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Tavola rotonda sul regolamento di organizzazione del ministero per i Beni e le Attività culturali (Roma, 9 marzo 2000)

 

Intervento di Vittorio Ripa di Meana [1]



Grazie a lei per averci illustrato i principi che sono alla base di questo testo, a cui il consigliere Forlenza ha contribuito in modo così determinante. E' evidente che noi non siamo qui per discutere le scelte legislative, perché del resto il titolo stesso del nostro incontro dice Il completamento della riforma, quindi le scelte che sono state fatte dalle norme in vigore possono piacere, possono non piacere ma certamente non sono l'oggetto del dibattito di oggi, che del resto sarebbe del tutto inopportuno compiere adesso, visto che siamo in una fase di attuazione.

Ma anche in generale, siamo in una fase in cui dobbiamo andare avanti: non possiamo ogni volta ricominciare a discutere quello che è stato appena deciso, un anno e mezzo fa, in sede legislativa con le nuove norme. Quindi è chiaro che stiamo parlando del regolamento.

Il problema che mi sembra noi dobbiamo discutere oggi è, alla luce anche di quello che ha detto il consigliere Forlenza, se questa organizzazione che il regolamento, pur nella sua natura giuridica un po' incerta, delinea come futura organizzazione del ministero, sia tra le varie possibili quella migliore. Oppure se invece ci siano dei punti che meritano di essere ancora studiati ed eventualmente modificati. Per esempio, proprio un accenno senza volere entrare nel merito (poi forse lo farà il professor Chiarante) l'aspetto tecnico-scientifico del ministero è stato sufficientemente valorizzato rispetto all'aspetto amministrativo?

Cioè, è chiaro che l'amministrazione è politica, ma è politica in tanto in quanto oltre che amministrare delinea, fa i progetti, stabilisce delle norme, cioè incide sulla vita dei beni che è chiamata ad amministrare in modo, appunto, politico, nel senso anche dell'appoggio scientifico, culturale che è alla base di una politica. Se no la politica fatta soltanto di pura amministrazione è una cosa evidentemente che non è all'altezza del compito. Questo mi sembra evidente. Allora, l'aspetto tecnico-scientifico è sufficientemente chiarito rispetto a quello che è l'assetto amministrativo che viene fuori dal regolamento?

Un secondo problema, lo chiedo poi agli esperti, cui forse vale la pena di rispondere: tra il segretario generale, le direzioni generali, le soprintendenze regionali, le soprintendenze territoriali, ci sono delle linee di competenza e di rapporto chiare e precise? Il problema è di capire, mi sembra, se l'organizzazione, così come è configurata, crea delle linee di competenze e di rapporto anche verticale chiare, oppure se si possano creare delle sovrapposizioni e quindi dei contrasti che possono essere, come dicono i giuristi, dei conflitti positivi o negativi di competenza, entrambi deleteri. E naturalmente questo viene in mente anche perché in questi passati decenni, prima con il ministero della Pubblica Istruzione, poi anche con il ministero dei Beni culturali, la tutela ha subito delle vicissitudini non sempre, come dire, positive in questo paese. Sono successi moltissimi fatti che evidentemente invitano a cogliere l'occasione di questo regolamento per cercare di stabilire delle regole, le più certe e le più efficaci possibili.

Mi sembra che tra le varie valutazioni che sono state fatte sul regolamento che, nel complesso, da quello che ho potuto capire, raccoglie poi in sostanza l'adesione di chi si è occupato di questi problemi, ci siano però alcuni punti che ancora sembrano meritare un approfondimento. Lei dice: "il Consiglio dei ministri l'ha già approvato"; però, appunto, solo preliminarmente, quindi non è che ci sia già una pietra tombale. Penso che il parere più importante che noi vorremmo ascoltare sia quello del professor Chiarante, che esprime il parere del Consiglio nazionale dei beni culturali.



Nota

[1] Intervento non rivisto dall'Autore.



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