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I volti della tutela: fattispecie ed esperienze

La tutela del Codice Atlantico di Leonardo tra lo Stato e la Regione Lombardia

di Andrea Fantin

Sommario: 1. Premessa. - 2. La tutela come funzione amministrativa negli artt. 4 e 5 del Codice dei beni culturali. - 3. Il Codice Atlantico: opera libraria, raccolta di disegni o raccolta di manoscritti?

The responsibility for the conservation of Leonardo's Atlantic Codex, between State and Lombardy Region
Starting point of this paper is the debate, which arose between the Ministry of Cultural Heritage and the Lombardy Region, and concerning who is the real holder of the responsibility for the preservation of the Leonardo Da Vinci's Atlantic Codex, today property of the Ambrosiana Library in Milan. The dispute derives from the genesis of the Codex (initially single leaves, only later bound together by a person different by the author) and the heterogeneity of the documents collected in it, something which does not allow to absolutely affirm that the Codex is a book, or a collection of separate drawings or manuscripts. As highlighted by the paper in fact, the different choice to consider the Codex a book (as a whole), or otherwise a collection of single drawings or manuscripts (i.e. made of single entities), results in shifting - according to the rules in force - the holder of the responsibility to one or to the other authority.

1. Premessa

Il presente scritto trae spunto dalla querelle sorta tra il ministero dei Beni culturali - Sovraintendenza per i beni storico-artistici di Milano (Stato) e la Direzione generale culture, identità e autonomie della Lombardia - Settore beni librari (Regione Lombardia) in relazione a chi spetti - secondo la normativa vigente - l'esercizio della funzione di tutela sul "Codice Atlantico" di Leonardo da Vinci custodito nella Biblioteca Ambrosiana.

Più specificamente la questione è stata originata dalla rivendicazione - da parte del ministero - della competenza esclusiva a gestire ed autorizzare un intervento di tutela (restauro conservativo), avente ad oggetto la "sfascicolatura" e la ricomposizione - sotto altra veste - del contenuto del Codice Atlantico [1].

Prima di affrontare gli aspetti di merito, è opportuno a fini di chiarezza precisare l'oggetto "del contendere".

Il Codice Atlantico - custodito nella Biblioteca Ambrosiana - ente privato che ne è anche proprietario - rappresenta la più vasta e ampia raccolta di disegni, schizzi e scritti di Leonardo da Vinci essendo composto da 1119 fogli rilegati in complessivi 12 volumi [2].

L'attuale forma e consistenza del Codice non sono tuttavia opera dell'autore ma devono attribuirsi al paziente lavoro dello scultore Pompeo Leoni [3] che - dopo aver recuperato molti documenti andati dispersi [che abbracciano un lungo periodo degli studi leonardeschi (dal 1478 al 1519)] [4] - decise di assemblarli al fine di garantirne una più sicura e facile conservazione.

E' proprio la particolare genesi dell'opera (fogli inizialmente singoli rilegati solo successivamente da soggetto diverso dall'autore) e l'eterogeneità del contenuto degli stessi "documenti" che hanno indotto sia lo Stato che la Regione Lombardia a rivendicare ciascuno la competenza in ordine all'esercizio della tutela sul Codice.

Come si avrà modo di evidenziare di seguito, considerare il Codice Atlantico come opera libraria - a valutarlo nell'insieme - o come raccolta di singoli disegni e manoscritti - a privilegiare le individualità che lo compongono - comporta uno spostamento quanto a titolarità della tutela.

2. La tutela come funzione amministrativa negli artt. 4 e 5 del Codice dei beni culturali

Il Codice dei beni culturali, agli artt. 4 e 5 del decreto legislativo 22 gennaio, n. 42, stabilisce i criteri di riparto delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni culturali [5] fra Stato, regioni ed altri enti territoriali.

In particolare l'articolo 4, comma 1, attribuisce allo Stato [6] - al fine di garantirne l'esercizio unitario - la quasi totalità [7] di dette funzioni, come consentito dall'art. 118, comma 1, Cost. [8].

Tale disposizione prevede un criterio di preferenza in forza del quale le funzioni vanno allocate di "default" al comune salvo stabilirne lo slittamento verso l'alto quando "la complessità degli interventi in cui si estrinsecano, faccia ritenere il comune inadeguato ad esercitarle" [9] oppure, qualora sia necessario il loro esercizio unitario [10].

L'art. 4 del d.lg. 42/2004 riflette appunto il convincimento del legislatore delegato di considerare lo Stato l'ente territoriale che meglio di altri può garantire omogeneità e organicità di intereventi in materia di tutela.

Unitamente alla previsione dell'art. 117 Cost., che annovera la tutela dei beni culturali tra quelle di competenza legislativa esclusiva dello Stato, esso delinea un sistema di pressoché totale "monopolio statale" [11] in tale materia, ripristinando di fatto il principio del parallelismo sancito dal previgente art. 118 Cost. [12].

Solo per alcuni limitati ambiti gli artt. 4 e 5 del Codice, delineano un ruolo delle regioni a proposito della funzione di tutela ed in molti casi in termini di semplice "cooperazione" [13] con il ministero.

Più precisamente le regioni si vedono conferite [14] le funzioni di tutela sui beni elencati all'art. 5, comma 2, ossia "manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonché libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato".

In aggiunta, l'art. 5, commi 3 e 4, prevede la possibilità di incrementare il ruolo delle regioni sulla base della conclusione di accordi o di specifiche intese [15] tra Stato e regioni previo parere della Conferenza Stato-regioni [16].

3. Il Codice Atlantico: opera libraria, raccolta di disegni o raccolta di manoscritti?

Richiamato brevemente l'assetto relativo alle competenze in materia di tutela dei beni culturali, può affrontarsi il tema della titolarità di tale funzione sul Codice Atlantico.

A tal fine occorre valutare a quale tipo di bene culturale esso appartenga, in particolare se rientri fra quelli indicati dall'art. 5, comma 2, ("manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonché libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato").

Come sopra precisato, il Codice Atlantico è custodito da tempo immemore presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano che ne è anche proprietaria.

Esso è composto di più fogli scritti e/o disegnati sia sul verso che sul recto da Leonardo, rilegati successivamente da un soggetto diverso dall'autore.

Il contenuto dei documenti che formano il Codice risulta assolutamente eterogeneo e spazia dalla meccanica, alla matematica, alla botanica, alla chimica, all'anatomia, alla geografia fino all'astronomia.

Si può dunque sostenere che le "carte" - originariamente separate - siano servite all'autore come semplici supporti sui quali annotare, in momenti diversi, pensieri, intuizioni o esplicazioni sugli argomenti più vari ovvero disegnare progetti di architettura, di ingegneria, mappe topografiche di città, studi su figure umane o animali.

Tale circostanza trova, d'altra parte, conferma nel fatto che il processo di "unificazione" dei singoli fogli, in un solo grande raccoglitore, avvenne solo dopo la morte dell'autore e per iniziativa esclusiva di persone estranee a Leonardo che mai, peraltro, aveva progettato di dare sistematicità ai documenti stessi.

A ciò si aggiunga che, nel corso del tempo, il Codice - in seguito a precedenti interventi - aveva già perso la sua originaria conformazione essendo stato smembrato in più tomi rispetto all'unico originario album.

L'evoluzione strutturale del Codice - dapprima volume unico, successivamente rilegato in 12 volumi - sembra dunque dimostrare che il vero bene culturale da tutelare sia costituito dai singoli documenti e non dal loro contenitore, che ha rappresentato - e rappresenta - esclusivamente la modalità conservativa ritenuta più idonea a garantire l'integrità fisica dei singoli fogli.

Discende da ciò che il nuovo intervento di restauro proposto, consistente in un'ulteriore sfascicolatura dei documenti, rappresenta semplicemente una delle molteplici fasi della loro storia conservativa.

Se dunque il Codice Atlantico non può considerarsi un "unicum" - condizione questa necessaria per classificarlo opera libraria [17] - è necessario spostare l'analisi sulle singole "carte" in esso contenute.

Essenzialmente si tratta di valutare se i 1119 fogli olografi di Leonardo possano essere ricompresi nel genus del "manoscritto" oppure in quello del "disegno".

A seconda della soluzione accolta infatti la competenza in tema di tutela appartiene, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del d.lg. 42/2004 alla regione o allo Stato.

Con il termine "manoscritto" si identifica ogni documento (supporto materiale non necessariamente cartaceo) tracciato, usando le mani, con segni grafici rappresentanti convenzionalmente gli elementi di un sistema linguistico [18].

Per "disegno" si intende, invece, quel manufatto caratterizzato da segni rappresentanti oggetti, della realtà o dell'immaginazione, persone, figure geometriche etc. [19].

Nel caso in cui lo stesso documento presenti poi tanto i caratteri del "manoscritto" che del "disegno", occorrerà far valere il criterio della prevalenza, come suggerisce la considerazione unitaria, da parte dell'art. 5, comma 2, dei "manoscritti" e degli "incunaboli" [20], che, come è noto, possono presentare, unitamente alla scrittura a stampa, anche piccoli disegni, miniature e illustrazioni.

In conclusione dovrà dunque considerarsi "manoscritto", ai sensi dell'art. 5, comma 2, ogni documento che presenti in via almeno prevalente la scrittura rispetto ad illustrazioni, disegni, miniature.

Analizzando le diverse "carte" del Codice Atlantico, si può rilevare che la loro natura è varia: materiali con solo disegni [21], materiali con sola scrittura [22], materiali "misti", ossia contenenti disegni annotati ed esplicati da scrittura [23].

Da ciò discenderebbe che la funzione di tutela dovrebbe essere esercitata dallo Stato sui documenti che contengono prevalentemente disegni, e dalla regione su quelli che presentano una prevalenza della scrittura rispetto al disegno.

Tale soluzione appare però, per più aspetti, insoddisfacente.

Anzitutto lascerebbe senza soluzione il tema della competenza in ordine alle carte "miste", ossia quelle che non presentano la prevalenza né del disegno né della scrittura.

In secondo luogo, e soprattutto, essa non terrebbe conto della "tradizione conservativa" delle stesse carte.

Da tempo immemore esse sono state considerate, invero, oggetto di conservazione unitaria.

Indipendentemente dalla specificità presentata da ciascuna - l'essere esse in parte manoscritti, in parte disegni, in parte documenti "misti" - sono state ritenute costituire un unicum come testimonianza dell'ingegno di Leonardo.

Proprio a fini di conservazione unitaria si deve, come sopra accennato, la loro successiva raccolta in un unico grande album, appunto il Codice Atlantico.

Se in base ad una considerazione analitica e "decontestualizzata" sarebbe possibile procedere a qualificare separatamente i documenti, la vicenda storica spinge ad una qualificazione unitaria e necessariamente "mista".

Del resto proprio di recente è stato ricordato - a proposito ad esempio, del Pothos con la cetra successivamente aggiunta, e dell'Antinoo con la testa anch'essa frutto di una successiva addizione - che "nessun'opera è fissata nel momento in cui fu plasmata, ma ha attraversato il tempo e vicende divenute inscindibili dall'opera stessa" [24].

La tradizione conservativa spinge quindi ad una considerazione d'insieme delle carte leonardesche e, tenuto conto della loro natura ibrida, fa considerare plausibile una competenza condivisa fra Stato e regione in ordine alla funzione di tutela.

Estendendo al piano dell'amministrazione il principio formulato dalla Corte costituzionale in ambito di legislazione nel caso di competenze concorrenti [25], può prospettarsi dunque come soluzione che la tutela in chiave amministrativa sulle carte raccolte nel Codice Atlantico vada esercitata dallo Stato e dalla Regione Lombardia in forma condivisa, ossia secondo il criterio della leale collaborazione e quindi dell'intesa.

Tale criterio dà anche soluzione al caso in cui nel singolo materiale non sussista una prevalenza né del disegno né della scrittura; soprattutto, però, pare garantire al meglio la continuità di quell'approccio organico, quanto a tecniche di conservazione, di cui fin adesso hanno goduto le carte leonardesche.

Note

[1] L'intervento in oggetto riguardava più precisamente un restauro consistente nella sfascicolatura del Codice Atlantico composto di 12 volumi in pelle e la sua ricomposizione in nuove cartelle, con fogli sciolti e relativi passepartout. Da segnalare, come si dirà nel prosieguo, che nel corso del tempo il Codice Atlantico ha subito modificazioni quanto alla sua struttura che originariamente consisteva in un unico volume rilegato in pelle contenente tutti i 1119 documenti.

[2] Di grande interesse è la descrizione che nel 1637 fu fatta del Codice Atlantico in occasione della donazione, da parte di Galeazzo Arconati - all'epoca proprietario dell'opera leonardesca - alla Biblioteca Ambrosiana, attuale proprietario. Nell'atto il Codice Atlantico viene così descritto: "è un grande libro, cioè lungo oncie tredici da legname et largo nove e mezza, coperto di corame rosso stampato con duoi fregi d'oro con quattro arme d'aquile, e leoni, e quattro fiorami nelli cartoni tanto da parte, quanto dall'altra esteriormente, con lettere d'oro d'ambo le parti, che dicono DISEGNI DI MACHINE, ET DE LE ARTI SECRETE, E ALTRE COSE DI LEONARDO DA VINCI, RACCOLTI DA POMPEO LEONI; nella schiena vi sono sette fiorami d'oro con quattordici fregi d'oro, il qual libro è di fogli trecentonovantatre di carta reale per rispetto dello sfogliato, ma vi sono altri sei di più nello sfogliato, sì che sono fogli in tutto num. 399 nei quali vi sono riposte diverse carte di disegni al num. di millesettecentocinquanta".

[3] Pompeo Leoni nacque nel 1533 e morì a Madrid nel 1608. Scultore italiano, figlio di Leone Leoni e suo allievo collaborò spesso con il padre lavorando alla sistemazione e alla rifinitura di diverse opere a Madrid. Nelle sue opere l'accuratezza descrittiva e la penetrazione psicologica coesistono con la solenne intonazione cerimoniale, tra le sue opere più importanti le sculture di "Carlo V" e "Filippo II".

[4] Gli argomenti trattati nei 1119 fogli che compongono il Codice Atlantico hanno natura varia e spaziano dalla meccanica, matematica, botanica, chimica, anatomia, geografia, astronomia, macchine per il volo degli uccelli fino ai progetti relativi a mezzi per scendere sotto il mare e progetti d'architettura.

[5] Sulla funzione della tutela nel d.lg. 42/2004, G. Sciullo, La tutela del patrimonio culturale (art. 3), in Aedon 1/2004.

[6] In realtà il legislatore ha previsto all'art. 4 del d.lg. 42/2004 che le funzioni amministrative in materia di tutela non siano attribuite allo Stato ma direttamente al ministero. Sul punto cfr. G. Pastori, Commento Art. 4, cit., il quale osserva come appaia impropria - anche alla luce di quanto previsto all'art. 52 del d.lg. 300/1999 - attribuire le funzioni in materia di tutela non più allo Stato ma direttamente al ministero con: "la sconcertante previsione che sia il ministero a disporre delle funzioni stesse e che sia il ministero in particolare a conferire l'esercizio di funzioni alle regioni ... tramite forme di intesa e coordinamento ... quindi con atti normativi sub legislativi".

[7] Come si avrà modo di accennare in seguito, infatti l'articolo 4 prevede che la regione eserciti funzioni di tutela in via esclusiva solo sui beni indicati all'art. 5, comma 2.

[8] Per una visione generale della riforma costituzionale dell'art. 118 della Costituzione, G. Sciullo, Voce "Federalismo amministrativo", in Digesto IV (Disc. Pubbl.), vol. II - Aggiornamento, Utet, Torino, p. 326.

[9] C. Barbati, Il diritto dei beni culturali, a cura di C. Barbati, M. Cammelli, G. Sciullo, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 106.

[10] Cfr. sul punto P.L. Portaluri, Commento Art. 4, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M.A. Sandulli, Giuffrè, Milano, 2006, p. 40, il quale sottolinea che pur rispondendo le scelte effettuate dal legislatore delegato nell'art. 4 del d.lg. 42/2004 allo spirito della riforma del Titolo V ed in particolar modo ai principi delineati dall'art. 118, comma 1, Cost., "qualche perplessità deriva dal fatto che lo stesso legislatore non si è curato di dare reale spessore alle esigenze di esercizio unitario che quella soluzione hanno suggerito".

[11] L. Portaluri, Commento Art. 4, cit., p. 40 il quale al riguardo afferma che dall'assetto delineato dal legislatore delegato emerge "un'amministrazione statale onnivora che trattiene per sé" quasi tutte le competenze in materia di tutela. D'altra parte tale affermazione sembra trovare compiuto riscontro nella formulazione - voluta dal legislatore - per la rubrica dell'art. 5 del d.lg. 42/2004 in cui il termine "cooperazione" lascia chiaramente intendere il ruolo secondario attribuito agli enti territoriali diversi dallo Stato.

[12] G. Pastori, Commento art. 4, in Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M. Cammelli, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 67.

[13] Più precisamente l'art. 5 stabilisce che la cooperazione tra Stato (rectius ministero) e detti enti territoriali deve attuarsi mediante la conclusione di accordi o intese (commi 1 e 5). Sul punto cfr. anche G. Pastori, Commento Art. 5, in Il Codice, cit., pp. 73 e ss., il quale precisa altresì che dall'analisi degli articoli del d.lg. 42/2004 che prevedono poteri e modalità di cooperazione tra Stato e enti territoriali (art. 17 - catalogazione; art. 18 - vigilanza; art. 24 -intereventi su beni di enti pubblici; art. 29 -conservazione; art. 30 - obblighi conservativi; art. 40 - interventi conservativi; artt. 45 e 46 - tutela indiretta; art. 60, 61, 62 - prelazione; 63 - commercio; 96, 97 e 98 - espropriazione) emerge come l'attività oggetto di cooperazione regionale e locale si concretizzi "in attività di intervento operativo per la protezione e la difesa concreta ed effettiva dei beni".

[14] Cfr. G. Pastori, Commento Art. 5, cit., p. 70 il quale al riguardo osserva che: "nonostante il comma 1 dell'art. 4 parli di "funzioni conferite", si tratta più propriamente, per le espressioni usate, di un conferimento dell'esercizio di funzioni equiparabile a una delega. Ciò in difformità da quanto vorrebbe l'art. 118 Cost. che fa riferimento ad un riparto di funzioni mediante l'attribuzione della titolarità delle stesse e in coerenza invece con le scelte fatte all'art. 4", aggiungendo che tale affermazione trova compiuta conferma anche nel contenuto dell'art. 5, comma 7, che attribuisce al ministero per tutte le funzioni conferite alle regioni i poteri di indirizzo, vigilanza e sostituzione in caso di perdurante inerzia o inadempienza di quest'ultime.

[15] In particolare viene espressamente previsto dall'art. 5 del d.lg. 42/2004 che tali accordi o intese debbano attuarsi o: A) attraverso il conferimento delle funzioni di tutela su ulteriori specifici beni e più precisamente "carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo con relativi negativi e matrici non appartenenti allo Stato" (comma 3); o B) o attraverso l'individuazione - sulla base dei principi di differenziazione ed adeguatezza - di ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela per quelle regioni che ne facciano espressa richiesta.

[16] Cfr. C. Barbati, Il diritto dei beni culturali, a cura di C. Barbati - M. Cammelli - G. Sciullo, 2006, Il Mulino, Bologna, p. 114 che in relazione a tale previsione precisa che il comma 4 "per il fatto di richiamare i principi di differenziazione e adeguatezza, oltre che le forme di intesa e di coordinamento di cui al precedente comma 3, sembra in realtà volersi riferire alle previsioni costituzionali sia dell'art. 118 sia dell'art. 116, comma 3, ove si contempla la possibilità di attribuire alle regioni con legge dello Stato, su loro iniziativa e sulla base di intese con esse "forme e condizioni particolari di autonomia".

[17] Cfr. Vocabolario della lingua italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani, Voce "Libro", Vol. II (D - L), Arti Grafiche Ricordi, Milano, 1989, p. 1115 definisce il libro come il "complesso di fogli della stessa misura, stampati o manoscritti, e cuciti insieme così da formare un volume, fornito di copertina o rilegato". Sull'evoluzione della tutela dei beni librari, G. Sciullo, La tutela dei beni librari, in Aedon 2/2006.

[18] Cfr. Vocabolario, cit., Voce "Manoscritto", Vol. III (M - PD), Arti Grafiche Ricordi, Milano, 1989, p. 68.

[19] Cfr. Vocabolario, cit., Voce "Disegno", Vol. II (D - L), Arti Grafiche Ricordi, Milano, 1989, p. 129.

[20] Cfr. Vocabolario, cit., Voce "Incunaboli", Vol. II - (D - L), Arti Grafiche, Milano, 1989, p. 830: "dal latino "incunabula" (fasce), derivato da "cunae" (culla) nome dato ai primi prodotti della tipografia dalle origini al 1500 incluso ".

[21] Cfr. al riguardo il foglio 33-recto del Codice Atlantico: "Bombarda, Studi per mortai che lanciano palle esplosive".

[22] Cfr. al riguardo il foglio 1082-recto del Codice Atlantico: "Lettera di presentazione scritta per il Moro".

[23] Cfr. al riguardo il foglio 26-verso del Codice Atlantico: "Macchina per raccogliere e sollevare acqua".

[24] C. Dal Maso, Nuove sale Farnese, in Il Sole 24 Ore, 11 ottobre 2009, p. 47.

[25] Cfr. ad es., Corte cost. n. 124 del 22 aprile 2009.

 



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