direttore didattico o il preside, al quale deve altresì comunicare il nome degli alunni e la loro provenienza. 3. Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il direttore didattico o il preside possono vietare l'assunzione di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto. 4. Avverso il provvedimento del direttore didattico o del preside è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via definitiva, sentito il parere del consiglio scolastico provinciale. 5. Nessun alunno può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto. 6. Al personale ispettivo e direttivo è fatto divieto di impartire lezioni private. 7. L'ufficio di docente, di direttore didattico, di preside, di ispettore tecnico e di ogni altra categoria di personale prevista dal presente titolo non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico. 8. Il predetto personale che assuma altro impiego pubblico è tenuto a darne immediata notizia all'amministrazione. 9. L'assunzione del nuovo impiego importa la cessazione di diritto dall'impiego precedente, salva la concessione del trattamento di quiescenza eventualmente spettante ai sensi delle disposizioni in vigore. 10. Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l'autorizzazione del ministero della pubblica istruzione. 11. Il divieto, di cui al comma 10, non si applica nei casi si società cooperative. 12. Il personale che contravvenga ai divieti posti nel comma 10 viene diffidato dal direttore generale o capo del servizio centrale competente ovvero dal provveditore agli studi a cessare dalla situazione di incompatibilità. 13. L'ottemperanza alla diffida non preclude l'azione disciplinare. 14. Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che l'incompatibilità sia cessata, viene disposta la decadenza con provvedimento del direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale appartenente ai ruoli nazionali; con provvedimento del provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, per il personale docente della scuola materna, elementare e media e, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore. 15. Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l'esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l'orario di insegnamento e di servizio. 16. Avverso il diniego di autorizzazione è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via definitiva".

[17] L'art. 4, comma 13, del d.lg. 182/1997 stabiliva che "Per i lavoratori appartenenti alle categorie dei tersicorei e ballerini iscritti successivamente alla data del 31 dicembre 1995, stante la specificità dell'attività lavorativa svolta, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è consentito aggiungere alla propria età anagrafica, ai fini del conseguimento dell'età pensionabile prevista dall'articolo 1, comma 20, della citata legge n. 335 del 1995, e per l'applicazione dei coefficienti di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della citata legge n. 335 del 1995, un anno ogni quattro di lavoro effettivamente svolto nelle suddette qualifiche, fino ad un massimo di cinque anni".

 



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