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I finanziamenti comunitari alle attività culturali

di Francesco M. Lazzaro


Sommario: 1. Il quadro normativo comunitario in materia di beni culturali. - 2. L'evoluzione storica del finanziamento comunitario alle attività culturali. - 3. Il programma d'azione Cultura 2000. - 4. Alcune considerazioni conclusive.



1. Il quadro normativo comunitario in materia di beni culturali

Le politiche "culturali" dell'Unione europea sono riconducibili a due grandi filoni: la circolazione delle opere d'arte e il finanziamento di attività e progetti a rilevanza artistica [1]. Il primo di essi riposa sulle direttive nn. 3911/92/CEE e 93/7/CEE, rispettivamente dedicate alla repressione delle esportazioni illegali di beni culturali verso Paesi terzi e all'obbligo di restituzione dei beni culturali illecitamente esportati dal territorio di uno Stato membro. In materia la dottrina è vastissima [2], mentre il sostegno economico da parte della Comunità alle attività culturali raramente trova adeguato spazio nel dibattito nazionale, a dispetto del grande impegno profuso in tal senso dalle istituzioni europee e della carenza di fondi che affligge il nostro Paese, ancora restio ad aprirsi agli apporti privati. E' solo il caso di notare, invece, come negli altri Stati membri - il cui patrimonio culturale è per converso molto minore - la dottrina abbia invece dimostrato vivo interesse per il fenomeno [3].

La disciplina giuridica di tale sostegno è principalmente delineata dal programma Cultura 2000 (decisione n. 508/2000/CE), che rappresenta il canale unico di finanziamento delle attività culturali per il periodo 2000-2004. La normativa di riferimento è poi completata da alcune disposizioni di rango "costituzionale".

La prima di esse è l'art. 151 T.U.E., che da solo costituisce il titolo XII del Trattato, dedicato appunto alla cultura. Come noto, tale articolo è stato introdotto nel 1992 a seguito della revisione di Maastricht e rappresenta il fondamento della disciplina comunitaria derivata di settore. La seconda norma sui beni culturali presente nel Trattato è l'art. 30, che consente agli Stati membri di prevedere deroghe al principio di libera circolazione delle merci ove finalizzate "alla protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale". In questo caso, però, la disposizione è molto specifica e inidonea a sorreggere una compiuta politica culturale [4].

Si può ricordare, ancora, l'art. 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che afferma la libertà delle arti e della ricerca scientifica, ma si tratta di un'enunciazione di principio, che si inserisce in un contesto giuridico incerto. Sul valore della Carta rispetto al generale sistema delle fonti comunitarie, infatti, non vi è chiarezza, anche se sembra prevalere l'orientamento che la ritiene un documento ricognitivo, quasi propedeutico all'adozione della Costituzione europea.

L'art. 151 T.U.E. rappresenta quindi l'unica base sicura su cui si fondano le politiche culturali [5]: esso dispone infatti che "la Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge a norma di altre disposizioni del presente Trattato". Premesso che la Comunità ha il dovere di contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri e di garantire le peculiarità nazionali, l'art. 151 T.U.E. indirizza l'azione delle istituzioni dell'Unione al sostegno sia della cooperazione fra gli Stati membri, sia delle politiche nazionali in materia. L'intervento comunitario, tuttavia, sconta rigidi vincoli procedurali, dal momento che il Consiglio è costantemente tenuto a deliberare all'unanimità dei suoi membri.

E' dunque sulla base dell'art. 151 T.U.E. che la Comunità ha varato i primi programmi di sostegno economico al settore culturale.

 

2. L'evoluzione storica del finanziamento comunitario alle attività culturali

Le politiche comunitarie di finanziamento alle attività culturali, in chiave storica, si caratterizzano principalmente per la recente attivazione e la settorialità degli interventi. Il loro start up risale agli anni '90 del secolo scorso, con la predisposizione di programmi specifici e mirati, di cui Caleidoscopio, Arianna e Raffaello sono gli esempi più significativi. E' opportuno svolgere qualche riga di commento per ognuno di essi, poiché, come si avrà modo di osservare più oltre, l'attuale quadro giuridico di tali politiche è costruito sulla scorta dei programmi pregressi, dei quali è tributario sia per i principi di riferimento sia per taluni ambiti di operatività.

Il programma Caleidoscopio, istituito con decisione n. 719/96/CE a seguito dei favorevoli risultati di un progetto pilota varato alcuni anni addietro, era riferito alla creazione artistica contemporanea e alla diffusione delle culture europee, mediante il sostegno alle iniziative di rilevante dimensione realizzate da almeno tre partners nazionali. L'ampio raggio d'azione ha permesso a Caleidoscopio di aiutare le arti dello spettacolo (danza, musica, teatro, opera...), le arti plastiche e visive (pittura, scultura, architettura, fotografia, design...) e la multimedialità quale mezzo di espressione artistica e di applicazione delle altre discipline.

Caleidoscopio finanziava due tipi di attività, sostenendo da un lato gli avvenimenti e i progetti culturali realizzati in partenariato o in network e, dall'altro, la cooperazione europea di "grande respiro". Nel primo ambito operativo rientravano i progetti culturali e artistici proposti da esponenti di almeno tre Stati membri, che comportassero un lavoro creativo destinato alla diffusione del sapere o accrescessero gli scambi culturali e l'accesso dei cittadini alla cultura. Ai fini del buon esito delle richieste di finanziamento le istituzioni comunitarie interessate domandavano quali condizioni preferenziali: l'interesse europeo dei progetti presentati, l'innovatività, la cooperazione durevole, lo svolgimento di stages e di corsi di perfezionamento.

Il secondo settore aveva sì il compito di sostenere i medesimi progetti, ma solo ove fossero richiesti da almeno quattro Stati membri e comprendessero artisti, creatori, interpreti, operatori culturali sempre di almeno quattro Stati membri. Inoltre, i progetti in questione dovevano rivestire l'ulteriore caratteristica di "significatività", cioè di grande rilevanza e notevole impatto culturale e socio-economico.

Passando ora al sommario esame di Raffaello, questi era il programma adottato (decisione n. 2228/97/CE) per contribuire alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale (immobile, mobile, archeologico, subacqueo, museale, archivistico...) tramite azioni a livello europeo. A titolo esemplificativo, attraverso Raffaello le istituzioni comunitarie hanno finanziato gli studi per il restauro di alcune statue del Bernini, richiesto congiuntamente dalla Galleria Borghese e dal Museo del Louvre di Parigi, nonché il progetto di atelier europeo dei siti archeologici patrocinato dai rappresentanti dei siti di Arles, Pompei e Messina.

Un primo campo di intervento investiva la conservazione, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale europeo sulla base del principio cooperativo. Le azioni così intraprese miravano a sostenere i "cantieri europei del patrimonio" e i progetti conservativi denominati "laboratori europei del patrimonio", in ragione dell'interesse e del carattere unici dei lavori previsti. In sostanza, questi ultimi riguardavano opere, monumenti e siti di eccezionale importanza storica e architettonica, rispetto ai quali si rendessero necessari interventi manutentivi e restaurativi particolarmente complessi sotto il profilo tecnico e scientifico.

Una seconda azione riguardava la cooperazione per lo scambio di esperienze e lo sviluppo di tecniche conservative del patrimonio artistico. Essa sosteneva i progetti destinati a identificare e soddisfare i bisogni delle ricerche scientifiche in materia culturale, assicurando nel contempo la diffusione delle informazioni tra gli operatori specializzati (scambi di esperienze, di studi d'inchieste; regolari riunioni di lavoro; seminari multidisciplinari...). Altri progetti finanziati erano quelli volti ad applicare al patrimonio le tecnologie di ultima generazione (prodotti audiovisivi e multimediali, servizi avanzati dell'informazione e della comunicazione) o a favorire la mobilità e il perfezionamento delle figure professionali.

Ancora, Raffaello era lo strumento destinato a contribuire all'accesso, alla partecipazione e alla sensibilizzazione dei cittadini al patrimonio culturale, segnatamente con l'erogazione di contributi a progetti di cooperazione transnazionale legati ai sistemi e ai prodotti multimediali, in modo da consentire al pubblico la fruizione di opere d'arte conservate nei diversi Paesi membri. Sono stati così alimentati progetti di presentazione multilingue dei beni culturali contenuti nei musei, nelle biblioteche, negli archivi...

Quanto al programma Arianna (istituito con decisione n. 2085/97/CE), infine, esso aveva il precipuo obiettivo di favorire la diffusione di opere letterarie (cioè "romanzi, racconti, saggi, opere di storia letteraria, biografie, opere teatrali, poesie") di origine europea, segnatamente grazie alla traduzione e alla promozione della lettura.

Per quanto concerne l'aiuto alla traduzione, l'Unione ha così finanziato, fra l'altro, i progetti volti a far conoscere Stefan Zweig al pubblico italiano, Louis-Ferdinand Céline a quello finalndese, Albert Camus a quello greco, Adrian Van Dis a quello francese... Nel novero delle azioni approvate, comunque, rientravano anche i contributi a organismi (associazioni, organizzazioni professionali, fondazioni, soggetti non profit) e collettività territoriali per la realizzazione di significative cooperazioni d'interesse europeo, cioè condotte da almeno tre Stati membri, nonché il sostegno alle figure professionali che operavano in favore della mutua conoscenza letteraria e della diffusione delle opere europee.

Sempre in ambito letterario non va dimenticato Aristeion, il programma che, a seguito della risoluzione sul libro e sulla lettura adottata dal Consiglio dei ministri degli affari culturali il 19 maggio 1989, finanziava il premio letterario europeo e il premio europeo della traduzione.

 

3. Il programma d'azione Cultura 2000

Il breve excursus delle pagine precedenti consente di individuare alcuni aspetti delle precedenti politiche di finanziamento utili nell'approccio agli attuali strumenti giuridici, soprattutto in chiave di analisi dell'evoluzione normativa.

Un primo rilievo attiene alla marginalità dei quadri d'intervento istituiti nello scorso decennio: i programmi esaminati, infatti, attenevano a settori alquanto specifici e tipizzati, insuscettibili di integrare una compiuta politica in materia di beni culturali. Sotto tale profilo Cultura 2000 rappresenta un significativo progresso rispetto al passato, poiché agisce in chiave generalista, costituendo l'unico strumento di finanziamento in materia.

Non sono invece mutati i principi ispiratori dell'azione comunitaria di sostegno, fra i quali assume primaria importanza quello di partenariato, che non implica solo la cooperazione (e l'associazione) fra Stati, quanto piuttosto l'agire congiunto di tutti i soggetti della vita sociale e istituzionale. Vanno poi ricordati sia l'accento posto sulla tutela dei beni culturali, sia la preferenza delle istituzioni comunitarie per i progetti che danno vita a forme di cooperazione transnazionale. Il favor dell'Unione per l'associazionismo, d'altronde, è una costante delle politiche europee, e specialmente di quelle che prevedono il ricorso ai fondi strutturali. In particolare, si segnala la disponibilità del Fondo europeo di sviluppo regionale, attraverso l'iniziativa Interreg, a finanziare forme di collaborazione transnazionale e transfrontaliera, senza dimenticare la disciplina comunitaria in tema di gemellaggi [6].

La valorizzazione dei beni culturali, infine, è un tratto saliente della normativa comunitaria, soprattutto in chiave di profonda interazione fra le istituzioni nazionali preposte al settore e la società civile. Vanno lette in questo senso le marcate aperture all'intervento dei privati nella gestione delle opere d'arte, l'attenzione verso gli aspetti economici e professionali del circuito culturale (affinamento delle competenze, miglioramento delle tecniche manutentive e restaurative, approccio multimediale...) e la preferenza per i progetti di grande ricaduta sul pubblico [7].

Il programma d'azione Cultura 2000 segna dunque il punto d'arrivo della politica comunitaria in materia di beni culturali e attua in maniera organica l'art. 151 del Trattato. Adottato con decisione comune del Parlamento europeo e del Consiglio 14 febbraio 2000, n. 508/2000/CE, esso incoraggia la creazione, la conoscenza e la diffusione della cultura dei popoli europei (segnatamente nel settore della musica, della letteratura, dello spettacolo dal vivo, dei beni immobili e mobili e delle nuove forme espressive) promuovendo la cooperazione tra organismi e operatori culturali e le competenti istituzioni culturali degli Stati membri. Esso sostiene le iniziative che, per la loro portata e la dimensione europea, favoriscono lo sviluppo delle culture all'interno e all'esterno dell'Unione. Come già anticipato, Cultura 2000 rappresenta inoltre lo strumento unico di programmazione e di finanziamento delle attività culturali per il periodo 2000-2004.

Attraverso questo programma l'Unione contribuisce economicamente alla realizzazione di progetti suggeriti dagli operatori del settore, siano essi amministrazioni pubbliche o privati, sotto forma di azioni specifiche caratterizzate dalla novità e dalla sperimentazione, o di azioni integrate all'interno di accordi di cooperazione (anche con gli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, nonché Cipro, i Paesi associati dell'Europa centrale e orientale e gli altri Stati che abbiano concluso con l'Unione patti di associazione o di cooperazione contenenti clausole culturali).

Il raggiungimento degli obiettivi previsti si concretizza tramite:

- azioni specifiche, innovative e sperimentali comportanti l'impiego di operatori di almeno tre Stati membri: esse favoriscono la visibilità e lo sviluppo di nuove forme di espressione culturale, il miglioramento dell'accesso alla cultura (segnatamente dei giovani e delle persone svantaggiate), la diffusione di avvenimenti culturali grazie alle nuove tecnologie della società dell'informazione;

- azioni integrate nel quadro di accordi di cooperazione culturale. Tali accordi, stabiliti fra operatori culturali del maggior numero possibile di Stati membri, mirano alla realizzazione, per una durata massima di tre anni, di progetti che contribuiscano a perseguire un obiettivo d'interesse culturale, l'approfondimento di un settore culturale, l'integrazione fra più settori culturali;

- avvenimenti culturali speciali aventi una dimensione sovranazionale, cioè di eventi che contribuiscano a una migliore presa di coscienza dell'appartenenza a una stessa comunità (europea).

Per quanto concerne specificamente i beni culturali, Cultura 2000 sostiene numerose iniziative. Nella categoria delle "azioni specifiche" va ricordato, ad esempio, il sostegno ai progetti di cooperazione intesi a conservare, diffondere, valorizzare e salvaguardare il patrimonio culturale comune d'importanza europea, nonché l'incentivo alla creazione di prodotti multimediali che rendano i beni culturali più percettibili e accessibili a tutti. La valorizzazione dei siti culturali e dei monumenti sul territorio della Comunità e i progetti volti alla valorizzazione della diversità culturale, delle radici culturali comuni e del patrimonio culturale condiviso, sono invece ascrivibili al novero delle "azioni integrate nel quadro di accordi di cooperazione transnazionale". Nell'ambito degli "avvenimenti culturali speciali" si possono citare i "laboratori europei del patrimonio", che contribuiscono allo sviluppo e alla diffusione di concetti, tecniche e metodi innovativi per la manutenzione e la salvaguardia del patrimonio cultuale.

Infine, se si sofferma l'attenzione sulle linee guida del programma, occorre segnalare il forte richiamo all'elaborazione delle prassi migliori per conservare e tutelare il patrimonio culturale, in particolare ove queste rappresentino il frutto sia della cooperazione internazionale tra istituzioni e operatori, sia degli scambi di know-how.

 

4. Alcune considerazioni conclusive

La normativa comunitaria sul finanziamento alle attività culturali, almeno per quanto concerne i profili esaminati in questa sede, induce ad alcune riflessioni, segnatamente circa il suo rapporto con l'ordinamento italiano.

Una questione di fondo attiene alla "utilità economica" del patrimonio culturale. Per l'Unione europea, come si è avuto modo di apprezzare, uno dei cardini del circuito artistico è rappresentato dall'apertura ai privati, sia esponenti della società civile - come gli organismi non profit - sia operatori economici. D'altronde, in chiave comunitaria, ciò che rileva ai fini dell'erogazione dei contributi è la bontà del progetto presentato più che la sua provenienza istituzionale, tanto che sono proprio le richieste dei privati le più numerose e, perciò, quelle che hanno più probabilità di essere accolte.

Nel nostro Paese, invece, l'ingresso dei privati nella gestione dei beni culturali è ancora avversato da più parti, benché negli ultimi anni il legislatore abbia mostrato qualche timida apertura e nonostante i buoni risultati ottenuti dall'operato di soggetti quali le fondazioni bancarie. Al riguardo è opportuno rinviare al numero monografico 3/2001 di questa Rivista, che si è occupato funditus dell'argomento, salvo semmai rimarcare come, ancora una volta, la disciplina comunitaria sia all'avanguardia rispetto a quella nazionale e offra interessanti opportunità agli operatori interni, che riescono in tal modo a by-passare le carenze interne [8].

Va ancora rilevata la costante attenzione dell'Unione verso la formazione di professionalità nel settore culturale, sia diretta (cioé con il finanziamento di corsi, di stages, di opportunità lavorative...) che indiretta (per esempio legata all'applicazione delle nuove tecnologie al patrimonio artistico). Anche in questo caso il miglioramento dell'offerta culturale passa attraverso il canale del mercato e della società [9].

Un ulteriore aspetto degno di nota è legato alla salvaguardia e alla valorizzazione dei beni culturali. Nell'ordinamento comunitario, come in precedenza accennato, i parametri di riferimento sono l'art. 151, comma 2, T.U.E. e il programma Cultura 2000 (nell'ambito degli "accordi quadro" e delle "azioni specifiche"), che congiuntamente definiscono l'ambito del supporto alle autorità nazionali e ai privati, nel rispetto del principio di sussidiarietà che governa la materia ("l'azione della Comunità è intesa ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, ad appoggiare e ad integrare l'azione di questi ultimi") [10].

Ben diversa è la situazione sul piano interno, dove la riforma costituzionale pone sostanziali problemi applicativi, che ancora impediscono una chiara visione della nuova allocazione di funzioni fra i diversi livelli di governo (sul punto si rinvia al numero 1/2002 di questa Rivista). In prospettiva, pertanto, è auspicabile che la normativa di attuazione della riforma costituzionale tenga conto, da un lato, del disegno comunitario, consentendone un facile raccordo con i soggetti nazionali, e che, dall'altro, solleciti con vigore questi ultimi ad approfittare compiutamente dei vantaggi dell'integrazione europea e, in particolar modo, delle opportunità che i fondi strutturali e Cultura 2000 offrono in termini economici, professionali e gestionali.

Un'ultima riflessione de iure condendo. La Conferenza intergovernativa di Nizza non ha modificato le procedure decisionali in materia culturale, le quali continuano pertanto a risentire della necessaria unanimità nelle votazioni e, conseguentemente, di un'eccessiva rigidità. Il problema non potrà che essere accentuato dall'ormai prossimo allargamento dell'Unione: la governance del settore, dunque, non può prescindere da un intervento sull'art. 151 T.U.E. che consenta l'adozione di decisioni incisive, flessibili, mirate. D'altronde, "l'Unione europea dovrebbe considerare anche la cultura come un punto di forza autonomo, dotato di un proprio potenziale di sviluppo cui fare consapevolmente appello in tutte le strategie" [11].

 

 

 



Note

[1] B. De Witte, The Cultural Dimension of Community Law, in Academy of Eur. Law, vol. IV, Book 1, London 1995; K. Mortelmans - H. Post - S. Watson, Culture and Community Law, Deventer-Boston 1992; M.P. Chiti (a cura di), Beni culturali e Comunità europea, Milano 1994; Id., Beni culturali, in M.P. Chiti - G. Greco, Trattato di diritto amministrativo europeo, Padova 1997, p. 380 e ss.; L. Bobbio (a cura di), Le politiche dei beni culturali in Europa, Bologna 1992; M. D'Angelo, Politiques culturelles en Europe, Strasbourg 2000; M. D'Angelo - P. Vesperini, Politiques culturelles en Europe: une approche comparative, Strasbourg 1998.

[2] Senza alcuna pretesa di completezza, si rinvia a C. Biscaretti Di Ruffia, Il Regolamento n. 3911/92 del Consiglio relativo all'esportazione di beni culturali ed il Trattato sull'Unione europea, in Dir. comm. int., 1992, 485; Id., La direttiva n. 93/7 del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali illecitamente esportati, in Dir. comm. int., 1992, 185; A. Proto Pisani, La restituzione dei beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro della CEE, in Riv. critica dir. priv., 1992, 307; De Cesteur, Les règles communautaires en matière de restitution des biens culturels ayant quitté illicitement le territoire d'un État membre, in Rev. Mar. Un. eur., 1993, 33; D. Onofri, Esportazione dei beni culturali all'interno dei Paesi della Cee, in Giur. it., 1992, IV, 542; A. Roccella, Ordinamento comunitario ed esportazione di beni culturali, in Dir. com. scambi int., 1993, 539; M. Marletta, La restituzione dei beni culturali. Normativa comunitaria e convenzioni Unidroit, Padova 1997; R. Calvano, I beni culturali: restituzione di beni illecitamente esportati e nuova disciplina dell'esportazione, in Riv. critica dir. priv., 1995, 761; A. Gardella, La circolazione dei beni culturali: la disciplina comunitaria e il progetto di legge di attuazione della direttiva Cee n. 93/7, in G. Cofancesco (a cura di), I beni culturali fra interessi pubblici e privati, Roma 1996.

[3] Fra gli altri, cfr. AA.VV., Handbook of Cultural Affairs in Europe, Baden Baden 2000; Ministère de la Culture, Les financements culturels européens, Paris 1997; AA.VV., Les financements culturels européens, Paris 2001.

[4] A. Mattera, La circulation des œuvres d'art dans l'Europe du Marché unique, in F. Francioni - A. Del Vecchio - P. De Caterini (a cura di), Protezione internazionale del patrimonio culturale: interessi nazionali e difesa del patrimonio comune della cultura, Milano 1997; Id., La libre circulation des œuvres d'art à l'interieur de la Communauté et la protection des trésors nationaux ayant une valeur artistique, historique ou archéologique, in Rev. marché comm., 1993, 3; P. Pescatore, Le commerce de l'art et le Marché Commun, in Rev. trim. dr. eur., 1985, 456; G. Biscaretti Di Ruffia, La circolazione dei beni culturali nella Comunità europea in vista dell'attuazione del Mercato interno, in atti del Convegno sulla tutela e la circolazione dei beni culturali nei Paesi membri della Cee, Roma 1992; J. Voudouri, Circulation et protection des biens culturels dans l'Europe sans frontières, in Rev. dr. publ. sc. pol., 1994, 479; G. Volpe La circolazione dei beni culturali nell'Europa del 1993, in Riv. polizia, 1993, 249; J. Duquesne, Le régime des échanges des biens culturels dans l'Europe des Douze, Bruxelles 1988; S. Lecrenier, La libre circulation des œuvres d'art dans la Communauté européenne, in AA.VV., La vente internationale d'œuvres d'art, Paris 1990; A. Biondi, The Merchant, the Thief & the Citizen: the Circulation of works of Art within the European Union, in Comm. Market Law rev., 1997, 1173; C. Fabricatore - A. Scarpa, La circolazione dei beni culturali, Milano 1998; G. Algeri, La circolazione internazionale dei beni culturali, in G. Cofrancesco (a cura di), I beni culturali, op. cit.; D. Carteri, La libera circolazione delle opere d'arte nel mercato unico, in Dir. com. scambi int., 1993, 673; A. Caracciolo La Grotteria, I trasferimenti onerosi dei beni culturali nell'ordinamento italiano e comunitario, Milano 1998; Id., La circolazione dei beni culturali nell'ordinamento italiano e comunitario, in V. Caputi Jambrenghi (a cura di), La cultura e i suoi beni giuridici, Milano 1999. In giurisprudenza, cfr. le sentenze della Corte di giustizia 10/12/1968, C-7/68; 26/10/1971, C-18/71; 13/7/1971, C-48/71.

[5] Come ha del resto chiarito la giurisprudenza della Corte di giustizia. Si veda, da ultimo, la sent. 23/2/1999, C-42/97, Parlamento c. Consiglio, pubblicata per estratto su Giorn. dir. amm., 1999, n. 6, p. 539.

[6] Présidence française de l'Union européenne, Culture, collectivités territoriales et construction européenne, Paris 1995; P. Alliés - E. Négrier - F. Roche, Pratique des échanges culturels internationaux: les collectivités territoriales, Paris 1997; P. Eckly, Le droit de la coopération transfrontalière, in Ministère de la culture, Guide pratique de la coopération culturelle transfrontalière, Strasbourg 1995, p. 9 e ss. Sia consentito anche il rinvio al mio La dimensione comunitaria degli enti locali: la cooperazione transnazionale, in Econ. dir. terziario, 2002, 293.

[7] In ordine temporale decrescente vanno al proposito ricordate la risoluzione del Consiglio, del 17 dicembre 1999, sulla promozione della libera circolazione delle persone che lavorano nel settore culturale, in G.U.C.E., 12/1/2000, C 008; la risoluzione del Consiglio del 25 luglio 1996 concernente la pubblicazione elettronica e le biblioteche, in G.U.C.E. 21/8/1996, C 242; la risoluzione del Consiglio del 20 novembre 1995 sulla promozione delle statistiche in materia di cultura e di crescita economica, in G.U.C.E. 7/12/1995, C 327; la risoluzione del Consiglio, del 4 aprile 1995, concernente la cultura e i mezzi multimediali, in G.U.C.E. 23/9/1995, C 247; la risoluzione del Consiglio dei ministri della cultura, del 7 giugno 1991, sulla formazione degli amministratori nel settore culturale, in G.U.C.E. 29/7/1991, C 188; la risoluzione dei ministri responsabili degli affari culturali, riuniti in sede di Consiglio, del 13 novembre 1986, sulla sponsorizzazione delle attività culturali da parte delle imprese, in G.U.C.E. 13/12/1986, C 320.

[8] Si vedano, in proposito, C. De Marzo, La valorizzazione dei beni culturali in Italia e nell'Unione europea: nuovi orientamenti e sviluppi, e V. Russo, La valorizzazione dei beni culturali, entrambi in V. Caputi Jambrenghi (a cura di), La cultura, op. cit., rispettivamente alle pp. 158 e ss. e 34 e ss.

[9] La normativa nazionale in materia mostra gravi ritardi e lacune; possono tuttavia ricordarsi provvedimenti quali il d.p.c.m. 31/12/1996, pubblicato sulla G.U. 25/3/1997, relativo all'ammissione delle regioni ricomprese nell'obiettivo 1 ai contributi per la costituzione di centri per lo sviluppo del turismo culturale e, ancora, il d.p.c.m. 11/12/1995 (in G.U. 16/5/1995) recante l'accordo di programma per la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e l'incentivazione dei flussi turistici. Cfr. anche la Convenzione per la valorizzazione del patrimonio artistico e dell'imprenditoria culturale stipulata il 26/11/1996 tra il Ministro per i beni culturali e ambientali e il Presidente della Confindustria.

[10] Al riguardo si rinvia a R. Mastroianni, Il ruolo del principio di sussidiarietà nella definizione delle competenze statali e comunitarie in materia di politiche culturali, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, II, 63.

[11] Parere del Comitato delle regioni in merito alla Prima presa in considerazione degli aspetti culturali nell'azione della Comunità europea, in G.U.C.E. 14/4/1997, C 116/65. Cfr. anche L. Bekemans (ed.), Culture: Building Stone for Europe 2002, Bruxelles 1994.



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